ordinanza 26 luglio 1988, n. 891 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31);Pres. Saja, Est. Caianiello; Sindacato naz. autonomo medici italiani ed altri c. Inam ed altri;interv. Pres. cons. ministri. Ord. Tar Lazio, sez. III, 29 settembre - 29 ottobre 1979, n. 809(G.U. n. 284 del 1980)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 3079/3080-3085/3086Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184263 .
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3079 PARTE PRIMA 3080
espressa attraverso pareri obbligatori, ma non vincolanti: attività
che, nella specie, è stata puntualmente espletata dalla regione Lom
bardia mediante il parere espresso nei confronti dell'accordo del
21 dicembre 1984 con la deliberazione del consiglio regionale in
data 27 marzo 1985 n. III/2087.
Sotto il profilo in esame si deve, dunque, escludere la possibili tà di riferire al decreto impugnato una potenzialità lesiva, diretta
e immediata, della sfera di attribuzioni costituzionalmente garan tita alla regione ricorrente.
4. - Resta, peraltro, da valutare — ed è questo l'oggetto pro
prio della controversia — se una lesione, nella specie, possa es
sersi determinata in via indiretta e mediata, attraverso l'esercizio
concreto del potere che ha condotto alla configurazione del com
parto, dal momento che questo, per non essere stato riservato
esclusivamente al personale delle regioni e degli enti pubblici non
economici da esse dipendenti, potrebbe aver determinato una li
mitazione ed un condizionamento illegittimi nella sfera della com
petenza costituzionale spettante alla regione in materia di ordina
mento dei propri uffici e del proprio personale.
Questo aspetto del problema impone di tener presenti, insieme
con i criteri fissati nell'ultimo comma dell'art. 5 («il comparto
comprende, nel rispetto delle autonomie costituzionalmente ga
rantite, i dipendenti di più settori della pubblica amministrazione
omogenei e affini»), i principi informatori che hanno ispirato la
legge quadro sul pubblico impiego. In proposito va ricordato co
me nella giurisprudenza di questa corte siano state sottolineate,
con la natura di legge di riforma economico-sociale, le profonde novità introdotte dalla 1. n. 93 del 1983: novità che, attraverso
la definizione di un particolare meccanismo di contrattazione col
lettiva in materia di pubblico impiego, si sono venute a riflettere
anche nel quadro costituzionale dei rapporti tra Stato e regioni, modificando alcuni dei suoi termini di riferimento tradizionali
(sent. n. 219 del 1984, Foro it., 1985, I, 67). Questa giurispru denza ha, altresì, rilevato il «delicato bilanciamento» che, attra
verso la stessa legge, si è inteso realizzare tra diversi interessi co
stituzionali «quali il principio della contrattazione collettiva, il
principio dell'autonomia legislativa regionale (e conseguente ri
serva di legge statale e regionale) e il principio del coordinamento
nazionale delle legislazioni delle regioni, se pure per via coopera tiva» (sent. n. 217 del 1987, id., Rep. 1987, voce Regione, n.
135): principi che hanno condotto a delineare nella legge una se
rie di garanzie e di procedure rigorose dirette a conferire agli
accordi collettivi maturati tra amministrazioni pubbliche e sinda
cati «un particolare valore ed una specifica efficacia direttiva»,
consentendo agli stessi «di assolvere alla complessa funzione po litica e costituzionale loro demandata».
Ora, se valutiamo la complessa procedura destinata a condurre — secondo il disegno tracciato nella legge n. 93 — alla formazio
ne della disciplina concernente l'impiego regionale, possiamo rile
vare come ciascuna regione sia stata legittimata dalla stessa legge a partecipare, in piena autonomia, ad ambedue le fasi fondamen
tali di tale procedimento: sia alla fase contrattuale, mediante la
presenza di un proprio rappresentante nella delegazione di parte
pubblica costituita per la stipula degli accordi (art. 10, 1° com
ma); sia alla fase normativa, mediante l'approvazione con prov vedimento regionale degli accordi stipulati, approvazione cui la
legge subordina l'operatività degli stessi accordi nell'ambito re
gionale (art. 10, 3° comma). Con riferimento al caso in esame non sembra, dunque, che
la contestata violazione delle regole poste dalla legge n. 93 per la procedura di definizione dei comparti possa essere, di per sé, considerata idonea e sufficiente a determinare una lesione, per
quanto indiretta e mediata, della sfera costituzionalmente garan tita alla regione in materia di ordinamento del proprio personale: e questo in relazione tanto al carattere preliminare di tale proce dura rispetto alla stipula dei successivi accordi sindacali, quanto
all'ampiezza dei poteri riconosciuti alla regione in sede di recepi mento degli stessi accordi.
In questo quadro, l'effetto lesivo per la sfera delle competenze
regionali non potrà, dunque, manifestarsi, nei suoi termini con
creti, indipendentemente dai contenuti specifici di tali accordi, contenuti né definiti né pregiudicati al momento della conclusio
ne della procedura di determinazione del comparto tracciata nel
l'art. 5 legge n. 93.
Quanto precede conduce, pertanto, a negare l'attualità di una
lesione concernente la sfera costituzionalmente garantita alla re
II Foro Italiano — 1989.
gione ricorrente in materia di disciplina del proprio personale,
conseguente all'eventuale illegittimità del decreto di cui è causa:
dal che l'inammissibilità della doglianza in sede di conflitto di attribuzione.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi
le il conflitto di attribuzione proposto con il ricorso di cui in
epigrafe dalla regione Lombardia in relazione agli art. 1, n. 3,
4 e 10 d.p.r. 5 marzo 1986 n. 68, concernente «determinazione
e composizione dei comparti di contrattazione collettiva, di cui
all'art. 5 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983
n. 93», con riferimento agli art. 5, 115, 117, 118 e 119 Cost,
ed agli art. 5, 7, 8 e 10 1. 29 marzo 1983 n. 93.
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 26 luglio 1988, n. 891 (Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres. Saja, Est. Caianiello; Sindacato naz. autonomo medici italia
ni ed altri c. Inam ed altri; interv. Pres. cons, ministri. Ord.
Tar Lazio, sez■ III, 29 settembre - 29 ottobre 1979, n. 809 (G.U. n. 284 del 1980).
Sanitario — Personale sanitario convenzionato — Regolamenta zione con accordo collettivo nazionale — Questione manifesta
mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 18, 39; 1. 29
giugno 1977 n. 349, norme transitorie per il trasferimento alle
regioni delle funzioni già esercitate dagli enti mutualistici per la stipulazione delle convenzioni uniche per il personale sanita
rio in relazione alla riforma sanitaria, art. 8). Sanitario — Personale sanitario convenzionato — Remunerazio
ne per c.d. quota capitaria — Trattamento differenziato per i medici pediatri — Questione manifestamente infondata di co
stituzionalità (Cost., art. 3, 32, 36; 1. 29 giugno 1977 n. 349, art. 9).
Sanitario — Personale sanitario convenzionato — Convenzioni
uniche nazionali — Obbligo degli ordini e collegi professionali — Questione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 23; 1. 29 giugno 1977 n. 349, art. 11).
È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 18 e 39 Cost.,
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, 1° comma, l. 29 giugno 1977 n. 349 sulla stipulazione delle convenzioni
uniche per il personale sanitario convenzionato tra una delega
zione pubblica e le organizzazioni sindacali « più rappresentati ve» di ciascuna categoria, in quanto non appaiono menomati
i poteri di autonomia collettiva delle associazioni sindacali regi strate ed i diritti di libertà di associazione sindacale. (1)
È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 32 e 36
Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, 2°
comma, n. 6, l. 29 giugno 1977 n. 349, sul sistema di remune
razione c.d. per quota capitaria dei sanitari convenzionati, in
quanto detto sistema, unitamente agli altri che regolano il ser
vizio sanitario nazionale, realizza il contemperamento dell'inte
resse del prestatore d'opera con quello dei cittadini all'unifor mità e qualità del servizio e considerato che il diverso tratta
mento previsto per i medici pediatri è giustificato dalla obiettiva
diversità della morbilità infantile. (2) È manifestamente infondata, in riferimento all'art. 23 Cost., la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, 2° comma,
prima parte, l. 29 giugno 1977 n. 349, sull'obbligo degli ordini e collegi professionali di dare esecuzione ai compiti che saran
no demandati dalle convenzioni uniche, in quanto non vengo no poste a carico degli ordini stessi prestazioni di fare decise
da altri soggetti. (3)
(1-4) L'ordinanza del Tar Lazio leggesi in Foro it., 1980, III, 552, con nota di richiami, sul carattere obbligatorio dei contratti collettivi nazio nali per il personale sanitario e sulla determinazione del compenso dovu to ai medici convenzionati con l'Inam; l'ordinanza del Tar Abruzzo è massimata id., Rep. 1984, voce Sanità pubblica, n. 127; la medesima
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
II
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 16 giugno 1988, n. 656
(Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 22 giugno 1988, n. 25); Pres. Saja, Est. Caia niello; Carboni ed altri c. Usi Pescara; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Abruzzo, sez■ Pescara, 2 dicembre 1982 (G.U. n. 239 del 1983).
Sanitario — Personale sanitario convenzionato — Regolamenta zione con accordo collettivo nazionale recepito in d.p.r. — Que stioni manifestamente infondata e inammissibile di costituzio
nalità (Cost., art. 5, 39, 98, 117, 128; 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 48).
È manifestamente infondata, in riferimento agli art, 5, 39, 98
e 128 Cost., e manifestamente inammissibile, in riferimento al l'art. 117 Cost., la questione di legittimità costituzionale del
l'art. 48 l. 23 dicembre 1978 n. 833, il quale riserva esclusiva
mente ad un accordo collettivo nazionale, reso esecutivo con
d.p.r., la disciplina del convenzionamento esterno per il perso nale sanitario, attesa la partecipazione alla formazione dell'ac
cordo da parte degli enti locali e l'intento di assicurare unifor mità di trattamento per il personale sanitario a rapporto con
venzionale. (4)
I
Ritenuto che il Tar del Lazio — nel corso di un giudizio in
staurato dal Sindacato nazionale autonomo medici italiani ed al
tri contro l'Inam ed altri, per l'annullamento delle delibere con
le quali i commissari liquidatori dei soppressi enti mutualistici
di assistenza sanitaria hanno recepito l'accordo nazionale tipo per la disciplina dei rapporti convenzionali con i medici generici e pediatri — ha, con ordinanza emessa il 29 ottobre 1979, solleva
to, in riferimento agli art. 3, 18, 23, 32, 36 e 39 Cost., questioni di legittimità costituzionale degli art. 8, 1° comma, 9, 2° comma,
n. 6, ed 11, 2° comma, primo periodo, 1. 29 giugno 1977 n. 349
(«norme transitorie per il trasferimento alle regioni delle funzioni
già esercitate dagli enti mutualistici e per la stipulazione di con
venzioni uniche per il personale sanitario in relazione alla rifor
ma sanitaria»);
che, ad avviso del giudice a quo, l'art. 8, 1° comma, 1. 29
giugno 1977 n. 349, che prevede la stipula di un accordo naziona
le tipo tra una delegazione pubblica (ministri della sanità e del
lavoro e regioni) e le «organizzazioni sindacali a carattere nazio
nale più rappresentative di ciascuna categoria» di sanitari libero
professionisti convenzionati con gli enti pubblici erogatori del
l'assistenza sanitaria (medici generici, specialisti, medici ambula
toriali, titolari di farmacie, biologi, appartenenti alle categorie
sanitarie ausiliarie) «per la disciplina normativa e del trattamento
economico delle categorie medesime», contrasta con il principio di libertà di associazione sindacale (art. 39 e 18 Cost.), garantita a tutti i lavoratori e non già solo a quelli subordinati, in quanto
privilegia nella partecipazione alle trattative e alla stipulazione
dell'accordo (efficace nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria) associazioni non riconosciute mediante registrazione, e scelte con criteri approssimativi dalla stessa pubblica ammini
strazione, con la conseguenza che l'influenza delle singole orga nizzazioni sindacali non sarebbe proporzionale alla rappresentati vità di esse;
questione era stata giudicata manifestamente infondata da Tar Lazio, sez.
I, 17 agosto 1983, n. 779, ibid., n. 129.
Sulla funzione e sulla natura regolamentare dei d.p.r. recettivi di ac
cordi collettivi (nell'ambito generale del pubblico impiego ed in quello della sanità), v., oltre a Corte cost. 27 febbraio 1980, n. 21, id., 1980,
I, 899 e 29 luglio 1982, n. 161, id., 1982, I, 2995, con nota di M. De
Luca, anche Tar Lazio, sez. I, 24 giugno 1987, n. 1219 ed altre, id.,
1988, III, 529, con nota di richiami di G. Albenzio; 12 dicembre 1986, n. 2266, ibid., 174, per l'affermazione dell'insussistenza di invasione del
la sfera di competenza regionale per l'introduzione di criteri di incentiva
zione del personale e con ulteriori richiami sui rapporti fra legge e regola mento e sulla giurisdizione per le controversie in materia; 19 luglio 1986, n. 1023, id., 1987, III, 471, sulla disciplina convenzionale nell'ambito
del servizio sanitario nazionale; sul sistema di pagamento c.d. a quota
capitaria, v. Cass. 8 giugno 1987, n. 5017, ibid., I, 1713.
Il Foro Italiano — 1989.
che, altresì', secondo il Tar Lazio, l'art. 9, 2° comma, n. 6, 1. 29 giugno 1977 n. 349, che rimette all'accordo nazionale tipo la determinazione del trattamento economico «a seconda della
quantità e qualità del lavoro prestato», mediante tariffe socio
sanitarie costituite da un compenso globale annuo per assistito
integrabile per i pediatri e per essi soli, contrasta: a) con gli art.
32 e 36 Cost., in quanto la fissazione di una retribuzione «capita ria» svincolata dall'intensità dell'attività professionale prestata, non sembra applicare il principio (peraltro enunciato nella stessa
norma) della proporzionalità della retribuzione e non appare su
scettibile di garantire un'effettiva tutela della salute; b) con l'art.
3 Cost, in quanto la precisazione, per i soli pediatri, di un'inte
grazione della remunerazione capitaria, porrebbe un'ingiustifica ta disparità di trattamento tra medici generici e pediatri;
che, infine, ad avviso dello stesso Tar, l'art. 11, 2° comma,
prima parte, 1. 29 giugno 1977 n. 349, che pone a carico degli ordini e collegi professionali l'obbligo di dare esecuzione ai com
piti che saranno ad essi demandati dalle convenzioni uniche, con
trasta con l'art. 23 Cost., in quanto imporrebbe agli ordini pro fessionali sanitari prestazioni di fare decise da altri soggetti con
incidenza di carattere patrimoniale, senza rispettare il principio della riserva relativa, poiché la legge non detta i limiti da osser
varsi nella stipulazione dell'accordo; che si sono costituiti nel giudizio davanti a questa corte il com
missario liquidatore dell'Inani, la regione Lombardia, la regione
Veneto, la federazione italiana medici mutualistici, l'associazione
nazionale medici convenzionati, la federazione italiana medici pe diatri (quest'ultima fuori termine), chiedendo che le questioni siano
dichiarate non fondate;
che, si è costituita in giudizio la regione Toscana, sostenendo, in primo luogo, l'irrilevanza delle questioni sollevate in quanto il giudice a quo non avrebbe giurisdizione sulle convenzioni mu
tualistiche che costituirebbero una particolare forma di contratto
di diritto privato cui i singoli medici possono volontariamente
aderire mediante richiesta di iscrizione negli appositi elenchi, e, in secondo luogo, l'infondatezza delle questioni sollevate;
che anche la regione Veneto ha preliminarmente eccepito l'irri
levanza della questione relativa all'art. 8, 1° comma, 1. n. 349
del 1977, richiedendo il giudizio a quo, non tanto l'accertamento
della legittimità o meno della non partecipazione di tutte le rap
presentanze sindacali alla formazione dell'accordo, quanto, più
semplicemente, un'indagine sull'appartenenza dei ricorrenti a quelle
maggiormente rappresentative; che è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, per
il tramite dell'avvocatura generale dello Stato, chiedendo che venga dichiarata la non fondatezza della questione;
che la regione Umbria, costituitasi in giudizio con la difesa
e la rappresentanza dell'avvocatura generale dello Stato, ha fatto
proprie le deduzioni del presidente del consiglio dei ministri, alle quali si è riportata, concludendo, in conformità, per la infonda
tezza delle questioni; Considerato che l'eccezione di irrilevanza prospettata dalla re
gione Toscana sotto il profilo del difetto di giurisdizione del giu dice amministrativo sui rapporti nascenti dalle convenzioni mu
tualistiche deve essere disattesa, in quanto il giudizio a quo con
cerne le deliberazioni con le quali i commissari liquidatori dei
sopressi enti mutualistici hanno recepito l'accordo nazionale tipo
per la disciplina dei rapporti convenzionali con i medici generici e pediatri, e non invece le convenzioni da stipularsi in relazione
a tale accordo, onde la problematica dei rapporti che, con l'ade
sione volontaria, i singoli medici costituiscono con la struttura
organizzativa pubblica (enti mutualistici, prima della riforma sa
nitaria; od unità sanitarie locali, oggi) è estranea al giudizio in
staurato davanti al Tar Lazio;
che deve egualmente respingersi l'eccezione di irrilevanza for
mulata dalla regione Veneto, non potendosi ritenere che l'even
tuale caducazione della norma impugnata non influisca sulla de
finizione del giudizio a quo, e apparendo comunque, sul punto,
l'ordinanza di rimessione sufficientemente motivata;
che, per quanto concerne l'asserita violazione degli art. 18 e
39 Cost., va in questa sede ribadito quanto già affermato, in
relazione ad analoghe impugnazioni, nelle ordinanze nn. 656 e
780 del 1988; che, in particolare, va confermato che gli accordi nazionali per
il «personale a rapporto convenzionale» (previsti transitoriamen
te dalle disposizioni impugnate, e, oggi, disposte a regime dall'art.
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3083 PARTE PRIMA 3084
48 della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale) con gli enti preposti all'erogazione dell'assistenza sanitaria, non sono in
alcun modo riconducibili allo schema astrattamente previsto dal
l'art. 39, 4° comma, Cost., né rivestono, in relazione alla loro
semplice efficacia procedimentale, quel valore di fonte normativa
direttamente operante cui invece fa riferimento l'invocato para
metro costituzionale;
che, pertanto, del tutto inconferenti appaiono i dubbi di legitti
mità costituzionale dell'art. 8, 1° comma, 1. 29 giugno 1979 n.
349, prospettati con riguardo ai poteri di autonomia collettiva
delle associazioni sindacali registrate ed alla libertà di associazio
ne sindacale:
che il sistema di remunerazione c.d. per quota capitaria dei
sanitari convenzionati, rimesso all'accordo nazionale tipo dall'art.
9, 2° comma, n. 6, 1. 29 giugno 1977 n. 349, realizza, in connes
sione alla determinazione del rapporto ottimale medico-assistibili
e alla fissazione di massimale degli assistiti, il contemperamento dell'interesse del prestatore d'opera (ad un corrispettivo economi
co globalmente commisurato alle prestazioni immediatamente re
se) con l'interesse dei cittadini all'uniformità e qualità del servi
zio sanitario, attraverso il quale viene attuato il loro diritto alla
salute;
che il trattamento parzialmente differenziato dei medici pedia
tri, ipotizzato dall'art. 9, 2° comma, n. 6, 1. n. 349 del 1977,
si giustifica razionalmente in relazione alla obiettiva diversità del
la morbilità infantile; che l'art. 11, 2° comma, prima parte, 1. 29 giugno 1977 n.
349, stabilendo che gli ordini e collegi professionali sono tenuti
a dare esecuzione ai «compiti» che saranno ad essi demandati
dalle convenzioni uniche, lungi dal porre a carico degli ordini
stessi prestazioni di fare decise da altri soggetti, si limita a preve dere che, attraverso le convenzioni uniche, siano specificati ed
articolati «compiti» degli ordini, già rientranti tra le funzioni per
legge loro attribuite;
che, pertanto, conclusivamente, tutte le questioni prospettate risultano manifestamente infondate;
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale; Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta
infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli art.
8, 1° comma, 9, 2° comma, n. 6, ed 11, 2° comma, primo perio
do, 1. 29 giugno 1977 n. 349 («norme transitorie per il trasferi
mento alle regioni delle funzioni già esercitate dagli enti mutuali
stici e per la stipulazione di convenzioni uniche per il personale sanitario in relazione alla riforma sanitaria») sollevate, in riferi
mento agli art. 3, 18, 23, 32, 36 e 39 Cost., dal Tar Lazio, con
l'ordinanza in epigrafe indicata.
II
Ritenuto che nel corso di un giudizio amministrativo avente
ad oggetto l'impugnazione di alcuni provvedimenti di proroga e
modifica del regime delle convenzioni in atto fra il personale sa
nitario e la Usi di Pescara, il Tar Abruzzo, con ordinanza in
data 2 dicembre 1982, ha sollevato questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 48 1. 23 dicembre 1978, n. 833 («istituzione del servizio sanitario nazionale»);
che la disposizione, impugnata nella parte in cui riserva esclusi
vamente ad un accordo collettivo nazionale, reso esecutivo con
decreto del presidente della repubblica su proposta del presidente del consiglio dei ministri, la disciplina del convenzionamento ester
no con il personale sanitario, si porrebbe in contrasto con la Co
stituzione qualunque sia il valore che si voglia attribuire al pre detto decreto presidenziale;
che, difatti, qualora quest'ultimo abbia funzione solo omolo
gativa di un accordo obbligatorio erga omnes, la norma censura
ta violerebbe l'art. 39 Cost., in quanto: a) il contratto collettivo
sarebbe stipulato da rappresentanti di lavoratori non accomunati
in rappresentanze unitarie di tutte le organizzazioni sindacali di
categoria, ma espressi solo da alcuni specifici sindacati ed organi;
ti) i sindacati, che partecipano a tali negoziati, non avrebbero
ottemperato all'onere della registrazione; c) i rappresentanti dei
datori di lavoro sarebbero espressi da enti diversi rispetto alle
figure organizzative su cui si ripercuotono gli effetti del contrat
II Foro Italiano — 1989.
to; d) l'influenza delle singole organizzazioni sindacali, nell'am
bito della propria parte contrattuale, non sarebbe proporzionale alla rappresentatività di esse (in termini di unità lavorative o di
importanza dell'organizzazione datrice di lavoro); e) la posizione
di privilegio riconosciuta all'Anci non sarebbe conciliabile con
il principio della libertà sindacale; che, per altro verso, se il decreto presidenziale fosse configura
bile alla stregua di un ordinario regolamento statale (che non ri
pete la sua forza dall'accordo raggiunto fra le parti contrapposte
del rapporto di lavoro) la disposizione impugnata risulterebbe in
compatibile con gli art. 5, 39, 97, 117 e 128 Cost., in quanto:
a) consentirebbe ad atti regolamentari «di comprimere in modo
radicale l'autonomia delle Usi, che sono espressioni di enti loca
li»; b) «vincolerebbe i regolamenti a far ciò sulla base dell'inter
vento di organizzazioni sindacali costantemente scelte in modo
da privilegiare soltanto le maggiori e precludere alle minori situa
zioni di sostanziali parità idonee a permettere la concorrenza ed
eventualmente il ricambio»; c) «vincolerebbe l'espletamento della
potestà regolamentare, non già alla scelta di autorità imparziali
e responsabili dinanzi al parlamento, ma all'accordo raggiunto
con gli interessati»; che è intervenuta l'avvocatura generale dello Stato chiedendo
la rimessione degli atti al giudice a quo per un riesame della que
stione alla luce della nuova 1. 29 marzo 1983 n. 93, e, in subordi
ne, una pronuncia di infondatezza; Considerato che il richiesto riesame della questione in relazione
alla sopravvenuta legge-quadro sul pubblico impiego (n. 93 del
1983) appare inconferente ai fini della definizione del giudizio a quo, in quanto, pur ammettendosi che la nuova normativa ab
bia modificato la disciplina contenuta nella disposizione censura
ta, è sempre, comunque, alla stregua di quest'ultima che occorre
valutare la legittimità degli impugnati provvedimenti ammini
strativi; che in relazione alla prima ipotesi interpretativa avanzata dal
giudice a quo, e cioè alla funzione esclusivamente «omologativa» del decreto presidenziale che recepisce l'accordo collettivo, va ri
levato che questa corte, con sentenza n. 21 del 1980 (Foro it.,
1980, I, 899), ha invece ritenuto, pur senza affermare esplicita mente il carattere «regolamentare» dell'atto, che una noma (art. 28 1. 20 marzo 1975 n. 70) analoga a quella impugnata poneva in essere una «devoluzione istituzionale di potere normativo» al
governo, e ciò allo scopo di rendere operanti le clausole degli accordi sindacali dallo stesso approvate;
che, comunque, a prescindere dal precedente rilievo, la que stione concernente l'asserito contrasto con l'art. 39 Cost., è ma
nifestamente infondata dal momento che l'accordo sindacale, pre visto dalla disposizione censurata, rappresentando solo una fase
procedimentale della «disciplina in base ad accordi», non ha di
per sé quel valore di fonte normativa direttamente operante cui
invece fa riferimento l'invocato parametro costituzionale; che d'altra parte il sistema introdotto dalla norma impugnata,
che trova ulteriore riscontro negli art. 9 1. 22 luglio 1975 n. 382
(per il personale dello Stato), 26 1. 20 marzo 1975 n. 70 (per il personale del parastato), e nell'art. 8 d.l. 29 dicembre 1977
n. 946 (per il personale degli enti locali), nonché nella legge qua dro sul pubblico impiego (1. 29 marzo 1983 n. 93), rende la con
trattazione collettiva nel settore pubblico insuscettibile, per i suoi
aspetti peculiari, di essere inquadrata in schemi quale quello astrat
tamente previsto dall'art. 39, 4° comma, Cost., che, peraltro,
per la sua operatività presuppone l'attuazione dell'obbligo della
registrazione (sent. n. 161 del 1982, punto 17.2, id., 1982,1, 2995); che anche con riferimento all'ipotesi alternativa della natura
regolamentare del decreto presidenziale di recepimento dell'ac
cordo, ed alla connessa compressione dell'autonomia delle Usi
con conseguente violazione degli art. 5 e 128 Cost., la questione è manifestamente infondata;
che, difatti, dovendosi confermare la natura di atto di norma
zione secondaria del decreto che attribuisce efficacia all'accordo
(sent. n. 21 del 1980), non può non rilevarsi come esso si inseri
sca nella fase finale di un procedimento di formazione delle nor
me, cosi dando luogo ad una fonte di produzione giuridica di
natura peculiare che ne giustifica la sovraordinazione alla potestà
regolamentare degli enti locali;
che, peraltro, il nuovo sistema che, contrariamente al precedente tutto incentrato sul momento autoritativo, fa perno sul consenso
dei soggetti interessati consente comunque di escludere che la de
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
legificazione operata dalla norma impugnata nella materia, limiti
le autonomie locali, essendo prevista la loro partecipazione al
l'accordo e cioè al momento fondamentale e sostanziale di for
mazione della nuova disciplina;
che, quindi, l'autonomia degli enti locali garantita solo nel l'ambito dei principi fissati con leggi dello Stato, non appare me
nomata da una norma quale quella impugnata che, da un lato, non esclude un certo margine di discrezionalità nell'attuazione
della disciplina per accordi, e, dall'altro, appare ispirata all'esi
genza di garantire altri e non meno fondamentali parametri costi
tuzionali (art. 3 e 97 Cost.), nell'intento di assicurare uniformità
al trattamento economico e normativo del personale sanitario a
rapporto convenzionale; che in tal senso la questione appare manifestamente infondata
anche sotto il profilo concernente la pretesa violazione dell'art.
97, dovendosi negare che un sistema di normazione fondato sul
l'accordo degli interessati, anziché sul momento autoritativo, non
sia egualmente in grado di garantire un'organizzazione dei pub blici uffici improntata a criteri di imparzialità e di buon an damento;
che manifestamente inammissibile è invece la questione di le
gittimità costituzionale sollevata sotto il profilo della pretesa vio
lazione dell'art. 117 Cost., essendo al riguardo l'ordinanza di
rimessione carente di ogni motivazione circa il requisito della non
manifesta infondatezza.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi avanti la Corte co
stituzionale; Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art.
48 1. 23 dicembre 1978 n. 833, sollevata in riferimento agli art.
5, 39, 98 e 128 Cost., dal Tar Abruzzo, con l'ordinanza indicata
in epigrafe; dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 48 1. 23 dicembre 1978 n.
833, sollevata in riferimento all'art. 117 Cost., dal Tar Abruzzo, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 aprile 1988, n. 499
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 11 maggio 1988, n. 19); Pres. Saja, Est. Pescatore; Soc. immob. Lemie c. Comune
di Torino (Aw. Salvucci); Soc. Fornace laterizi Valentia c.
Comune di Valenza; interv. Regione Piemonte (Avv. Prodie
ri). Ord. Tar Piemonte 4 dicembre 1979 (G.U. n. 222 del 1980) 24 settembre 1980 (tre) (G.U. nn. 83, 77 e 179 del 1981).
Regione — Piemonte — Cava — Variante ai piano regolatore — Necessità — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117, 128; 1. reg. Piemonte 5 dicembre 1977 n. 56, tutela
dell'uso del suolo, art. 4, 55; 1. reg. Piemonte 22 novembre
1978 n. 69, coltivazione di cave e torbiere, art. 1, 2, 3, 4, 7).
È infondata, in riferimento all'art. 128 Cost., la questione di le
gittimità costituzionale, dell'art. 3, ultimo comma, I. reg. Pie
monte 22 novembre 1978 n. 69, nella parte in cui impone ai
comuni che vengono a conoscere l'esistenza di giacimenti di
cava o torbiera non ancora previsti o disciplinati dai vigenti strumenti urbanistici, di adottare, a fini di salvaguardia della risorsa estrattiva, la relativa variante secondo la procedura pre
vista dal 2° comma dello stesso articolo. (1)
(1) La motivazione della sentenza conferma alcuni consolidati principi
giurisprudenziali: a) l'attrazione nell'ambito dell'urbanistica di materie,
quali l'ambiente naturale e la sua trasformazione, la cui disciplina deve
essere ricondotta alle finalità generali della programmazione urbanistica
e il cui ambito normativo costituisce un sottosistema del sistema di nor
mazione urbanistica: v. in termini Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre
1987, n. 731, Foro it., Rep. 1987, voce Edilizia e urbanistica, n. 381; 29 novembre 1985, n. 620, id., Rep. 1986, voce cit., n. 196; b) la legitti
II Foro Italiano — 1989 — Parte I-59.
Diritto. — 6. -1 giudizi possono riunirsi, perché hanno ad og
getto questioni identiche e possono essere decisi con unica de
cisione.
7. - Il Tar per il Piemonte, con le ordinanze indicate in epigra fe, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3, ultimo com
ma, 1. reg. Piemonte 22 novembre 1978 n. 69 («coltivazione di
cave e torbiere»), nella parte in cui impone ai comuni che vengo no a conoscere l'esistenza di giacimenti di cava o torbiera, non
ancora previsti o disciplinati dagli strumenti urbanistici, di adot
tare, ai fini di salvaguardia della risorsa estrattiva, la relativa va
riante.
Si realizzerebbe, con questa norma, un'imposizione all'autorità
comunale, intesa a modificare gli strumenti urbanistici ogni qual volta le previsioni di essi siano di pregiudizio allo sfruttamento
delle risorse estrattive di nuova identificazione. Si violerebbe, co
si, l'art. 128 Cost, che garantisce l'autonomia comunale nell'am
bito dei principi fissati dalle leggi generali della repubblica, auto
nomia che trova una delle sue esplicazioni tipiche nell'adozione
degli anzidetti strumenti urbanistici. Non si afferma, peraltro, nelle
ordinanze, che siffatta autonomia concreti una potestà esclusiva
in materia, ma si profila, alla stregua di un consolidato insegna mento di questa corte, l'esigenza di una cooperazione ponderati va dei diversi interessi che — anche se può limitare i poteri comu
nali — deve obbedire in ogni caso al principio di ragionevolezza. 8. - Osserva la corte che, valutata alla stregua di questi esatti
principi, la norma censurata appare immune dal dedotto vizio
di costituzionalità.
È da premettere che, a norma dell'art. 117 Cost., la materia
delle cave e torbiere e quella urbanistica appartengono alla pote stà legislativa concorrente della regione; si è in presenza di mate
rie omogenee, dal punto di vista del tipo della disciplina regola
trice, e idonee, per il loro contenuto, a procedimenti di reciproca
integrazione. Questo rilievo consente di porre nella giusta pro
spettiva un precetto qualificante della 1. reg. Piemonte n. 69 del
1978, il cui art. 3, ultimo comma, viene sospettato di illegittimità dalle ordinanze di rimessione.
Si tratta dell'art. 2 che prevede la predisposizione ad opera della regione di un piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di cave e di torbiere, le cui indicazioni e previsioni, inserite nei
piani territoriali, con l'osservanza delle procedure previste dalla
1. reg. 19 agosto 1977 n. 43 e dall'art. 4 1. reg. 5 dicembre 1977
n. 56 («tutela dell'uso del suolo»), concorrono a disciplinare la
materia insieme con la specifica normativa regionale relativa al
settore estrattivo.
Si realizza, cosi, per espressa disposizione della legge regionale
censurata, un efficace coordinamento tra i piani territoriali e il
piano di sfruttamento delle cave e delle torbiere.
Inoltre, l'art. 1, 2° comma, 1. reg. n. 69, sottoponendo ad autoriz
mità di norme contenute negli strumenti urbanistici dirette a disciplinare l'attività estrattiva di coltivazione di cave: v. in termini Cons. Stato, sez.
VI, 2 luglio 1987, n. 467, id., Rep. 1987, voce Miniera e cava, n. 6;
c) la sottoposizione dell'attività di coltivazione di cava al regime autoriz zatorio di competenza regionale: v. in termini Tar Sardegna 17 marzo
1986, n. 162, ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 383; contra, Tar Puglia 3 marzo 1987, n. 136, ibid., n. 382; d) la prevalenza dell'interesse urbani stico sull'interesse allo sfruttamento di cave e miniere, su cui cfr. Cons.
Stato, sez. VI, 5 ottobre 1984, n. 571, id., 1985, III, 158, con nota di
richiami, giustifica l'imposizione da parte della regione, in quanto ente
dotato di competenza per effetto del trasferimento ad essa nella suddetta
materia di funzioni amministrative e legislative, di variante, a fini di sal
vaguardia della risorsa estrattiva, allo strumento urbanistico comunale
vigente: l'adozione di variante, anche parziale, allo strumento urbanistico
generale rappresenta manifestazione della discrezionalità dell'amministra
zione e richiede adeguata e obbligatoria motivazione solamente quando
vengano sacrificate posizioni giuridiche soggettive consolidate o eluse le
gittime aspettative di determinati soggetti: v. in termini Cons. Stato, sez.
IV, 30 marzo 1987, n. 183, id., Rep. 1987, voce cit., n. 227; 3 dicembre
1986, n. 809, ibid., n. 232.
Sul punto relativo ai rapporti tra programmazione urbanistica ed atti
vità estrattiva, v. i riferimenti di giurisprudenza e di dottrina in nota
a Cons. Stato, sez. VI, 20 novembre 1986, n. 865, id., 1988, III, 205;
mentre, per quanto riguarda la questione più specifica dei rapporti tra
attività estrattiva e vincolo idrogeologico, v. Corte cost. 15 luglio 1985, n. 201, ibid., I, 64, con nota di richiami di L. Verrienti e Tar Emilia
Romagna 19 dicembre 1986, n. 640, ibid., III, 52, con nota di ri
chiami.
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