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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || ordinanza 26 luglio 1988, n. 891 (Gazzetta...

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ordinanza 26 luglio 1988, n. 891 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres. Saja, Est. Caianiello; Sindacato naz. autonomo medici italiani ed altri c. Inam ed altri; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Tar Lazio, sez. III, 29 settembre - 29 ottobre 1979, n. 809 (G.U. n. 284 del 1980) Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 3079/3080-3085/3086 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184263 . Accessed: 28/06/2014 07:55 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 07:55:48 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 26 luglio 1988, n. 891 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31);Pres. Saja, Est. Caianiello; Sindacato naz. autonomo medici italiani ed altri c. Inam ed altri;interv. Pres. cons. ministri. Ord. Tar Lazio, sez. III, 29 settembre - 29 ottobre 1979, n. 809(G.U. n. 284 del 1980)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 3079/3080-3085/3086Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184263 .

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3079 PARTE PRIMA 3080

espressa attraverso pareri obbligatori, ma non vincolanti: attività

che, nella specie, è stata puntualmente espletata dalla regione Lom

bardia mediante il parere espresso nei confronti dell'accordo del

21 dicembre 1984 con la deliberazione del consiglio regionale in

data 27 marzo 1985 n. III/2087.

Sotto il profilo in esame si deve, dunque, escludere la possibili tà di riferire al decreto impugnato una potenzialità lesiva, diretta

e immediata, della sfera di attribuzioni costituzionalmente garan tita alla regione ricorrente.

4. - Resta, peraltro, da valutare — ed è questo l'oggetto pro

prio della controversia — se una lesione, nella specie, possa es

sersi determinata in via indiretta e mediata, attraverso l'esercizio

concreto del potere che ha condotto alla configurazione del com

parto, dal momento che questo, per non essere stato riservato

esclusivamente al personale delle regioni e degli enti pubblici non

economici da esse dipendenti, potrebbe aver determinato una li

mitazione ed un condizionamento illegittimi nella sfera della com

petenza costituzionale spettante alla regione in materia di ordina

mento dei propri uffici e del proprio personale.

Questo aspetto del problema impone di tener presenti, insieme

con i criteri fissati nell'ultimo comma dell'art. 5 («il comparto

comprende, nel rispetto delle autonomie costituzionalmente ga

rantite, i dipendenti di più settori della pubblica amministrazione

omogenei e affini»), i principi informatori che hanno ispirato la

legge quadro sul pubblico impiego. In proposito va ricordato co

me nella giurisprudenza di questa corte siano state sottolineate,

con la natura di legge di riforma economico-sociale, le profonde novità introdotte dalla 1. n. 93 del 1983: novità che, attraverso

la definizione di un particolare meccanismo di contrattazione col

lettiva in materia di pubblico impiego, si sono venute a riflettere

anche nel quadro costituzionale dei rapporti tra Stato e regioni, modificando alcuni dei suoi termini di riferimento tradizionali

(sent. n. 219 del 1984, Foro it., 1985, I, 67). Questa giurispru denza ha, altresì, rilevato il «delicato bilanciamento» che, attra

verso la stessa legge, si è inteso realizzare tra diversi interessi co

stituzionali «quali il principio della contrattazione collettiva, il

principio dell'autonomia legislativa regionale (e conseguente ri

serva di legge statale e regionale) e il principio del coordinamento

nazionale delle legislazioni delle regioni, se pure per via coopera tiva» (sent. n. 217 del 1987, id., Rep. 1987, voce Regione, n.

135): principi che hanno condotto a delineare nella legge una se

rie di garanzie e di procedure rigorose dirette a conferire agli

accordi collettivi maturati tra amministrazioni pubbliche e sinda

cati «un particolare valore ed una specifica efficacia direttiva»,

consentendo agli stessi «di assolvere alla complessa funzione po litica e costituzionale loro demandata».

Ora, se valutiamo la complessa procedura destinata a condurre — secondo il disegno tracciato nella legge n. 93 — alla formazio

ne della disciplina concernente l'impiego regionale, possiamo rile

vare come ciascuna regione sia stata legittimata dalla stessa legge a partecipare, in piena autonomia, ad ambedue le fasi fondamen

tali di tale procedimento: sia alla fase contrattuale, mediante la

presenza di un proprio rappresentante nella delegazione di parte

pubblica costituita per la stipula degli accordi (art. 10, 1° com

ma); sia alla fase normativa, mediante l'approvazione con prov vedimento regionale degli accordi stipulati, approvazione cui la

legge subordina l'operatività degli stessi accordi nell'ambito re

gionale (art. 10, 3° comma). Con riferimento al caso in esame non sembra, dunque, che

la contestata violazione delle regole poste dalla legge n. 93 per la procedura di definizione dei comparti possa essere, di per sé, considerata idonea e sufficiente a determinare una lesione, per

quanto indiretta e mediata, della sfera costituzionalmente garan tita alla regione in materia di ordinamento del proprio personale: e questo in relazione tanto al carattere preliminare di tale proce dura rispetto alla stipula dei successivi accordi sindacali, quanto

all'ampiezza dei poteri riconosciuti alla regione in sede di recepi mento degli stessi accordi.

In questo quadro, l'effetto lesivo per la sfera delle competenze

regionali non potrà, dunque, manifestarsi, nei suoi termini con

creti, indipendentemente dai contenuti specifici di tali accordi, contenuti né definiti né pregiudicati al momento della conclusio

ne della procedura di determinazione del comparto tracciata nel

l'art. 5 legge n. 93.

Quanto precede conduce, pertanto, a negare l'attualità di una

lesione concernente la sfera costituzionalmente garantita alla re

II Foro Italiano — 1989.

gione ricorrente in materia di disciplina del proprio personale,

conseguente all'eventuale illegittimità del decreto di cui è causa:

dal che l'inammissibilità della doglianza in sede di conflitto di attribuzione.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi

le il conflitto di attribuzione proposto con il ricorso di cui in

epigrafe dalla regione Lombardia in relazione agli art. 1, n. 3,

4 e 10 d.p.r. 5 marzo 1986 n. 68, concernente «determinazione

e composizione dei comparti di contrattazione collettiva, di cui

all'art. 5 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983

n. 93», con riferimento agli art. 5, 115, 117, 118 e 119 Cost,

ed agli art. 5, 7, 8 e 10 1. 29 marzo 1983 n. 93.

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 26 luglio 1988, n. 891 (Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres. Saja, Est. Caianiello; Sindacato naz. autonomo medici italia

ni ed altri c. Inam ed altri; interv. Pres. cons, ministri. Ord.

Tar Lazio, sez■ III, 29 settembre - 29 ottobre 1979, n. 809 (G.U. n. 284 del 1980).

Sanitario — Personale sanitario convenzionato — Regolamenta zione con accordo collettivo nazionale — Questione manifesta

mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 18, 39; 1. 29

giugno 1977 n. 349, norme transitorie per il trasferimento alle

regioni delle funzioni già esercitate dagli enti mutualistici per la stipulazione delle convenzioni uniche per il personale sanita

rio in relazione alla riforma sanitaria, art. 8). Sanitario — Personale sanitario convenzionato — Remunerazio

ne per c.d. quota capitaria — Trattamento differenziato per i medici pediatri — Questione manifestamente infondata di co

stituzionalità (Cost., art. 3, 32, 36; 1. 29 giugno 1977 n. 349, art. 9).

Sanitario — Personale sanitario convenzionato — Convenzioni

uniche nazionali — Obbligo degli ordini e collegi professionali — Questione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 23; 1. 29 giugno 1977 n. 349, art. 11).

È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 18 e 39 Cost.,

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, 1° comma, l. 29 giugno 1977 n. 349 sulla stipulazione delle convenzioni

uniche per il personale sanitario convenzionato tra una delega

zione pubblica e le organizzazioni sindacali « più rappresentati ve» di ciascuna categoria, in quanto non appaiono menomati

i poteri di autonomia collettiva delle associazioni sindacali regi strate ed i diritti di libertà di associazione sindacale. (1)

È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 32 e 36

Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, 2°

comma, n. 6, l. 29 giugno 1977 n. 349, sul sistema di remune

razione c.d. per quota capitaria dei sanitari convenzionati, in

quanto detto sistema, unitamente agli altri che regolano il ser

vizio sanitario nazionale, realizza il contemperamento dell'inte

resse del prestatore d'opera con quello dei cittadini all'unifor mità e qualità del servizio e considerato che il diverso tratta

mento previsto per i medici pediatri è giustificato dalla obiettiva

diversità della morbilità infantile. (2) È manifestamente infondata, in riferimento all'art. 23 Cost., la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, 2° comma,

prima parte, l. 29 giugno 1977 n. 349, sull'obbligo degli ordini e collegi professionali di dare esecuzione ai compiti che saran

no demandati dalle convenzioni uniche, in quanto non vengo no poste a carico degli ordini stessi prestazioni di fare decise

da altri soggetti. (3)

(1-4) L'ordinanza del Tar Lazio leggesi in Foro it., 1980, III, 552, con nota di richiami, sul carattere obbligatorio dei contratti collettivi nazio nali per il personale sanitario e sulla determinazione del compenso dovu to ai medici convenzionati con l'Inam; l'ordinanza del Tar Abruzzo è massimata id., Rep. 1984, voce Sanità pubblica, n. 127; la medesima

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 16 giugno 1988, n. 656

(Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 22 giugno 1988, n. 25); Pres. Saja, Est. Caia niello; Carboni ed altri c. Usi Pescara; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Abruzzo, sez■ Pescara, 2 dicembre 1982 (G.U. n. 239 del 1983).

Sanitario — Personale sanitario convenzionato — Regolamenta zione con accordo collettivo nazionale recepito in d.p.r. — Que stioni manifestamente infondata e inammissibile di costituzio

nalità (Cost., art. 5, 39, 98, 117, 128; 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 48).

È manifestamente infondata, in riferimento agli art, 5, 39, 98

e 128 Cost., e manifestamente inammissibile, in riferimento al l'art. 117 Cost., la questione di legittimità costituzionale del

l'art. 48 l. 23 dicembre 1978 n. 833, il quale riserva esclusiva

mente ad un accordo collettivo nazionale, reso esecutivo con

d.p.r., la disciplina del convenzionamento esterno per il perso nale sanitario, attesa la partecipazione alla formazione dell'ac

cordo da parte degli enti locali e l'intento di assicurare unifor mità di trattamento per il personale sanitario a rapporto con

venzionale. (4)

I

Ritenuto che il Tar del Lazio — nel corso di un giudizio in

staurato dal Sindacato nazionale autonomo medici italiani ed al

tri contro l'Inam ed altri, per l'annullamento delle delibere con

le quali i commissari liquidatori dei soppressi enti mutualistici

di assistenza sanitaria hanno recepito l'accordo nazionale tipo per la disciplina dei rapporti convenzionali con i medici generici e pediatri — ha, con ordinanza emessa il 29 ottobre 1979, solleva

to, in riferimento agli art. 3, 18, 23, 32, 36 e 39 Cost., questioni di legittimità costituzionale degli art. 8, 1° comma, 9, 2° comma,

n. 6, ed 11, 2° comma, primo periodo, 1. 29 giugno 1977 n. 349

(«norme transitorie per il trasferimento alle regioni delle funzioni

già esercitate dagli enti mutualistici e per la stipulazione di con

venzioni uniche per il personale sanitario in relazione alla rifor

ma sanitaria»);

che, ad avviso del giudice a quo, l'art. 8, 1° comma, 1. 29

giugno 1977 n. 349, che prevede la stipula di un accordo naziona

le tipo tra una delegazione pubblica (ministri della sanità e del

lavoro e regioni) e le «organizzazioni sindacali a carattere nazio

nale più rappresentative di ciascuna categoria» di sanitari libero

professionisti convenzionati con gli enti pubblici erogatori del

l'assistenza sanitaria (medici generici, specialisti, medici ambula

toriali, titolari di farmacie, biologi, appartenenti alle categorie

sanitarie ausiliarie) «per la disciplina normativa e del trattamento

economico delle categorie medesime», contrasta con il principio di libertà di associazione sindacale (art. 39 e 18 Cost.), garantita a tutti i lavoratori e non già solo a quelli subordinati, in quanto

privilegia nella partecipazione alle trattative e alla stipulazione

dell'accordo (efficace nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria) associazioni non riconosciute mediante registrazione, e scelte con criteri approssimativi dalla stessa pubblica ammini

strazione, con la conseguenza che l'influenza delle singole orga nizzazioni sindacali non sarebbe proporzionale alla rappresentati vità di esse;

questione era stata giudicata manifestamente infondata da Tar Lazio, sez.

I, 17 agosto 1983, n. 779, ibid., n. 129.

Sulla funzione e sulla natura regolamentare dei d.p.r. recettivi di ac

cordi collettivi (nell'ambito generale del pubblico impiego ed in quello della sanità), v., oltre a Corte cost. 27 febbraio 1980, n. 21, id., 1980,

I, 899 e 29 luglio 1982, n. 161, id., 1982, I, 2995, con nota di M. De

Luca, anche Tar Lazio, sez. I, 24 giugno 1987, n. 1219 ed altre, id.,

1988, III, 529, con nota di richiami di G. Albenzio; 12 dicembre 1986, n. 2266, ibid., 174, per l'affermazione dell'insussistenza di invasione del

la sfera di competenza regionale per l'introduzione di criteri di incentiva

zione del personale e con ulteriori richiami sui rapporti fra legge e regola mento e sulla giurisdizione per le controversie in materia; 19 luglio 1986, n. 1023, id., 1987, III, 471, sulla disciplina convenzionale nell'ambito

del servizio sanitario nazionale; sul sistema di pagamento c.d. a quota

capitaria, v. Cass. 8 giugno 1987, n. 5017, ibid., I, 1713.

Il Foro Italiano — 1989.

che, altresì', secondo il Tar Lazio, l'art. 9, 2° comma, n. 6, 1. 29 giugno 1977 n. 349, che rimette all'accordo nazionale tipo la determinazione del trattamento economico «a seconda della

quantità e qualità del lavoro prestato», mediante tariffe socio

sanitarie costituite da un compenso globale annuo per assistito

integrabile per i pediatri e per essi soli, contrasta: a) con gli art.

32 e 36 Cost., in quanto la fissazione di una retribuzione «capita ria» svincolata dall'intensità dell'attività professionale prestata, non sembra applicare il principio (peraltro enunciato nella stessa

norma) della proporzionalità della retribuzione e non appare su

scettibile di garantire un'effettiva tutela della salute; b) con l'art.

3 Cost, in quanto la precisazione, per i soli pediatri, di un'inte

grazione della remunerazione capitaria, porrebbe un'ingiustifica ta disparità di trattamento tra medici generici e pediatri;

che, infine, ad avviso dello stesso Tar, l'art. 11, 2° comma,

prima parte, 1. 29 giugno 1977 n. 349, che pone a carico degli ordini e collegi professionali l'obbligo di dare esecuzione ai com

piti che saranno ad essi demandati dalle convenzioni uniche, con

trasta con l'art. 23 Cost., in quanto imporrebbe agli ordini pro fessionali sanitari prestazioni di fare decise da altri soggetti con

incidenza di carattere patrimoniale, senza rispettare il principio della riserva relativa, poiché la legge non detta i limiti da osser

varsi nella stipulazione dell'accordo; che si sono costituiti nel giudizio davanti a questa corte il com

missario liquidatore dell'Inani, la regione Lombardia, la regione

Veneto, la federazione italiana medici mutualistici, l'associazione

nazionale medici convenzionati, la federazione italiana medici pe diatri (quest'ultima fuori termine), chiedendo che le questioni siano

dichiarate non fondate;

che, si è costituita in giudizio la regione Toscana, sostenendo, in primo luogo, l'irrilevanza delle questioni sollevate in quanto il giudice a quo non avrebbe giurisdizione sulle convenzioni mu

tualistiche che costituirebbero una particolare forma di contratto

di diritto privato cui i singoli medici possono volontariamente

aderire mediante richiesta di iscrizione negli appositi elenchi, e, in secondo luogo, l'infondatezza delle questioni sollevate;

che anche la regione Veneto ha preliminarmente eccepito l'irri

levanza della questione relativa all'art. 8, 1° comma, 1. n. 349

del 1977, richiedendo il giudizio a quo, non tanto l'accertamento

della legittimità o meno della non partecipazione di tutte le rap

presentanze sindacali alla formazione dell'accordo, quanto, più

semplicemente, un'indagine sull'appartenenza dei ricorrenti a quelle

maggiormente rappresentative; che è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, per

il tramite dell'avvocatura generale dello Stato, chiedendo che venga dichiarata la non fondatezza della questione;

che la regione Umbria, costituitasi in giudizio con la difesa

e la rappresentanza dell'avvocatura generale dello Stato, ha fatto

proprie le deduzioni del presidente del consiglio dei ministri, alle quali si è riportata, concludendo, in conformità, per la infonda

tezza delle questioni; Considerato che l'eccezione di irrilevanza prospettata dalla re

gione Toscana sotto il profilo del difetto di giurisdizione del giu dice amministrativo sui rapporti nascenti dalle convenzioni mu

tualistiche deve essere disattesa, in quanto il giudizio a quo con

cerne le deliberazioni con le quali i commissari liquidatori dei

sopressi enti mutualistici hanno recepito l'accordo nazionale tipo

per la disciplina dei rapporti convenzionali con i medici generici e pediatri, e non invece le convenzioni da stipularsi in relazione

a tale accordo, onde la problematica dei rapporti che, con l'ade

sione volontaria, i singoli medici costituiscono con la struttura

organizzativa pubblica (enti mutualistici, prima della riforma sa

nitaria; od unità sanitarie locali, oggi) è estranea al giudizio in

staurato davanti al Tar Lazio;

che deve egualmente respingersi l'eccezione di irrilevanza for

mulata dalla regione Veneto, non potendosi ritenere che l'even

tuale caducazione della norma impugnata non influisca sulla de

finizione del giudizio a quo, e apparendo comunque, sul punto,

l'ordinanza di rimessione sufficientemente motivata;

che, per quanto concerne l'asserita violazione degli art. 18 e

39 Cost., va in questa sede ribadito quanto già affermato, in

relazione ad analoghe impugnazioni, nelle ordinanze nn. 656 e

780 del 1988; che, in particolare, va confermato che gli accordi nazionali per

il «personale a rapporto convenzionale» (previsti transitoriamen

te dalle disposizioni impugnate, e, oggi, disposte a regime dall'art.

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3083 PARTE PRIMA 3084

48 della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale) con gli enti preposti all'erogazione dell'assistenza sanitaria, non sono in

alcun modo riconducibili allo schema astrattamente previsto dal

l'art. 39, 4° comma, Cost., né rivestono, in relazione alla loro

semplice efficacia procedimentale, quel valore di fonte normativa

direttamente operante cui invece fa riferimento l'invocato para

metro costituzionale;

che, pertanto, del tutto inconferenti appaiono i dubbi di legitti

mità costituzionale dell'art. 8, 1° comma, 1. 29 giugno 1979 n.

349, prospettati con riguardo ai poteri di autonomia collettiva

delle associazioni sindacali registrate ed alla libertà di associazio

ne sindacale:

che il sistema di remunerazione c.d. per quota capitaria dei

sanitari convenzionati, rimesso all'accordo nazionale tipo dall'art.

9, 2° comma, n. 6, 1. 29 giugno 1977 n. 349, realizza, in connes

sione alla determinazione del rapporto ottimale medico-assistibili

e alla fissazione di massimale degli assistiti, il contemperamento dell'interesse del prestatore d'opera (ad un corrispettivo economi

co globalmente commisurato alle prestazioni immediatamente re

se) con l'interesse dei cittadini all'uniformità e qualità del servi

zio sanitario, attraverso il quale viene attuato il loro diritto alla

salute;

che il trattamento parzialmente differenziato dei medici pedia

tri, ipotizzato dall'art. 9, 2° comma, n. 6, 1. n. 349 del 1977,

si giustifica razionalmente in relazione alla obiettiva diversità del

la morbilità infantile; che l'art. 11, 2° comma, prima parte, 1. 29 giugno 1977 n.

349, stabilendo che gli ordini e collegi professionali sono tenuti

a dare esecuzione ai «compiti» che saranno ad essi demandati

dalle convenzioni uniche, lungi dal porre a carico degli ordini

stessi prestazioni di fare decise da altri soggetti, si limita a preve dere che, attraverso le convenzioni uniche, siano specificati ed

articolati «compiti» degli ordini, già rientranti tra le funzioni per

legge loro attribuite;

che, pertanto, conclusivamente, tutte le questioni prospettate risultano manifestamente infondate;

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale; Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta

infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli art.

8, 1° comma, 9, 2° comma, n. 6, ed 11, 2° comma, primo perio

do, 1. 29 giugno 1977 n. 349 («norme transitorie per il trasferi

mento alle regioni delle funzioni già esercitate dagli enti mutuali

stici e per la stipulazione di convenzioni uniche per il personale sanitario in relazione alla riforma sanitaria») sollevate, in riferi

mento agli art. 3, 18, 23, 32, 36 e 39 Cost., dal Tar Lazio, con

l'ordinanza in epigrafe indicata.

II

Ritenuto che nel corso di un giudizio amministrativo avente

ad oggetto l'impugnazione di alcuni provvedimenti di proroga e

modifica del regime delle convenzioni in atto fra il personale sa

nitario e la Usi di Pescara, il Tar Abruzzo, con ordinanza in

data 2 dicembre 1982, ha sollevato questione di legittimità costi

tuzionale dell'art. 48 1. 23 dicembre 1978, n. 833 («istituzione del servizio sanitario nazionale»);

che la disposizione, impugnata nella parte in cui riserva esclusi

vamente ad un accordo collettivo nazionale, reso esecutivo con

decreto del presidente della repubblica su proposta del presidente del consiglio dei ministri, la disciplina del convenzionamento ester

no con il personale sanitario, si porrebbe in contrasto con la Co

stituzione qualunque sia il valore che si voglia attribuire al pre detto decreto presidenziale;

che, difatti, qualora quest'ultimo abbia funzione solo omolo

gativa di un accordo obbligatorio erga omnes, la norma censura

ta violerebbe l'art. 39 Cost., in quanto: a) il contratto collettivo

sarebbe stipulato da rappresentanti di lavoratori non accomunati

in rappresentanze unitarie di tutte le organizzazioni sindacali di

categoria, ma espressi solo da alcuni specifici sindacati ed organi;

ti) i sindacati, che partecipano a tali negoziati, non avrebbero

ottemperato all'onere della registrazione; c) i rappresentanti dei

datori di lavoro sarebbero espressi da enti diversi rispetto alle

figure organizzative su cui si ripercuotono gli effetti del contrat

II Foro Italiano — 1989.

to; d) l'influenza delle singole organizzazioni sindacali, nell'am

bito della propria parte contrattuale, non sarebbe proporzionale alla rappresentatività di esse (in termini di unità lavorative o di

importanza dell'organizzazione datrice di lavoro); e) la posizione

di privilegio riconosciuta all'Anci non sarebbe conciliabile con

il principio della libertà sindacale; che, per altro verso, se il decreto presidenziale fosse configura

bile alla stregua di un ordinario regolamento statale (che non ri

pete la sua forza dall'accordo raggiunto fra le parti contrapposte

del rapporto di lavoro) la disposizione impugnata risulterebbe in

compatibile con gli art. 5, 39, 97, 117 e 128 Cost., in quanto:

a) consentirebbe ad atti regolamentari «di comprimere in modo

radicale l'autonomia delle Usi, che sono espressioni di enti loca

li»; b) «vincolerebbe i regolamenti a far ciò sulla base dell'inter

vento di organizzazioni sindacali costantemente scelte in modo

da privilegiare soltanto le maggiori e precludere alle minori situa

zioni di sostanziali parità idonee a permettere la concorrenza ed

eventualmente il ricambio»; c) «vincolerebbe l'espletamento della

potestà regolamentare, non già alla scelta di autorità imparziali

e responsabili dinanzi al parlamento, ma all'accordo raggiunto

con gli interessati»; che è intervenuta l'avvocatura generale dello Stato chiedendo

la rimessione degli atti al giudice a quo per un riesame della que

stione alla luce della nuova 1. 29 marzo 1983 n. 93, e, in subordi

ne, una pronuncia di infondatezza; Considerato che il richiesto riesame della questione in relazione

alla sopravvenuta legge-quadro sul pubblico impiego (n. 93 del

1983) appare inconferente ai fini della definizione del giudizio a quo, in quanto, pur ammettendosi che la nuova normativa ab

bia modificato la disciplina contenuta nella disposizione censura

ta, è sempre, comunque, alla stregua di quest'ultima che occorre

valutare la legittimità degli impugnati provvedimenti ammini

strativi; che in relazione alla prima ipotesi interpretativa avanzata dal

giudice a quo, e cioè alla funzione esclusivamente «omologativa» del decreto presidenziale che recepisce l'accordo collettivo, va ri

levato che questa corte, con sentenza n. 21 del 1980 (Foro it.,

1980, I, 899), ha invece ritenuto, pur senza affermare esplicita mente il carattere «regolamentare» dell'atto, che una noma (art. 28 1. 20 marzo 1975 n. 70) analoga a quella impugnata poneva in essere una «devoluzione istituzionale di potere normativo» al

governo, e ciò allo scopo di rendere operanti le clausole degli accordi sindacali dallo stesso approvate;

che, comunque, a prescindere dal precedente rilievo, la que stione concernente l'asserito contrasto con l'art. 39 Cost., è ma

nifestamente infondata dal momento che l'accordo sindacale, pre visto dalla disposizione censurata, rappresentando solo una fase

procedimentale della «disciplina in base ad accordi», non ha di

per sé quel valore di fonte normativa direttamente operante cui

invece fa riferimento l'invocato parametro costituzionale; che d'altra parte il sistema introdotto dalla norma impugnata,

che trova ulteriore riscontro negli art. 9 1. 22 luglio 1975 n. 382

(per il personale dello Stato), 26 1. 20 marzo 1975 n. 70 (per il personale del parastato), e nell'art. 8 d.l. 29 dicembre 1977

n. 946 (per il personale degli enti locali), nonché nella legge qua dro sul pubblico impiego (1. 29 marzo 1983 n. 93), rende la con

trattazione collettiva nel settore pubblico insuscettibile, per i suoi

aspetti peculiari, di essere inquadrata in schemi quale quello astrat

tamente previsto dall'art. 39, 4° comma, Cost., che, peraltro,

per la sua operatività presuppone l'attuazione dell'obbligo della

registrazione (sent. n. 161 del 1982, punto 17.2, id., 1982,1, 2995); che anche con riferimento all'ipotesi alternativa della natura

regolamentare del decreto presidenziale di recepimento dell'ac

cordo, ed alla connessa compressione dell'autonomia delle Usi

con conseguente violazione degli art. 5 e 128 Cost., la questione è manifestamente infondata;

che, difatti, dovendosi confermare la natura di atto di norma

zione secondaria del decreto che attribuisce efficacia all'accordo

(sent. n. 21 del 1980), non può non rilevarsi come esso si inseri

sca nella fase finale di un procedimento di formazione delle nor

me, cosi dando luogo ad una fonte di produzione giuridica di

natura peculiare che ne giustifica la sovraordinazione alla potestà

regolamentare degli enti locali;

che, peraltro, il nuovo sistema che, contrariamente al precedente tutto incentrato sul momento autoritativo, fa perno sul consenso

dei soggetti interessati consente comunque di escludere che la de

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || ordinanza 26 luglio 1988, n. 891 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres. Saja, Est. Caianiello; Sindacato

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

legificazione operata dalla norma impugnata nella materia, limiti

le autonomie locali, essendo prevista la loro partecipazione al

l'accordo e cioè al momento fondamentale e sostanziale di for

mazione della nuova disciplina;

che, quindi, l'autonomia degli enti locali garantita solo nel l'ambito dei principi fissati con leggi dello Stato, non appare me

nomata da una norma quale quella impugnata che, da un lato, non esclude un certo margine di discrezionalità nell'attuazione

della disciplina per accordi, e, dall'altro, appare ispirata all'esi

genza di garantire altri e non meno fondamentali parametri costi

tuzionali (art. 3 e 97 Cost.), nell'intento di assicurare uniformità

al trattamento economico e normativo del personale sanitario a

rapporto convenzionale; che in tal senso la questione appare manifestamente infondata

anche sotto il profilo concernente la pretesa violazione dell'art.

97, dovendosi negare che un sistema di normazione fondato sul

l'accordo degli interessati, anziché sul momento autoritativo, non

sia egualmente in grado di garantire un'organizzazione dei pub blici uffici improntata a criteri di imparzialità e di buon an damento;

che manifestamente inammissibile è invece la questione di le

gittimità costituzionale sollevata sotto il profilo della pretesa vio

lazione dell'art. 117 Cost., essendo al riguardo l'ordinanza di

rimessione carente di ogni motivazione circa il requisito della non

manifesta infondatezza.

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi avanti la Corte co

stituzionale; Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta

infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art.

48 1. 23 dicembre 1978 n. 833, sollevata in riferimento agli art.

5, 39, 98 e 128 Cost., dal Tar Abruzzo, con l'ordinanza indicata

in epigrafe; dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 48 1. 23 dicembre 1978 n.

833, sollevata in riferimento all'art. 117 Cost., dal Tar Abruzzo, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 aprile 1988, n. 499

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 11 maggio 1988, n. 19); Pres. Saja, Est. Pescatore; Soc. immob. Lemie c. Comune

di Torino (Aw. Salvucci); Soc. Fornace laterizi Valentia c.

Comune di Valenza; interv. Regione Piemonte (Avv. Prodie

ri). Ord. Tar Piemonte 4 dicembre 1979 (G.U. n. 222 del 1980) 24 settembre 1980 (tre) (G.U. nn. 83, 77 e 179 del 1981).

Regione — Piemonte — Cava — Variante ai piano regolatore — Necessità — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117, 128; 1. reg. Piemonte 5 dicembre 1977 n. 56, tutela

dell'uso del suolo, art. 4, 55; 1. reg. Piemonte 22 novembre

1978 n. 69, coltivazione di cave e torbiere, art. 1, 2, 3, 4, 7).

È infondata, in riferimento all'art. 128 Cost., la questione di le

gittimità costituzionale, dell'art. 3, ultimo comma, I. reg. Pie

monte 22 novembre 1978 n. 69, nella parte in cui impone ai

comuni che vengono a conoscere l'esistenza di giacimenti di

cava o torbiera non ancora previsti o disciplinati dai vigenti strumenti urbanistici, di adottare, a fini di salvaguardia della risorsa estrattiva, la relativa variante secondo la procedura pre

vista dal 2° comma dello stesso articolo. (1)

(1) La motivazione della sentenza conferma alcuni consolidati principi

giurisprudenziali: a) l'attrazione nell'ambito dell'urbanistica di materie,

quali l'ambiente naturale e la sua trasformazione, la cui disciplina deve

essere ricondotta alle finalità generali della programmazione urbanistica

e il cui ambito normativo costituisce un sottosistema del sistema di nor

mazione urbanistica: v. in termini Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre

1987, n. 731, Foro it., Rep. 1987, voce Edilizia e urbanistica, n. 381; 29 novembre 1985, n. 620, id., Rep. 1986, voce cit., n. 196; b) la legitti

II Foro Italiano — 1989 — Parte I-59.

Diritto. — 6. -1 giudizi possono riunirsi, perché hanno ad og

getto questioni identiche e possono essere decisi con unica de

cisione.

7. - Il Tar per il Piemonte, con le ordinanze indicate in epigra fe, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3, ultimo com

ma, 1. reg. Piemonte 22 novembre 1978 n. 69 («coltivazione di

cave e torbiere»), nella parte in cui impone ai comuni che vengo no a conoscere l'esistenza di giacimenti di cava o torbiera, non

ancora previsti o disciplinati dagli strumenti urbanistici, di adot

tare, ai fini di salvaguardia della risorsa estrattiva, la relativa va

riante.

Si realizzerebbe, con questa norma, un'imposizione all'autorità

comunale, intesa a modificare gli strumenti urbanistici ogni qual volta le previsioni di essi siano di pregiudizio allo sfruttamento

delle risorse estrattive di nuova identificazione. Si violerebbe, co

si, l'art. 128 Cost, che garantisce l'autonomia comunale nell'am

bito dei principi fissati dalle leggi generali della repubblica, auto

nomia che trova una delle sue esplicazioni tipiche nell'adozione

degli anzidetti strumenti urbanistici. Non si afferma, peraltro, nelle

ordinanze, che siffatta autonomia concreti una potestà esclusiva

in materia, ma si profila, alla stregua di un consolidato insegna mento di questa corte, l'esigenza di una cooperazione ponderati va dei diversi interessi che — anche se può limitare i poteri comu

nali — deve obbedire in ogni caso al principio di ragionevolezza. 8. - Osserva la corte che, valutata alla stregua di questi esatti

principi, la norma censurata appare immune dal dedotto vizio

di costituzionalità.

È da premettere che, a norma dell'art. 117 Cost., la materia

delle cave e torbiere e quella urbanistica appartengono alla pote stà legislativa concorrente della regione; si è in presenza di mate

rie omogenee, dal punto di vista del tipo della disciplina regola

trice, e idonee, per il loro contenuto, a procedimenti di reciproca

integrazione. Questo rilievo consente di porre nella giusta pro

spettiva un precetto qualificante della 1. reg. Piemonte n. 69 del

1978, il cui art. 3, ultimo comma, viene sospettato di illegittimità dalle ordinanze di rimessione.

Si tratta dell'art. 2 che prevede la predisposizione ad opera della regione di un piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di cave e di torbiere, le cui indicazioni e previsioni, inserite nei

piani territoriali, con l'osservanza delle procedure previste dalla

1. reg. 19 agosto 1977 n. 43 e dall'art. 4 1. reg. 5 dicembre 1977

n. 56 («tutela dell'uso del suolo»), concorrono a disciplinare la

materia insieme con la specifica normativa regionale relativa al

settore estrattivo.

Si realizza, cosi, per espressa disposizione della legge regionale

censurata, un efficace coordinamento tra i piani territoriali e il

piano di sfruttamento delle cave e delle torbiere.

Inoltre, l'art. 1, 2° comma, 1. reg. n. 69, sottoponendo ad autoriz

mità di norme contenute negli strumenti urbanistici dirette a disciplinare l'attività estrattiva di coltivazione di cave: v. in termini Cons. Stato, sez.

VI, 2 luglio 1987, n. 467, id., Rep. 1987, voce Miniera e cava, n. 6;

c) la sottoposizione dell'attività di coltivazione di cava al regime autoriz zatorio di competenza regionale: v. in termini Tar Sardegna 17 marzo

1986, n. 162, ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 383; contra, Tar Puglia 3 marzo 1987, n. 136, ibid., n. 382; d) la prevalenza dell'interesse urbani stico sull'interesse allo sfruttamento di cave e miniere, su cui cfr. Cons.

Stato, sez. VI, 5 ottobre 1984, n. 571, id., 1985, III, 158, con nota di

richiami, giustifica l'imposizione da parte della regione, in quanto ente

dotato di competenza per effetto del trasferimento ad essa nella suddetta

materia di funzioni amministrative e legislative, di variante, a fini di sal

vaguardia della risorsa estrattiva, allo strumento urbanistico comunale

vigente: l'adozione di variante, anche parziale, allo strumento urbanistico

generale rappresenta manifestazione della discrezionalità dell'amministra

zione e richiede adeguata e obbligatoria motivazione solamente quando

vengano sacrificate posizioni giuridiche soggettive consolidate o eluse le

gittime aspettative di determinati soggetti: v. in termini Cons. Stato, sez.

IV, 30 marzo 1987, n. 183, id., Rep. 1987, voce cit., n. 227; 3 dicembre

1986, n. 809, ibid., n. 232.

Sul punto relativo ai rapporti tra programmazione urbanistica ed atti

vità estrattiva, v. i riferimenti di giurisprudenza e di dottrina in nota

a Cons. Stato, sez. VI, 20 novembre 1986, n. 865, id., 1988, III, 205;

mentre, per quanto riguarda la questione più specifica dei rapporti tra

attività estrattiva e vincolo idrogeologico, v. Corte cost. 15 luglio 1985, n. 201, ibid., I, 64, con nota di richiami di L. Verrienti e Tar Emilia

Romagna 19 dicembre 1986, n. 640, ibid., III, 52, con nota di ri

chiami.

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