sentenza 13 dicembre 1988, n. 1102 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 dicembre 1988, n.51); Pres. ed est. Conso; Saccavino. Ord. Cass. 12 marzo 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 14 del 1988)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 3373/3374-3377/3378Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184304 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
normativa, suppone che ciascuna regione possa applicare la pro
pria legge, ove questa fosse stata adottata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i ricorsi di
cui in epigrafe, dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della 1. 6 marzo 1987, n. 65, in to to, sollevata dalla
provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli art. 2, 3, 3°
comma, 8, nn. 17 e 20, 9, n. 11, 16, 78 e 80 dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione; dichiara la illegittimità costituzionale: dell'art. 2, 2° comma,
1. n. 65 del 1987; degli art. 2, 1° comma, lett. be 2, comma
1 ter, della predetta legge, nella parte in cui si riferiscono agli interventi previsti dall'art. 1,1° comma, lett. c), della stessa leg
ge; degli art. 2, 1° comma, lett. b), e 2, comma 1 ter, della pre detta 1. n. 65 del 1987, nella parte in cui si riferiscono alle province autonome di Trento e di Bolzano; dell'art. 1, 4° e 5° comma, della predetta 1. n. 65 del 1987 nella parte in cui si riferisce alle
province autonome di Trento e di Bolzano; dell'art. 1, 4° e 5°
comma, 1. n. 65 del 1987, nella parte in cui si riferisce agli inter
venti previsti dall'art. 1, 1° comma, lett. e), della stessa legge; dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la que
stione di legittimità costituzionale dell'art. 2 bis, 2° comma, della
predetta legge, sollevata, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost., dalla regione Lombardia;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale:
degli art. 1, 3° e 6° comma 2, 2, 1° comma, lett. a), 2, comma
bis, 2 bis, 2° e 4° comma, 1. n. 65 del 1987, sollevate, in riferi
mento agli art. 117, 118 e 119 Cost., dalla regione Lombardia;
dell'art. 2 bis, 3° comma, della predetta 1. n. 65 del 1987, solle
vata, in riferimento agli art. 8, nn. 17 e 20, 9, n. 11, 16, 78
e 80 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige dalla pro
vincia autonoma di Bolzano; dell'art. 2, 6° comma, della predet
ta legge n. 65 del 1987, sollevate dalle province autonome di Trento
e di Bolzano e dalla regione Lombardia in riferimento, rispettiva
mente, agli art. 8, nn. 17 e 20, 9, n. 11, 16, 78 ed 80 dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige e agli art. 117, 118 e 119 Cost.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 dicembre 1988, n. 1102
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 dicembre 1988, n. 51);
Pres. ed est. Conso; Saccavino. Ord. Cass. 12 marzo 1987 (G.U.,
la s.s., n. 14 del 1988).
Misure di sicurezza — Casa di cura e di custodia — Esecuzione
del ricovero — Preventivo accertamento della pericolosità so
ciale — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen.,
art. 219).
È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 219, 3° com
ma, c.p., nella parte in cui, per i casi ivi previsti, subordina
il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia
al previo accertamento della pericolosità sociale, derivante dal
la seminfermità di mente, soltanto nel momento in cui la misu
ra di sicurezza viene disposta e non anche nel momento della
sua esecuzione. (1)
(1) La sentenza, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzio
nale dell'art. 219, 3° comma, c.p., per contrasto con l'art. 3 Cost., appa
re, a prima vista, costituire mera applicazione dei principi già affermati
dalla Corte costituzionale con le pronunce n. 139 del 1982 e n. 249 del
1983 (cfr. Cort cost. 27 luglio 1982, n. 139, Foro it., 1982, I, 2109, con
nota di La Greca e 1983, I, 292, con nota di Manacorda; 28 luglio
1983, n. 249, ibid., 2337). Ed invero, secondo i giudici della Consulta, la dichiarazione d'illegitti
mità costituzionale del 3° comma dell'art. 219 c.p. costituirebbe quasi
un atto «dovuto» in considerazione soprattutto della revisione dei primi
due commi dello stesso articolo operata dalla più recente delle due sen
tenze suddette.
Il Foro Italiano — 1989.
Diritto. — 1. - La Corte di cassazione ripropone la quaestio
de legitimitate avente per oggetto l'art. 219, 3° comma, c.p., «nella
parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in una
casa di cura e di custodia dell'imputato, condannato per delitto
non colposo ad una pena diminuita per infermità pschica, al pre vio accertamento del giudice di esecuzione della persistente peri
colosità sociale derivante dall'infermità mentale al tempo della
sua esecuzione», in riferimento all'art. 3 Cost.
La questione, già sollevata dallo stesso giudice nel corso del
medesimo procedimento con ordinanza del 5 febbraio 1985, ave
Ai fine di verificare la fondatezza di tale impostazione, non si può
allora prescindere da un breve excursus circa la recente evoluzione giuris
prudenziale e legislativa in tema di pericolosità presunta dell'infermo di
mente.
Come è noto, i meccanismi presuntivi originariamente previsti dal codi
ce Rocco, in materia, erano di due tipi: l'uno, di cui agli art. 219, 1°
e 2° comma, e 222, 1° comma, c.p., in relazione all'art. 204, cpv., c.p., atteneva alla vera e propria presunzione di pericolosità sociale; l'altro,
implicitamente previsto in tutte le norme in materia del codice, consisteva
nella presunzione della «persistenza» della pericolosità sociale stessa, sia
essa presunta o effettivamente accertata.
Le critiche, spesso radicali, mosse soprattutto da parte della dottrina
(cfr. Musco, La misura di sicurezza detentiva, Milano, 1978; Id., Varia
zioni minime in tema di pericolosità presunta, in Riv. it. dir. e proc.
pen., 1982, 1584; Padovani, L'ospedale psichiatrico giudiziario e la tute
la costituzionale della salute, in Tommaso Natale, 1978, 876; Falzone,
Brevi note in tema di legittimità costituzionale della pericolosità presunta,
in Giur. costit., 1972, 1205), all'adozione legislativa del criterio presunti
vo in sé, sono state più volte respinte dalla Corte costituzionale in base
all'assunto che sarebbe riservata esclusivamente al legislatore l'individua
zione dei meccanismi mediante i quali pervenire al giudizio di pericolosità
(cfr., tra le altre, Corte cost. 15 luglio 1972, n. 106, Foro it., 1972, I,
1910; 10 marzo 1966, n. 19, id., 1966, I, 548).
Migliore sorte hanno avuto, invece, le obiezioni circa la presunzione
di persistenza della pericolosità sociale. La Corte costituzionale ha infatti
dichiarato l'illegittimità, con la sentenza n. 139/82 (cit.), degli art. 204,
cpv., 205, cpv., n. 2, 221, 1° comma, c.p.; e, con la sentenza n. 249/83
(cit.), dell'art. 219, 1° e 2° comma, c.p., laddove il ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario, per la totale infermità di mente, o in casa di
cura e di custodia, per l'infermità parziale, veniva disposto senza il pre
ventivo accertamento della persistente pericolosità sociale, derivante dal
l'infermità, al tempo dell'applicazione della misura di sicurezza.
Quanto al criterio presuntivo in sé, è poi intervenuta la 1. 10 ottobre
1986 n. 663, che all'art. 31 ha esplicitamente abrogato l'intero art. 204
c.p., introducendo cosi l'obbligatorietà del previo accertamento della pe
ricolosità sociale prima dell'applicazione di qualsiasi tipo di misura di
sicurezza.
Peraltro, come s'era già osservato in dottrina, il venir meno sia della
presunzione di persistenza, che della stessa presunzione di pericolosità
sociale, avrebbe dovuto coerentemente indurre ad estendere anche al mo
mento dell'esecuzione della misura l'obbligatorio accertamento della peri
colosità sociale derivante dall'infermità psichica (cfr. Giuri, Infermità
psichica e presunzione di pericolosità nel giudizio della Corte costituzio
nale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1984, 469).
Va, a tal proposito, ricordato che i momenti cui è possibile fare riferi
mento ai fini dell'accertamento della sussistenza dell'infermità psichica,
da cui deriva la pericolosità sociale, sono tre. Il primo è il momento
in cui viene commesso il reato: a questo deve riferirsi il giudice della
cognizione per valutare l'imputabilità dell'agente, e tale momento costi
tuiva, entro determinati limiti e con alcune eccezioni, il principale punto
di riferimento del sistema delle misure di sicurezza previsto nel codice
Rocco. Il secondo è il momento dell'applicazione della misura di sicurez
za, in genere operata dallo stesso giudice della cognizione e talvolta dal
magistrato di sorveglianza (cfr. art. 205, cpv., c.p.): l'obbligo dell'accer
tamento in tale fase della persistenza dell'infermità di mente, da cui deri
va la pericolosità sociale, è stato introdotto dalle citate sentenze n. 139/82
e n. 249/83. Infine, v'è il terzo momento, quello dell'esecuzione della
misura, che può essere temporalmente ben distante dal momento dell'ap
plicazione della stessa (come si verifica appunto nel caso di condanna
a pena diminuita per seminfermità di mente).
Ebbene, proprio l'eliminazione di quest'ultima forma di presunzione
di persistenza della pericolosità sociale costituisce l'obiettivo esplicitamente
perseguito nella sentenza in epigrafe, ove si ritiene ingiustificata la dispa
rità di trattamento che l'art. 219, 3° comma, c.p. comporterebbe rispetto
alle ipotesi di cui ai primi due commi dello stesso articolo, quali risulte
rebbero in seguito alla citata pronuncia n. 249/83. Si tratterebbe soltan
to, secondo i giudici della Comsulta, di adeguare con una dichiarazione
di illegittimità l'attuale formulazione del 3° comma a quella dei primi
due: come in relazione a questi sarebbe venuta meno la presunzione di
persistenza della pericolosità, eguale sorte dovrebbe toccare alla presun
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3375 PARTE PRIMA 3376
va dato luogo all'ordinanza n. 280 del 1986 (Foro it., 1987, I, 326), di restituzione degli atti al giudice a quo, essendo apparso necessario un nuovo, aggiornato esame della rilevanza a seguito delle innovazioni nel frattempo apportate in materia di accerta
mento della pericolosità sociale dalla 1. 10 ottobre 1986 n. 663, «il cui art. 31 ha espressamente abrogato con il 1° comma l'inte
ro art. 204 c.p., inoltre stabilendo nel 2° comma che 'Tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il reato è persona socialmente
pericolosa'». 2. - Alla stregua dell'interpretazione accolta dal giudice a quo
circa le «innovazioni apportate» dall'art. 31, 2° comma, 1. 10
ottobre 1986 n. 663, nel senso che tale comma si sarebbe «limita to a ripetere quanto già stabiliva il 1° comma dell'art. 204 c.p.»,
zione relativa alla persistenza della pericolosità nel momento dell'esecu zione della misura di sicurezza (art. 219, 3° comma, c.p.).
Sennonché, come s'è già accennato, sia la sentenza n. 139/82, sia la n. 249/83, non facevano alcun cenno al momento dell'esecuzione della misura. È ben vero che talvolta tale fase può essere temporalmente assai prossima al momento dell'applicazione della misura (è il caso della fatti specie di cui all'art. 222 c.p., ove l'esecuzione della misura può seguire immediatamente al proscioglimento per totale infermità di mente). Ma è altrettanto vero che nella diversa fattispecie di cui all'art. 219, 1° e 2° comma, c.p., come si è detto, la misura di sicurezza per il seminfermo viene eseguita dopo che sia stata scontata la pena diminuita.
Si ha, insomma, l'impressione che la Corte costituzionale, lungi dal limitarsi ad estendere ad un'altra norma l'applicazione di un principio già affermato, abbia invece (quasi inconsapevolmente?) sgombrato il campo da un'altra forma di presunzione di persistenza della pericolosità sociale, e cioè la presunzione che la pericolosità, già accertata al momento del
l'applicazione della misura di sicurezza, permanga al momento dell'ese cuzione della stessa.
Proprio la mancata percezione dell'effettiva portata della pronuncia ha indotto, forse, i giudici della Consulta a non estendere la dichiarazio ne di illegittimità ai primi due commi dell'art. 219, ove, come si è detto, nonostante la sentenza n. 249/83, l'obbligatorio accertamento della peri colosità non è previsto anche all'atto dell'esecuzione della misura stessa.
È vero che il combinato disposto dell'art. 207 c.p., secondo l'interpre tazione della Cassazione (cfr. sent. 22 marzo 1977, Narciso, Foro it., Rep. 1978, voce Misure di sicurezza, n. 31), dell'art. 69 1. 26 luglio 1975 n. 354 e dell'art. 22 1. 10 ottobre 1986 n. 663 consente, al magistrato di sorveglianza, la revoca anticipata della misura di sicurezza. Ma è evi dente che altra cosa dalla possibilità di revoca anticipata è l'obbligo del l'accertamento della pericolosità sociale anche al momento dell'esecuzione.
Sembra in definitiva che, paradossalmente, la Corte costituzionale, nel momento in cui ha ritenuto di eliminare un'ingiustificata disparità di trat tamento, ne abbia invece creato un'altra. In che cosa invero si distingue la condizione del seminfermo di mente condannato per un reato, la cui pena prevista non è inferiore nel minimo a cinque anni di reclusione (art. 219, 1° comma, c.p.), da quella del seminfermo condannato per un reato meno grave? Ammesso che, nel secondo caso, il soggetto sia socialmente meno pericoloso, appare comunque non improntata a criteri di ragione volezza l'esclusione, nella prima ipotesi, di un nuovo accertamento della pericolosità, posto che il lasso di tempo trascorso dall'applicazione all'e secuzione della misura di sicurezza è, di norma, maggiore, essendo supe riore la pena inflitta, sicché non meno probabile, in astratto, pare debba ritenersi la guarigione del seminfermo, e quindi il venir meno della sua pericolosità.
Ed allora, con la stessa coerenza con la quale la Corte costituzionale non aveva esteso, nella sentenza n. 249/83, al 3° comma dell'art. 219 c.p. la dichiarazione di illegittimità dei primi due commi, posto che nel 3° comma l'obbligatorio accertamento della pericolosità sociale al mo mento dell'applicazione della misura era già previsto nella formulazione originaria della norma, ora avrebbe dovuto estendere ai primi due com mi, ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, la dichiarazione di incosti tuzionalità del 3° comma, dato che neanche in quelli è previsto il suddet to accertamento al momento dell'esecuzione della misura.
Sembrerebbe, dunque, necessario un nuovo ed organico intervento del la corte che affermi il principio che, in tutte le fattispecie di pericolosità sociale derivante da infermità o seminfermità psichica, l'accertamento della sussistenza della stessa va operato in riferimento sia al momento della commissione del fatto, sia a quello dell'applicazione della misura di sicu rezza, sia, infine, a quello della sua esecuzione.
Ma, forse, una siffatta pronuncia della Corte costituzionale risultereb be ormai superflua, se si considera il dettato di cui al 1° comma dell'art. 679 del nuovo codice di rito appena entrato in vigore: «Quando una mi sura di sicurezza diversa dalla confisca è stata ...ordinata con sentenza, o deve essere ordinata successivamente, il magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio, accerta se l'interessato è persona socialmente pericolosa e adotta i provvedimenti conseguenti...». [A. Ingroia]
li Foro Italiano — 1989.
richiedendo l'accertamento della pericolosità «con riferimento sol
tanto al momento in cui la misura (di sicurezza) viene disposta e non (anche) al momento della sua esecuzione» — un'interpreta zione alla quale, anche per le funzioni di nomofilachia proprie
dell'organo di provenienza, non vi è ragione che questa corte ne
contrapponga altra — la questione in esame conserva integra la
rilevanza inizialmente ravvisata dalla Corte di cassazione.
Una volta chiarito che la norma di cui si deve fare applicazione nel caso di specie porta tuttora a considerare esaurito l'accerta
mento della pericolosità sociale «al momento in cui la misura
di sicurezza della casa di cura e di custodia viene disposta dal
giudice di cognizione», la richiesta declaratoria di illegittimità co stituzionale dell'art. 219, 3° comma, c.p., nella parte che omette
di prevedere l'accertamento della stessa pericolosità anche al mo
mento dell'esecuzione della misura, priverebbe del carattere di
definitività l'accertamento compiuto dal giudice di cognizione, con
dizionandone il concreto operare ad un ulteriore accertamento
da compiere «al momento dell'esecuzione».
3. - Ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata violereb
be l'art. 3 Cost.: e ciò sia sotto il profilo dell'«arbitrarietà», in
quanto la mancata previsione di un nuovo accertamento all'inizio
dell'esecuzione «non esprime esigenze di tutela, discrezionalmen
te riservate al legislatore», sia sotto il profilo dell'«ingiustificata
disparità di trattamento che essa comporta rispetto all'ipotesi di
cui ai commi 1° e 2° dell'art. 219», oltreché «rispetto a quella, del tutto analoga, prima disciplinata» dal 2° comma dell'art. 204,
quali risultano in seguito alle rispettive declaratorie di illegittimi tà costituzionale pronunciate da questa corte con la sentenza n.
249 del 1983 (id., 1983, I, 2337), avvalendosi della ratio deciden di già posta a base della sentenza n. 139 del 1982 (id., 1982,
I, 2109), avente per oggetto le norme relative all'accertamento
della pericolosità sociale derivante da totale infermità di mente.
4. - In effetti — proprio muovendo dalla constatazione che «la presunzione di persistenza, al momento dell'applicazione del la misura di sicurezza della casa di cura e di custodia, della con
dizione di seminfermità psichica accertata rispetto all'epoca del
fatto, risulta irragionevole, ben potendo tale condizione aver su bito nel frattempo» (e, cioè, nell'intervallo temporale, di regola non breve, che separa «il momento cui è riferito l'accertamento della seminfermità psichica» da «quello in cui viene applicata la
misura di sicurezza, la quale è, per definizione, finalizzata anche alla cura») «una positiva evoluzione fino alla completa guarigio ne» — questa corte, con la sentenza n. 249 del 1983, ha dichiara to illegittimi sia il 1° sia il 2° comma dell'art. 219, nonché il 2° comma dell'allora vigente art. 204, «nella parte in cui non
subordinano il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia dell'imputato condannato ad una pena diminuita
per cagione di infermità psichica... al previo accertamento da parte del giudice della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima, al tempo dell'applicazione della misura di sicurezza».
Le ipotesi allora prese in esame apparivano caratterizzate tutte, prima che dalla presunzione di persistenza della pericolosità so ciale conseguente all'infermità psichica, dalla presunzione assolu ta di tale pericolosità, prevista, in via generale, dal periodo ini ziale del 2° comma dell'art. 204 e, in via specifica, dai primi due commi dell'art. 219 c.p. Con il che si differenziavano sensi bilmente dall'ipotesi ora in esame, caratterizzata si dalla presun zione di persistenza della pericolosità sociale derivante dalla se minfermità psichica, ma non anche dalla presunzione assoluta di tale pericolosità, dovendosi, nel caso previsto dal 3° comma del l'art. 219, addivenire sempre al concreto accertamento della qua lità di persona socialmente pericolosa («se... risulta che il con dannato è persona socialmente pericolosa», dispone sin dal 1930 tale comma).
Dopo che l'art. 31 1. 10 ottobre 1986 n. 663 — abrogando l'intero art. 204 c.p. e prescrivendo tassativamente che «Tutte le misure di sicurezza personale sono ordinate previo accertamen to che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente
pericolosa» — ha opportunamente cancellato dal nostro ordina mento i «casi espressamente determinati», nei quali, ai sensi del l'art. 204, 2° comma, c.p., la qualità di persona socialmente peri colosa era «presunta dalla legge», ogni differenza di ordine con cettuale tra l'ipotsi disciplinata dal 3° comma dell'art. 219 e le
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ipotesi disciplinate dai due commi precedenti, già dichiarati ille
gittimi in parte qua, si può ben dire venuta meno.
La reiterazione dell'accertamento, che sola consente di far fronte
all'esigenza di verificare l'effettivo persistere della pericolosità so
ciale derivante dalla seminfermità psichica anche nel momento
dell'applicazione e, quindi, della concreta esecuzione della misura
di sicurezza, si impone, pertanto, pure nei casi in cui la misura
di sicurezza della casa di cura e di custodia sia prevista dall'art.
219. 3° comma, c.p. E vi si impone, anzi, a maggior ragione, data la minor gravità che i reati cui tale comma si riferisce pre sentano rispetto ai delitti presi in considerazione dagli altri due
commi dello stesso art. 219.
5. - Anche il 3° comma dell'art. 219 c.p. va, dunque, dichiara
to illegittimo, nella parte in cui, per i casi ivi previsti, subordina
il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia
al previo accertamento della pericolosità sociale, derivante dalla
seminfermità di mente, soltanto nel momento in cui la misura
di sicurezza viene disposta e non anche nel momento della sua
esecuzione. Un accertamento che, secondo il nuovo riparto delle
competenze risultante dall'art. 69 1. 26 luglio 1975 n. 354, in ulti
mo sostituito ad opera dell'art. 21 1. 10 ottobre 1986 n. 663,
e ripreso dall'art. 679 nuovo c.p.p., è da intendersi demandato
non più al giudice dell'esecuzione bensì al magistrato di sorve
glianza (si veda, in particolare, il 4° comma dell'attuale testo del
l'art. 69, come pure il 1° comma dell'art. 679 del nuovo codice).
Il tutto in stretta sintonia con la competenza a disporre la revoca
anticipata delle misure di sicurezza, che, dopo la declaratoria di
illegittimità del 2° e del 3° comma dell'art. 207 c.p. (v. sentenza
n. 110 del 1974, id., 1974, I, 1558), l'art. 69 1. 26 luglio 1975 n. 354 aveva inizialmente affidato al giudice di sorveglianza, cui,
in forza della sostituzione operata dall'art. 22 1. 10 ottobre 1986
n. 663, è ora subentrato il magistrato di sorveglianza.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 219, 3° comma, c.p., nella parte in cui,
per i casi ivi previsti, subordina il provvedimento di ricovero in
una casa di cura e di custodia al previo accertamento della peri
colosità sociale, derivante dalla seminfermità di mente, soltanto
nel momento in cui la misura di sicurezza viene disposta e non
anche nel momento della sua esecuzione.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 novembre 1988, n. 1011
{Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 novembre 1988, n. 45);
Pres. Saja, Est. Baldassarre; Pres. cons, ministri (Aw. dello
Stato Maialoni) c. Provincia autonoma di Bolzano (Aw. Pa
nunzio).
Trentino-Alto Adige — Provincia autonoma di Bolzano — Assi
stenza sanitaria integrativa — Determinazione delle quote di
rimborso — Competenza della giunta provinciale — Presunta
violazione di normativa statale — Questione infondata di costi
tuzionalità (D.p.r. 31 agosto 1972 n. 670, approvazione del te
sto unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto spe
ciale per il Trentino-Alto Adige, art. 5, 9; 1. 23 dicembre 1978
n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 3, 53,
57; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, finanziamento del servizio
sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle
pubbliche amministrazioni in base alla 1. 1° giugno 1977 n.
285, sull'occupazione giovanile, art. 5; 1. 29 febbraio 1980 n.
33, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicem
bre 1979 n. 663, art. 1; prov. Bolzano 2 gennaio 1981 n. 1,
disciplina del servizio sanitario provinciale, art. 27).
È infondata la questione di legittimità costituzionale della l. prov. Bolzano riapprovata il 15 gennaio 1982, nella parte in cui auto
rizza la giunta provinciale a determinare e rivedere annualmen
te le quote di rimborso delle prestazioni di assistenza sanitaria
integrativa che possono essere concesse dal servizio sanitario
provinciale, nel rispetto dei limiti previsti dall'art. 5, 1° comma,
Il Foro Italiano — 1989.
lett. e), d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito, con modifica
zioni, nella l. 29 febbraio 1980 n. 33, con cui il legislatore sta
tale ha fissato le condizioni di uniformità e di eguaglianza per
le suddette prestazioni, in riferimento agli art. 5 e 9, n. 10,
dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. (1)
Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale che
il presidente del consiglio dei ministri pone con il ricorso intro
duttivo del presente giudizio riguarda la legge della provincia au
tonoma di Bolzano, riapprovata il 15 gennaio 1982, dal titolo
«assistenza sanitaria integrativa», la quale ad avviso del ricorren
te, contrasterebbe con gli art. 5 e 9 statuto Trentino-Alto Adige
(d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670), in relazione all'art. 5, 1° comma,
lett. e), d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito nella 1. 29 feb
braio 1980 n. 33. E ciò in quanto quest'ultimo articolo, nell'an
corare l'assistenza sanitaria integrativa ai livelli delle prestazioni
ordinarie già erogate dalla cassa mutua della provincia di Bolza
no al 31 dicembre 1979, conterrebbe uno dei «principi stabiliti
dalle leggi dello Stato» che costituiscono un limite per la potestà
legislativa provinciale ai sensi degli art. 5 e 9, n. 10, dello statuto
regionale. 2. - Il ricorso non merita accoglimento.
Va premesso, innanzitutto, che l'art. 5, 1° comma, lett. e),
d.l. n. 663 del 1979 non può essere interpretato in uno dei sensi
prospettati dalle parti in giudizio. In realtà, la suddetta disposi
zione si collega direttamente agli obiettivi generali posti dagli art.
3, 53 e 57 1. 23 dicembre 1978 n. 833 (legge istitutiva del servizio
sanitario nazionale), essendo rivolta all'unificazione delle presta
zioni sanitarie — in ipotesi di quelle di natura integrativa — da
garantirsi a tutti i cittadini. Malgrado l'evidente carattere di nor
ma transitoria, tale disposizione, contrariamente a quanto soste
nuto dalla provincia resistente, esprime un principio fondamenta
le, secondo il quale l'erogazione dell'assistenza sanitaria integra
tiva deve avvenire in condizioni di uniformità e di eguaglianza
su tutto il territorio nazionale: un principio che è direttamente
collegato alla garanzia di un diritto sociale di tipo inviolabile (v.
sent. nn. 88 del 1979, Foro it., 1979, I, 2542 e 184 del 1986,
id., 1987, I, 2346), qual è il diritto all'assistenza sanitaria (art.
(1) Come si legge in motivazione, la questione è dichiarata infondata
in quanto, sulla base dell'interpretazione che la corte offre della normati
va impugnata, la revisione annuale delle quote di rimborso delle presta zioni sanitarie operabili dalla provincia di Bolzano non può eccedere i
limiti della variazione in aumento, accertata dall'Istat, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno
precedente. In tal senso, la decisione appare «correttiva» dell'interpreta
zione della norma impugnata quale prospettata dal ricorrente.
In materia, v., successivamente alla presente, Corte cost. 21 marzo 1989,
n. 138, Foro it., 1989, I, 1727, con nota di richiami, che ha dichiarato
illegittima una legge regionale della Valle d'Aosta con la quale detta re
gione autonoma poneva a proprio carico le quote di partecipazione alla
spesa per prestazioni farmaceutiche dovute dagli assistiti iscritti al servi
zio sanitario nazionale: in quella sede la corte ha affermato il diritto,
già implicito in questa pronuncia, secondo il quale una siffatta previsione
regionale sarebbe in contrasto col principio della legislazione statale che
sancisce la partecipazione a carico degli assistiti al fine del contenimento
della spesa pubblica in materia sanitaria. In dottrina, v. Pegoraro, Tic
kets sanitari e potestà legislativa delle regioni (tra principio d'uguaglian
za, grandi riforme e limiti di spesa), in Regioni, 1987, 493.
In ordine al principio enunciato in motivazione e secondo il quale l'e
rogazione dell'assistenza sanitaria integrativa deve avvenire in condizioni
di uniformità e di eguaglianza su tutto il territorio nazionale, e come
tale ritenuto «diritto sociale di tipo inviolabile», cfr. Corte cost. 31 di
cembre 1986, n. 294, Foro it., 1987, I, 2346, con nota di richiami, e
commentata da Mor, in Regioni, 1987, 463. In dottrina, più in generale, v. Pastori, La sanità fra legislazione statale e amministrazione regionale,
id., 1989, 324; Michilu, La programmazione sanitaria nel quadro delle
funzioni e dei compiti affidati allo Stato, alle regioni e ai comuni dalla
l. 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, in
Trib. amm. reg., 1986, II, 281.
In ordine all'asserita caducazione dell'efficacia dell'art. 5 d.l. 663/79
a seguito dell'entrata in vigore dell'accordo nazionale 22 febbraio 1980,
approvato con d.p.r. 16 maggio 1980 in base all'art. 48 1. 833/78, cfr.
Tar Abruzzo 10 ottobre 1985, n. 422, Foro it., Rep. 1986, voce Sanità
pubblica, n. 193.
In riferimento alla 1. prov. Bolzano 2 gennaio 1981 n. 1, v. Cons.
Stato, sez. V, 12 settembre 1986, n. 439, ibid., n. 116; 30 ottobre 1984,
n. 775, id., Rep. 1985, voce Trentino-Alto Adige, n. 99.
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