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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || ordinanza 24 febbraio 1987; Giud. Giuliani;...

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ordinanza 24 febbraio 1987; Giud. Giuliani; Soc. Coopair Air Consultants (Avv. Muratori) c. Quaglia e Sinatra (Avv. Sinatra) e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 2425/2426-2431/2432 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181405 . Accessed: 28/06/2014 16:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.72 on Sat, 28 Jun 2014 16:15:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 24 febbraio 1987; Giud. Giuliani; Soc. Coopair Air Consultants (Avv. Muratori) c.Quaglia e Sinatra (Avv. Sinatra) e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2425/2426-2431/2432Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181405 .

Accessed: 28/06/2014 16:15

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

PRETURA DI ROMA; ordinanza 24 febbraio 1987; Giud. Giu

liani; Soc. Coopair Air Consultants (Avv. Muratori) c. Qua

glia e Sinatra (Avv. Sinatra) e altri.

Lavoro (rapporto) — Cooperativa di piloti di aeromobili — Atti

vità di pilotaggio e addestramento — Appalto di mano d'opera

(Cod. nav., art. 741; 1. 23 ottobre 1960 n. 1369, divieto di

intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e

nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di

opere e di servizi, art. 1).

Costituisce appalto di mere prestazioni di lavoro, ed incorre quindi nel divieto previsto dall'art. 11. 23 ottobre 1960 n. 1369, l'atti vità della cooperativa che fornisca, ad imprese esercenti servizi

aeronautici, le prestazioni dei propri soci consistenti nel pilo

taggio di aeromobili di proprietà dell'appaltante e nell'adde stramento di piloti a nulla rilevando che tra i soci e la coopera tiva non si sia instaurato un rapporto di lavoro subordinato. (1)

Il pretore sciogliendo la riserva che precede, osserva.

Con ricorso depositato l'8 luglio 1986, la Coopair Air Consul

tants — società cooperativa a responsabilità limitata — esponeva:

a) che con rogito in data 24 luglio 1980, un gruppo di piloti con brevetto di terzo grado (comandanti di aerei di linea), di età tra i 45 ed i 55 anni, collocati in pensione, si erano uniti in coo

perativa per continuare a svolgere attività di volo, nonché di istru

zione di piloti e di consulenza e assistenza in materia aeronautica;

b) che detta cooperativa, omologata ed iscritta nel registro del

le società del Tribunale di Roma e nel registro ditte della camera di commercio, nonché nel registro prefettizio-sezione cooperative di produzione e lavoro, dopo il trasferimento del servizio antin

cendio con aerei Canadair all'aeronautica militare, aveva indiriz

zato la propria attività in altri settori, fornendo il personale per corsi di istruzione di piloti (a terra ed in volo), pubblicando ma

nuali di istruzione, effettuando consulenza in materia aeronauti

ca e fornendo ad alcune compagnie di navigazione aerea ed im

prese private con aerei in proprietà assistenza nella gestione dei

loro servizi aerei, sia sotto forma di organizzazione dei voli che

di fornitura degli equipaggi;

c) che tale attività organizzata aveva determinato il risentimen

to di elementi estranei alla cooperativa, i quali, per contrastare una concorrenza ritenuta pregiudizievole, avevano intrapreso una

campagna contro la Coopair, denunziata, anche attraverso arti

coli apparsi sulla stampa periodica, come una sorta di agenzia

(1) Sul caso di specie non si rinvengono precedenti. In senso conforme, sull'irrilevanza dell'esistenza o meno di un rapporto di lavoro subordina to tra i soci e la cooperativa pseudoappaltatrice, Pret. Napoli 16 settem bre 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 684; Pret. Mi lano 10 novembre 1982, ibid., n. 700, e, sull'applicabilità del divieto an che al di fuori dei casi di lavoro manuale, Trib. Milano 17 marzo 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 692. Più incerta la soluzione, stando alla massima, dell'inedita Cass. 10 maggio 1982, n. 2898 (id., Rep. 1982, voce

cit., n. 679) sulla soluzione del primo problema. Anche sull'irrilevanza dell'accordo fraudolento la prevalente giurispru

denza è nel senso accolto nell'ordinanza: da ultimo Cass. 28 ottobre 1985, n. 5301, id., 1987, I, 897, con nota di richiami.

Sugli appalti di lavori di pulizia a cooperative di lavoro, v. infine Cass. 5 febbraio 1983, n. 990, id., 1984, I, 1025, con nota di richiami e osser vazioni di O. Mazzotta.

È da osservare che il pretore ha applicato la disciplina civilistica sull'in termediazione e interposizione di mano d'opera ritenendo evidentemente che alla fattispecie non potesse essere applicata alcuna norma tra quelle che costituiscono le fonti del diritto della navigazione in base all'art. 1 c. nav. e che tra queste non ve ne fosse alcuna applicabile per analogia.

I! codice della navigazione non tace però completamente sulla materia

perché l'art. 126 (per il lavoro nautico) e l'art. 741 (per il lavoro aeronau

tico) stabiliscono esplicitamente il divieto di mediazione sanzionando an che penalmente (art. 1176, 1177) il comportamento di chi a questo divieto

contravvenga. È vero che il concetto di mediazione è più limitato di quello d'interpo

sizione (concetto che invece accoglieva già l'abrogato art. 2127 c.c. che

però la vietava soltanto nel caso d'affidamento a propri dipendenti di lavori a cottimo) e che il codice della navigazione regola soltanto un aspetto marginale delle conseguenze della violazione del divieto (la ripetizione del compenso per la mediazione), ma forse questo problema meriterebbe

maggiori approfondimenti. Sul lavoro aeronautico in generale, cfr. infine D. Gaeta, Il lavoro del

la gente dell'aria, Milano, 1984.

Il Foro Italiano — 1988.

di collocamento in violazione della 1. 23 ottobre 1960 n. 1369, sul rilievo che la fornitura di equipaggi, costituiti da soci, da par te della Coopair a compagnie di navigazione aerea, avrebbe rap

presentato un'attività di mediazione nel campo della fornitura di

manodopera, ricadente sotto il divieto della citata 1. 1369/60;

d) che dette segnalazioni avevano determinato, ad opera delle

compagnie di navigazione aerea, l'inoltro di quesiti al ministero

del lavoro e della previdenza sociale o ai suoi organi periferici

(ispettorati regionali del lavoro), sicché la direzione generale dei

rapporti di lavoro del suindicato ministero, ricalcando il parere di un funzionario periferico dell'ispettorato del lavoro di Bolo

gna, si era pronunciata nel senso che la gestione di voli con forni

tura di equipaggi rappresenterebbe in concreto una pura e sem

plice prestazione di manodopera, anche se specializzata, e pertan to vietata ai sensi dell'art. 1 1. 1369/60;

e) che di ciò si era avvalso tal Marcello Quaglia, pilota con

brevetto di terzo grado estraneo alla cooperativa, il quale aveva

intrapreso una campagna denigratoria contro la Coopair, provo cando interviste giornalistiche riferentisi a precedenti denunce con

tro la stessa cooperativa e la relativa attività di «lavoro nero»;

f) che le incertezze determinate dalla presa di posizione del mi

nistero del lavoro e dalla campagna promossa dal Quaglia, il quale si era altresì rivolto all'avv. Aldo Sinatra di Roma per far inviare

lettere intimidatorie alle compagnie di navigazione aerea e alle

altre imprese private, avevano fatto fallire le trattative intercorse

tra le stesse e la Coopair, costretta ormai a provocare una deci

sione dichiarativa della liceità della propria attività, ad evitare

il pregiudizio irreparabile dell'ulteriore perdita di contratti.

Tanto premesso, la ricorrente chiedeva che, ai sensi dell'art.

700 c.p.c., venisse: 1) inibito al Quaglia e all'avv. Sinatra di in

terferire nelle trattative che la Coopair aveva in corso o potesse avviare in futuro, con diffide rivolte alle imprese che intendevano

valersi dei servizi e del personale della medesima; 2) disposto il

sequestro delle riproduzioni dell'articolo della giornalista Marina

Magliacano intestato «Protestano i dipendenti degli aerotaxi

Pensioni d'oro ai piloti poi fanno lavoro nero», apparso sulla

stampa locale del gruppo editoriale A.G.L., nonché delle copie di stampa locale portanti la riproduzione dell'articolo, con diffi

da all'autrice e al direttore responsabile di diffondere il testo di

detto articolo; 3) inibito al ministero del lavoro di limitare la

libertà di lavoro dei soci della Coopair con attribuzione di quali fiche non spettanti, riconoscendosi la legittimità dell'attività svolta.

Si costituivano quindi in giudizio i resistenti (il Sinatra, peral tro, nella sola veste di difensore del Quaglia), contestando sotto

profili diversi il fondamento del ricorso.

All'udienza del 3 febbraio 1987, il pretore, dopo aver acquisito le necessarie informazioni scritte dagli organismi pubblici rispetti vamente competenti, si riservava di provvedere con separata or

dinanza.

La Coopair Air Consultants, società cooperativa di produzione e lavoro a responsabilità limitata, si è costituita con atto pubblico in data 24 luglio 1980, tra piloti di aereo con brevetto di terzo

grado, per gli scopi risultanti dall'art. 5 dello statuto sociale, ov vero per: a) l'esercizio, mediante le prestazioni dei propri soci, ed eventualmente di dipendenti non soci, dei servizi aerei minori;

b) la consulenza e assistenza in materia aeronautica in generale, collaudi compresi; c) l'esercizio di servizi integrativi di terra. In

realtà, in punto di fatto, come risulta sia dalla relazione del con

siglio di amministrazione della società allegata al bilancio sociale

chiuso al 31 dicembre 1982, sia dalle note del ministero del lavo

ro, direzione generale dei rapporti di lavoro, rispettivamente da

tate 15 novembre 1983, 27 gennaio 1984, 15 giugno 1984 e 29

aprile 1985, sia dalla nota dell'ispettorato regionale del lavoro

di Roma in data 11 maggio 1984, sia, ancora, dal verbale di ispe zione ordinaria conclusa nei confronti della ricorrente il 20 di

cembre 1986 (trasmesso dalla direzione generale della cooperazio ne del ministero del lavoro con nota del 29 dicembre 1986), «non

si può dire che la cooperativa abbia esercitato alcuna delle attivi

tà sopra citate, se non una marginale e limitatissima attività di

consulenza. Non risulta, infatti, che abbia mai svolto l'attività

di cui al punto c), né quella specificata al punto a), il cui eserci

zio avrebbe necessariamente comportato la proprietà o, comun

que, la disponibilità di aeromobili, che, invece, la cooperativa non ha mai posseduto» (verbale di ispezione cit.).

L'ente, in effetti, attraverso il lavoro dei propri soci (tutti pilo

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ti civili di aeromobile, per lo più in pensione) ha svolto in via

principale l'attività di trasporto di passeggeri con velivoli di pro

prietà di terzi, limitandosi «a fornire alle imprese di navigazione

aerea, esercenti le attività di cui al punto a), la disponibilità dei

propri piloti, e cioè a fornire alle imprese committenti mere pre stazioni di lavoro, anche se con alto contenuto di qualificazione

professionale» (verbale di ispezione, cit).

Dall'esame, infatti, dei contratti stipulati dalla ricorrente (alle

gati al verbale di ispezione già citato) è risultato «che la coopera tiva non ha mai assunto direttamente la gestione dei servizi aerei, intesa nel senso tecnico del termine, ma si è limitata a «fornire

il servizio di direzione delle operazioni di volo», a «concorrere

ad assicurare lo svolgimento delle operazioni di volo e a fornire

infine la consulenza per l'addestramento», in volo, «degli equi

paggi», ponendo i propri piloti a disposizione dei committenti

con un contratto definitivo di «gestione di aereo», oppure di ap

palto per «uno studio organizzativo della sezione volo».

Sostanzialmente, cioè, a prescindere dalle diverse definizioni

e formulazioni dei singoli contratti, «si è trattato di fornire piloti

per il pilotaggio degli aerei (e, eventualmente, per l'addestramen

to, in volo, del secondo pilota, dipendente della impresa commit

tente)», laddove la gestione dei servizi aerei veri e propri è stata,

invece, effettuata direttamente dalle imprese...e la Coopair si è

sostanzialmente limitata a fornire i propri piloti, che sono stati

liberamente impiegati, dalle imprese committenti, promiscuamen te o in alternativa ai propri dipendenti. L'esecuzione dei predetti

contratti, pertanto, non ha richiesto alcun impiego, da parte del

la cooperativa, di macchine, attrezzature e capitali». Ciò posto, occorre ora considerare se la fattispecie come sopra

delineata sia o meno sussumibile nello schema normativo dell'«in

terposizione nelle prestazioni di lavoro» di cui all'art. 1, 1° com

ma, 1. 23 ottobre 1960 n. 1369, il quale recita «È vietato all'im

prenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l'esecuzione di mere

prestazioni di lavoro mediante impiego di mano d'opera assunta

e retribuita dall'appaltatore o dall'intermediario, qualunque sia

la natura dell'opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono».

Elementi distintivi della vietata interposizione nelle prestazioni di lavoro (che la dottrina sinteticamente indica: a) nel contratto

tra imprenditore e fornitore di mere prestazioni di lavoro; b) nel

l'effettiva utilizzazione delle prestazioni del lavoratore da parte

dell'interponente; c) nel rapporto intercorrente tra interposto e

prestatore di lavoro) sono il conferimento dell'incarico, ad opera

dell'imprenditore committente, ad una cosiddetta impresa di som

ministrazione di lavoro, la quale, senza compiere alcuna opera di trasformazione con l'impiego di lavoro appunto, si limiti a

mettere a disposizione dell'imprenditore le prestazioni di terzi sog

getti, di modo che costoro, pur rimanendo economicamente lega ti all'appaltatore, esplichino il lavoro nella sfera del committente,

per conto di costui, sotto la sua direzione e, pertanto, a rischio

dello stesso (Cass. 6 agosto 1963, n. 2206, Foro it., 1964, I, 115). Nella specie, avuto riguardo ai rilievi svolti in punto di fatto,

non pare dubbio, in primo luogo, che la cooperativa ricorrente fornisce alle imprese di navigazione aerea, di volta in volta com

mittenti, «mere prestazioni di lavoro».

Tale ultima nozione, di cui è parola nel già citato 1° comma

dell'art. 1 1. 1369/60, deve essere infatti determinata sia sulla ba

se del 3° comma del medesimo art. 1, sia sulla base del disposto del successivo art. 3.

Il criterio discriminatorio dettato invero dalla legge per stabili

re quando si rimane nell'ambito della fornitura di «mere presta zioni di lavoro», e cioè nell'ambito di un contratto vietato e quindi nullo, è quello dell'appartenenza o provenienza dei mezzi (capita le, attrezzature, ecc.) necessari allo svolgimento del servizio: se

questi ultimi vengono forniti dall'appaltante, anche se l'appalta tore li abbia da lui presi in affitto, si è in presenza della fornitura

all'imprenditore principale, da parte dell'appaltatore, delle sole

energie lavorative dei prestatori d'opera. La nozione di mere prestazioni di lavoro va però dedotta, co

me accennato, anche dall'art. 3 della legge, ove si stabilisce che

gli appalti regolati da tale norma, i quali hanno ad oggetto opere e servizi la cui esecuzione comporta un impiego di manodopera assolutamente prevalente rispetto alle attrezzature e al capitale

(come, ad esempio, l'esazione di crediti, il servizio di tesoreria, i lavori di facchinaggio o di pulizia, in cui, normalmente, anche i minimi mezzi occorrenti vengono forniti dal committente), deb

bono eseguirsi «con organizzazione e gestione propria dell'appal

II Foro Italiano — 1988.

tatore», cosicché appalto di mere prestazioni di lavoro è da con

siderare non solo quello ove l'appaltatore impiega macchine, ca

pitali ed attrezzature fornite dall'appaltante, ma altresì quello distinto dalla caratteristica che il c.d. appaltatore non gode di

organizzazione e gestione propria. Nella fattispecie, come emerge anche dalla stessa lettera-quesito

della Gitamair s.p.a. in data 9 maggio 1983, prodotta dalla ricor

rente, sembra palese che l'intento dell'imprenditore principale sia

effettivamente quello di introdurre determinate energie lavorative

nel ciclo produttivo della propria azienda, ovvero la semplice for

nitura delle energie di cui necessita per l'esercizio dell'impresa,

quale risulta, per un verso, dalla disponibilità, in capo al com

mittente, dei «velivoli» e delle «basi operative», dall'altro dal

l'assoluta prevalenza delle prestazioni dei piloti soci della Coo

pair rispetto agli altri eventuali mezzi d'opera forniti — ove pure — dalla ricorrente e, anzi, dalla stessa considerazione dei partico lari requisiti (come esattamente l'esecuzione «professionale» del

l'attività di pilotaggio) posseduti dai soci-prestatori.

Peraltro, secondo il testo del 1° comma dell'art. 1 1. 1369/60, l'esecuzione delle mere prestazioni di lavoro deve essere realizza

ta mediante l'impiego di «manodopera»: ora, la semplice inter

pretazione letterale della norma potrebbe portare ad escludere dalla

nozione che qui interessa le prestazioni di lavoro fornite, come

nella specie, da lavoratori non manuali e, quindi, le prestazioni non operaie.

In contrario, tuttavia, come rilevato in dottrina, conviene in

nanzi tutto osservare che la intitolazione della legge stabilisce un

generale divieto di interposizione nelle «prestazioni di lavoro»,

nozione, quest'ultima, senza dubbio comprensiva del lavoro ope

raio, di quello impiegatizio e dirigenziale.

Secondariamente, l'art. 1 contraddice il significato apparente mente restrittivo della dizione «manodopera» con le espressioni chiaramente estensive ed onnicompresive «in qualsiasi altra for

ma» e «qualunque sia la natura dell'opera o del servizio», mentre

il 2° ed ultimo comma del medesimo articolo richiamano, più

ampiamente, i prestatori di lavoro, senza indicazione alcuna della

loro qualifica. Si aggiunga che la nozione di manodopera è, come tale, più

empirica che giuridica, poiché non vi è legge alcuna che la defini

sca, laddove l'antica distinzione basata sulla manualità o meno

della prestazione è criterio del tutto insufficiente ad individuare

la qualifica, essendo frequenti le ipotesi di prestazioni, prevalen temente manuali, ma altamente intellettuali, e viceversa.

Del resto, una diversa interpretazione, come segnalato da altri

autori, deve essere respinta, perché espressiva di un fine discrimi

natorio al quale il legislatore non può essersi ispirato. Pur infatti se le mère prestazioni di lavoro manuali hanno rap

presentato l'oggetto più frequente del fenomeno interpositorio (non essendo tuttavia mancati casi diversi: Trib. Milano 10 marzo 1958, id., Rep. 1958, voce Lavoro (rapporto), n. 150), una simile limi

tazione, nel contraddire appunto la generalità del divieto sancito

dalla legge, segnerebbe una inammissibile distinzione tra lavora

tori e lavoratori, ai quali la protezione della legge stessa sarebbe

accordata o negata a seconda della diversa natura delle loro pre

stazioni, si da prospettare gravi dubbi sulla violazione del princi

pio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e del generale dovere di promozione sociale che, al pari di quello di tutela del

lavoro, in tutte le sue forme ed applicazioni, incombe alla repub blica (art. 3 e 35 Cost.).

Né va infine trascurato che nella 1. 1369 del 1960 manca co

munque ogni espresso riferimento ad una esclusione del divieto

per le mere prestazioni di lavoro non manuale, mentre l'assenza

di rigore terminologico da più parti lamentato nella legge medesi

ma (si pensi alla stessa definizione di «appalto di mere prestazio ni di lavoro», autorevolmente giudicata una vera e propria con

traddizione in termini) non si dimostra incompatibile con l'assun

zione della parola manodopera in un significato più generico

rispetto a quello comunemente accettato, tanto più se si ammet

te, come sembra, che la 1. 1369/60 ha introdotto nell'ordinamen

to un principio riferibile alla generalità dei rapporti. Posto quindi che nella specie, per i motivi ora accennati, si

deve ravvisare un'ipotesi esattamente di fornitura di mera mano

dopera alle imprese di navigazione committenti da parte della coo

perativa ricorrente, e posto altresì che non è neppure dubitabile

l'effettiva utilizzazione, ad opera di dette imprese, delle presta

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zioni lavorative dei piloti soci della cooperativa medesima per l'esercizio della relativa attività economica professionalmente or

ganizzata (il trasporto cioè di persone con aeromobili), non resta

che passare all'esame del combinato rapporto che lega la coope rativa ai propri soci, attraverso il quale del resto la prima conse

gue la disponibilità delle prestazioni di lavoro dei secondi, messe

quindi a disposizione delle imprese committenti.

Al riguardo, va subito osservato come, per il ricorso della fat

tispecie interpositoria vietata, sia richiesto dal 1° comma dell'art.

I 1, 1369/60 che le prestazioni di lavoro appaltate siano fornite

da manodopera «assunta e retribuita dall'appaltatore (o dall'in

termediario)». Si è quindi argomentato che simili termini richiamano inequi

vocabilmente il paradigma del rapporto di lavoro in scambio, di

natura sinallagmatica, nel quale appunto la prestazione di lavoro

è eseguita in scambio della retribuzione e l'inserimento del lavo

ratore nell'impresa avviene mediante la conclusione del contratto

di lavoro, per effetto della quale il lavoratore è assunto.

Per converso, relativamente ai soci delle cooperative di produ zione e di lavoro, la possibilità che in uno stesso soggetto coesi

stano la qualità di socio e di lavoratore subordinato alle dipen denze della società stessa si realizzano soltanto qualora l'attività

lavorativa svolta dal socio sia diversa ed estranea all'oggetto spe cifico dell'esercizio dell'impresa sociale, laddove, al di fuori di

tale ipotesi, la prestazione del socio cooperatore, essendo fornita

in adempimento al contratto sociale, non può costituire oggetto di un rapporto di lavoro, subordinato (Cass. 11 maggio 1982, n. 2945, id., Rep. 1982, voce cit., n. 378; 9 ottobre 1979, n.

5214, id., Rep. 1979, voce cit., n. 308). Nella specie, la configurabilità di un simile rapporto risulta co

munque esclusa dall'espresso tenore dell'art. 10, 2° comma, dello

statuto sociale, secondo il quale «le prestazioni dei soci, effettua

te in forza del patto sociale, non comporteranno la costituzione

di un rapporto di lavoro dipendente, anche se verranno equa mente remunerate in base all'apposito regolamento...».

Da quanto precede, occorrerebbe trarre a conclusione che il

divieto sancito nel 1° comma dell'art. 1 1. 1369/60 trovi applica zione soltanto alle prestazioni di lavoro fornite da lavoratori oc

cupati presso la cooperativa ricorrente, con l'eccezione dei soci

lavoratori, atteso che questi ultimi non sono assunti e nemmeno

retribuiti daila società, essendo entrati nella società medesima, all'atto della sua costituzione o in epoca successiva, dietro confe

rimento delle operae rispettive, le quali trovano compenso nella

partecipazione agli utili della gestione sociale.

Orbene, la dottrina e la giurisprudenza (Pret. Torino 13 otto

bre 1954, id., 1955, II, 233) che hanno affrontato il problema, come pure le indagini condotte dalla commissione parlamentare d'inchiesta all'epoca nominata, hanno dimostrato come nella pra

tica la possibilità offerta dai rapporti di lavoro in forma «asso

ciata» di obbligare il socio lavoratore a fornire la sua opera die

tro partecipazione agli utili sociali sia stata utilizzata per dar vita

a fenomeni di interposizione. AI di là cioè dei riferimenti testuali, dalla lettura degli atti par

lamentari si ricava invece che proprio l'ipotesi della somministra

zione di lavoro stipulata da cooperative di lavoro appunto veniva

indicata come uno degli obiettivi da colpire mediante l'emananda

legge (a causa dell'ampiezza del fenomeno e della insidiosa e com

pleta elusione delle norme protettive del lavoro cui dava luogo), se è vero come è vero che trovasi espressamente affermato «l'illi

ceità del contratto di somministrazione di lavoro stipulato da queste

cooperative si verifica allorquando una cooperativa si limita a

riunire un certo numero di soci lavoratori ed assegnarli, poi, a

terze imprese richiedenti, affinché essi eseguano l'attività lavora

tiva come elementi inseriti nell'organizzazione di tali aziende, pur

continuando a figurare formalmente come soci-lavoratori della

cooperativa e pur percependo da quest'ultima il compenso per

le ore prestate presso i terzi imprenditori».

Appare cosi evidente, secondo quanto rilevato in dottrina, co

me l'espressa previsione delle cooperative fra i possibili interme

diari (è vietato all'imprenditore di affidare in appalto o in subap

palto o in qualsiasi altra forma, «anche a società cooperative»,

l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro, recita infatti il citato

art. 1, 1° comma, 1. 1369/60) riguardi proprio i soci-lavoratori

e, a ben guardare, non si vedrebbe come l'interesse pubblico alla

repressione della pratica interpositoria avesse potuto ammettere

una cosi comoda evasione del divieto che andava a stabilire, con

sentendo la prosecuzione di una attività proclamata illecita, solo

II Foro Italiano — 1988.

perché ad esercitarla fossero gli stessi lavoratori, ciò che equivar rebbe a dire che quando la violazione delle norme poste a tutela

del lavoratore avvenga con il suo consenso questa non può più considerarsi tale, mentre è noto che l'interesse pubblico alla sta

tuizione di una idonea protezione del lavoratore prescinde da ogni

indagine sull'effettivo pregiudizio del singolo che viene presunto

nell'imposizione stessa della osservanza delle norme.

D'altro canto, consentire l'esercizio dell'intermediazione da parte delle cooperative di lavoro o di altre forme sociali costituite dai

lavoratori, avrebbe portato come ovvia conseguenza — è stato

ancora rilevato — al diffondersi di una pratica, altrimenti repres

sa, che avrebbe minato alle basi il complesso edificio della legis

lazione sociale, per il presumibile dilagare del lavoro associato

determinato dal suo minor costo.

Né varrebbe in contrario argomentare dalla lettera della norma

(«assunta e retribuita» cioè), posto che, da un lato, tali termini,

come già accennato, possono essere stati impiegati in senso non

tecnico ma in riferimento alla terminologia invalsa nella pratica

(spesso, infatti, il compenso ai soci lavoratori viene corrisposto in ragione dell'opera prestata secondo una misura predetermina

ta, che richiama la struttura della retribuzione), mentre, dall'al

tro, risulta attraverso i numerosi emendamenti al testo dell'art.

1 proposti durante il lungo iter della legge, la difficoltà del legis latore di descrivere concettualmente ambedue i tipi di rapporto

di lavoro per mezzo dei quali si perfeziona l'interposizione. A ciò aggiungasi che, secondo la dottrina più avveduta, la chiave

interpretativa delle disposizioni in argomento va individuata nella

norma contenuta nell'ultimo comma dell'art. 1 1. 1369/60, lad

dove cioè si stabilisce che «i prestatori di lavoro, occupati in vio

lazione dei divieti posti dal presente articolo, sono considerati,

a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'imprenditore che effettiva

mente abbia utilizzato le loro prestazioni». La legge in esame, infatti, servendosi dallo stesso procedimen

to collaudato già dall'art. 2127 c.c., ha assunto il criterio dell'ap

partenenza del capitale necessario per il compimento dell'opera

appaltata (ove, come nella specie, sia di valore rilevante, a diffe

renza delle ipotesi di cui all'art. 3 della legge stessa) come decisi

vo per considerare, «a tutti gli effetti», alle dipendenze dell'im

presa che «effettivamente» ne abbia utilizzato le prestazioni i soci

di cooperativa, dal momento che nelle condizioni in cui agisce la cooperativa «si atteggia» a dipendente dell'imprenditore e i

soci di cooperativa appunto acquistano la veste di prestatori di

lavoro «assunti e retribuiti» direttamente dal dipendente dell'im

prenditore. Il principio, quindi, sancito dal surrichiamato ultimo comma

dell'art. 1 1. 1369/60, secondo il quale la titolarità del credito

di lavoro e quindi l'assunzione della posizione di datore di lavoro

si accompagna sempre al soggetto che riceve e dispone l'effettiva

ultilizzazione delle prestazioni di lavoro, dedotte in contratto, nella

impresa da lui mossa, spiega l'impossibilità di ammettere una so

pravvivenza dell'interposizione quando sia realizzata mediante l'im

piego di mere prestazioni di lavoro promesse in un rapporto «as

sociativo», anziché in un rapporto di lavoro in scambio, ciò che

non significa affatto una condanna di tutte le forme associative

di lavoro, ma soltanto di quelle, il cui scopo sociale (o la cui

attività sostanziale) sia rappresentata dall'offerta di energie di la

voro da destinare all'esercizio di un'impresa «da altri mossa».

Ciò posto, va quindi osservato come, nella fattispecie, siano

altresì' rimaste dimostrate le seguenti ulteriori circostanze: a) che

la società ricorrente noi: risulta concessionaria di licenza ex art.

788 c.nav. (né proprietaria di alcun aeromobile, come già più

volte evidenziato) e che nel corso dei vari procedimenti autorizza

tori, instauratisi a seguito delle relative richieste all'impiego di

piloti provenienti dai concessionari di licenza, «non è mai emersa

la posizione dei piloti come soci della Coopair né come pensiona

ti» (nota del ministero dei trasporti, direzione generale dell'avia

zione civile, del 5 novembre 1986); b) che la ricorrente non ha

mai dato alcuna notizia di assunzione di soggetti appartenenti

alle categorie del personale di volo (come richiesto dall'art. 20

1. 13 luglio 1965 n. 859) ai fini della relativa iscrizione al fondo

di previdenza per il personale di volo di cui all'art. 4 della legge

citata e che il comitato di vigilanza del fondo stesso, in conside

razione del fatto che l'obbligo di iscrizione al fondo ricorre, ai

sensi del medesimo art. 4, in presenza di un rapporto di lavoro

regolato con contratto disciplinato dagli art. 900 ss. c.nav. laddo

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || ordinanza 24 febbraio 1987; Giud. Giuliani; Soc. Coopair Air Consultants (Avv. Muratori) c. Quaglia e Sinatra (Avv. Sinatra)

2431 PARTE PRIMA 2432

ve i rapporti tra cooperativa e soci risultano soggetti al vincolo

societario e alla normativa statutaria, ha escluso l'obbligo della

iscrivibilità al fondo dei lavoratori soci di cooperative di produ

zione e lavoro costituite tra piloti e tecnici (ritenendo che i mede

simi debbano essere assicurati in regime comune), ciò che consen

te ai piloti pensionati del fondo volo, che del resto costituiscono

la maggior parte dei soci della cooperativa ricorrente, di non in

correre nella sospensione temporanea della pensione cosi come

previsto dall'art. 27 1. 859/65 per i piloti pensionati che continui

no a svolgere attività di volo alle dipendenze di imprese di navi

gazione aerea (nota dell'Inps in data 5 novembre 1986, nonché

nota dell'ispettorato regionale del lavoro di Roma in data 11 mag

gio 1984). In questo quadro, è difficile non ritenere, come trovasi del re

sto affermato tanto nella nota da ultimo richiamata quanto nel

l'ordinanza di rinvio a giudizio in data 5 giugno 1985 pronuncia

ta dal giudice istruttore presso il Tribunale di Roma e prodotta

in atti dal Quaglia, che la mancata comunicazione al fondo volo

e, in ultima analisi, la costituzione stessa della cooperativa (po

sto, come accennato, che il mancato obbligo di iscrizione è stato

fatto discendere proprio dall'esistenza di un rapporto di tipo «as

sociativo» tra cooperativa e soci) sia dovuta, «almeno in buona

misura se non esclusivamente», allo scopo di evitare ai propri

soci la predetta sospensione del trattamento di pensione, masche

rando esattamente, dietro il negozio apparente concluso dalla coo

perativa con le imprese committenti, l'esistenza del nuovo rap

porto di lavoro con queste ultime, si da continuare cosi a perce

pire illegittimamente la pensione (nota del ministero del lavoro,

direzione generale dei rapporti di lavoro, in data 29 aprile 1985

e ordinanza di rinvio a giudizio sopra richiamata), tanto che, co

me leggesi nel verbale di ispezione ordinaria citato all'inizio, «I

soci-piloti della cooperativa, «risultando per la maggior parte pen

sionati del fondo di previdenza per il personale di volo, ed aven

do di fatto continuato ad esercitare alle dipendenze delle imprese

committenti attività soggetta all'iscrizione al fondo in parola, do

vrebbero restituire al fondo stesso gli importi di pensione nel frat

tempo indebitamente percepiti», determinandosi altrimenti una

evidente situazione di privilegio rispetto ad altri piloti pensionati

alle dipendenze di comuni imprese di navigazione aerea, ai quali

viene sospeso il trattamento di quiescenza (nota dell'ispettorato

regionale del lavoro di Roma, cit.).

In conclusione, ritiene il pretore che nella specie sia da ritenere

dimostrato non solamente che i soci della Copair siano da consi

derare, «a tutti gli effetti», alle dipendenze delle imprese commit

tenti, ma altresì che la cooperativa ricorrente, per le ragioni det

te, si sia costituita o, quanto meno, operi di fatto esattamente

allo scopo di occultare la circostanza obiettiva che i soci medesi

mi prestino la propria opera esclusivamente in favore delle stesse

committenti (pur rimanendo formalmente estranei all'organizza

zione aziendale di queste ultime), ovvero allo scopo di maschera

re il sostanziale assorbimento dei soci nell'ambito di dette impre

se dietro la costituzione del rapporto sociale tra di essi e la coo

perativa; dando in tal modo vita a quel rapporto «trilatero» che

caratterizza la fattispecie interpositoria e che ricade sotto la san

zione dell'art. 1 1. 1369 del 1960 (Cass. 26 ottobre 1982, n. 5598,

id., Rep. 1982, voce cit., nn. 664, 665).

Pertanto, va escluso che possa addivenirsi ad una declaratoria

di liceità dell'attuale attività della ricorrente, donde l'infondatez

za, per mancanza dello stesso requisito del fumus boni iuris, del

la relativa domanda proposta dalla Coopair nella presente sede

d'urgenza, la quale, del resto, nei riguardi del Quaglia e del Sina

tra da un lato e della Magliacano dall'altro, si appalesa immerite

vole di accoglimento avuto riguardo, rispettivamente, ai diritti

costituzionalmente garantiti di manifestazione del pensiero e di

stampa (art. 21 Cost.) che espletano a pieno la loro efficacia a

fronte della sostanziale «veridicità» dei fatti esposti o narrati,

mentre, nei confronti del ministero del lavoro e della previdenza

sociale, è da ritenere persino inammissibile, importando sovrap

posizione della volontà del giudice a quella di una pubblica am

ministrazione nell'esercizio di potestà pubbliche, quali esattamen

te i poteri di vigilanza sull'applicazione della 1. 1369 del 1960

affidati dall'art. 7 della stessa legge a detta amministrazione per

il tramite degli ispettorati del lavoro.

Il Foro Italiano — 1988.

PRETURA DI ROMA; sentenza 4 febbraio 1987; Giud. Poli

chetti; Frasca (Avv. Muggia) c. Valle (Avv. Falzetti).

Lavoro (rapporto) — Licenziamento illegittimo — Reintegrazio

ne nel posto di lavoro — Ambito di applicazione — Fattispecie

(L. 15 luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali,

art. 11; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della liber

tà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività

sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art.

18, 35).

Il regime della stabilità reale nel posto di lavoro si applica, ai

sensi dell'art. 35 l. 300/70, agli studi professionali organizzati in forma di impresa (nella specie si trattava di uno studio di

architetti). (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso notificato il 14 otto

bre 1985 Frasca Laura conveniva in giudizio Valle Gilberto, Tom

maso e Cesare, titolari dello omonimo Studio di progettazione,

per sentire accogliere le seguenti conclusioni: 1) dichiarare illegit

timo il licenziamento intimatole il 31 dicembre 1984; 2) ordinare

la reintegra nel posto di lavoro con la condanna dei convenuti

al pagamento di tutte le retribuzioni maturate dal licenziamento

all'emananda sentenza. Assumeva, al riguardo, la ricorrente di

essere stata licenziata senza giusta causa o giustificato motivo.

I convenuti, nel costituirsi in giudizio, eccepivano: 1) la inap

plicabilità delle leggi 604/66 e 300/70 lavorando la ricorrente in

uno studio professionale ed occupando questo ventiquattro di

pendenti; 2) nel merito, la legittimità del licenziamento dovuto

a contrazione di lavoro. (Omissis)

(1) Non constano precedenti editi.

I. - Per l'affermazione del principio secondo cui la reintegrazione nel

posto di lavoro ex art. 18 1. 300/70 opera ai sensi dell'art. 35 statuto

medesimo, soltanto rispetto ai datori di lavoro imprenditori, cfr. Cass.

5 gennaio 1986, n. 33 (con riguardo all'associazione sindacale di catego

ria), Foro it., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto) n. 2031; Pret. Roma

14 maggio 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 1971; Cass. 15 aprile 1985,

n. 2510, ibid., n. 1969; Pret. Roma 1° aprile 1985, id., Rep. 1986, voce

cit., n. 2032; Cass. 5 maggio 1984, n. 2738, id., Rep. 1984, voce cit.,

n. 1902; 4 maggio 1984, n. 2721 (con riguardo al U.S. Naval Support

Activity ritenuto non imprenditore), ibid., n. 2231; 25 novembre 1983,

n. 7100, id., Rep. 1983, voce cit., n. 2135; 14 luglio 1983, n. 4845 (con

riguardo ad una associazione di spastici ritenuta non imprenditore), ibid.,

n. 2147; 10 maggio 1983, n. 3204 (con riguardo ai consorzi di bonifica

ritenuti imprenditori), ibid., n. 2149; 7 dicembre 1982, n. 6683 (che ha

considerato non imprenditore un club di canottieri), id., Rep. 1982, voce

cit., n. 2069; 16 ottobre 1982, n. 5359, ibid., n. 2071; 9 settembre 1982,

n. 4865 (riguardante l'Inps considerato non imprenditore), ibid., n. 2073;

30 marzo 1982, n. 1996, id., Rep. 1983, voce cit. n. 2151; 11 novembre

1980, n. 6059 (in fattispecie concernente una congregazione religiosa che

gestiva un ospedale psichiatrico), id., 1981, I, 379, con nota di richiami.

Sulla questione, cfr. altresì Corte cost. 8 luglio 1975, n. 189, id., 1975,

I, 1578, la quale ha respinto la dedotta eccezione di illegittimità costitu

zionale dell'art. 35 statuto lavoratori, nella parte in cui limita l'applicabi lità dell'art. 18 dello statuto ai soli datori di lavoro imprenditori e, da

ultimo, nello stesso senso, Corte cost. 14 gennaio 1986, n. 2, id., 1986,

I, 1184. In dottrina: Alleva, Il campo di applicazione dello statuto dei lavora

tori, Milano, 1980, 60 ss.; Pirelli, In tema di campo di applicazione della disciplina dei licenziamenti individuali, in Riv. it. dir. lav., 1982,

I, 108 ss.; Vallebona, Statuto dei lavoratori e datori di lavoro non im

prenditori, in Mass. giur. lav., 1976, 4 ss.; Di Nubila, Il campo di appli

cazione dello statuto dei lavoratori dopo le sezioni unite: spunti per un

ripensamento, in Riv. giur. lav., 1979, II, 933, 541; De Luca Tamajo,

in Lo statuto dei lavoratori, Commentario, diretto da G. Giugni, Mila

no, 1979, 634 ss.

II. - Con riguardo alla problematica specifica relativa alla possibilità di qualificare quale imprenditore il professionista intellettuale nell'eserci

zio dell'attività professionale, la sentenza in epigrafe va segnalata per aver risolto la questione in senso affermativo, contro il dominante indi

rizzo giurisprudenziale, sia di legittimità che di merito il quale, argomen tando ex art. 2238 c.c. unanimemente ritiene che il professionista intellet

tuale acquista la qualifica di imprenditore soltanto nell'ipotesi in cui l'at

tività professionale venga esercitata nell'ambito di una ulteriore e più ampia attività svolta dal professionista, e di per sé autonomamente qualifi cabile come attività imprenditoriale: cfr. Cass. 17 giugno 1982, n. 3679,

Foro it., Rep. 1982, voce Professioni intellettuali, n. 21; 28 aprile

1982, n. 2645, ibid., n. 40 (e in Giust. civ., 1982, I, 2062, con

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