Udienza 9 aprile 1908; Pres. Cosenza P. P., Est. Marconi, P. M. Cavalli (concl. conf.); Comune diBelluno (Avv. Bianchi, Carmi, Lessona) c. Società imprese elettriche di Ginevra (Avv. Sacerdoti,Casini, Bianco)Source: Il Foro Italiano, Vol. 33, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1908), pp. 631/632-633/634Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23111801 .
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631 PARTE PRIMA 632
egli si era proposto di compiere ; e quanto al campanello
d'allarme, fosse esso stato pure applicato allo scomparti mento in cui viaggiava il ricorrente, non sarebbe tornato
di alcun giovamento, poiché la subitaneità del fatto
avrebbe impedito che vi si potesse ricorrere.
La Corte perciò, così ritenendo, ha emesso un giudi zio di fatto, che non essendo influenzato da alcun erro
neo concetto di diritto, •> insindacabile in questa sede.
E dicesi non influenzato da alcun erroneo concetto
di diritto, perchè è affatto destituita di fondamento la
teoria professata dal ricorrente che gli art. 400 cod. comm.
e 1631 cod. civ. siano ugualmente applicabili al trasporto delle cose che al trasporto delle persone, per cui il vet
tore debba rispondere contrattualmente anche della inco
lumità dei viaggiatori, ammenoché non dia la prova del
caso fortuito o della forza maggiore. Simile teoria non
ha bisogno di confutazione ; essa è contraddetta dalla let
tera stessa delle invocate disposizioni di legge. Il vero
è che a garanzia della incolumità delle persone dei viag
giatori provvedono invece in uno ai regolamenti ferro
viari gli art. 1151, 1152 e 1153 cod. civ., i quali per
conseguenza trovano applicazione solo in quei casi in cui
sia provata nella Società vettrice quella colpa che valga a dimostrarne la responsabilità ; colpa che nella specie
fu esclusa dall'apprezzamento sovrano del magistrato di
merito.
Perciò di fronte al giudicato esauriente ed incensu
rabile della Corte, cadono tutte le censure contenute nel
ricorso.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE Udienza 9 aprile 3 908; Pres. Cosenza P.P., Est. Mar
coni, P. M. Cavalli (conci, conf.); Comune di Bel
luno (Avv. Bianchi, Carmi, Lessona) c. Società im
prese elettriche di Ginevra (Avv. Sacerdoti, Casini,
Bianco). Condottare elettriche — Dlwponibilitft ed occupazione
di inoli comanall — Ingerenza tolta iti Comuni —
Disposizioni del regolamento SS ottobre 1SÌI5 —
Convenzioni anteriori — Validità (L. 7 giugno 1894, sulle condutture elettriche, art. 8; Reg. relativo 25
ottobre 1895, art. 6).
La disposizioni del regolamento 25 ottobre 1895, per Vap
plicazione della legge 7 giugno 1894 sulle condutture
elettriche, che tolse ai Comuni ogni ingerenza rela
tiva alla occupazione e disponibilità dei suoli o so
prasuoli comunali negli impianti elettrici, non ha al
cun effetto retroattivo ; e quindi le convenzioni fatte al
riguardo da un Comune, sia pure dopo Vandata in
vigore della legge 7 giugno 1894, ma prima che si pub
blicasse il suddetto regolamento, sono rimaste piena mente valide anche dopo la sua pubblicazione. (1)
La Corte, ecc. (Omissis). — Osservasi che ambedue i
contraenti riconoscono che nella interpretazione della
nuova legislazione sulla trasmissione elettrica si è ormai
costituito un jus receptum, conforme ai principi banditi con
più sentenze da questo Supremo Collegio, e riaffermati ed
applicati colla sua sentenza 18 30 dicembre 1906 nella
(1) Vedi la sentenza cassata della Corfe di appello di Va nezia 26 febbraio 1907 (Foro it., 1907, I, 726) con la nota illu strativa dell'Avv. P. Casini.
causa promossa dalle due Società anonime " Elettricità
toscana „ e " Siemens ed Halscke „ contro il Comune di
Pisa (Foro it., 1906 I, 147), principi ai quali pure si in
spirò la sentenza ora in esame. Però il ricorrente Co
mune di Belluno sostenne e sostiene che il contratto
avvenuto tra le due predette Società anonime e il Co
mune pisano presentava tali sicure e sostanziali diffe
renze con quello tra esso ricorrente e la Società Bisutti
Zannoni, cui successe la Società ginevrina, che assolu
tamente la Corte veneta smarrì la via nel seguire i prin
cipi suindicati nella decisione della lite presente. Considera questo Supremo Collegio che veramente la
convenzione tra 1' anonima " Elettricità toscana „ e il
Comune di Pisa conteneva patti differenti da quelli di
cui nella convenzione tra il Comune attuale ricorrente
e la Società Bisutti-Zannoni ; ma ciò che specialmente differenzia le suddette due convenzioni si è che la pri ma fu stipulata dopo non solo la legge del 1894 sulla
trasmissione a distanza delle correnti elettriche, ma an
he dopo andato in vigore il regolamento della legge
stessa, mentre la seconda fu stipulata nel 22 ottobre 1895,
quindi ancora prima che quel regolamento fosse pub
blicato.
Su questa saliente circostanza di fatto, come si è vi
sto, si impernia il terzo mezzo del ricorso, il quale per
ciò, se fondato in diritto, basterebbe per cassare la sen
tenza impugnata, prescindendo dall'esame degli altri mezzi, siccome superflui. E poiché detto terzo mezzo lo si rav
visa appunto fondato in diritto e decisivo per sè stesso,
solo di esso si occupa la Corte, tanto più che le que stioni nuove e gravi cui dà luogo non formarono tema
della succitata sentenza 18-30 dicembre 1905 di questa Corte medesima.
Occorre anzi tutto rilevare che l'art. 4 della legge
speciale (riproducendo il disposto dell'art. 601 cod. civ., in materia di servitù di acquedotto) dispone che se nel
l'eseguire le condutture elettriche si dovessero " attra
versare strade pubbliche, ovvero fiumi o torrenti, o toc
care la facciata esteriore di case verso le vie o piazze
pubbliche, si osserveranno le leggi e i regolamenti speciali sulle strade e sulle acjue e le prescrizioni delle autorità
competenti „. Ora al tempo del contratto concluso nel 22 ottobre
1895 dal ricorrente Comune colla Società Bisutti-Zannoni, la legislazione vigente in materia di strade era quella
degli art. 55 legge sui lavori pubblici e 8 regol. di po lizia stradale 10 marzo 1881, secondo i quali a niuno è
lecito di fare opere o depositi, anche temporanei, sulle
pubbliche vie senza licenza delle autorità competenti, e
vigevano pure l'art. 7 del detto regolamento, che diceva
applicabile anche alle strade comunali l'art. 3, e l'art. 8
che indicava le varie competenze a dare le necessarie
licenze o autorizzazioni in materia.
Da ciò deriva che nel 22 ottobre 1895 la Società non
avrebbe potuto eseguire alcuna opera sulle strade ed al
tre aree comunali di Belluno, senza il placito del Comune
di quella città. Fu soltanto il regolamento del 25 ottobre 1895 che
coll'art. 6, ai riguardi ed a tutti gli effetti della legge in
discorso, spogliò i Comuni di qualsiasi competenza circa
la disponibilità del loro suolo demaniale, trasferendola
agli organi amministrativi governativi : prefetto, ministro
di agricoltura, industria e commercio, secondo i casi.
Desso regolamento, come è noto, fu attaccato di in
costituzionalità, in quanto e per quanto completava la
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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE
legge o vi aggiungeva, come appunto coll'avere surrogato,
in subieata materia per ciò che si attiene alla occupa
zione del suolo comunale, la competenza dell'autorità go
vernativa a quella dei Comuni. Ma se la costituzionalità
del detto regolamento non può porsi in forse, vuoi per
chè nell'art. 8 della legge stessa organica si ravvisi una
delegazione del potere legislativo all'esecutivo, di ema
nare anche tutte le discipline legali o regolamentari spe
ciali sulla materia, vuoi perchè non avrebbe fatto al
tro che derogare ad un precedente regolamento, quello
del 1881 sulla polizia stradale, surrogando sempre, nella
speciale materia della trasmissione a distanza della ener
gia elettrica, alla competenza dei Comuni quella del pre
fetto o del ministro ; se non può porsi in forse, dice
vasi, la costituzionalità di detto regolamento, sta però
che il suo art. 6 avrebbe, in ogni caso, carattere dispo
sitivo; e quindi era applicabile soltanto ex nunc, cioè dal
momento della sua andata in vigore Di conseguenza, rispetto al tempo anteriore, la pote
stà a dare l'autorizzazione per l'occupazione del sopra
suolo e sottosuolo pubblico comunale risiedeva nell'auto
rità comunale, ed una volta che quell'assenso essa avesse
dato, non poteva più essere nullo o diventare invalido,
e intendesi autorizzazione, nel senso di riconoscimento
o nulla osta, all'esercizio del diritto, a chi potesse di
mostrare di essere in condizione di attuarlo, poiché per
la legge il diritto in potenza spetta ad ognuno.
Infatti è bensì vero che le leggi d'ordine pubblico,
fatte nell'interesse della collettività, e così quelle che
attengono alla competenza dei pubblici poteri, si appli
cano immediatamente anche agli affari pendenti, ma ciò
non vuol dire che siano leggi di effetto retroattivo nel
senso proprio, a meno di una espressa dichiarazione del
legislatore, nel senso cioè che cancellino i fatti posti in
essere sotto l'impero e l'usbergo di una legge an
teriore, alla cui stregua deve valutarsi la loro efficacia
e legittimità. La legge del 7 giugno 1894 ha soltanto stabilito, ed
all'infuori di ogni monopolio, una servitù, come essa la
chiama, di passaggio per i fondi altrui, delle condutture
elettriche sospese o sotteranee, e deve intendersi anche
per i fondi di demanio comunale; e perciò il Comune bel
lunese non avrebbe anzi potuto negare, nel '22 ottobre
1895, l'esercizio della detta servitù alla Società Bisutti
Zannoni, una volta che questa dimostrò di essere in grado
di esercitarla Con tutte le necessarie garanzie. Fu dunque veramente un grave errore quello della sen
tenza impugnata di avere ritenuto che dal momento stesso
in cui andò in vigore la legge i Comuni siano stati sen
z'altro, ipso facto ipsoque jure, privati di ogni ingerenza
e potestà circa alla occupazione del loro suolo demaniale,
nella materia di cui trattasi ; grave errore, perchè con
durrebbe all'assurdo che o nel periodo intermedio tra la
legge e il suo regolamento alcuno non potesse esercitare
il diritto dalla legge medesima attribuitogli, o ciascuno
potesse a suo libito ed arbitrio fare impianti per la pro
duzione della energia elettrica e per la conduttura delle
correnti, occupando, attraversando fondi di demanio co
munale.
Fondato essendo il terzo mezzo del ricorso nel quale
ogni altra questione rimane assorbita e con ciò impre
giudicata, devesi pertanto cassare la sentenza.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 19 febbraio 1908; Pres. e est. Alaggia P. P.,
P. M. Colli (conci, conf.); Brun (Avv. Bruno, Bec
cuti) c. Berger (Avv. Valabrega, Calandra).
Vendita — Promessa bilaterale — Immobile — Man
canza di serittara — Risarcimento di danni (Cod.
civ., art. 1314, 1448».
La promessa bilaterale di vendita di immobile, non stipu
lata per iscritto, deve aversi per inesistente anche al
l'effetto del semplice risarcimento dei danni. (1)
La Corte, ecc. — Osserva che non ha giuridico fon
damento il primo mezzo del ricorso, col quale si censura
la sentenza della Corte di merito in quanto ebbe a rite
nere che la promessa bilaterale di vendita debba equi
pararsi alla vendita, e che quindi sia ad essa applicabile il disposto dell'art. 1314 cod. civile.
Imperocché, se in genere nei contratti traslativi della
proprietà, questa si trasmette e si acquista per effetto
del consenso legittimamente manifestato dalle parti con
traenti (art. 1125 cod. civ.), e se nel contratto di vendi
ta, in ispecie, si rende perfetta la vendita tra le parti
al momento in cui si è convenuto sulla cosa e sul prez zo (art. 1448 stesso codice), si deve parimenti convenire
che nella promessa bilaterale di vendita, nella quale in
tervenne il consenso, così da parte del compratore come
da quella del venditore, sulla cosa e sul prezzo, la tra
smissione della proprietà a-venne di diritto nell'atto
stesso in cui si verificò l'accordo tra i contraenti.
È perciò che la promessa di vendita bilaterale e la
semplice vendita si equivalgono negli effetti giuridici ri
spetto al passaggio della proprietà, e però ad entrambe
deve applicarsi la disposizione contenuta nel n. 1 del
l'art. 1314 cod. civile. La sola differenza che esiste tra
le due vendite sta in questo : che nella semplice vendita
null'altro resta a fare per renderla eseguibile, mentre nella
promessa di vendita le parti vollero mandare a tempo
più opportuno la stipula della convenzione in unico atto, e
l'esecuzione di essa con la tradizione reale della cosa e
col pagamento del prezzo. Ma sono queste modalità che riguardano soltanto l'e
secuzione e non l'essenza del contratto, di già reso per fetto con l'accordo avvenuto della volontà dei contraenti.
Nò vale il dire che la perfetta equipollenza giuridi
ca di quelle due formule di contratto, affermata testual
mente in precedenti legislazioni italiane e straniere, sia
ripudiata dal codice italiano, sol perchè non si vede ri
prodotta nel suo testo. Il patrio legislatore ha giusta
mente ritenuto superfluo il contemplare nel suo dettato
la promessa di vendita, appunto perchè essa non può co
stituire una figura giuridica per sè stante, ma in quanto sia bilaterale va compresa nella vendita effettiva ed at
tuale. ed in quanto sia unilaterale, e finché questa
rimanga tale, costituisce soltanto un'obbligazione di fare.
Del resto, il sistema legislativo italiano si uniforma,
(1) Veggasi da ultimo la sentenza 10 giugno 1904 della Cor
te d'appello di Gasale, la quale lia giudicato invece che la pro messa bilaterale di compravendita di stabili è valida e può pro varsi col giuramento.
Per la rivista di dottrina e giurisprudenza sulla questione, rinviamo alla nota del Giorgi, pubblicata nel volume del 1903
(I, col. 797) di questa Racoolta, ed alle sentenze riassunte nei
nostri Repertori sotto la voce Vendita, fra le quali è quella conforme della Cassazione di Roma 17 aprile 19 )5 (Foro it.,
Rep. 1905, voce predetta, n. 22).
Il Toro Italiano — Anno XXXIII — Parte 7-42.
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