Udienza 9 febbraio 1912; Pres. Giordani P. P., Est. Vanna; Società tramways provinciali (Avv.Quarta) c. Municipio di Napoli (Avv. Gianturco)Source: Il Foro Italiano, Vol. 37, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1912), pp. 703/704-707/708Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23113850 .
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703 PARTE PRIMA 704
parte di ricchezza sia sottratta alla libera circolazione e
che vengano talora a vantaggio dell'ente offese le ra
gioni dei privati, non già quella d'integrare la capacità
dei corpi morali, la quale col riconoscimento della loro
personalità giuridica è nel nostro diritto pienissima. Ed
invero l'art. 2 cod. civ. dà alle persone morali il godi
mento pieno dei diritti civili. Ciò ammesso, ne consegue che l'accettazione simul
tanea data dal parroco Baron fu sufficiente per conferire
esistenza giuridica alla donazione e quindi impedire ca ducità o pentimenti, e che la solennità estrinseca del
l'autorizzazione governativa, intesa a fini economici non
riguardanti le persone dei contraenti, è indifferente che
avvenga anche dopo.
oiata ripetute volte la nostra giurisprudenza, affermando so
stanzialmente il concetto che la necessità dell'autorizzazione
non toglie all'ente la capacità di accettare la donazione, dal
momento che l'autorizzazione governativa occorre solo per con
seguire il rilascio dei beni. (10)
Parimenti nella dottrina francese, pur di fronte ad un di
sposto di legge che meno si presta alla soluzione da noi pro
pugnata, alcuni autori giungono alla stessa nostra conclusione.
Per l'art. 937 cod. Napoleone le donazioni fatte a vantaggio di un corpo morale « seront accept ées par les administrateurs
de ces communes ou établissements, après y avoir étó dùment
autorisós >, e di fronte ad una tale disposizione il Laurent (11), con un'argomentazione non strettamente giuridica, afferma che
per lo stretto diritto non sarebbe possibile un accettazione
preventiva, ma che però in tal caso vi è una questione di uti
lità pubblica, la quale deve prevalere sulla sottigliezza del di
ritto ; ed il Demogue (12), meglio penetrando la natura del
l'autorizzazione e con argomentazione più scientifica, ritiene
appunto che essa non può riguardare se non gli effetti della
donazione, e che pertanto nulla impedisce una preventiva ac
cettazione, la quale produce l'importantissimo effetto d'impe dire al donante di ritornare sul proprio atto mentre si attende
l'autorizzazione. Del resto, il legislatore francese, ispirandosi a questi con
cetti, con le leggi 18 luglio 1837 e 13 agosto 1851 ha temperato il rigore delle parole del codice, ammettendo in determinati
casi un'accettazione provvisoria, valevole a vincolare il donante, ma che non ha pieno effetto se non quando sia intervenuta
l'autorizzazione (13). E così si riafferma il carattere che noi abbiamo attribuito
a quest'atto del Governo, carattere che permette con un facile
procedimento logico di risolvere in senso affermativo, e con
argomenti desunti dalla natura stessa del negozio in esame, la
questione propostaci. (14) Avv. Silvio Lessona.
(10) Vedi Cass. Roma, sez. unite, 8 aprile 1880 {Foro it., 1880, I, 1182); App. Casale 17 febbraio 1882, (icl., Rep. 1882, voce Corpo morale, un. 10, 11), Cass. Roma 26 giugno 1894 {id., Rep. 1894, voce cit., n. 13); Cass. Napoli 23 giugno 1906 {id., Rep. 1906, voce cit,, n. 16) ; Cass. Firenze 2 luglio 1906
(ibid., n. 14) e 8 marzo 1909 {id., Rep. 1909, voce cit., n. 14). (11) Principes, vol. XI, p. 287.
(12) Jievue trim, de droit civil, IY, 777.
(13) Vedi conforme legge belga 19 dicembre 1864.
(14) Non ci sembra necessario, per giungere a questa conclusione, ricor rere all'artifizio di considerare la donazione come una promessa di donazione, Li quale avrebbe come effetto una obbligazione personale e non la trasmis sione materiale dei beni, e non renderebbe necessaria l'autorizzazioue ad ac cettarla.
Con questo sistema si deve per forza artificiosamente modificare la vo lontà del donante, il quale quando dice dono, vuol donare e non fare solo
promessa di donazione. D'altronde il ritenere non necessaria l'autorizzazione ad accettare una promessa di donazione è applicazione troppo letterale della
legge, dal momento che, sia pure una semplice promessa, essa può avere per ef fetto la trasmissione dei beni, il che non è lecito se non col beneplacito del Governo. Se anche poi si ritenesse non necessaria l'autorizzazione per la sem
plice promessa, ne sorgerebbe il bisogno allorché la primitiva obbligazione personale si tramutasse nella effettiva trasmissione dei beni ; nè l'accetta zione della promessa vincola il donante alla consegna delle cose donate se non intervenga una nuova accettazione specifica.
Pertanto ricorrere al concetto di promessa di donare ci sembra un ar
tiflzio, come tutti gli artifizi, pericoloso: ci sembra anche superfluo, dal mo mento che il concetto di donazione condizionata permette una chiara solu zione del quesito.
E che questo sia, lo si deduce anche dal testo della
detta legge speciale, la quale parla non di validità, ma
di effetto, confortando così lo spirito con la lettera, senza
che a ciò faccia ostacolo la voce autorizzazione usata dal
legislatore, la quale farebbe supporre un'autorizzazione
all'accettazione, intuendosi che siffatta voce è ivi usata
in senso lato ed improprio, e tien luogo dell'altra, forse
più adatta, di approvazione o assenso.
Considerato che in questa equa interpretazione in
clina anche la giurisprudenza delle alte Corti del Regno, non esclusa quella locale, la quale nella sua decisione del 2 luglio 1906, sebbene si trattasse di legato, non si
peritò d'insegnare che « per i principi che informano la
nostra legislazione, la capacità di accettare lasciti o do
nazioni negli enti morali deriva dalla legge e l'autoriz
zazione governativa occorre soltanto per conseguire il ri
lascio dei beni ». E così pure la Corte Suprema di Roma a sezioni unite, con decisione 8 aprile 1880, e quella di
Napoli con decisione 23 giugno 1906, le quali in sostanza
vennero a riconoscere il principio che l'autorizzazione
governativa non era prescritta come elemento costitutivo dell'atto di donazione, ma semplicemente come solennità
estrinseca per la legale efficacia dell'atto medesimo.
Considerato che l'appellata Girardo cita a favore del
proprio assunto un parere del Consiglio di Stato del 31 gennaio 1912; ma esso per nulla avvantaggia il con cetto della nullità dell'accettazione se non sia preceduta dall'autorizzazione governativa, limitandosi ad affermare la massima che la sola autorizzazione non basta per ren dere perfetta e irretrattabile la donazione, occorrendo al
l'uopo che il decreto autorizzativo sia seguito dall'atto
pubblico di accettazione richiesto dall'art. 1057 cod. civ., mentre la massima oggi riconosciuta si è che l'accetta zione legalmente e tempestivamente espressa basti di per sé a dar vita e vitalità giuridica all'atto di donazione, occorrendo solo che l'autorizzazione, intesa a fini diversi altamente morali ed economici, intervenga all'oggetto di
portarlo ad esecuzione, lo che può avvenire senza scon cio anche dopo la morte del donante.
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI,NAPOLI. Udienza 9 febbraio 1912; Pres. Giordani P. P., Est.
Vanna ; Società tramways provinciali (Avv. Quarta) c. Municipio di Napoli (Avv. Gianturco).
Tasse comunali — Tassa sulle Tettare — Ricorso alla
autorltA giudiziaria — Termini — Vetture tram
viarie — Tassabilità — Luogo dove deve pagarsi
la tassa (L. 11 agosto 1870, sulle tasse comunali,
art. 4, 6, 13 ; Reg. relativo 24 dicembre 1870, art. 19).
Le leggi ed i regolamenti in vigore in materia di tasse,
sulle vett ure non stabiliseono alcun termine perentorio
per fazione dinanzi all'autorità giudiziaria. (1) L'esenzione dalla tassa stille vetture concessa per i vei
coli ferroviari non si estende ai veicoli delle linee
tranviarie. (2)
(1) Consulta in proposito, per la proponibilità dell'azione
giudiziaria in materia di tassa sulle vetture, App. Roma 14
marzo 1902 (Foro it., Hep. 1902, voce Tasse comunali, n. 23). (2) Non ci risulta alcun precedente sulla questione. La sen
tenza riformata del Tribunale di Napoli, 17-28 luglio 1911, può
leggersi nel periodico Le ferrovie italiane, 1912, 110.
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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE
La tassa sulle vetture tramviarie deve essere pagata non
nel luogo in cui l'impresa esercente abbia soltanto la
sua sede, ma bensì in quello ove si svolge la mag
giore produttività dell' azienda. (3)
La Corte, ecc. — Osserva che il Municipio di Napoli
iscrisse, in conformità delle disposizioni contenute nel
regolamento comunale sulle vetture del 23 dicembre 1902,
nella matricola dei contribuenti alla tassa sulle vetture
pubbliche la Società dei tramways provinciali, la quale,
dopo avere invano tentato il procedimento amministra
tivo, convenne il Municipio anzidetto innanzi al Tribu
nale di Napoli per sentir dichiarare l'illegittimità della
tassazione e conseguentemente ordinare la restituzione
della somma di lire 19 775, indebitamente percepita per la causale suddetta. E l'adito magistrato, dopo avere, con
sentenza del 17-28 luglio 1911, respinto l'eccezione
d' inammessibilità dedotta dal convenuto, accolse la do
manda della Società, sulla considerazione che le linee
tramviarie fossero perfettamente equiparabili alle ferro
viarie, e quindi esenti da imposizione in base all'art. 19
del regolamento 24 dicembre 1870. Avverso tale sentenza
è stato prodotto appello.
Che non sussiste l'eccezione d'inammissibilità desunta
dall' art. 90 del regolamento 3 febbraio 1867, per il
quale era sancito il termine perentorio di mesi sei de
combile dalla pubblicazione dei ruoli per la proposizione del reclamo innanzi l'autorità giudiziaria. E per fermo
il regolamento invocato è rimasto abrogato dal succes
sivo regolamento 24 dicembre 1870, che disciplina, nel
suo titolo III, tutta la materia relativa all'applicazione della tassa comunale sulle vetture, in base all'art. 5 disp.
prelim, cod. civ. ed in conformità del noto principio per cui posteriora prìoribus derogant. Il concetto dell'abro
gazione tacita è inoltre nella specie confermato dal fatto
che la legge 11 agosto 1870 abrogò esplicitamente il de
creto legislativo, di cui il succennato regolamento del
1867 costituisce l'applicazione, non nella sola parte re
lativa al suo titolo di tassa governativa, ma in tutto il
suo tenore, essendosi perfino, ed allo scopo di conseguire una maggiore chiarezza nell'attuazione della legge, sen
tito il bisogno di confermare con l'art. 13 di essa legge le esenzioni stabilite nell'articolo cennato. Ed è confer
mato ancora dall'altro fattj che l'art. 35 Reg. 24 dicem
bre 1870, pur occupandosi dei termini della proposizione dei ricorsi, ne rimette la disciplina a disposizioni future,
« giammai promulgate, e non si riporta al regolamento
abrogato. Che nel merito è innegabile che le tramvie costitui
scono istituzioni di trasporto tecnicamente, industrial
mente, economicamente, e perciò stesso giuridicamente,
distinte dalle ferrovie. Differenziazione questa che non
è, come la storia di questa industria dimostra, il pro dotto di una migliore specificazione dell'impresa di tra
sporto ferroviario, ma della costituzione di nuove indu
strie destinate al soddisfacimento di bisogni più limitati, o per le modalità loro o per lo spazio. I caratteri prin
cipali di questa differenza consistono nella mancanza per le tramvie di uno degli elementi fondamentali della
unità di viabilità, qual'è il punto sorrettore immobile
(3) Vedi da ultimo, per analogia, circa il luogo in cui le
imprese esercenti tramvie debbano pagare la tassa di esercizio, Cass. Torino 20 gennaio 1912 (retro, col. 344) e l'ampia nota di richiamo dei precedenti.
del movimento, non avendo le tramvie una sede propria, ma percorrendo invece le vie ordinarie, o comunali o pro
vinciali, dalle quali amministrativamente non si distin
guono, come invece accade per le stesse ferrovie econo
miche. Oltre a ciò il servizio ferroviario è destinato non
solo alla circolazione più estesa e più rapida della ric
chezza, ma anche a tutti gli altri rapporti della vita ci
vile ; richiede una grande accumulazione di capitali, eser
cita influenza sulle varie classi sociali, ed implica un alto
interesse economico e politico congiunto con quello pri vato. Per contro il servizio tramviario ha un interesse
puramente locale, e non è dotato, nemmeno in questa sfera ben più ristretta, di un carattere di universalità,
giovando solo a realizzare, con l'applicazione dei motori
meccanici, un'economia nelle spese di trasporto in sog
getti che già partecipano, per mezzo delle ferrovie di
categoria superiore, al movimento ferroviario ; sicché pro
prio per queste loro qualità le tramvie sono' state da ta
luni equiparate alle vie vicinali della viabilità a mezzo
di sistemi meccanici. Nè questi elementi differenziali, che
si riscontrano ovunque queste industrie sono esercitate,
vengono in Italia ottenebrate per il fatto che sono alle
tramvie estese norme di polizia stradale proprie alle fer
rovie, o per l'altro latto che desse possono costituire sub
bietti attivi dell'espropriazione per pubblica utilità. Per
chè l'uno e l'altro denotano solo che anche le tramvie
possono, a causa dei loro motori, ingenerare per la si
curezza pubblica pericoli identici a quelli delle ferrovie, e che anche presso di noi esse hanno assunto una forma
di organizzazione di diritto pubblico che raggiunge il
massimo grado con la municipalizzazione e la provincia lizzazione del servizio tramviario.
Per contro la differenziazione che anche nel campo
giuridico ha questo trasporto, differenziazione, lo si ri
pete, che è il portato dell'applicazione delle regole giu ridiche al mondo dei fatti, risulta dimostrata, fra l'altro,
dalle leggi 27 dicembre 1896 e 16 giugno 1907, dal rego lamento 26 giugno 1905 per l'esecuzione della legge sul
l'imposta fondiaria, e dal regolamento 17 giugno 1909
sul dazio consumo, per i quali tutte le tramvie o for
mano obbietto di particolari istituti giuridici, o sodo con
siderate in contrapposto alle strade ferrate, o vengono
esplicitamente escluse dai privilegi fiscali concessi a que
ste ultime.
Che se questo è da un canto, devesi dall'altro canto
riconoscere, con l'acuta difesa dell'appellata, che a giu dicare dell'applicabilità o meno della tassa delle vetture
alle carrozze tramviarie occorre tener presente lo stato
della legislazione vigente al tempo della promulgazione della legge tributaria ; questione questa che è resa nella
specie ancora più grave dalla mancanza in materia di
norme o di criteri storici legali, che valgano ad un mi
gliore chiarimento del pensiero legislativo. I primi giu
dici, attenendosi a tale ordine d'idee, ritennero che le
tramvie fossero dalla legge 20 marzo 1865, in allora im
perante, comprese nella nozione di ferrovie, in quanto
per detta legge sono regolate tanto le ferrovie pubbliche che le private, fra le quali ultime sono annoverate non
solamente quelle che percorrono pubbliche vie, senza di
stinguere se si arrestino nell'ambito del Comune o va
dano più lungi, ma fìnanco le altre che corrono su ter
reni di chi le costruisce, senza intersecare od interessare
in alcun modo proprietà pubbliche o private (art. 206 e
207 detta legge). Un concetto siffatto è però il prodotta
Il Foro Italiano — Anno XXXVII — Parte I-45.
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707 PARTE PRIMA
di un vero anacronismo, non essendosi atteso nel for
mularlo alla nozione che il primo tronco di tramvie a
vapore fu aperto in Italia solo nel 1878, mentre quelle stesse a cavalli non cominciarono ad essere generalizzate in Europa che nel 1853 e tentate nel Regno nel 1865.
Sicché, pur non negandosi che in mancanza di apposite
disposizioni legislative le prescrizioni della legge 20
marzo 1865 fossero, per quanto era possibile, applicate alle tramvie come continuarono ad essere applicate an
che dopo la legge del 1865, è impossibile proprio per ar
gomenti desunti dalla storia di questa industria che con
la denominazione di ferrovie si fosse voluto designare
pure cose non ancora sorte in fatto. E la non inclu
sione è confermata dalle disposizioni e dalle distinzioni contenute nella legge cennata a proposito delle ferrovie
pubbliche e private, constando che queste sono quelle co
struite per un uso proprio del costruttore, e che le prime sono quelle destinate a trasporto di persone, merci o
cose qualunque, tanto se esercitate con forze animali che
fisiche, ma munite tutte di sede propria, come si desume
dagli art. 211, 213, 219, 229, 235 e 293 della legge cennata.
Sicché l'unica conseguenza che è lecito inferire dallo
stato della legislazione in allora vigente è che la legge 11 agosto 1870 non siasi occupata delle tramvie o ppr
comprenderle nel tributo o per esentarle. E necessario
quindi desumere e dalla lettera e dallo spirito di questa
legge l'idea della tassabilità o non delle vetture tram
viarie, non essendo esatto anche l'altro principio, adot
tato dalla sentenza impugnata, che le leggi di carattere
fiscale debbono essere interpretate in senso stretto, essendo
invece vero che in queste leggi, come in qualsiasi altra
di jus singular?,, debba essere diligentemente ricercata
la voluntas legis e tutta intera osservata. Posto ciò, pare alla Corte che il principio dell'esenzione dal tributo, ac
cettato dai giudici di prima istanza in disformità della
prevalente interpretazione dottrinale, non sia rispondente a legge. Osta infatti all'adozione di un simile principio la parola della legge, che esenta dalla contribuzione non
i veicoli in servizio su binari, ma quelli in servizio su
binàri delle ferrovie, di strade cioè esclusivamente de
stinate al trasporto ferroviario. Ed osta altresì la ratio
legis, che è fatta palese dalla menzione cumulativa di
tali veicoli e di quelli in servizio dello Stato, e che con
siste nella volontà di sottrarre al potere tributario locale
tutto quanto serve di strumento per bisogni d'ordine
mondiale e statale, caratteristiche che non hanno le tram
vie, destinate, come si è visto, al soddisfacimento di bi
sogni di scambio interessanti località assai ristrette, che
ritraggono i loro redditi dal Comune col quale banno rap
porti personali, e che percorrendo le vie ordinarie ingene
rano, al contrario delle ferrovie munite di sede propria, la
necessità di una maggiore spesa di manutenzione stradale.
Inoltre, essendo la tassa sulle vetture pubbliche e
private un complemento del dazio di consumo, in quanto si riferisce a spese ed oggetti di consumo proprio delle
classi medie e superiori, apparirebbe del tutto ingiusti ficata l'esistenza di un privilegio, che è, come fu ben
detto in altra precedente sentenza di questa Corte, ap
pena legittimato dalla essenzialità, anche per ragioni mi
litari e politiche, delle comunicazioni ferroviarie.
Che il ragionamento predetto, se vale a giustificare la non -adozione delle ragioni sulle quali è fondata la
decisione della non tassabilità, non è da solo sufficiente
a legittimare l'accoglimento del gravame, essendosi dalla
Società dedotte a sostegno della proposta istanza anche
altre ragioni che non vennero esaminate dai primi giu dici per essere rimaste assorbite dalla soluzione data alla
questione principale. E vero che l'appellante assume l'im
proponibilità in appello delle subordinate per mancanza
di analogo appello incidente condizionato. Ma l'eccezione
è destituita di ogni qualsiasi fondamento giuridico, es
sendo ormai regola comune ed incontrastata che chi ha
ottenuto completa vittoria in primo grado non solo non
debba produrre appellazione per la conferma della deci
sione in base a motivi diversi da quelli adottati, ma che
sia perfino carente di diritto di appellare, essendo il suo
reclamo destituito di ogni interesse.
Che tali ragioni subordinate consistono : nel non
avere la Società la sede principale del suo esercizio in
Napoli, ma in San Pietro a Patierno, dove sono dire
zione, uffici di contabilità, officine, ecc., e nell'essere la
tassa di vettura compresa nel canone che la Società paga ai sensi del contratto di concessione del 3 marzo 1898
Anche queste ragioni non sono però rispondenti al
diritto. Non lo è la prima. Per evitare duplicazione di tasse
da parte di più Comuni percorsi da una medesima vet
tura, l'art. 6 della legge 11 agosto 1870 prescrive che la
tassa sarà dovuta nel Comune dove è stabilita la sede
principale del servizio, ed aggiunge che in mancanza di
un criterio per determinare tale sede, questa si riterrà/
nel Comune più popoloso. Le parole adoperate dal legi
slatore, e che sono su per giù parafrasate dal regolamento
municipale del 1902, e specialmente la contrapposizione di sede principale del servizio a quella di esercizio, e la
soluzione dei casi dubbi in base a criteri esclusivamente
demografici ed inducenti la presunzione di una maggiore
produttività dell'intrapresa, inducono la convinzione che
per legge e per regolamento il luogo dell'applicazione della tassa va determinato in relazione, non del domi
cilio e della residenza della persona fisica o giuridica
dell'intraprenditore, o di altri elementi estranei alla pro duzione del reddito, ma solo di questa, considerando cioè
come sede principale quella in cui è la maggiore pro duttività dell'azienda.
Posto ciò, non può essere seriamente contrastato ch&
la sede principale del servizio dei tramways provinciali è Napoli, perchè tutte indistintamente le sue linee attra
versano per lungo tratto il territorio di questa città ed
hanno per scopo di metterla in comunicazione con i di
versi Comuni sub-urbani, sicché senza Napoli esse verreb
bero meno al loro scopo e l'esercizio sarebbe improduttivo. Non lo è la seconda. Per il diritto finanziario non
sorge il concetto di una duplicazione di tasse se non
quando una stessa cosa 'è soggetta ad una doppia tassa
in considerazione dell' unico scopo cui essa è destinata, e proprio in correlazione di tali criteri è vietato dopo la legge 17 luglio 1910 l'applicazione della tassa di vet
tura agli automobili ; ciò che non accade per l'imposi zione di una tale tassa in aggiunta al canone della con
cessione. Questo è dovuto per l'occupazione del suolo pub blico e quale corrispettivo di tutti quei diritti che pas sano dal concedente al concessionario, quella per l'uso
delle vetture e colpisce il reddito che l'esercente ricava
da quella determinata industria.
Che per i suesposti motivi l'appellazione del Muni
cipio di Napoli merita quindi accoglimento. Per questi motivi, ecc.
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