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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 9 aprile 1892; Pres. Corsi P. P., Est....

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Udienza 9 aprile 1892; Pres. Corsi P. P., Est. Agnello; Grassi c. Patamia Source: Il Foro Italiano, Vol. 17, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1892), pp. 963/964-965/966 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23100762 . Accessed: 17/06/2014 05:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.76 on Tue, 17 Jun 2014 05:17:44 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 9 aprile 1892; Pres. Corsi P. P., Est. Agnello; Grassi c. PatamiaSource: Il Foro Italiano, Vol. 17, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1892), pp. 963/964-965/966Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23100762 .

Accessed: 17/06/2014 05:17

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.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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963 PARTE PRIMA 964

la pubblica Amministrazione per difendere la sua

appellazione contestare ora ciò che ammise taci

tamente, e contestarlo senza neppure accennare a

produrre prove comprovanti il contrario.

Di conseguenza l'appellazione principale del Mi

nistero dei LL. PP., siccome giuridicamente nul

la, non può essere ammessa, e deve per ciò essere

respinta; ed è appena opportuno (non necessario)

osservare, contrariamente all' opinione della di

fesa della R. Amministrazione appellante, che se il

vizio della citazione in discorso consistesse soltan

to nella notificazione al Kuster, non per ciò sarebbe

sanabile con una nuova notificazione all'attuale rap

presentante della Società; come è ben noto, l'ap

plicazione dell'ultimo allinea dell'art. 145 cod. proc. civ. ha luogo solamente quando la notificazione er

ronea è provenuta dal fatto dell'usciere, non quan

do è provenuta dalla parte, come è accaduto nella

causa in esame.

Quanto all'appello per incidente dell'appellata So

cietà ferrovia Mantova-Modena, non ne è stata conte

stata dalla R. Amministrazione la sua ammissibilità

in rito; e d'altra parte è troppo chiara la disposizione

dell'ultimo allinea dell'art. 487 cod. proc. civ. per

non potere neppure dubitare della sua ammissibilità,

malgrado la nullità dell'appellazione principale della

R. Amministrazione.

Dispone infatti quell'articolo che l'appello per in

cidente non è efficace se l'appello principale sia

stato rigettato per essere stato proposto fuori ter

mine; ma che negli altri casi, nei quali l'appello

principale venga rigettato, e anche quando l'appel

lante principale vi abbia rinunziato, l'appello per

incidente è efficace e non è pregiudicato dall' inef

ficacia e dall'abbandono dell'appello principale.

Coll'appello per incidente si domanda la rifor

ma della sentenza rispetto agli interessi sulle li

re 137,996.

Rispetto a questo capo di riforma si adduce dal

l'appellante Società, per argomento di analogia, l'art.

1509 cod. civ., il quale dispone in tema di compra

vendita, che, in mancanza di convenzione speciale,

il compratore è tenuto agli interessi dal giorno

della consegna della cosa acquistata fino a quello

del pagamento del prezzo, ancorché non sia in mo

ra, se la cosa venduta e consegnata produca frutti

od altri proventi.

Oppone la R. Amministrazione che la disposizio

ne dell'invocato art. 150& cod. civ. è una disposi

zione eccezionale, applicabile alla sola vendita, e

non estensibile ad altri contratti, giusta la regola

dello art. 4° delle disposizioni preliminari del cod.

civ., secondo la quale le leggi che formano eccezioni

alle regole o ad altre leggi non si estendono oltre

i casi e i tempi in esse espressi.

Ma, in verità, la disposizione dell'art. 1509 non

è la eccezione ad una regola generale; ma invece

è l'applicazione ad un caso speciale di una rego

la generale di equità, che è pure di diritto civi

le, cioè che nemini licet locupletari cum alterius

injuria. E tanto è vero questo, che gli antichi

scrittori, ricordati dai moderni, in argomento di in

teressi dovuti sul prezzo di cosa venduta e conse

gnata produttiva di frutti o di altri proventi, detti

correspettivi, avvertivano che anche il diritto ca

nonico, che condannava (come è noto) l'interesse, non ha condannato mai « usuras pretti, quae vendi

tori debentur post diem traditionis, quia earum

usurarum causa non est captatio lucri », ma sono

il corrispettivo dei frutti che la cosa produce, e

che il compratore percipe in grazia della tradizio

ne (Troplong, Vente, sull'art. 1562 cod. Napoleone).

Perciò, applicando alla specie in discorso, anzi

ché l'art. 4 delle suddette disposizioni che non fa al

caso, il precedente art. 3, la domanda dell' interesse

sulle dette L. 137,996,90, prezzo della concessione

della stazione ferroviaria di Mantova appartenente

alla Società della linea Mantova-Modena, fino dal

giorno in cui fu dalla R. Amministrazione occupata, e così dal 27 marzo 1886, per mettere in esercizio

la nuova sua linea Mantova-Legnago, deve essere

accolta, perocché, ove pure non si voglia analoga al caso della vendita prevista dall'art. 1509 cod.

civ. la concessione dell'uso della stazione in discor

so, pel quale soltanto la linea Mantova-Legnago si

poteva esercitare, e che, com'è di tutti gli esercizi

ferroviari, è produttiva di proventi industriali, la

domanda è al certo giustificata dal testé ricordato

principio generale di equità e di diritto civile in

sieme.

Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI CATANIA. Udienza 9 aprile 1892; Pres. Corsi P. P., Est. Agnel

lo; Grassi e. Patamia.

l&ivocazione — Deposito tardivo — Inammissi

bilità (Cod. proc. civ., art. 499).

La domanda di rivocazione è inammissibile se il

deposito della multa non ha preceduto la doman

da stessa, e se ciò non risulti da quietanza del

ricevitore, a norma dell'art. 499 cod. proc. civ. (1)

La Corte, ecc. — Contro la domanda in rivoca

zione viene dal Patamia eccepita la inammissibi

lità sotto vari capi, per la forma e pel merito di

essa.

Ed in prima per la mancanza del deposito anti

cipato dalla legge voluto agli art. 499, 506 cod.

proc. civ., e che fu eseguito dai ricorrenti il 26

marzo 1892.

Le leggi di rito civile segnano regole indeclinabili

(1) In senso oontrario hanno deciso : App. Catanzaro 9

maggio 1879 (Foro it., 1879, I, 1131); App. Napoli 6 dicembre 1875 (id., 1876, I, 480); App. Trani 29 marzo L887 (id., Rep. 1887, voce Rivocazione, n. 9) ; contraria è pure l'opinione di

Ricci, Proc. civ., vol. II, p. 507, n. 578. In senso conforme : App. Genova 25 marzo 1888 (Foro it.,

Rep. 1830, voce Rivocazione, n. 11); App. Bologna 14 dicembre 1890 (id., Ilep. 1880, voce predetta, n. 88).

Sono di questa opinione : Cuzzeri Proc. civ., vol. II, p. 220, sull'art. 499, n, 2; G-argiulo, id., vol. Ill, p. 876 sull'art. 499» n. 4.

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965 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

per svolgere le azioni sui diritti delle parti a ga

rantia degli interessi privati. I diritti privati si dichiarano e si 'affermano con sentenze di magi

strati, le quali passando in cosa giudicata «prò

ventate habentur»-, tuttavolta la cosa giudicata

può non contenere la verità, sia perchè la sentenza

emessa sia stata lo effetto del dolo usato dall'una

parte a danno dell'altra, sia per altre cause che

la inficiano, e che il codice di rito enumera nel l'art. 494.

11 legislatore in questi casi ha accordato alla

parte danneggiata un rimedio straordinario, per il

quale revocandosi la data sentenza si rimettono le

parti nello stato in cui erano prima di quella pronun

ziazione. Tale rimedio riveste pertanto di forme

speciali da esplicarsi con domanda della parte nanti

i medesimi giudici, appunto perchè la loro pronun

ziazione non viene impugnata per ingiustizia, ma

come conseguenza di fatti al magistrato ignoti, che se fossero stati messi a conoscenza del medesimo

avrebbero mutata la emessa sentenza.

Tra le forme ha prescritto il deposito di una

somma determinata che la parte istante deve fare

e che perde se nella dimanda soccombe, mutandosi

in ammenda o multa a pro dello Stato, a ripara

zione della compromessa autorità della cosa giudi

cata.

11 codice sardo prescriveva il deposito a farsi

anteriormente alla domanda; le leggi del 1819 per

Napoli e Sicilia non ammettevano alcun dubbio, pre

scrivendo : « Ninno potrà ricorrere per ritrattazione

se prima di presentarne la domanda non ha depo

sitato una somma di ecc. ». Richiedevano inoltre

dovere essere notificata nella domanda, prima di

tutto, la quietanza del ricevitore.

Dal legislatore italiano non si mosse discussione

sul deposito anteriore alla domanda, e parve che

fossedetto abbastanza nell'art. 499 cod. proc. civ. del

1865, lorchè dispose: «Chi vuole agire per rivoca

zione deve provare, con quietanza del ricevitore,

di avere eseguito il deposito di una somma ecc. ».

La contesa è nata posteriormente nella dottrina,

perchè non si leggeva nel detto articolo quello che

è chiaramente detto nell'art. 521 pel ricorso in cas

sazione, che deve questo essere preceduto dal de

posito della somma, ecc. Ciò non pertanto illustri

scrittori hanno spiegato l'art. 499 nel senso che

debba essere la istanza di rivocazione preceduta

dal deposito della somma, ed è stata suscitata in

giurisprudenza la quistione, se debba o meno il de

posito precedere la domanda; e si è deciso che la

domanda di rivocazione dev'essere rigettata per la

tardività del deposito, essendo questo prescritto a

schermo di infondate molestie, le quali si verifica

no al momento in cui si ricorre.

Le parole della legge « chi vuole agire per ri vo

cazione deve provare con quietanza del ricevitore

di avere eseguito il deposito » importano precisa

mente l'obbligo del deposito in colui che vuole fare

la domanda, pria che questa notifichi; anzi deve

avere ricuperato la prova del deposito, mercè la

quietanza del ricevitore, pria di citare la contro

parte. Nè si dica che Ja leggo avendo detto «deve

provare », abbia inteso che tale prova si debba dare

all'udienza nei giudizi sommari, come gl'istanti cre

dono, perocché il deve provare equivale ad avere

la prova del deposito chi vuole agire, e che la fac

cia conoscere alla controparte al momento della ci

tazione, per cerziorarla di avere ottemperato al

voto della legge. Questa infatti non dice che deve

provare di avere eseguito il deposito dopo conte

stata la lite; ma che questo deposito deve averlo

eseguito chi vuole promovere il giudizio di rivoca

zione.

Un tale concetto si trova espresso nella relazione

del ministro Guardasigilli, colla quale presentava alla sanzione sovrana il codice di procedura civile

del 1865. Egli, informato ai criteri delle Camere

legislative, diceva: «Per proporre la domanda di

ri vocazione conviene depositare una somma». La

convenienza quindi del deposito è a line che si po

tesse proporre la domanda in rivocazione, vale a

dire, prima di proporre la detta domanda, la quale

senza il preventivo deposito non si potrebbe spie

gare. Bene il Patamia invoca un ultimo pronun

ziato della Corte di cassazione di Torino del 1891, la quale, in giudizio di arbitrainento, interpretando l'art. 499 cod. proC. civ., ebbe a dire che si agisce

quando si intenta l'azione, ed al momento in cui

s'intima la citazione deve chi ricorre in rivocazione

avere già fatto il deposito.

Essendo questi i veri sensi della parola e dello

spirito della legge, la Corte ritiene che la eccezio

ne proposta sia ben fondata, e se non fosse stata

proposta dalla parte, la domanda di rivocazione

sarebbesi dovuta rigettare d'ufficio per impero di

legge.

Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI GENOVA Udienza 5 aprile 1892; Pres. Guasconi, Est. Fonta

na; Bianchetti, Geranzani c. Demersari.

Servitù •— IHnro comune — Sopraelevazione —

Distanza —■ Vertute oblique (Cod. CÌV., art. 553,

571, 590). Il comproprietario che innalza il muro comune

deve elevarlo per tutto lo spessore del medesimo,

in ispecie se, lasciando libera la meta della sua

parte, eleva la metà della parte del vicino. (1) La distanza di tre metri dalle costruzioni del vi

cino, prescritta dall'art. 571 cod. civ., non deve

osservarsi nel caso di costruzioni non froliteg

gianti che si approssimino soltanto perpendico

larmente allo estremo loro limite. (2)

(1) In senso conforme si è pronunziata la Cassazione di Palermo 1 aprile 1876 (Foro it., Rep. 1877, voce Servitù, n. 14) in senso contrario, la Corte d'appello di Catania 8 luglio 1881 (id., 1881, I, 768, con nota); e la Cassazione di Napoli 1

aprile 1889 (id., Rep. 1889, voce Servitù, n. 26). (2) Consulta la sentenza della Corte d'appello di Bologna

11 luglio 1888 (id., 1888, I, 1055) e la nota ivi dell'avv. Mana

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