ordinanza 6 dicembre 1988, n. 1080 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 dicembre 1988, n.50); Pres. Saja, Est. Casavola; Provincia di Venezia c. Barbato; interv. Pres. cons. ministri. Ord.Pret. Cortina d'Ampezzo 18 febbraio 1988 (G.U., 1 a s.s., n. 18 del 1988)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 611/612-617/618Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183829 .
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PARTE PRIMA
putato del reato di vilipendio alla bandiera (art. 292 c.p.) ed es
sendo chiamata ad applicare alla fattispecie dedotta in giudizio
l'art. 49 d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670 (statuto speciale del Trentino
Alto Adige), che, richiamando l'art. 28 dello stesso decreto, estende
ai membri dei consigli delle province autonome di Trento e di
Bolzano la prerogativa della irresponsabilità per le opinioni espresse
e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, ha sollevato que
stione di legittimità costituzionale degli art. 28 e 49 dello statuto
per violazione del principio supremo dell'ordinamento costituzio
nale sancito dall'art. 3 Cost, (principio di eguaglianza).
In particolare il giudice a quo ritiene che quest'ultimo princi
pio risulti violato tanto ove si dia un'interpretazione restrittiva
delle disposizioni impugnate, nel senso che l'anzidetta prerogati
va sia applicabile soltanto in relazione alle funzioni svolte dai
consiglieri provinciali nell'esercizio delle competenze legislative af
fidate alle province autonome, quanto ove se ne dia un'interpre
tazione estensiva, sostanzialmente diretta ad applicare la ricorda
ta prerogativa a qualsiasi funzione svolta in qualità di consiglieri
provinciali, analogamente a quanto avviene per i membri del par
lamento nazionale. Nel primo caso, infatti, il giudice a quo ravvi
sa una disparità di trattamento tra i membri del parlamento e
quelli dei consigli delle province autonome, nel secondo, invece,
la diseguaglianza sussisterebbe tra i predetti consiglieri provinciali
e la generalità dei cittadini privi della medesima prerogativa.
2. - In relazione alla questione proposta, l'avvocatura genera
le dello Stato, in rappresentanza del presidente del consiglio dei
ministri, ha presentato tre distinte eccezioni di inammissibilità:
una attinente all'idoneità dell'atto impugnato ad essere oggetto
del giudizio di legittimità costituzionale previsto dall'art. 134 Cost,
e due relative alla sussistenza dei requisiti processuali necessari
per la corretta instaurazione del predetto giudizio.
Poiché la verifica di questi ultimi — che, nel caso consistono
nella valutazione della rilevanza compiuta da parte del giudice
a quo e nella possibilità di porre questioni basate su interpreta
zioni alternative della disposizione impugnata — è logicamente
successiva alla verifica dell'idoneità dell'atto in cui è contenuta
la norma contestata a fungere da oggetto del giudizio di legittimi
tà costituzionale, occorre innanzitutto esaminare se le disposizio
ni previste dagli art. 28 e 49 statuto Trentino-Alto Adige rivesta
no il valore di legge necessario perché possano validamente costi
tuire oggetto del sindacato della Corte costituzionale in sede di
legittimità. 2.1. - L'avvocatura generale dello Stato eccepisce, innanzitut
to, l'insindacabilità da parte di questa corte di disposizioni aventi
valore di legge costituzionale, quantomeno quando queste siano
impugnate per vizi sostanziali.
L'eccezione non può essere accolta.
La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che
non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto es
senziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre
leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costi tuzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di
revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139
Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente men
zionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione
costituzionale, appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali
si fonda la Costituzione italiana.
Questa corte, del resto, ha già riconosciuto in numerose deci
sioni come i principi supremi dell'ordinamento costituzionale ab
biano una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di
rango costituzionale, sia quando ha ritenuto che anche le disposi
zioni del concordato, le quali godono della particolare «copertu
ra costituzionale» fornita dall'art. 7, 2° comma, Cost., non si
sottraggono all'accertamento della loro conformità ai «principi
supremi dell'ordinamento costituzionale» (v. sent. 30 del 1971,
Foro it., 1971, I, 525; 12 del 1972, id., 1972, I, 570; 175 del
1973, id., 1974, I, 12; 1 del 1977, id., 1977, I, 5; 18 del 1982, id., 1982, I, 934), sia quando ha affermato che la legge di esecu
zione del trattato della Cee può essere assoggettata al sindacato
di questa corte «in riferimento ai principi fondamentali del no
stro ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della per
sona umana» (v. sent. 183 del 1973, id., 1974, I, 314; 170 del
1984, ibid., 2062). Non si può, pertanto, negare che questa corte sia competente
a giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale
e delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi
supremi dell'ordinamento costituzionale. Se cosi non fosse, del
Il Foro Italiano — 1989.
resto, si perverrebbe all'assurdo di considerare il sistema di ga
ranzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non ef
fettivo proprio in relazione alle sue norme di più elevato valore.
2.2. - L'avvocatura generale dello Stato ha sollevato una se
conda eccezione di inammissibilità in relazione al fatto che, aven
do il giudice a quo prospettato la questione di costituzionalità
in termini alternativi, chiede in sostanza a questa corte di pro
nunziarsi su un petitum contraddittorio, che dovrebbe sfociare
in sentenze di segno diverso, se non opposto.
L'eccezione va accolta. Non si può non concordare con l'avvo
catura generale dello Stato nel ritenere che le questioni di costitu
zionalità sollevate dal giudice a quo abbiano un carattere del tut
to pretestuoso. Ciò si rivela sia nella sostanziale arbitrarietà delle
comparazioni che il giudice a quo propone, sia nel modo stesso
in cui le questioni sono sottoposte a questa corte.
In particolare, il giudice a quo ipotizza due interpretazioni del
la disposizione impugnata aventi significato assai diverso fra loro
o addirittura opposto e le prospetta entrambe al giudice di costi
tuzionalità senza precisare quale delle due propone. Ma è giuris
sprudenza ormai costante di questa corte (v. sent. 169 del 1982,
id., 1983, I, 862; 225 del 1983, ibid., 2057; 30 del 1984, nonché ord. n. 204 del 1983), ritenere inammissibili le questioni di legitti mità costituzionale relative a disposizioni che, essendo proposte
dal giudice a quo secondo interpretazioni tra loro contrastanti
e dando vita, pertanto, a richieste meramente ipotetiche, impedi
scono di identificare precisamente il thema decidendum e fanno
venir meno le possibilità di verificare la rilevanza delle questioni
stesse, in quanto proposte «in astratto». Per tali motivi le que
stioni sollevate dal giudice a quo vanno senz'altro dichiarate inam
missibili. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi
le la questione di legittimità costituzionale degli art. 28 e 49 del
d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670 (statuto speciale della regione
Trentino-Alto Adige), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost.,
dalla Corte di assise di Bolzano con l'ordinanza indicata in epi
grafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 6 dicembre 1988, n. 1080
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 dicembre 1988, n. 50);
Pres. Saja, Est. Casavola; Provincia di Venezia c. Barbato;
interv. Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Cortina d'Ampezzo 18
febbraio 1988 (G.U., la s.s., n. 18 del 1988).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Pubblica amministrazione locatrice — Cessazione del contratto
alla scadenza — Diniego di rinnovazione del locatore — Assen
za di motivi di giustificazione — Irrilevanza — Questione ma
nifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 97; cod.
proc. civ., art. 657; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle
locazioni di immobili urbani, art. 1, 3, 58, 65).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio
nale degli art. 1, 3, 58 e 65 I. 27 luglio 1978 n. 392 e dell'art.
657 c.p.c., nella parte in cui alla scadenza del contratto di loca
zione di immobile ad uso di abitazione consentono al locatore,
anche allorché questo sia la pubblica amministrazione, di eser
citare indiscriminatamente il recesso, senza prevedere la neces
sità di una «giusta causa», in riferimento all'art. 97, 1° com
ma, Cost. (1)
(1-3) Con le pronunzie qui riportate la Corte costituzionale disattende
i dubbi sulla legittimità della vigente normativa in tema di durata e di
canone delle locazioni abitative recentemente prospettati, sotto profili nuovi
e con ottiche opposte, da alcuni giudici di merito.
I. - Chiamata a deliberare per la prima volta la compatibilità con l'art.
97, 1° comma, Cost, delle norme che consentono al locatore-pubblica amministrazione di far cessare indiscriminatamente il contratto alla sca
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
II
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 30 novembre 1988, n.
1048 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 dicembre 1988, n.
49); Pres. Saja, Est. Casavola; La Rocca c. Marino e altra; Rosalia c. Lino; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Acirea
le 23 dicembre 1987 (due) (G.U., la s.s., n. 5 del 1988).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Equo canone — Questione manifestamente inammissibile di co
stituzionalità (Cost., art. 41, 42; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 14).
È manifestamente inammissibile, rispondendo la norma impugnata all'intento di stabilire un complesso di controlli sui canoni delle
locazioni perseguito dal legislatore attraverso molteplici e coor
dinate scelte discrezionali, la questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 14 l. 27 luglio 1978 n. 392, nella parte in cui
prevede che il canone di locazione di un immobile adibito ad
abitazione non può superare il 3,85% del costo di produzione
dell'appartamento, in riferimento agli art. 41 e 42 Cost. (2)
denza (l'ordinanza di rimessione del Pretore di Cortina d'Ampezzo è rias sunta in Foro it., 1988, I, 3674), con l'ord. 1080/88 la corte essenzial mente osserva che a fronte dello schema del contratto a termine previsto dalla 1. 392/78 (art. 1), già ritenuto costituzionalmente legittimo con la sentenza 28 luglio 1983, n. 252 (id., 1983, I, 2628, con osservazioni di D. Piombo), «l'imposizione di un contratto a tempo indeterminato sol tanto al locatore-pubblica amministrazione» violerebbe a sua volta il prin cipio costituzionale di uguaglianza; e che, d'altra parte, un obbligo per la pubblica amministrazione di motivare anche gli atti compiuti iure pri \atorum contrasterebbe «con i criteri che regolano l'azione» della stessa
pubblica amministrazione, nonché «con il principio della irrilevanza dei motivi del negozio giuridico». Per un'applicazione di quest'ultimo princi pio appunto in tema di disdetta del contratto comunicata dal locatore ai sensi dell'art. 3 1. 392/78, v. App. Milano 12 marzo 1985, id., Rep. 1985, voce Locazione, n. 318 (la cui motivazione può leggersi in Arch,
locazioni, 1985, 289). Si rammenta, d'altra parte, che successivamente alla citata sent. 252/83,
con l'ord. 23 gennaio 1985, n. 19 (Foro it., 1985, I, 1931, con nota di
richiami) la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata — in riferimento agli art. 2, 3, 31, 41 e 42 Cost. — la questione di
legittimità degli art. 3, 58 e 65 1. 392/78, nella parte in cui consentono al locatore di impedire la rinnovazione del contratto senza bisogno di dedurre una «giusta causa», anche qualora locatore sia uno degli enti
o delle società tenuti, ex art. 17 d.l. 9/82 (convertito nella 1. 94/82), a locare con preferenza agli sfrattati una quota dei propri alloggi resisi liberi.
II. - Corte cost. 1028/88, dal canto suo, ha ritenuto prive di fonda mento le questioni di costituzionalità di segno opposto sollevate da Pret. Roma 30 ottobre 1987 (riassunta id., 1988, I, 2780), secondo cui la disci
plina delle locazioni abitative prevista dalla legge c.d. dell'equo canone
sarebbe eccessivamente penalizzante per il locatore. In particolare la sen
tenza in epigrafe, riprendendo considerazioni a suo tempo svolte dalla
stessa corte nelle sentenze 251/83, id., 1983, I, 2634, e 252/83, cit., osser
va che «la grave situazione del settore dell'edilizia abitativa — caratteriz zato dalla carenza di offerta di alloggi e conseguentemente dalla debolezza
contrattuale della categoria dei conduttori — nella quale è intervenuta
la 1. n. 392 del 1978», non sembra essersi ancora modificata al punto tale da evidenziare il contrasto tra la predetta legge e la Costituzione
per ingiustificata compressione degli interessi costituzionalmente protetti del proprietario-locatore; mentre, d'altro lato, eccede dai compiti della Corte costituzionale valutare se la disciplina in questione «sia o no piena mente adeguata all'attuazione degli scopi sociali da essa perseguiti» (ov vero a favorire il ritorno del mercato degli alloggi ad una situazione di
normalità), ancorché debba notarsi che tali scopi «possano essere perse guiti anche mediante discipline diverse . . ., nel quadro di un intervento
globale sui settori dell'edilizia pubblica e privata . . .».
Se si considera che (come rilevato sia nella pronuncia che si riporta, sia nella stessa ordinanza di rimessione) «a stretto rigore» la denunzia
di incostituzionalità avrebbe dovuto investire «solamente l'art. 60, ché
solo esso deve essere applicato nel caso di specie», il fatto che Corte
cost. 1028/88 abbia approfondito il merito della questione di costituzio
nalità dell'«intero disegno articolato» della 1. 392/78, anziché dichiararla
(manifestamente) inammissibile per difetto di rilevanza nel giudizio a quo,
può spiegarsi solo se posto in relazione alla progettata riforma della cita
ta legge del 1978 (che dovrebbe riguardare soprattutto la parte relativa
alle locazioni abitative) e al vivace dibattito già sviluppatosi in ordine
alle sue linee fondamentali. In proposito ci si limita per il momento a
segnalare che, dopo la elaborazione da parte del ministero dei lavori pub blici di uno schema di d.d.l. sottoposto a reiterate modifiche (che può
leggersi, appunto in una stesura non definitiva, in Arch. locazioni,
Il Foro Italiano — 1989.
Ill
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 novembre 1988, n. 1028
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 novembre 1988, n. 46); Pres. Conso, Est. Corasaniti; Santoro c. Savelli (Avv. Caru
so); interv. Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Roma 30 ottobre
1987 (G.U., la s.s., n. 12 del 1988).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Disciplina transitoria — Recesso del locatore — Limiti — Man
cata destinazione dell'immobile all'uso dichiarato — Sanzioni — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 10,
42, 47; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 59, 60).
È infondata la questione di legittimità costituzionale della l. 27
luglio 1978 n. 392 nel suo complesso, nella parte riguardante le locazioni abitative, nonché degli art. 59 e 60 della stessa leg
ge, nella parte in cui rispettivamente limitano le possibilità di
recesso del locatore e sanzionano la mancata destinazione del
l'immobile all'uso per il quale il locatore medesimo ne abbia
ottenuto il rilascio, in riferimento agli art. 3, 10, 42 e 47 Cost. (3)
I
Ritenuto che nel corso di un giudizio avente ad oggetto l'inti
mazione di licenza per finita locazione e contestuale citazione per la convalida, promosso dall'amministrazione provinciale di Vene
zia, nei confronti dell'ex custode di una colonia alpina, per il
rilascio di un immobile ad essa adiacente, il Pretore di Cortina
d'Ampezzo, con ordinanza emessa il 18 febbraio 1988, ha solle
vato, in relazione all'art. 97, 1° comma, Cost., questione di legit timità costituzionale degli art. 1, 3, 58 e 65 1. 27 luglio 1978 n.
392 e 657 c.p.c., nella parte in cui consentono il recesso dalla
locazione alla scadenza del contratto senza prevedere una giusta causa anche allorché il locatore sia la pubblica amministrazione;
che il giudice a quo ritiene che il principio d'imparzialità debba
garantire tutti i soggetti che vengono in contatto con la pubblica
amministrazione, onde quest'ultima, al fine di rendere possibile il controllo del rispetto di detto principio, sarebbe tenuta a moti
vare tutti i provvedimenti; che si sono costituite entrambe le parti, rispettivamente riser
1988, 487), un disegno di legge recante norme modificative ed integrative della 1. 392/78 è stato finalmente approvato dal consiglio dei ministri il 9 dicembre 1988 e presentato al senato.
III. - Sulle problematiche connesse all'art. 60 1. 392/78 e la costituzio nalità delle relative disposizioni (messa precedentemente in dubbio sotto
profili differenti e nell'ottica — opposta a quella del Pretore di Roma — di una maggiore tutela del conduttore rispetto a quella assicuratagli dalla legge), v., da ultimo, Corte cost. 23 dicembre 1987, n. 593 e n.
580, e Cass. 17 gennaio 1987, n. 374, Foro it., 1988, I, 2531, con osserva
zioni di D. Piombo, ed ivi esaurienti riferimenti circa il consolidato orien tamento giurisprudenziale secondo cui le sanzioni previste dal citato arti colo presuppongono la imputabilità al locatore, a titolo doloso o colpo so, della mancata destinazione dell'immobile all'uso prospettato ai fini del recesso ex art. 59 1. cit.
IV. - Con l'ordinanza 1048/88 la Corte costituzionale ha invece disat
teso, per la ragione assorbente che si tratterebbe di incidere su scelte ri servate alla discrezionalità del legislatore, le contestazioni mosse dal Pre tore di Acireale (le cui ordinanze di rimessione sono riassunte ibid., 2779) al sistema di determinazione del (c.d. equo) canone ex art. 12 ss. 1. 392/78. Identica questione di costituzionalità, sollevata dallo stesso pretore con altre ordinanze e riferita anche all'art. 12 1. 392 cit., è stata parimenti dichiarata manifestamente inammissibile da Corte cost., ord. 1084/88, in G.U., la s.s., n. 50/88.
Per ragioni del tutto analoghe, Corte cost. 23 dicembre 1987, n. 591, Foro it., 1988, I, 1008, ha dichiarato manifestamente inammissibile la
questione di costituzionalità dell'art. 26, 2° comma, 1. 392/78, che esclu
de dall'applicazione dell'equo canone gli immobili siti in comuni con po
polazione inferiore a cinquemila abitanti. Mette conto segnalare che il d.d.l. di modifica della 1. 392/78, cui in
nanzi si è fatto cenno, riguarda in modo particolare proprio l'aspetto della determinazione (e della liberalizzazione) del canone di locazione de
gli immobili ad uso di abitazione. Nel senso che il canone determinato ai sensi degli art. 12 ss. 1. cit. costituisce il canone massimo consentito, e sulle modalità da seguire per calcolarlo correttamente, v., da ultimo, Cass. 29 gennaio 1988, n. 840, Arch, locazioni, 1988, 360. [D. Piombo]
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PARTE PRIMA
vando il convenuto le proprie conclusioni ad una successiva me
moria ed insistendo per la declaratoria d'inammissibilità, o, in
subordine, d'infondatezza, l'amministrazione intimante, la quale ha altresì depositato memoria nell'imminenza della camera di con
siglio; che è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, rap
presentato dall'avvocatura dello Stato, la quale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità ovvero di manifesta infondatezza;
Considerato che questa corte ha già rilevato (sent. n. 252 del
1983, Foro it., 1983, I, 2628), come la formulazione dell'art. 657
c.p.c., ove la si legga in termini di omessa previsione di una giu sta causa per la risoluzione — alla scadenza — della locazione,
risulti del tutto coerente con l'inesistenza sul piano sostanziale
di una corrispondente situazione soggettiva; che in particolare, nella citata decisione, è stata esclusa la fon
datezza della tesi che vorrebbe trasformare la proprietà privata in una funzione pubblica, osservandosi come sia proprio del «le
gislatore ordinario il compito di introdurre, a seguito delle op
portune valutazioni e dei necessari bilanciamenti dei diversi inte
ressi, quei limiti che ne assicurano la funzione sociale»;
che, a riguardo, la scelta per una durata minima, ma pur sem
pre definita, della locazione, si inserisce nella organica disciplina
positiva che regola tale rapporto, correlandosi con il complessivo
quadro normativo;
che, quindi, sarebbe irrazionalmente discriminatoria l'imposi
zione di un contratto a tempo indeterminato soltanto al locatore
pubblica amministrazione, mentre la prospettata previsione di un
obbligo di motivazione anche degli atti compiuti iure priva forum,
dalla stessa, verrebbe altresì a contrastare sia con i criteri che
regolano l'azione di quest'ultima, sia con il principio generale
dell'irrilevanza dei motivi nel negozio giuridico;
che, pertanto, la proposta questione è manifestamente infondata;
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli art.
1, 3, 58 e 65 1. 27 luglio 1978 n. 392 («disciplina delle locazioni
di immobili urbani») e dell'art. 657 c.p.c., sollevata, in relazione
all'art. 97, 1° comma, Cost., dal Pretore di Cortina d'Ampezzo con l'ordinanza indicata in epigrafe.
II
Ritenuto che nel corso di due giudizi aventi ad oggetto la de
terminazione del canone, il Pretore di Acireale, con ordinanze
emesse entrambe in data 23 dicembre 1987, ha sollevato d'ufficio
questione di legittimità costituzionale dell'art. 14 1. 27 luglio 1978
n. 392, in relazione agli art. 41 e 42 Cost.;
che secondo il giudice a quo l'imposizione di un canone non
superiore al 3,85% del costo di produzione, parametro «notoria
mente inferiore» al valore di mercato (e perfino agli interessi le
gali ed a quelli, moratori, per i contribuenti), avrebbe «eccessiva
mente compresso» il diritto di proprietà e l'iniziativa economica
privata creando una situazione di privilegio per il conduttore che
prescinde dalle condizioni economiche di questi; che è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, rap
presentato e difeso dall'avvocatura dello Stato, la quale ha con
cluso per l'infondatezza della questione; Considerato che le questioni, per la loro identità, possono esse
re riunite e decise con unico provvedimento; che l'asserito divario tra valore locativo e valore di mercato
dell'immobile, apoditticamente affermato dal giudice a quo, è in
concreto riscontrabile in modo assai diversificato, in ragione di
elementi quali l'ubicazione, la tipologia, la stessa collocazione in
una determinata area geografica; che la valutazione dell'investimento immobiliare, alla cui base
l'ordinanza di rimessione pone l'entità del canone, va viceversa
apprezzata in relazione ad un'ampia gamma di variabili che ne
condizionano la redditività;
che, in ogni caso, l'individuazione dei parametri fissati dalla
norma censurata risponde all'intento di stabilire un complesso
di controlli sui canoni delle locazioni perseguito dal legislatore attraverso molteplici e coordinate scelte, frutto di discrezionale
bilanciamento d'interessi;
che, pertanto, la questione è inammissibile;
Il Foro Italiano — 1989.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di
chiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale dell'art. 14 1. 27 luglio 1978 n. 392 («disciplina del le locazioni di immobili urbani»), sollevata, in relazione agli art.
41 e 42 Cost., dal Pretore di Acireale con le ordinanze di cui
in epigrafe.
Ili
Diritto. — 1. - È impugnata davanti a questa corte l'intera
1. 27 luglio 1978 n. 392, recante «disciplina delle locazioni di im
mobili urbani», ritenuta lesiva: dell'art. 3 Cost., in quanto crea
a favore del conduttore una situazione di privilegio e realizza una
disparità di trattamento fra proprietari di appartamenti locati e
conduttori; dell'art. 42 Cost., in quanto comprime il diritto di
proprietà senza alcuna plausibile ragione ed oltre i limiti consen
titi; dell'art. 47 Cost., in quanto, tutelando il possesso dell'abita
zione da parte del conduttore, non incoraggia l'accesso del ri
sparmio popolare alla proprietà dell'abitazione; dell'art. 10 Cost.,
in quanto lede gli art. 2, 7, 12, 13 e 16 della dichiarazione univer
sale dei diritti dell'uomo, gli art. 8, 12 e 14 della convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, e gli art. 48.2, 48.3c, 52, 53, 54.f e 59 del trattato
istitutivo delle Comunità europee.
Specifica censura è altresì' mossa, in riferimento agli stessi pa
rametri, al combinato disposto degli art. 59 e 60 del titolo II,
capo I, della suindicata 1. n. 392 del 1978, contenenti la «discipli
na transitoria» per le locazioni abitative, i quali stabiliscono che
il provvedimento che dispone il rilascio dell'immobile, in conse
guenza dell'esercizio, da parte del locatore, del diritto di recesso,
perde efficacia se il locatore, nel termine di sei mesi da quando ha riacquistato la disponibilità dell'immobile, non lo adibisce al
l'uso per il quale aveva agito, e correlativamente riconoscono al
conduttore alternativamente il diritto al ripristinamento del rap
porto o al risarcimento del danno.
2. - Per quanto concerne la censura che investe la 1. n. 392
del 1978 nella sua globalità, ricorda la corte che con la detta
legge è stato posto termine al pluridecennale «regime vincolisti
co» delle locazioni, ripetutamente assolto da questa corte dai dubbi
di legittimità costituzionale, sollevati in riferimento agli art. 3
e 42 Cost., sulla base della considerazione del carattere straordi
nario del regime stesso, preordinato a fronteggiare crisi congiun turali del settore dell'edilizia abitativa (sentenze 3/76, Foro it.,
1976, I, 5; 225/76, ibid., 2745; 32/80, id., Rep. 1980, voce Loca
zione, n. 611; 71/80, ibid., n. 212). La legge in esame, dettando la nuova disciplina organica delle
locazioni urbane, abitative e non abitative, l'articola in due setto
ri (titolo I e titolo II) concernenti, rispettivamente, la disciplina
ordinaria, operante per le locazioni concluse dopo l'entrata in
vigore della legge (30 luglio 1978), e la disciplina transitoria, rela
tiva alle locazioni in corso alla data suindicata.
3. - Per le locazioni abitative — sulle quali soltanto la corte
ritiene di dover portare il suo esame, essendo state sollevate le
questioni nel corso di un giudizio nel quale, appunto, venivano
in conflitto le contrapposte esigenze abitative del conduttore e
del locatore, sicché unicamente in tale specifico ambito le que stioni sono rilevanti — la disciplina ordinaria innova alcuni es
senziali aspetti della regolamentazione del contratto di locazione
prevista dal codice civile (art. 1571 ss.), regolamentazione larga mente inspirata al riconoscimento dell'autonomia negoziale. Es
sa, infatti, si incentra nella predeterminazione della durata legale del rapporto per un quadriennio, non suscettiva di anticipata ces
sazione per iniziativa del locatore e non condizionata alla sussi
stenza di una giusta causa per la sua cessazione alla scadenza
(art. 1, 3 e 4), e nella sottrazione del canone alla libera contratta
zione (c.d. equo canone: art. da 12 a 25). Il nucleo fondamentale della nuova disciplina ordinaria è stato
già oggetto di esame da parte di questa corte, la quale ha osser
vato come la previsione relativa alla durata delle locazioni abita
tive risponda all'apprezzabile esigenza di assicurare ai conduttori
una adeguata stabilità del rapporto (sent. 251/83, id., 1983, I,
2634); vale a dire del godimento di un bene primario (sent. 252/83,
ibid., 2628; 300/83, ibid., 2933; 49/87, id., 1987, I, 2337; 217/88;
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
404/88, id., 1988, I, 2515). E a tale esigenza si connette anche
il peculiare regime dell'equo canone, quantificato con riferimento
a parametri oggettivi, giacché con esso si determina, nell'ambito
delle locazioni abitative, una sostanziale indifferenza della perso na del conduttore ai fini della redditività dell'immobile, e quindi un ridotto interesse del locatore a far cessare il rapporto.
Ora, è da notare che la suddetta esigenza è stata ritenuta da
questa corte meritevole di una specifica tutela essenzialmente in
ragione della grave situazione del settore dell'edilizia abitativa —
caratterizzato dalla carenza di offerta di alloggi e conseguente mente dalla debolezza contrattuale della categoria dei conduttori — nella quale è intervenuta la 1. n. 392 del 1978 (sent. 251/83, cit.).
Ma, pur a distanza di vari anni, le ragioni socio-economiche
della detta specifica protezione non appaiono, ad un esame obiet
tivo, essere oggi modificate al punto tale da evidenziare la man
canza del presupposto di fatto assunto dal legislatore, ovvero il
contrasto fra la disciplina adottata e la Costituzione per ingiusti ficata compressione degli interessi costituzionalmente protetti dei
quali è lamentata la lesione.
Se, poi, la disciplina in esame sia o no pienamente adeguata all'attuazione degli scopi sociali da essa perseguiti — piena ade
guatezza che il giudice a quo sembra contestare, richiamando il
parametro dell'art. 47 Cost., sulla base della considerazione che
la disciplina stessa non contribuisce ad eliminare la situazione
anomala del mercato degli alloggi, che è la causa del disagio della
categoria dei conduttori, ed anzi concorre a perpetuarla — è pro blema che non può essere risolto se non mediante una valutazio
ne che questa corte non può operare. Anche se non può esimersi
dal notare come gli scopi sociali (di rimedio) cui è diretta la nor
mativa stessa possano essere perseguiti anche mediante discipline
diverse, finalizzate alla eliminazione del disagio della categoria dei conduttori, nel quadro di un intervento globale sui settori
dell'edilizia pubblica e privata (postulato dal legislatore del 1978:
cfr. sent. n. 252 del 1983, cit.), idoneo ad incrementare l'offerta
di alloggi a canoni economicamente sopportabili. 4. - La disciplina transitoria delle locazioni abitative in corso
alla data di entrata in vigore della 1. n. 392 del 1978 consiste,
per le locazioni già soggette a proroga in base alla previgente
legislazione, nella previsione di un ulteriore periodo di durata (di
quattro anni) con decorrenza variabile a seconda dell'epoca di
stipulazione del contratto (art. 58). Per le locazioni non comprese nel previgente regime di vincolo (in ragione della data di scaden
za convenzionale successiva al 30 luglio 1978 ovvero perché il
reddito del conduttore eccedeva i limiti fissati per il godimento della proroga legale) è invece riconosciuta la durata quadriennale stabilita dall'art. 1 in regime ordinario, dalla quale va tuttavia
detratto il periodo già decorso dall'inizio della locazione o dalla
data dell'ultimo rinnovo (art. 65).
Orbene, per negare fondatezza alla censura mossa alla detta
disciplina dal giudice a quo, in riferimento ai già ricordati para
metri, è sufficiente ricordare che questa corte più volte ha quali ficato il regime transitorio dettato dalla 1. n. 392 del 1978 come
soluzione tecnica di saldatura tra legislazione vincolistica e nuova
legge organica sulle locazioni, destinata a fungere da ponte tra
i due contrapposti sistemi (sent. 32/80, cit. e 281/84, id., 1985,
I, 663), sottolineando l'esigenza di regolare gradualmente il pas
saggio della grande massa dei contratti in corso nell'ambito delle
nuove regole ordinarie (sent. 89/84, id., 1984, I, 1450). Né siffatta disciplina transitoria può essere ritenuta non equili
brata, in pregiudizio della categoria dei locatori, in quanto, a
controbilanciare l'ulteriore durata ex lege dei rapporti in corso,
è stato introdotto, a vantaggio dei locatori (derivandolo dall'a
zione di cessazione dalla proroga legale o di decadenza da questa,
tipica del regime vincolistico: art. 3, 4 e 10 1. 23 maggio 1950
n. 253) l'istituto del recesso anticipato dalla locazione per le tas
sative ragioni di cui all'art. 59 (del quale non godono i locatori
nel regime ordinario: sent. 251/83, cit.). E tale istituto, origina
riamente limitato alle locazioni già soggette a proroga di cui al
l'art. 58, è stato successivamente esteso anche alle locazioni non
prorogate di cui all'art. 65 per effetto delle sentenze n. 22/80
(id., 1980, I, 553) e n. 250/83 (id., 1983, I, 2636), mediante le
quali la corte ha assicurato in ogni caso tutela alle specifiche esi
genze recuperatorie del locatore nella fase di protrazione coattiva.
La questione è pertanto non fondata.
5. - Venendo all'esame della censura mossa all'art. 60 1. n.
392 del 1978, osserva la corte che le previsioni nella detta norma
racchiuse costituiscono un momento essenziale della disciplina del
II Foro Italiano — 1989.
l'istituto del recesso regolato dal precedente art. 59, in quanto la comminatoria di sanzioni (ripristinamento del contratto, risar
cimento del danno, sanzione pecuniaria da devolvere al fondo
sociale), per il caso di mancata destinazione dell'immobile all'uso
del quale è stata prospettata la necessità, ha la primaria funzione
preventiva di costituire una remora al ricorso abusivo, pretestuo so o addirittura fraudolento al recesso (sent. 48/80, id., 1980,
I, 1561; relativa ad analoga disciplina accessoria dell'azione di
cessazione della proroga legale contenuta dall'art. 8 1. n. 253 del
1950), sicché non aggrava la posizione dei locatori che del recesso
si siano avvalsi per effettive esigenze. Né la posizione dei locatori può ritenersi sacrificata senza ra
gione dalla previsione di un termine fisso, entro il quale dare
attuazione alla destinazione prospettata ai fini del recesso, poiché l'omessa destinazione nel termine è soltanto considerata dalla legge come criterio per la valutazione della serietà o, viceversa, della
pretestuosità del motivo di necessità fatto valere. Ciò che è dimo
strato dalla costante interpretazione giurisprudenziale, secondo la
quale il comportamento successivo assume tale significato solo
se imputabile (a titolo di dolo o di colpa) al locatore.
Anche tale questione è pertanto non fondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate
le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli art.
3, 10, 42 e 47 Cost., della 1. 27 luglio 1978 n. 392 (disciplina delle locazioni di immobili urbani) nel suo complesso, nonché
degli art. 59 e 60 della suddetta legge, come sollevate dall'ordi
nanza indicata in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 dicembre 1988, n. 1060
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 dicembre 1988, n. 50); Pres. Saia, Est. Greco; Inadel c. Mulè; e altri; interv. Pres.
cons, ministri (Aw. dello Stato D'Amato). Ord. Trib. Genova
1° ottobre 1987(tre) (G.U., la s.s., n. 7 del 1988); Trib. Firen
ze 9 novembre 1987 (G.U., la s.s., n. 5 del 1988); Trib. Parma
26 novembre 1987 (tre) (G.U., la s.s., n. 17 del 1988); Pret.
Firenze 26 novembre 1987 (G.U., la s.s., n. 23 del 1988); Pret.
Genova 11 dicembre 1987 (G.U., la s.s., n. 14 del 1988); Pret.
Parma 25 febbraio 1988 (tre) (G.U., la s.s., n. 22 del 1988).
Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio — Ri
liquidazione — Interessi — Esclusione — Incostituzionalità
(Cost., art. 3; d.l. 31 agosto 1987 n. 359, provvedimenti urgen ti per la finanza locale, art. 23; 1. 29 ottobre 1987 n. 440, con
versione in legge, con modificazioni, del d.l. 31 agosto 1987
n. 359). Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio — Ri
liquidazione — Rivalutazione monetaria — Esclusione — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 36, 38,
97, 113; d.l. 31 agosto 1987 n. 359, art. 23; 1. 29 ottobre 1987
n. 440). Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio — Ri
liquidazione — Successione di decreti-legge non convertiti —
Salvezza degli effetti — Questione infondata di costituzionalità
(Cost., art. 77; d.l. 31 agosto 1987 n. 359, art. 30; 1. 29 ottobre
1987 n. 440).
È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 23, 4° com
ma, d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito in l. 29 ottobre 1987
n. 440, nella parte in cui dispone che «le somme dovute a titolo
di riliquidazione dell'indennità premio di servizio non danno luogo a corresponsione di interessi». (1)
(1-2) Sulla disciplina dettata dal d.l. 359/87, v. Cass. 26 novembre 1988, n. 6390, e Pret. Lodi 27 marzo 1987, in questo fascicolo, I, con nota
di richiami, sulla indennità premio di servizio, fra cui si segnala Cass.
3469/88 in punto di debenza e decorrenza di interessi e rivalutazione a
carico dell'lnadel per tardivo pagamento dell'indennità.
Fra le ordinanze di rimessione, Trib. Genova 1° ottobre 1987, Inadel
c. Queirolo, è riportata, id., 1988, I, 1019, con nota di richiami.
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