ordinanza 17 ottobre 1988; Giud. istr. Del Core; Soc. Laboratorio farmaceutico C.T. (Avv.Cataldo, Ferrari) c. Soc. Cyanamid Italia e American Cyanamid Co. (Avv. Salanitro, Libonati,Verusio)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 227/228-233/234Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183755 .
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PARTE PRIMA
lavoratore licenziato... viene... riconosciuta, in corrispondenza con
la sua presunta volontà, una posizione attiva, di attesa collabora
tiva e di disponibilità alla ricostruzione fattuale del rapporto in
tutta la sua originaria completezza e normalità, solo che di tanto
pervenga invito». Di modo che può affermarsi che «nel disegno del legislatore il coinvolgimento del lavoratore nel processo volto
alla sua reintegrazione prende le mosse dalla previsione che un
suo permanente atteggiamento di prontezza a mettere le proprie
energie lavorative a disposizione del datore di lavoro, renitente
ad utilizzarle, sia sufficiente a legittimare la corresponsione di
un compenso», giustamente qualificato «retribuzione» ed alla stessa
commisurato, in virtù del principio della «corrispondenza biuni
voca» tra retribuzione e lavoro, «lavoro se non effettivamente
utilizzato, effettivamente posto a disposizione per la sua utilizza
zione»; il quid novi della disciplina in esame consistendo non
solo e non tanto in tale ultima equiparazione (già giustificabile ex art. 1206 c.c.), quanto e altresì', sul piano strettamente proces
suale, nell'esonero del lavoratore dall'onere di provare la propria
disponibilità a riprendere il servizio che si presume sino a prova contraria da parte del datore di lavoro, il quale, inoltrando l'invi
to formale alla ripresa del servizio e provocando il vaglio di una
accettazione o di un rifiuto da parte del lavoratore, può eviden
ziare l'eventuale assenza nella controparte della disponibilità alla
reintegrazione. Sulla scorta di tali ampie ed esaurienti considerazioni, venendo
al problema specifico della sorte dell'obbligazione retributiva fa
cente carico al datore di lavoro ex art. 18, 2° comma, dopo la
caducazione — ad opera della sentenza di riforma di secondo
grado — dell'accertamento pretorile relativo alla illegittimità del
licenziamento e, quindi, dopo il venir meno dello stesso ordine
di reintegrazione, le sezioni unite hanno tratto le seguenti conse
guenze: a) «per il periodo di tempo intercorrente tra la prima
pronuncia, accertativa della illegittimità del licenziamento, e la
sentenza di secondo grado, di segno contrario, la obbligazione di pagamento delle correlative retribuzioni via via maturate, se
non soddisfatte anteriormente alla seconda pronuncia, potrà es
sere fatta valere successivamente anche in separato giudizio, ma
non più in sede esecutiva ed allegando un titolo esecutivo ormai
rimosso e posto nel nulla, bensì' in sede cognitoria ed allegando la situazione di fatto sopra descritta in quanto produttiva degli effetti indicati dall'art. 2126 c.c.» (retribuibilità della prestazione di fatto dell'attività lavorativa — intesa anche come mera dispo nibilità alla ripresa del servizio — risultata in seguito carente di
titolo stante la legittimità del licenziamento); b) non spetta, inve
ce, al lavoratore «il pagamento di retribuzioni correlative a perio di di tempo successivi alla pronuncia della sentenza con cui, in
riforma di quella pretorile, sia stata riconosciuta la legittimità e validità del licenziamento», in quanto, in presenza di un siffat
to accertamento non soltanto è impensabile che il lavoratore li
cenziato possa ritenersi ancora in aspettativa di un invito alla
ripresa del servizio non rivoltogli nemmeno nella vigenza dell'or
dine di reintegrazione; ma, quel che più conta, non è sostenibile
che possa continuare ad operare la previsione normativa relativa
alla equiparazione fattuale della utilizzabilità alla utilizzazione ef
fettiva delle prestazioni del lavoratore; equiparazione che pur sem
pre, nell'unitario disegno legislativo, trova il suo pieno fondamento
nella ritenuta invalidità della interruzione del rapporto di lavoro
per unilaterale recesso dell'imprenditore; di modo che, «rimosso
quell'apprezzamento negativo in ordine al recesso, viene anche
meno la giustificazione per la ulteriore tutela di una protratta situazione di disponibilità a rispondere positivamente ad un —
ormai altamente improbabile — invito alla ripresa del servizio», ed «il rischio della aspettativa di siffatto invito, oltre la data del
la pronuncia di riforma in appello, non potrà che essere assunto
a proprio carico dal lavoratore licenziato».
Da ultimo, in ordine al problema della ripetibilità delle somme
corrisposte al lavoratore a titolo di retribuzioni ex art. 18 dello
statuto, la Suprema corte — con la sentenza a sezioni unite in
esame — ha ribadito, innanzitutto, che soltanto dopo il passag
gio in giudicato della sentenza di riforma è consentito provvedere alle eventuali restituzioni di quanto conseguito in forza della sen
tenza riformata e che non sono comunque ripetibili le retribuzio
ni versate al lavoratore effettivamente reintegrato nel suo posto,
pur dopo il definitivo accertamento della legittimità del licenzia
mento, soccorrendo al riguardo la tutela delle prestazioni di fatto
prevista dall'art. 2126 c.c. (affermazioni queste già contenute nella
precedente sentenza n. 1669/82 delle sezioni unite); con l'ulterio
II Foro Italiano — 1989.
re osservazione però, che la irripetibilità «è invocabile anche e
sin quando — non ancora intervenuta la sentenza di riforma —
la disponibilità del lavoratore alla ripresa del servizio concreta
una situazione di fatto che non può rimanere priva di copertura retributiva perché giustificata, per conseguenzialità dell'ordine pre
torile di reintegrazione, a prescindere dall'essere quest'ultimo giusto ed ingiusto». In definitiva, la ripetibilità risulta limitata a quanto dal lavoratore percepito a titolo di retribuzioni relative a periodi di tempo successivi alla sentenza di riforma, riprendendo vigore — una volta esclusa la invocabilità del disposto dell'art. 2126
c.c. — i principi ordinari che regolano l'indebito oggettivo ex
art. 2033 c.c.
Tale essendo l'odierno pensiero delle sezioni unite della Cassa
zione e non ritenendo questo tribunale di doversene discostare,
si deve concludere per la fondatezza dell'appello della Fiat auto
spa avverso la sentenza del Pretore di Cassino del 6 maggio 1985
che — sulla scorta del precedente indirizzo giurisprudenziale do
minante — ha ritenuto l'arbitrarietà della interruzione del paga mento delle retribuzioni al Caira dopo la sentenza di secondo
grado del 4 luglio 1984, riformatrice di quella che aveva dichiara
to l'illegittimità del licenziamento dell'anzidetto lavoratore; con
la ulteriore conseguenza, stante il passaggio in giudicato della sen
tenza di riforma (v. sentenza n. 7719/86 della Corte di cassazione
(id., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), n. 2171) prodotta in
fotocopia dal procuratore della società appellante), che l'appella to Caira deve essere condannato alla restituzione in favore della
Fiat di quanto gli è stato corrisposto a far data da tale pronuncia
(e cioè dal 4 luglio 1984) in forza della sentenza del Pretore di
Cassino del 6 maggio 1985.
Sussistono validi motivi di opportunità per dichiarare intera
mente compensate tra le parti le spese di questo grado del giudi
zio, all'epoca della instaurazione del quale dominava ancora
l'indirizzo giurisprudenziale favorevole all'appellato; per la me
desima ragione, vanno invece confermate le statuizioni sulle spe se contenute nella sentenza di primo grado.
TRIBUNALE DI CATANIA; ordinanza 17 ottobre 1988; Giud.
istr. Del Core; Soc. Laboratorio farmaceutico C.T. (Avv. Ca
taldo, Ferrari) c. Soc. Cyanamid Italia e American Cyana mid Co. (Avv. Salanitro, Libonati, Verusio).
TRIBUNALE DI CATANIA;
Provvedimenti di urgenza — Concorrenza sleale — Pubblicazio
ne di notizie false circa la copertura brevettuale del prodotto — Inibitoria — Ammissibilità — Fattispecie (Cod. civ., art.
2598; cod. proc. civ., art. 700). Concorrenza (disciplina della) — Concorrenza sleale — Vendita
di specialità medicinali in preparazioni e confezioni non auto
rizzate dal ministero della sanità — Sussistenza (Cod. civ., art.
2598).
Va accolta la richiesta di provvedimento cautelare urgente avan
zata da chi lamenti la slealtà concorrenziale derivante dalla pub blicazione di notizie tendenti a far credere che un dato prodotto sia oggetto di un valido diritto di esclusiva (nella specie, si trat
tava di un farmaco per il quale era stata presentata, in Italia, domanda di brevetto, inaccoglibile per difetto del requisito del
la novità). (1)
(1) In tema di rapporti tra gli istituti di brevetto per invenzioni indu striali e concorrenza sleale, si conviene costituisca atto illecito la pubbli cazione di notizie, da parte del fabbricante di un determinato prodotto, tendenti a far credere che lo stesso sia coperto da un brevetto (v. Trib. Milano 30 settembre 1982, Foro it., Rep. 1985, voce Concorrenza (disci plina della), n. 38) e rivolte ai possibili acquirenti (anche in quest'ultimo caso, come in quello cui si riferisce la pronunzia in epigrafe, si trattava di diffida pubblicata su riviste mediche), con la conseguenza di innescare fondato timore negli operatori del settore e di indurli a non acquistare il prodotto, al fine di evitare sanzioni giudiziarie; timore che implica per dite economiche ingiustificate sia per gli operatori sia per la società con
corrente, quando il brevetto invocato risulti non valido (v. Cass. 10 gennaio 1986, n. 69, id., Rep. 1986, voce cit., n. 129, e in Società, 1986, 508,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La vendita di specialità medicinali in preparazioni e confezioni non autorizzate dal ministero della sanità costituisce di per sé
atto concorrenziale illecito per contrarietà ai principi di lealtà
e correttezza commerciale. (2)
Fatto. — Con ricorso in data 25 maggio 1988 ex art. 700 c.p.c. la srl Laboratorio farmaceutico C.T. sedente in Sanremo — pre messo che con citazione dei giorni 4 e 9 maggio precedenti aveva
proposto, tra l'altro, azione di concorrenza sleale contro la Cya namid Italia spa e l'American Cyanamid Company per avere fat
to pubblicare sul n. 6 dell'anno 1988 del periodico quindicinale Il Giornale del Farmacista un annuncio a piena pagina contenen
te una diffida diretta a bloccare l'immissione nel mercato da par te d'imprese concorrenti del prodotto Piperacillina asseritamente
oggetto di un loro diritto di privativa — lamentava che le conve
nute avevano ripetuto l'annuncio-diffida, nel chiaro intento di
ampliarne la diffusione, su alcuni numeri (il 19, il 29 ed il 31
del 1988) del periodico bisettimanale II Medico d'Italia avente
una tiratura annua di 260.000 copie.
Esponeva che la diffida — chiaramente diretta ad essa ricor
rente, unica in Italia, dopo la Cyanamid, ad avere ottenuto dal
ministero della sanità l'autorizzazione a vendere il prodotto «Pi
cillin» a base di piperacillina, e già destinataria di altre diffide inviatele per lettera dagli agenti brevettuali della predetta società — si basava sul falso presupposto dell'esistenza di un diritto di
brevetto delle convenute sulla piperacillina sodica, in realtà for
mante oggetto del brevetto n. 1.106.866 della società giapponese
Toyama Chemical Co.Ltd — di cui la Cyanamid è licenziataria — da ritenersi nullo perché privo del requisito della novità in
quanto la relativa domanda era stata depositata il 9 agosto 1978
con nota di Castellana). In tal caso, è ammissibile la concessione di
un provvedimento ex art. 700 c.p.c. mirante ad inibire la pubblicazione di siffatte notizie (v. Pret. Roma 12 maggio 1986, Foro it., 1987, I, 2900, e in Riv. dir. ind., 1987, II, 79, con nota di Franceschelli; Pret. Roma
28 novembre 1985, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 141, e in Giur.
merito, 1987, 664, con nota di Nardulli; Trib. Ravenna 18 settembre
1984, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 173), non essendo d'ostacolo alla
sua emanazione l'art. 120 c.p.c., che prevede la pubblicazione solo della
sentenza e non di altri provvedimenti giurisdizionali (v., da ultimo, Pret.
Catania 23 marzo 1983, ibid., n. 178; pacifica sul punto, la dottrina do
minante: v., indicativamente, Ghidini, La concorrenza sleale, in Giur.
sist. dir. civ. e comm. fondata da Bigiavi, Torino, 1982, 357 ss.).
(2) Il problema se la trasgressione di norme pubblicistiche da parte
dell'imprenditore costituisca, o non, atto di concorrenza sleale è stato, ormai da giurisprudenza e dottrina, circoscritto all'ipotesi in cui tale vio
lazione dia luogo ad uno specifico comportamento concorrenziale: regna notevole concordia sul fatto che la violazione di norme pubblicistiche costituisce di per sé atto di concorrenza sleale solo in quanto concorra
alla realizzazione di una condotta professionalmente scorretta: condotta
che si riscontra quando, con la trasgressione della norma amministrativa
cogente, sia stata posta in essere, o comunque con essa coesista, una
lesione del diritto soggettivo del concorrente, con il risultato di realizzare
una necessaria coincidenza degli interessi protetti sia attraverso le norme amministrative che attraverso l'art. 2598 c.c. (v. App. Bologna 31 luglio
1984, Foro it., Rep. 1986, voce Concorrenza (disciplina della), n. 42; Pret. Verona 22 giugno 1985, id., 1985, I, 2791; Cass. 21 aprile 1983, n. 2743, id., 1983, I, 1864, con nota di Pardolesi; 8 maggio 1978, n.
2220, id., 1978, I, 2203, e in Giust. civ., 1978, I, 1664, con nota di Al
gardi. In dottrina, per quanto riguarda i problemi connessi alla soluzio
ne della equazione «violazione di norme pubblicistiche = concorrenza
sleale», v. Ghidini - Hassan, Diritto industriale, commentario, Milano, 2 ed., 1988, 571 ss.; Auletta - Mangini, Marchio, diritto d'autore sulle
opere d'ingegno, in Commentario Scialoja - Branca, Bologna-Roma, 1977, 160 ss.).
Tale soluzione ha sostanzialmente scalzato quella c.d. punitiva, che:
a) si fondava sul principio secondo cui la concorrenza sleale può essere
repressa indirettamente attraverso norme penali ed amministrative, che
disciplinano l'attività professionale prescindendo da una determinata con
dotta (v. Cass. 23 febbraio 1976, n. 582, Foro it., 1976, I, 2429; Trib.
Torino 11 dicembre 1976, id., Rep. 1978, voce cit., n. 181); b) riteneva
sleale l'attività di chi si procura un vantaggio sui concorrenti attraverso
atti vietati (v. Cass. 11 ottobre 1960, n. 2644, id., Rep. 1960, voce cit., n. 83; 28 marzo 1960, n. 646, ibid., n. 82; 5 agosto 1960, n. 2308, ibid., n. 84). In dottrina, v. Auletta, Violazione di norme di diritto pubblico e slealtà della concorrenza, in Giust. civ., 1958, I, 1562.
Il Foro Italiano — 1989.
dopo che altra identica domanda di brevettatone della stessa Toya ma era stata pubblicata in Francia nel maggio del 1975. Soggiun
geva che di tutto ciò le convenute erano chiaramente consapevoli
per come provato dalla circostanza che nelle diffide in discorso
non veniva fatta menzione del precennato brevetto Toyama, ben
sì di altri due brevetti relativi a procedimenti di preparazione del
la piperacillina. Rilevava, a sostegno della sussistenza di un
pregiudizio irreparabile, che l'annuncio si chiudeva con la minac
cia di azioni legali «per reprimere qualsiasi violazione dei diritti di esclusiva della American Cyanamid Co.», onde appariva fon
dato il timore che gli operatori del settore farmaceutico cui esso
era rivolto si astenessero dall'acquistar e il prodotto Picillin al fi
ne di evitare sanzioni giudiziarie, con conseguente gravissimo danno
per essa ricorrente sobbarcatasi ad ingenti spese per la registra
zione, la fabbricazione e lo smercio del preparato. Chiedeva, per
tanto, che il giudice istruttore inibisse in via d'urgenza alle
convenute la diffusione a mezzo stampa o attraverso altri canali, di notizie tendenti a far credere che la piperacillina fosse oggetto di un loro diritto di privativa, disponendo la pubblicazione del
l'emanando provvedimento.
Disposta la comparizione delle parti, le resistenti chiedevano
il rigetto delle avversarie pretese in quanto poggianti su un asser
to — l'invalidità del brevetto Toyama — del tutto inveritiero e
comunque assolutamente indimostrato. Replicavano che l'annun
cio fatto pubblicare, oltre a contenere soltanto affermazioni veri
tiere (owersia che l'Avocin è un prodotto a base di piperacillina fabbricato in forza di due brevetti di cui è titolare la Cyanamid), nonché una diffida (a non utilizzare gli insegnamenti coperti dal
le citate privative) e due avvertimenti (riguardanti, l'uno, il sup
porto tecnologico al suindicato prodotto farmaceutico, e l'altro
l'intenzione dei titolari dei diritti di esclusiva di tutelarsi dalla
loro violazione) perfettamente legittimi, era formulato in termini
talmente generici da non determinare, neppure in modo potenzia
le, alcun apprezzamento negativo sul conto di qualsiasi leale con
corrente, ed in particolare sulla società ricorrente peraltro non
la sola a violare i brevetti in questione. Le stesse resistenti, con ricorso del 19 luglio successivo, lamen
tavano che il Laboratorio farmaceutico C.T. aveva posto in com
mercio il prodotto Picillin con la falsa indicazione che questo era iniettabile anche per via endovenosa laddove il decreto di au
torizzazione del ministero della sanità faceva riferimento ad una
iniettabilità esclusivamente per via intramuscolare del detto pre
parato. Ritenendo doversi ravvisare in un tale comportamento gli estremi
della concorrenza sleale giacché solo la specialità medicinale di
loro fabbricazione poteva essere iniettata anche per via endove
nosa e sottolineando che a causa del conseguenziale sviamento
della clientela incombeva su di esse un grave ed irreparabile pre
giudizio economico, chiedevano che il giudice istruttore, ai sensi
dell'art. 700 c.p.c., inibisse all'attrice la reclamizzazione e la com
mercializzazione del Picillin come prodotto somministrabile an
che per via endovenosa.
Diritto. — Riveste carattere pregiudiziale ai fini della verifica
del fumus del diritto vantato dalla ricorrente rispetto al quale si denuncia l'esistenza di un pregiudizio imminente ed irreparabi le, la risoluzione della questione attinente alla validità del brevet
to italiano n. 1.106.866 della Toyama — di cui la Cyanamid è
licenziataria — avente ad oggetto, per come è pacifico in causa, il preparato farmaceutico denominato piperacillina sodica com
posto da un liofilizzato e da sale sodico.
Sulla base della documentazione di provenienza della parte istan
te, non contestata dalle resistenti, appare sufficientemente prova ta la fondatezza dell'assunto relativo alla nullità per difetto di
novità del brevetto in questione ricalcando la relativa domanda
quella depositata in Francia dalla stessa Toyama in epoca ben
anteriore, e precisamente il 6 maggio 1975.
Dal confronto tra le due domande di brevettazione emerge in
maniera evidente che esse, oltre ad avere identico titolo («Nou
velles pénicillines et céphalosporines, leur procédé de préparation et leur application en thérapeutique», la prima, «Penicilline e ce
falosporine e procedimento per prepararle e applicarle», la se
conda), presentano ben 82 rivendicazioni su 87 del brevetto italiano
perfettamente identiche.
Gli elementi inventivi rivendicati nella domanda di brevetto de
positata in Francia, da ritenersi compresi nello stato della tecnica
in quanto resi accessibili al pubblico, non potevano dunque for
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PARTE PRIMA
mare oggetto di una successiva valida domanda di brevetto atteso
il perentorio disposto dell'art. 14 1. inv.
Orbene, tra i principi inventivi elaborati e descritti nella do
manda più antica e pedissequamente ripetuti in quella presentata
in Italia vi è proprio la piperacillina. Oltre ad essere compresa nella rivendicazione principale 1, iden
tica nelle due richieste di brevettazione, la formula della pipera
cillina (acido 6 - [ D (-) - a - (4 etil - 2, 3 - diosso - 1 - piperazin ocarbonilammino) - fenilacetammido] penicillanico e suoi sali non
tossici), riportata a pagina 1078, numero 7337, della 10a edizione
del Merk Index, è specificamente descritta e rappresentata come
rivendicazione 30 sia nella domanda francese che in quella
italiana. Essendovi pertanto una perfetta corrispondenza fra quanto ri
vendicato nel primo deposito, epperciò costituente conoscenza già
nota, e l'idea inventiva oggetto della domanda di brevettazione
depositata in Italia, ne consegue che quest'ultima non poteva con
siderarsi brevettabile mancando del fondamentale requisito della
novità estrinseca, onde il brevetto (n. 1.106.866) ugualmente con
cesso alla Toyama si appalesa inficiato da nullità perlomeno
parziale. Tanto premesso, l'indagine deve a questo punto concentrarsi
sul tenore letterale dell'annuncio-diffida fatto pubblicare dalle re
sistenti sui periodici II Giornale del Farmacista e II Medico d'Ita
lia ed il cui testo — concretante ad avviso della ricorrente un'ipotesi
di concorrenza sleale per denigrazione — appare opportuno qui
di seguito riportare: «La Cyanamid Italia spa e la American Cya
namid Co. informano gli operatori del settore farmaceutico che
la Piperacillina prodotto antibiotico liofilizzato ad ampio spettro,
nonché un procedimento per la sua preparazione, sono oggetto
dei brevetti italiani n. 1.147.916 e 1.148.130 di cui è titolare la
American Cyanamid Co., e che tale prodotto è commercializzato
in Italia con la denominazione Avocin (marchio di fabbrica regi
strato) dalla Cyanamid Italia spa sussidiaria e licenziataria della
American Cyanamid Co. Pertanto, avvertono che esclusivamente
l'Avocin gode della garanzia del supporto della tecnologia e della
ricerca della American Cyanamid Co. e della Cyanamid Italia
spa, diffidano terzi non autorizzati dall'utilizzare gli insegnamen
ti coperti dalle dette privative e rendono noto che intendono av
valersi di tutti gli strumenti legali disponibili per reprimere qualsiasi
violazione dei diritti di esclusiva della American Cyanamid Co.».
Non pare inutile insistere, innanzi tutto, sulla pregiudiziale cir
costanza che la piperacillina, prodotto antibiotico liofilizzato ad
ampio spettro, essendo compresa nello stato della tecnica, è libe
ramente producibile e commerciabile per cui la Cyanamid non
può vantare alcun diritto di privativa su di essa.
È, inoltre, incontroverso che tra le parti esiste un rapporto di
concorrenza, cioè una competizione nella conquista di quello spe
cifico settore del mercato attinente alla fabbricazione dei prodotti
farmaceutici cui esse dedicano la loro attività economica.
Ciò stante, ritiene questo giudice che la frase di esordio del
l'annuncio sopra riportato, per la maniera equivoca ed inganne
vole in cui è strutturata, induce il lettore a credere che anche
il prodotto piperacillina (oltre ad un procedimento per la sua pre
parazione) formi oggetto di un diritto di esclusiva in capo alle
resistenti. Determinanti, al riguardo, si appalesano: il risalto dato
alla parola «piperacillina», scritta in grassetto, a centro pagina
e con caratteri quanto meno doppi del normale; l'uso della con
giunzione «nonché», avente evidente carattere aggiuntivo, ed il
chiaro riferirsi del plurale «sono», alla piperacillina, prodotto an
tibiotico liofilizzato ad ampio spettro, ed al procedimento per
la sua preparazione. Non rileva, in contrario, il particolare, rimarcato dalle resi
stenti, che nell'annuncio non è stata fatta menzione del brevetto
Toyama, laddove quelli ivi indicati — il n. 1.147.916 ed il n. 1.148.130 — riguardano processi di preparazione della piperacil
lina. Difatti, alla luce del contesto della proposizione dianzi esa
minata, sembra che in realtà questi ultimi due brevetti tutelino,
rispettivamente, il prodotto piperacillina ed un procedimento per
la sua preparazione. Non possono poi sussistere dubbi sull'identificabilità della ri
corrente tra i destinatari della diffida contenuta nel penultimo
periodo del comunicato, operando essa — per come sopra ricor
dato — nello specifico settore della produzione e commercializza
zione di prodotti farmaceutici, mentre nessuna rilevanza è possibile
Il Foro Italiano — 1989.
riconoscere in proposito al fatto, addotto dalle resistenti, che al
tra ditta concorrente violerebbe il loro diritto di brevetto sulla
piperacillina. Devesi invero osservare che ai fini dell'individuazione del sog
getto passivo degli atti di concorrenza sleale per denigrazione o
per diffusione di notizie menzognere (attivamente legittimato alla
relativa azione) non è necessario il riferimento esplicito ed esclu
sivo ad un concorrente determinato rilevabile dallo stesso annun
cio pubblicato, sufficiente essendo invece che detto concorrente
sia individuabile sul piano dell'interesse ad agire che è astratta
mente proprio di tutti i produttori e rivenditori del tipo di pro
dotto oggetto dell'atto di denigrazione o della campagna
pubblicitaria decettiva.
Del pari incontestabile è l'ampia diffusività del comunicato
diffida fatto apparire su riviste specializzate ad alta tiratura e
indirizzate a categorie professionali — farmacisti e medici — che
acquistano o fanno acquistare le specialità medicinali.
Accertato, in definitiva, che l'annuncio contiene un complesso
di informazioni formulate in maniera subdola e scorretta si da
ingenerare il convincimento della sussistenza in capo alle resisten
ti di un diritto di privativa sul prodotto piperacillina e dell'illicei tà della condotta di quanti altri ne abbiano intrapreso la
produzione; nonché una diffida intesa a far cessare la violazione
di un brevetto rivelatosi nullo, non può non ritenersi che il com
portamento posto in essere dalle resistenti sia giuridicamente qua
lificabile come atto di concorrenza sleale per diffusione di
circostanze potenzialmente idonee sotto il profilo causale a in
durre discredito per l'attività imprenditoriale e per i prodotti del
concorrente e a sviarne la clientela attuale e conquistabile.
In particolare, è qui appena il caso di ricordare come sia paci
ficamente acquisito in dottrina ed in giurisprudenza che la diffida
costituisce legittimo esercizio di autotutela di un diritto di brevet
to solo se ed in quanto di questo venga riconosciuta la validità,
rappresentando in caso contrario un vero e proprio atto di deni
grazione commerciale.
Cosi acclarato il buon diritto della ricorrente, deve ritenersi
sussistente l'ulteriore condizione richiesta per la concessione della
tutela innominata, e cioè il pregiudizio imminente ed irreparabile.
Per vero, oltre al rischio immanente del ripetersi degli atti di
concorrenza sleale, va rilevato che una smentita dell'assunto rela
tivo all'esistenza di un brevetto della Cyanamid sulla piperacilli
na la quale non intervenga il più tempestivamente possibile,
renderebbe irreversibile lo sviamento di possibili acquirenti del
prodotto fabbricato e messo in commercio dalla società ricorren
te, vanificando in tal guisa ogni eventuale favorevole risultato
del giudizio di merito. Il contenuto da dare al provvedimento d'urgenza deve essere
modellato tenendo conto della duplice esigenza di impedire l'ulte
riore divulgazione, attraverso la stampa e altri strumenti di co
municazione sociale, di notizie tendenti a far credere che la
piperacillina sodica sia oggetto di un diritto di esclusiva da parte della Cyanamid e di evitare il consolidamento degli effetti che
ne sono derivati. All'uopo, oltre ad inibire alle resistenti l'ulterio
re diffusione di consimili notizie, si ritiene particolarmente ido
neo disporre la pubblicazione della presente ordinanza sugli stessi
periodici in cui venne fatto apparire il comunicato denunziato
in ricorso.
Né è di ostacolo all'emanazione di un siffatto ordine che l'art.
120 c.p.c. preveda la pubblicazione soltanto della sentenza e non
di altri provvedimenti giurisdizionali e sancisca tale pubblicità co
me mezzo per contribuire alla riparazione del danno. Ed invero,
un ordine che regoli secondo precise modalità la pubblicazione del provvedimento emesso in sede di procedimento ex art. 700
c.p.c. appare addirittura coessenziale al provvedimento medesi
mo allorché la pubblicità sia, come nella specie, il mezzo più ido
neo ad evitare l'ulteriore irreparabile deterioramento della
situazione da cautelare riguardando il pregiudizio lamentato la
relazione del soggetto istante con la generalità dei terzi.
Occorre tuttavia mettere in evidenza il carattere provvisorio del
l'ordine che dispone la pubblicità dell'ordinanza proprio per evi
tare che ne venga snaturata la funzione meramente strumentale.
Del pari fondato si appalesa il ricorso esperito dalle convenute.
Risulta dagli atti che in data 19 maggio 1983 la srl laboratorio
farmaceutico C.T. richiese la registrazione della specialità medici
nale denominata Picillin in varie preparazioni e confezioni parte delle quali iniettabili per via intramuscolare e parte anche per via
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
endovenosa, e che il ministro della sanità, con decreto del 19
giugno 1987, ritenne di autorizzare la società istante a porre in
vendita la specialità medicinale predetta soltanto in alcune com
posizioni (1 flaconcino di polvere da 1 g. + 1 fiala di solvente;
1 flaconcino di polvere da 2 g. + 1 fiala di solvente da 4 mi.)
iniettabili per via intramuscolare.
È ben vero, come controdedotto dall'attrice-resistente, che con
10 stesso decreto furono approvati le etichette ed i foglietti illu
strativi allegati alla domanda in cui è evidenziata la iniettabilità
del preparato anche per via endovenosa; e che per legge (art.
18 e 20 r.d. 3 marzo 1927 n. 478) le etichette e gli stampati illu
strativi fanno parte integrante, in allegati, del decreto di autoriz
zazione onde non se ne possano usare altri, nel confezionamento
dei prodotti medicinali, non corrispondenti a quelli approvati dal
provvedimento ministeriale. Di fatto però la società attrice, ap
profittando dell'evidente errore rilevabile dal testo (integrale) del
decreto — ed intuitivamente originato dal fatto che i foglietti
illustrativi vistati dal ministero erano stati allegati alla domanda
di registrazione del Picillin che ne prevedeva l'uso anche per via
endovenosa — ha finito per immettere ugualmente in commercio
11 prodotto di sua fabbricazione nelle preparazioni iniettabili per
via endovenosa non autorizzate dalla competente autorità ammi
nistrativa, all'esito degli accertamenti tecnico-scientifici di rito.
Ora, non sembra conforme ai principi di lealtà e della corret
tezza professionale che devono informare l'attività imprendito
riale, il trarre vantaggio in modo capzioso da una situazione
obiettivamente favorevole venutasi a creare a causa dell'evidente
contraddittorietà di un decreto ministeriale che, da un lato, auto
rizza la vendita di una specialità medicinale limitatamente ad al
cune sue composizioni aventi determinate caratteristiche in fatto
di somministrazione, e, dall'altro, prescrive che le relative confe
zioni siano accompagnate da foglietti illustrativi dove viene de
scritta una più ampia somministrabilità del prodotto in realtà
propria delle preparazioni non autorizzate.
Nel caso concreto, dunque, la condotta realizzata dalla srl La
boratorio farmaceutico C.T. che, violando l'essenza del provve
dimento amministrativo, ha immesso in commercio il medicinale
Picillin con schede tecniche e stampati illustrativi attribuentigli
caratteristiche escluse dal decreto ministeriale e viceversa peculia
ri dell'analoga specialità medicinale a nome Avocin fabbricata
dalla Cyanamid, va senz'altro sussunta negli schemi della concor
renza sleale in quanto genericamente contrastante con i principi
di lealtà e della correttezza commerciale — da intendere in senso
ampio, desumendo l'illiceità dell'atto dalla qualificazione tenden
ziale dell'insieme — e idonea a trarre in inganno i consumatori
ed a sviarli nel giudizio comparativo e nella scelta che essi com
piono di fronte alle alternative offerte dal mercato.
Quanto alla sussistenza del requisito del periculum in mora —
insito nella distrazione della clientela conseguente all'atto illecita
mente concorrenziale per i tratti di irreparabilità che essa presen
ta — non possono che valere le considerazioni svolte sul punto
esaminando il ricorso della società attrice.
Va conseguentemente inibito alla srl Laboratorio farmaceutico
C.T. di porre in commercio il Picillin con l'indicazione che trat
tasi di prodotto iniettabile anche per via endovenosa.
Una cosiffatta statuizione non invade ambiti di competenza ri
servati alla pubblica amministrazione avendo questa nella specie
già provveduto nel senso di escludere l'iniettabilità del Picillin
per via endovenosa ed essendo sicuramente configurabile a carico
della società attrice l'onere di far eliminare le conseguenze della
contraddittorietà palesata dal provvedimento autorizzativo, richie
dendo al ministero competente, per come normativamente previ
sto, l'autorizzazione a modificare i foglietti illustrativi e le schede
tecniche del prodotto.
Il Foro Italiano — 1989.
TRIBUNALE DI NAPOLI; sentenza 9 settembre 1988; Pres. ed
est. Militerni; Soc. Istituto Tirreno del leasing (Avv. Scac
chetti) c. Iannone (Avv. Vitiello).
TRIBUNALE DI NAPOLI;
Contratto in genere — Compresenza di elementi del leasing e del
l'usufrutto — Natura — Atipicità (Cod. civ., art. 1322).
Contratto in genere — Locazione finanziaria — Usufrutto — Pre
visione d'acquisto del bene da parte dell'usufruttuario — Peri
mento del bene prima della consegna — Risoluzione del contratto
— Fattispecie.
È atipico il contratto che presenti le caratteristiche dell'usufrutto
e del leasing e nel quale sia espressamente prevista la possibili
tà, da parte dell'usufruttuario, di acquistare alla scadenza pat
tuita il bene (nella specie, autoveicolo). (1)
Nell'ipotesi di un contratto di leasing avente ad oggetto la costi
tuzione di usufrutto e nel quale sia prevista la possibilità, da
parte dell'usufruttuario, d'acquistare alla scadenza pattuita il
bene, il perimento del bene stesso (nella specie, autoveicolo),
prima ancora della consegna, comporta la risoluzione del con
tratto di leasing-usufrutto per impossibilità sopravvenuta, indi
pendentemente da ogni dichiarazione che, sottoscritta
dall'usufruttuario, esoneri la società finanziatrice da qualsiasi
responsabilità per la mancata consegna del bene. (2)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
1*8 febbraio 1986, l'Istituto Tirreno del leasing s.p.a., premesso,:
(1-2) Sull'ipotesi specifica non esistono precedenti in termini.
La sentenza riportata rileva per le seguenti affermazioni di principio:
a) Distaccandosi da un precedente orientamento giurisprudenziale in
tema di leasing costitutivo di usufrutto (v. Pret. Napoli 30 ottobre 1986,
Foro it., Rep. 1987, voce Contratto in genere, n. 214, per esteso in Dir.
e giur., 1986, 798, con nota di Monticelli), si afferma che lo stesso
è un contratto innominato, ma socialmente tipico; il che vale a tagliar
fuori le denunzie di ibridismo giuridico, ricorrenti quando si parla dei
rapporti leasing-usufrutto. In tal modo divelta irrilevante, in presenza
di un contratto di leasing che presenta tutte le caratteristiche dell'usufrut
to, il problema della disciplina da applicare al contratto stesso poiché
la prevalenza del leasing non esclude la rilevanza giuridica degli elementi
d'usufrutto, ai quali saranno applicate le norme proprie del tipo contrat
tuale cui appartengono in quanto non incompatibili con gli elementi del
tipo prevalente. b) La funzione economica di finanziamento del leasing costitutivo di
ususfrutto è quella di consentire all'usufruttuatario di utilizzare il bene
per la durata determinata: essendo la strumentalità del bene caratteristica
tipizzante il contratto di leasing-usufrutto (v. Cass. 6 maggio 1986, n.
3023, Foro it., 1986, I, 1819, con nota di Pardolesi), l'eventuale peri
mento del bene oggetto del contratto, prima della sua consegna, provoca
to da cause non imputabili all'usufruttuatario implica una risoluzione del
contratto stesso per impossibilità sopravvenuta, non essendo concepibile
un diritto d'usufrutto su di un bene che in natura non esiste, né pratica
bile una deroga alla disciplina dell'usufrutto. Di conseguenza, si afferma
che ogni dichiarazione, sottoscritta dall'usufruttuatario, intesa ad esimere
la società finanziaria da qualsiasi responsabilità, non è valida dato che
non può comprendere la mancata consegna della cosa senza incidere sul
l'oggetto del contratto. In dottrina, è molto dibattuta la stessa possibilità di dare ingresso,
sul piano della valutazione di meritevolezza degli interessi, alla fattispecie
leasing-usufrutto. Infatti, una voce autorevole sostiene che il contratto
di leasing costitutivo di usufrutto è pienamente valido, negando che in
tal caso possa parlarsi di contratto in frode alla legge o di contratto simu
lato e sostenendo invece che la disciplina dell'usufrutto, cosi come quella
del contratto di leasing, non mostrano di essere incompatibili fra loro,
dato che realizzano finalità economiche diverse: il contratto di leasing
consente all'utilizzatore di usufruire del bene evitando di pagarne il prez
zo al momento in cui inizia a usarlo «con l'impegno di versare un corri
spettivo periodico che ha il valore attuale vicino a quello del costo
dell'investimento», mentre il contratto d'usufrutto assicura un diritto reale
di godimento sul bene all'utilizzatore. V., da ultimo, De Nova, Il con
tratto di leasing, 2a ed., Milano, 1985, 64 ss.
Sull'opposto versante, si replica: 1) posto che alla base della strumen
talità del bene vi sarebbe un diritto personale di godimento e non anche
un diritto reale di godimento, le caratteristiche della locazione finanziaria
mal si conciliano con l'istituto dell'usufrutto poiché, in genere, le opera
zioni di leasing-usufrutto si risolvono nella trascrizione delle clausole pro
prie del contratto di locazione; 2) anche se l'attività negoziale può incidere
su quella che è la fattispecie tipica dell'usufrutto, il regolamento conven
zionale non può spingersi fino a snaturare l'essenza del diritto d'usufrut
to, dovendosi sempre individuare un contenuto «minimo, ineliminabile,
essenziale» del diritto stesso (v., in tal senso, Clarizia, Il c.d. leasing
usufrutto, Atti del convegno di Lucca «Leasing ed altre forme di finan
ziamento nel settore degli autoveicoli», in Riv. it. leasing, 1986, 457 ss.).
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