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sentenza 10 dicembre 1987, n. 476 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 dicembre 1987, n.53); Pres. Saja, Est. Corasaniti; Bracchi, Guaschetti, Ionico c. Inail (Avv. Napolitano). Ord. Pret.Piacenza 15 novembre 1983 (G.U. n. 190 del 1984); Pret. Alessandria 12 agosto 1986 (G.U., 1 as.s., n. 59 del 1986); Cass. 12 giugno 1986 (G.U., 1 a s.s., n. 28 del 1987)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 375/376-377/378Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183778 .
Accessed: 28/06/2014 11:21
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PARTE PRIMA
cui essa, «valutate le singole responsabilità, può porre a carico
dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore
perduto» (art. 52 r.d. n. 1214 del 1934) contempli un'ipotesi di
responsabilità ripartita anziché solidale — da commisurare cioè
al grado di colpa di ciascuno nella violazione dei doveri propri delle rispettive attribuzioni — ed imponga all'amministrazione di
aggredire innanzitutto il patrimonio del condannato, in quanto
principale obbligato, e di escludere i corresponsabili amministra
tivi, limitatamente alla parte avuta da ciascuno nella determina
zione dell'evento, solo ove la relativa procedura risulti infruttuosa.
Ma, anche a ritenere altrimenti, la richiamata esigenza non può certo fondare censure di violazione del principio di eguaglianza: anzi, il consentire che, in mancanza di un preesistente vincolo
tra i soggetti, il peso del risarcimento possa essere trasferito dal
maggior al minor colpevole rischia di non essere consono proprio con tale principio, nonché con le prescrizioni di cui all'art. 97 Cost.
Ancor meno la regola costituzionale dell'eguaglianza può dirsi
violata in ragione del fatto che, procedendosi alla liquidazione del danno in sede penale, si priva il condannato della possibilità di fruire del c.d. potere riduttivo dell'addebito, di cui viceversa, ad avviso dell'ordinanza di rimessione, egli potrebbe giovarsi in
sede contabile. Proprio se ciò fosse, quella regola risulterebbe
violata, in quanto ne sortirebbe che il funzionario responsabile di un reato godrebbe di una posizione ingiustificatamente più fa
vorevole rispetto a quella comune alla generalità degli altri cittadini.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 c.p.p., in ri
ferimento agli art. 3, 25, 1° comma, e 103, 2° comma, Cost., sollevata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la re
gione Sicilia, con l'ordinanza indicata in epigrafe (r.o. 874/83).
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 dicembre 1987, n. 476
(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 dicembre 1987, n. 53); Pres. Saja, Est. Corasaniti; Bracchi, Guaschetti, Ionico c. Inail
(Avv. Napolitano). Ord. Pret. Piacenza 15 novembre 1983
(G.U. n. 190 del 1984); Pret. Alessandria 12 agosto 1986 (G.U., la s.s., n. 59 del 1986); Cass. 12 giugno 1986 (G.U., la s.s., n. 28 del 1987).
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Familiari parteci panti all'impresa familiare e prestanti opera manuale — Assog gettamento all'assicurazione obbligatoria — Esclusione —
Incostituzionalità (Cost., art. 3, 38; cod. civ., art. 230 bis; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazio
ne contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 4).
È illegittimo, per violazione degli art. 3, 1° comma, e 38, 2°
comma, Cost., l'art. 4, 1° comma, n. 6, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui non ricomprende tra le persone assi curate i familiari partecipanti all'impresa familiare indicati nel l'art. 230 bis c.c. che prestano opera manuale od opera a questa assimilata, ai sensi dell'art. 4, 1° comma, n. 2, d.p.r. 1124/65. (1)
Diritto. — 1. - I tre giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza in ragione della identità o connessione delle
(1) L'ordinanza di rinvio Pret. Piacenza 15 novembre 1983 è massima ta in Foro it., 1985, I, 2475, con nota di richiami, mentre le ordinanze Pret. Alessandria 12 agosto 1986 e Cass. 12 giugno 1986 sono riassunte, id., Rep. 1987, voce Infortuni sul lavoro, nn. 200, 204.
In ordine alla individuazione dei soggetti per i quali vale l'obbligo del l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, v., da ultimo, Corte cost. 26 luglio 1988, n. 880, id., 1988, I, 2785, con nota di richiami, che ha dichiarato l'illegittimità degli art. 1 e 4 d.p.r. 1124/65, nella parte in cui escludevano gli artigiani italiani che lavorano all'estero; Corte cost. 13 maggio 1987, n. 158, ibid., 1764, con nota di richiami, circa l'assoggettabilità dei commercianti che esercitano una del le attività indicate nell'art. 1 d.p.r. 1124/65; Cass. 16 dicembre 1986, n. 7577, id., 1987, I, 1090, con nota di richiami, circa il c.d. «assistente contrario».
Il Foro Italiano — 1989.
questioni sollevate con le ordinanze di rimessione. Queste infatti
indubbiano tutte la legittimità della normativa di cui all'art. 4, 1° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (t.u. delle disposizioni
per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali). 2. - L'art. 4, 1° comma, d.p.r. n. 1124 del 1965 stabilisce che
sono compresi nell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali: 1) coloro che in modo per manente o avventizio prestano alle dipendenze e sotto la direzio
ne altrui opera manuale retribuita, qualunque sia la forma di
retribuzione; 2) coloro che, trovandosi nelle condizioni di cui al
precedente n. 1), anche senza partecipare materialmente al lavo
ro, sovraintendono al lavoro di altri.
Negli ulteriori numeri (da 3 a 9) nei quali si suddivide il com
ma sono inoltre indicate specifiche categorie di soggetti assicura
ti, ed in particolare, nel n. 6), «il coniuge, i figli, anche naturali
o adottivi, gli altri parenti, gli affiliati, gli affini e gli affidati» del datore di lavoro che prestano con o senza retribuzione alle
di lui dipendenze opera manuale, ed anche non manuale alle con
dizioni di cui al precedente n. 2); nel n. 7, i soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società, anche di fatto, comunque denomi
nata, costituita ed esercitata, che prestano opera manuale, oppu re non manuale alle condizioni di cui al precedente n. 2).
Ora, le ordinanze della Corte di cassazione (r.o. n. 262/87), del Pretore di Piacenza (r.o. n. 168/84) e del Pretore di Alessan
dria (r.o. n. 736/87), rese tutte in procedimenti civili nei quali era in discussione l'assoggettabilità ad assicurazione obbligatoria di soggetti che prestavano la propria attività lavorativa manuale
quali collaboratori nell'ambito di una «impresa familiare» (art. 230 bis c.c., introdotto dalla 1. 19 maggio 1975 n. 151), sulla base della comune premessa della non riconducibilità di tale fatti
specie all'ipotesi di cui all'art. 4, 1° comma, n. 6, per difetto
del requisito della subordinazione, né a quella di cui al n. 7, per l'assenza di un vincolo societario tra i partecipanti all'impresa
familiare, hanno impugnato l'art. 4, 1° comma, sopra citato (le ordinanze del Pretore di Piacenza e della Corte di cassazione par ticolarmente il n. 6). Secondo i giudici a quibus, la normativa
censurata, in quanto non prevede l'assoggettamento ad assicura
zione per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei
familiari che partecipano all'impresa familiare, appare lesiva:
a) dell'art. 3, 1° comma, Cost., che vuole che a parità di espo sizione al rischio siano garantite pari forme di tutela assicurativa
(ordinanza del Pretore di Alessandria); b) dell'art. 3, 1° comma,
Cost., sotto il diverso profilo della disparità di trattamento nei
confronti dei familiari collaboratori nell'azienda agricola, per i
quali, ai sensi dell'art. 205, 1° comma, lett. b), e 3° comma,
d.p.r. n. 1124 del 1965, non è richiesto, ai fini dell'obbligo assi
curativo, il requisito della subordinazione (ordinanza della Corte di cassazione); c) dell'art. 38, 2° comma, Cost., in quanto vengo no sottratti all'ineludibile garanzia assicurativa lavoratori che pre stano opera manuale obiettivamente esposta al rischio di infortuni,
quali sono i familiari collaboratori nell'impresa familiare (ordi nanza della Corte di cassazione; ordinanza del Pretore di Piacen
za, che si riferisce congiuntamente agli art. 3 e 38 Cost.). 3. -1 giudici a quibus (ed in particolare la Corte di cassazione)
sottolineano concordemente la portata innovativa dell'art. 230 bis c.c. (introdotto dalla I. n. 151 del 1975 di riforma del diritto di famiglia) e la non riconducibilità di tale figura (la cui qualifi cazione è dibattuta in dottrina) alle ipotesi specificamente previ ste dai nn. 6 e 7 dell'art. 4, 1° comma, d.p.r. n. 1124 del 1965.
Al riguardo è richiamato l'indirizzo invalso nella giurispruden za della Corte di cassazione (sent. n. 3722 del 1984, Foro it.,
Rep. 1984, voce Famiglia (regime patrimoniale), n. 50; n. 3948
del 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 57), secondo il quale l'isti tuto dell'impresa familiare ha natura residuale e suppletiva («sal vo che non sia configurabile un diverso rapporto»), in quanto diretto al riconoscimento e alla protezione del lavoro prestato nell'ambito degli aggregati familiari, in precedenza non altrimen ti tutelato, con la conseguente esclusione della detta figura quan do il lavoro del familiare trovi riscontro, per i caratteri che presenta in concreto, nella ipotesi del rapporto di lavoro subordinato o in quella del rapporto societario: ipotesi le quali vanno pertanto ritenute incompatibili con l'istituto in discorso.
Dal risultato interpretativo cosi raggiunto dai giudici a quibus, sulla base di consolidata giurisprudenza concernente l'istituto del
l'impresa familiare, non è dato discostarsi. Occorre dunque af
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
frontare il problema di legittimità costituzionale da essi sollevato.
4. - Nel capo III del d.p.r. n. 1124 del 1965, ed in particolare
nell'art. 4, che determina l'ambito soggettivo di applicazione del
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, è agevole riscontrare la significativa con
correnza di previsioni volte a tutelare lavoratori subordinati (art.
4, 1° comma, nn. 1, 2 e 6, concernente, quest'ultimo, la specifica
ipotesi del lavoro subordinato prestato da familiari) e di previsio
ni volte a tutelare lavoratori che operano senza vincolo di subor
dinazione.
Ed infatti il n. 3 dello stesso art. 4, 1° comma, include tra
i soggetti assicurati l'artigiano, purché presti abitualmente opera
manuale nella propria impresa; il successivo n. 7 ha riguardo ai
soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società, anche di
fatto, che prestino opera manuale o di sovraintendenza; altre ipo
tesi ancora la cennata disposizione prevede (cfr., ad es., nn. 5
ed 8), tutte irriducibili a quella del lavoro subordinato.
Orbene, la concorrenza delle dette ipotesi e delle altre sopra
considerate mostra l'esistenza, nella legislazione di settore, di un
principio, implicito nel citato art. 4 (ma vedi anche l'art. 205
dello stesso d.p.r. n. 1124 del 1965, che sottopone ad assicurazio
ne obbligatoria i familiari che prestano opera manuale nelle aziende
agricole, prescindendo dal requisito della subordinazione), secon
do il quale la protezione assicurativa in argomento è indifferente
al titolo o al regime giuridico del lavoro protetto e prende in
considerazione questo in quanto lavoro manuale — o di sovrain
tendenza immediata al lavoro manuale — prestato con obiettiva
esposizione al rischio derivante dalle lavorazioni indicate nel pre
cedente art. 1.
Rispetto a tale principio è ingiustificata, ed integra pertanto
violazione dell'art. 3, 1° comma, Cost., ed insieme dell'art. 38,
2° comma, Cost. — in base al quale a parità di esposizione al
rischio deve corrispondere parità di tutela assicurativa (sentenze
nn. 246 del 1986, id., 1988, I, 2181; 221 del 1985, id., 1986,
I, 341; 55 del 1981, id., 1981, I, 1499; 262 del 1976 e 114 del
1977, id., 1977, I, 10 e 2098) — la mancata ricomprensione nel
l'elenco delle persone assicurate, racchiuso nell'art. 4, 1° comma,
d.p.r. n. 1124 del 1965, dei familiari che prestano attività avente
i suddetti caratteri obiettivi se non riconducibili a un rapporto
di lavoro subordinato o a un rapporto societario; come è appun
to per il lavoro prestato nell'impresa familiare.
D'altra parte, una volta introdotto l'istituto dell'impresa fami
liare, in vista della meritoria finalità di dare tutela al lavoro co
munque prestato negli aggregati familiari, non sarebbe coerente
il diniego di una tutela assicurativa di particolare rilevanza come
quella in argomento ( diretta a ovviare a rischi attinenti alla vita
o all'integrità fisica del lavoratore), in presenza dei requisiti og
gettivi propri del lavoro con essa protetto.
5. - Va pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art.
4, 1° comma, n. 6, d.p.r. n. 1124 del 1965, in quanto non ricom
prende tra le persone assicurate contro gli infortuni sul lavoro
e le malattie professionali — oltre ai familiari ivi indicati che
prestano opera manuale (ed anche non manuale alle condizioni
di cui al precedente n. 2), con esposizione ai rischi propri delle
lavorazioni elencate nell'art. 1 dello stesso decreto, a titolo di
lavoro subordinato — i partecipanti all'impresa familiare indicati
nell'art. 230 bis c.c. che prestano opera manuale (od opera a
questa assimilata ai sensi del precedente n. 2) con esposizione
ai medesimi rischi. La pronuncia è riferita specificamente al n. 6 del 1° comma
dell'art. 4 in relazione all'evidente affinità di materia (lavoro di
familiari). Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di
chiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, 1° comma, n. 6,
d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (t.u. delle disposizioni per l'assicu
razione obbligatoria contro gli infirtuni sul lavoro e le malattie
professionali) nella parte in cui non ricomprende tra le persone
assicurate i familiari partecipanti all'impresa familiare indicati nel
l'art. 230 bis c.c. che prestano opera manuale od opera a questa
assimilata ai sensi del precedente n. 2.
Il Foro Italiano — 1989.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 giugno 1987, n. 226
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 giugno 1987, n. 26);
Pres. Andrioli, Rei. Casavola; Vicinelli c. Inail (Avv. Ruffi
ni); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Ferri). Ord.
Pret. Bologna 25 luglio 1980 (G.U. n. 325 del 1980).
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Infezione malari
ca — Assicurazione obbligatoria — Configurabilità come in
fortunio sul lavoro — Esclusione — Incostituzionalità (Cost.,
art. 2, 32, 38; 1. 22 giugno 1933 n. 851, coordinamento ed
integrazione delle norme dirette a diminuire le cause della ma
laria, art. 16; r.d. 27 luglio 1934 n. 1265, approvazione del
t.u. delle leggi sanitarie, art. 329; r.d. 17 agosto 1935 n. 1765,
disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul
lavoro e delle malattie professionali, art. 2; d.p.r. 30 giugno
1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 2).
Sono illegittimi, per violazione degli art. 2, 32 e 38, 2° comma,
Cost., l'art. 2 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 e, in applicazione
dell'art. 27 l. 11 marzo 1953 n. 87, gli art. 16, 1° comma,
1. 22 giugno 1933 n. 851, 329, 1° comma, r.d. 27 luglio 1934
n. 1265 e 2, 2° comma, 2" parte, r.d. 17 agosto 1935 n. 1765,
nella parte in cui escludono la malaria dall'elenco delle patolo
gie riconducibili a infortuni sul lavoro e quindi non compren
dono tra i casi di infortunio sul lavoro l'evento dannoso
derivante da infezione malarica. (1)
Diritto. — 1. - Il Pretore di Bologna, con ordinanza del 25
luglio 1980, ritiene che l'art. 2 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124,
(«testo unico delle disposizioni per l'assicurazione contro gli in
fortuni sul lavoro e le malattie professionali»), nella parte in cui
esclude che l'evento dannoso derivante da infezione malarica sia
compreso tra i casi di infortunio sul lavoro, e richiama disposi
zioni speciali, che limitano, in materia, ogni tutela al caso di morte
da febbre perniciosa, «non solo appare manifestamente irragio
nevole, ma contrastante, da un lato, con i generali principi costi
tuzionali che riconoscono l'inviolabile diritto alla salute (art. 2
Cost.), la parità sostanziale fra i cittadini (art. 3, 2° comma),
la tutela della posizione di lavoro (art. 4, 1° comma) e, dall'al
tro, con quelli più specifici che garantiscono il lavoro in tutte
le sue forme e applicazioni (art. 35, 1° comma) e che delineano
la struttura del sistema previdenziale (art. 38, 2° comma)».
2. - La questione è fondata.
La norma impugnata recita: «L'assicurazione comprende tutti
i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di
lavoro, da cui sia derivata la morte o un'inabilità permanente
al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un'inabilità temporanea as
soluta che importi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni.
(1) L'ordinanza di rinvio Pret. Bologna 25 luglio 1980 è massimata
in Foro it., 1981, I, 595, con nota di richiami.
La corte fonda la sua pronuncia sulla considerazione che, mentre un
tempo l'esclusione dell'infezione malarica dalle patologie riconducibili ad
infortuni sul lavoro era giustificata dal fatto che essa era qualificabile
come rischio generico per gli abitanti, oggi tutto ciò non trova più ragio
ne di essere in quanto l'infezione in questione è ormai un rischio specifico
in occasione di lavoro in circoscritto ambiente infesto.
Per l'affermazione secondo cui «causa violenta» di infortunio sul lavo
ro è anche l'azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell'orga
nismo umano, ne determinano l'alterazione dell'equilibrio
anatomico-fisiologico, v. Cass. 3 novembre 1982, n. 5764, id., Rep. 1982,
voce Infortuni sul lavoro, n. 82.
Sulle condizioni in base alle quali un evento lesivo possa qualificarsi
come «causa violenta» di un infortunio sul lavoro, ai sensi dell'art. 2
d.p.r. 1124/65, cfr. Cass. 16 novembre 1987, n. 8388, 4 maggio 1987,
n. 4155 e 22 gennaio 1987, n. 618, id., Rep. 1987, voce cit-, nn. 63,
64, 67; 11 novembre 1986, n. 6610 e 14 dicembre 1985, n. 6355, id.,
Rep. 1986, voce cit., nn. 79, 80; Trib. Bologna 11 febbraio 1985, id.,
Rep. 1985, voce cit., n. 78; Cass. 1° settembre 1982, n. 4764, e 9 giugno
1982, n. 3489, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 77, 79; 13 agosto 1981,
n. 4913 e 12 dicembre 1980, n. 6425, id., Rep. 1981, voce cit., nn. 41, 125.
Sul diritto dei superstiti di lavoratore deceduto per febbre perniciosa
malarica al trattamento pensionistico previsto dal d.p.r. 1124/65, v. Cass.
20 maggio 1981, n. 3311, ibid., n. 68.
In ordine alla valutazione circa l'indennizzabilità dell'infortunio, v.,
da ultimo Cass. 5 giugno 1987, n. 4941, id., 1988, I, 501, con nota di
richiami di V. Ferrari.
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