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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || decreto 14 giugno 1988; Pres. Battistacci,...

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decreto 14 giugno 1988; Pres. Battistacci, Rel. Morani; Iaconisi e Biscarini (Avv. Di Gravio, Laureati), Adriani (Avv. Bellingacci), Paloni (Avv. Cesarini) c. Giovannini (Avv. Gatti, Pazzaglia) Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 2937/2938-2939/2940 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184232 . Accessed: 24/06/2014 23:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.49 on Tue, 24 Jun 2014 23:33:58 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || decreto 14 giugno 1988; Pres. Battistacci, Rel. Morani; Iaconisi e Biscarini (Avv. Di Gravio, Laureati), Adriani (Avv. Bellingacci),

decreto 14 giugno 1988; Pres. Battistacci, Rel. Morani; Iaconisi e Biscarini (Avv. Di Gravio,Laureati), Adriani (Avv. Bellingacci), Paloni (Avv. Cesarini) c. Giovannini (Avv. Gatti, Pazzaglia)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2937/2938-2939/2940Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184232 .

Accessed: 24/06/2014 23:33

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

È bensì vero che in quell'assemblea si decise di imporre a tutti

i soci una determinata prestazione personale e che tale decisione

fu certamente — come poi accertò in altro giudizio la Corte d'ap

pello di Roma con sentenza del 1980 passata in giudicato — una

delle concause, sia pure indirette, della successiva espulsione del

Trasmondi dalla cooperativa (disposta due giorni dopo quell'as semblea anche per il proposito da lui manifestato di non voler

adempiere quella prestazione personale ivi deliberata), tuttavia nep

pure l'omessa considerazione di tale circostanza nella motivazio

ne dell'impugnata sentenza può portare ora alla sua cassazione,

non trattandosi di circostanza decisiva, tale, cioè, da poter presu mere che, se fosse stata presa in considerazione, avrebbe potuto

capovolgere l'esito del giudizio. Dalle carte processuali, invero, già risulta irrefutabilmente che:

A) l'espulsione fu motivata anche per una ragione diversa ed

autonoma rispetto all'inadempimento del Trasmondi alle obbli

gazione derivantigli dalla delibera del 22 dicembre 1970, e cioè

per avere egli tenuto in assemblea un contegno eccessivamente

aggressivo, come tale intollerabile a prescindere dalla fondatezza

delle tesi sostenute per aver «innescato un pericoloso processo

di lacerazione del tessuto sociale»;

B) l'espulsione è stata già oggetto di un apposito giudizio, chiu

sosi definitivamente in sfavore del Trasmondi a seguito delle sen

tenze di questa stessa corte del 1976 e del 1982 emesse l'una in

relazione all'impugnazione per nullità e l'altra a quella per revo

cazione del lodo arbitrale del 10 luglio 1971.

Orbene, anche a voler ammettere la possibilità per il Trasmon

di di impugnare il predetto lodo nuovamente per revocazione in

base a motivi diversi da quelli in precedenza fatti valere, deve

considerarsi che in forza dell'art. 831 c.p.c. la sentenza arbitrale

è soggetta a revocazione soltanto nei casi indicati nei nn. 1, 2,

3 e 6 dell'art. 395 c.p.c. (cioè, rispettivamente, quando la senten

za sia effetto del dolo di una delle parti ovvero quando, dopo

la sentenza, siano stati trovati uno o più documenti decisivi ri

spetto alle questioni trattate nel giudizio non potuti produrre pri

ma per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario ovvero

quando la sentenza sia effetto del dolo del giudice) e che l'even

tuale accertamento compiuto ora dell'illegittimità della delibera

assembleare del 20 dicembre 1970 non rientrerebbe in nessuno

dei casi di revocazione sopra-indicati.

CORTE D'APPELLO DI PERUGIA; decreto 14 giugno 1988; Pres. Battistacci, Rei. Morani; Iaconisi e Biscarini (Avv. di

Gravio, Laureati), Adriani (Avv. Bellingacci), Paloni (aw.

Cesarini) c. Giovannini (Avv. Gatti, Pazzaglia).

CORTE D'APPELLO DI PERUGIA;

Fallimento — Società di capitali — Socio sovrano — Estensione

— Esclusione (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli mento, art. 147).

Il socio che assume, all'interno di una società di capitali, la posi

zione di detentore del pacchetto di maggioranza della società

in modo da essere arbitro delle scelte sociali ovvero di chi uti

lizza lo schermo della struttura societaria per l'esercizio della

propria attività economica, nel caso in cui sia dichiarato il fal

limento dell'ente sociale, non è assoggettabile alla procedura

concorsuale. (1)

(1) La sentenza, affrontando sommariamente il tema dell'estensione del

fallimento sociale al socio-padrone, si inserisce nel più rigoroso filone

interpretativo, secondo il quale le elaborate nozioni del socio-sovrano e

del socio-tiranno (Bigiavi, L'imprenditore occulto, Padova, 1954 e Re

sponsabilità illimitata de! socio tiranno, in Foro it., 1960, I, 1180) riman

gono prive di pratica applicazione, dovendosi escludere la configurabilità

del fallimento del socio nell'ipotesi di fallimento sociale, posto che non

vi sarebbe alcun modo per superare lo schermo della personalità giuridica

(Cass. 9 dicembre 1982, n. 6712, id., Rep. 1982, voce Società, n. 285;

7 ottobre 1982, n. 5143, id., 1982, I, 2410, con nota di G. Silvestri,

cui acide, Trib. Genova 12 febbraio 1986, id., Rep. 1987, voce Fallimen

to, n. 121; Trib. Roma 6 luglio 1984, id., Rep. 1986, voce Società, n.

Il Foro Italiano — 1989.

Diritto. — (Omissis). Non sembra da condividere — in secon

do luogo — neppure l'altra tesi che i reclamanti sviluppano sui

tre profili del rapporto sociale apparente, del rapporto sociale

occulto e del socio sovrano o tiranno.

Assolutamente indimostrata, anzitutto, è la qualità di socio di

fatto dei soggetti dichiarati falliti attribuita al Giovannini. Come è noto, la società apparente — la cui configurabilità,

ammessa dalla giurisprudenza dominante è respinta da gran parte della dottrina — è quella che si rivela esistente nei confronti dei

terzi, pur non sussistendo alcuno effettivo vincolo sociale.

In applicazione del principio dell'apparenza (situazione di fatto

che manifesta come reale una situazione giuridica non reale), prin

312; Trib. Roma 2 agosto 1983, id., Rep. 1983, voce Fallimento, n. 121). Come è noto, contrariamente alle affermazioni della corte regolatrice, secondo la quale «la limitazione di responsabilità al capitale sociale me

diante la costituzione di una società avente personalità giuridica è scopo ritenuto perfettamente meritevole di tutela nel nostro ordinamento giuri

dico», ampi e autorevoli settori della dottrina, continuando la «batta

glia» di Bigiavi, insistono nel ritenere superabile lo schermo della struttu

ra societaria, quando nella conduzione della società si manifesta il totale

disprezzo delle regole che dovrebbero governare tale tipo di soggetti, con

un sistematico abuso della «rendita» di posizione costituita dalla dissocia

zione fra responsabilità legale e responsabilità di fatto (Galgano, Il falli mento delle società, in Trattato dir. comm. e dir. pubbl. econ., Padova,

1988, 84; Di Francia, Personalità giuridica di società di capitali, abusi

della stessa e fallimento del socio tiranno, in Giur. merito, 1985, 358). Secondo Galgano sono maturi i tempi per il superamento del diaframma

fra società aventi personalità giuridica e società di persone (sull'argomen to si rinvia anche alla nota a Cass. 14 dicembre 1988, n. 6810, Foro

it., 1989, 1, 1130), anche attraverso l'estensione analogica dell'art. 2362

c.c. dettato a proposito della responsabilità dell'unico azionista; recente

mente, Cass. 29 novembre 1983, n. 7152, id., Rep. 1983, voce Società, n. 384, afferma che l'art. 2362 c.c., lungi dal costituire una norma di

rango eccezionale, rappresenta, invece, il ritorno alla regola generale del

l'art. 2740 c.c.; la decisione apre, cosi, un varco a favore della tesi del

l'applicazione analogica della disposizione in tema di unico azionista, per tutti i casi in cui un socio (ancorché formalmente non unico) degradi la società a suo mero strumento. In questa ottica paiono muoversi Trib.

Ravenna 28 marzo 1987, Dir. fallim., 1988, II, 138, che ha dichiarato

il fallimento, in estensione, del socio titolare del 95% del pacchetto azio

nario (quando nel caso deciso da Cass. n. 5143/82, cit., era stato escluso

il fallimento del socio proprietario del 99,15% delle azioni) e App. Mila

no 23 settembre 1986, Giur. comm., 1988, II, 889, che ha reputato appli cabile l'art. 2362 c.c. — al di fuori del fallimento — al socio titolare

del 99,96% delle azioni e del controllo delle residue (quando, in un caso

consimile, Cass. 9 gennaio 1987, n. 73, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 547, ha escluso l'invocabilità di tale norma per l'appartenenza del 99%

del pacchetto azionario ad un unico socio). Per superare gli ostacoli frapposti dalla prevalente giurisprudenza, Bron

zini, «Dominus» di società a responsabilità limitata e suo fallimento per sonale: presupposti, in Dir. fallim., 1988, II, 138, ha osservato che il

fallimento del socio tiranno può essere dichiarato, previo accertamento

della simulazione della società mascherata; secondo Izzo, Il socio sovra

no e il socio tiranno: prospettive di superamento della tradizionale solu

zione del problema, in Fallimento, 1986, 432, si potrebbe pervenire al

fallimento del socio che comanda, considerando nulla la società, in quan to il contratto sociale sarebbe realizzato in frode alla legge.

Il richiamo delle tesi ora esposte, ai concetti di frode e di simulazione,

impone ulteriori osservazioni, per ricordare che, il tema in oggetto, si

correla, direttamente, alla questione della evaporazione del dogma della

personalità giuridica (Galgano, La società per azioni, in Trattato, cit.,

105; Marziale, Brevi note sul principio della responsabilità limitata nelle

società di capitali e sul suo superamento, in Foro it., 1982, I, 2898),

e, in particolare, a quella della configurabilità della simulazione delle so

cietà di capitali, su cui, di recente, Cass. 1° dicembre 1987, n. 8939,

id., Rep. 1987, voce Agricoltura, n. 137 (annotata, in senso critico da

D'Alessandro, Contratto sociale simulato e superamento della persona lità giuridica in una sentenza della Corte suprema, in Giust. civ., 1989,

I, 1201 e da Iozzelli, S.p.a. simulata e comunione dissimulata, in Giur.

comm., 1988, II, 495), affermando che è possibile la simulazione dell'at

to costitutivo, sembra rappresentare l'occasione per una «svolta coperni

cana» (al tema della simulazione nelle società, con specifico riferimento

alla prospettiva fallimentare, è dedicata parte della nota redazionale a

Trib. Verona 14 ottobre 1986, Foro it., 1987,1, 1903). Infine, ricordando

che, talora, per il coinvolgimento del socio-padrone, si è fatto ricorso

alla finzione dell'accertamento dell'esistenza di una società di fatto fra

società di capitali e persona fisica (lo ha escluso, espressamente, App.

Bari 26 aprile 1984, id.. Rep. 1984, voce Fallimento, n. 124), neppure

è estraneo al tema, il dibattito, tutt'ora assai aperto, sull'ammissibilità

di una partecipazione nelle società di persone da parte delle società di

capitali, su cui da ultimo, in senso negativo, Cass. 17 ottobre 1988, n.

5636, id., 1988, I, 3248, con osservazioni di Marziale.

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2939 PARTE PRIMA 2940

cipio ispirato all'esigenza di tutela della buona fede dei terzi, la

giurisprudenza è unanime nel ritenere che l'apparenza esteriore

di un rapporto sociale equivalga all'esistenza della società.

Ora, nella specie, non solo mancano prove dirette specifica

mente riguardanti i requisiti essenziali del contratto sociale {af

fect io societatis, costituzione di un fondo comune, partecipazione

agli utili e alle perdite) ma neppure sono emerse manifestazioni

esteriori dell'attività del Giovannini che, per obiettiva sintomati

cità e sicura concludenza, possano ritenersi indici rivelatori di

un vincolo sociale tra il resistente e i soggetti falliti.

In particolare, proprio con riferimento agli atti considerati più

significativi dai reclamanti, non può dedursi il preteso consegui

mento di uno scopo di comune interesse per le seguenti conside

razioni: 1) la prestazione della fideiussione bancaria di lire 35

milioni concessa all'Alitalia per il pagamento dei debiti dell'Um

bria Travel e dell'agenzia nei confronti dell'Alitalia stessa, fideius

sione che costituiva esecuzione di un obbligo derivante dall'ac

cordo di risoluzione del preliminare e, quindi, adempimento di

un'obbligazione contrattuale autonoma, non può ritenersi atto

volto al raggiungimento di una comune finalità sociale; 2) la vol

tura della concessione lata a favore della Nuova Umbria viaggi

s.r.l., voltura che non riguardava direttamente il Giovannini ma

la società Nuova Umbria s.r.l. (che prendeva il posto della socie

tà Spoleto viaggi s.r.l.) di cui era amministratore Antonella Gio

vannini, rientrava nell'attuazione del piano di gestione dell'agen zia da parte della società affittuaria; 3) la cessione del credito

di lire 70 milioni effettuata il 15 aprile 1985 dallo Jaconisi in

favore del Giovannini può considerarsi il pagamento di eguale somma capitale dovuta dal cedente al cessionario in virtù di rap

porti patrimoniali prima costituiti; 4) la conclusione del già citato

contratto di affitto di azienda, avente ad oggetto la locazione

dell'esercizio di agenzia di viaggi e turismo e stipulato dallo Jaco

nisi, quale legale rappresentante delle società Umbria Travel s.n.c.

e dell'Umbria viaggi s.r.l., e dalla società Spoleto viaggi, è, asso

lutamente, priva di rilevanza ai fini suindicati; 5) la riscossione

di somme di pertinenza dell'Umbria Travel da parte di Antonella

Giovannini, socio della Spoleto viaggi e amministratore della Nuo

va Umbria viaggi appare altrettanto irrilevante; 6) la dichiarazio

ne di cessione di azienda fatta il 22 aprile 1985 dallo Jaconisi

in favore della Nuova Umbria viaggi costituisce atto unilaterale

del reclamante, diretto alla lata per l'espletamento della pratica relativa alla voltura della concessione in favore della Nuova Um

bria viaggi; 7) l'atto di costituzione d'ipoteca in favore della Gio

vannini, da parte della madre dello Jaconisi, coi propri beni im

mobili, è atto diretto a garantire al Giovannini il pagamento della

somma di lire 150 milioni di cui il figlio si riconosceva debitore

verso il resistente detto; 8) lo stesso unico pagamento diretto di

lire 1.200.000 effettuato dal Giovannini ad Aldo Bevilacqua cre

ditore dell'agenzia, pagamento eseguito con riferimento al con

tratto di affitto dell'agenzia locata alla Spoleto viaggi di cui il

resistente era legale rappresentante, non ha valore sintomatico

decisivo ai fini suindicati. Inoltre, neppure può dedursi l'asserita gestione comune dell'a

genzia: dalla presenza personale del Giovannini negli uffici del

l'agenzia, presenza (secondo l'attendibile testimonianza di Altero

Clementini — cui va accordata preferenza rispetto alle contrarie

dichiarazioni di altri testi, soggetti interessati e meritevoli di scar

so credito, anche perché il Giovannini non aveva interesse e com

petenza per la gestione diretta — consistente in tre, quattro visite

nell'agenzia senza alcuna ingerenza nella gestione), che ben può

spiegarsi, avendo riguardo sia ai rapporti tuttora in corso tra lo

Jaconisi e il Giovannini dopo lo scioglimento del preliminare (il Giovannini era rimasto creditore verso lo Jaconisi della somma

di lire 60 milioni versatigli a titolo di caparra e si era impegnato per la concessione della fideiussione bancaria di lire 35 milioni

in favore dello Jaconisi) sia all'esistenza del contratto di affitto

dell'agenzia concluso il 19 aprile 1985; o dai conferimenti di capi

tali, conferimenti apoditticamente affermati dai reclamanti e del

tutto indimostrati.

Alla luce dell'espletata indagine, insomma, è opinione della corte

che, non solo, non risultano né l'assunzione da parte del Giovan

nini di obbligazioni sociali in nome e per conto dei soggetti falliti né l'espletamento, ad opera del resistente, di attività direttiva o

amministrativa dell'agenzia con assunzione del rischio dell'impre

sa, ma che, addirittura, sono evidenti e costanti, invece, tanto

Il Foro Italiano — 1989.

l'estraneità del Giovannini alla gestione dell'agenzia quanto la sua

ferma cura di cautelarsi, di non correre alcuna alea e di non veni

re pregiudicato dai rapporti con lo Jaconisi, circostanze sicura

mente incompatibili con la pretesa sussistenza di una società di

fatto tra il resistente e i soggetti falliti.

Egualmente indimostrata è la qualità — in capo al Giovannini — di socio occulto dei soggetti già dichiarati falliti.

Come è noto, la società occulta — che è ipotesi diversa ed

opposta rispetto a quella della società apparente ove c'è solo l'e

steriorizzazione di fronte ai terzi di una società di fatto in realtà

inesistente nei rapporti tra i soci — ricorre quando tra i soci esi

ste un rapporto sociale che, in forza di accordo tra i soci stessi,

non viene rivelato all'esterno ove si presenta solamente un singo

lo che agisce. Secondo l'opinione prevalente e concorde in dottri

na e giurisprudenza (la quale interpreta estensivamente l'art. 147

1. fall, che prevede in modo espresso il fallimento del socio occul

to di società palese), la società occulta è valida sia nel rapporto

sociale sia nella clausola relativa alla segretezza e gli effetti sociali

si producono non solo tra i soci ma anche verso i terzi.

Poiché, a differenza della società apparente, per la società oc

culta non è necessaria l'esteriorizzazione di essa, incombe a chi

deduce la ricorrenza della società occulta l'onere della prova del

la reale esistenza tra i soci del rapporto sociale occulto.

Nel caso in esame, tale onere non è stato assolto dai reclaman

ti, giacché la compiuta istruzione non fornisce, neppure in via

presuntiva e logico-critica, i necessari elementi per ritenere che

il Giovannini sia stato socio occulto dei soggetti falliti.

Non meno apodittica e priva di seria consistenza è — da ulti

mo — la prospettazione dell'ipotesi del socio sovrano e tiranno,

prospettazione del tutto nuova, formulata in questa fase di gra vame dai coniugi reclamanti che attribuiscono al resistente pure la qualità predetta.

Va ricordato, anzitutto, che, secondo autorevole dottrina, la

differenziazione tra socio sovrano e socio tiranno consiste nel fatto

che il socio sovrano sarebbe il detentore del pacchetto di maggio

ranza e, quindi, arbitro della volontà sociale e come tale sfuggi rebbe al fallimento personale e che il socio tiranno sarebbe quello che si è servito della struttura societaria quale schermo per l'eser

cizio della propria attività economica, sovrapponendosi costante

mente all'ente collettivo, confondendo il proprio patrimonio con

quello sociale, onde sarebbe assoggettabile alla procedura con

corsuale.

Va ricordato, altresì', che l'assoggettabilità del socio sovrano

o tiranno al fallimento è stato oggetto di vivi contrasti in dottrina

e in giurisprudenza, ed è stata negata dalla Suprema corte che

ha escluso la configurabilità di una società di fatto tra società

di capitali e socio sovrano ed ha affermato che quest'ultimo può essere dichiarato fallito se è imprenditore autonomo e cioè nella

misura in cui eserciti un'attività commerciale in proprio. Ciò premesso, deve, principalmente, osservarsi che, nella spe

cie, l'ultimo assunto dei reclamanti si pone come un'ipotesi astratta

e del tutto avulsa dalle acquisizioni processuali raccolte, un'ipo tesi inaccettabile siccome sfornita interamente del concreto sup

porto della necessaria prova. Se la domanda di estensione del fallimento formulata in via

principale dai coniugi Jaconisi Biscarini è, senza dubbio, infon

data, la domanda dagli stessi avanzata in via subordinata e volta

ad ottenere l'estensione al Giovannini del fallimento della società

Giovannini viaggi s.r.l. dichiarato con sentenza 17 novembre 1987

della stessa sezione fallimentare del Tribunale di Spoleto, oltre

che domanda inammissibile siccome formulata per la prima volta

in questa fase di gravame, è pure domanda improponibile in quan to riguarda un soggetto ed una sentenza dichiarativa diversi ri

spetto ai soggetti falliti e alla sentenza emessa in data 3 luglio 1986 dalla sezione fallimentare. (Omissis)

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