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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 9 dicembre 1903; Pres. Pagano...

Date post: 11-Jan-2017
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Udienza 9 dicembre 1903; Pres. Pagano Guarnaschelli P. P., Est. Capotorti, P. M. Carlucci (concl. conf.); Antonelli (Avv. Calzaroni-Vassura) c. Mariani (Avv. Leti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 29, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1904), pp. 3/4-5/6 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23106409 . Accessed: 22/06/2014 08:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.156 on Sun, 22 Jun 2014 08:52:06 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 9 dicembre 1903; Pres. Pagano Guarnaschelli P. P., Est. Capotorti, P. M. Carlucci (concl.conf.); Antonelli (Avv. Calzaroni-Vassura) c. Mariani (Avv. Leti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 29, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1904), pp. 3/4-5/6Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23106409 .

Accessed: 22/06/2014 08:52

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PARTE PRIMA

Stato alla restituzione della complessiva somma di lire

908 (incluso in essa anche il valore degli oggetti di cui

sopra), nonché agli interessi legali dal giorno in cui la

restituzione venne ordinata dalla Camera di consiglio.

In pendenza di tale istanza il prefetto della provincia di Macerata, con decreto 18 maggio 1902 debitamente

notificato agli attori, considerando clie la responsabilità clie costoro vogliono far risalire allo Stato sarebbe quella

dipendente da incuria, ossia da colpa di un suo funzio

nario, ed il funzionario colpevole, per quanto traspare dal libello, sarebbe nella specie il pretore pro tempore

del mandamento di Sanseverino, mentre è canone fonda

mentale di diritto, riconosciuto dalla più costante giuri

sprudenza, che lo Stato in ordine ai suoi atti di impero non è tenuto pei danni derivanti da colpa dei propri

impiegati, massime di quelli appartenenti all'ordine giu diziario, salvo al privato di agire, se lo creda, diretta

mente contro il preteso autore del danno; che da tutto

ciò discendeva nel caso attuale l'improponibilità della

domanda; risolventesi in incompetenza dell'autorità giu

diziaria; per siffatte considerazioni, ed in base agli art. 1

e 2 della legge 30 marzo 1877 sui conflitti di attribuzione,

dispose di chiedere la decisione diretta della Corte di cas

sazione di Roma sulla cennata eccezione d'incompetenza. In vista di tale decreto, il pretore alla sua volta or

dinò la sospensione del giudizio. Con ricorso al Supremo Collegio i coniugi Bartoccio

ni si oppongono alla dichiarazione d'incompetenza, dal

prefetto invocata; e tutto il loro argomentare si riduce

in sostanza a questo, che nel caso in disamina non trat

tasi di atto d'impero, perchè se tale fu il sequestro della

presunta refurtiva, a questo susseguì poi un atto di vera

e propria gestione, e quindi di ragione privata, allorché

lo Stato per mezzo dei suoi agenti si costituì depositario della cosa sequestrata. Con ciò, secondo i ricorrenti,

egli si assoggettò all'obbligo, nascente dal contratto di

deposito, di usare per la conservazione della cosa la dili

genza del buon padre di famiglia; donde la responsabi lità che lo avvince per la colpa della mala custodia per

parte dei detti agenti.

L'avvocatura erariale, per conto della Finanza, ha pre sentato un controricorso a conforto dell'assunto del pre fetto.

Manifesta, nella specie, è l'improponibilità della do

manda, perchè basta por mente alla duplice personalità, l'una politica, l'altra giuridica, dello Stato, rispondenti ai due diversi ordini di funzioni che costituiscono ri

spettivamente il governo e la gestione, per riconoscere

come lo Stato civilmente responsabile nelle sue funzioni

d'impero sia concetto assolutamente assurdo, ripugnando alla mente qualsiasi concordia tra la sovranità dello

Stato, che in mezzo alla società si eleva organo del di

ritto, e detta ed esegue leggi nell'interesse ed a fronte

di tutti i cittadini, e l'eguaglianza che è fondamento

della ragione privata e fonte della responsabilità civile.

Ed atto indubbiamente di autorità e d'impero è non

soltanto il sequestro dei corpi di reato, ma eziandio, ed

anche più (perchè appunto ad essa è preordinato il se

questro), la custodia dei medesimi, la quale non è che

misura istruttoria e procedurale, intesa agli alti fini so

ciali dell'accertamento del reato e della conservazione

delle prove a questo relative.

Azione civile di responsabilità contro lo Stato per simile atto non è dunque possibile, e quindi non è pos sibile giudizio civile sul merito di essa.

E non lo sarebbe quando anche il funzionario (auto re diretto della colpa) fosse proprio lui (per il suo uffi cio) addetto alla custodia.

Tanto meno dunque nella subbietta ipotesi, in cui

alla custodia era obbligato non il pretore che si addita

come direttamente colpevole, ma il cancelliere. Cosicché, se pure, per impossibile concessione, volesse portarsi la

contesa nel campo del mero diritto civile, mancherebbe

il precipuo estremo richiesto a che secondo l'art. 1153

del codice possa la responsabilità del preposto trasmet

tersi al preponente, quello cioè che il primo abbia agito nell'esercizio delle incombenze cui era destinato.

Per questi motivi, dichiara l'incompetenza giudizia ria per l'improponibilità dell'azione.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. i Udienza 9 dicembre 1903; Pres. Pagano Guarnaschel

li P. P., Est. Capotorti, P. M. Carlucci (conci,

conf.); Antonelli (Avv. Calzaroni-Vassura) c. Ma

riani (Aw. Leti).

Spese giudiziali — Ordinanza di tassazione — jVotllI

ca (Cod. proc. civ., art. 367, 377, 183).

L'ordinanza di tassazione di spese giudiziali deve esser

notificata, agli effetti della decorrenza dei termini per

l'opposizione, al procuratore e non alla parte. (1)

La Corte, ecc. — Considerato che l'unica ragione per cui il Tribunale giudicò tardiva l'opposizione fu quella che il termine utile per proporla dovesse decorrere dalla

notificazione dell'ordinanza fatta alla parte nel domicilio

eletto, ritenendola produttiva di effetto nello stesso modo

che lo sarebbe stata la notificazione della sentenza. Non

si preoccupò il Tribunale della notificazione fatta pure al procuratore nel medesimo domicilio eletto, di cui ora

fa molto caso la difesa della resistente. E non doveva

preoccuparsene, perchè se fosse stata vera la tesi contra

ria a quella accolta, cioè che per la decorrenza del ter

mine utile all'opposizione sia necessaria la notificazione

(1) Vedi nello stesso senso la medesima Cassazione di Bo rila 30 marzo 1897 e 18 giugno 1894 (Foro it., 1897, I, 625, e 1894, I, 976) eon le rispettive note di richiami ; e per la giurispru denza posteriore: App. Palermo 2 luglio 1897 (id., Rep. 1897, voce Spese giudiziali, n. 47) ; Trib. Bologna 15 settembre 1898

(id., Rep. 1898, detta voce, n. 45) ; App. Catanzaro 22 novem bre 1897 (ibid., n. 40) ; App. Roma 3 agosto 189'J (id., Rep. 1899, voce stessa, n. 53) ; App. Trani 9 giugno 1900 (id., Rep. 1900, detta voce, n. 39). Però la stessa Cassazione di Roma con sen tenza 8 aprile 1897 (Foro it., 1897, I, 499) ritenne valida la notifica dell'ordinanza diretta anche alla parte, purché eseguita presso il procuratore.

In senso contrario alla decisione che riferiamo vedi, per la giurisprudenza posteriore al 1897, App. Trani 14 aprile 1899

(Foro it., Rep. 1899, voce Spese giudiziali, n. 49) e 12 settembre 1902 (id., Rep. 1902, detta voce, n. 53). Si consulti anche la decisione della stessa Corte del 12 luglio 1902 (id., Rep. 1902, detta voce, n. 55).

Nella dottrina seguono l'opinione accolta dalla sentenza che pubblichiamo: Granata, nella Riforma giuridica, 1895, 55; Sorgente, Procedura civile, vol. I, n. 389; Rabbaglietti, nella

Legge, 1878, III, 197 ; Libertini, nella Rivista di giurispr. di

Trani, 1894, 357.

Seguono invece l'opinione contraria, e cioè che l'ordinanza di tassazione di speso deve essere notificata come le sentenze:

Mattirolo, Tratt. di dir. giudiz., 4a ediz., vol. IV, n. 221; Cdz

zeri, Cod. proc. civ., art. 377, n. 1 : Di Majo, Istituz., I, 280; Chiovenda, La condanna nelle spese giudiziali, n. 395, il quale ultimo riassume lo stato della giurisprudenza e della dottrina sulla dibattuta questione.

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

dell'ordinanza al procuratore e non alla parte, sarebbe

stato pure, com'è, intuitivo che non avrebbe valore di

sorta la notificazione che fosse fatta al procuratore, non

nel suo ufficio, ma nel domicilio eletto dalla parte. In

fatti l'elezione di domicilio riguarda la parte e vale per le notificazioni da farsi alla stessa, ma non tocca meno

mamemte il procuratore, il quale, avendo un ufficio pro

prio ed una residenza legale, non perde la rappresentanza del cliente, come non può declinare la responsabilità de

gli atti attinenti al suo ministero, quando anche la parte sia pure assistita da un avvocato ed abbia il domicilio

eletto presso di lui. Onde è che l'elezione di domicilio della parte non può assorbire il domicilio del procura

tore, come non può spogliare il procuratore della rappre sentanza legale e della direzione del procedimento, e le

notificazioni da farsi allo stesso non sono valide se fatte

in un luogo diverso da quello che è la sua residenza.

Resta dunque la questione quale fu posta dal Tribu

nale. Su di essa questa Corte ha avuto più volte occa

sione di esporre il suo pensiero, e si è pronunziata sem

pre nel senso che l'ordinanza di tassazione delle spese deve notificarsi al procuratore e non alla parte, quando anche vi sia elezione di domicilio presso di esso, all'ef

fetto di far decorrere il termine di tre giorni per l'op

posizione. Né trova ragioni per dover mutare la sua

giurisprudenza. Dal perchè l'ordinanza di tassazione co

stituisce il complemento della sentenza che condanna

alle spese e ne delega la liquidazione, non ne segue che

sia da confondere colla sentenza finché non divenga ese

cutiva, imperocché la sentenza che delega la tassazione

delle spese lascia in sospeso la questione relativa alla

liquidità di esse, e se l'art. 377 cod. proc. civ. ammette

il reclamo avverso l'ordinanza di tassazione e richiama

l'art. 183, evidentemente questa ordinanza vien parificata a quelle altre incidentali che debbono essere notificate

al procuratore che non sia stato presente alla pronunzia di esse, onde il termine dell'opposizione non decorre fin

ché questa notificazione non abbia luogo. La necessità

di questa è determinata dall'indole della liquidazione, che richiede termini pure assai brevi, per cui il procu

ratore, meglio che la parte, anzi ad esclusione della par

te, si trova in condizione di contraddire all'ordinanza di

tassazione per la cognizione che ha della causa e pel

possesso di tutti gli elementi riferibili alla liquidazione. E tale necessità si evince anche dal capoverso dell'art.

377, che, comminando un'ammenda al procuratore quan do l'opposizione non sia fondata, lascia chiaramente in

tendere che l'iniziativa del reclamo sia del procuratore, il quale continua a rappresentare il cliente nella liqui dazione delle spese, e non potrebbe darsi iniziativa senza

la notificazione personale dell'ordinanza al procuratore. Tutto ciò avendo disconosciuto la sentenza del Tribu

nale, è caduta nelle violazioni di legge col ricorso de

nunziate, e come tale merita di essere cassata.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 10dicembre 1903; Pres. Pagano-Guarnaschelli

P. P., Est. Corbo, P. M. Righetti (conci, conf.) ; Fi

nanze (Aw. erariale) c. l'inizio, Ferrucci ed altri

(Avv. Gtigliesi, Testa, Pisapia).

Competenza — Cassazione di Roma — Violazione di

leggi speciali — Altre violazioni di diritto comune ; — Competenza nnica della Cassazione di Roma (L.

12 dicembre 1875, sulla Cassazione di Roma, art. 3, n. 5).

I ricorsi in cassazione, con cui sia denunciata la violazio

ne delle leggi speciali di cui all'art. 3 n. 5 della legge 12 dicembre 1875, debbono essere integralmente decisi

dalla Cassazione di Roma, anziché dalla Cassazione

territoriale, anche per quei mezzi che siano fondati esclusivamente su violazioni di diritto comune. (1)

La Corte, ecc. —- Attesoché in una memoria a stampa i resistenti sostengono che la Cassazione competente a

giudicare della questione sollevata col primo mezzo sia

quella di Napoli, e non questa di Roma, perchè cotesto

primo mezzo si svolge esclusivamente intorno ad argo mento di procedura civile, mentre la Cassazione di Roma, avendo la sua giurisdizione speciale solo in quelle speciali materie che furono sottratte alle altre Cassazioni, do

vrebbe conoscere soltanto del secondo mezzo del ricorso

subordinatamente al primo, che è pregiudiziale ed assor

bente.

Attesoché cotesto assunto dei controricorrenti di sdop

piare la competenza nello stesso grado e di creare un si

multaneo concorso di due Cassazioni, chiamate successi

vamente, ciascuna per la sua parte, ad esaminare lo stesso

ricorso, sia del tutto arbitrario, dannoso e non conforme

alla logica, perchè offende il principio fondamentale del

l'unità del giudizio, disconosce la normale indivisibilità

della giurisdizione e contrasta l'economia dei giudizi, ob

bligando le parti ad adire due diverse Cassazioni allo

scopo di impugnare una medesima sentenza per diversi

motivi.

Ora, appunto in omaggio a cotesti principi, ne deve

conseguire invece come legittimo corollario che quando una sentenza, secondochè accade nella specie, sia impu

gnata in Cassazione con ricorso che contenga motivi di

diritto o di leggi comuni e motivi di leggi speciali indi cate nell'art. 3 L. 12 dicembre 1875, deve ritenersi com

petente a conoscere e a giudicare dell'intiero ricorso

esclusivamente la Cassazione di Roma, senza distinzione

se tra gli allegati motivi di diritto comune ve ne siano

alcuni d'indole pregiudiziale ed assorbenti, ovvero sieno

tutti semplicemente connessi con quelli riguardanti le

leggi speciali. Del resto, cotesta regola della piena giurisdizione della

Cassazione di Roma e della indivisibilità della propria

speciale competenza trova il suo appoggio nel penulti mo capoverso dell'art. 7 R. D. 23 dicembre 1875, in cui

è detto che la Corte di cassazione dichiarata competenti

procederà agli atti ulteriori, e trova la sua conferma an

che nell'art. 5 L. 31 marzo 1877 sui conflitti di attribu

zione. E difatti, mentre si dispone nella prima parte di

cotesto articolo che sono deferite esclusivamente alla co

gnizione delle Sezioni di Cassazione istituite in Roma le

sentenze in grado d'appello sulla questione se sia compe tente l'autorità giudiziaria o l'autorità amministrativa,

(1) La stessa Cassazione però ha più volte ritenuto, come osserva anche nella decisione che pubblichiamo, che i ricorsi i quali non denunciano che violazioni di diritto comune, pur nelle controversie speciali di cui all'art. 3 n. 5 della legge 12 dicembre 1875, non spettano più. alla competenza della Cas sazione di Eoma, ma rientrano in quella ordinaria delle Cas sazioni territoriali. Vedi da ultimo in questo senso la sentenza 8 maggio 1900 (Foro it., 1900, I, 592) con i richiami alla oscil lante giurisprudenza precedente.

La decisione del 4 gennaio 1902, ricordata nel testo di quella che pubblichiamo, non ci risulta edita.

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