Udienza 7 aprile 1884; Pres. ed Est. Risi —Finanze c. BellottiSource: Il Foro Italiano, Vol. 9, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1884), pp. 299/300-303/304Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23090630 .
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299 PARTE PRIMA
Il testamento congiuntivo dunque de] 1844 doveva
cominciare ad avere efficacia sotto l'impero del co
dice albertino, il quale, d'accordo col successivo co
dice civile, vietava tal sorta di testamento, assolu
tamente, senza punto distinguere se l'un testamento
fosse corrispettivo dell'altro o no. Laonde il testamento
congiuntivo fatto nel 1854 dai coniugi De Angelis e
Cerqua, essendo vietato nella sostanza, dacché giova
ripeterlo, la legge negava ad essi la potestà di di
sporre in quella guisa, allorché passarono agli e
terni riposi, ne segue indubbiamente che il testa
mento è nullo, non per vizio di forma, cioè per vi
zio della scheda testamentaria, ma per vizio di so
stanza.
L'art. 23 del decreto transitorio per l'attuazione
del codice civile del 30 novembre 1865 non rende
valida la determinazione della volontà dei suddetti
coniugi, manifestata nelle forme vigenti nel 9 no
vembre 1852, perché il mentovato art. 23 si occupa soltanto dei testamenti per atto privato stragiudi
ziale, ed unicamente in quanto alla loro virtù pro
bante, ed ora non si dubita punto della verità delle
attestazioni della scheda testamentaria del 1854; l'ar
ticolo in discorso non parla affatto dei testamenti si
multanei, dunque il legislatore non ha fatto veruna
eccezione alle regole generali di diritto per tali te
stamenti.
Inutilmente poi si fa ricorso alla massima univer
salmente ricevuta, cioè che locus regit actum, pro clamata pel primo da Bartolo nel commento alla Co
stituzione 1* de dcimno trinitate, applicata dall' art.
9 del proemio del codice civile ed estesa di poi con
ragione alle controversie di diritto transitorio, per ché ora non si tratta della forma della scheda te
stamentaria del 1854 della prova della volontà dei
testatori, ma si disputa del valore intrinseco di tale
volontà dipendente dalla potestà di testare, ed in
conseguenza la controversia cade sulla sostanza cui
è totalmente estranea la massima invocata.
Dietro tutte queste considerazioni riesce evidente
che le disposizioni simultanee del 1854 sono nulle, sebbene la scheda testamentaria fosse valida; quindi
l'appello deve essere rigettato e le spese debbono
essere poste a carico del soccombente.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE D'APPELLO DI MILANO. Udienza 7 aprile 1884; Pres. ed Est. Risi — Finanze
c. Bellotti.
Ricchezza mobile — Seme buchi — Uso proprio — Vendita oltre l'uso — Tassabilità (L. 24 a
gosto 1877, art. 3, 8, 9; Reg. 24 agosto 1877 art. 45).
La confezione del seme bachi per parte del pro prietario con bozzoli alimentati dalle foglie del
proprio fondo non costituisce una vera industria, ma piuttosto uri ordinaria operazione agricola; per lo che il reddito ritratto dal proprietario, che vi attende e smercia il seme per tal modo confe
zionato, in quanto eccede i propri bisogni, non
può ritenersi soggetto all' imposta di ricchezza mobile.
La Corte, ecc. — In merito: l'appello proposto dal
l'amministrazione finanziaria richiama questa Corte a decidere la identica questione stata sottoposta al l'esame del tribunale, consistente nel vedere se l'im
posta accertata dall'agente delle tasse di Varese a carico del contribuente Bellotti possa qualificarsi un reddito agrario esente dalla tassa di ricchezza mo
bile, oppure costituisca un reddito industriale o ma nifatturiero sottoposto a detta tassa. Per giungere alla soluzione dell'accennata questione, riesce oppor tuno richiamare l'attenzione sopra alcuni fatti, quelli su cui sono pacifiche le parti, e cioè, che il Bellotti venne tassato dall'agente di Varese per fabbricazione di seme-bachi, eseguita sopra bozzoli provenienti da bachi esclusivamente alimentati sul podere e con fo
glia-gelsi del podere stesso di proprietà del contri
buente, sul qual fondo paga l'imposta fondiaria; che il seme cos'i confezionato serve all'allevamento ba
cologico del podere, e nella parte sovrabbondante viene dal proprietario venduto. Allegasi poi inoltre dal contribuente, nè viene contraddetto dall'ammi nistrazione appellante, che alla fabbricazione del sem« esso attende personalmente, aiutato da' suoi coloni, senza particolare stabilimento, e senza che lo spaccio della porzione sovrabbondante avvenga o si agevoli con mezzo veruno di pubblicità, quali soglion usare i veri semai.
Ciò stante, la Corte non può nella decisione della
proposta questione pensare diversamente dai primi giudici. In vero, il legislatore italiano, mentre, in o
maggio alla massima statutaria che ogni cittadino deve concorrere in proporzione dei propri averi a sostenere i pesi dello Stato, nella succitata legge di ricchezza mobile assoggettò a tassa ogni specie di
reddito, tuttavia, non disconoscendo l'altro impor tante principio da osservarsi in tema d'imposte, vale a dire che un determinato prodotto non può essere
colpito da due tasse, si affrettò a dichiarare che non sono soggetti a tassa i redditi fondiari, eccezione questa che viene ribadita dalla citata legge all'art. 8, n. 1, ove nominativamente si eccettuano dall'imposta i redditi procedenti da stabili che si trovano soggetti alla contribuzione fondiaria o prediale. E parimenti al successivo art. 9 sottopone a tassa soltanto quei redditi agrari che sono profitti di persone estranee alla proprietà del fondo. In fine all'art. 45 del reg. 24 agosto 1877, n. 4022, si espone in modo limpido e
sicuro, sebbene implicito, il già affermato principio, disponendosi che i redditi dell'industria agraria, e della serica in ispecie,sono esenti dall'imposta mobi
liare, a meno che l'industria stessa sia esercitata o da persone estranee alla proprietà del fondo, oppure, ove anche esercitata dal proprietario del fondo, i l'e lativi redditi eccedano le forze produttive del fondo.
Essendo queste le precise norme della legge per la tassazione dei redditi agricoli, tosto si scorge che per decidere la proposta questione devesi esaminare, se
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301 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE
nella specie trattisi di reddito agricolo, e se concor
rano anche gli altri requisiti dalla legge richiesti.
In relazione anche alle suesposte circostanze di
fatto non si può con fondamento contestare che la
produzione del seme fatta dall'appellato Bellotti deb
basi qualificare reddito agricolo. Infatti se l'industria
serica dalla legge al citato art. 45 viene annoverata
fra le industrie agrarie, sembra ragionevole che la
confezione del seme, quale atto essenzialissimo pre
paratorio ed indispensabile per poter avviare ed e
sercitare l'industria stessa, ne debba seguire l'indole
e la natura agraria, sempre quando si verifichino le
altre condizioni richieste dal succitato art. 45. Sembra
infatti alla Corte che il negare tale qualità alla pro duzione del seme tornerebbe quasi lo stesso come il
sostenere che la preparazione della semente pel grano, della quale il buon agricoltore deve fare la più ac
curata scelta, ovvero la fabbricazione anche artifi
ciale del concime fatta mediante prodotti esclusiva
mente derivanti dal fondo, non si abbiano a com
prendere fra le operazioni indispensabili all'ordinaria
azienda agricola. E con ciò intendesi dire che la pre
parazione del seme-bachi fatta dal proprietario del
fondo con bozzoli esclusivamente alimentati con fo
glia-gelsi dello stesso fondo, null'altro possa qualifi carsi che un'ordinaria operazione agraria. Dal che
deriva la conseguenza, che legalmente ed economi
camente parlando il reddito derivante dalla confe
zione del seme fatta dal proprietario nelle suesposte condizioni non si possa colpire colla tassa mobiliare.
In vero, si disse legalmente poiché dal momento che
il regolamento eccettua l'industria agricola e nomi
nativamente la serica, è giocoforza comprendere nel
l'esenzione ogni operazione costituente l'esercizio della
stessa nei limiti dalla legge imposti, sembrando alla
Corte che senza un'espressa eccezione risguardante la fabbricazione del seme non si potrebbe legalmente sostenerne la tassabilità.
Si disse anche economicamente, imperocché se ciò
che demarca nettamente la distinzione tra l'industria
agricola e manifatturiera si è il bisogno diverso e di
maggiore agiatezza a cui può soddisfare un prodotto lavorato e trasformato dal proprietario stesso del
fondo, così ben si vede che la confezione del seme
non è atta che a soddisfare un bisogno essenzialmente
agricolo del proprietario, quello dell'allevamento del
baco.
Né può condurre in contrario avviso il fatto, pur acquisito alla causa, che il contribuente Bellotti pro duce seme in quantità eccedente i bisogni della pro pria industria serica, e venda questo avanzo ai pro
pri conoscenti ed amici; poiché lo spaccio, a seconda
dei modi e della estensione con cui si effettua, potrà
per avventura far assoggettare il Bellotti alla tassa
di esercizio e di rivendita stabilita dalla legge 11 a
gosto 1870, ma non mai snaturare l'operazione già
compita dal proprietario nell' intento di prepararsi il seme per il venturo allevamento. E qui presentasi
opportuno il rammentare, che la legge richiede sol
tanto che il reddito ottenuto dal proprietario del
fondo dall' industria serica non ecceda le forze pro duttive del podere, senza far distinzione se superi o
no i bisogni del proprietario stesso, e ciò nel modo
identico col quale la legge medesima dispone intorno
alle altre industrie agricole, quali l'armentizia, e
quelle dell' olio, del vino e del carbone.
D' altra parte, che non si possa colpire colla tassa
mobiliare un reddito agricolo procuralo dal proprie tario del fondo, e soltanto perchè venduto nella parte eccedente i suoi bisogni, è di intuitiva evidenza, e
se avesse bisogno di essere giustificato -troverebbe fa
cile appoggio neir incontestabile principio, che non
può negarsi al proprietario del fondo il diritto di li
quidare nel miglior modo a lui possibile i suoi pro dotti agrari, sempreché lo spaccio o liquidazione si
compia senza che avvenga frode dei legittimi diritti della Finanza.
L'amministrazione finanziaria, appoggiata anche
al giudizio della Commissione centrale, vorrebbe sog
getto a tassa il reddito di cui parlasi per il motivo
che i bozzoli sono già un prodotto agricolo perfetto, ed il seme-bachi che con essi si confeziona diventa
un nuovo prodotto trasformato, con una seconda ma
nipolazione, in reddito industriale. Riguardo a cotesta
eccezione, che formerebbe il nerbo del sistema di
fensionale della Finanza, la Corte non contesta in
massima che col trasformare sostanzialmente un pro dotto agricolo già perfetto mediante altra manipo
lazione, e mediante impiego di capitali e di lavoro, il proprietario del l'ondo crei un nuovo prodotto, ed
invada il campo dell' industria manifatturiera sog
getta a tassa; però nella specie non ricorrono i ter
mini di fatto per applicare il suesposto principio,
primeriamente pel motivo che la trasformazione av
viene non per opera dell' industria, ma per virtù
della natura, essendo cosa notoria che la trasforma
zione del bozzolo in seme si compia quasi intera
mente per forza e virtù naturale, per modo che l'o
pera dell' uomo interviene soltanto per rivolgere a
più proficuo e sicuro risultato le forze già per sè ef
ficaci e trasformatrici della natura. Laonde, ristretta
in questi limiti la cooperazione del proprietario, non
può certamente presentare i caratteri di quel lavoro
industriale che devesi colpire quando trasformi so
stanzialmente un prodotto agricolo. Secondariamente
il Bellotti allegò, nè venne contraddetto in causa, che egli attende personalmente alla confezione del
seme, che non ha locali appositi, e che non impiega
capitali per compiere le relative operazioni; in con
seguenza manca anche 1' aiuto di capitali indispen sabili per esercitare, nel vero senso della parola e
della legge, un'industria soggetta a tassa mobiliare.
Del resto, anche ammesso che si tratti di trasfor
mazione compita coli'opera e coli'industria dall'uo
mo, queste si esplicherebbero ed arresterebbero en
tro quella cerchia di operazioni comprese nell' in
dustria serica, dalla legge espressamente esentata.
Nò a meglio suffragare cotesta eccezione della Fi
nanza giova il dire che il bozzolo, da cui deriva il
seme, sia prodotto per sè mercantile, dal momento
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PARTE PRIMA
che la legge estese l'esenzione ad altri prodotti pro
venienti da frutti agricoli già perfetti e mercantili,
come per es., per tacere degli altri, basta citare
il carbone, mentre la legna con cui si fabbrica è
un prodotto agricolo già per sé eminentemente per
fetto.
Infine sembra alla Corte che il voler colpire nella
specie la produzione del seme urti manifestamente
contro il sistema adottato dal legislatore in tema di
redditi agricoli, sistema che fu anche certamente
ispirato dal sapiente pensiero di favorire 1' agricol
tura e le industrie affini, parte principalissima della
proprietà nazionale.
Dopo ciò diventa superfluo occuparsi dell'altra ec
cezione opposta dall'amministrazione finanziaria, con
sistente nel dire, che la seconda manipolazione del
prodotto agrario già perfetto non è colpita da im
posta fondiaria, e quindi non può essere esentata
dall'imposta mobiliare; imperocché, dimostratosi su
periormente come il seme bachi non provenga da
manipolazione industriale, e sia non «na nuova pro
duzione, ma la continuazione ed il compimento del
l'industria agricola serica, ne deriva necessariamente
che il corrispondente reddito cade sopra un prodotto
del fondo già compreso nella tassa fondiaria che il
proprietario paga, in quello stesso modo che vi sono
comprese tutte le diverse operazioni nelle quali si
esplicano le altre industrie agrarie dell'olio, del vino,
dell'armentizia e del carbone.
Omissis. — Per tali motivi, ecc.
CORTE DI APPELLO DI NAPOLI. Udienza 10 settembre 1883; Pres. ed Est. Maffei
— Comune di Fireieno e Capaldo (Avv. Ia.nigro) c. Commissione provinciale di Salerno.
Elezioni politiche — Commissione provinciale —
Appello — Mancanza di ricorso al consiglio co
munale (L. 22 gennaio 1882 art. 31).
Secondo Vart. 3i della nuova legge elettorale ■poli tica non vi è luogo ad appello alla commissione
provinciale contro le esclusioni deliberate dalla,
giunta, quando non vi sia stato per esse ricorso
al consiglio comunale.
La Corte, ecc. — Attesoché sostengono i reclamanti, che gli individui compresi negli elenchi A e B non
potevano dalla commissione provinciale essere iscritti
nella lista per difetto di reclamo al consiglio muni
cipale contro l'operato della giunta.
Attesoché la giunta negava l'iscrizione degli indi
vidui dell'elenco A e cancellava dalla lista prece dente quelli dell'elenco B, ritenendoli analfabeti.
Attesoché per gl'individui dell'elenco A e per quelli dell'elenco B, per i quali non vi fu reclamo al con
siglio comunale, é da osservarsi, che ogni cittadino
fino al 15 marzo di ogni anno può reclamare al con
siglio comunale contro qualsiasi iscrizione, omissione
o cancellazione nelle liste compilate dalla giunta; — che il Consiglio nel rivedere le liste preparate
dalla giunta aggiunge quelli che reputa indebita
mente esclusi, cancella quelli che reputa indebita
mente ammessi, e pronunzia su i reclami presentati; — che qualunque cittadino fino al 20 aprile di ciascun
anno può appellare eontro il rigetto di un reclamo, deliberato dal consiglio comunale, e contro qualsiasi indebita iscrizione o cancellazione l'atta nella lista, e
che la commissione provinciale é chiamata a pronun ziare su gli appelli dalla deliberazione del consiglio comunale (art. 23, 26, 27, 31 e 34 legge elett. polit.). — Ora, in mancanza di deliberazione del consiglio comunale non é concepibile l'appello alla commis
sione provinciale, epperò per coloro i quali sono stati
esclusi dalla giunta, e non si è reclamato al Consiglio
comunale, non puossi produrre appello alla commis
sione provinciale, mancando il giudizio in primo
grado. — E vero che il Consiglio comunale per l'art.
27, siccome si è detto, può iscrivere coloro che reputa indebitamente cancellati, e cancellare coloro che re
puta indebitamente ammessi, e che da siffatta opera zione di uffizio anche compete l'appello giusta l'art.
31, ma è vero pure che un tale dritto giusta le te
stuali parole del citato art. 31 è limitato solo nelle
indebite iscrizioni o cancellazioni di uffizio, che non
potendo essere prevedute non hanno potuto essere
impugnate innanzi al consiglio comunale, e non può estendersi alle omissioni, nelle quali avesse il Con
siglio potuto incorrere, non iscrivendo individui i
quali avessero i requisiti di legge, dappoiché, secondo
l'art. 26, solo dalle omissioni incorse dalla giunta può reclamarsi al Consiglio comunale.
Oltre a ciò, quando la giunta respinge domande
d'iscrizione o cancella individui iscritti nelle liste
precedenti, e non si reclama al Consiglio comunale,
questo non incorre in omissione alcuna, qualora non
provvede nell'interesse di coloro, che la giunta ha
reputato non dover far parte della lista, e per i
quali non si è prodotto reclamo ai termini dell'art. 26.
Attesoché per le discorse cose la commissione
provinciale non poteva ordinare l'iscrizione nella lista
degl'individui, per i quali non vi era stato reclamo
al Consiglio comunale, ed i medesimi devono essere
cancellati.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI APPELLO DI TORINO.
| Udienza 17 settembre 1883; Pres. Phato, Est. Rog
( gieri; — Banca di Savigliano c. Creditori diversi.
Fallimento — Moratoria —Società commerciali —
Amministratori — Fuco liti di chiederla — Conro
razione dell1 assemblea — Mancata produzione
del libro inventario — Equipollenti. (Cod. di com
mercio del 1882, art. 22 e 819).
Anche le società commerciali possono ottenere il
benefizio della moratoria.
Specie in cui fu ritenuto che gli amministratori
della società avevano facoltà di chiedere la mora
toria e hanno potuto esercitarla senza previa convo
cazione dell' assemblea generale degli azionisti.
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