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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || ordinanza 14 aprile 1989; Giud. Sica; Del...

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ordinanza 14 aprile 1989; Giud. Sica; Del Moro e altri c. Soc. Toremar e Soc. Tirrenia; interv. Min. marina mercantile Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 337/338-345/346 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184487 . Accessed: 28/06/2014 19:16 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.239 on Sat, 28 Jun 2014 19:16:29 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 14 aprile 1989; Giud. Sica; Del Moro e altri c. Soc. Toremar e Soc. Tirrenia; interv.Min. marina mercantileSource: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 337/338-345/346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184487 .

Accessed: 28/06/2014 19:16

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dapprima concesso) non è perentorio; perentorio è semmai il ter mine di novanta giorni che al massimo può essere assegnato per sanare la morosità.

Va dunque osservato che nella specie è accaduto che la moglie dell'intimato, dopo aver richiesto all'uopo «un breve termine», venendole perciò concesso un termine pari a ventiquattro giorni, ha, all'udienza di rinvio del 3 luglio 1989, «chiesto espressamente un ulteriore termine di giorni sette attese le proprie impellenti necessità, dovendo incassare un assegno». Di fronte a tale preci so motivo (oltre che a fronte della seria intenzione della Ricci, del bisogno della medesima e del pressante e grave problema qua le quello dell'abitazione) il giudicante ha prolungato di sei giorni il termine per sanare la morosità, scadente nella giornata di saba to 8 luglio 1989.

Tutto ciò posto, ritiene il giudicante che l'adottato provvedi mento si appalesa — come, peraltro, pare desumersi dalla richia mata dottrina e, in giurisprudenza, da Pret. Piacenza, ord. 10

gennaio 1980 — legittimo. Nella specie, infatti, il provvedimento del 22 maggio 1989, con il quale è stato assegnato termine (pari a ventiquattro giorni, come si è detto) per sanare la morosità è costituito da un'ordinanza: come tale, quindi, per essere cioè

un'ordinanza, essa è, ai sensi dell'art. 177 c.p.c., modificabile

(oltre che per non essere, come si è visto, il termine assegnato perentorio). È indubbio, tuttavia, che l'applicabilità di detta nor ma è nella fattispecie subordinata a determinate condizioni, quali a) la sussistenza di nuove esigenze e ti) che non sia scaduto il termine massimo (questo, si, perentorio, al pari dell'altro di cui al 4° comma dello stesso art. 55) di novanta giorni fissato dal 2° comma dell'art. 55 1. cit. Ora, premesso che la Ricci ha fatto istanza di ulteriore (brevissimo) termine e premesse le non conte state difficoltà della parte, rilevasi che entrambe le suddette con dizioni ricorrono nella specie, dato che le nuove esigenze sono

rappresentate dalla possibilità e necessità della Ricci di incassare dei soldi e dato che non viene giammai oltrepassato il termine dei novanta giorni (essi infatti sono 24 + 6).

C) Quanto al pagamento della somma di lire 1.811.090 entro P8 luglio 1989 (scadenza dell'ulteriore termine di giorni sei asse

gnato per sanare la morosità) la Ricci ha affermato di essersi

recata, in compagnia di certa Pizi Adele, nel pomeriggio di saba to 8 luglio presso lo studio dell'aw. Mauro per la consegna della somma in sanatoria (avendo nella detta giornata incassato un va

glia telegrafico di lire 1.200.000), ma di non esserle stato ciò pos sibile — ed ha per questo offerto la somma stessa all'udienza di rinvio che precede (e di cui alla presente riserva) — per avere

trovato lo studio del professionista chiuso. Su tale punto o circo stanza nulla ha dedotto l'aw. Mauro, procuratore degli intiman

ti, che ha invece «rilevato che esistono altri e ben più facili mezzi

legali per provvedere al pagamento di somme dovute, oltre quello del pagamento fatto di persona . . .». Ma, per contro, si osserva

brevemente: a) che l'efficacia solutoria di altri mezzi di pagamen to non è rimessa alla sola volontà del debitore; b) che il procura tore ad litem del locatore è legittimato, a norma dell'art. 1188, 1° comma, c.c., a ricevere il pagamento: c) che gli intimati risul

tano residenti a Mogliano (Macerata). In proposito la Ricci ha

oralmente affermato che gli stessi, cui si era rivolta a mezzo tele

fono, le hanno detto che della cosa si occupa il loro avvocato.

Pertanto, devesi ritenere sanata la morosità (posto che la Ricci ha cercato di recapitare e consegnare la somma nella giornata dell'8 luglio 1989, scadenza del termine, ed ha messo la somma stessa a disposizione del procuratore degli intimanti in banco iu

dicis all'udienza di rinvio del 10 luglio — che precede e di cui

alla riserva — prima che fosse emesso il provvedimento di conva

lida), sicché non va convalidato l'intimato sfratto per morosità, e conseguentemente devesi ritenere chiuso il processo.

I

PRETURA DI LIVORNO; ordinanza 14 aprile 1989; Giud. Si ca; Del Moro e altri c. Soc. Toremar e Soc. Tirrenia; interv.

Min. marina mercantile.

PRETURA DI LIVORNO;

Lavoro portuale — Sbarco e imbarco — Rizzaggio e derizzaggio di veicoli sulle navi traghetto — Natura di operazioni portuali — Controversia — Giurisdizione ordinaria — Competenza del

giudice del lavoro (Cod. proc. civ., art. 409; cod. nav., art.

108, 110). Lavoro portuale — Imbarco e sbarco dei veicoli sulle navi tra

II Foro Italiano — 1990.

ghetto — Natura di operazioni portuali — Riserva a favore delle compagnie — Sussistenza (Cod. nav., art. 108, 110).

È attribuita alla giurisdizione ordinaria e alla competenza del giu dice del lavoro la controversia proposta da lavoratori portuali nei confronti degli armatori avente ad oggetto l'accertamento se le operazioni di imbarco e sbarco, rizzaggio e derizzaggio del traffico gommato su navi traghetti costituiscano operazioni portuali la cui esecuzione è riservata alle compagnie o gruppi portuali, a nulla rilevando l'esistenza di un provvedimento am ministrativo (d.m. 6 gennaio 1989) che ha ridefinito la nozione di operazione portuale. (1)

I singoli lavoratori costituiti nelle compagnie o gruppi portuali sono legittimati ad agire in giudizio per l'accertamento del di ritto ad essere utilizzati per l'esecuzione delle operazioni portuali. (2)

Costituiscono operazioni portuali (e non «marinaresche»), come tali riservate ai lavoratori costituiti nelle compagnie e gruppi portuali, le operazioni di imbarco e sbarco, rizzaggio e deriz

zaggio sulle navi traghetto; va, pertanto, affermato in via d'ur

genza l'obbligo per l'armatore di avvalersi dei lavoratori soci della compagnia dei lavoratori portuali. (3)

II

PRETURA DI LIVORNO; ordinanza 14 aprile 1989; Giud. Si

ca; Del Moro e altri c. Soc. Sinterman e Soc. Delta Uno; in

terv. Min. marina mercantile.

Provvedimenti di urgenza — Lavoro portuale — Criteri di deter

minazione delle tariffe — Violazione — Pregiudizio imminente

e irreparabile — Insussistenza (Cod. proc. civ., art. 700; cod.

nav., art. 110, 112).

Non è minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile il diritto dei lavoratori costituiti nelle compagnie e gruppi por tuali che richiedano una diversa determinazione delle tariffe applicabili con riferimento alla chiamata (non più per turni ma) a tempo determinato. (4)

(1-2, 4) In senso sostanzialmente conforme al principio affermato nella

prima massima, sull'attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario nel caso di domanda proposta da un socio nei confronti della compagnia portuale per ottenere la dichiarazione di illegittimità di una norma del

regolamento interno della compagnia anche nel caso in cui al regolamen to dovesse essere attribuita natura di atto amministrativo, Cass., sez. un., 3 giugno 1977, n. 2258, Foro it., Rep. 1977, voce Lavoro portuale, n. 11 (e Mass. giur. lav., 1978, 235 e 1979, 252, con nota adesiva di R.

Longobardi, Compagnie portuali e rapporti con i propri soci). È d'altro canto giurisprudenza pacifica che ogni qual volta l'attore,

affermando un proprio diritto soggettivo nei confronti di altro soggetto privato, deduca anche l'illegittimità di un atto amministrativo su cui si fonda la lesione del proprio diritto, la controversia è attribuita all'autori tà giudiziaria ordinaria che può disapplicare in via incidentale l'atto rite nuto illegittimo: da ultimo, cons. Cass. 15 luglio 1987, n. 6186, Foro

it., Rep. 1988, voce Giurisdizione civile, n. 80; Pret. Bologna 26 settem bre 1988, ibid., n. 85; Cass. 10 giugno 1988, n. 3936, ibid., n. 88.

In senso conforme sulla competenza del giudice del lavoro in forza dell'art. 409, n. 3, c.p.c., Cass., sez. un., 17 ottobre 1983, n. 6067, id., Rep. 1984, voce Lavoro portuale, n. 3 (e Giur. it., 1984, I, 1, 648, con osservazioni di L. Fiorillo) nonché Cass. 3 marzo 1981, n. 1233, Foro it., 1981, I, 1016, con nota di richiami, nel caso di domanda proposta dal lavoratore nei confronti del vettore marittimo per ottenere il risarci mento dei danni derivati da infortunio verificatosi nel corso delle opera zioni di scarico sul presupposto dell'instaurazione, dopo l'avviamento, di un rapporto di lavoro subordinato tra lavoratore portuale e impresa utilizzatrice (con riferimento quindi, in questo caso, all'art. 409, n. 1, c.p.c.).

Sulla quarta massima, in riferimento alla problematica dei provvedi menti d'urgenza in materia di lavoro portuale, cons. Pret. Sampierdarena 5 maggio 1987 e 8 aprile 1987, id., 1987, I, 2249, con nota di richiami.

(3) Si tratta della prima controversia innescata dal decreto 6 gennaio 1989 (riportato, oltre che su Le leggi, 1989, I, 111, anche in Foro it., 1989, II, 383, in calce ad App. Genova 3 gennaio 1989), con cui l'ex ministro per la marina mercantile Prandini, innovando i principi che reg gono la gerarchia delle fonti normative, ha modificato l'art. 108 c. nav. che individua le operazioni portuali.

I più significativi precedenti giurisprudenziali in tema di definizione dell'ambito della riserva prevista, dall'ultimo comma dell'art. 110 c. nav., a favore delle compagnie e gruppi portuali per l'esecuzione delle opera zioni portuali sono:

— Cass., sez. un., 5 novembre 1984, n. 5583, id., 1985, I, 778, con nota di richiami (ed anche in Dir. maritt., 1986, 365, con nota di C.

Medina, Note sull'ambito della riserva alle compagnie portuali dell'ese cuzione delle operazioni nei porti e in Mass. giur. lav., 1985, 663 e 1985,

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PARTE PRIMA

I

Premessa. — Le compagnie lavoratori portuali hanno natura

di associazioni private fornite di personalità giuridica ex lege (art. 110, 2° comma, c. nav.) e, riconducibili allo schema delle società

cooperative, alle quali è affidato lo svolgimento di un pubblico servizio, individuato nelle operazioni portuali, cui è correlato il

penetrante controllo dell'autorità marittima pubblica. Lo scopo sociale delle compagnie va individuato nella mutuali

tà, che si estrinseca nella ricerca e gestione costante di servizi

od occasioni di lavoro (essendo le compagnie lavoratori portuali assimilabili alle cooperative di lavoro), a migliori condizioni, non

ché quale scopo mediato — attraverso l'utilizzazione della pro

pria organizzazione e la riduzione delle spese generali di gestione — il conseguimento e la distribuzione tra i soci di un utile. Ne deriva che in tale tipo di associazione il conseguimento degli utili

è raggiunto attraverso l'opera diretta degli associati (lavoratori

portuali), pur con l'utilizzazione, che è comune, dei servizi predi

sposti dalla compagnia. Il riconoscimento per legge della personalità giuridica alle com

pagnie portuali evidenzia, poi, come esse altro non siano che una

finzione giuridica necessaria al fine di farne il centro di riferi mento delle relazioni giuridiche esterne e nello stesso tempo per

permettere la vigilanza ed il controllo delle autorità marittime:

ad una pluralità di soci viene sostituito un unico soggetto. Ciò spiega come compito essenziale delle compagnie — esple

tato attraverso l'intervento del console — sia quello dell'avvia

mento e l'avvicendamento del personale da impiegare nelle diver

se operazioni richieste dall'utenza (art. 193 reg. c. nav.), di ri

scuotere e ripartire i proventi del lavoro, previa effettuazione delle

trattenute (art. 188, n. 5, reg.) secondo il regolamento interno,

per la costituzione dei fondi di riserva (art. 185 reg.). Ma, nello stesso tempo, il riconoscimento della personalità giu

ridica — proprio per ius singulare — non fà venir meno all'inter no della compagnia l'individualità dei singoli soci e la possibilità di conflitto con la compagnia e con l'impresa cui vengono avviati.

Di qui la possibilità del sorgere di controversie che si atteggia no in maniera diversa nei confronti di tali distinti soggetti.

Da un lato, lo svolgimento dell'attività lavorativa dei soci, per sonale, continuativa e coordinata con le compagnie non assurge a livello di prestazione subordinata (salvo che le compagnie lavo

ratori portuali agiscano quali imprese), svolgendosi nell'ambito

del rapporto sociale, dall'altro, invece, tra il lavoratore avviato e l'impresa portuale terza si costituisce un vero e proprio rappor to di lavoro subordinato, gestito da quest'ultima, che assume la veste di datore di lavoro.

In entrambi i casi tali controversie (tra compagnia e soci e tra soci ed utenza) rientrano nella competenza del giudice del lavoro,

256, con nota di R. Longobardi, Autonomia privata e riserva di lavoro nelle operazioni portuali) che ha escluso l'obbligo di avvalersi della mano d'opera fornita dalle compagnie portuali allorché le operazioni, eseguite con mezzi meccanici propri, siano limitate alla pura e semplice manovra dei mezzi impiegati (nella specie, si trattava di allaccio delle manichette);

— Cass. 16 maggio 1981, n. 3228, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro portuale, n. 4 (e in Mass. giur. lav., 1982, 654, con nota di R. Longo bardi, L'autonomia organizzativa delle imprese private nell'ambito della disciplina giuridica del lavoro portuale) che ha escluso rientrino nella ri serva le attività di sistemazione, conservazione e custodia delle merci al l'interno dei locali di pertinenza delle imprese concessionarie anche se

vengano superati i limiti di questi locali; — Cass., sez. un., 26 febbraio 1969, n. 621 (Foro it., 1969, I, 3252,

con osservazioni di F. Pellegrino) che ha affermato il principio secondo cui l'operatore portuale, pur non potendosi avvalere, per l'esecuzione delle

operazioni portuali, di maestranze diverse da quelle organizzate nelle com pagnie, non è però tenuto a servirsene qualora siano escluse necessità e convenienza dell'impiego di mano d'opera.

Sul caso specifico esaminato dal Pretore di Livorno non constano pre cedenti specifici se non l'inedita Pret. Tortoli, citata da G. Lombardi nello scritto infra citato, che avrebbe riconosciuto al rizzaggio degli auto veicoli a bordo delle navi traghetto «carattere nautico» ritenendo conse guentemente legittimo l'impiego del personale di bordo. In senso proble matico sul problema si esprime G. Lombardi, Considerazioni sulla nozio ne di «operazione portuale» e sui limiti della riserva di lavoro a favore delle compagnie portuali in riferimento alla progettata modifica dell'ulti mo comma dell'art. 110 c. nav., in Trasporti, 1981, fase. 24, 155.

Tra i contributi più recenti in tema di lavoro portuale, cons, quelli citati in nota a Trib. Genova 7 luglio 1988, Foro it., 1989, II, 128, non ché, Tar Toscana 21 dicembre 1988, n. 2013, ibid., III, 98, con nota di richiami e in Dir. maritt., 1989, 499, con nota di M.A. Quaglia, Giu dice amministrativo e riforma del lavoro portuale.

Il Foro Italiano — 1990.

rispettivamente ai sensi dell'art. 409, n. 3 e n. 1, c.p.c. Quindi, l'opera di intermediazione generale che le compagnie svolgono nelle operazioni portuali con l'avviamento al lavoro è garantita dalla legge con una riserva in suo favore ex art. 110 c. nav. e, in via subordinata e previa concessione, in favore delle imprese

portuali (comprese le stesse compagnie come tali costituite) ex art. Ili c. nav., ma sempre in favore «delle maestranze costituite in compagnie e in gruppi, in quanto mano d'opera nelle dette

operazioni insostituibile» (Cass., sez. un., 17 ottobre 1983, n.

6067, Foro it., Rep. 1984, voce Lavoro portuale, nn. 3, 4).

Conseguentemente, rileva, ed è tutelato attraverso la riserva

di legge, il rapporto di lavoro diretto che si viene ad instaurare

tra i singoli lavoratori e l'impresa utente, con l'obbligo di presen tarsi alle chiamate ed al lavoro e di sottoporsi alle direttive di

quest'ultima (art. 159 c. nav.). Eccezioni preliminari. — A) Difetto di giurisdizione: si sostie

ne che il criterio di discriminazione delle giurisdizioni è indivi duabile nella mancanza di potere - cattivo esercizio del potere, ritenendosi che la mancanza del potere importi lesioni di diritti

soggettivi e il cattivo esercizio del potere importi lesioni di inte

ressi legittimi. Si sostiene sempre che il ministro della marina mer cantile ha il potere ex art. 148 d.p.r. 328/52 di emanare l'atto

normativo (d.m. 6 gennaio 1989) di cui si chiede la declaratoria di inoperatività e, quindi, la questione è devoluta alla giurisdizione amministrativa di legittimità, la quale sola potrà provvedere ad

annullarlo (tesi Toremar-Tirrenia).

Inoltre, la disciplina del lavoro portuale è demandata per legge (art. 108 ss. c. nav.) alle autorità marittime. Esse hanno adottato i provvedimenti di loro competenza e contro di essi è proponibile solo un giudizio di legittimità avanti il Tar competente (tesi co mandante del porto e direttore dell'Ulp).

È principio di carattere generale, acquisito alla comune esperien za degli operatori giuridici che la giurisdizione del giudice deve ac certarsi sulla base delle domande, cosi come prospettate dalla parte attrice, prescindendo sia da ogni indagine sulla loro fondatezza sia dalle eccezioni proposte dal convenuto e senza possibilità di effet tuare indagini istruttorie per determinarne la fondatezza.

Da qui la necessità di esattamente definire il c.d. petitum so

stanziale, ossia l'esatto contenuto della pronuncia che, attraverso l'azione esperita, si richiede al giudice.

A ciò si perviene attraverso la correlazione che va accertata tra il petitum e la causa petendi.

Ad avviso della Tirrenia, Toremar ed avvocatura dello Stato,

per conto delle autorità marittime, i lavoratori ricorrenti, pur aven do dedotto la violazione di loro diritti soggettivi, in realtà chiedo no «l'interdizione in via cautelare di ogni effetto normativo del noto decreto del ministro della marina mercantile del 6 gennaio 1989 e di annullare direttamente e totalmente i provvedimenti ap plicativi delle direttive ministeriali adottati dalle autorità portuali locali».

Contrariamente a tali assunti, ritiene il giudicante che la realtà delle pretese dei ricorrenti non comporti alcun esame del citato

decreto ministeriale — il quale non va dimenticato che nella sua

premessa assume di avere esclusivamente «natura e finalità inter

pretative di norme di legge vigenti (che, per inciso, sono riservate all'autorità giudiziaria) — né dei ripetitivi provvedimenti delle au torità marittime locali.

Al contrario, il provvedimento cautelare invocato presuppone l'esigenza di accertare se le operazioni di imbarco e sbarco del traffico gommato su navi traghetto rientrino o meno nella cate

goria delle operazioni portuali, previste dall'art. 108 del vigente codice della navigazione ed il cui espletamento è riservato alle maestanze portuali (art. 110 e 111).

B) Incompetenza. — Sostiene, altresì, l'avvocatura dello Stato che nel momento applicativo dei provvedimenti amministrativi, da parte degli utenti del porto, non sono ancora maturati i pre supposti che radicano la competenza del magistrato del lavoro ex art. 409 c.p.c.

Infatti, in quel momento non è ancora sorto un rapporto di lavoro tra gli imprenditori e le maestranze portuali (in tal modo, però, si conferma l'esistenza di un rapporto diretto subordinato tra di essi): solo dopo che quel rapporto si sia instaurato potrà scattare la competenza del giudice del lavoro per dirimere la con troversia insorta.

La tesi è infondata sotto un duplice aspetto, uno sostanziale e l'altro processuale.

Invero, nel momento in cui è pervenuta alla compagnia lavora tori portuali la richiesta della Tirrenia s.p.a di utilizzare persona le al di fuori della riserva è sorto l'obbligo dell'avviamento dei

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

lavoratori e l'obbligo di questi ultimi di presentarsi alla chiamata ed al lavoro ex art. 159 c. nav.

Di contro, la comunicazione alla compagnia lavoratori portuali da parte della Toremar s.p.a. — compagnia che effettua il servi

zio traghetti per le isole — di non più avvalersi a far data dal 14 febbraio 1989 di maestranze portuali per l'imbarco/sbarco di

mezzi gommati e per ogni altra operazione connessa, mette in

pericolo la possibilità stessa dell'avviamento delle maestranze e,

quindi, lo svolgimento dell'attività lavorativa.

Cosi precisato l'ambito di operatività delle due richieste, risul

tava agevole a questo giudice richiamare l'ambito di operatività dell'art. 409 c.p.c. che si applica alla tutela di ogni situazione

giuridica soggettiva, anche non a contenuto patrimoniale, ineren

te a rapporti di lavoro subordinato (n. 1) o parasubordinato (n. 3). Inoltre, l'operatività della norma si estende a qualsiasi contro

versia fatta valere in giudizio e che si colleghi ad un rapporto in atto, ovvero estinto oppure da costituirsi, quando si fanno

valere diritti all'assunzione al lavoro privato o il diritto a rendere

le proprie prestazioni alle condizioni di legge o contrattuali.

C) Difetto di legittimazione ad agire: è affermato dai convenu

ti sotto il profilo della carenza di legitimatio ad causarti essendo

il riconoscimento legislativo della riserva disposto dall'art. 110

c. nav. in favore delle compagnie e non di soggetti diversi quali i ricorrenti.

Infatti, essi sono tutti costituiti nella compagnia lavoratori por tuali di Livorno ed hanno convenuto in giudizio la compagnia lavoratori portuali che assume formalmente una posizione di con

trasto con i soci. Quindi, non si instaura alcun rapporto di diritto

privato tra singoli lavoratori e terzo utente.

La titolare del diritto di credito è direttamente la compagnia lavoratori portuali la quale riceve il pagamento per le prestazioni effettuate dai soci lavoratori, è la compagnia lavoratori portuali che emette la fattura all'impresa utente, contabilizza le somme

incamerate e che agirebbe per l'adempimento coattivo dei crediti.

Quindi, si conclude, i ricorrenti non possono far valere pretese creditorie di cui è titolare esclusivamente la compagnia lavoratori

portuali (tesi della Tirrenia e della Toremar). La legitimatio ad

causam, o legittimazione ad agire, è una condizione dell'azione

ad individuare il diritto protestativo di un soggetto ad ottenere

non già una sentenza favorevole, ma una decisione di merito e

si risolve, perciò, nella titolarità del potere di promuovere un giu dizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, indipen dentemente dalla questione dell'effettiva titolarità attiva (o passi

va) del rapporto controverso, risolvendosi essa in una questione di merito. In sostanza, la legitimatio ad causam costituisce il pre

supposto per ottenere dal giudice la trattazione del merito della

causa, indipendentemente dal suo esito finale.

L'infondatezza delle eccezioni preliminari sollevate, comporta,

pertanto, la necessità di accertare l'ambito di operatività ed i li

miti della riserva di cui all'art. 110, 4° comma, c. nav. atteso

che essa è fonte di diritti per le compagnie, per le maestranze

e per gli operatori marittimi.

D) Le operazioni portuali riservate ex art. 108 e 110 c. nav. — secondo le società convenute — individuano un monopolio a favore delle compagnie lavoratori portuali, solo per l'esecuzio

ne di operazioni portuali e cioè per l'utilizzazione materiale di

mano d'opera e non per l'organizzazione dei servizi e del lavoro

che rimangono fuori della riserva. Si afferma, inoltre, che le navi

traghetto delle comparenti si trovano in una situazione di auto

nomia funzionale, quando non vi è luogo a prestazioni della com

pagnia lavoratori portuali per la movimentazione e, quindi, non

si pone nemmeno il problema della riserva.

Secondo le autorità marittime intervenute in giudizio, gli art.

108 ss. c. nav. stabiliscono che le operazioni portuali sono svolte

in riserva dalle compagnie, salvo deroghe che possono essere con

cesse in casi speciali. Si osserva. Nel tempo le operazioni portuali in riserva hanno coinciso con tutte le attività di movimentazione

nell'ambito portuale e, quindi, non solo con quelle operazioni

collegate all'imbarco e allo sbarco delle merci.

Il ministro della marina mercantile con il decreto 6 gennaio 1989 ha provveduto ad individuare le operazioni portuali riserva

te alle maestranze operanti nei porti nazionali, disciplinando con

atto amministrativo l'esercizio del regime di riserva di cui all'art.

108 c. nav. ed individuando specificamente le operazioni portuali rientranti nell'ambito della stessa e non previste in dettaglio dal

codice.

Secondo i ricorrenti rientrano «tra le operazioni portuali, tutte

quelle il cui ciclo di compimento non si esaurisca nell'economia

di un servizio di navigazione, ma che abbiano invece continuità

rispetto al trasferimento terra/bordo e concludano, in rapporto

Il Foro Italiano — 1990.

di accessorietà, l'operazione di imbarco ovvero si pongano come

preliminari all'operazione di sbarco». Ai fini del decidere occorre, quindi, affrontare ed accertare

i limiti della portata della disposizione del 4° comma dell'art.

Ili c. nav., secondo cui «l'esecuzione delle operazioni portuali è riservata alle compagnie o ai gruppi».

E, indubbiamente, la nozione di operazione portuale non può che trarsi dall'art. 108 c. nav. che le individua «nelle operazioni di imbarco, di sbarco, trasbordo, deposito e movimento in gene re delle merci e di ogni altro materiale nel porto».

Nella contrapposizione delle opposte tesi sostenute dalle parti, ritiene il giudicante di precisare che la nozione di operazione por tuale, predisposta dal legislatore, ha un chiaro carattere unitario, nel senso che essa è applicabile sia nell'ipotesi dell'art. 110 c.

nav. (intervento delle compagnie), sia dell'art. Ili c. nav. (inter vento delle imprese portuali, ivi comprese le compagnie lavorato

ri portuali-imprese). La differenziazione nelle due ipotesi va individuata nell'esisten

za della riserva negli interventi svolti in via ordinaria e nella ne

cessità, nei casi di interventi imprenditoriali, della concessione della

c.d. autonomia funzionale. In sostanza, nel caso di riserva, le

operazioni portuali debbono svolgersi previo l'avviamento delle

compagnia lavoratori portuali ed eseguite attraverso le sue mae

stranze. Viceversa, nell'ipotesi dell'art. Ili, 1° comma, l'orga nizzazione, direzione, coordinamento e controllo delle operazioni

spetta all'impresa che deve, tuttavia, servirsi delle maestranze co

stituite nelle compagnie o nei gruppi. Occorre tuttavia precisare che, in ogni caso, sia nell'ipotesi ri

servata che in quella relativa all'attività imprenditoriale in con

cessione, l'operazione portuale — ed il tenore della legge è indub

bio — va intesa in senso restrittivo e cioè limitatamente alla fase

esecutiva delle operazioni di sbarco, imbarco, trasbordo e deposi to delle merci nei porti e, cioè, in quelle attività in cui necessita

l'impiego di prestazioni umane e manuali.

Conseguentemente, se è vero che la legge vieta l'impiego di

maestranze diverse da quelle costituite in compagnie per l'esecu

zione materiale delle operazioni portuali, tanto da punire l'inos

servanza del divieto (art. 1172 c. nav.), è altrettanto certo che

ciò presuppone la necessità dell'impiego della mano d'opera, per cui non è necessario richiederla quando l'esecuzione di tali opera zioni sia del tutto meccanizzata o quando non si debba ricorrere

all'intervento manuale delle maestranze portuali e cioè quando non sia utilizzabile in concreto.

E) Nel merito. — È assolutamente infondata l'affermazione

delle società convenute secondo cui le loro navi traghetto si tro

vano, tipicamente, in una situazione di autonomia funzionale per cui non v'è spazio per le prestazioni della compagnie lavoratori

portuali per la movimentazione e, quindi, non si pone nemmeno

il problema della riserva.

Invero — come più volte richiamato — la dispensa dell'osser

vanza dell'obbligo di legge di eseguire le operazioni portuali (nel l'eccezione sopra indicata) a mezzo delle maestranze, costituite

in compagnie lavoratori portuali o gruppi, può avvenire solo at

traverso un atto, con imputazione soggettiva e non generalizzata, del ministro della marina mercantile, atto che deve essere adegua tamente motivato e che nella specie, difetta del tutto.

Né gli utenti possono procedere autonomamente, in presenza di operazioni portuali la cui esecuzione sia riservata.

Nel caso che qui interessa — e la stessa richiesta della Tirrenia

s.p.a. di avviamento di lavoratori al di fuori della riserva portua

le, cosi come l'intendimento della Toremar s.p.a. di non servirsi

più dei portuali, presuppone, al contrario, l'occorrenza di presta zioni di forza lavoro — è emerso che, nel c.d. traffico gommato, sussistono operazioni le quali certamente implicano l'impiego della

forza lavoro.

Infatti, è stato accertato che sulle navi della Tirrenia vengono effettuate normalmente, per ragioni di sicurezza, operazioni di

rizzaggio, che inoltre anche per la Toremar vengono movimentati

semirimorchi, roulotte, carrelli con barche che necessitano di spo stamenti a mano, oltre al rizzaggio e derizzaggio.

Priva di rilievo e contrastante, sia con le norme di legge che

con la realtà, è poi l'affermazione della Tirrenia s.p.a. secondo

cui il rizzaggio e derizzaggio sarebbero «operazioni marinaresche», rientranti nei compiti dei marittimi.

Invero, l'operazione marinaresca, nel senso di «operazione nau

tica» indicata nel d.m. 6 gennaio 1989 nel cpv. 2, n. 5, si presen ta come un'attività estranea alla nozione di operazione portuale

riservata, che come tale viene riconfermata (né potrebbe essere

diversamente vigente l'art. 110 c. nav.) rientrare nel diritto delle

maestranze portuali di eseguire.

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343 PARTE PRIMA

Quindi, l'operazione nautica è al di fuori delle specifiche ope razioni di imbarco e sbarco e non può che riguardare ed indivi duare l'attività prettamente attinente i servizi tecnici della nave e quelli più specifici della navigazione, la cui esecuzione è sicura mente riservata all'equipaggio.

D'altronde, come risulta dal documento 18 febbraio 1989 pro dotto, gli stessi lavoratori della Tirrenia imbarcati sulla M/N

«Campania» hanno rifiutato lo svolgimento delle operazioni di imbarco e sbarco, rizzaggio e derizzaggio degli automezzi, perché riservate alle maestranze portuali e non rientranti, in ogni caso, nella competenza dell'equipaggio secondo quanto previsto dal c.c.n.l.

Ma anche se tale compito fosse previsto dalla normativa collet tiva come servizio di competenza dell'equipaggio — vigente l'art. 110 c. nav. — essa sarebbe illegittima e come tale andrebbe disat tesa ed annullata.

F) Presupposti del provvedimento d'urgenza. — Come è stato

sopra precisato la situazione giuridica dedotta in giudizio è quali ficabile sicuramente come diritto soggettivo che il codice della

navigazione vigente riserva ai ricorrenti, maestranze portuali. Ta le diritto è indubbiamente minacciato dalle richieste delle società

convenute, durante il tempo necessario allo svolgimento del giu dizio ordinario, pur in presenza delle norme sul processo del la voro. Inoltre, l'esame sommario delle ragioni addotte a sostegno della domanda ne dimostra la loro fondatezza e certo il pregiudi zio alle loro posizioni lavorative, non solamente con riferimento alla loro sfera patrimoniale, in cui il danno verificatosi è di fatto

irreparabile, attesa l'impossibilità di determinarne a posteriori i

suoi presupposti, quali le unità non movimentate nonché le situa zioni in cui la mano d'opera portuale non è stata utilizzata, ma anche con riferimento all'interesse dei lavoratori, dal punto di vista costituzionale, a veder garantito il loro diritto allo svolgi mento del lavoro alle condizioni stabilite dalla legge.

G) Nessun valore — allo stato degli atti — presenta per la controversia il presunto accordo stipulato in data 17 marzo 1989

presso il ministero della marina mercantile. Innanzi tutto esso ha valore esclusivamente programmatico da

utilizzare quale strumento nella predisposizione del nuovo ordi namento portuale.

In secondo luogo risulta chiaramente che la sigla delle organiz zazioni sindacali ha esclusivamente un valore tecnico, nel senso che la sua approvazione è rimessa ai lavoratori portuali interessa

ti, che l'hanno respinto, cosi come hanno confermato in giudizio i ricorrenti presenti.

In ogni caso, non trattasi di accordo collettivo ai sensi degli art. 2067 e 2069 ss. c.c. essendo chiaro che esso è intervenuto esclusivamente tra ministro e organizzazioni sindacali, mentre non vi hanno partecipato i rappresentanti degli utenti, datori di lavoro.

II

(Omissis). Lamentano i ricorrenti che, a fronte delle norme con tenute nella 1. 26/87 e della circolare n. 91 del 30 settembre 1988 del ministero della marina mercantile ne sia stata data e si preten da farne un'interpretazione illegittima.

Giustamente, le società convenute richiamano l'impugnativa pre sentata avanti il Tar della Toscana, avverso il decreto n. 23 del 1988 dell'autorità marittima di Livorno e n. 2 del 1989 della dire zione marittima stessa, ma ne traggono, viceversa, delle errate conclusioni.

Invero, in primo luogo, va ricordato che, nella specie, i predet ti decreti sono stati impugnati dalla compagnia lavoratori portua li non dai ricorrenti. Né appare sostenibile, attese le diverse fina

lità, affermare che la compagnia lavoratori portuali abbia un in teresse coincidente con quello dei ricorrenti. Può anche darsi che tale coincidenza possa verificarsi in concreto, ma, allo stato, essi sono portatori di due interessi contrapposti (rapporto associativo

rapporto di lavoro subordinato), contrapposizione ulteriormente accentuatasi a seguito della costituzione in giudizio del commis sario. In secondo luogo il giudice è stato invocato per procedere all'interpretazione di norme di legge, cui è stata data diversa va

lenza, con conseguente assunta violazione di diritti soggettivi. Né può essere revocato in dubbio che l'interpretazione delle

norme di legge sia compito riservato esclusivamente al giudice. Quindi la controversia riguarda l'art. 14 1. 13 febbraio 1987 n. 26 che ha convertito in legge con modificazioni il d.l. 17 dicem bre 1986 n. 873 e che recita: «L'avviamento dei lavoratori per l'esecuzione delle operazioni portuali è effettuato, da parte delle

compagnie e dei gruppi, per singoli turni o per periodi predeter minati sulla base delle richieste degli enti o imprese che esercisco

II Foro Italiano — 1990.

no le operazioni stesse» (4° comma) e «I lavoratori avviati sono tenuti a prestare la loro attività lavorativa per tutta la durata dell'orario giornaliero e possono essere impiegati, in tutto o in

parte, per operazioni, su navi, calate o piazzali anche diversi da

quelli per i quali è stata fatta la chiamata» (6° comma).

Questa è la norma positiva di cui occorre determinare l'esatto

significato. È indubbio che la legge 26 ha introdotto accanto alla tradizio

nale forma di chiamata «per turno», un ulteriore tipo di chiama

ta denominata «per periodi predeterminati». Ed è altrettanto cer to che, in questa seconda ipotesi, è l'utilizzatore, sia esso un ente od un impresa, che vi provvede sulla base delle necessità di orga nizzazione operativa interna. È, quindi, evidente come la previ sione di tale nuovo modo di utilizzazione delle prestazioni dei

lavoratori portuali, legato alle necessità degli utenti, comporti la

necessità di una diversa organizzazione interna della compagnia lavoratori portuali, conseguente alla possibile e diversa professio nalità richiesta alle maestranze e, nello stesso tempo, una diversa struttura tariffaria.

Viceversa, nulla può ritenersi — né risulta dalla legge — muta to con riferimento all'avviamento per singoli turni.

In sostanza, solo con riferimento alla chiamata a tempo prede terminato sussiste innovazione e conseguentemente la necessità di procedere a diversa determinazione della tariffa da parte della direzione marittima competente, attesa la diversa incidenza di ta le tipo di avviamento sull'operazione portuale. Ed è chiaro che la disposizione dell'art. 14, 4° comma, 1. n. 26 ripropone la du

plicità di posizione che è possibile individuare nell'esecuzione del le operazioni portuali: attività riservate ed attività svolte in auto nomia funzionale dalle imprese (compresa la compagnia lavora tori portuali-impresa).

Ritiene, perciò, il giudice che la realtà delle pretese dei ricor renti comporti l'esame della 1. n. 26 e delle disposizioni ivi conte nute con riferimento alla chiamata a tempo predeterminato, e

quindi all'attività lavorativa da fornire obbligatoriamente da par te delle maestranze ricorrenti e alla sua retribuzione — anche alla luce dell'art. 36 Cost., come richiesto in ricorso — con riferimen to alle richieste inoltrate dalla Sinterman e dalla Delta Uno.

Sostengono, inoltre, le società Sinterman e Delta Uno che, aven do esse proposto regolamento di giurisdizione innanzi alla Corte di cassazione, il presente procedimento va sospeso in attesa della

pronuncia su tale questione. La sospensione prevista dall'art. 367 c.p.c., in seguito alla pro

posizione del regolamento di giurisdizione riguarda espressamen te solo il giudizio di merito e non anche le misure cautelari e

quindi non è applicabile alla presente fattispecie. Tuttavia, ritenuta ammissibile l'istanza per regolamento pre

ventivo di giurisdizione nella fase cautelare anteriore all'emana zione del provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., rimane sal va la facoltà del giudice di autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti.

Tali atti, nella specie, consistono nella necessità di conservare la situazione di fatto esistente e sulla cui portata è sorta contro versia.

Occorre, infatti, evitare che la prolungata sospensione della cau

sa, in attesa della decisione delle sezioni unite della Cassazione, produca un irreparabile pregiudizio alle ragioni dei ricorrenti, con la conseguenza possibile che la successiva decisione del giudice adito sia inutiliter data.

B) Incompetenza. — Sostengono le parti convenute che le pre stazioni richieste non sono state ancora rese e conseguentemente non si è concretizzata la chiamata a tempo predeterminato e, quin di, mancano i presupposti che radicano la competenza del magi strato del lavoro.

Asseriscono, poi, che molti dei ricorrenti non sono stati mai chiamati a tempo predeterminato.

È evidente che tale ultima questione inerisce direttamente al merito della causa, atteso che solo nel momento della decisione

potrà stabilirsi l'esistenza o meno del diritto vantato dai singoli ricorrenti.

Per quanto riguarda, invece, la prima questione essa è chiara mente infondata. Infatti, nel momento in cui le due società han no richiesto alla compagnia lavoratori portuali di avviare al lavo ro maestranze a tempo predeterminato è sorto l'obbligo dei lavo ratori di presentarsi alla chiamata ed al lavoro ai sensi dell'art. 159 c. nav. e punto 5 dell'art. 14 1. 26/87.

Risulta, quindi, agevole richiamare l'ambito di operatività del l'art. 409 c.p.c. che offre tutela ad ogni situazione giuridica sog gettiva, anche a contenuto non patrimoniale, inerente a rapporti di lavoro subordinato, quali quelli che si instaurano con le imprese.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Inoltre, l'operatività della norma si estende in maniera da com

prendere qualsiasi controversia fatta valere in giudizio che si ri

colleghi non solo ad un rapporto in atto ma anche estinto oppure da costituirsi, come quando si fanno valere diritti all'assunzione al lavoro o il diritto a rendere le proprie prestazioni alle condizio ni di legge o contrattuali.

C) Difetto di legittimazione ad agire: è affermato dai convenu

ti sotto il profilo della legitimatio ad causarti, in quanto è solo la compagnia lavoratori portuali che presta il servizio alle impre se utenti e diviene creditrice del compenso relativo.

La titolare del diritto di credito è Erettamente la compagnia lavoratori portuali la quale riceve il pagamento per le prestazioni effettuate dai soci lavoratori, è la compagnia lavoratori portuali che emette la fattura all'impresa utente, contabilizza le somme

incamerate e che agirebbe per l'adempimento coattivo per crediti.

Quindi, si conclude, i ricorrenti non possono far valere pretese creditorie di cui è titolare esclusivamente la compagnia lavoratori

portuali (tesi delle società convenute). La legitimatio ad causarti, o legittimazione ad agire, è una condizione dell'azione ad indivi

duare il diritto potestativo di un soggetto ad ottenere non già una sentenza favorevole, ma una decisione di merito e si risolve,

perciò, nelle titolarità del potere di promuovere un giudizio in

ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, indipendentemente dalla questione dell'effettiva titolarità attiva (o passiva) del rap

porto controverso, risolvendosi essa in una questione di merito.

In sostanza, la legitimatio ad causam costituisce il presupposto

per ottenere dal giudice la trattazione del merito della causa, in

dipendentemente dal suo esito finale.

D) Presupposti del provvedimento d'urgenza. — Nella fattispe cie portata all'esame di questo giudice, a fronte di una situazione

giuridica dedotta come diritto soggettivo, difetta, ictu oculi —

come sostenuto dalla Sinterman s.r.l. e dalla Delta Uno s.r.l. —

la possibilità del verificarsi di un danno grave ed irreparabile, in mancanza del quale non è possibile procedere all'applicazione dell'art. 700.

Infatti, sicuramente, i danni conseguenti alla chiamata a tempo

predeterminato secondo le modalità ritenute dalle imprese richie

denti, comportano esclusivamente la possibilità di danni materia

li, sicuramente determinabili nel loro ammontare e, quindi, risar

cibili. Invero, non può essere revocato in dubbio che tutte le presta

zioni rese sarebbero fatturate e, quindi, ogni eventuale danno po trebbe essere con certezza determinato ed azionato con successivo

giudizio, al fine di ottenere ristoro con un'idonea reintegrazione

patrimoniale.

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Assunzioni obbli

gatorie — Quota d'obbligo — Computabilità degli invalidi in

terni — Esclusione — Questione manifestamente infondata di

costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 4, 35, 38, 41; 1. 2 aprile 1968

n. 482, disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private, art. 11; d.l. 12 settembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia previden ziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, di

sposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e pro

roga di taluni termini, art. 9; 1. 11 novembre 1983 n. 638, con

versione in legge, con modificazioni, del d.l. 12 settembre 1983

n. 463, art. unico).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale, in riferimento agli art. 2, 3, 4, 1° comma, 35, 1° com

ma, 38, e 41 Cost., dell'art. 11, 1° comma, 1. 482 del 1968 e

dell'art. 9, 3° comma, d.l. 463 del 1983, convertito, con modifi

cazioni, nella 1. 638 del 1983, nella parte in cui escludono gli invalidi divenuti tali nel corso del rapporto dal computo della

aliquota complessiva dei lavoratori da assumere attraverso il col

locamento obbligatorio, e, rispettivamente, includono in tale com

puto i soli invalidi non per causa di lavoro o di servizio con un

grado di invalidità non inferiore al 60 per cento. (1)

Corte costituzionale; ordinanza 23 gennaio 1990, n. 16 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 31 gennaio 1990, n. 5); Pres.

Saja, Est. Borzellino; Soc. Birra Peroni industriale (Aw. Forna

II Foro Italiano — 1990.

rio, Silvetti, Vaccarella) c. Ufficio prov. del lavoro e della massi ma occupazione di Roma; imp. Benedetti; interv. Pres. cons, mi nistri. Ord. App. Roma 8 marzo 1988 (G.U., la s.s., n. 37 del

1989); Pret. Perugia 23 maggio 1989 (G.U., la s.s., n. 40 del 1989).

(1) L'ordinanza di rimessione App. Roma 8 marzo 1988-19 gennaio 1989 (pervenuta alla corte il 24 agosto 1989) si può leggere in Foro it., 1989, I, 1583, con nota di richiami.

La manifesta infondatezza della questione era già stata dichiarata dalla corte (anche se con riferimento agli art. 3, 4, 41 Cost.) con ord. 25 mag gio 1989, n. 296, ibid., 2343.

* * *

L'ordinanza è cosi' motivata: Ritenuto che con due ordinanze emesse

rispettivamente l'8 marzo 1988 dalla Corte d'appello di Roma (r.o. n.

408) e il 23 maggio 1989 dal Pretore di Perugia (r.o. n. 434) è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, 1° comma, 1. 2 aprile 1968 n. 482 (disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private) e dell'art. 9, 3° comma, d.l. 12 settembre 1983 n. 463 (misure urgenti in materia previ denziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizio ni per vari settori della pubblica amministrazione e proroghe di taluni

termini) come sostituito dalla legge di conversione 11 novembre 1983 n. 638 nella parte in cui consentono il computo nelle categorie protette dei lavoratori invalidi già occupati nell'impresa, a condizione che l'invalidità non dipenda da causa di lavoro o di servizio e che comunque il suo grado non sia inferiore al sessanta per cento, per contrasto con gli art. 2, 3, 4, 1° comma, 35, 1° comma, 38 e 41 Cost.;

che nel giudizio di cui alla prima ordinanza è intervenuta la s.p.a. Birra

Peroni, rappresentata e difesa dagli avv. Emanuele Fornario, Carlo Sil vetti e Romano Vaccarella, con richiesta di accoglimento della questione;

che in entrambi i giudizi è intervenuto il presidente del consiglio dei

ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, chie dendo che quanto sollevato sia dichiarato non fondato;

che trattandosi di identica questione i giudizi vanno riuniti per formare

oggetto di un'unica pronuncia. Considerato che la corte ha già avuto modo di rilevare come sia ben

diversa la posizione dei lavoratori assunti in via ordinaria e successiva mente divenuti invalidi, il cui rapporto di lavoro è assistito da specifiche normative, rispetto a quella dei lavoratori già minorati nella loro capacità lavorativa e assistiti, perciò, dalle disposizioni sulle assunzioni obbligato rie; e d'altra parte, quanto ai principi intesi a preservare l'iniziativa eco nomica da restrizioni abnormi nelle scelte operative del relativo svolgi mento, applicandosi le percentuali di legge nei loro originari contenuti, verrebbero a ingenerarsi, per contro, ingiustificati squilibri in ordine agli obblighi del datore di lavoro;

che non si ravvisano ulteriori o diversi argomenti per discostarsi da

quanto già affermato. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2° comma,

delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; per questi motivi la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara la

manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del l'art. 11, 1° comma, 1. 2 aprile 1968 n. 482 (disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende

private) e dell'art. 9, 3° comma, d.l. 12 settembre 1983 n. 43 (misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della

spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazio ne e proroghe di taluni termini) come sostituito dalla legge di conversione 11 novembre 1983 n. 638, in riferimento agli art. 2, 3, 4, 1° comma, 35, 1° comma, 38 e 41 Cost., sollevata dalla Corte d'appello di Roma e dal Pretore di Perugia con le ordinanze in epigrafe.

Pensione civile, militare e di guerra — Dipendente statale di sesso

maschile dimissionario, coniugato o con prole — Anzianità mi

nima per diritto alla pensione — Beneficio dell'aumento del

servizio effettivo sino al massimo di cinque anni — Omessa

previsione — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art.

3, 29, 31, 37, 51; d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092, t.u. delle

norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato, art. 42).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

42, 3° comma, d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092, nella parte in

cui non prevede che spetti anche al dipendente statale di sesso

maschile dimissionario, coniugato o con prole a carico, ai fini

del compimento dell'anzianità minima necessaria per maturare

il diritto a pensione, un aumento del servizio utile sino ad un

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