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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || ordinanza 11 febbraio 1988, n. 176 (Gazzetta...

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ordinanza 11 febbraio 1988, n. 176 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 24 febbraio 1988, n. 8); Pres. Saja, Est. Mengoni; Melchiori. Ord. Trib. Trento 7 maggio 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 32 del 1987) Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 1811/1812-1813/1814 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181301 . Accessed: 28/06/2014 15:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.103 on Sat, 28 Jun 2014 15:57:08 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 11 febbraio 1988, n. 176 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 24 febbraio 1988, n.8); Pres. Saja, Est. Mengoni; Melchiori. Ord. Trib. Trento 7 maggio 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 32 del1987)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1811/1812-1813/1814Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181301 .

Accessed: 28/06/2014 15:57

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1811 PARTE PRIMA 1812

degli stessi assegni, onde poter costituire, secondo le stesse affer

mazioni del Ciancaleone e sulla base di una «prassi» consolidata

tra le parti, un simulacro di provvista onde poter, a sua volta,

trarre assegni di conto corrente.

Un «infortunio» nei tempi di costituzione della ridetta provvi

sta ha quindi portato la traente soc. Mara ad attendere che i

propri assegni bancari — né coperti né copribili per iniziativa

dell'insolvente Ciancaleone (il quale non ha girato ad alcuno gli

assegni bancari ma li ha posti all'incasso nella propria banca) — siano richiesti di protesto dalla Ca. Ri. Roma (ag. 1), alla

quale detti assegni sono pervenuti dalla ag. Rm. 16 della Bnl (ove

il convenuto è correntista). Di qui, paventando i disastrosi effetti, per la propria attività

di commerciante (ed importatore) di carni, derivante dall'inseri

mento nel bollettino dei protesti tenuto dalla Ccia, la richiesta

di fermare la procedura di cui agli art. 60 ss. r.d. 1736/33.

Sussiste il denunziato periculum in mora: difatti, nel tempo

occorrente per far valere in via di azione cognitiva la inesistenza

della obbligazione sottostante ovvero per paralizzare in sede ese

cutiva (anche con l'ausilio degli art. 623-624 c.p.c.) l'azione even

tualmente intrapresa dal prenditore, la soc. Mara rischia di essere

danneggiata come imprenditore commerciale per effetto della pub

blicazione del rilevante protesto di lire 151 milioni sul bollettino.

E la disinvoltura e superficialità del comportamento del suo am

ministratore — che riceverà eventuale sanzione nella sede penale,

che questo giudice è obbligato ad investire con separato rapporto — non sono elementi che possono far premio sulla esigenza di

tutelare il diritto di impresa. Sussiste anche il fumus boni iuris.

Certa appare invero la inesistenza di alcun credito del Cianca

leone e di alcuna azione — cambiaria e/o causale — nascente

dai ridetti assegni. Di qui la opportunità di assicurare in via cau

telare ed urgente che da quei titoli non possa nascere alcuna azio

ne o pretesa del Ciancaleone o che vengano compiute quelle ope

razioni strumentali (il protesto) a tali azioni e pretese.

È poi ammissibile il petitum finale proposto. Non si richiede un provvedimento che incida sull'ente pubblico

(Ccia), inibendo, in violazione di legge, l'esecuzione di un atto

dovuto: allo stato, infatti, protesto non è stato levato.

È pacifico in causa che il Ciancaleone, prenditore, ha imme

diatamente posto all'incasso gli assegni bancari: la inesistenza di

giratari, quindi, consente di adottare la chiesta inibitoria (diretta

alla Ca. Ri. Roma) senza preoccupazioni che il mancato protesto

possa impedire il regresso ex art. 45 r.d. 1736/33, cit. Ad ogni

buon conto, l'ordine alla cassa — ritualmente citata e non costi

tuitasi — ben può essere emesso a condizione che gli assegni ban

cari specificati sopra non rechino altre firme di girata che quelle

del portatore Ciancaleone.

Non è però adottabile l'ordine in incertam personam che la

società auspica sia diretto anche verso «il» notaio cui la cassa

potrebbe aver già chiesto il protesto. È la banca, parte di questo

giudizio cautelare, che può astenersi di richiedere il protesto ov

vero può richiamare i titoli; non è un indeterminato pubblico

ufficiale che può astenersi dal levare il protesto che, per legge,

egli è tenuto a far constatare. (Omissis)

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 11 febbraio 1988, n. 176

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 febbraio 1988, n. 8); Pres. Saja, Est. Mengoni; Melchiori. Ord. Trib. Trento 7 mag

gio 1987 (G.U., la s.s., n. 32 del 1987).

Stato civile — Cognome del figlio legittimo — Aggiunta del co

gnome materno al patronimico — Esclusione — Questione inam

missibile di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 29, 30; r.d. 9 lu

glio 1939 n. 1238, sull'ordinamento dello stato civile, art. 71,

72, 73).

Posto che oggetto del diritto dell'individuo all'identità personale non è la scelta del nome, bensì il nome acquisito per estensione

legale che meglio tutela l'interesse alla conservazione dell'unità

familiare, è manifestamente inammissibile la questione di legit

II Foro Italiano — 1988.

timità costituzionale degli art. 71, 72 e 73 r.d. 9 luglio 1939

n. 1238, nella parte in cui non prevedono la facoltà dei genitori

di determinare anche il cognome da attribuire al proprio figlio

legittimo mediante l'imposizione di entrambi i loro cognomi,

né il diritto di quest'ultimo di assumere anche il cognome ma

terno, in riferimento agli art. 2, 3, 29 e 30 Cost. (1)

(1) Con l'ordinanza in epigrafe, la Corte costituzionale esamina una

questione sollevata già da tempo, ma senza esito alcuno: al decreto del

1° ottobre 1984 del Tribunale di Lucca (Foro it., Rep. 1985, voce Filia

zione, n. 24, e per esteso in Giust. civ., 1985, I, 876, con nota di A.

Finocchiaro, Il figlio legittimo può aggiungere al proprio cognome quel lo della madre?-, in Rass. dir. civ., 1985, 550, con nota di F. Salvo,

L'attribuzione del cognome nel diritto di famiglia riformato-, in Giur.

merito, 1985, 288, con nota di A. Giusti, Parità tra coniugi e cognome del figlio-, alle critiche degli autori appena citati, che sottolineano, tra

l'altro, la marginalità della questione ai fini della parità coniugale, si

contrappongongo i rilievi adesivi di M.C. De Cicco, La normativa sul

cognome e l'eguaglianza dei genitori, in Rass. dir. civ., 1985, 960, 980

ss.), che ordinava all'ufficiale di stato civile di rettificare l'atto di nascita

di due minori, aggiungendo al cognome paterno anche quello materno,

mancava la firma del giudice estensore, si che il singolare provvedimento veniva dichiarato inesistente dai giudici di secondo grado (App. Firenze

1° dicembre 1984, inedita), e la questione ritornava al tribunale ex art.

353 e 354 c.p.c. La corte d'appello fiorentina, peraltro, indicava la via

del vaglio costituzionale, precisando il fondamento normativo (art. 6 c.c.), e non meramente consuetudinario, della consolidata trasmissione del solo

patronimico (sull'improponibilità dì questioni di legittimità costituzionale

con riguardo a norme consuetudinarie, v. A. Pizzorusso, Fonti del dirit

to, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1977, 371 e nota

5; cfr. A. Giusti, Il cognome del figlio legittimo di fronte alla Corte

costituzionale, in Giust. civ., 1985, I, 1468 s., che ravvisa il suddetto

fondamento normativo anche negli art. 237, 2° comma, 143 bis, 262 c.c., e 27, 1° comma, 1. 4 maggio 1983 n. 84. Sulla natura consuetudinaria

della trasmissione del patronimico, v., da ultimo, U. Breccia, Persone

fisiche, in Commentario, cit., 1988, 401 e nota 1). Poco tempo dopo, con ordinanza del 21 gennaio 1985 (Foro it., 1985,

I, 1809, con nota di V. Sinisi; in Giust. civ., 1985, I, 876 con nota di

Finocchiaro, cit., e 1468, con nota di Giusti, cit.), il Tribunale di Lucca

rimetteva alla corte il giudizio sulla costituzionalità dell'art. 73 dell'ordi

namento di stato civile (r.d. 9 luglio 1939 n. 1238), nonché dei citati

articoli del codice civile, non prevedenti, in asserito contrasto con gli art. 2, 3 e 29 Cost., per il figlio legittimo la facoltà di assumere anche

il nome materno, e per la madre la facoltà di trasmettere ai figli legittimi il proprio cognome. Di nuovo, vizi di carattere procedurale impedivano al desiderio del nonno materno, privo di eredi diretti a cui trasmettere

il proprio cognome, di superare il primo grado di giurisdizione: l'ordi

nanza era stata emessa prima della riassunzione del processo ed in pen denza del termine per il ricorso in Cassazione; la questione con essa solle

vata, pertanto, veniva dichiarata inammissibile per difetto del requisito della rilevanza (Corte cost., ord. 5 marzo 1987, n. 76, G.U., la s.s., 18 marzo 1987, n. 12).

Diversa la sorte di una (sostanzialmente identica, benché relativa ai

soli art. 71, 72 e 73 ord. stato civile) questione di legittimità sollevata

dal Tribunale di Trento, dichiarata, de iure condito, inammissibile, con

la clausola, tuttavia, che un intervento normativo in materia sarebbe or

mai «consentaneo all'evoluzione della coscienza sociale».

Ad una rapida e definitiva dismissione della questione (il diritto all'i

dentità personale ha ad oggetto un cognome acquisito ope legis, quale che sia: M. Dogliotti, Persone fisiche, in Trattato diretto da Rescigno,

II, 1, Torino, 1982, 102 ss.; F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1983, 50 ss.; A. De Cupis, I diritti della perso

nalità, in Trattato fondato da Cicu e Messineo, Milano, 1982, 421 ss.) è infatti d'ostacolo l'indagine di diritto comparato, a seguito della quale la normativa italiana, nell'imporre tout court l'assunzione del patronimi

co, appare quasi del tutto isolata. Al sistema tedesco di scelta congiunta del cognome familiare all'atto del matrimonio (su cui v. Sinisi, cit.) ed

a quello spagnolo, ove ai figli è attribuito un cognome doppio, formato

aggiungendo il primo cognome materno al patronimico (art. 109 codigo

civil; cfr. De Cicco, cit., 969 ss., per una dettagliata ricognizione di ta

glio comparatisico), si affianca il modello francese, introdotto dall'art.

43 1. 23 dicembre 1985, n. 85-1372 (per un primo commento italiano

alla legge, relativa alla «égalité des époux dans les régimes matrimoniaux

et des parents dans la gestion des biens des enfants mineurs», v. G. Fur

giuele, Della recente novella al «Code civil» in tema di eguaglianza tra

coniugi, in Riv. dir. civ., 1986, I, 413; per ulteriori rilievi, cfr. A. Giusti, Parità ed autonomia tra i coniugi nell'amministrazione dei beni della co

munione legale, id., 1987, I, 177; sul «nom d'usage», in particolare, v.

Furgiuele, cit. 432 ss., nonché D. Caruso, Il «nom d'usage»: una rifor ma a metà?, in corso di pubblicazione in Riv. dir. civ., 1988): nel singo lare tentativo di conciliare il carattere giuspubblicistico dell'attribuzione

del cognome, che si traduce nell'«immatricolazione» automatica del citta

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ritenuto che nel corso di un procedimento di rettificazione di

un atto di nascita, instaurato dai coniugi Melchiori Leone e Pe

dron Melchiori Barberina in conseguenza del rifiuto opposto dal

l'ufficiale di stato civile di Mezzolombardo alla loro richiesta con

giunta di imporre al figlio Andrea entrambi i loro cognomi, il

Tribunale di Trento, con ordinanza del 7 maggio 1987 (r.o. n.

311/87), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli art. 71, 72, ultimo comma, e 73 r.d. 9 luglio 1939 n. 1238 sull'or

dinamento dello stato civile, nella parte in cui «non prevedono e consentono ai genitori la facoltà di determinare anche il cogno me da attribuire al proprio figlio legittimo mediante l'imposizio

dino, con l'esigenza, emersa nella prassi, di un sistema più flessibile ed aderente ai desideri dei privati, si è introdotta la facoltà (non l'obbligo) di aggiungere al patronimico anche il cognome dell'altro genitore, ma esclusivamente à titre d'usage e senza alterazione alcuna dei meccanismi di acquisizione del nome legale.

Ora, non è certo che la vocazione compromissoria della novella france se basti ad attenuare il disagio della difformità tra l'appellativo risultante dalle registrazioni anagrafiche e quello usato dal medesimo cittadino nel la vita di relazione (rilievi particolarmente critici sulla funzionalità della novella sono mossi da R. Lindon e D. Amson, Une gestation difficile: le «nom d'usage», D. 1986. Chron. 267). Il sistema risponde, tuttavia, oltre che alla necessità di rendere meno perspicui i legami all'interno di nuclei familiari di composizione non tradizionale (su cui v., diffusamen

te, J. Rubellin-Devichi, nella rassegna Personnes et droits de famille, in Rev. trim. dr. civ., 1987, 67, 69 ss.; per una problematica analoga a quella ivi illustrata, cfr. Trib. min. Bologna 18 dicembre 1986, Giust.

civ., 1987, I, 960; Trib. min. Trieste 29 luglio 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 58, e in Giur. merito, 1987, 371, con nota di G. Manera, Brevi osservazioni sull'attribuzione del cognome al figlio naturale ricono sciuto o dichiarato giudizialmente: vi si legge l'insofferenza dei privati verso i provvedimenti di natura discrezionale emessi dal giudice ex art.

262, 2° comma, c.c. in materia di aggiunta del patronimico al cognome del figlio naturale successivamente riconosciuto anche dal padre; cfr. l'art. 334-2 code civil, ai sensi del quale il cognome del padre viene senz'altro

sostituito a quello materno) anche all'esigenza di non disperdere il valore lato sensu economico eventualmente connesso al nome materno: esigenza analoga a quella che ha indotto a concedere, in Francia come in Italia, la possibilità per la donna divorziata di continuare ad usare il nome del marito (per una ricognizione del contenzioso in materia, cfr. App. Roma 18 maggio 1987, Foro it., 1987, I, 3143, con nota di R. Moccia: si tratta

del caso Punturieri-Lante della Rovere, commentato, altresì, da M. Fa

biani, Ancora sulla illiceità dell'uso da parte di donna divorziata del co

gnome dell'ex marito, in Giur. merito, 1987, I, 1122. Sulla novella italia

na, introdotta nell'ambito della riforma della legge sul divorzio, v. A.

Trabucchi, Un nuovo divorzio. Il contenuto e il senso della norma, in

Riv. dir. civ., 1987, II, 125, 136 s.; per un raffronto con la nuova norma

tiva francese, cfr. Caruso, cit., nonché in Nuove leggi civ., 1987, 847,

893, sub art. 9). Sotto tale profilo, il doppio cognome sembra poter ri

spondere all'interesse di chi lo porta, più che ai «desideri marginali dei

genitori» (l'espressione è di Salvo, cit., 552). Del resto, è nell'interesse del minore, piuttosto che in vista di rivendi

cazioni egalitarie, che la legge francese del 4 giugno 1970, n. 70-459, ha attribuito l'autorità parentale sul figlio naturale, riconosciuto congiun tamente dai genitori, alla sola madre (art. 374-2 Code civil)-, e la disposi zione è rimasta invariata, sia pure con alcuni correttivi, nella riforma del 22 luglio 1987, n. 87-570, «sur l'exercice de l'autorité parentale» (su cui v., da ultimo, M.L. Moranqaìs-Demf.ester, Ver l'égalité parentale, D. 1988. Chron. 7. L'esperienza francese richiama, per contrasto, una recente pronuncia della Cassazione, dove la responsabilità del marito per le obbligazioni contratte dalla moglie nell'interesse della famiglia viene

fondata sulla di lui qualità di «capo del nucleo familiare»: Cass. 23 set

tembre 1986, n. 5709, Foro it., Rep. 1986, voce Matrimonio, n. 173, ed in Dir. famiglia, 1987, 94).

Le linee incerte del disegno francese inducono ad una maggiore cautela

nei progetti di innovazione della materia: il caveat della dottrina d'oltral

pe è recepito dalla corte, che ravvisa, in un sistema poco meno che auto

matico di acquisizione del cognome, un potenziale pregiudizio all'unità

della famiglia. A tale riguardo mette conto ricordare, forse, che negli Stati Uniti il problema è affrontato nei termini più tangibili del raffronto

tra il prezzo di un sistema flessibile — col riaggiustamento, che ne conse

gue, delle tecniche di registrazione anagrafica — ed il risparmio sui costi

di amministrazione della giustizia, dovuto ad una probabile riduzione del

contenzioso in materia (cfr. B.B.S., Like Father, Like Child: the Rights

of Parents in Their Children's Surnames, 70 Va. L. Rev. 1303, 1328 (1984):

negli States il problema della scelta del cognome, affrontato peraltro con

estrema elasticità in sede giudiziale ed amministrativa, è sensibilmente

attenuato dalla libera modificabilità dello stesso una volta raggiunta la

maggiore età, mentre in Italia il mutamento del cognome passa attraverso

la complessa procedura degli art. 153 ss. ord. stato civile). Nell'una e

nell'altra ottica, comunque, la scelta appare guidata più da criteri di op

II Foro Italiano — 1988.

ne di entrambi i loro cognomi, e in quanto non prevedono il

diritto di quest'ultimo di assumere anche il cognome materno»; che le disposizioni denunziate, in quanto presuppongono una

norma — implicita nel sistema del codice civile — che attribuisce

ai figli legittimi esclusivamente il cognome paterno, sono reputa te dal giudice remittente in contrasto con gli arti 2, 3, 29 e 30

Cost., perché violerebbero il diritto del figlio all'identità persona

le, il principio di uguaglianza dei cittadini in generale e il princi

pio di uguaglianza dei coniugi in particolare, nonché, infine, an

che i diritti dei membri della famiglia legittima in rapporto al

trattamento previsto per i figli naturali dall'art. 262, 2° comma,

c.c.; che nel giudizio dinanzi a questa corte non si sono costituite

le parti private, né ha spiegato intervento la presidenza del consi

glio dei ministri. Considerato che oggetto del diritto dell'individuo all'identità

personale, sotto il profilo del diritto al nome, non è la scelta

del nome, bensì il «nome per legge attribuito» come si argomenta dall'art. 22 Cost, in relazione all'art. 6 c.c.;

che la posizione del figlio nato da matrimonio, del quale la

legge attribuisce la paternità al marito della madre (art. 231 c.c.), non è comparabile con quella del figlio naturale nel caso previsto dall'art. 262, 2° comma, ma soltanto con quella del figlio natura

le nel caso previsto dal 1 ° comma dello stesso articolo, nel quale la regola di attribuzione del cognome coincide con quella relativa

al figlio legittimo; che l'interesse alla conservazione dell'unità familiare, tutelato

dall'art. 29, 2° comma, Cost., sarebbe gravemente pregiudicato se il cognome dei figli nati dal matrimonio non fosse prestabilito fin dal momento dell'atto costitutivo della famiglia, in guisa che

ai figli esso sia non già imposto, cioè scelto, dai genitori (come il prenome) in sede di formazione dell'atto di nascita, bensì' este

so ope legis; che invece sarebbe possibile, e probabilmente consentaneo al

l'evoluzione della coscienza sociale, sostituire la regola vigente in ordine alla determinazione del nome distintivo dei membri del

la famiglia costituita dal matrimonio con un criterio diverso, più

rispettoso dell'autonomia dei coniugi, il quale concilii i due prin

cipi sanciti dall'art. 29 Cost., anziché avvalersi dell'autorizzazio

ne a limitare l'uno in funzione dell'altro;

che, peraltro, siffatta innovazione normativa, per la quale è

stato presentato già nelle passate legislature e riproposto in quella in corso un disegno di legge di iniziativa parlamentare, è una

questione di politica e di tecnica legislativa di competenza esclusi

va del conditor iuris; visti gli art. 26 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle norme integrati

ve per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara manifesta

mente inammissibile la questione di legittimità costituzionale de

gli art. 71, 72, ultimo comma, e 73 r.d. 9 luglio 1939 n. 1238

sull'ordinamento dello stato civile, in riferimento agli art. 2, 3, 29 e 30 Cost., sollevata dal Tribunale di Trento con l'ordinanza

in epigrafe.

portunità legislativa che da linee giuridicamente obbligate. Tanto più che un disegno di legge di iniziativa parlamentare, fermo, e sempre uguale, dal 1979, ricalca il modello tedesco e promette, nelle intenzioni dei pro motori, di non comportare «alcun problema di ordine pratico» (si tratta

della proposta di legge n. 832 presentata alla camera il 30 ottobre 1979

contenente «nuove norme in materia di diritto di famiglia», riportata in

Rass. dir. civ., 1980, 615, con nota di L. Barbiera, Due proposte sociali

ste di riforma del diritto di famiglia (un esempio di valida volontà politi ca congiunta a vistose carenze tecniche); identico è il testo della proposta di legge n. 151 presentata al senato il 15 settembre 1983, riportata in

Dir. famìglia, 1984, 396, ed in Stato civile it., 1984, 126, con nota di

V. Adami, Il cognome della famiglia). Non sorprende il rinvio all'intervento normativo: in tema di adegua

mento del diritto di famiglia ai principi costituzionali, «[al] la diretta

sconfessione delle norme vigenti si è preferita, in genere, la via della sol

lecitazione al legislatore» (cosi A. Jannarelli, E. Quadri, La rilevanza

costituzionale della famiglia: prospettive comparatistiche, in Dir. fami

glia, 1983, 1124, 1126). Anche se accade che l'inerzia di quest'ultimo induca la corte, dopo un po', a mutare orientamento (v. Corte cost. 5

marzo 1987, n. 71, Foro it., 1987, I, 2316, con nota di B. Poletti Di

Teodoro, Una svolta storica nel diritto internazionale privato italiano:

il primo intervento abrogativo della Corte costituzionale, ove è dichiarata

l'illegittimità dell'art. 18 preleggi per contrasto con l'art. 29 Cost., e cfr.

la decisione n. 30 del 9 febbraio 1983, id., 1983, I, 265, che sollecitava

il riaggiustamento normativo della discussa disciplina). [D. Caruso] . [D. Caruso]

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