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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 11 aprile 1989; Giud. Drago; Filcams...

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sentenza 11 aprile 1989; Giud. Drago; Filcams - Federazione italiana lavoratori del commercio (Avv. Bellotti) c. Soc. Autogrill (Avv. Pilli, Albertini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 2981/2982-2985/2986 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184244 . Accessed: 28/06/2014 17:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.210 on Sat, 28 Jun 2014 17:40:19 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 11 aprile 1989; Giud. Drago; Filcams - Federazione italiana lavoratori del commercio(Avv. Bellotti) c. Soc. Autogrill (Avv. Pilli, Albertini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2981/2982-2985/2986Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184244 .

Accessed: 28/06/2014 17:40

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

prospettate, nessuna di esse è incompatibile con il principio de

quo. Cosi, sia che si reputi che con il ricorso per ingiunzione si esercitano due distinte azioni, l'una speciale e l'altra ordinaria, sia che si consideri l'opposizione come un autonomo processo di cognizione di accertamento negativo, sia infine che — come

pare preferibile e sostiene pure la Suprema corte — vi si scorga

l'introduzione, attraverso un meccanismo impugnatorio, di un or

dinario processo di cognizione di primo grado, non costituente

un autonomo e distinto procedimento, ma determinante la tras

formazione di un giudizio instaurato nelle forme speciali in quel le ordinarie, non potrà negarsi che la sopravvivenza del decreto

all'opposizione comporta pur sempre che il giudice di questa deb

ba esaminare i presupposti per la sua emissione, ivi compresa la competenza, di talché non può non applicare lo ius superve niens sulla competenza nel valutare se esso è legittimo o meno.

Può e deve a questo punto passarsi all'esame del merito della

controversia. (Omissis)

PRETURA DI TORINO; decreto 17 aprile 1989; Giud. Grosso;

Filcea-Cgil, Flerica-Cisl, Uilcid-Uil di Torino (Avv. Lasagno Pozza, Nobile) c. Soc. Pirelli pneumatici (Aw. Werthmuller).

PRETURA DI TORINO;

Sindacati — Condotta antisindacale — Esclusione — Fattispecie

di mancata partecipazione a riunione aziendale (L. 20 maggio

1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavo

ratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi

di lavoro e norme sul collocamento, art. 20, 28).

Non è antisindacale il comportamento del datore di lavoro che

sanzioni disciplinarmente i lavoratori che non abbiano parteci

pato ad una riunione convocata dall'azienda per presenziare

ad un'assemblea richiesta dal consiglio di fabbrica dopo la con

vocazione di tale riunione e comunque senza il rispetto del ter

mine di preavviso — né l'allegazione di una qualche ragione

che giustificasse il mancato rispetto — e dell'obbligo di indica zione dell'ordine del giorno, previsti entrambi contrat

tualmente. (1)

Motivi della decisione. — (Omissis). Passando a trarre delle

conclusioni da quanto sin qui esposto, ritiene il pretore provato

(in base alla sommaria istruttoria condotta) che la società è venu

ta a conoscenza della volontà del consiglio di fabbrica di indire

un'assemblea per il giorno 8 febbraio soltanto il 7 febbraio, al

momento della manifestazione per iscritto di tale volontà e quan

do aveva già reso pubblica la propria decisione di spostare l'in

contro MEP dal 7 febbraio al successivo 8 febbraio

Per tale ragione, deve, pertanto, escludersi la possibilità di con

siderare antisindacale il comportamento tenuto non essendovi, in

(1) I precedenti in materia riguardano, a quel che consta, il profilo relativo all'obbligo di rispetto del termine di preavviso e di indicazione

dell'ordine del giorno dell'assemblea previsti contrattualmente: cfr. Cass.

12 giugno 1987, n. 5179, Foro it., Rep. 1987, voce Sindacati, n. 143; 4 febbraio 1986, n. 692, id., Rep. 1986, voce cit., n. 58 e Giust. civ.,

1986, I, 1691, con nota di P. Giorgi, entrambe pronunciatesi in senso

conforme al decreto in epigrafe (la seconda relativa al solo profilo della

validità della prefissione del preavviso; su quest'ultimo aspetto, cfr., in

senso conforme, G. Pera, Diritto del lavoro3, Cedam, Padova, 1988,

185). Pret. Milano, decr. 3 novembre 1983, Foro it., Rep. 1984, voce

cit., n. 79, ha ritenuto antisindacale il comportamento del datore di lavo

ro oppostosi ad un'assemblea intempestivamente convocata, in considera

zione della particolare importanza ed urgenza del tema dibattuto e di

mancanza di pericolo per gli impianti e di pregiudizio per le lavorazioni

a causa della sospensione dell'attività produttiva durante lo svolgimento

dell'assemblea. Per l'affermazione che la contrattazione collettiva può

disciplinare solo in melius il diritto di assemblea e può regolamentare

le modalità di esecuzione di esso (rientrando, tra queste, l'onere di preav

viso), cfr. Pret. Ferrara 20 giugno 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n.

68. In tema di diritto di assemblea, cfr. Cass. 17 ottobre 1988, n. 5652,

id., 1989, I, 1545, con nota di richiami; Pret. Casoria, decr. 13 gennaio

1989, Lavoro 80, 1989, 402; Pret. Palermo, decr. 10 novembre 1988,

ibid., 102.

Il Foro Italiano — 1989.

fatti, alcun obbligo per la Pirelli, appresa successivamente qual era l'intenzione della controparte sindacale di differire ulterior

mente il suddetto incontro MEP la cui nuova data già era stata

definita e comunicata il giorno precedente, e non sussistendo, in capo ai singoli lavoratori, alcun diritto di disertare l'incontro

legittimamente indetto dall'azienda. In ogni caso, anche prescin dendo da tali osservazioni in fatto, la domanda è infondata in

linea di diritto. A tale proposito, è da precisare, innanzitutto,

che un obbligo di consentire lo svolgimento di un'assemblea può

sussistere, in capo al datore di lavoro, soltanto ove la stessa sia

stata legittimamente convocata, osservando le procedure previste e solo in tale ipotesi è configurabile un diritto dei singoli lavora

tori a parteciparvi (in tal senso v. Cass. 4 febbraio 1986, n. 692,

Foro it., Rep. 1986, voce Sindacati, n. 58).

Ora, nel caso di specie la materia delle assemblee è compiuta mente regolata dall'art. 66 del ccnl di settore, che, per quanto ora interessa, dispone (5° comma): «Il consiglio di fabbrica che

intenda convocare l'assemblea deve fare pervenire alla direzione

aziendale interessata, normalmente almeno due giorni lavorativi

prima della data prevista per l'assemblea stessa, una comunica

zione scritta contenente l'indicazione del giorno, dell'ora di inizio

e della durata presunta nonché l'ordine del giorno». Ora, da tale

disposizione si evince che la procedura comporta: a) l'osservanza

della forma scritta (con conseguente irrilevanza di un'istanza ver

bale), b) il rispetto di un termine di preavviso di due giorni; non

rileva, con riferimento al caso concreto, se debba trattarsi di giorni

liberi o meno in quanto la comunicazione scritta venne fatta per

venire alla direzione della Pirelli il giorno precedente la data pre

vista. Circa l'espressione «normalmente» da un lato, la stessa è

da riferire soltanto a detto termine di preavviso e non anche alla

forma prevista. D'altro canto, la stessa sta ad indicare la normale

necessità del rispetto del termine di due giorni, consentendo di

derogarvi solo in casi di particolare urgenza. È logico, però, rite

nere che le ragioni di tale urgenza debbano essere adeguatamente

allegate e specificate, al fine di consentire di valutare la fondatez

za della richiesta; c) l'indicazione dell'ordine del giorno, con la

precisazione degli argomenti da trattare.

Nel caso di specie, solo la prescrizione riportata sub a) è stata

osservata (il che rappresentava la regola: circa l'uso della forma

scritta, v. i testi La Rosa ed Uras): la lettera con cui il consiglio

di fabbrica comunicava che il giorno 8 febbraio si sarebbe tenuta

un'assemblea, infatti, è stata pacificamente recapitata alla dire

zione dell'azienda il giorno precedente, come si è già detto, non

rispettando cosi il preavviso di cui al citato art. 66 del ccnl di

settore e senza l'allegazione di una qualche ragione che giustifi

casse tale comportamento, cosa che non è stata fatta neppure

nell'atto introduttivo del presente giudizio. Non risulta indicato,

poi, in detta lettera l'ordine del giorno, nulla dicendosi, neanche

genericamente, circa l'argomento dell'assemblea.

Da ciò che si è appena detto, discende che la stessa non è stata

ritualmente convocata, con conseguente inesistenza, da un lato,

di un obbligo per la Pirelli di consentirne lo svolgimento e, dal

l'altro, di un diritto dei lavoratori a parteciparvi: il comporta

mento dell'azienda, pertanto, anche da tale punto di vista non

appare meritevole delle censure mossegli dalle organizzazioni sin

dacali ricorrenti. (Omissis)

PRETURA DI FIRENZE; sentenza 11 aprile 1989; Giud. Dra

go; Filcams - Federazione italiana lavoratori del commercio

(Avv. Bellotti) c. Soc. Autogrill (Avv. Pilli, Albertini).

PRETURA DI FIRENZE;

Sindacati — Assemblea — Mancato accordo sulle modalità di

svolgimento — Trattenuta sulla retribuzione per «sciopero» —

Antisindacalità (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela

della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul colloca

mento, art. 20, 28).

Sindacati — Repressione della condotta antisindacale — Procedi

mento — Proponibilità in via ordinaria — Ammissibilità —

Rimozione degli effetti — Inammissibilità (Cod. proc. ci v., art.

414; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 28).

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2983 PARTE PRIMA 2984

Costituisce condotta antisindacale la trattenuta sulla retribuzione sotto la voce «sciopero» effettuata nei confronti dei dipendenti

partecipanti ad un'assemblea convocata dalla rappresentanza sindacale aziendale senza il previo accordo con il datore di la

voro sulle modalità di esercizio, il cui contenuto è rimesso dal

contratto collettivo nazionale di lavoro agli accordi aziendali. (1) Le associazioni sindacali possono agire nelle forme ordinarie di

cui agli art. 414 ss. c.p.c., e non solo con ricorso ex art. 28

I. 300/70, per la repressione della condotta antisindacale, ma

non possono in tal caso chiedere la rimozione degli effetti pro dotti dalla condotta denunciata. (2)

Motivi della decisione. — I fatti di causa non sono sostanzial

mente contestati nella loro essenzialità storico-cronologica: è pa cifico, infatti, e comunque emerge dal libero interrogatorio delle

parti, che i delegati sindacali ebbero ad avvisare la direzione azien

dale in ordine alle date ed alle ore nelle quali si sarebbero tenute le assemblee e che queste rientravano nel monte ore, legale e con

trattuale, delle assemblee retribuite; inoltre, che non vi fu accor

do fra le parti, specie in relazione all'entità numerica del «presi dio» di lavoratori che sarebbero rimasti in servizio; infine, che

le assemblee si tennero senza interventi di alcun genere (formali o sostanziali) da parte datoriale che ebbe a reagire soltanto ope rando la trattenuta nelle buste paga del mese successivo.

Ai fini di stabilire se il comportamento della società convenuta

si configuri in termini di antisindacalità ai sensi dell'art. 28 statu to lavoratori, quale impedimento e/o limitazione dell'esercizio della libertà e della attività sindacale, è opportuno subito avvertire che non può qui condividersi la qualificazione di «sciopero», attri

(1) La non imputabilità ai dipendenti della convocazione dell'assem blea da parte delle rappresentanze sindacali aziendali e la mancanza nella

specie di concordate modalità di esercizio secondo quanto previsto dal ccnl di categoria, sono in sintesi le argomentazioni poste a base delle conclusioni cui perviene la pronuncia in epigrafe.

Quanto al primo aspetto, il Pretore di Firenze distingue la titolarità sostanziale del diritto di assemblea — che spetta ai lavoratori — dall'e sercizio del diritto stesso conferito alle rappresentanze sindacali aziendali e pone esclusivamente a carico di queste ultime le conseguenze di convo cazioni effettuate secondo procedure la cui irritualità è ignorata dai di

pendenti. 11 secondo argomento si aggancia al filone interpretativo che esclude

che il diritto di assemblea previsto dall'art. 20 1. 300/70 possa essere con dizionato da contrapposte esigenze produttive aziendali. Per la giurispru denza di legittimità, cfr. Cass. 12 giugno 1987, n. 5179, Foro it., Rep. 1987, voce Sindacati, n. 143; 3 gennaio 1986, n. 31, id., Rep. 1986, voce cit., n. 57 e per esteso in Giust. civ., 1986, I, 1718, con nota di P. Ghi noy, Sui limiti del diritto di assemblea nei servizi pubblici, la quale con sente che la contrattazione aziendale disciplini le modalità di esercizio del diritto di assemblea mediante la previsione dell'obbligo di preavvisi in tempi ampi, comandate, orari più compatibili con le esigenze altrui, ecc. (fattispecie relativa a servizi pubblici). Nel senso che la mera richie sta rivolta dal datore di lavoro al consiglio di azienda di assicurare la presenza di un lavoratore in ogni settore aziendale durante lo svolgimen to dell'assemblea non costituisce condotta antisindacale, Cass. 18 marzo 1987, n. 2762, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 145, annotata da B. Brattoli, in Mass. giur. lav., 1987, 479.

In tema di diritto di assemblea, cfr, da ultimo, Pret. Torino, decr. 17 aprile 1989, che precede.

Nella giurisprudenza di merito, cfr. Pret. Milano 12 febbraio 1988, Foro it., Rep. 1988, voce Lavoro (rapporto), n. 1836, per un'ipotesi ana loga a quella esaminata dal Pretore di Torino, in cui, peraltro, la doman da è stata avanzata dai singoli dipendenti per il recupero della quota di retribuzione non corrisposta. Pret. Palermo, decr. 10 novembre 1988, Lavoro '80, 1989, 102, pur ritenendo nulle le clausole contrattuali limita tive del diritto di assemblea, esclude che possa ritenersi antisindacale il comportamento del datore di lavoro che si è attenuto a tali clausole pri ma della dichiarazione della loro nullità.

Premessa della decisione in rassegna è l'erronea qualificazione di «scio pero» dell'astensione dal lavoro dei dipendenti per la partecipazione al l'assemblea. Sull'argomento, G.M. Berruti, Il diritto di assemblea e il diritto dì sciopero: appunti per l'identificazione di un difficile confine, in Giur. it., 1986, IV, 25.

(2) Conforme, sulla prima parte della massima, Cass. 16 gennaio 1987, n. 309, Foro it., Rep. 1987, voce Sindacati, n. 71. Per utili riferimenti, cfr. la nota di richiami a Cass. 24 giugno 1986, n. 4205, id., 1986, I, 2757. Per un'ampia panoramica di dottrina e giurisprudenza, cfr., da ultimo, V. Andrioli (C.M. Barone, G. Pezzano, A. Proto-Pisani), Le controversie in materia di lavoro, Bologna-Roma, 1987, 563 ss.

li Foro Italiano — 1989.

buita dalla convenuta all'astensione dal lavoro da parte dei di

pendenti nelle occasioni di cui si discute. Ed invero, essendo l'a

stensione collettiva dal lavoro soltanto un comportamento di una

delle parti del rapporto contrattuale, comportamento di per sé

asettico ed insuscettibile di qualificazione giuridica se non in rap

porto alle motivazioni, esplicite od implicite, che lo accompagna no, appare di tutta evidenza che nella specie, attesa l'univocità

(pacifica in causa) delle motivazioni e degli intenti che precedette ro l'astensione collettiva dal lavoro, questa non poteva essere qua lificata e valutata dal datore di lavoro se non per quello che era

stata dichiarata: quale esercizio, cioè, del diritto di assemblea re

tribuita nell'ambito delle facoltà legali e contrattuali. Perché, in

vece, potesse legittimamente parlarsi di sciopero, sarebbe stato

necessario che l'astensione dal lavoro, ancorché realizzata al di

fuori di specifici schemi di (eventuale) autoregolamentazione, sca

turisse da una qualche rivendicazione economica o normativa in

atto ovvero fosse diretta a realizzare comunque un obiettivo di

tal genere attraverso la consueta dialettica negoziale che l'eserci zio di quel diritto, nei limiti della legalità, consente di rendere

particolarmente efficace in caso di dissenso od inerzia del datore

di lavoro. Elementi questi, come s'è visto, del tutto assenti nella

fattispecie. Se da ciò consegue, pertanto, l'evidente erroneità del la qualificazione operata dalla società Autogrill, va ulteriormente

rilevato che nemmeno sul piano contrattuale il provvedimento (tra tenute sulla retribuzione) che ne è seguito può ritenersi legittimo. Ed infatti qualora, seguendo l'ulteriore tesi di parte convenuta, si volesse ritenere l'illegittimità, sotto l'aspetto formale e sostan

ziale, delle assemblee tenute dai lavoratori, occorre sempre tener

presente che costoro, pur essendo i titolari sostanziali del relativo

diritto, non sono legittimati ad esercitarlo se non attraverso le

rappresentanze sindacali aziendali (ex art. 20, 2° comma, statuto

lavoratori), e solo a queste, dunque, può imputarsi un'erronea od indebita convocazione ovvero illegittime modalità esecutive (sal vo, ovviamente, comportamenti atipici delle maestranze) e le con

seguenze eventualmente da esse scaturite, quali danni alla produ zione od a terzi. Di fronte, quindi, alle assemblee di cui è causa,

legittimamente convocate dai delegati, l'unica reazione legittima del datore, secondo l'ordinamento, doveva essere diretta nei con

fronti delle associazioni sindacali d'appartenenza dei delegati azien

dali, ai quali soltanto poteva addebitarsi un illegittimo comporta mento lesivo di diritti o produttivo di danni nella sfera imprendi toriale. L'avere, al contrario, agito in rivalsa nei confronti dei lavoratori nella piena consapevolezza, dimostrata dall'accertata

conoscenza delle convocazioni da parte dei delegati, della loro estraneità ed incolpevolezza di ogni eventuale (o presunta) irri tualità nella procedura o di mancati accordi circa gli orari o l'en tità numerica del presidio, integra, a parere del decidente, una

tipica figura di comportamento censurabile ex art. 28 statuto la voratori. In un tale contesto, infatti, l'apparente riconoscimento

dell'esercizio dell'altrui diritto (di «sciopero»), si traduce, sogget tivamente ed oggettivamente in atteggiamento risolutamente ne

gatorio, per il futuro, della facoltà di avvalersi del diritto effetti vamente esercitato se non alle condizioni e secondo le modalità di gradimento del datore, generando cosi uno stato di inelimina bile incertezza nelle maestranze, chiamate a future assemblee, per il fondato timore di trovarsi nuovamente di fronte a decurtazioni retributive unilateralmente disposte sulla base di qualificazioni ar bitrarie dei comportamenti, ma non per questo meno efficaci a

limitare, se non addirittura ad impedire, il libero esercizio dell'at tività e libertà sindacale.

Le considerazioni che precedono appaiono sufficienti all'acco

glimento della domanda concernente la dichiarazione di antisin dacalità del comportamento posto in essere dalla s.p.a. Autogrill, senza che quindi occorra ulteriormente esaminare le argomenta zioni da questa addotte in tema di violazione della legge e del ccnl. In merito, peraltro, ai soli fini di completezza, è appena il caso di accennare come le norme invocate a fondamento della tesi di parte convenuta non depongano senz'altro, seppure in ipo tesi, per la sua fondatezza. In argomento va anzitutto rilevato come l'art. 128 del ccnl (per i dipendenti da aziende del settore

turismo) applicato pacificamente fra le parti, nel disciplinare il diritto di assemblea sulla falsariga della norma legale (art. 20 sta tuto lavoratori) e ponendo quale unico limite al libero esercizio del diritto la comunicazione alla direzione dell'impresa, «con suf ficiente anticipo», della convocazione, «con l'indicazione dell'or dine del giorno» (elementi qui non in contestazione), stabilisce

poi che «le ulteriori modalità per lo svolgimento delle assemblee

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sono concordate in sede aziendale tenendo conto dell'esigenza di

garantire in ogni caso la regolare funzionalità alle aziende, in considerazione delle loro finalità recettive e di pubblica utilità. Va altresì' assicurata la sicurezza delle persone, la salvaguardia degli impianti, e delle attrezzature e il servizio di vendita al pub blico». Orbene, è noto che norme della contrattazione collettiva di tale contenuto, in settori diversi, hanno dato luogo a proble matiche assai articolate in tema di limiti del diritto di assemblea nel suo contemperamento con le esigenze della produzione. In

primo luogo in relazione al quesito della compatibilità delle limi

tazioni contrattuali con il 1° e 2° comma dell'art. 20 statuto la

voratori e, per quello che più qui interessa, sul significato inter

pretativo dell'ultimo comma che affida ai contratti collettivi, an

che aziendali, la possibilità di ulteriori «modalità per l'esercizio

del diritto di assemblea». Ed è stata prevalente, a quanto consta, la giurisprudenza e la dottrina che hanno ritenuto in senso restrit tivo la previsione in parola e la conseguente nullità di clausole

contrattuali limitative in tal senso all'esercizio del diritto di as

semblea (v. sul punto, incidentalmente, Trib. Firenze 25 luglio 1983, Foro it., Rep. 1963, voce Sindacati, n. 65).

Al di là, comunque, delle soluzioni adottate in via generale, il nodo decisivo della problematica in parola emerge allorché, come nella specie, la contrattazione collettiva preveda modalità

«concordate», e nessun accordo venga invece raggiunto fra le parti, non importa se per comportamenti o pretese addebitabili agli uni

o agli altri: è necessario allora stabilire se il diritto di assemblea

debba o meno cedere di fronte al dissenso datoriale sulle modali

tà di esecuzione (che tra l'altro possono coinvolgere aspetti di

essenziale rilevanza) ovvero debba e possa essere senz'altro eser

citato con i soli limiti della previsione legale. A parere del deci

dente la linea pattizia in tanto può considerarsi valido ausilio alla

soluzione delle opposte esigenze, in quanto sia tale e consenta

l'accordo. Ove ciò non si verifichi, per contro, non pare che il

diritto d'assemblea possa trovare ulteriori ostacoli al suo libero

esercizio, giacché ciò equivarrebbe proprio a negare la sua stessa

natura, di libertà sindacale pienamente riconosciuta dalla legge, laddove le modalità dell'ultimo comma dell'art. 20 non possono

prospettarsi che in relazione ad aspetti procedimentali cui deve

essere estranea ogni efficacia coercitiva. Nel caso che interessa,

poi, non sembra nemmeno che la direzione aziendale (o quanto meno non è potuto emergere processualmente per la tardività del

la costituzione) abbia cercato un accordo sostanziale sulle moda

lità di esercizio, limitandosi a dissentire da quelle proposte e rea

gendo quindi, come s'è visto, in via arbitraria, alla fine del mese

successivo, con le trattenute sulla retribuzione. E per questa via

si torna, alla stregua delle precedenti argomentazioni, all'assoluta

carenza di legittimazione sostanziale passiva delle maestranze che

non potevano subire una reazione aziendale (tra l'altro erronea

mente titolata), per comportamenti loro non ascrivibili, potendo si cos 1 prescindere dalle conseguenze che la soluzione sopra ac

cennata invece imporrebbe, di ritenere cioè l'inoperatività della

norma contrattuale perché inficiata da nullità.

Il ricorso in esame è stato iniziato nelle vie ordinarie del rito

del lavoro, e già si è motivato in ordine all'ammissibilità dell'a

zione in tali termini, allorché, nel corso del giudizio, si è trattato

di respingere le istanze di prova di parte convenuta per le preclu sioni e decadenze verificatesi a seguito della tardiva costituzione

della s.p.a. Autogrill. A tal proposito è opportuno ora precisare che l'impostazione del ricorso secondo le forme ordinarie del rito

del lavoro era reso palese dalla sua intestazione e dalla forma

della vocatio in ius, inequivocabilmente dirette a promuovere pro

prio un giudizio ordinario. (E sulla correttezza ed ammissibilità

di tale impostazione della domanda in tema di tutela ex art. 28

statuto lavoratori vedi per tutte Cass., sez. lav., 24 giugno 1986, n. 4205, id., 1986, I, 2757 ed in particolare la casistica di legitti mità richiamata in motivazione). L'eccezione della convenuta ri

leva invece per altro verso: posto, cioè, che la tutela qui richiesta

dal sindacato ricorrente è tutela di merito, non appare ammissibi

le, al di fuori della richiesta declaratoria di antisindacalità, l'ulte

riore domanda di rimozione degli effetti (condanna al pagamento delle retribuzioni trattenute) che è connotato tipico della fase

d'urgenza.

Il Foro Italiano — 1989.

PRETURA DI FIRENZE; ordinanza 12 novembre 1988; Giud.

Benini; Soc. Squarci e Baldi (Avv. Cecchini) c. Giunti (Avv.

Mannise).

Ingiunzione (procedimento per) — Domanda riconvenzionale —

Incompetenza per valore del giudice dell'opposizione — Rimes sione della causa al giudice superiore — Sospensione del giudi zio di opposizione — Provvisoria esecuzione del decreto in

giuntivo (Cod. proc. civ., art. 34, 295 , 645, 648).

L'obbligo del giudice competente a conoscere dell'opposizione a

decreto ingiuntivo, di rimettere al giudice superiore la doman

da riconvenzionale, proposta dall'opponente, che ecceda la pro

pria competenza per valore, e di sospendere il giudizio di oppo sizione per la pregiudizialità di quella, non preclude la conces

sione, ove ne sussistano i presupposti, della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo. (1)

Ritenuto che qualora nel giudizio di opposizione a decreto in

giuntivo sia proposta domanda riconvenzionale eccedente la com

petenza per valore del pretore, questi non può rimettere tutta

la causa al giudice superiore, ma deve rimettergli soltanto la cau

sa relativa alla domanda riconvenzionale e trattenere quella con

cernente l'opposizione a decreto ingiuntivo, salvo a disporre, ove

del caso, la sospensione di tale ultima causa, ai sensi dell'art.

295 c.p.c. (Cass. 18 ottobre 1986, n. 6139, Foro it., Rep. 1987, voce Ingiunzione (procedimento), n. 31);

che il potere del giudice dell'opposizione di concedere la prov visoria esecuzione è legata a valutazione discrezionale, pur sull'e

sistenza dei presupposti di cui all'art. 648, 1° comma, c.p.c.; che preliminarmente alla questione pregiudiziale della compe

tenza sulla riconvenzionale deve essere affrontata la questione della

concedibilità della provvisoria esecuzione del decreto, a nulla ri

levando che le eccezioni di merito siano articolate a mezzo di

domanda riconvenzionale e inscindibili da questa e che la cogni zione di esse appartenga al giudice superiore;

che diversamente opinando, ovvero configurando l'immediata

operatività dell'obbligo di disporre la sospensione necessaria per il solo fatto della riconvenzionale, con preclusione di ogni prov vedimento ex art. 648 c.p.c., il ricorrente per ingiunzione sarebbe

privato della facoltà di ottenere l'immediata eseguibilità del de

creto, ammettendosi in tal modo un comodo e generalizzato espe

diente, per qualsiasi debitore, di bloccare le pretese di cui al de

creto ingiuntivo, azionando una qualsiasi riconvenzionale di com

petenza superiore e prospettandola come pregiudiziale all'oggetto del procedimento per ingiunzione;

rilevato che nella fattispecie l'opponente Squarci e Baldi s.n.c.

non si è limitato a chiedere la revoca del decreto ingiuntivo di

condanna al pagamento di lire 4.000.000 in favore del rag. Giunti

Silvano, quale residuo corrispettivo per prestazione d'opera risul

tante da contratto scritto, ma ha spiegato domanda riconvenzio

nale per la risoluzione per inadempimento del contratto d'opera intellettuale e per la restituzione della somma di lire 9.500.000

già versata al convenuto Giunti a titolo di prime rate di corri

spettivo; che la soluzione della questione introdotta dalla domanda ri

convenzionale appare pregiudiziale rispetto al pagamento del sal

do compensi; che l'opposizione al decreto ingiuntivo non è basata su prova

(1) Nello stesso senso v. Trib. Milano 18 ottobre 1984, Foro it., Rep.

1985, voce Ingiunzione (procedimento), n. 41 e Foro pad., 1985, I, 251.

L'affermazione che la competenza del giudice dell'opposizione a decre

to ingiuntivo è funzionale, è costante in giurisprudenza: v. Cass. 22 di

cembre 1987, n. 9582, Foro it., Rep. 1987, voce cit., 32; 18 ottobre 1986, n. 6139, ibid., n. 31; 24 aprile 1986, n. 2904, 20 marzo 1986, n. 1958,

id., Rep. 1986, voce cit., nn. 23, 22; 9 dicembre 1985, n. 6213, id., 1986,

I, 2356, con nota di richiami.

In dottrina, non sono mancate perplessità sia sulla soluzione circa la

concessione della provvisoria efficacia esecutiva accompagnata ad un prov vedimento di sospensione del giudizio di opposizione, sia, più in genera

le, sull'affermazione che la competenza del giudice dell'opposizione sia

funzionale e quindi ciò escluda la modifica della competenza per ragioni di connessione; da ultimo, v. A. Proto Pisani, Il procedimento d'ingiun zione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1987, 311 ss.

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