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ordinanza 29 dicembre 1989, n. 595 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 gennaio 1990, n.2); Pres. Saja, Est. Gallo; Lojacono; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Catania, sez. Paternò5 giugno 1989 (G.U., 1 a s.s., n. 36 del 1989)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 1/2-3/4Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184427 .
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Anno CXV Roma, 1990 Volume CXIII
IL FORO
ITALIANO
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 29 dicembre 1989, n.
595 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 gennaio 1990, n.
2); Pres. Saja, Est. Gallo; Lojacono; interv. Pres. cons, mini
stri. Ord. Pret. Catania, sez. Paterno 5 giugno 1989 (G.U., la s.s., n. 36 del 1989).
CORTE COSTITUZIONALE;
Edilizia e urbanistica — Trasferimento e divisione di terreni —
Pubblici ufficiali — Adempimenti formali — Esonero da ogni responsabilità — Questione manifestamente infondata di costi
tuzionalità (Cost., art. 3; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in
materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni,
recupero e sanatoria delle opere abusive, art. 18, 21).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio nale dell'art. 21, 2° comma l. 28 febbraio 1985 n. 47, nella
parte in cui esonera i pubblici ufficiali, che ottemperano a quanto
disposto dal 6° comma del precedente art. 18, da ogni respon sabilità inerente al trasferimento e alla divisione dei terreni, in riferimento all'art. 3 Cost. (1).
Ritenuto che, con ordinanza 5 giugno 1989, il Pretore di Cata
nia — sezione staccata di Paternò — sollevava questione di legit timità costituzionale dell'art. 21 1. 28 febbraio 1985 n. 47 con
riferimento all'art. 3 Cost. — che la questione veniva sollevata nel corso di un procedi
mento penale nel quale alcuni venditori ed acquirenti di appezza menti di terreno frazionato, di superficie inferiore a mq. 10.000, nonché il tecnico che aveva seguito il frazionamento, ed il notaio che aveva rogato gli atti, erano imputati in concorso del reato di lottizzazione abusiva previsto dagli art. 18 e 20 della legge citata,
— che il pretore dava atto nella narrativa dell'ordinanza che il notaio aveva scrupolosamente adempiuto a tutti gli incombenti
(1) Con sentenza 16 marzo 1989, n. 107, Foro it., 1989, I, 2707, con
ampia nota di richiami, la Corte costituzionale ha dichiarato infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di costituzionalità degli art.
31, 34, 35, 38 e 44 1. 28 febbraio 1985 n. 47, nella parte in cui non estendono anche alla lottizzazione c.d. negoziale le possibilità di oblazio
ne, sanatoria ed estinzione del reato previste per fatti di trasformazione
abusiva, urbanistica ed edilizia, del territorio. Per qualche riferimento a proposito delle caratteristiche della lottizza
zione abusiva (su cui Corte cost. 27 luglio 1989, n. 456, in questo fascico
lo, I, 18), e della configurabilità della medesima nel caso di preliminare di vendita di area ricadente in zona destinata a verde rurale dal piano regolatore di Catania, cons. Trib. Catania 31 agosto 1989, id., 1989, I, 3211, con ulteriori indicazioni.
Il Foro Italiano — 1990 — Parte I-1.
previsti dalla legge, allegando — come prescrive l'art. 18 — il
certificato di destinazione urbanistica e trasmettendo copia degli atti rogati al sindaco competente per territorio, per l'ulteriore corso
in ordine alle eventuali attività di cui al 7° comma ss. dello stesso
art. 18. — che conseguentemente rilevava il pretore che la partecipa
zione del notaio a titolo di concorso negli atti di abusiva lottizza
zione deve restare esclusa, tanto sotto il profilo del dolo quanto sotto quello della colpa, in forza della norma impugnata che —
soggiunge l'ordinanza — anche secondo l'orientamento della Corte
di cassazione, copre ogni specie di responsabilità astrattamente
configurabile, sia essa penale, civile o disciplinare. — che, però, secondo il pretore, la norma sarebbe viziata da
illegittimità costituzionale in quanto determinerebbe un ingiustifi cato privilegio a favore dei pubblici ufficiali in genere, e dei notai
in ispecie, in quanto stabilisce una indiscriminata irresponsabilità anche a favore di coloro che versano in dolo perché, pur consa
pevoli dell'illiceità della lottizzazione, s'inducono tuttavia a roga re l'atto per favorire i venditori,
— che è intervenuto nel giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato dall'avvocatura generale dello Stato, la qua le ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata.
— Considerato che l'art. 21 impugnato sancisce espressamente i compiti di cui è fatto obbligo il notaio per combattere l'abusivi
smo delle lottizzazioni, — che tali compiti sono tali da escludere ogni possibilità di
perpetrazione del fatto illecito, giacché il notaio, trasmettendo
al sindaco, entro trenta giorni, copia dell'atto rogato, mette in
condizioni l'autorità preposta alla vigilanza di intervenire fino ad
acquistare i beni abusivamente lottizzati al patrimonio della co
munità, — che, proprio per questo, è lo stesso legislatore ad equipara
re la tramissione della copia dell'atto alla tramissione del rappor to, cui è obbligato ogni pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle
sue funzioni, rilevi un fatto che possa costituire reato, — che più di questo non è possibile pretendere, in quanto,
una volta che il pubblico ufficiale ha compiuto gli atti che la
legge stessa reputa idonei ad impedire il reato, ogni ulteriore in
tromissione nell'atteggiamento interiore del soggetto agente equi varrebbe a punire le intenzioni anche quando queste non si mani
festano in atti esteriori idonei a conseguire l'evento vietato, — che, perciò, la norma impugnata non è affetta da vizio alcu
no d'illegittimità, sicché la questione appare manifestamente in
fondata.
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PARTE PRIMA
Per questi motivi, la Corte costituzionale visti gli art. 26, 2°
comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2° comma, delle norme inte
grative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, dichiara
la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 21 1. 28 febbraio 1985 n. 47, con riferimento all'art.
3 Cost, sollevata dal Pretore di Catania — sezione distaccata di
Paterno — con ordinanza 5 giugno 1989.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 dicembre 1989, n. 542
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 20 dicembre 1989, n. 51); Pres. Saja, Est. Casavola; Ferranti c. Vissani e altri; interv.
Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Tolentino 19 aprile 1989 (G.U., la s.s., n. 26 del 1989).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso
dall'abitazione — Indennità per la perdita dell'avviamento —
Diritto del conduttore — Cessazione della locazione per «fac
tum principis» — Omessa esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di
immobili urbani, art. 34).
È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 34 l. 27 luglio 1978 n. 392, nella parte in cui non prevede i provvedimenti della pubblica amministrazione tra le cause di cessazione del
rapporto di locazione che escludono il diritto del conduttore
all'indennità per la perdita dell'avviamento. (1)
(1) L'ordinanza di rimessione è riassunta in Foro it., 1989, I, 2684. La pronunzia di incostituzionalità aggiunge una nuova ipotesi di esclu
sione del diritto all'indennità di avviamento a quelle già previste dal 1 °
comma dell'art. 34 1. 392/78, per il caso — comunque non frequente — che la cessazione del rapporto locatizio derivi direttamente da un prov vedimento della pubblica amministrazione (nella specie, ordinanza sinda cale di sgombero motivata dalle precarie condizioni di stabilità dell'im
mobile) che abbia determinato la giuridica impossibilità per chiunque di utilizzare l'immobile già oggetto della locazione. Ancorché nel dispositivo della sentenza si faccia generico riferimento alla situazione della locazio ne cessata a causa di provvedimento della pubblica amministrazione, gli anzidetti limiti della dichiarazione di illegittimità (e, quindi, della sua portata additiva) sembrano emergere in modo chiaro dalla motivazione della sen tenza. La Corte costituzionale infatti, correttamente attenendosi allo spe cifico thema decidendum sottopostole dal giudice a quo, osserva che nel caso considerato la mancata inclusione del factum principis tra le ipotesi elencate dall'art. 34, 1° comma, cit. si rivela «irragionevole», giacché il divieto sine die di utilizzazione dell'immobile rende «meramente astrat to e formale» (ovvero svuotato di tutti i suoi contenuti economici) il recu
pero della disponibilità del bene da parte del locatore ed impedisce quindi la configurabilità di un suo arricchimento a ragione dell'incremento di valore incorporatosi nell'immobile per l'attività del conduttore; sicché l'in dennità di avviamento non assolverebbe, nella specie, la «funzione riequi libratice» che le è propria.
Preliminarmente al rilievo di cui innanzi, la pronunzia in rassegna os serva peraltro che il factum principis, potendo riferirsi ai casi più vari ed eterogenei anche dal punto di vista degli effetti sul rapporto, non si
presta ad essere ricondotto in via interpretativa nel novero dei casi di esclusione del diritto all'indennità di avviamento tassativamente elencati dal 1° comma dell'art. 34 1. 392/78; e ciò a differenza di quanto ritenuto dalla stessa Corte costituzionale (con la sentenza 23 dicembre 1987, n.
576, id., 1988, I, 1745) per l'ipotesi della risoluzione del contratto per distruzione dell'immobile locato, ritenuta «non esclusa» — pur nel silen zio della norma — dall'ambito della disposizione ora citata, in virtù del fatto che gli effetti della risoluzione contrattuale sono «regolati da princi pi generali». Con la pronunzia in rassegna la Corte costituzionale, dun
que, mentre da un lato per la prima volta riconosce il carattere tassativo dei casi di esclusione del diritto all'indennità di avviamento di cui all'art.
34, 10 comma, cit. (su cui v. già Cass. 8 gennaio 1987, n. 26, id., 1987, I, 2825), dall'altro ribadisce — meglio forse precisandone la ragione di fondo ed i limiti di riproducibilità — la soluzione interpretativa prescelta da Corte cost. 576/87 in relazione al caso del perimento dell'immobile locato.
Quanto alla ritenuta irragionevolezza dell'attribuzione al conduttore del diritto all'indennità di avviamento nel caso ora considerato, mette conto osservare come sempre la mancanza dell'esigenza di «ristabilire un equili brio di ordine economico-sociale tra le due parti di un cessato rapporto
Il Foro Italiano — 1990.
Diritto. — 1. - Il Pretore di Tolentino con ordinanza del 19
aprile 1989 (r.o. n. 319/89) chiede verifica di legittimità costitu
zionale, in relazione all'art. 3 Cost., dell'art. 34 1. 27 luglio 1978
n. 392 (disciplina delle locazioni di immobili urbani), «nella parte in cui pone a carico del locatore di immobile adibito ad uso non
abitativo l'obbligazione di corrispondere al conduttore l'indenni
tà per la perdita dell'avviamento commerciale anche nel caso in
cui la cessazione del rapporto derivi dal provvedimento della pub blica amministrazione che abbia nel contempo determinato la giu ridica impossibilità di utilizzare l'immobile stesso da parte del
locatore o di farne oggetto di qualsiasi rapporto di scambio».
2. - La questione è fondata.
Questa corte ha ritenuto, in sentenza n. 576 del 1987 (Foro
it., 1988, I, 1745), che: «alla totale e definitiva distruzione del
l'immobile [. . .] consegue, secondo i principi generali, l'automa
tica ed immediata risoluzione del contratto per impossibilità so
pravvenuta, con effetto estintivo riguardo agli obblighi delle par ti relativi alle reciproche prestazioni», con la conseguenza che
«anche la causa dell'obbligazione accessoria concernente l'inden
nità di avviamento viene meno in tale ipotesi, in quanto collegata al rapporto principale sia funzionalmente che strutturalmente, per «l'inerenza all'immobile locato» propria del valore d'avviamento
(cfr. sentenza 20 marzo 1980, n. 36, id., 1980, I, 1830)». Nel caso prospettato invece dal Pretore di Tolentino non Vinte
rims rei, ma il factum principis determina la cessazione del rap
porto contrattuale. Tale evento causante non è contemplato dal
l'impugnato art. 34 1. n. 392 del 1978, che elenca tassativamente
l'inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o una delle
procedure previste dal r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (disciplina del
fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione con
trollata e della liquidazione coatta amministrativa), come esclu
denti il diritto del conduttore all'indennità per la perdita dell'av
viamento, in quanto atto a definire una pluralità di situazioni
non tutte produttive dei medesimi effetti sul rapporto. 3. - A differenza del perimento dell'immobile che, pur essendo
non preveduto dalla norma impugnata, è ipotesi dagli effetti re
golati da principi generali e, pertanto, non esclusa dalla disposi zione normativa che ne taccia il factum principis, per la sua atti
tudine a contenere una serie aperta di statuizioni con effetti di
versi ed eterogenei sui rapporti, non ha portata ermeneutica tale
da poter resistere al canone ubi lex tacuit noluit.
Ne consegue che, non figurando il provvedimento della pubbli ca amministrazione nell'elenco di cause di cessazione del rappor to di locazione per le quali non sorge diritto del conduttore al
l'indennità per la perdita dell'avviamento, la norma impugnata collide con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.
Infatti, malgrado il provvedimento amministrativo privi sine
die l'immobile dell'utilizzabilità economica, sia da parte del con
duttore, destinatario direttamente raggiunto dall'ordinanza sin
dacale di sgombero, sia da parte del locatore, che inutilmente
ne riottiene la disponibilità, il tenore attuale dell'art. 34 1. n. 392
del 1978 porterebbe egualmente a riconoscere il diritto del con
dì locazione...», e quindi della ratio sottesa alla disciplina di cui agli art. 34 e 69 1. 392/78, ha portato alla dichiarazione di illegittimità del l'art. 1, ultimo comma, d.l. 832/86 (come convertito nella 1. 15/87), che
per le locazioni non abitative soggette al regime transitorio aveva ricono sciuto una analoga forma di «compenso» (in misura ridotta) ai condutto ri di immobili utilizzati per studio professionale o per altre attività non
comportanti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumato ri: v. Corte cost. 26 luglio 1988, n. 882, id., 1988, I, 2781, con ampia nota di richiami di D. Piombo (e puntualmente richiamata dalla sentenza in epigrafe).
In tema di indennità per la perdita dell'avviamento, v., da ultimo, su ulteriori questioni di costituzionalità della disciplina prevista dall'art. 69 1. 392/78, nel testo novellato dal citato d.l. 832/86, Corte cost., ord. 16 marzo 1989, n. 115 e 13 dicembre 1988, n. 1090, id., 1989, I, 2998, con nota di richiami di D. Piombo. Pret. Carrara 16 agosto 1988, Arch,
locazioni, 1989, 134, ricorda che la prova della sussistenza di una delle cause di cui al 1° comma dell'art. 34 1. 392/78 incombe al locatore che
neghi il diritto del conduttore all'indennità. Inoltre, in relazione ai limiti del diritto in questione fissati dall'art. 35 della stessa legge n. 392 (e con cernenti anche la prelazione ex art. 38), v. Cass. 11 gennaio 1988, n. 22 e 8 settembre 1987, n. 7229, Foro it., 1988, I, 2635, con nota di A.
Cappabianca; nonché, successivamente, Cass. 15 marzo 1989, n. 1304 e Corte cost., ord. 31 luglio 1989, n. 481, che saranno riportate in un
prossimo fascicolo. [D. Piombo]
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