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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || ordinanza 6 maggio 1988; Pres. Bongianni;...

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ordinanza 6 maggio 1988; Pres. Bongianni; Santoro (Avv. Fanzini, Scavone) c. Sovrano della Gran Loggia e del Supremo consiglio della Massoneria di piazza del Gesù (Avv. Binni, Cazzara) Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 3091/3092-3093/3094 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181510 . Accessed: 28/06/2014 13:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.90 on Sat, 28 Jun 2014 13:23:22 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 6 maggio 1988; Pres. Bongianni; Santoro (Avv. Fanzini, Scavone) c. Sovrano dellaGran Loggia e del Supremo consiglio della Massoneria di piazza del Gesù (Avv. Binni, Cazzara)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 3091/3092-3093/3094Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181510 .

Accessed: 28/06/2014 13:23

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nomica), quasi a sottolineare l'irrilevanza della natura giuridica, di tali rapporti, a fronte di una volontà legislativa in punto di

riparto di giurisdizione, valida di per sé, perché vertente in mate

ria riservata alla legge ordinaria (art. 103, 1° comma, Cost.). Per tali compositi motivi, attinenti sia alla individuazione del

la natura giuridica del rapporto dei dipendenti degli enti lirici

e alla conseguenziale disciplina processuale, sia all'individuazione

di una volontà legislativa primaria in tema di disciplina proces suale di tali rapporti, va affermata la giurisdizione del giudice ordinario e la competenza di questo giudice del lavoro a conosce

re della presente controversia proposta da Pieri Silvano, dipen

dente, contro l'Ente autonomo teatro comunale di Firenze.

TRIBUNALE DI BOLOGNA; ordinanza 6 maggio 1988; Pres.

Bongianni; Santoro (Aw. Fanzini, Scavone) c. Sovrano della

Gran Loggia e del Supremo consiglio della Massoneria di piaz za del Gesù (Avv. Binni, Cazzara).

TRIBUNALE DI BOLOGNA;

' Associazione non riconosciuta — Procedimento di espulsione di

un socio — Violazione dei diritti di difesa — Tutela cautelare — Ammissibilità (Cost., art. 24; cod. civ., art. 23, 24; cod.

proc. civ., art. 700)

Gli art. 23 e 24 c.c. sono applicabili anche alle associazioni non

riconosciute; vanno pertanto sospesi i provvedimenti di sospen sione e di radiazione emessi dalla Gran Loggia della Massone

ria di piazza del Gesù nei confronti di un proprio aderente

in quanto adottati in violazione dei diritti di difesa dell'in colpato. (1)

(1) II profilo considerato con la presente decisione investe questioni di grande interesse generale, quali l'autonomia delle associazioni (e, più in generale, delle formazioni sociali) di fronte ai diritti costituzionalmente attribuiti ai soggetti dell'ordinamento e all'intervento dello Stato a loro tutela.

Per gli ultimi orientamenti della giurisprudenza, v. Pret. Roma 8 aprile 1985, Foro it., 1985, I, 2794, con nota di richiami, e, in precedenza, Cass., sez. un., 4 dicembre 1984, n. 6344, ibid., 321, che pongono l'ac cento sul primato della volontà negoziale espressa al momento dell'ade sione per ritenere ammissibile la clausola statutaria di un'associazione non riconosciuta che deferisce ad un organo interno il reclamo avverso i provvedimenti disciplinari, cosi precludendo la giurisdizione del giudice ordinario.

In senso opposto, v., da ultimo, Pret. Bari 28 luglio 1982, id., Rep. 1983, voce Associazione non riconosciuta, n. 13, e in Giur. it., 1983, I, 2, 485, con nota di Pozzi; Pret. Fasano 28 febbraio 1981, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 9; Pret. Genova 16 gennaio 1976, id., 1976, I, 1107, con nota di richiami.

In posizione sostanzialmente intermedia, cfr. Pret. Benevento 9 feb braio 1982, id., Rep. 1983, voce Partiti politici, n. 11, favorevole ad una limitazione della validità della clausola alle sole controversie in cui non siano in gioco diritti inviolabili; ed anche Trib. Torino 4 marzo 1985, id., Rep. 1987, voce Associazione non riconosciuta, n. 11.

Circa l'affermazione, contenuta nell'ordinanza e sostenuta in dottrina

soprattutto da Galgano (ora in Le associazioni, le fondazioni, i comitati, Padova, 1987, 185 ss.), che ritiene applicabili alle associazioni non rico nosciute le norme degli art. 23, 1° comma, e 24, 3"comma, c.c. (dettate per le associazioni riconosciute), v. Trib. Pavia 2 luglio 1987, Foro it., Rep. 1987, voce cit., nn. 15-19; Trib. Padova 30 dicembre 1986, ibid., n. 22, commentata da Morano, Giurisdizione delt'a.g.o nelle controver sie di esclusione dell'associato, in Società, 1987, 505.

In campo sindacale, v. Trib. Campobasso 28 novembre 1984, Foro

it., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), n. 1052, e in Riv. it. dir. lav., 1986, II, 268, che si segnala per la particolare elaborazione della motiva zione. Sempre in ambito sindacale, v. poi le recenti vicende conflittuali sorte relativamente al sindacato Fabi (Trib. Ferrara 6 giugno 1984, Pret. Sondrio 22 novembre 1983, Pret. Ferrara 17 luglio 1982, Foro it., 1985, I, 1184, con nota di richiami).

In argomento, v. anche Cass. 7 luglio 1987, n. 5925, id., 1988, I, 164, con nota di richiami.

Per la giurisprudenza costituzionale, v. Corte cost. 30 luglio 1984, n.

239, id., 1984,1, 2397, con nota di Colaianni, con cui la corte ha esplici tamente ammesso la necessità di tutelare i diritti inviolabili «nei confronti non solo delle associazioni, ma anche di quelle formazioni sociali cui fa riferimento l'art. 2 Cost.».

In dottrina, v., da ultimo, per i profili costituzionalistici, De Siervo,

Il Foro Italiano — 1988.

Il presidente di sezione del tribunale, sciogliendo la riserva di

deliberare, rileva: Vincenzo Maria Santoro ha chiesto in data 19

aprile 1988 al presidente del tribunale con ricorso ex art. 700 c.p.c., o alternativamente ex art. 23 c.c., che sia ordinato alla Massone

ria di piazza del Gesù, della quale afferma di essere associato, la produzione della documentazione in base alla quale sono state

promosse le accuse a suo carico; che sia disposta la sospensione cautelare della sanzione della radiazione inflittagli; che sia ordi

nata la sua immediata reintegrazione nei ruoli dell'associazione.

Va precisato che con ricorso in data 25 maggio 1988 V. M.

Santoro chiedeva al locale pretore ex art. 700 c.p.c. la reintegra zione nella qualità di associato alla Massoneria e l'ordine all'as

sociazione di notificargli l'atto di contestazione degli addebiti per

l'ipotesi dell'eventuale inizio di un'azione disciplinare a suo cari

co. Il pretore, convocate le parti, con provvedimento del 9 aprile

1988, in parziale accoglimento del ricorso disponeva che venisse

ro portati a conoscenza del Santoro la formulazione dell'accusa

a di lui carico, ordinando che non venissero assunte deliberazioni

prima della decorrenza di cinque giorni dalla conoscenza degli addebiti da parte del Santoro medesimo; fissava il termine per l'inizio della causa di merito. Questa veniva promossa con cita

zione del 14 aprile 1988, con la quale richiedeva la dichiarazione

di nullità della esclusione del Santoro dall'associazione perché at

tuata in violazione dei diritti di difesa, e la dichiarazione di in competenza degli organi che avevano deliberato la esclusione, ordinandosi la reintegrazione dell'attore nei ruoli dell'associazione.

Rileva il decidente che il provvedimento emesso dal pretore non

prevede alcuna possibilità di conferma, o di reiterazione, come

viene chiesta in questa sede al capo a) delle conclusioni. Al prov vedimento del pretore deve essere data esecuzione a cura della

parte interessata nei modi previsti dalla legge. Nel merito della questione non sembra dubbio, sulla scorta della

dottrina e della giurisprudenza, che anche per le associazioni non

riconosciute, quale la Massoneria, trovano applicazione le norme

dettate dal codice civile: nella specie gli invocati art. 23 e 24 del

detto codice. Ed il sistema predisposto dalla legge, in conformità

ai principi generali di garanzia, è nel senso che si può far luogo ad esclusione dell'associato solo per gravi motivi, il che presup

pone che tali motivi siano portati a conoscenza dell'interessato

perché questi possa difendersi dalle incolpazioni mossegli. Nella specie, dagli atti prodotti dal resistente risulta che il San

toro fu sospeso dai lavori e dai privilegi massonici con provvedi mento del 21 dicembre 1987 dal Sovrano della Gran Loggia, e

con provvedimento del Sovrano del Supremo consiglio in pari data entrambi i provvedimenti portano l'indicazione della sotto

scrizione di Renzo Canova.

Con successivi provvedimenti del 15 marzo 1988, provenienti

dagli stessi organi sopra indicati, il Santoro venne radiato dalla

Gran Loggia e rispettivamente dalla Massoneria, con effetto dal

la data dei provvedimenti stessi, che pure portano l'indicazione

della sottoscrizione di Renzo Canova.

Successivamente, con distinte lettere di identico contenuto in

data 11 aprile 1988, la Gran Loggia ed il Supremo consiglio han

no comunicato al Santoro che il Sacro collegio nella tornata del

10 aprile 1988 aveva ratificato i provvedimenti di radiazione del

15 marzo 1988, con le motivazioni che risultano previste in cin

que capi.

Appar evidente al decidente, sulla base della documentazione

fornita, che le incolpazioni rivolte al Santoro sono state a questi comunicate successivamente non solo all'avvenuta radiazione, ma

addirittura dopo il provvedimento di ratifica della radiazione stessa!

Dal che insegue una patente violazione dei diritti di difesa dell'in

colpato, garantiti dall'art. 24 Cost., violazione che concreta i gravi motivi previsti dalla legge, legittimanti la possibilità di sospensio ne dell'esecuzione delle deliberazioni di sospensione e radiazione, nei confronti delle quali si appuntano le doglianze del ricorrente.

Data la gravità della violazione dei naturali diritti di difesa in

Associazione (diritto di), voce del Digesto pubbl., Torino, 1987, I, 484

ss.; Pace, Problematica delle libertà costituzionali, Padova, 1988, II, 374. Sotto l'aspetto civilistico, v., sempre da ultimo, M. Spinelli, I diritti dell'individuo nelle «formazioni sociali» dove si svolge la sua personalità, in Riv. dir. civ., 1987, I, 281, e, in precedenza, Basile L'intervento dei

giudici nelle associazioni, Milano, 1975; Volpe Putzolu, La tutela del l'associato in un sistema pluralistico, Milano, 1977; Vincenzi Amato, Associazioni e tutela dei singoli, Napoli, 1984.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dipendentemente da ogni considerazione sulla contestata aderen

za dei provvedimenti sanzionatori alle norme dettate dagli statuti

dell'associazione, va disposta la chiesta sospensione: negli effetti

di questa inglobata anche la richiesta del ricorrente formulata

al capo c) delle conclusioni.

Per questi motivi, visti gli art. 23 e 24 c.c., dispone la sospen sione dell'esecuzione dei provvedimenti 21 dicembre 1987 e 15

maggio 1988 emessi sia dal Sovrano della Gran Loggia, che dal

Sovrano del Supremo consiglio, portanti la sospensione dai lavo

ri dell'associazione e la radiazione dalla Gran Loggia e dalla Mas

soneria Vincenzo Maria Santoro.

TRIBUNALE DI BARI; ordinanza 3 maggio 1988; Pres. Simo

netti, Rei. Magaietti; Netti (Avv. Moschetti) c. L'Abbate

(Avv. Carrozzo).

TRIBUNALE DI BARI;

Separazione di coniugi — Mantenimento — Indagini attraverso

la polizia tributaria — Ammissibilità (L. 6 marzo 1987 n. 74, nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matri

monio, art. 9, 23).

La norma che nel processo di divorzio consente al tribunale di

disporre indagini attraverso la polizia tributaria sui redditi, sui

patrimoni e sull'effettivo tenore di vita dei coniugi, è applicabi le anche nel processo di separazione. (1)

L'art. 23, 1° comma, 1. 6 marzo 1987 n. 74 stabilisce che fino

all'entrata in vigore del nuovo testo di procedura civile, ai giudizi di separazione personale dei coniugi si applicano, in quanto com

patibili, le regole precedurali stabilite dall'art. 8 della stessa legge il quale ha sostituito l'art. 4 1. 1° dicembre 1970 n. 898. Nel

citato art. 8 è delineata la struttura del nuovo processo per le

cause di divorzio, tuttavia nel corpo della legge vi sono altri arti

coli che contengono disposizioni di natura processuale (art. 9, ultimo comma, art. 10, 2° e 4° comma, art. 11, 9°, 10° e 11°

comma, art. 12, 2°, 3° e 5° comma, art. 13, 1°, 3° e 5° comma,

art. 18, art. 20) onde il primo problema che si pone è quello di accertare se il rinvio operato dall'art. 23, 1° comma, debba

intendersi, salvo in ogni caso il limite dell'incompatibilità con

la natura di giudizi di separazione, limitato soltanto alle disposi zioni contenute nel novellato art. 4 1. 898/70 come suggerisce il dato letterale, ovvero esteso a tutte le regole processuali intro

dotte con la 1. 74/87.

Se si considera che, come già rilevato, l'art. 8 richiamato con

tiene la maggior parte delle disposizioni che regolano il nuovo

processo di divorzio e che l'inserimento di norme processuali in

altri articoli della legge appare imputabile a ragioni tecniche di

formulazione dell'articolato legislativo più che ad una consape vole scelta di politica legislativa, non appare lecito dubitare del

l'esattezza della seconda delle soluzioni prospettate. Il superiore rilievo assume maggior spessore se si considera che

qualora il legislatore avesse voluto escludere l'estensione ai giudi zi di separazione tra coniugi, perché incompatibili con quest'ulti mo istituto, delle disposizioni processuali estravaganti (vale a dire

le regole procedurali non comprese nell'art. 8) non si comprende rebbe per quale ragione non abbia esteso il giudizio di compatibi

lità anche alle norme contenute nell'art. 8 ed indicato

conseguentemente in maniera puntuale quali delle norme in esso

contenute non fossero applicabili ai giudizi di separazione. In al

tre parole non si comprenderebbe per quale ragione il legislatore

avrebbe lasciato all'interprete il compito di individuare quali del

le disposizioni dell'art. 8 siano applicabili ai giudizi di separazio ne mentre avrebbe riservato a sé medesimo il compito di

individuare le altre disposizioni non compatibili con il regime di

separazione personale.

(1) Questione nuova. In dottrina, in senso contrario, espressamente, Cipriani (-Quadri), La nuova legge sul divorzio, 1988, II, 354, e, impli

citamente, Magnone, in Commentario alla riforma sul divorzio, 1987, 160. Perplesso Santosuosso, Il matrimonio, Appendice, La riforma del

divorzio, 1987, 39.

Il Foro Italiano — 1988.

Al fine di verificare l'esattezza di tali rilievi non appare super fluo esaminare alcuna delle più rilevanti disposizioni processuali

«estravaganti», onde verificare se un siffatto giudizio di incom

patibilità sia stato effettivamente formulato dal legislatore: ove,

infatti, queste ultimo norme dovessere risultare tutte incompati bili e dunque inapplicabili ai giudizi di separazione, il rinvio limi tato alle sole disposizioni di cui all'art. 8 apparirebbe pienamente

giustificato, mentre nel caso contrario non sarebbe più lecito du

bitare della volontà del legislatore di estendere ai giudizi di sepa razione personale tutte le regole processuali compatibili con la

natura di tali giudizi. In tale prospettiva, non sembra possa dubi

tarsi dell'applicabilità di giudizi di separazione personale tra co

niugi della gran parte delle disposizioni processuali «estravaganti» in ordine alle quali non sembrano sussistere ragioni valide che

inducano ad un giudizio di incompatibilità. Anche se non strettamete pertinente al tema della indagine, ma

tuttavia sintomatica della volontà del legislatore di dettare una

disciplina quanto più uniforme possibile per la separazione per sonale e per il divorzio, pur con le dovute differenze derivanti

dalla diversità dei due istituti, è la disposizione di cui all'art. 20

1. 74/87 la quale, risolvendo il contrasto giurisprudenziale sorto

sul punto ha introdotto una sorta di interpretazione autentica del

l'art. 18 disp. prel. c.c., disponendo che nell'ipotesi di divorzio

tra cittadina italiana e coniuge straniero, la legge nazionale del

quale non disciplini lo scioglimento o la cessazione degli effetti

civili del matrimonio, si applicano le stesse regole che disciplina no i rapporti personali tra coniugi cioè quelle previste dall'art.

18 disp. prel. (non interessa in questa sede stabilire quali siano

le conseguenze che sull'art. 20 possa esplicare l'intervenuta di

chiarazione di incostituzionalità di quella norma: Corte cost. 26

febbraio 1987, n. 71, Foro it., 1987, I, 2316) e non invece quella

prevista dall'art. 17 disp. prel. che detta le regole relative allo

stato, alla capacità delle persone ed ai rapporti di famiglia. Un

approccio più diretto al tema esaminato è offerto dall'art. 18 1.

74/87 che prevede quale foro facoltativo per le cause relative ai

diritti di contenuto patrimoniale connessi alla pronunzia di divor

zio, quello del luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione dedotta in giudizio. È indubbio invero che la definitività della

situazione conseguentemente al divorzio non sembra possa costi

tuire un serio ostacolo all'applicablilità di tale disposizioe ai giu dizi di separazione, tanto più ove si consideri che già prima dell'entrata in vigore della 1. 74/87 la giurisprudenza aveva rite

nuto applicabile disposizioni generali in materia di competenza tra le quali quelle di cui all'art. 20 c.p.c. ai procedimenti di revi

sione tanto delle sentenze di separazione tra coniugi (Cass. 9 giu

gno 1977, n. 2374, id., Rep. 1977, voce Competenza civile, n.

59; 23 ottobre 1979, n. 5525, id., Rep. 1979, voce cit., n. 80)

quanto delle pronunzie di divorzio. Tale rilievo appare ancor più

significativo ove si consideri che uno degli scopi perseguiti dal

legislatore, come emerge dai lavori preparatori, è stato quello di

dare sistematicità ai principi giurisprudenziali elaborati in seguito

all'entrata in vigore della legge sul divorzio e della riforma del

diritto di famiglia. Se dunque non vi è alcun motivo per esclude

re l'applicabilità dell'art. 18 1. 74/87 ai giudizi di separazione,

appare evidente che il mancato riferimento a tale norma dell'art.

23, 1° comma, ovvero la mancata inserzione della disposizione

esaminata nell'art. 8 (che tra l'altro detta i criteri per l'individua

zione del giudice competente per materia e per territorio a cono

scere della causa di scioglimento o cessazione degli effetti civili

del matrimonio) non può imputarsi ad una consapevole scelta

del legislatore fondata su un giudizio di incompatibilità, bensì

soltanto ad un difettoso coordinamento di norme ovvero, come

appare più verosimile, alla consapevolezza che il rinvio dell'art.

8 non avesse carattere tassativo ma implicasse anche il richiamo

di tutte le altre disposizioni processuali non incompatibili con il

regime di separazione. L'art. 74/87, che regola i rapporti tra i genitori divorziati e

figli minori contiene anche alcune disposizioni di natura proces

suale tra le quali assumono particolare rilevanza il potere ricono

sciuto al giudice di disporre d'ufficio i mezzi istruttori necessari,

ivi compresa l'audizione dei figli minori (9° comma), il dovere

del giudice del merito di provvedere all'attuazione dei provvedi menti relativi all'affidamento della prole (10° comma) è di deter

minare un criterio di adeguamento automatico dell'assegno di

mantenimento relativo ai figli. Come è stato giustamente osserva

to dai più attenti commentatori della legge in esame, l'impossibi

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