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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 13 dicembre 1988, n. 1102 (Gazzetta...

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sentenza 13 dicembre 1988, n. 1102 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 dicembre 1988, n. 51); Pres. ed est. Conso; Saccavino. Ord. Cass. 12 marzo 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 14 del 1988) Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 3373/3374-3377/3378 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184304 . Accessed: 28/06/2014 18:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.21 on Sat, 28 Jun 2014 18:24:20 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 13 dicembre 1988, n. 1102 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 dicembre 1988, n. 51); Pres. ed est. Conso; Saccavino.

sentenza 13 dicembre 1988, n. 1102 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 dicembre 1988, n.51); Pres. ed est. Conso; Saccavino. Ord. Cass. 12 marzo 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 14 del 1988)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 3373/3374-3377/3378Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184304 .

Accessed: 28/06/2014 18:24

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

normativa, suppone che ciascuna regione possa applicare la pro

pria legge, ove questa fosse stata adottata.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i ricorsi di

cui in epigrafe, dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della 1. 6 marzo 1987, n. 65, in to to, sollevata dalla

provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli art. 2, 3, 3°

comma, 8, nn. 17 e 20, 9, n. 11, 16, 78 e 80 dello statuto speciale

per il Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione; dichiara la illegittimità costituzionale: dell'art. 2, 2° comma,

1. n. 65 del 1987; degli art. 2, 1° comma, lett. be 2, comma

1 ter, della predetta legge, nella parte in cui si riferiscono agli interventi previsti dall'art. 1,1° comma, lett. c), della stessa leg

ge; degli art. 2, 1° comma, lett. b), e 2, comma 1 ter, della pre detta 1. n. 65 del 1987, nella parte in cui si riferiscono alle province autonome di Trento e di Bolzano; dell'art. 1, 4° e 5° comma, della predetta 1. n. 65 del 1987 nella parte in cui si riferisce alle

province autonome di Trento e di Bolzano; dell'art. 1, 4° e 5°

comma, 1. n. 65 del 1987, nella parte in cui si riferisce agli inter

venti previsti dall'art. 1, 1° comma, lett. e), della stessa legge; dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la que

stione di legittimità costituzionale dell'art. 2 bis, 2° comma, della

predetta legge, sollevata, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost., dalla regione Lombardia;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale:

degli art. 1, 3° e 6° comma 2, 2, 1° comma, lett. a), 2, comma

bis, 2 bis, 2° e 4° comma, 1. n. 65 del 1987, sollevate, in riferi

mento agli art. 117, 118 e 119 Cost., dalla regione Lombardia;

dell'art. 2 bis, 3° comma, della predetta 1. n. 65 del 1987, solle

vata, in riferimento agli art. 8, nn. 17 e 20, 9, n. 11, 16, 78

e 80 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige dalla pro

vincia autonoma di Bolzano; dell'art. 2, 6° comma, della predet

ta legge n. 65 del 1987, sollevate dalle province autonome di Trento

e di Bolzano e dalla regione Lombardia in riferimento, rispettiva

mente, agli art. 8, nn. 17 e 20, 9, n. 11, 16, 78 ed 80 dello statuto

speciale per il Trentino-Alto Adige e agli art. 117, 118 e 119 Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 dicembre 1988, n. 1102

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 dicembre 1988, n. 51);

Pres. ed est. Conso; Saccavino. Ord. Cass. 12 marzo 1987 (G.U.,

la s.s., n. 14 del 1988).

Misure di sicurezza — Casa di cura e di custodia — Esecuzione

del ricovero — Preventivo accertamento della pericolosità so

ciale — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen.,

art. 219).

È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 219, 3° com

ma, c.p., nella parte in cui, per i casi ivi previsti, subordina

il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia

al previo accertamento della pericolosità sociale, derivante dal

la seminfermità di mente, soltanto nel momento in cui la misu

ra di sicurezza viene disposta e non anche nel momento della

sua esecuzione. (1)

(1) La sentenza, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzio

nale dell'art. 219, 3° comma, c.p., per contrasto con l'art. 3 Cost., appa

re, a prima vista, costituire mera applicazione dei principi già affermati

dalla Corte costituzionale con le pronunce n. 139 del 1982 e n. 249 del

1983 (cfr. Cort cost. 27 luglio 1982, n. 139, Foro it., 1982, I, 2109, con

nota di La Greca e 1983, I, 292, con nota di Manacorda; 28 luglio

1983, n. 249, ibid., 2337). Ed invero, secondo i giudici della Consulta, la dichiarazione d'illegitti

mità costituzionale del 3° comma dell'art. 219 c.p. costituirebbe quasi

un atto «dovuto» in considerazione soprattutto della revisione dei primi

due commi dello stesso articolo operata dalla più recente delle due sen

tenze suddette.

Il Foro Italiano — 1989.

Diritto. — 1. - La Corte di cassazione ripropone la quaestio

de legitimitate avente per oggetto l'art. 219, 3° comma, c.p., «nella

parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in una

casa di cura e di custodia dell'imputato, condannato per delitto

non colposo ad una pena diminuita per infermità pschica, al pre vio accertamento del giudice di esecuzione della persistente peri

colosità sociale derivante dall'infermità mentale al tempo della

sua esecuzione», in riferimento all'art. 3 Cost.

La questione, già sollevata dallo stesso giudice nel corso del

medesimo procedimento con ordinanza del 5 febbraio 1985, ave

Ai fine di verificare la fondatezza di tale impostazione, non si può

allora prescindere da un breve excursus circa la recente evoluzione giuris

prudenziale e legislativa in tema di pericolosità presunta dell'infermo di

mente.

Come è noto, i meccanismi presuntivi originariamente previsti dal codi

ce Rocco, in materia, erano di due tipi: l'uno, di cui agli art. 219, 1°

e 2° comma, e 222, 1° comma, c.p., in relazione all'art. 204, cpv., c.p., atteneva alla vera e propria presunzione di pericolosità sociale; l'altro,

implicitamente previsto in tutte le norme in materia del codice, consisteva

nella presunzione della «persistenza» della pericolosità sociale stessa, sia

essa presunta o effettivamente accertata.

Le critiche, spesso radicali, mosse soprattutto da parte della dottrina

(cfr. Musco, La misura di sicurezza detentiva, Milano, 1978; Id., Varia

zioni minime in tema di pericolosità presunta, in Riv. it. dir. e proc.

pen., 1982, 1584; Padovani, L'ospedale psichiatrico giudiziario e la tute

la costituzionale della salute, in Tommaso Natale, 1978, 876; Falzone,

Brevi note in tema di legittimità costituzionale della pericolosità presunta,

in Giur. costit., 1972, 1205), all'adozione legislativa del criterio presunti

vo in sé, sono state più volte respinte dalla Corte costituzionale in base

all'assunto che sarebbe riservata esclusivamente al legislatore l'individua

zione dei meccanismi mediante i quali pervenire al giudizio di pericolosità

(cfr., tra le altre, Corte cost. 15 luglio 1972, n. 106, Foro it., 1972, I,

1910; 10 marzo 1966, n. 19, id., 1966, I, 548).

Migliore sorte hanno avuto, invece, le obiezioni circa la presunzione

di persistenza della pericolosità sociale. La Corte costituzionale ha infatti

dichiarato l'illegittimità, con la sentenza n. 139/82 (cit.), degli art. 204,

cpv., 205, cpv., n. 2, 221, 1° comma, c.p.; e, con la sentenza n. 249/83

(cit.), dell'art. 219, 1° e 2° comma, c.p., laddove il ricovero in ospedale

psichiatrico giudiziario, per la totale infermità di mente, o in casa di

cura e di custodia, per l'infermità parziale, veniva disposto senza il pre

ventivo accertamento della persistente pericolosità sociale, derivante dal

l'infermità, al tempo dell'applicazione della misura di sicurezza.

Quanto al criterio presuntivo in sé, è poi intervenuta la 1. 10 ottobre

1986 n. 663, che all'art. 31 ha esplicitamente abrogato l'intero art. 204

c.p., introducendo cosi l'obbligatorietà del previo accertamento della pe

ricolosità sociale prima dell'applicazione di qualsiasi tipo di misura di

sicurezza.

Peraltro, come s'era già osservato in dottrina, il venir meno sia della

presunzione di persistenza, che della stessa presunzione di pericolosità

sociale, avrebbe dovuto coerentemente indurre ad estendere anche al mo

mento dell'esecuzione della misura l'obbligatorio accertamento della peri

colosità sociale derivante dall'infermità psichica (cfr. Giuri, Infermità

psichica e presunzione di pericolosità nel giudizio della Corte costituzio

nale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1984, 469).

Va, a tal proposito, ricordato che i momenti cui è possibile fare riferi

mento ai fini dell'accertamento della sussistenza dell'infermità psichica,

da cui deriva la pericolosità sociale, sono tre. Il primo è il momento

in cui viene commesso il reato: a questo deve riferirsi il giudice della

cognizione per valutare l'imputabilità dell'agente, e tale momento costi

tuiva, entro determinati limiti e con alcune eccezioni, il principale punto

di riferimento del sistema delle misure di sicurezza previsto nel codice

Rocco. Il secondo è il momento dell'applicazione della misura di sicurez

za, in genere operata dallo stesso giudice della cognizione e talvolta dal

magistrato di sorveglianza (cfr. art. 205, cpv., c.p.): l'obbligo dell'accer

tamento in tale fase della persistenza dell'infermità di mente, da cui deri

va la pericolosità sociale, è stato introdotto dalle citate sentenze n. 139/82

e n. 249/83. Infine, v'è il terzo momento, quello dell'esecuzione della

misura, che può essere temporalmente ben distante dal momento dell'ap

plicazione della stessa (come si verifica appunto nel caso di condanna

a pena diminuita per seminfermità di mente).

Ebbene, proprio l'eliminazione di quest'ultima forma di presunzione

di persistenza della pericolosità sociale costituisce l'obiettivo esplicitamente

perseguito nella sentenza in epigrafe, ove si ritiene ingiustificata la dispa

rità di trattamento che l'art. 219, 3° comma, c.p. comporterebbe rispetto

alle ipotesi di cui ai primi due commi dello stesso articolo, quali risulte

rebbero in seguito alla citata pronuncia n. 249/83. Si tratterebbe soltan

to, secondo i giudici della Comsulta, di adeguare con una dichiarazione

di illegittimità l'attuale formulazione del 3° comma a quella dei primi

due: come in relazione a questi sarebbe venuta meno la presunzione di

persistenza della pericolosità, eguale sorte dovrebbe toccare alla presun

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3375 PARTE PRIMA 3376

va dato luogo all'ordinanza n. 280 del 1986 (Foro it., 1987, I, 326), di restituzione degli atti al giudice a quo, essendo apparso necessario un nuovo, aggiornato esame della rilevanza a seguito delle innovazioni nel frattempo apportate in materia di accerta

mento della pericolosità sociale dalla 1. 10 ottobre 1986 n. 663, «il cui art. 31 ha espressamente abrogato con il 1° comma l'inte

ro art. 204 c.p., inoltre stabilendo nel 2° comma che 'Tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il reato è persona socialmente

pericolosa'». 2. - Alla stregua dell'interpretazione accolta dal giudice a quo

circa le «innovazioni apportate» dall'art. 31, 2° comma, 1. 10

ottobre 1986 n. 663, nel senso che tale comma si sarebbe «limita to a ripetere quanto già stabiliva il 1° comma dell'art. 204 c.p.»,

zione relativa alla persistenza della pericolosità nel momento dell'esecu zione della misura di sicurezza (art. 219, 3° comma, c.p.).

Sennonché, come s'è già accennato, sia la sentenza n. 139/82, sia la n. 249/83, non facevano alcun cenno al momento dell'esecuzione della misura. È ben vero che talvolta tale fase può essere temporalmente assai prossima al momento dell'applicazione della misura (è il caso della fatti specie di cui all'art. 222 c.p., ove l'esecuzione della misura può seguire immediatamente al proscioglimento per totale infermità di mente). Ma è altrettanto vero che nella diversa fattispecie di cui all'art. 219, 1° e 2° comma, c.p., come si è detto, la misura di sicurezza per il seminfermo viene eseguita dopo che sia stata scontata la pena diminuita.

Si ha, insomma, l'impressione che la Corte costituzionale, lungi dal limitarsi ad estendere ad un'altra norma l'applicazione di un principio già affermato, abbia invece (quasi inconsapevolmente?) sgombrato il campo da un'altra forma di presunzione di persistenza della pericolosità sociale, e cioè la presunzione che la pericolosità, già accertata al momento del

l'applicazione della misura di sicurezza, permanga al momento dell'ese cuzione della stessa.

Proprio la mancata percezione dell'effettiva portata della pronuncia ha indotto, forse, i giudici della Consulta a non estendere la dichiarazio ne di illegittimità ai primi due commi dell'art. 219, ove, come si è detto, nonostante la sentenza n. 249/83, l'obbligatorio accertamento della peri colosità non è previsto anche all'atto dell'esecuzione della misura stessa.

È vero che il combinato disposto dell'art. 207 c.p., secondo l'interpre tazione della Cassazione (cfr. sent. 22 marzo 1977, Narciso, Foro it., Rep. 1978, voce Misure di sicurezza, n. 31), dell'art. 69 1. 26 luglio 1975 n. 354 e dell'art. 22 1. 10 ottobre 1986 n. 663 consente, al magistrato di sorveglianza, la revoca anticipata della misura di sicurezza. Ma è evi dente che altra cosa dalla possibilità di revoca anticipata è l'obbligo del l'accertamento della pericolosità sociale anche al momento dell'esecuzione.

Sembra in definitiva che, paradossalmente, la Corte costituzionale, nel momento in cui ha ritenuto di eliminare un'ingiustificata disparità di trat tamento, ne abbia invece creato un'altra. In che cosa invero si distingue la condizione del seminfermo di mente condannato per un reato, la cui pena prevista non è inferiore nel minimo a cinque anni di reclusione (art. 219, 1° comma, c.p.), da quella del seminfermo condannato per un reato meno grave? Ammesso che, nel secondo caso, il soggetto sia socialmente meno pericoloso, appare comunque non improntata a criteri di ragione volezza l'esclusione, nella prima ipotesi, di un nuovo accertamento della pericolosità, posto che il lasso di tempo trascorso dall'applicazione all'e secuzione della misura di sicurezza è, di norma, maggiore, essendo supe riore la pena inflitta, sicché non meno probabile, in astratto, pare debba ritenersi la guarigione del seminfermo, e quindi il venir meno della sua pericolosità.

Ed allora, con la stessa coerenza con la quale la Corte costituzionale non aveva esteso, nella sentenza n. 249/83, al 3° comma dell'art. 219 c.p. la dichiarazione di illegittimità dei primi due commi, posto che nel 3° comma l'obbligatorio accertamento della pericolosità sociale al mo mento dell'applicazione della misura era già previsto nella formulazione originaria della norma, ora avrebbe dovuto estendere ai primi due com mi, ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, la dichiarazione di incosti tuzionalità del 3° comma, dato che neanche in quelli è previsto il suddet to accertamento al momento dell'esecuzione della misura.

Sembrerebbe, dunque, necessario un nuovo ed organico intervento del la corte che affermi il principio che, in tutte le fattispecie di pericolosità sociale derivante da infermità o seminfermità psichica, l'accertamento della sussistenza della stessa va operato in riferimento sia al momento della commissione del fatto, sia a quello dell'applicazione della misura di sicu rezza, sia, infine, a quello della sua esecuzione.

Ma, forse, una siffatta pronuncia della Corte costituzionale risultereb be ormai superflua, se si considera il dettato di cui al 1° comma dell'art. 679 del nuovo codice di rito appena entrato in vigore: «Quando una mi sura di sicurezza diversa dalla confisca è stata ...ordinata con sentenza, o deve essere ordinata successivamente, il magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio, accerta se l'interessato è persona socialmente pericolosa e adotta i provvedimenti conseguenti...». [A. Ingroia]

li Foro Italiano — 1989.

richiedendo l'accertamento della pericolosità «con riferimento sol

tanto al momento in cui la misura (di sicurezza) viene disposta e non (anche) al momento della sua esecuzione» — un'interpreta zione alla quale, anche per le funzioni di nomofilachia proprie

dell'organo di provenienza, non vi è ragione che questa corte ne

contrapponga altra — la questione in esame conserva integra la

rilevanza inizialmente ravvisata dalla Corte di cassazione.

Una volta chiarito che la norma di cui si deve fare applicazione nel caso di specie porta tuttora a considerare esaurito l'accerta

mento della pericolosità sociale «al momento in cui la misura

di sicurezza della casa di cura e di custodia viene disposta dal

giudice di cognizione», la richiesta declaratoria di illegittimità co stituzionale dell'art. 219, 3° comma, c.p., nella parte che omette

di prevedere l'accertamento della stessa pericolosità anche al mo

mento dell'esecuzione della misura, priverebbe del carattere di

definitività l'accertamento compiuto dal giudice di cognizione, con

dizionandone il concreto operare ad un ulteriore accertamento

da compiere «al momento dell'esecuzione».

3. - Ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata violereb

be l'art. 3 Cost.: e ciò sia sotto il profilo dell'«arbitrarietà», in

quanto la mancata previsione di un nuovo accertamento all'inizio

dell'esecuzione «non esprime esigenze di tutela, discrezionalmen

te riservate al legislatore», sia sotto il profilo dell'«ingiustificata

disparità di trattamento che essa comporta rispetto all'ipotesi di

cui ai commi 1° e 2° dell'art. 219», oltreché «rispetto a quella, del tutto analoga, prima disciplinata» dal 2° comma dell'art. 204,

quali risultano in seguito alle rispettive declaratorie di illegittimi tà costituzionale pronunciate da questa corte con la sentenza n.

249 del 1983 (id., 1983, I, 2337), avvalendosi della ratio deciden di già posta a base della sentenza n. 139 del 1982 (id., 1982,

I, 2109), avente per oggetto le norme relative all'accertamento

della pericolosità sociale derivante da totale infermità di mente.

4. - In effetti — proprio muovendo dalla constatazione che «la presunzione di persistenza, al momento dell'applicazione del la misura di sicurezza della casa di cura e di custodia, della con

dizione di seminfermità psichica accertata rispetto all'epoca del

fatto, risulta irragionevole, ben potendo tale condizione aver su bito nel frattempo» (e, cioè, nell'intervallo temporale, di regola non breve, che separa «il momento cui è riferito l'accertamento della seminfermità psichica» da «quello in cui viene applicata la

misura di sicurezza, la quale è, per definizione, finalizzata anche alla cura») «una positiva evoluzione fino alla completa guarigio ne» — questa corte, con la sentenza n. 249 del 1983, ha dichiara to illegittimi sia il 1° sia il 2° comma dell'art. 219, nonché il 2° comma dell'allora vigente art. 204, «nella parte in cui non

subordinano il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia dell'imputato condannato ad una pena diminuita

per cagione di infermità psichica... al previo accertamento da parte del giudice della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima, al tempo dell'applicazione della misura di sicurezza».

Le ipotesi allora prese in esame apparivano caratterizzate tutte, prima che dalla presunzione di persistenza della pericolosità so ciale conseguente all'infermità psichica, dalla presunzione assolu ta di tale pericolosità, prevista, in via generale, dal periodo ini ziale del 2° comma dell'art. 204 e, in via specifica, dai primi due commi dell'art. 219 c.p. Con il che si differenziavano sensi bilmente dall'ipotesi ora in esame, caratterizzata si dalla presun zione di persistenza della pericolosità sociale derivante dalla se minfermità psichica, ma non anche dalla presunzione assoluta di tale pericolosità, dovendosi, nel caso previsto dal 3° comma del l'art. 219, addivenire sempre al concreto accertamento della qua lità di persona socialmente pericolosa («se... risulta che il con dannato è persona socialmente pericolosa», dispone sin dal 1930 tale comma).

Dopo che l'art. 31 1. 10 ottobre 1986 n. 663 — abrogando l'intero art. 204 c.p. e prescrivendo tassativamente che «Tutte le misure di sicurezza personale sono ordinate previo accertamen to che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente

pericolosa» — ha opportunamente cancellato dal nostro ordina mento i «casi espressamente determinati», nei quali, ai sensi del l'art. 204, 2° comma, c.p., la qualità di persona socialmente peri colosa era «presunta dalla legge», ogni differenza di ordine con cettuale tra l'ipotsi disciplinata dal 3° comma dell'art. 219 e le

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ipotesi disciplinate dai due commi precedenti, già dichiarati ille

gittimi in parte qua, si può ben dire venuta meno.

La reiterazione dell'accertamento, che sola consente di far fronte

all'esigenza di verificare l'effettivo persistere della pericolosità so

ciale derivante dalla seminfermità psichica anche nel momento

dell'applicazione e, quindi, della concreta esecuzione della misura

di sicurezza, si impone, pertanto, pure nei casi in cui la misura

di sicurezza della casa di cura e di custodia sia prevista dall'art.

219. 3° comma, c.p. E vi si impone, anzi, a maggior ragione, data la minor gravità che i reati cui tale comma si riferisce pre sentano rispetto ai delitti presi in considerazione dagli altri due

commi dello stesso art. 219.

5. - Anche il 3° comma dell'art. 219 c.p. va, dunque, dichiara

to illegittimo, nella parte in cui, per i casi ivi previsti, subordina

il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia

al previo accertamento della pericolosità sociale, derivante dalla

seminfermità di mente, soltanto nel momento in cui la misura

di sicurezza viene disposta e non anche nel momento della sua

esecuzione. Un accertamento che, secondo il nuovo riparto delle

competenze risultante dall'art. 69 1. 26 luglio 1975 n. 354, in ulti

mo sostituito ad opera dell'art. 21 1. 10 ottobre 1986 n. 663,

e ripreso dall'art. 679 nuovo c.p.p., è da intendersi demandato

non più al giudice dell'esecuzione bensì al magistrato di sorve

glianza (si veda, in particolare, il 4° comma dell'attuale testo del

l'art. 69, come pure il 1° comma dell'art. 679 del nuovo codice).

Il tutto in stretta sintonia con la competenza a disporre la revoca

anticipata delle misure di sicurezza, che, dopo la declaratoria di

illegittimità del 2° e del 3° comma dell'art. 207 c.p. (v. sentenza

n. 110 del 1974, id., 1974, I, 1558), l'art. 69 1. 26 luglio 1975 n. 354 aveva inizialmente affidato al giudice di sorveglianza, cui,

in forza della sostituzione operata dall'art. 22 1. 10 ottobre 1986

n. 663, è ora subentrato il magistrato di sorveglianza.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità

costituzionale dell'art. 219, 3° comma, c.p., nella parte in cui,

per i casi ivi previsti, subordina il provvedimento di ricovero in

una casa di cura e di custodia al previo accertamento della peri

colosità sociale, derivante dalla seminfermità di mente, soltanto

nel momento in cui la misura di sicurezza viene disposta e non

anche nel momento della sua esecuzione.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 novembre 1988, n. 1011

{Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 novembre 1988, n. 45);

Pres. Saja, Est. Baldassarre; Pres. cons, ministri (Aw. dello

Stato Maialoni) c. Provincia autonoma di Bolzano (Aw. Pa

nunzio).

Trentino-Alto Adige — Provincia autonoma di Bolzano — Assi

stenza sanitaria integrativa — Determinazione delle quote di

rimborso — Competenza della giunta provinciale — Presunta

violazione di normativa statale — Questione infondata di costi

tuzionalità (D.p.r. 31 agosto 1972 n. 670, approvazione del te

sto unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto spe

ciale per il Trentino-Alto Adige, art. 5, 9; 1. 23 dicembre 1978

n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 3, 53,

57; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, finanziamento del servizio

sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle

pubbliche amministrazioni in base alla 1. 1° giugno 1977 n.

285, sull'occupazione giovanile, art. 5; 1. 29 febbraio 1980 n.

33, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicem

bre 1979 n. 663, art. 1; prov. Bolzano 2 gennaio 1981 n. 1,

disciplina del servizio sanitario provinciale, art. 27).

È infondata la questione di legittimità costituzionale della l. prov. Bolzano riapprovata il 15 gennaio 1982, nella parte in cui auto

rizza la giunta provinciale a determinare e rivedere annualmen

te le quote di rimborso delle prestazioni di assistenza sanitaria

integrativa che possono essere concesse dal servizio sanitario

provinciale, nel rispetto dei limiti previsti dall'art. 5, 1° comma,

Il Foro Italiano — 1989.

lett. e), d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito, con modifica

zioni, nella l. 29 febbraio 1980 n. 33, con cui il legislatore sta

tale ha fissato le condizioni di uniformità e di eguaglianza per

le suddette prestazioni, in riferimento agli art. 5 e 9, n. 10,

dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. (1)

Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale che

il presidente del consiglio dei ministri pone con il ricorso intro

duttivo del presente giudizio riguarda la legge della provincia au

tonoma di Bolzano, riapprovata il 15 gennaio 1982, dal titolo

«assistenza sanitaria integrativa», la quale ad avviso del ricorren

te, contrasterebbe con gli art. 5 e 9 statuto Trentino-Alto Adige

(d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670), in relazione all'art. 5, 1° comma,

lett. e), d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito nella 1. 29 feb

braio 1980 n. 33. E ciò in quanto quest'ultimo articolo, nell'an

corare l'assistenza sanitaria integrativa ai livelli delle prestazioni

ordinarie già erogate dalla cassa mutua della provincia di Bolza

no al 31 dicembre 1979, conterrebbe uno dei «principi stabiliti

dalle leggi dello Stato» che costituiscono un limite per la potestà

legislativa provinciale ai sensi degli art. 5 e 9, n. 10, dello statuto

regionale. 2. - Il ricorso non merita accoglimento.

Va premesso, innanzitutto, che l'art. 5, 1° comma, lett. e),

d.l. n. 663 del 1979 non può essere interpretato in uno dei sensi

prospettati dalle parti in giudizio. In realtà, la suddetta disposi

zione si collega direttamente agli obiettivi generali posti dagli art.

3, 53 e 57 1. 23 dicembre 1978 n. 833 (legge istitutiva del servizio

sanitario nazionale), essendo rivolta all'unificazione delle presta

zioni sanitarie — in ipotesi di quelle di natura integrativa — da

garantirsi a tutti i cittadini. Malgrado l'evidente carattere di nor

ma transitoria, tale disposizione, contrariamente a quanto soste

nuto dalla provincia resistente, esprime un principio fondamenta

le, secondo il quale l'erogazione dell'assistenza sanitaria integra

tiva deve avvenire in condizioni di uniformità e di eguaglianza

su tutto il territorio nazionale: un principio che è direttamente

collegato alla garanzia di un diritto sociale di tipo inviolabile (v.

sent. nn. 88 del 1979, Foro it., 1979, I, 2542 e 184 del 1986,

id., 1987, I, 2346), qual è il diritto all'assistenza sanitaria (art.

(1) Come si legge in motivazione, la questione è dichiarata infondata

in quanto, sulla base dell'interpretazione che la corte offre della normati

va impugnata, la revisione annuale delle quote di rimborso delle presta zioni sanitarie operabili dalla provincia di Bolzano non può eccedere i

limiti della variazione in aumento, accertata dall'Istat, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno

precedente. In tal senso, la decisione appare «correttiva» dell'interpreta

zione della norma impugnata quale prospettata dal ricorrente.

In materia, v., successivamente alla presente, Corte cost. 21 marzo 1989,

n. 138, Foro it., 1989, I, 1727, con nota di richiami, che ha dichiarato

illegittima una legge regionale della Valle d'Aosta con la quale detta re

gione autonoma poneva a proprio carico le quote di partecipazione alla

spesa per prestazioni farmaceutiche dovute dagli assistiti iscritti al servi

zio sanitario nazionale: in quella sede la corte ha affermato il diritto,

già implicito in questa pronuncia, secondo il quale una siffatta previsione

regionale sarebbe in contrasto col principio della legislazione statale che

sancisce la partecipazione a carico degli assistiti al fine del contenimento

della spesa pubblica in materia sanitaria. In dottrina, v. Pegoraro, Tic

kets sanitari e potestà legislativa delle regioni (tra principio d'uguaglian

za, grandi riforme e limiti di spesa), in Regioni, 1987, 493.

In ordine al principio enunciato in motivazione e secondo il quale l'e

rogazione dell'assistenza sanitaria integrativa deve avvenire in condizioni

di uniformità e di eguaglianza su tutto il territorio nazionale, e come

tale ritenuto «diritto sociale di tipo inviolabile», cfr. Corte cost. 31 di

cembre 1986, n. 294, Foro it., 1987, I, 2346, con nota di richiami, e

commentata da Mor, in Regioni, 1987, 463. In dottrina, più in generale, v. Pastori, La sanità fra legislazione statale e amministrazione regionale,

id., 1989, 324; Michilu, La programmazione sanitaria nel quadro delle

funzioni e dei compiti affidati allo Stato, alle regioni e ai comuni dalla

l. 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, in

Trib. amm. reg., 1986, II, 281.

In ordine all'asserita caducazione dell'efficacia dell'art. 5 d.l. 663/79

a seguito dell'entrata in vigore dell'accordo nazionale 22 febbraio 1980,

approvato con d.p.r. 16 maggio 1980 in base all'art. 48 1. 833/78, cfr.

Tar Abruzzo 10 ottobre 1985, n. 422, Foro it., Rep. 1986, voce Sanità

pubblica, n. 193.

In riferimento alla 1. prov. Bolzano 2 gennaio 1981 n. 1, v. Cons.

Stato, sez. V, 12 settembre 1986, n. 439, ibid., n. 116; 30 ottobre 1984,

n. 775, id., Rep. 1985, voce Trentino-Alto Adige, n. 99.

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