+ All Categories
Home > Documents > PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 10 dicembre 1981, n. 186; Pres....

PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 10 dicembre 1981, n. 186; Pres....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: lebao
View: 228 times
Download: 6 times
Share this document with a friend
4
sentenza 10 dicembre 1981, n. 186; Pres. Elia, Rel. Reale (Gazzetta ufficiale 16 dicembre 1981, n. 345); Michelozzi c. I.n.a.i.l. (Avv. Graziani, Catania); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Angelini Rota). Ord. Trib. Pistoia 12 marzo 1975 (Gazz. uff. 28 gennaio 1976, n. 25); Pret. Trento 26 giugno 1979 (id. 29 dicembre 1979, n. 353) Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1982), pp. 7/8-11/12 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176185 . Accessed: 28/06/2014 17:59 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 17:59:58 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 10 dicembre 1981, n. 186; Pres. Elia, Rel. Reale (Gazzetta ufficiale 16 dicembre 1981, n. 345); Michelozzi c. I.n.a.i.l.

sentenza 10 dicembre 1981, n. 186; Pres. Elia, Rel. Reale (Gazzetta ufficiale 16 dicembre 1981,n. 345); Michelozzi c. I.n.a.i.l. (Avv. Graziani, Catania); interv. Pres. cons. ministri (Avv. delloStato Angelini Rota). Ord. Trib. Pistoia 12 marzo 1975 (Gazz. uff. 28 gennaio 1976, n. 25); Pret.Trento 26 giugno 1979 (id. 29 dicembre 1979, n. 353)Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1982), pp. 7/8-11/12Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176185 .

Accessed: 28/06/2014 17:59

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 17:59:58 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 10 dicembre 1981, n. 186; Pres. Elia, Rel. Reale (Gazzetta ufficiale 16 dicembre 1981, n. 345); Michelozzi c. I.n.a.i.l.

PARTE PRIMA

Diritto. — 1. - La corte è chiamata a decidere se l'art. 2054, 3° comma, c. c., interpretato dalla giurisprudenza nel senso che

la presunzione di responsabilità ivi sancita a carico del proprie tario di un autoveicolo per i danni prodotti dalla circolazione del veicolo stesso non è operante a favore del terzo trasportato a titolo di cortesia anche quando risulti dimostrata la colpa del

conducente, induca una irragionevole discriminazione a danno di detta categoria di danneggiati, rispetto a tutti gli altri utenti della strada garantiti invece dalla presunzione stessa.

Il dubbio è stato sollevato sostanzialmente in base alla consi

derazione che, quando appunto sia accertata la colpa del con

ducente, non sarebbe ragionevole operare una distinzione fra

categorie di danneggiati, giacché la responsabilità in tal caso non verrebbe dichiarata in forza di una norma speciale attri

butiva di un rischio, quale appunto quella di cui all'art. 2054

c. c., ma in virtù del principio generale di cui all'art. 2043 c. c., con la conseguenza che tutti i danneggiati avrebbero diritto

di ottenere il risarcimento alle stesse condizioni perché si tro

verebbero tutti nella stessa situazione giuridica. 2. - Giova premettere che, come la dottrina e la giurispru

denza hanno costantemente riconosciuto, la presunzione di re

sponsabilità ex art. 2054 c. c. in materia di circolazione dei vei coli è intesa ad offrire una particolare garanzia a favore dei

terzi danneggiati che rimangono estranei alla circolazione del

veicolo e che, come tali, non sono in condizioni di prevedere ed evitare il danno. L'operatività di tale particolare garanzia è

responsabilità oggettiva, Milano, 1961, 342, là dove si rilevava, de iure condendo, che, in ambiente di generalizzata assicurazione per i danni alle persone trasportate, «... l'attribuzione ai vettori di una responsa bilità rigorosa anche nei rapporti di cortesia costituirebbe per essi un aggravio economico, sotto forma di aumento dei premi di assicura zione, praticamente trascurabile, che sarebbe socialmente giustificato per la protezione di persone le quali, spesso, non sono coperte da una propria assicurazione contro i rischi di morte o di lesione »). Del resto, che l'idea non sia peregrina (e quanto, anzi, precorritrice fosse l'intuizione di Trimarchi), lo attesta la riforma apportata, nel

1977, alla normativa sull'assicurazione obbligatoria r. c. a., che ha fatto rientrare fra gli aventi titolo al risarcimento dei danni i terzi

trasportati; tanto più che nella stessa direzione — riscatto della « inadequacy in the protection of gratuitous passengers » — vanno, non da oggi, i tentativi di riformulare, in termini più sensibili alla drammatica realtà del costo sociale degli incidenti stradali, questa tor mentata branca del diritto (per un bilancio non sospetto delle espe rienze maturate in specie negli ultimi due decenni, cfr. P. S. Atiyah, Accidents, Compensation and the Law3, London, 1980, 617 ss.; e v. ora il nuovo « progetto Tunc » — vagliato criticamente da F. D. Bu

snelli, Riflessioni sul « Projet Tunc » per una riforma del sistema di indennizzo delle vittime della strada, in Resp. civ., 1981, 301 — che, all'art. 2, recita: « Toute personne victime d'un dommage occasionné

par un véhicule est indemnisée par l'assureur du véhicule qui la transpor tait...»). È appena il caso di aggiungere, a questo punto, che i fau tori di interventi ' rivoluzionari ', più o meno vicini allo schema di

no-fault insurance, non potranno non riguardare con rammarico una decisione che ghettizza i terzi trasportati a titolo di cortesia nella lo

gica tradizionale della colpa e avalla una presa di posizione ai limiti

dell'antistoricità; rammarico a mala pena stemperato dalla consape volezza che il quesito sottoposto alla Corte costituzionale mirava, ve

rosimilmente, a sensibilizzare le corti di giustizia e lascia loro mar

gine, anche in costanza di un responso negativo, per rivedere le bucce della linea interpretativa sin qui prevalente (facendo tesoro, ma

gari, delle non poche analisi dottrinarie di segno opposto, a partire da

quella di F. Cigolini, La responsabilità civile della circolazione se condo la nuova legislazione, Milano, 1963, 1013 ss.).

Una postilla, neppure divertente. Il collegio costituzionale non si contenta di rieditare argomentazioni che sanno di stantio; s'ingegna, anzi, di valorizzarne una nuova, mutuata, senza garbo, da Cass. 15 dicembre 1964, Panzeri, Foro it., Rep. 1965, voce cit., n. 253).

Il ragionamento corre, a un di presso, cosi: l'art. 2054 costituisce un unicum inscindibile, si che esso entrerà in azione ove scatti la pre sunzione di colpa per il conducente, mentre nel caso in cui la sua

responsabilità risulti con certezza, la disposizione esce, nel suo insie

me, dal giro delle norme applicabili, cedendo il campo ai principi generali. Eccoci dunque indotti ad apprendere che il proprietario di un veicolo, coinvolto in un sinistro alla guida di un terzo, potrà sot trarsi alla responsabilità solidale non soltanto dimostrando il fatto della circolazione prohibente domino (ovvero, secondo il sovrabbon dante insegnamento di Cass. 14 settembre 1963, n. 2533, id., Rep. 1964, voce cit., n. 473, paralizzando la presunzione di colpa a carico del conducente mercé la prova che questi abbia fatto tutto il possibile per evitare il danno), ma anche contribuendo ad acclarare la piena responsabilità del maldestro guidatore. Quanto dire, in soldoni, che se la sua colpa si presume perché accertata in concreto, il terzo —

qualsiasi terzo! — sarà privato della concomitante garanzia del pro prietario. La natura ' casuistica ' della tesi è lampante; e la sua curva tura troppo inconferente per meritare seria confutazione. Stupisce, e dispiace, che la Corte costituzionale non sappia affrancarsi dalle lu

singhe di un formalismo tanto asfittico.

R. Pardolesi R. Pardolesi

stata invece esclusa per quanto riguarda i terzi trasportati a

qualsiasi titolo, ivi compreso il trasporto di cortesia, in quanto costoro hanno modo, usando la ordinaria diligenza, di prevedere ed evitare il danno e, comunque, sanno che richiedendo o ac

cettando il trasporto, possono andare incontro ai pericoli e

danni derivanti dal fatto della circolazione del veicolo sul quale sono trasportati, ed affrontano quindi scientemente i rischi del

trasporto (Corte cost. n. 55/75, Foro it., 1975, I, 1060). E la

corte, con la stessa sentenza, ha già avuto occasione di affer

mare, conseguentemente, che, « non versando i terzi e le per sone trasportate nella stessa situazione di vittime della strada

e di danneggiati», non è irrazionale che le dette rispettive po sizioni vengano considerate non uguali e differentemente disci

plinate quanto al regime del risarcimento del danno.

3. - Comunque, a parte le considerazioni ora riferite, dalle

quali non vi è motivo di discostarsi, e facendo riferimento al

particolare profilo della pretesa irrazionalità della differenziazio

ne dei trattamenti nel caso di riconosciuta colpevolezza del con

ducente, deve osservarsi che, come la giurisprudenza non ha

mancato di porre in evidenza, la norma censurata non è scindi

bile nel suo aspetto formale ed in quello sostanziale essendo

concepita unitariamente, come è dimostrato dalla stretta rela

zione intercorrente tra le disposizioni ivi contenute, tutte indis

solubilmente connesse alla statuizione fondamentale concernen

te la presunzione di responsabilità del conducente, di cui le

altre disposizioni costituiscono evidenti articolazioni. Non è

pertanto lecito ritenere che quando la responsabilità del con

ducente risulti accertata in concreto, indipendentemente dalla

presunzione, il proprietario del veicolo possa essere chiamato a rispondere ai sensi del 3° comma dell'art. 2054 c. c., che ap

punto costituisce estensione ed articolazione del principio pre suntivo posto col 1° comma.

L'inapplicabilità della presunzione importa, cioè, quella del

l'intera norma, postulando il ritorno al regime normale di cui

all'art. 2043 c. c. anche per quanto riguarda la responsa bilità del proprietario. Questi, pertanto, potrebbe, nel caso, essere chiamato a rispondere solo ai sensi dell'art. 2048 c. c.

(responsabilità dei genitori, tutori, ecc.) o dell'art. 2049 c. c. (re

sponsabilità dei padroni e dei committenti). 4. - Con ciò viene ovviamente meno la possibilità stessa di

porre il dedotto problema di legittimità costituzionale e la re

lativa questione deve pertanto, anche sotto questo profilo, essere

dichiarata infondata.

Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di le

gittimità costituzionale dell'art. 2054, 3° comma, c. c., sollevata con ordinanza del Tribunale di Genova del 21 aprile 1975 in

relazione all'art. 3 Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 dicembre 1981, n.

186; Pres. Elia, Rei. Reale (Gazzetta ufficiale 16 dicembre

1981, n. 345); Michelozzi c. I.n.a.i.l. (Avv. Graziani, Cata

nia); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Angelini

Rota). Ord. Trib. Pistoia 12 marzo 1975 (Gazz. uff. 28 gen naio 1976, n. 25); Pret. Trento 26 giugno 1979 (id. 29 dicembre

1979, n. 353).

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Rendita ai su

perstiti — Figli orfani di entrambi i genitori — Misura della rendita pari al 40 % della retribuzione — Esclusione dei figli privi di entrambi i genitori — Questione infondata di costitu zionalità (Cost., art. 3; d. p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t. u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli in fortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 85).

È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 85, n. 2,

d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui dispone la costituzione di una rendita pari al 40 % della retribuzione del

defunto genitore assicurato per i figli orfani di entrambi i ge nitori al momento dell'infortunio indennizzabile, senza preve dere ciò anche per gli orfani il cui genitore non assicurato sia deceduto successivamente a tale momento, in riferimento al l'art. 3 Cost. (1)

(1-2) La Corte costituzionale esclude la fondatezza della questione concordando con la lettura dell'art. 85 d.p.r. 1124/1965 compiuta da Cass. 9 aprile 1981, n. 2062 e dalla conforme Pret. Parma 8 aprile 1974, Foro it., 1974, I, 2534.

Nel senso che la rendita ai superstiti di cui all'art. 85 d. p. r. 1124/1965 spetta anche ai minori affidati al de cuius e con i quali lo

This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 17:59:58 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 10 dicembre 1981, n. 186; Pres. Elia, Rel. Reale (Gazzetta ufficiale 16 dicembre 1981, n. 345); Michelozzi c. I.n.a.i.l.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 9 aprile 1981, n. 2062; Pres. F. Greco, Est. Tondo, P. M. Catelani

(conci, conf.); I.n.a.i.l. (Avv. Cataldi, Graziani) c. Moretti e

Baccini (Avv. Agostini). Conferma Trib. Reggio Emilia 18

maggio 1976.

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Rendita ai su

perstiti — Figli orfani di entrambi i genitori — Misura della

rendita (D. p. r. 30 giugno 1965 n. 1124, art. 85).

La costituzione della rendita ai superstiti nella misura del 40 %

della retribuzione percepita dal defunto genitore assicurato

spetta anche ai figli divenuti orfani di entrambi i genitori

per morte del genitore non assicurato successiva al momento

dell'infortunio indennizzabile. (2)

I

Diritto. — 1. - Le questioni come in narrativa sollevate dal

Tribunale di Pistoia e dal Pretore di Trento sono identiche. I

relativi giudizi vanno quindi riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - I due giudici a quibus erano chiamati a decidere se ai fi

gli minorenni di un lavoratore morto per infortunio, e successi

vamente divenuti orfani anche della madre, spettasse la rendita

del 20% ò quella del 40%, che l'art. 85 del d. p. r. n. 1124/1965 attribuisce ai minori orfani di entrambi i genitori. L'I.n.a.i.I. so

steneva, infatti, che la condizione di orfani di entrambi i geni

tori, richiesta dalla norma per la rendita del 40 %, doveva es

sersi verificata al momento della morte del lavoratore per infor

tunio e non successivamente, come era accaduto nei casi de

dotti in giudizio. Come si è ricordato in narrativa, il Pretore di Pistoia aveva

in primo grado respinto la tesi dell'I.n.a.i.l., e quindi accolto la

domanda dei minori Giovannelli. Invece tanto il Tribunale di

Pistoia, in grado di appello, quanto il Pretore di Trento (che

giudicava in primo grado sulla domanda dei minori Zulberti) hanno condiviso la interpretazione restrittiva del citato art. 85 so

stenuta dall'I.n.a.i.l. E partendo da questa interpretazione re

strittiva, hanno sollevato la questione della illegittimità costitu

zionale dell'art. 85 d. p.r. n. 1124 del 1965 con riferimento al

l'art. 3 Cost., in quanto il detto art. 85 regolerebbe in modo

diverso, e senza giustificazione, due situazioni di fatto identifi

che: quella dei minori divenuti orfani di entrambi i genitori al

momento dell'infortunio, e cioè con la morte del lavoratore assi

curato, e quella dei minori divenuti orfani di entrambi i geni tori successivamente all'infortunio, con la sopravvenuta morte

dell'altro genitore. 3. - La questione non è fondata perché essa ha per presuppo

sto una errafa interpretazione della norma.

La detta interpretazione dell'art. 85 d. p. r. n. 1124 del 1965 — secondo la quale l'attribuzione della rendita del 40 % sarebbe

prevista, « se si tratti di orfani di entrambi i genitori », quando detta condizione si realizzi con la morte del genitore lavoratore

assicurato, e non quando essa si realizzi successivamente per la

sopravvenuta morte dell'altro genitore — è stata respinta dalla

Corte di cassazione dapprima implicitamente con varie pronunce relative a materia analoga regolata dall'art. 77 d. p. r. n. 1124

(quota integrativa dovuta al figlio dell'infortunato anche per sua

inabilità sopravvenuta); poi in modo esplicito e puntuale riferito

stesso abbia instaurato una «famiglia di fatto», v. Pret. Lodi 19

marzo e 15 marzo 1979, id., Rep. 1980, voce Infortuni sul lavoro, n. 251 e Rep. 1979, voce cit., n. 286.

Per l'esclusione del diritto alla rendita a favore di chi assuma- di

essere il padre naturale di lavoratore deceduto per infortunio, in

quanto essa è prevista in favore dei genitori risultanti dallo stato civile

o da dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, cfr.

Cass. 9 ottobre 1975, n. 3212, id., Rep. 1975, voce cit., n. 297.

Le ordinanze di rimessione sono riassunte: Pret. Trento 26 giugno 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 249, e Trib. Pistoia 12 marzo 1975,

id., 1976, I, 876. La questione di costituzionalità è stata sollevata anche da Pret.

Salerno, ord. 27 gennaio 1981 {Gazz. uff. 3 giugno 1981, n. 151); nel

caso di specie la superstite era figlia di una lavoratrice rimasta uccisa in un grave infortunio sul lavoro ed essendo riconosciuta solo dalla

madre veniva perciò a trovarsi priva di entrambi i genitori e quindi nella stessa situazione disciplinata dall'art. 85, n. 2, d. p. r. 1124/1965. Ad avviso del pretore tale disposizione realizzerebbe una palese di scriminazione stabilendo una rendita maggiore (40 % della retribu

zione) per i figli che abbiano perduto entrambi i genitori rispetto ai

figli naturali riconosciuti da un solo genitore, i quali beneficerebbero di una rendita inferiore (20 %), pur trovandosi nelle medesime condi zioni di bisogno dei primi.

proprio alla situazione che forma oggetto della pronuncia dei due

giudici a quibus. La Cassazione ha stabilito che il più volte citato art. 85 si li

mita a richiedere la sussistenza della condizione di orfano di en trambi i genitori, senza fare riferimento al momento in cui tale

condizione si è verificata; osservando fra l'altro che la contra ria soluzione comporterebbe una disparità di trattamento fra orfani di entrambi i genitori, tali divenuti nel momento della

morte del lavoratore assicurato o successivamente, disparità del

tutto ingiustificata tenendo conto dell'identico maggior bisogno che in entrambi i casi consegue al verificarsi della detta situa

zione, tenuta presente dal legislatore nell'accordare a detti or

fani di entrambi i genitori la rendita del 40 % anziché quella del

20 % accordata agli orfani di un solo genitore. È significativo che l'avvocatura dello Stato (la quale, tuttavia,

in linea subordinata o alternativa esclude l'incostituzionalità della

norma) affermi in entrambi i giudizi che « non sussistendo, se

condo la retta interpretazione della norma dell'art. 85, 2° capov., t.u. n. 1124 del 1965, la denunziata disparità di trattamento dei

figli minori dell'assicurato orfani di entrambi i genitori, la pro

spettata questione di costituzionalità è da ritenersi infondata»; rilevando poi nella discussione all'udienza che ormai vale la in

terpretazione, nel senso detto, della Cassazione. Mentre poi lo

stesso I.n.a.i.l. (che pure conclude per la irrilevanza o infonda

tezza della questione) sostiene che ci si trova di fronte ad una

questione unicamente interpretativa che ha già avuto soluzione

da parte della Corte di cassazione.

Poiché la corretta interpretazione della norma, affermata dalla

Corte regolatrice, esclude la denunciata irragionevole disparità di

trattamento tra situazioni di fatto (di bisogno) omogenee, cade il

presupposto della questione di legittimità costituzionale che, per

tanto, è infondata.

Per questi motivi, dichiara non fondata, nei sensi di cui in

motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 85

d. p. r. n. 1124 del 30 giugno 1965 sollevata con riferimento al

l'art. 3 Cost, dal Tribunale di Pistoia e dal Pretore di Trento

con le ordinanze di cui in epigrafe.

Il

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 3 ottobre 1975 al

Pretore di Reggio Emilia, Alessandro Baccini, quale tutore dei mi

nori Roberto ed Alessandra Baccini, chiedeva la condanna del

l'I.n.a.i.l. all'attribuzione, in favore dei predetti minori, della ren

dita prevista dall'art. 85 t. u. approvato con d. p. r. 30 giugno 1965 n. 1124 e già loro concessa nella misura del 20% della

retribuzione del padre Pellegrino Baccini, deceduto il 21 ottobre

1969 per infortunio sul lavoro, nella maggiore percentuale del

40 % ciascuno, essendo nel frattempo morta, il 22 aprile 1974,

anche la loro madre. Con altro ricorso del 16 settembre 1975

allo stesso pretore, Lino Moretti, figlio superstite, inabile al la

voro, di Maria Zanni, morta per infortunio sul iavoro il 27 mag

gio 1966, parimenti chiedeva, a seguito della morte del proprio

padre, intervenuta in data 3 novembre 1972, che l'anzidetta

rendita, concessagli nella misura del 20 %, fosse elevata alla mi

sura del 40 %.

Con separate sentenze del 19 e del 15 gennaio 1976, il pretore adito accoglieva le due domande.

L'I.n.a.i.l. proponeva appello ed il Tribunale di Reggio Emilia, riunite le cause, con sentenza del 18 maggio 1976 respingeva il

gravame. Riteneva infatti il tribunale che, contrariamente a

quanto sostenuto dall'I.n.a.i.l., la fattispecie della perdita, da

parte dei figli superstiti, anche dell'altro genitore successiva

mente alla morte di quello deceduto per infortunio, rientra nella

previsione dell'art. 85 t.u. 1124 del 1965, il quale riconosce agli stessi figli il diritto alla riversibilità della rendita con la misura

del 20 %, elevabile al 40 % « se si tratta di orfani di entrambi

i genitori»; e che questa interpretazione, consentita e dalla lette

ra e dalla ratio della norma, trova conferma nel rilievo che l'art.

44 dell'abrogato regolamento del 1937, secondo cui le prestazioni assicurative erano riferite, per tutta la durata della rendita, alla

composizione della famiglia dell'assicurato al momento dell'infor

tunio, non ha più trovato posto nella nuova disciplina, che, eli

minato il vecchio, antisociale principio, ha invece previsto, con

l'art. 77, che le quote integrative della rendita vanno riferite a

tutta la durata di essa, potendo cosi variare in rapporto all'aumen

to o alla diminuzione del numero dei componenti della famiglia dell'infortunato.

Avverso questa sentenza l'I.n.a.i.l. ha proposto ricorso per

cassazione, affidato ad unico, complesso motivo di annullamento, illustrato con memoria. Gli intimati hanno resistito con contro

ricorso ed il Moretti ha depositato memoria.

This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 17:59:58 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 10 dicembre 1981, n. 186; Pres. Elia, Rel. Reale (Gazzetta ufficiale 16 dicembre 1981, n. 345); Michelozzi c. I.n.a.i.l.

PARTE PRIMA

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso, l'I.n.a.i.l. — denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 85 d. p. r.

30 giugno 1965 n. 1124, in relazione all'art. 77 stesso d. p.r. ed

all'art. 44, 2° comma, r. d. 25 gennaio 1937 n. 200, nonché omes

sa, insufficiente e comunque contraddittoria motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c.) — sostiene che principio ricavabile dagli art.

77 e 85 t. u. cit. è che le quote di rendita e le quote integrative di rendita sono riferite alla situazione di fatto esistente alla data

dell'infortunio o della morte dell'assicurato, essendo rimasto im

mutato, fuori dalle eccezionali ipotesi (matrimonio e sopravve nienza di figli) jspressamente contemplate dall'art. 77 in tema di

quote integrative, il criterio enunciato dall'art. 44 regolamento n.

200 del 1937, in coerenza con il carattere costitutivo del rischio

assicurato, il principio indennitario, vigente anche in materia di

assicurazione infortuni, e con la stessa natura del diritto dei de

stinatari, che, spettando iure proprio, sorge al momento della

morte del genitore assicurato, sicché è a questo momento che

la legge fa riferimento. (Omissis) Come già esposto in narrativa, la sentenza impugnata ha esatta

mente ritenuto che, né la lettera, né la ratio dell'art. 85, n. 2,

t.u. n. 1124 del 1965 richiedono che la qualità di «orfani di en

trambi i genitori », nei figli superstiti, debba essere conseguen za immediata dell'infortunio mortale e che quindi l'altro genitore

debba, per la spettanza del beneficio dell'elevazione della rendi

ta, essere premorto. L'I.n.a.i.l. sostiene, in contrario, che la norma dovrebbe essere

invece interpretata alla stregua del principio del riferimento delle

quote di rendita e delle quote integrative di rendita alla situa

zione di fatto esistente alla data dell'infortunio o della morte

dell'assicurato. Tale principio, già enunciato dall'art. 44 reg. n.

200 del 1937 con riferimento alle quote integrative di ren

dita, sarebbe infatti rimasto — secondo il ricorrente — immu

tato, perché l'art. 77 t. u. n. 1124 del 1965, dando rilevanza, ai

fini dell'attribuzione delle stesse quote integrative, alla sopravve nienza dei figli ed al matrimonio successivo all'infortunio, si sa

rebbe limitato a prevedere ipotesi eccezionali, come tali inidonee

a sovvertire il preteso principio generale. L'assunto non può,

però, essere condiviso, perché la formulazione del citato art. 77

chiaramente attesta l'abbandono del criterio informatore del

l'abrogato art. 44 regolamento del 1937.

Innovando rispetto al precedente sistema, la norma appunto consente di tener conto delle successive variazioni della compo sizione della famiglia dell'infortunato e di adeguare ad essa le

quote integrative della rendita, non più ancorata alla composi zione della stessa famiglia al momento dell'infortunio. Il matri

monio successivo e la sopravvenienza dei figli non costituisco

no, pertanto, ipotesi eccezionali, espressamente previste in de

roga al preteso principio generale dell'immutabilità delle inte

grazioni originarie (principio ormai privo di una qualsiasi base

testuale), ma rappresentano invece applicazione ed esemplifica zione di un principio generale contrario, che è quello dell'ade

guamento delle rendite e delle integrazioni della rendita alle

mutate esigenze di vita dipendenti da vicende attinenti alla com

posizione del nucleo familiare; tanto è vero che questa Suprema corte ha già ripetutamente ritenuto che alla sopravvenienza dei

figli deve essere equiparata la inespressa ipotesi della sopravve nuta inabilità dei medesimi (v. sent. 16 febbraio 1978, n. 770, Foro it., Rep. 1978, voce Infortuni sul lavoro, n. 336; 2 settembre

1978, n. 4238, ibid., n. 356; 7 dicembre 1978, n. 5821, ibid., n.

355; 11 maggio 1979, n. 2708, id., Rep. 1979, voce cit., n. 271; 13 febbraio 1980, n. 1035, id., Rep. 1980, voce cit., n. 342). Inconsistenti sono i contrari rilievi secondo cui questa interpre tazione si porrebbe in contrasto con il carattere costitutivo del

rischio assicurato e con il principio indennitario vigente anche

in materia di assicurazione infortuni, perché l'impossibilità per l'infortunato di far fronte alle predette, mutate esigenze di vita

(impossibilità cui le quote integrative tendono ad ovviare) è pur

sempre ricollegabile all'infortunio e perché, dunque, la introdu

zione del nuovo principio generale implica, semmai, soltanto un

ampliamento del concetto di rischio assicurato. Ampliamento,

questo, che è pienamente coerente con quella « teoria del biso

gno » che è a base della tutela accordata al lavoratore, anche

in caso di infortunio, dal 2° comma dell'art. 38 Cost., e che atte

sta semmai, un parziale adeguamento del sistema previdenziale al precetto costituzionale.

Modificando, in parte, il proprio sistema difensivo, che, come

si è visto, coinvolgeva nel preteso principio generale del riferi

mento al momento dell'infortunio sia la rendita, sia le quote

integrative di rendita, l'I.n.a.i.l. ha sostenuto, nella memoria, che l'art. 85 t. u. del 1965 (relativo alle rendite di reversibilità) e l'art. 77 dello stesso t. u. (relativo alle quote integrative di

rendita) comunque, operano, e geneticamente e funzionalmente,

su piani diversi. Ora è indubbio che la rendita spettante iure

proprio ai superstiti e la quota integrativa di rendita spettante all'infortunato (ovviamente in vita e soltanto inabile al lavoro) sono istituti diversi e che la disciplina dettata per il secondo istituto non è direttamente applicabile al primo. Né potrebbe va lere in contrario il rilievo che l'art. 77 richiama, per l'attribu

zione delle quote integrative, i criteri dettati dall'art. 85 per la

individuazione dei destinatari della rendita di riversibilità, essen

do tale richiamo effettuato soltanto all'anzidetto effetto. Senon

ché, come si è visto, la sentenza impugnata non ha affatto ope rato una diretta applicazione dell'art. 77 alla materia in esame, ma si è soltanto avvalsa, nell'interpretazione dell'art. 85, n. 2, del più generale principio di adeguamento della rendita alle mu

tate esigenze di vita, che, giusta quanto sopra osservato, è ricava

bile dallo stesso art. 77, nella parte in cui consente l'adegua mento delle integrazioni di rendita ai nuovi bisogni dipendenti da un ampliamento della composizione della famiglia.

L'art. 85, n. 2, nell'accordare agli « orfani di entrambi i geni tori » l'aumento della quota di rendita dal 20 % al 40 %, pren de chiaramente in considerazione il maggior bisogno in cui ven

gono a trovarsi i detti orfani, ed il maggior danno da essi ri

sentito in conseguenza dell'infortunio mortale. Tale nesso ezio

logico indubbiamente sussiste — contrariamente a quanto è stato

sostenuto — anche nel caso in cui la morte dell'altro genitore

intervenga in epoca successiva all'infortunio mortale dell'assi

curato, perché è pur sempre l'infortunio ad aver determinato la

morte di uno dei genitori, concorrendo, con l'altro evento morta

le, a rendere i figli orfani di entrambi. Particolarità di quest'ipo tesi è che il maggior danno si verifica in un momento diverso e

successivo a quello dello stesso infortunio, ma se ciò ha ovvia

mente rilievo sul piano cronologico, non elimina invece la sostan

ziale identità della situazione (una volta che sia venuta in esse

re) rispetto a quella che si determina nel caso in cui l'altro ge nitore sia premorto. Richiamato, dunque, quanto già osservato

in ordine all'ampliamento del concetto di rischio assicurato, in

conseguenza dell'adozione del principio di adeguamento della

rendita alle mutate esigenze di vita, non è dato vedere perché

tale principio non dovrebbe orientare l'interpretazione di una

norma che, ai fini della concessione dell'aumento della misura

della rendita, si limita a richiedere la sussistenza di un requi

sito, senza far riferimento al tempo in cui la relativa fattispecie

si deve compiutamente realizzare; tanto più che la contraria so

luzione comporterebbe un'ingiustificata disparità di trattamento

in situazione identiche, essendo non essenziale il solo elemento

temporale che le distingue, posto che i figli superstiti sono « orfa

ni di entrambi i genitori » e portatori, quindi, dei conseguenti

maggiori bisogni, sia nell'uno che nell'altro caso.

Il ricorso deve dunque essere rigettato. (Omissis)

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 novembre 1981, n.

181 (Gazzetta ufficiale 18 novembre 1981, n. 318); Pres. e rei.

Volterra; Padova c. Fiore; Pes ed altro c. Meloni (Avv.

Aiello, Cervati); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato

Chiarotti). Ord. Pret. Ispica 18 ottobre 1975 (Gazz. uff. 24

marzo 1976, n. 78); Trib. Sassari 11 febbraio 1978 (id. 4 aprile

1979, n. 95).

Contratti agrari — Affitto — Concessione separata del suolo

dal soprassuolo — Estensione a tutte le colture del fondo per

i contratti in corso — Questione fondata di costituzionalità

(Cost., art., 3, 44; 1. 11 febbraio 1971 n. 11, nuova disciplina

dell'affitto di fondi rustici, art. 19).

È illegittimo, per violazione degli art. 3 e 44 Cost., l'art. 19, 2°

comma, l. 11/1971, nella parte in cui, in caso di concessione

separata del suolo dal soprassuolo, estende l'affitto a tutte le

colture del fondo per i contratti in corso al momento della sua

entrata in vigore. (1)

(1) L'ordinanza Pret. Ispica 18 ottobre 1975 è massimata in Foro it.,

1976, I, 1431 e l'ordinanza Trib. Sassari 11 febbraio 1978, id., 1979,

I, 1340. Va ricordata Pret. Ispica, ord. 25 novembre 1971, id., 1972,

I, 1895, per la quale Corte cost., ord. 15 maggio 1974, n. 135, id.,

Rep. 1974, voce Contratti agrari, n. 119, restituì gli atti al giudice a quo perché motivasse in merito alla rilevanza della dedotta inco

stituzionalità; motivazione che si è avuta con la ricordata Pret. Ispica 18 ottobre 1975.

In dottrina sull'art. 19 1. 11/1971, anche con riferimento ai dubbi

di legittimità costituzionale, v. Mosco, L'affitto di fondo rustico, 1972,

206; Vitucci, Proprietà separata delle piantagioni e divieto di « con

cessioni separate » nei contratti agrari, in Riv. dir. civ., 1973, 657;

This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 17:59:58 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended