sentenza 11 aprile 1989; Giud. Drago; Filcams - Federazione italiana lavoratori del commercio(Avv. Bellotti) c. Soc. Autogrill (Avv. Pilli, Albertini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2981/2982-2985/2986Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184244 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
prospettate, nessuna di esse è incompatibile con il principio de
quo. Cosi, sia che si reputi che con il ricorso per ingiunzione si esercitano due distinte azioni, l'una speciale e l'altra ordinaria, sia che si consideri l'opposizione come un autonomo processo di cognizione di accertamento negativo, sia infine che — come
pare preferibile e sostiene pure la Suprema corte — vi si scorga
l'introduzione, attraverso un meccanismo impugnatorio, di un or
dinario processo di cognizione di primo grado, non costituente
un autonomo e distinto procedimento, ma determinante la tras
formazione di un giudizio instaurato nelle forme speciali in quel le ordinarie, non potrà negarsi che la sopravvivenza del decreto
all'opposizione comporta pur sempre che il giudice di questa deb
ba esaminare i presupposti per la sua emissione, ivi compresa la competenza, di talché non può non applicare lo ius superve niens sulla competenza nel valutare se esso è legittimo o meno.
Può e deve a questo punto passarsi all'esame del merito della
controversia. (Omissis)
PRETURA DI TORINO; decreto 17 aprile 1989; Giud. Grosso;
Filcea-Cgil, Flerica-Cisl, Uilcid-Uil di Torino (Avv. Lasagno Pozza, Nobile) c. Soc. Pirelli pneumatici (Aw. Werthmuller).
PRETURA DI TORINO;
Sindacati — Condotta antisindacale — Esclusione — Fattispecie
di mancata partecipazione a riunione aziendale (L. 20 maggio
1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavo
ratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi
di lavoro e norme sul collocamento, art. 20, 28).
Non è antisindacale il comportamento del datore di lavoro che
sanzioni disciplinarmente i lavoratori che non abbiano parteci
pato ad una riunione convocata dall'azienda per presenziare
ad un'assemblea richiesta dal consiglio di fabbrica dopo la con
vocazione di tale riunione e comunque senza il rispetto del ter
mine di preavviso — né l'allegazione di una qualche ragione
che giustificasse il mancato rispetto — e dell'obbligo di indica zione dell'ordine del giorno, previsti entrambi contrat
tualmente. (1)
Motivi della decisione. — (Omissis). Passando a trarre delle
conclusioni da quanto sin qui esposto, ritiene il pretore provato
(in base alla sommaria istruttoria condotta) che la società è venu
ta a conoscenza della volontà del consiglio di fabbrica di indire
un'assemblea per il giorno 8 febbraio soltanto il 7 febbraio, al
momento della manifestazione per iscritto di tale volontà e quan
do aveva già reso pubblica la propria decisione di spostare l'in
contro MEP dal 7 febbraio al successivo 8 febbraio
Per tale ragione, deve, pertanto, escludersi la possibilità di con
siderare antisindacale il comportamento tenuto non essendovi, in
(1) I precedenti in materia riguardano, a quel che consta, il profilo relativo all'obbligo di rispetto del termine di preavviso e di indicazione
dell'ordine del giorno dell'assemblea previsti contrattualmente: cfr. Cass.
12 giugno 1987, n. 5179, Foro it., Rep. 1987, voce Sindacati, n. 143; 4 febbraio 1986, n. 692, id., Rep. 1986, voce cit., n. 58 e Giust. civ.,
1986, I, 1691, con nota di P. Giorgi, entrambe pronunciatesi in senso
conforme al decreto in epigrafe (la seconda relativa al solo profilo della
validità della prefissione del preavviso; su quest'ultimo aspetto, cfr., in
senso conforme, G. Pera, Diritto del lavoro3, Cedam, Padova, 1988,
185). Pret. Milano, decr. 3 novembre 1983, Foro it., Rep. 1984, voce
cit., n. 79, ha ritenuto antisindacale il comportamento del datore di lavo
ro oppostosi ad un'assemblea intempestivamente convocata, in considera
zione della particolare importanza ed urgenza del tema dibattuto e di
mancanza di pericolo per gli impianti e di pregiudizio per le lavorazioni
a causa della sospensione dell'attività produttiva durante lo svolgimento
dell'assemblea. Per l'affermazione che la contrattazione collettiva può
disciplinare solo in melius il diritto di assemblea e può regolamentare
le modalità di esecuzione di esso (rientrando, tra queste, l'onere di preav
viso), cfr. Pret. Ferrara 20 giugno 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n.
68. In tema di diritto di assemblea, cfr. Cass. 17 ottobre 1988, n. 5652,
id., 1989, I, 1545, con nota di richiami; Pret. Casoria, decr. 13 gennaio
1989, Lavoro 80, 1989, 402; Pret. Palermo, decr. 10 novembre 1988,
ibid., 102.
Il Foro Italiano — 1989.
fatti, alcun obbligo per la Pirelli, appresa successivamente qual era l'intenzione della controparte sindacale di differire ulterior
mente il suddetto incontro MEP la cui nuova data già era stata
definita e comunicata il giorno precedente, e non sussistendo, in capo ai singoli lavoratori, alcun diritto di disertare l'incontro
legittimamente indetto dall'azienda. In ogni caso, anche prescin dendo da tali osservazioni in fatto, la domanda è infondata in
linea di diritto. A tale proposito, è da precisare, innanzitutto,
che un obbligo di consentire lo svolgimento di un'assemblea può
sussistere, in capo al datore di lavoro, soltanto ove la stessa sia
stata legittimamente convocata, osservando le procedure previste e solo in tale ipotesi è configurabile un diritto dei singoli lavora
tori a parteciparvi (in tal senso v. Cass. 4 febbraio 1986, n. 692,
Foro it., Rep. 1986, voce Sindacati, n. 58).
Ora, nel caso di specie la materia delle assemblee è compiuta mente regolata dall'art. 66 del ccnl di settore, che, per quanto ora interessa, dispone (5° comma): «Il consiglio di fabbrica che
intenda convocare l'assemblea deve fare pervenire alla direzione
aziendale interessata, normalmente almeno due giorni lavorativi
prima della data prevista per l'assemblea stessa, una comunica
zione scritta contenente l'indicazione del giorno, dell'ora di inizio
e della durata presunta nonché l'ordine del giorno». Ora, da tale
disposizione si evince che la procedura comporta: a) l'osservanza
della forma scritta (con conseguente irrilevanza di un'istanza ver
bale), b) il rispetto di un termine di preavviso di due giorni; non
rileva, con riferimento al caso concreto, se debba trattarsi di giorni
liberi o meno in quanto la comunicazione scritta venne fatta per
venire alla direzione della Pirelli il giorno precedente la data pre
vista. Circa l'espressione «normalmente» da un lato, la stessa è
da riferire soltanto a detto termine di preavviso e non anche alla
forma prevista. D'altro canto, la stessa sta ad indicare la normale
necessità del rispetto del termine di due giorni, consentendo di
derogarvi solo in casi di particolare urgenza. È logico, però, rite
nere che le ragioni di tale urgenza debbano essere adeguatamente
allegate e specificate, al fine di consentire di valutare la fondatez
za della richiesta; c) l'indicazione dell'ordine del giorno, con la
precisazione degli argomenti da trattare.
Nel caso di specie, solo la prescrizione riportata sub a) è stata
osservata (il che rappresentava la regola: circa l'uso della forma
scritta, v. i testi La Rosa ed Uras): la lettera con cui il consiglio
di fabbrica comunicava che il giorno 8 febbraio si sarebbe tenuta
un'assemblea, infatti, è stata pacificamente recapitata alla dire
zione dell'azienda il giorno precedente, come si è già detto, non
rispettando cosi il preavviso di cui al citato art. 66 del ccnl di
settore e senza l'allegazione di una qualche ragione che giustifi
casse tale comportamento, cosa che non è stata fatta neppure
nell'atto introduttivo del presente giudizio. Non risulta indicato,
poi, in detta lettera l'ordine del giorno, nulla dicendosi, neanche
genericamente, circa l'argomento dell'assemblea.
Da ciò che si è appena detto, discende che la stessa non è stata
ritualmente convocata, con conseguente inesistenza, da un lato,
di un obbligo per la Pirelli di consentirne lo svolgimento e, dal
l'altro, di un diritto dei lavoratori a parteciparvi: il comporta
mento dell'azienda, pertanto, anche da tale punto di vista non
appare meritevole delle censure mossegli dalle organizzazioni sin
dacali ricorrenti. (Omissis)
PRETURA DI FIRENZE; sentenza 11 aprile 1989; Giud. Dra
go; Filcams - Federazione italiana lavoratori del commercio
(Avv. Bellotti) c. Soc. Autogrill (Avv. Pilli, Albertini).
PRETURA DI FIRENZE;
Sindacati — Assemblea — Mancato accordo sulle modalità di
svolgimento — Trattenuta sulla retribuzione per «sciopero» —
Antisindacalità (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela
della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul colloca
mento, art. 20, 28).
Sindacati — Repressione della condotta antisindacale — Procedi
mento — Proponibilità in via ordinaria — Ammissibilità —
Rimozione degli effetti — Inammissibilità (Cod. proc. ci v., art.
414; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 28).
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2983 PARTE PRIMA 2984
Costituisce condotta antisindacale la trattenuta sulla retribuzione sotto la voce «sciopero» effettuata nei confronti dei dipendenti
partecipanti ad un'assemblea convocata dalla rappresentanza sindacale aziendale senza il previo accordo con il datore di la
voro sulle modalità di esercizio, il cui contenuto è rimesso dal
contratto collettivo nazionale di lavoro agli accordi aziendali. (1) Le associazioni sindacali possono agire nelle forme ordinarie di
cui agli art. 414 ss. c.p.c., e non solo con ricorso ex art. 28
I. 300/70, per la repressione della condotta antisindacale, ma
non possono in tal caso chiedere la rimozione degli effetti pro dotti dalla condotta denunciata. (2)
Motivi della decisione. — I fatti di causa non sono sostanzial
mente contestati nella loro essenzialità storico-cronologica: è pa cifico, infatti, e comunque emerge dal libero interrogatorio delle
parti, che i delegati sindacali ebbero ad avvisare la direzione azien
dale in ordine alle date ed alle ore nelle quali si sarebbero tenute le assemblee e che queste rientravano nel monte ore, legale e con
trattuale, delle assemblee retribuite; inoltre, che non vi fu accor
do fra le parti, specie in relazione all'entità numerica del «presi dio» di lavoratori che sarebbero rimasti in servizio; infine, che
le assemblee si tennero senza interventi di alcun genere (formali o sostanziali) da parte datoriale che ebbe a reagire soltanto ope rando la trattenuta nelle buste paga del mese successivo.
Ai fini di stabilire se il comportamento della società convenuta
si configuri in termini di antisindacalità ai sensi dell'art. 28 statu to lavoratori, quale impedimento e/o limitazione dell'esercizio della libertà e della attività sindacale, è opportuno subito avvertire che non può qui condividersi la qualificazione di «sciopero», attri
(1) La non imputabilità ai dipendenti della convocazione dell'assem blea da parte delle rappresentanze sindacali aziendali e la mancanza nella
specie di concordate modalità di esercizio secondo quanto previsto dal ccnl di categoria, sono in sintesi le argomentazioni poste a base delle conclusioni cui perviene la pronuncia in epigrafe.
Quanto al primo aspetto, il Pretore di Firenze distingue la titolarità sostanziale del diritto di assemblea — che spetta ai lavoratori — dall'e sercizio del diritto stesso conferito alle rappresentanze sindacali aziendali e pone esclusivamente a carico di queste ultime le conseguenze di convo cazioni effettuate secondo procedure la cui irritualità è ignorata dai di
pendenti. 11 secondo argomento si aggancia al filone interpretativo che esclude
che il diritto di assemblea previsto dall'art. 20 1. 300/70 possa essere con dizionato da contrapposte esigenze produttive aziendali. Per la giurispru denza di legittimità, cfr. Cass. 12 giugno 1987, n. 5179, Foro it., Rep. 1987, voce Sindacati, n. 143; 3 gennaio 1986, n. 31, id., Rep. 1986, voce cit., n. 57 e per esteso in Giust. civ., 1986, I, 1718, con nota di P. Ghi noy, Sui limiti del diritto di assemblea nei servizi pubblici, la quale con sente che la contrattazione aziendale disciplini le modalità di esercizio del diritto di assemblea mediante la previsione dell'obbligo di preavvisi in tempi ampi, comandate, orari più compatibili con le esigenze altrui, ecc. (fattispecie relativa a servizi pubblici). Nel senso che la mera richie sta rivolta dal datore di lavoro al consiglio di azienda di assicurare la presenza di un lavoratore in ogni settore aziendale durante lo svolgimen to dell'assemblea non costituisce condotta antisindacale, Cass. 18 marzo 1987, n. 2762, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 145, annotata da B. Brattoli, in Mass. giur. lav., 1987, 479.
In tema di diritto di assemblea, cfr, da ultimo, Pret. Torino, decr. 17 aprile 1989, che precede.
Nella giurisprudenza di merito, cfr. Pret. Milano 12 febbraio 1988, Foro it., Rep. 1988, voce Lavoro (rapporto), n. 1836, per un'ipotesi ana loga a quella esaminata dal Pretore di Torino, in cui, peraltro, la doman da è stata avanzata dai singoli dipendenti per il recupero della quota di retribuzione non corrisposta. Pret. Palermo, decr. 10 novembre 1988, Lavoro '80, 1989, 102, pur ritenendo nulle le clausole contrattuali limita tive del diritto di assemblea, esclude che possa ritenersi antisindacale il comportamento del datore di lavoro che si è attenuto a tali clausole pri ma della dichiarazione della loro nullità.
Premessa della decisione in rassegna è l'erronea qualificazione di «scio pero» dell'astensione dal lavoro dei dipendenti per la partecipazione al l'assemblea. Sull'argomento, G.M. Berruti, Il diritto di assemblea e il diritto dì sciopero: appunti per l'identificazione di un difficile confine, in Giur. it., 1986, IV, 25.
(2) Conforme, sulla prima parte della massima, Cass. 16 gennaio 1987, n. 309, Foro it., Rep. 1987, voce Sindacati, n. 71. Per utili riferimenti, cfr. la nota di richiami a Cass. 24 giugno 1986, n. 4205, id., 1986, I, 2757. Per un'ampia panoramica di dottrina e giurisprudenza, cfr., da ultimo, V. Andrioli (C.M. Barone, G. Pezzano, A. Proto-Pisani), Le controversie in materia di lavoro, Bologna-Roma, 1987, 563 ss.
li Foro Italiano — 1989.
buita dalla convenuta all'astensione dal lavoro da parte dei di
pendenti nelle occasioni di cui si discute. Ed invero, essendo l'a
stensione collettiva dal lavoro soltanto un comportamento di una
delle parti del rapporto contrattuale, comportamento di per sé
asettico ed insuscettibile di qualificazione giuridica se non in rap
porto alle motivazioni, esplicite od implicite, che lo accompagna no, appare di tutta evidenza che nella specie, attesa l'univocità
(pacifica in causa) delle motivazioni e degli intenti che precedette ro l'astensione collettiva dal lavoro, questa non poteva essere qua lificata e valutata dal datore di lavoro se non per quello che era
stata dichiarata: quale esercizio, cioè, del diritto di assemblea re
tribuita nell'ambito delle facoltà legali e contrattuali. Perché, in
vece, potesse legittimamente parlarsi di sciopero, sarebbe stato
necessario che l'astensione dal lavoro, ancorché realizzata al di
fuori di specifici schemi di (eventuale) autoregolamentazione, sca
turisse da una qualche rivendicazione economica o normativa in
atto ovvero fosse diretta a realizzare comunque un obiettivo di
tal genere attraverso la consueta dialettica negoziale che l'eserci zio di quel diritto, nei limiti della legalità, consente di rendere
particolarmente efficace in caso di dissenso od inerzia del datore
di lavoro. Elementi questi, come s'è visto, del tutto assenti nella
fattispecie. Se da ciò consegue, pertanto, l'evidente erroneità del la qualificazione operata dalla società Autogrill, va ulteriormente
rilevato che nemmeno sul piano contrattuale il provvedimento (tra tenute sulla retribuzione) che ne è seguito può ritenersi legittimo. Ed infatti qualora, seguendo l'ulteriore tesi di parte convenuta, si volesse ritenere l'illegittimità, sotto l'aspetto formale e sostan
ziale, delle assemblee tenute dai lavoratori, occorre sempre tener
presente che costoro, pur essendo i titolari sostanziali del relativo
diritto, non sono legittimati ad esercitarlo se non attraverso le
rappresentanze sindacali aziendali (ex art. 20, 2° comma, statuto
lavoratori), e solo a queste, dunque, può imputarsi un'erronea od indebita convocazione ovvero illegittime modalità esecutive (sal vo, ovviamente, comportamenti atipici delle maestranze) e le con
seguenze eventualmente da esse scaturite, quali danni alla produ zione od a terzi. Di fronte, quindi, alle assemblee di cui è causa,
legittimamente convocate dai delegati, l'unica reazione legittima del datore, secondo l'ordinamento, doveva essere diretta nei con
fronti delle associazioni sindacali d'appartenenza dei delegati azien
dali, ai quali soltanto poteva addebitarsi un illegittimo comporta mento lesivo di diritti o produttivo di danni nella sfera imprendi toriale. L'avere, al contrario, agito in rivalsa nei confronti dei lavoratori nella piena consapevolezza, dimostrata dall'accertata
conoscenza delle convocazioni da parte dei delegati, della loro estraneità ed incolpevolezza di ogni eventuale (o presunta) irri tualità nella procedura o di mancati accordi circa gli orari o l'en tità numerica del presidio, integra, a parere del decidente, una
tipica figura di comportamento censurabile ex art. 28 statuto la voratori. In un tale contesto, infatti, l'apparente riconoscimento
dell'esercizio dell'altrui diritto (di «sciopero»), si traduce, sogget tivamente ed oggettivamente in atteggiamento risolutamente ne
gatorio, per il futuro, della facoltà di avvalersi del diritto effetti vamente esercitato se non alle condizioni e secondo le modalità di gradimento del datore, generando cosi uno stato di inelimina bile incertezza nelle maestranze, chiamate a future assemblee, per il fondato timore di trovarsi nuovamente di fronte a decurtazioni retributive unilateralmente disposte sulla base di qualificazioni ar bitrarie dei comportamenti, ma non per questo meno efficaci a
limitare, se non addirittura ad impedire, il libero esercizio dell'at tività e libertà sindacale.
Le considerazioni che precedono appaiono sufficienti all'acco
glimento della domanda concernente la dichiarazione di antisin dacalità del comportamento posto in essere dalla s.p.a. Autogrill, senza che quindi occorra ulteriormente esaminare le argomenta zioni da questa addotte in tema di violazione della legge e del ccnl. In merito, peraltro, ai soli fini di completezza, è appena il caso di accennare come le norme invocate a fondamento della tesi di parte convenuta non depongano senz'altro, seppure in ipo tesi, per la sua fondatezza. In argomento va anzitutto rilevato come l'art. 128 del ccnl (per i dipendenti da aziende del settore
turismo) applicato pacificamente fra le parti, nel disciplinare il diritto di assemblea sulla falsariga della norma legale (art. 20 sta tuto lavoratori) e ponendo quale unico limite al libero esercizio del diritto la comunicazione alla direzione dell'impresa, «con suf ficiente anticipo», della convocazione, «con l'indicazione dell'or dine del giorno» (elementi qui non in contestazione), stabilisce
poi che «le ulteriori modalità per lo svolgimento delle assemblee
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sono concordate in sede aziendale tenendo conto dell'esigenza di
garantire in ogni caso la regolare funzionalità alle aziende, in considerazione delle loro finalità recettive e di pubblica utilità. Va altresì' assicurata la sicurezza delle persone, la salvaguardia degli impianti, e delle attrezzature e il servizio di vendita al pub blico». Orbene, è noto che norme della contrattazione collettiva di tale contenuto, in settori diversi, hanno dato luogo a proble matiche assai articolate in tema di limiti del diritto di assemblea nel suo contemperamento con le esigenze della produzione. In
primo luogo in relazione al quesito della compatibilità delle limi
tazioni contrattuali con il 1° e 2° comma dell'art. 20 statuto la
voratori e, per quello che più qui interessa, sul significato inter
pretativo dell'ultimo comma che affida ai contratti collettivi, an
che aziendali, la possibilità di ulteriori «modalità per l'esercizio
del diritto di assemblea». Ed è stata prevalente, a quanto consta, la giurisprudenza e la dottrina che hanno ritenuto in senso restrit tivo la previsione in parola e la conseguente nullità di clausole
contrattuali limitative in tal senso all'esercizio del diritto di as
semblea (v. sul punto, incidentalmente, Trib. Firenze 25 luglio 1983, Foro it., Rep. 1963, voce Sindacati, n. 65).
Al di là, comunque, delle soluzioni adottate in via generale, il nodo decisivo della problematica in parola emerge allorché, come nella specie, la contrattazione collettiva preveda modalità
«concordate», e nessun accordo venga invece raggiunto fra le parti, non importa se per comportamenti o pretese addebitabili agli uni
o agli altri: è necessario allora stabilire se il diritto di assemblea
debba o meno cedere di fronte al dissenso datoriale sulle modali
tà di esecuzione (che tra l'altro possono coinvolgere aspetti di
essenziale rilevanza) ovvero debba e possa essere senz'altro eser
citato con i soli limiti della previsione legale. A parere del deci
dente la linea pattizia in tanto può considerarsi valido ausilio alla
soluzione delle opposte esigenze, in quanto sia tale e consenta
l'accordo. Ove ciò non si verifichi, per contro, non pare che il
diritto d'assemblea possa trovare ulteriori ostacoli al suo libero
esercizio, giacché ciò equivarrebbe proprio a negare la sua stessa
natura, di libertà sindacale pienamente riconosciuta dalla legge, laddove le modalità dell'ultimo comma dell'art. 20 non possono
prospettarsi che in relazione ad aspetti procedimentali cui deve
essere estranea ogni efficacia coercitiva. Nel caso che interessa,
poi, non sembra nemmeno che la direzione aziendale (o quanto meno non è potuto emergere processualmente per la tardività del
la costituzione) abbia cercato un accordo sostanziale sulle moda
lità di esercizio, limitandosi a dissentire da quelle proposte e rea
gendo quindi, come s'è visto, in via arbitraria, alla fine del mese
successivo, con le trattenute sulla retribuzione. E per questa via
si torna, alla stregua delle precedenti argomentazioni, all'assoluta
carenza di legittimazione sostanziale passiva delle maestranze che
non potevano subire una reazione aziendale (tra l'altro erronea
mente titolata), per comportamenti loro non ascrivibili, potendo si cos 1 prescindere dalle conseguenze che la soluzione sopra ac
cennata invece imporrebbe, di ritenere cioè l'inoperatività della
norma contrattuale perché inficiata da nullità.
Il ricorso in esame è stato iniziato nelle vie ordinarie del rito
del lavoro, e già si è motivato in ordine all'ammissibilità dell'a
zione in tali termini, allorché, nel corso del giudizio, si è trattato
di respingere le istanze di prova di parte convenuta per le preclu sioni e decadenze verificatesi a seguito della tardiva costituzione
della s.p.a. Autogrill. A tal proposito è opportuno ora precisare che l'impostazione del ricorso secondo le forme ordinarie del rito
del lavoro era reso palese dalla sua intestazione e dalla forma
della vocatio in ius, inequivocabilmente dirette a promuovere pro
prio un giudizio ordinario. (E sulla correttezza ed ammissibilità
di tale impostazione della domanda in tema di tutela ex art. 28
statuto lavoratori vedi per tutte Cass., sez. lav., 24 giugno 1986, n. 4205, id., 1986, I, 2757 ed in particolare la casistica di legitti mità richiamata in motivazione). L'eccezione della convenuta ri
leva invece per altro verso: posto, cioè, che la tutela qui richiesta
dal sindacato ricorrente è tutela di merito, non appare ammissibi
le, al di fuori della richiesta declaratoria di antisindacalità, l'ulte
riore domanda di rimozione degli effetti (condanna al pagamento delle retribuzioni trattenute) che è connotato tipico della fase
d'urgenza.
Il Foro Italiano — 1989.
PRETURA DI FIRENZE; ordinanza 12 novembre 1988; Giud.
Benini; Soc. Squarci e Baldi (Avv. Cecchini) c. Giunti (Avv.
Mannise).
Ingiunzione (procedimento per) — Domanda riconvenzionale —
Incompetenza per valore del giudice dell'opposizione — Rimes sione della causa al giudice superiore — Sospensione del giudi zio di opposizione — Provvisoria esecuzione del decreto in
giuntivo (Cod. proc. civ., art. 34, 295 , 645, 648).
L'obbligo del giudice competente a conoscere dell'opposizione a
decreto ingiuntivo, di rimettere al giudice superiore la doman
da riconvenzionale, proposta dall'opponente, che ecceda la pro
pria competenza per valore, e di sospendere il giudizio di oppo sizione per la pregiudizialità di quella, non preclude la conces
sione, ove ne sussistano i presupposti, della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo. (1)
Ritenuto che qualora nel giudizio di opposizione a decreto in
giuntivo sia proposta domanda riconvenzionale eccedente la com
petenza per valore del pretore, questi non può rimettere tutta
la causa al giudice superiore, ma deve rimettergli soltanto la cau
sa relativa alla domanda riconvenzionale e trattenere quella con
cernente l'opposizione a decreto ingiuntivo, salvo a disporre, ove
del caso, la sospensione di tale ultima causa, ai sensi dell'art.
295 c.p.c. (Cass. 18 ottobre 1986, n. 6139, Foro it., Rep. 1987, voce Ingiunzione (procedimento), n. 31);
che il potere del giudice dell'opposizione di concedere la prov visoria esecuzione è legata a valutazione discrezionale, pur sull'e
sistenza dei presupposti di cui all'art. 648, 1° comma, c.p.c.; che preliminarmente alla questione pregiudiziale della compe
tenza sulla riconvenzionale deve essere affrontata la questione della
concedibilità della provvisoria esecuzione del decreto, a nulla ri
levando che le eccezioni di merito siano articolate a mezzo di
domanda riconvenzionale e inscindibili da questa e che la cogni zione di esse appartenga al giudice superiore;
che diversamente opinando, ovvero configurando l'immediata
operatività dell'obbligo di disporre la sospensione necessaria per il solo fatto della riconvenzionale, con preclusione di ogni prov vedimento ex art. 648 c.p.c., il ricorrente per ingiunzione sarebbe
privato della facoltà di ottenere l'immediata eseguibilità del de
creto, ammettendosi in tal modo un comodo e generalizzato espe
diente, per qualsiasi debitore, di bloccare le pretese di cui al de
creto ingiuntivo, azionando una qualsiasi riconvenzionale di com
petenza superiore e prospettandola come pregiudiziale all'oggetto del procedimento per ingiunzione;
rilevato che nella fattispecie l'opponente Squarci e Baldi s.n.c.
non si è limitato a chiedere la revoca del decreto ingiuntivo di
condanna al pagamento di lire 4.000.000 in favore del rag. Giunti
Silvano, quale residuo corrispettivo per prestazione d'opera risul
tante da contratto scritto, ma ha spiegato domanda riconvenzio
nale per la risoluzione per inadempimento del contratto d'opera intellettuale e per la restituzione della somma di lire 9.500.000
già versata al convenuto Giunti a titolo di prime rate di corri
spettivo; che la soluzione della questione introdotta dalla domanda ri
convenzionale appare pregiudiziale rispetto al pagamento del sal
do compensi; che l'opposizione al decreto ingiuntivo non è basata su prova
(1) Nello stesso senso v. Trib. Milano 18 ottobre 1984, Foro it., Rep.
1985, voce Ingiunzione (procedimento), n. 41 e Foro pad., 1985, I, 251.
L'affermazione che la competenza del giudice dell'opposizione a decre
to ingiuntivo è funzionale, è costante in giurisprudenza: v. Cass. 22 di
cembre 1987, n. 9582, Foro it., Rep. 1987, voce cit., 32; 18 ottobre 1986, n. 6139, ibid., n. 31; 24 aprile 1986, n. 2904, 20 marzo 1986, n. 1958,
id., Rep. 1986, voce cit., nn. 23, 22; 9 dicembre 1985, n. 6213, id., 1986,
I, 2356, con nota di richiami.
In dottrina, non sono mancate perplessità sia sulla soluzione circa la
concessione della provvisoria efficacia esecutiva accompagnata ad un prov vedimento di sospensione del giudizio di opposizione, sia, più in genera
le, sull'affermazione che la competenza del giudice dell'opposizione sia
funzionale e quindi ciò escluda la modifica della competenza per ragioni di connessione; da ultimo, v. A. Proto Pisani, Il procedimento d'ingiun zione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1987, 311 ss.
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