sentenza 11 dicembre 1989, n. 535 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 20 dicembre 1989, n.51); Pres. Saja, Est. Borzellino; Regioni Emilia-Romagna e Toscana (Avv. Predieri) c. Pres. cons.ministri (Avv. dello Stato Laporta)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 1813/1814-1815/1816Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184720 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Stato circa la natura della tabella 23, nel senso che le sue sorti
sarebbero autonome rispetto a quelle delle altre, più generali, ta
belle concernenti le piante organiche dei magistrati, per cui l'ade
guamento di essa — da effettuare, prima o poi, ai sensi dell'art.
34, 2° comma, d.p.r. 26 luglio 1976 n. 752 — dovrebbe seguire, non accompagnare la corrispondente modifica apportata alle piante
organiche stabilite a livello nazionale con il d.p.r. 31 dicembre
1966 n. 1185, e successive varianti. Ad escludere ogni possibilità di differenziazione contenutistica dell'una rispetto alle altre ed
a rendere, quindi, del tutto inutile un parere espresso, soltanto
successivamente all'approvazione delle tabelle generali, dalla com
missione paritetica di cui all'art. 107 d.p.r. 31 agosto 1972 n.
670, basta notare come la tabella 23 rechi l'intestazione «ministe
ro di grazia e giustizia — estratto delle piante organiche dei ma
gistrati stabilite con d.p.r. 31 dicembre 1966 n. 1165 e successive
varianti» ed il sottotitolo «circondario del Tribunale di Bolza
no». Un estratto, dunque, cioè, una parte tratta, per la sua speci ficità territoriale, da piante organiche più ampie, riguardanti an
che altri circondari. Del resto, il fatto che nel titolo della tabella
si parli di estratto era già stato sottolineato dalla stessa avvocatu
ra dello Stato, sia pur per trarne argomento a sostegno del qui confutato valore meramente notiziale della parte ripetitiva della
tabella, anziché per ribadire il valore precettivo. 5. - Una volta chiarito che, in quanto estratto di altre piante
organiche, la tabella 23 è da intendersi virtualmente e, quindi, sostanzialmente coinvolta dai mutamenti apportati alle più gene rali tabelle dalle quali è tratta, viene a perdere rilevanza anche
il terzo argomento addotto dalla provincia autonoma di Bolzano
a sostegno della sua impugnativa: quello in base a cui i muta
menti previsti dal d.p.r. 4 febbraio 1989, in quanto non formal
mente ricompresi nella tabella 23, sfuggirebbero all'istituto della
proporzionale etnica. L'applicabilità di questo fondamentale prin
cipio, costituzionalmente tutelato e normativamente regolato, è,
invece, da ritenersi, in ogni caso — comunque avvenga, cioè,
la ripartizione dei posti — fuori discussione all'atto della concre
ta assegnazione personale degli stessi, magistrato per magistrato.
6. - Rimane, invece, da verificare l'incidenza del secondo ordi
ne di considerazioni poste a base del ricorso della provincia auto
noma: le considerazioni, cioè, volte a rimarcare la natura sostan
ziale delle modifiche apportate dal decreto impugnato alla «disci
plina dei posti di pianta organica degli uffici giudiziari della
provincia di Bolzano già stabilita dalla tabella 23 allegata al d.p.r.
752/76 (e dalle tabelle allegate al d.p.r. 1185/66)». In quanto
costituite, per un verso, dall'inserimento ex novo di cinque posti
di magistrati del pubblico ministero addetti alla Pretura circon
dariale di Bolzano e, per l'altro verso, dalla variante qualitativa
introdotta nei posti dei magistrati giudicanti addetti alla Pretura
circondariale di Bolzano attraverso l'istituzione di un posto di
magistrato d'appello in funzione di consigliere pretore dirigente
e la corrispondente soppressione di un posto di magistrato di tri
bunale o di uditore in funzione di pretore, tali modificazioni han
no tutte una consistenza innegabile, sempre, però, nel senso di
un potenziamento degli uffici. Un potenziamento, per di più, do
vuto a scelte non meramente discrezionali, ma strettamente colle
gate all'attuazione, non tanto e non solo (come si limita a ricor
dare l'ultima memoria difensiva per la provincia) dell'art. 1 1.
3 febbraio 1989 n. 32, che ha aumentato l'organico complessivo della magistratura, quanto e soprattutto all'attuazione di prece
denti leggi, che hanno reso necessario quell'aumento in relazione
alle generali esigenze collegate all'entrata in vigore del nuovo co
dice di procedura penale. Ma — una volta riscontrato che le modificazioni si risolvono
tutte in un potenziamento degli uffici della provincia di Bolzano,
alla stregua di criteri uniformemente adottati per ogni ufficio ana
logo, senza il verificarsi di compressione alcuna in ordine alla
«riserva» dei posti già inclusi nelle relative piante organiche, e
riconosciuto, al tempo stesso, che il fondamentale principio della
proporzionale etnica rimane salvaguardato, dovendosene verifi
care scrupolosamente il rispetto in sede di concreta copertura dei
posti in questione — il conflitto viene a risultare inammissibile
per mancanza di interesse (sentenza n. 79 del 1989, Foro it., 1990,
I, 393). Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi
le il conflitto sollevato dalla provincia autonoma di Bolzano con
il ricorso in epigrafe.
Il Foro Italiano — 1990.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 11 dicembre 1989, n. 535
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 20 dicembre 1989, n. 51); Pres. Saja, Est. Borzellino; Regioni Emilia-Romagna e To
scana (Avv. Prodieri) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Laporta).
Contabilità e bilancio dello Stato — Spese in conto capitale —
Leggi a carattere pluriennale — Presunta violazione di compe tenze regionali — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 81, 117, 118, 119; 1. 23 agosto 1988 n. 362, nuove norme
in materia di bilancio e di contabilità dello Stato; d.l. 2 marzo
1989 n. 65, disposizioni in materia di finanza pubblica, art.
5, 6; 1. 26 aprile 1989 n. 155, conversione in legge, con modifi
cazioni, del d.l. 2 marzo 1989 n. 65, art. 1).
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
5 e 6 d.l. 2 marzo 1989 n. 65, convertito, con modificazioni, in l. 26 aprile 1989 n. 155, nella parte in cui anche per le regio ni attribuisce al Cipe, per l'anno 1989, il potere di autorizzare
le spese in conto capitale conseguenti a leggi a carattere plu
riennale, consentendo, peraltro, alle amministrazioni e agli enti
del settore pubblico allargato, limitatamente al primo semestre
di ciascun esercizio, l'assunzione di impegni in misura non su
periore al 50% del relativo stanziamento, in riferimento agli art. 81, 117, 118 e 119 Cost. (1)
Diritto. — 1. -1 ricorsi concernono identica questione; i giudi zi vanno riuniti, pertanto, per formare oggetto di un'unica pro nuncia.
2.1. - Con l'art. 5 d.l. 2 marzo 1989 n. 65, recante disposizioni in materia di finanza pubblica e convertito, senza modificazioni
sul punto, nella 1. 26 aprile 1989 n. 155, venne stabilito — limita
tamente all'anno 1989 — l'individuazione da parte del Cipe delle
autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a caratte
re pluriennale, per le quali è consentito alle amministrazioni e
agli enti pubblici, e nel limite del 50 per cento delle somme auto
rizzate, stipulare contratti o assumere impegni a carico di esercizi
futuri.
2.2. - Col successivo art. 6, quanto alle spese correnti restò,
invece, determinato che nel primo semestre di ciascun esercizio
possono essere assunti dalle amministrazioni e dagli enti del set
tore pubblico allargato impegni in misura non superiore al 50
per cento del relativo stanziamento.
2.3. - Le ricorrenti si dolgono di una presunta lesione, in con
seguenza, della loro autonomia finanziaria: le disposizioni impu
(1) In precedenza, v. Corte cost., ord. 11 febbraio 1988, nn. 163, 164,
165, Foro it., Rep. 1988, voce Contabilità e bilancio dello Stato, nn.
27-30, che risolvono nel senso della manifesta infondatezza questioni di
costituzionalità relative a disposizioni in materia di bilancio dello Stato
aventi riflessi sulla finanza regionale. L'ultima di tali decisioni, in parti colare, risolve anche una questione relativa all'art. 56 1. 7 agosto 1982
n. 526, nella parte in cui richiede l'approvazione del Cipe per determinati
interventi nel settore dell'agricoltura e delle infrastrutture, sollevata dalle
province autonome di Trento e Bolzano per presunta violazione dell'art.
78 statuto speciale. In ordine alle spese correnti ripartite in più esercizi finanziari, v. Cons,
giust. amm. sic. 28 luglio 1988, n. 135, ibid., n. 41.
Sulle interferenze del sistema di tesoreria unica con le competenze re
gionali, v. Corte cost. 30 giugno 1988, n. 742, ibid., voce Regione, nn.
281-284. Più in generale, sui limiti posti alle regioni nell'utilizzazione del
le disponibilità finanziarie, cfr. Corte cost. 2 marzo 1987, nn. 61, 62
e 64, id., 1987, I, 2664 e 2646, con note di richiami.
L'assoggettabilità al sistema di tesoreria unica anche dei consorzi di
comuni e province è stata affermata da Tar Lazio, sez. I, 25 settembre
1987, n. 1542, id., Rep. 1988, voce Contabilità e bilancio dello Stato, n. 44.
In materia di «fermo amministrativo» attuato dalla Cassa per il Mez
zogiorno in ordine alle erogazioni disposte dal ministero dell'interno a
favore dell'amministrazione provinciale debitrice, v. Cass., sez. un., 25
gennaio 1989, n. 423, id., 1989, I, 1099, con nota di richiami.
Relativamente alla gestione del bilancio dello Stato nell'esercizio finan
ziario 1990, v. R. Moretti, Rubrica parlamentare, id., 1990, V, 117.
La legge finanziaria per il 1990 (1. 27 dicembre 1989 n. 407) è riportata in Le leggi, 1989, 2663/52.
In dottrina, da ultimo, v. Brancasi, Le proposte di riforma della poli tica di bilancio: spunti critici, in Amministrare, 1987, 463; Barrettoni
Arleri, Contabilità pubblica, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani,
1988, Vili; Bassanini, I rapporti fra Stato e regioni in materia di pro
grammazione economica, in Politica del diritto, 1988, 173; Tortorelli, Governo dell'economia e poteri delle regioni, Padova, 1988.
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1815 PARTE PRIMA 1816
gnate, infatti, violerebbero, oltre all'art. 81 Cost., indicato come
genericamente compresso in uno alle regole poste dalle leggi di
contabilità pubblica, direttamente i principi (art. 117, 118, 119) a garanzia dell'autonomia regionale.
3.1. - Giova puntualizzare al proposito che la normativa tende, nel quadro di una manovra generale, al solo e limitato scopo di adeguare il volume della massa spendibile alle effettive capaci tà di rendere operanti, in termini di concreta attuazione, le spese medesime: manovra questa d'evidente ordine gestionale, volta cioè
a regolare, nel quadro delle procedure di erogazione, i flussi della
spesa, col proposito di evitare, per quanto possibile, ristagni e
conseguenti appesantimenti d'ordine contabile.
Giova ancora precisare, per quanto attiene all'impugnato art.
5, concernente interventi statali di finanziamento di settore, che
la logica del limite imposto per il 1989, si colloca, proprio nel
quadro della contabilità pubblica, in evidente raccordo con le nuove
norme in materia di bilancio e di contabilità dello Stato (1. 23
agosto 1988 n. 362), segnatamente in ordine alle leggi di spesa
pluriennale, ivi previste.
Tuttavia, ancorché gli enti di cui trattasi possano restarne coin
volti, i connotati della delineata norma non intaccano né le scel
te, né la destinazione delle risorse, determinate a monte della com
plessiva regolamentazione contabile qui indicata.
3.2. - Per quel che attiene, poi, alle regole per la spesa corrente
(art. 6) vale ricordare, ribadendo quanto sin qui osservato, come
la corte abbia già avuto modo di considerare la non censurabilità
di normative le quali, senza porre vincoli d'ordine sostanziale, abbiano a disciplinare solo le relative erogazioni.
3.3. - Conclusivamente, le norme sospettate di illegittimità non
risultano aver inciso, per la loro circoscritta origine e puntuale finalità qui descritte, sull'autonomia finanziaria regionale, deter
minata secondo i relativi principi di garanzia costituzionale.
È il caso comunque di ricordare che con recente disegno di
lege (Atto Senato n. 1894 del 30 settembre 1989) si intenderebbe
provvedere, tra l'altro, all'allentamento dei vincoli settoriali im
posti ai flussi di spesa regionale, nel senso di volersi evitare, nel
l'esercizio di manovre di «contenimento della spesa statale», aspetti «differenziati tra i diversi livelli».
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di
chiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 5 e 6 d.l. 2 marzo 1989 n. 65 (disposizioni in materia di
finanza pubblica), convertito con modificazioni nella 1. 26 aprile 1989 n. 155, sollevata — in relazione agli art. 81, 117, 118 e
119 Cost. — dalle regioni Emilia-Romagna e Toscana con i ricor
si in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 31 luglio 1989, n. 472
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 agosto 1989, n. 32); Pres.
Saja, Est. Conso; imp. Cocchis. Ord. Pret. Napoli 12 luglio 1988 (G.U., la s.s., n. 52 del 1989).
Matrimonio — Divorzio — Assegno — Sottrazione all'obbligo di corresponsione — Tutela penale — Questioni infondate ed
inammissibili di costituzionalità (Cost., art. 3, 25; 1. 1° dicem
bre 1970 n. 898, disciplina dei casi di scioglimento del matri
monio, art. 5, 6, 12 sexies; 1. 6 marzo 1987 n. 74, nuove norme
sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, art. 21).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12
sexies 1.1° dicembre 1970 n. 898, aggiunto dall'art. 21 l. 6
marzo 1987 n. 74, nella parte in cui limita al divorziato l'incri
minabilità per omessa corresponsione dell'assegno, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
(1-6) Legittimità costituzionale della nuova tutela penale del divorziato.
Con lodevole tempestività la Corte costituzionale provvede a sgombe rare il campo dalla maggior parte dei dubbi di illegittimità costituzionale avanzati in relazione al nuovo art. 12 sexies, introdotto con la riforma del 1987 nella legge sul divorzio.
Pare opportuno ricordare come, dopo alterne vicende, la giurisprudenza
Il Foro Italiano — 1990.
È inammissibile, in quanto nel caso concreto irrilevante, la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 12 sexies I. 1° di
cembre 1970 n. 898, aggiunto dall'art. 21 l. 6 marzo 1987 n.
74, nella parte in cui prevede la procedibilità d'ufficio, in rife rimento all'art. 3 Cost. (2)
È inammissibile, in quanto nel caso concreto irrilevante, la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 12 sexies /. 1° di cembre 1970 n. 898, aggiunto dall'art. 21 l. 6 marzo 1987 n.
74, nella parte in cui limita al figlio maggiorenne (non ancora
giunto all'indipendenza economica) del divorziato la tutela pe nale della corresponsione dell'assegno, in riferimento all'art.
3 Cost. (3) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12
sexies 1.1° dicembre 1970 n. 898, aggiunto dall'art. 21 l. 6
marzo 1987 n. 74, nella parte in cui limita al figlio minore
del divorziato la tutela penale per la mera mancata correspon sione dell'assegno, in riferimento all'art. 3 Cost. (4)
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
12 sexies 1.1° dicembre 1970 n. 898, aggiunto dall'art. 21 I.
6 marzo 1987 n. 74, per indeterminatezza del precetto, in riferi mento all'art. 25, 2° comma, Cost. (5)
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
12 sexies 1.1° dicembre 1970 n. 898, aggiunto dall'art. 21 I.
6 marzo 1987 n. 74, per indeterminatezza della sanzione, in
riferimento all'art. 25, 2° comma, Cost. (6)
avesse definitivamente negato ogni riferibilità della fattispecie penale di
violazione degli obblighi di assistenza familiare, di cui all'art. 570, 2°
comma, n. 2, c.p., anche ai rapporti tra divorziati (Cass., sez. un., 26
gennaio 1985, Luca, Foro it., 1985, II, 537, con nota di Quadri, Asse
gno di divorzio e tutela penale tra presente e futuro), in conseguenza del venir meno, con lo scioglimento del matrimonio, «di tutti gli obblighi derivanti dal rapporto di coniugio» e, in particolare, di quello di assisten za morale e materiale.
In considerazione del diffusamente rilevato «effetto di degradazione» (Carbonnier, La question du divorce, in Ree. Dalloz, 1975, doct., 120) che il tempo produce sull'esecuzione delle prestazioni attribuite in dipen denza della dissoluzione della compagine familiare, in quasi tutte le pro poste parlamentari di riforma fu avvertita, allora, la necessità di munire di una garanzia (anche) penale l'assegno di divorzio. E non a caso, di
conseguenza, la relativa relazione al senato annovera tra i «punti qualifi canti» del nuovo testo legislativo proprio «la nuova salvaguardia, parti colarmente penetrante ed incisiva, delle ragioni del beneficiario dell 'asse
gno, legata... all'individuazione di una fattispecie penale a carico del co
niuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione». Immediatamente evidente è apparso come il modello di reato recepito,
attraverso talune delle proposte di riforma, nel nuovo art. 12 sexies, con l'incriminare chi «si sottrae alla corresponsione dell'assegno dovuto», si allontani dallo schema dell'art. 570 c.p., che punisce il comportamento consistente nel far «mancare i mezzi di sussistenza» (cfr. Bartoniì, La
riforma della legislazione sul divorzio; aspetti penali, in Giusi, pen., 1985, I, 152 s. e Quadri, Assegno di divorzio, cit., 546). E ciò volutamente, come risulta chiarito nella ricordata relazione, ove si sottolinea che «il richiamo alle sole pene previste nell'art. 570 c.p.... conferma che la viola zione degli obblighi di assistenza familiare alla cui sanzione è commisura ta la previsione normativa dell'art. 570 c.p. riguarda sempre e soltanto le relazioni fondate sul coniugio o derivanti dalla filiazione, e non anche i rapporti che residuano tra i coniugi divorziati».
Di fronte al dubbio che la nuova disciplina si risolva in un'irrazionale
discriminazione, sotto il profilo della tutela penale, tra la posizione del
separato e del divorziato, non è mancato il tentativo di superarlo, consi derando l'art. 12 sexies quale mero ampliamento soggettivo della fattispe cie dell'art. 570 c.p. (Giusti, in Nuove leggi civ., 1987, 1030). Tentativo, questo, espressamente fondato sull'idea di una perduranza, dopo il divor
zio, di un rapporto di solidarietà fra gli ex coniugi (secondo un'imposta zione diffusa in giurisprudenza e dottrina; e v. Cass. 11 giugno 1981, n. 3777, Foro it., 1982, I, 184 e Bianca, Diritto civile^ Milano, 1985, II, 201). Tentativo, però, che si pone in aperto contrasto con la precisa scelta del legislatore, quale resa esplicita, oltre che dal ricordato passo della relazione, come sottolinea la Corte costituzionale, proprio dal man cato accoglimento delle proposte di riforma tendenti, appunto, semplice mente a «ricomprendere nel testo dell'art. 570, 2° comma, c.p. anche la situazione del divorziato».
La decisione in rassegna, nel prendere atto dell'opzione legislativa a favore della costruzione di una nuova ed autonoma fattispecie di reato, «consistente nel sottrarsi all'obbligo di corrispondere quanto dovuto a norma degli art. 5 e 6», con rinvio all'art. 570 c.p. solo per la determina zione della pena (in tal senso, cfr. Quadri, La nuova legge sul divorzio, Napoli, 1987, I, spec. 160; Lanzi, in Commentario alla riforma del di
vorzio, Milano, 1987, 152; Servetti, La riforma della legge sul divorzio: una nuova fattispecie incriminatrice, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1987, 973;
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