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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE || Sezione I civile; sentenza 30 marzo 1951, n. 729; Pres....

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Sezione I civile; sentenza 30 marzo 1951, n. 729; Pres. Anichini P., Est. Lanzara, P. M. Casoli (concl. diff.); Gatti (Avv. Moschella, Ferrari, Nappi) c. Bunt, Ufficiale stato civ. Comune Ruino e P. m. presso Trib. Voghera Source: Il Foro Italiano, Vol. 75, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE (1952), pp. 759/760- 763/764 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23143414 . Accessed: 25/06/2014 01:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.106 on Wed, 25 Jun 2014 01:48:05 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 30 marzo 1951, n. 729; Pres. Anichini P., Est. Lanzara, P. M. Casoli(concl. diff.); Gatti (Avv. Moschella, Ferrari, Nappi) c. Bunt, Ufficiale stato civ. Comune Ruinoe P. m. presso Trib. VogheraSource: Il Foro Italiano, Vol. 75, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE (1952), pp. 759/760-763/764Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23143414 .

Accessed: 25/06/2014 01:48

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759 PARTE PRIMA 760

La Corte, ecc. — L'eccezione pregiudiziale, sollevata dal

l'Amministrazione delle finanze, di inammissibilità del ri

corso per il principio del solve et repete non può essere ac

colta.

Questo Supremo collegio ha già avuto occasione (sent, n. 2164 del 29 luglio 1950 a Sezioni unite, Foro it., 1950,

I, 585), di pronunciarsi nel senso che l'eccezioue stessa non

è proponibile quando il contribuente sollevi la questione se

la Commissione centrale delle imposte abbia osservato, nel

giudicato, i limiti della sua giurisdizione. E, successivamente

(sent. n. 152 del 18 gennaio 1951, id., 1951,1, 426), nel senso

che quel precetto non può trovare applicazione in tema di

profitti di regime, in quanto l'avocazione di essi non ri

sponde al concetto di tributo ma a quello di responsabilità

per fatto illecito. Ma, come è stato meglio chiarito con la

posteriore sentenza 27 febbraio 1951, n. 492 (ibidem, 117), al fine della applicabilità o meno, in tema di avocazione

di profitti di regime, del principio del solve et repete, è ir

rilevante l'indagine se tale avocazione abbia il carattere di

tributo ovvero se si configuri piuttosto come una sanzione

disposta dalla legge per la illegittima provenienza dei

profitti stessi. La vera ragione della inapplicabilità, nella

specie, di quel principio sta in ciò che esso vale quando della controversia tributaria sia investita ab initio l'autorità

giudiziaria ordinaria, non quando della controversia siano investite le commissioni amministrative e contro la deci sione della Commissione centrale si proponga ricorso per cassazione. In questo caso, infatti, il giudizio d'impugna zione davanti alla Corte suprema è una prosecuzione del

giudizio svoltosi davanti alle commissioni amministrative.

Perciò, come il preventivo pagamento del tributo non è

condizione per l'ammissibilità del ricorso alle commissioni

amministrative, cosi non può essere condizione per l'ammis

sibilità del ricorso alla Corte suprema contro le decisioni della Commissione centrale.

Passando, dopo ciò, all'esame dell'unico mezzo del ri corso si osserva che con questo si censura la decisione della Commissione centrale per avere dichiarato inammissibile

l'appello proposto dal Battaglia contro la decisione della Commissione provinciale, mancando la specificazione dei motivi ed essendo irrilevante la precisazione fattane in sede di discussione orale. Ciò perchè, per le norme vigenti per il procedimento avanti la Commissione centrale, sarebbe consentito un appello anche generico, intendendosi per ef fetto di esso implicitamente richiamate le ragioni esposte in primo grado, e perchè, ove pure potessero applicarsi ai

giudici avanti le Commissioni per l'avocazione dei profitti di regime le norme del codice di rito civile, il risultato sa rebbe identico, non essendo espressamente comminata, per il caso di mancanza di specificazione dei motivi, la nullità

risultare dai suoi scritti defensionali — ricorso, controricorso o memoria — nel settore dell'avocazione l'audizione del contri buente non solo è consentita, ma è addirittura obbligatoria. « La legge speciale sull'avocazione dei profitti di regime — ha esatta mente insegnato la Commissione centrale — a differenza di quanto stabilito nelle altre leggi tributarie, impone la citazione del con tribuente perchè assista alla discussione del ricorso, anche se di ciò non abbia fatto espressa richiesta » (Comm. centr. 3 aprile 1948, n. 96691, Foro it., Rep. 1949, voce Fascismo, nn. 198-200).

D'altronde è appena il caso di rilevare come, anche nel set tore delle imposte dirette, sia pacifica per costante giurisprudenza della Commissione centrale, la validità del cosiddetto ricorso inter ruttivo del contribuente ; in tal senso, vedansi, da ultimo : Comm. centr. 16 maggio 1940, n. 26567, id., Rep. 1941, voce Fondiaria, n. 14 ; 3 luglio 1941, n. 43832, id., Rep. 1942, voce Tasse ed imp. in gerì., nn. 87, 88, 73 ; 25 marzo 1942, n. 53290, ibid., nn. 68, 69 ; 8 giugno 1946, n. 82893, id., Rep. 1947, voce cit., n. 31.

È vero che, sempre secondo la giurisprudenza della Centrale, la validità del ricorso interruttivo non esclude la necessità che, prima della decisione, il contribuente svolga per iscritto le proprie ragioni, ma ciò dipende unicamente dal fatto che altrimenti il giudice si trova nella impossibilità di identificare l'oggetto della domanda (cfr. decisione 8 giugno 1946, n. 82893 sopra citata), cosa questa che non si verifica nel campo dell'avocazione dei profitti di regime per la già rilevata obbligatorietà dell'audizione personale del con tribuente.

A. B.

del gravame, ed avendo, comunque, l'atto raggiunto lo scopo cui era destinato.

Ora, tale doglianza è a ritenersi fondata perchè, nello

stesso processo civile, non è causa di nullità dell'atto di

appello l'omessa specificazione dei motivi del gravame che

investe la decisione nel suo complesso, non essendo la nul

lità sancita dall'art. 342, nè potendo la sanzione di nulli! à

derivarsi dall'art. 164, il quale non commina la nulli! à

della citazione per l'omissione del requisito richiesto nel

n. 4 del precedente art. 168, ed essendo, comunque, la nul

lità sanata dalla costituzione dell'appellato (sent. n. 407del

4 marzo 1949, Foro it., Rep. 1949, voce Appello, nn. 62, 63). E se ciò è a dirsi per il processo civile, pur prescrivendo il citato art. 342 che l'appello contenga i motivi specifici della impugnazione, lo stesso è a dirsi, a fortiori, nel campo del processo tributario, per l'appello contro le decisioni

della Sezione per l'avocazione dei profitti di regime, non

contenendo la legge speciale neppure una disposizione ana

loga a quella che vige per l'appello nel rito civile.

Vero è che la decisione impugnata richiama il disposto dell'art. 46 r. decreto 8 luglio 1937 n. 1516, il quale pre scrive che nei ricorsi alla Commissione centrale debbono

essere esposti il fatto, le questioni e i capi della decisione

contestata, indicando gli articoli di legge o di regolamento che si affermano violati o erroneamente applicati. Ma tale

articolo trova la sua spiegazione nel fatto che la giurisdi zione della Commissione centrale è in quel caso di sola le

gittimità, oltreché nel disposto del successivo art. 48 per il quale il giudizio si svolge senza intervento della parte e del rappresentante della finanza i quali espongono perciò le loro ragioni solo nel ricorso, nel controricorso o nelle

memorie aggiunte, mentre per l'art. 21 decreto n. 134 del

1946 sull'avocazione di profitti di regime, la Commissione

centrale giudica in grado di appello e la sua giurisdizione è, quindi, anche di merito. Il che sarebbe a confermare

non l'assunto della decisione ora impugnata ma l'ammis

sibilità, se mai, dell'appello che sia privo della indicazione

specifica dei motivi, valendo, in tal caso, quali motivi di

gravame quelli addotti avanti la Commissione di primo

grado ma da questa non attesi. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

A. B.

CORTE DI CASSAZIONE.

Sezione I civile; sentenza 30 marzo 1951, n. 729 ; Pres.

Anichini P., Est. Lanzara, P. M. Casoli (conci, diff.);

Gatti (Aw. Moschella, Ferrari, Nappi) c. Bunt,

Ufficiale stato civ. Comune Euino e P. m. presso Trib. Voghera.

(Regolamento di competenza avverso Trib. Voghera 26 mag

gio 1950)

Matrimonio — Matrimonio religioso — Impugnazione della trascrizione — Competenza territoriale — Uf

ficiale dello stato civile — Qualità di parte — In

sussistenza (Cod. proc. civ., art. 100 ; r. d. 9 luglio 1939 n. 1238, ord. stato civile, art. 125, 133, 134).

Ministero pubblico in materia civile — Ufficio legitti mato ad agire o ad intervenire.

Nel giudizio d'impugnazione della trascrizione di un atto

di matrimonio religioso, l'ufficiale dello stato civile che

la eseguì e che sia citato per sentirsi ordinare di tra

scrivere e di annotare l'emananda sentenza, non può es

sere considerato parte, ai fini della determinazione della

competenza territoriale. (1)

(1) Sui delicati problemi, cui dà luogo il processo di rettifi

cazione degli atti di stato civile, specie con riferimento alla im

pugnazione della trascrizione di sentenze di annullamento di

matrimonio, v. App. Torino 11 ottobre 1949 e Trib. Torino 6

giugno 1949, Foro it., 1960, I, 466, con nota di L. Db Villa,

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GIUKISPRUDENZA CIVILE

Legittimato ad agire o ad intervenire è l'ufficio del pub blico ministero presso il tribunale, territorialmente com

petente a conoscere della domanda. (2)

La Corte, eco. — Il Gatti impugna la sentenza del

Tribunale di Voghera, in ordine alla dichiarata incompe tenza territoriale, deducendo due motivi. Con il primo, si

duole che sia stata negata all'Ufficiale dello stato civile

del Comune di Pometo la veste processuale di convenuto ;

con il secondo, che sia stato escluso il principio della com

petenza funzionale del P. m. nelle cause che il medesimo

potrebbe proporre ai sensi dell'art. 72 codice di rito. Il

ricorrente assume di avere ritenuto che la controversia

dovesse essere portata a cognizione del suindicato Tribu

nale, sia perchè questo costituisce il foro di residenza del

l'anzidetto Ufficiale di stato civile, sia perchè lo stesso

Tribunale rappresenta il foro naturale e legittimo del P.m.

nell'ambito della sua competenza funzionale.

Innanzi tutto è da rilevare, in linea di massima, che,

ai fini della decisione sulla competenza, la domanda giudi ziale va esaminata non solo nella sua proposizione, ma

altresì nel contenuto ed in rapporto alle eccezioni contro

di essa formulate ed alle deduzioni dei partecipanti al

processo, senza alcuna preventiva indagine in merito alla

fondatezza o meno della domanda stessa.

Ciò posto, sulla prima censura, questo Supremo colle

gio osserva che dal ricorrente non si contesta che l'Uffi

ciale di stato civile sia normalmente il destinatario del

provvedimento del giudice nelle cause in materia attinente

all'esercizio delle funzioni a lui affidate e come tale debba

eseguire gli adempimenti determinati dal giudice. Senon

chè nella specie, secondo il ricorrente, l'Ufficiale dello stato

civile di Pometo è stato chiamato in causa per rendere

conto di un falso commesso nella trascrizione di un do

cumento nei registri di matrimonio : onde il suo interesse

processuale e la sua legittimazione ad essere parte nel pro cedimento civile per dimostrare che la sua illegale attività

fu posta in essere, senza dolo o colpa, e per paralizzare così un'eventuale azione di risarcimento di danni.

Tali deduzioni per ciò che si riferisce, beninteso, alla

questione sulla quale deve pronunciarsi questa Corte su

prema, hanno più parvenza che realtà di fondamento. In

vero, giusto quanto emerge dagli atti di causa ed in par ticolare dalla domanda e dalle conclusioni del Gatti di

nanzi al Tribunale, egli ha chiesto, in definitiva, che venga dichiarata nulla e priva di effetti civili la trascrizione del

documento di cui sopra e sia, conseguentemente, ordinata

all'Ufficiale dello stato civile di Pometo la trascrizione

della emananda sentenza nei registri di matrimonio e la

annotazione di essa sull'atto di trascrizione del documento

impugnato. Dalle due richieste, strettamente interdipen

denti, costituendo l'una la premessa dell'altra, esula per ciò qualsiasi intendimento del Gatti di chiamare l'Uffi

ciale dello stato civile a rispondere del suo operato, sia

pur mettendo necessariamente in rilievo, per esigenze di

causa, che : a) l'Ufficiale stesso non avrebbe dovuto effet

tuare la trascrizione del documento perchè questo non co

stituirebbe l'atto di matrimonio di cui all'art. 34 del Con

cordato tra l'Italia e la Santa Sede ed all'art. 8 legge 27 maggio 1929 n. 847 ; b) l'atto di trascrizione non sa

rebbe conforme al tenore del documento anzidetto. In

e, successivamente, Andrioli, in Riv. dir. proc., 1950, II, 54; Attardi, in Oiur. it., 1950, I, 2, 325.

V., nel senso che il rigetto della domanda proposta nei con

fronti di uno dei litisconsorti facoltativi non fa venir meno la

competenza del giudice a conoscere della domanda proposta con

tro gli altri, Cass. 8 febbraio 1943, id., 1943, I, 432, con nota di richiami.

(2) Sul potere d'impugnare la sentenza di primo grado ri conosciuto al procuratore della Repubblica, v. Cass. 4 agosto 1949, id., 1950, I, 295, con nota di richiami. Va ora considerato l'art. 72, 5° comma, cod. proc. civ. {modif. con la legge 30 luglio 1950 n. 534), che riconosce la legittimazione a impugnare le sen tenze in materia matrimoniale sia al Pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato la sentenza sia a quello presso il

giudice competente a decidere sull'impugnazione.

tutto il contesto, poi, degli scritti difensivi del Gratti nella

prima fase del giudizio, non vi è parola che suoni rimo

stranza per la condotta di quel pubblico ufficiale, di cui,

anzi, più volte si riconosce la perfetta buona fede. Solo

in questa sede, evidentemente per ragioni giustificate dalla

tesi prospettata, si accenna alla illiceità dei fatti commessi

e si profila la possibilità di esperire, nei di lui riguardi, azione di risarcimento di danni quanto meno per colpa.

Di fronte a un tale comportamento processuale del

Gatti, il quale in definitiva non ha formulato alcuna istanza

contro l'Ufficiale dello stato civile, questi, citato non nella

persona dell'autore materiale della impugnata trascrizione, non aveva, come non ha, interesse ad opporsi alla do

manda del Gatti ed in tal senso ha concluso davanti al

Tribunale. Ora a termini dell'art. 100 codice di rito, per

proporre una domanda o per contraddire alla stessa è ne

cessario avervi interesse ; questo rappresenta la condizione

specifica tanto dell'azione, quanto dell'eccezione, compren dendosi in quest'ultima ogni difesa del convenuto ancor

ché diretta semplicemente a negare fondamento alla do

manda. La dimostrazione dell'interesse delle parti è essen

ziale per la vita e lo sviluppo del rapporto processuale ed

esso va distinto da quello sostanziale che può essere rea

lizzato con l'azione : ed in particolare, nei riguardi del

convenuto, 1' interesse a contraddire sorge soltanto quando e per il fatto stesso che sia stata proposta contro di lui

una domanda, che egli consideri, anche parzialmente, inat

tendibile. Si obietta dal ricorrente che, comunque, l'azione pro

posta spiega, rispetto all'Ufficiale dello stato civile di Po

ir, e to, la funzione di accertamento sullVm debeatwr a titolo

di danno, nell'eventualità che esso ricorrente intenda, in

separata sede, chiedere contro di lui il relativo risarci

mento, cioè il quantum : onde l'interesse dello stesso Uffi

ciale dello stato civile a rispondere come parte dinanzi al

Tribunale di Voghera, integrandosi detto interesse con la

necessità di negare l'illecito e di sottrarsi, così, ad una

pronuncia costitutiva di responsabilità suscettibile di azione

riparatoria. Ma le argomentazioni del ricorrente non valgono a dare

consistenza, dal lato giuridico, al punto da lui prospettato, ove si tenga presente che nel giudizio istituito dal Gatti non si discute, come si è precisato, sulla responsabilità o

meno dell'Ufficiale dello stato civile di Pometo, neppure in funzione di un ipotetico accertamento dell'am debeatur, relativo ad una sua eventuale responsabilità.

Ha bensì rilevato il P. m. nella requisitoria scritta, con la quale ha concluso in senso favorevole all'accogJi mento dell'istanza di regolamento di competenza avanzata dal Gatti, che l'esame sull'interesse e sulla legittimità pas siva del convenuto attiene al merito della causa e può essere compiuto dal giudice solo ed in quanto sia com

petente. Senonchè, al riguardo è da osservare che l'interesse,

di cui al citato art. 100, si differenzia, per il suo carat

tere, dalla legitimatio ad causarti (art. 99 stesso codice), che presuppone la esistenza del diritto posto a fondamento della domanda, e va intesa, secondo una massima ormai consolidata in dottrina e in giurisprudenza, nell'identità della persona dell'attore con la persona cui la legge con cede l'azione (legittimazione attiva) e nella identità della

persona del convenuto con quella contro la quale la po testà di agire è concessa (legittimazione passiva).

È chiaro che ogni questione sull'esistenza del menzio nato diritto non possa essere risolta che dal giudice com

petente, al quale sono, altresì, devoluti l'esame e la deci

sione circa la qualità di legittimi contraddittori in coloro

che partecipano ad un rapporto in giudiziale contesta

zione. Invece, l'interesse ad agire importa un'indagine che è preliminare all'accertamento sulla legitimatio ad causam ed è, come si è già rilevato, condizione di proponibilità di qualsiasi domanda giudiziale : onde tale interesse può essere delibato anche se il giudice si dichiari poi incom

petente, perchè l'anzidetta indagine non incide nel con tenuto sostanziale del diritto soggettivo.

Per le esposte ragioni si ritiene che rettamente il Tri

Il Fobo Italiano — Volume LXXV — Parte l i9,

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PARTE PRIMA 764

bunale adito abbia escluso che l'Ufficiale dello stato ci

vile di Pometo possa considerarsi parte dell'attuale rap

porto processuale, dovendo egli essere semplicemente l'ese

cutore degli ordini che saranno eventualmente emanati

dal giudice in sentenza e in riferimento alle funzioni de

mandategli dalla legge. Nel secondo motivo il ricorrente assume, in particolare,

che essendo il P. m. legittimato a proporre impugnazione avverso una trascrizione di matrimonio effettuata in viola

zione alle apposite norme, sia logico ritenere che il legisla tore abbia voluto designare quel P. m. che, per ragioni della vigilanza sulla regolare tenuta dei registri dello stato

civile, è in grado di verificare le eventuali infrazioni in

materia. Legittimato all'uopo sarebbe quindi il P. m. del

luogo, in cui è stata eseguita l'indebita trascrizione. In re

lazione poi agli art. 69 e 72 cod. proc. civ., ne consegue

sempre ad avviso del ricorrente, che la competenza ratione

loci dovrebbe essere radicata, anche nell'ipotesi che detta

impugnazione venga proposta da altri che ne abbiano di

ritto, davanti a quella magistratura, ove risiede il rappre sentante del P. m., che è investito del compito di sorve

glianza sulla trascrizione contestata. Per una esatta valutazione della questione devesi far

richiamo, sia pur brevemente, ad alcuni concetti basilari

sulle funzioni del P. m. nel giudizio civile. È noto che il

P. m., cui è devoluta una funzione superiore d'ordine pub blico e di interesse sociale, esplica in via normale la sua

attività presso gli organi giurisdizionali senza peraltro

partecipare, in modo diretto, all'esercizio della giurisdi zione. Infatti, le sue attribuzioni si estrinsecano per via

di azione, di intervento e di conclusione e sono intese

sostanzialmente, a promuovere, ovvero a conseguire, in

determinati casi, provvedimenti dei predetti organi giuris dizionali, per l'osservanza e l'attuazione di norme di legge,

indipendentemente dall'interesse del singolo, che può tal

volta coincidere e talvolta essere in contrasto con il pub blico interesse.

Più precisamente il P. m., ai sensi dell'art. 69, eser

cita l'azione civile e perciò diviene attore, nelle ipotesi

stabilite, ed in virtù del successivo art. 70 deve interve

nire nelle cause ivi indicate, a pena di nullità ed in ogni causa davanti alla Corte di cassazione ; può infine inter

venire in ogni altra causa in cui ravviai un pubblico in

teresse. Allorquando interviene nelle cause che avrebbe

potuto proporre, ha gli stessi poteri che spettano alle

parti e li esercita nelle forme che la legge prevede per

queste ultime. Negli altri casi di intervento, tranne che

in quello dinanzi alla Corte di cassazione, può produrre

documenti, dedurre prove e prendere conclusioni nei li

miti delle domande proposte dalle parti (art. 72 c. p. c.). In conseguenza, il P. m. viene a trovarsi in una po

sizione processuale affatto diversa da quella del giudice ed è più corrispondente alla situazione delle parti. Ne

deriva che nei di lui confronti valgono e debbono avere

attuazione le normali disposizioni sulla competenza.

Perciò, ove si riscontrino gli estremi per impugnare, di ufficio, una trascrizione di atti di matrimonio nei regi stri dello stato civile, l'azione relativa sarà esercitata, te

nute presenti le norme sul foro generale delle persone fisi

che (art. 18 cod. proc. civ.), da quel rappresentante del

P. m. che esplica le sue attribuzioni presso quel tribu

nale, che è competente per ragioni della residenza o del

domicilio dei coniugi convenuti, salva l'applicazione del

disposto dell'art. 33 cod. proc. civ. nel caso in cui la mo

glie separata dal marito abbia perduto il domicilio di lui

(art. 45 cod. civ.). Analoghi criteri vanno seguiti per l'in

tervento dello stesso P. m. in causa promossa da uno dei

coniugi nei confronti dell'altro, osservate parimenti, come

di dovere, le regole sul forum rei.

Il concetto enunciato dal ricorrente, in opposizione alla soluzione testé accennata della questione prospettata, verrebbe a porre in essere, nel nostro ordinamento pro

cessuale, sia pure limitatamente ad una sola ipotesi, una

competenza funzionale alla stessa stregua di quella rico

nosciuta al giudice : il che sarebbe non aderente al carat

tere dell'istituto del P. m., nè ai compiti ad esso devoluti

nel campo della giurisdizione contenziosa.

Irrilevante, poi, è il richiamo fatto dal medesimo ricor

rente ad un precedente giurisprudenziale di una Corte di

merito, che avrebbe ammesso l'esistenza di un foro della

trascrizione in aggiunta agli altri fori previsti dalle vi

genti disposizioni legislative. Per vero, a tali disposizioni non è consentito dare una interpretazione estensiva : di

versamente si determinerebbe una incertezza nella loro

applicazione, con pregiudizio delle parti e dell'economia

dei giudizi. È da disattendersi, in conseguenza, anche il secondo

motivo di censura.

Può, perciò, concludersi che, a ragione il Tribunale

di Voghera ha ritenuto la propria incompetenza per ter

ritorio a conoscere della domanda attrice, in quanto que sta doveva essere proposta dinanzi al Tribunale di Pia

cenza, avendo la convenuta Bunt Swiatslawa, separata le

galmente dal marito, residenza nel comune di Campaneto Piacentino, compreso ndla circoscrizione territoriale di que st'ultimo Tribunale.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE D'APPELLO DI TORINO.

Ordinanza 4 aprile 1952 ; Pres. Peretti Gbiva P. P., Est.

Malinvebni ; P. M. c. Bellussi e Candiani (Avv. Mon

tel, Napolitano).

Matrimonio — Nullità — Sentenze pronunziate a S.

Marino — Decreto di esecutorietà del presidente della corte d'appello — Impugnazione — Legit timazione del P. m. — Esclusione (L. 6 giugno 1939 n. 1320, esecutorietà della Convenzione tra l'Ita

lia e S. Marino, art. 6 ; cod. proc. civ., art. 72).

Il P. m. non è legittimato ad intervenire netti procedure di

esecutorietà delle sentenze sammarinesi. (1)

Conseguentemente, egli non -pud impugnare il decreto del pre sidente della corte d'appello che concede tale esecutorietà. (2)

L'art. 72 cod. proc. civ., che attribuisce al P. m. la facoltà di

impugnare le sentenze in materia matrimoniale, non trova

applicazione ai provvedimenti (nella specie : ordinanza), che non abbiano la forma di sentenza. (3)

(1-3) Con sentenza 12 maggio 1952, n. 1358 (Pres. Mandrioli, Est. Gualtieri, P. m. Buia (conc1. conf.) ; Proc. gen. App. To

rino c. Lamperti), che pubblicheremo nel prossimo fascicolo, le Sezioni unite hanno sancito che il provvedimento, con il quale la

Corte d'appello pronuncia definitivamente sul reclamo proposto contro il decreto presidenziale che ammette o nega la esecuto rietà di una sentenza in materia matrimoniale, proveniente dalla

Repubblica di S. Marino, ancorché rivesta la forma di ordinanza, sia impugnabile con ricorso per cas^azi ne dal P. m., al quale è

altresì consentito di proporre reclamo contro il decreto presi denziale.

Alla nota del prof. Gaetaxo Morelli facciamo precedere il

testo del ricorso del Procuratore generale.

Ricorso a termine dell'art. 6, capov. 3°, della Convenzione di

amicizia e buon vicinato tra il Regno d'Italia e la Repubblica di S.

Marino, 6 giugno 1939. Il Procuratore generale, letto il decreto in data 7 febbraio

1952 col quale il sig. Presidente di questa Corte d'appello — dif

formemente alla richiesta di questo Ufficio — ha dichiarato, su

ricorso di Bellussi Anna, esecutoria in Italia — a termine dell'ar

ticolo 6 della Convenzione di amicizia e di buon vicinato fra il

Regno d'Italia e la Repubblica di San Marino, resa esecutiva in

Italia con la legge 6 giugno 1939 n. 1320 — la sentenza 9-18 di

cembre 1951, resa dal Tribunale di San Marino fra la predetta Bellussi e Candiani Carlo, sentenza colla quale era stato dichiarato nullo il matrimonio contratto fra i predetti coniugi il 15 gennaio 1923 in Vazzola (Treviso), ritenendo la propria competenza in

base al fatto che la predetta sentenza dovrebbe farsi valere, se

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