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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 13 febbraio 1989; Pres. Aiello, Est....

Date post: 30-Jan-2017
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sentenza 13 febbraio 1989; Pres. Aiello, Est. Paolini; Castiello d'Antonio (Avv. Bonanni, Luceri) c. Istituto medico e di ricerca scientifica (Avv. Gagliardini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 2605/2606-2611/2612 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184862 . Accessed: 28/06/2014 13:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 13:57:59 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 13 febbraio 1989; Pres. Aiello, Est. Paolini; Castiello d'Antonio (Avv. Bonanni, Luceri)c. Istituto medico e di ricerca scientifica (Avv. Gagliardini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 2605/2606-2611/2612Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184862 .

Accessed: 28/06/2014 13:57

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

«ai fini del riconoscimento o meno dell'immunità tributaria dello

Stato straniero, o di un altro soggetto di diritto internazionale,

non è decisiva la distinzione tra attività esercitata iure imperii

e attività esercitata iure gestionis, ma ciò che rileva è esclusiva

mente il carattere funzionale dell'attività esercitata, per cui l'im

munità tributaria . . . deve essere . . . riconosciuta rispetto alle

attività che — ... qualunque sia lo strumento materiale o giuri

dico in concreto adoperato — siano preordinate all'attuazione

di finalità pubblicistiche proprie dello Stato straniero o di altro

ente di diritto internazionale». L'attività di costruzione di ospe

dali, strumento indispensabile per la prestazione di assistenza ospe

daliera in favore degli infermi, è stata, pertanto, ritenuta tale

da privare di ogni rilevanza la natura indubbiamente privatistica

del mezzo adoperato per realizzarla, e cioè del contratto di mu

tuo diretto a reperire i fondi necessari.

Più rencentemente, peraltro, le stesse sezioni unite hanno im

plicitamente affermato che la distinzione tra attività pubblica e

attività privata del soggetto internazionale, ai fini della giurisdi

zione, dev'essere effettuata in base alla natura dell'atto e non

in base alle finalità con esso perseguite (sez. un. 7076/83, id.,

1984, I, 947). Ed ancora più recentemente, esse hanno puntualiz

zato che il rapporto di strumentalità, corrente tra l'attività di cui

si rivendica l'immunità dalla giurisdizione ed i fini istituzionali dell'ente sovrano, dev'essere tale che la prima s'inserisca diretta

mente nell'organizzazione pubblicistica dell'ente stesso, mentre esso

non vale a fondare l'immunità le quante volte l'attività in que

stione sia . . . strumentale a fornire i mezzi dell'attuazione di quei

fini, in quanto esplicata con attività negoziale di diritto privato,

quale potrebbe essere, ad esempio, quella diretta a reperire i loca

li necessari all'attività pubblica (affittati) o a far reperire o frut

tare i mezzi finanziari sul mercato del danaro (mutui, depositi

fruttiferi, ecc.).

Le, alquanto travagliate, linee di svolgimento giurisprudenziale

qui appena accennate s'inseriscono, a loro volta, in un vivace

dibattito dottrinale che, per un verso, riguarda lo stesso ricono

scimento di soggetto internazionale sovrano in capo all'Ordine

di Malta (non toccato dal travaglio della giurisprudenza di questa

corte e tuttavia fatto segno di aspre critiche da non pochi studio

si) e, per altro e più generale verso, riguarda l'utilizzabilità della

categoria dommatica dei «negozi di funzione» come criterio d'in

dividuazione dell'attività dei soggetti internazionali immune dalla

giurisdizione del foro; a tanto intrecciandosi il dibattito ulteriore

circa l'esigenza di contenere l'estensione del principio di immuni

tà dalla giurisdizione entro i limiti che ne evitano una stridente

contraddizione con principi propri del moderno Stato di diritto

quali quelli desumibili dall'art. 24 Cost, o quelli attinenti alla

«giustiziabilità» delle posizioni soggettive dei lavoratori. Anche di tale dibattito è dato cogliere un'eco nella giurisprudenza di

questa corte: cosi sez. un. 5399/82 (id., 1982, I, 2976) ricorda

in motivazione che l'ordinamento costituzionale italiano «si con

forma alle norme del diritto internazionale generalmente ricono

sciute (art. 10/1 Cost.) ma impone il necessario coordinamento

delle immunità giurisdizionali, eventualmente accordate a Stati

e organizzazioni extranazionali, con il principio della tutela in

giudizio dei diritti e degli interessi legittimi dei cittadini, sancito dall'art. 24 Cost.»; e sez. un. 4512/77 (id., Rep. 1977, voce Giu

risdizione civile, n. 52) richiama la «convenzione di Basilea del

16 maggio 1972 (entrata in vigore nel 1975 con raggiungimento

del numero minimo di ratifiche, alla negoziazione della quale l'I

talia ha partecipato pur non avendola ancora ratificata) quale

documento ricognitivo dell'evoluzione del diritto internazionale

consuetudinario», ricordando come il preambolo della stessa ten

ga conto «della tendenza manifestata nel diritto internazionale

a restringere i casi nei quali uno Stato può invocare l'immunità

davanti ai tribunali stranieri e, nella specifica materia, nega l'im

munità (art. 5) quando si tratta di 'contratto di lavoro concluso

fra uno Stato ed una persona fisica, se il lavoro dev'essere com

piuto nello Stato del foro' tranne che il lavoratore abbia la nazio

nalità dello Stato straniero convenuto».

3. - Se quello ora accennato rappresenta il quadro entro il qua

le si sono collocate le contrapposte argomentazioni delle parti,

queste sezioni unite ritengono tuttavia che le circostanze di fatto

relative al rapporto dedotto in causa (all'esame delle quali la cor

te è chiamata dal particolare ufficio esercitato quale regolatrice

della giurisdizione) offrano sufficienti elementi per risolvere la

proposta questione di giurisdizione prescindendo dall'approfon

dimento della problematica sopra-indicata.

Il Foro Italiano — 1990.

Né, d'altro canto, le sezioni unite, in sede di regolamento di

giurisdizione, sono vincolate ai motivi rappresentati in ricorso,

giacché questo — non costituendo un mezzo d'impugnazione —

non deve necessariamente contenere la specificazione dei motivi,

essendo sufficiente la sola esposizione dei fatti di causa rilevanti

per la decisione (sez. un. 4992/83, id., Rep. 1983, voce cit., n.

152; 6441/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 197; 1543/77, id., Rep. 1977, voce cit., n. 119).

Orbene, risulta dagli atti allegati al fascicolo del ricorso n.

6355/84, anch'esso relativo a regolamento di giurisdizione solle

vato in una causa tra altro lavoratore e l'Acismom e la cui di

scussione ha avuto luogo unitamente a quella del presente regola

mento, che l'istituto «San G.B. Battista» (alle dipendenze del quale

prestava la propria opera la Caroselli) ha stipulato, rappresentato

dal commissario magistrale pro tempore dell'Acismom, una con

venzione con la regione Lazio, nella quale, tra l'altro, «s'impe

gna ad applicare nei confronti del personale le norme dello statu

to dei lavoratori e dei contratti collettivi di lavoro» (art. 2, ulti

mo comma, convenzione 6 dicembre 1977).

Tale impegno implica l'accettazione della giurisdizione del giu

dice italiano, da parte del soggetto di diritto internazionale stipu

lante, e quindi integra la correlativa rinuncia dello stesso all'im

munità giurisdizionale in ipotesi spettategli, in relazione a tutte

le controversie che investono i rapporti di lavoro del personale

dipendente dal suddetto istituto «San G.B. Battista», ivi compre

sa la Caroselli.

Se infatti è vero che «appare del tutto irrilevante, in ordine

alla questione della giurisdizione, il fatto che il rapporto sia stato

regolato anche con riferimento alle norme vigenti in Italia» (cosi

sez. un. 3803/74, id., 1975, I, 592), non è però irrilevante che,

in ordine ad un dato rapporto (o ad una serie di rapporti), il

soggetto internazionale dichiari di accettare che al rapporto (o

ai rapporti) si applichi un'intera legge dello Stato italiano conte

nente, tra l'altro, norme processuali che specificamente prevedo

no una speciale procedura giudiziaria (tale è il caso del c.d. statu

to dei lavoratori con riguardo all'art. 28 di esso) e quindi un

particolare intervento della giurisdizione dello Stato italiano.

In tal caso, l'accettazione della giurisdizione del giudice italia

no non pare contestabile, cosi come, del resto, queste sezioni uni

te hanno ritenuto in fattispecie nelle quali pure una tale accetta

zione non derivava dal richiamo di uno speciale procedimento

giudiziario previsto dalle leggi processuali dello Stato (cfr. sez.

un. 2173/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 42; 110/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 36).

La difesa dell'Acismom ammette, d'altronde, esplicitamente che

l'immunità giurisdizionale possa essere validamente rinunciata, li

mitandosi a contestare in fatto che una tale rinuncia abbia avuto

luogo, senza però esaminare la portata della clausola di conven

zione sopra riportata e certamente applicabile al rapporto in que

stione.

Pertanto, ritenuto che nella specie v'è stata valida rinuncia al

l'immunità giurisdizionale da parte dell'Acismom, deve dichia

rarsi la giurisdizione del giudice italiano rimanendo superato in

radice ogni altro profilo della questione.

II

(Omissis)

CORTE D'APPELLO DI ROMA; sentenza 13 febbraio 1989;

Pres. Aiello, Est. Paolini; Castiello d'Antonio (Avv. Bonan

ni, Luceri) c. Istituto medico e di ricerca scientifica (Avv. Ga

GLIARDINl).

CORTE D'APPELLO DI ROMA;

Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il pe

nale) e pregiudizialità penale — Danno da reato — Amnistia

— Rapporto tra giudizio penale e civile (Cod. civ., art. 2043;

cod. pen., art. 151; 1. 3 agosto 1978 n. 405, delega al presiden

te della repubblica per la concessione di amnistia e di indulto

e disposizioni sull'azione civile in seguito ad amnistia, art. 12).

Responsabilità civile — Ingiuria e diffamazione — Fattispecie

(Cod. civ., art. 2043; cod. pen., art. 594, 595).

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2607 PARTE PRIMA 2608

L'intervenuta estinzione del reato in seguito ad amnistia non pre

giudica la competenza del giudice civile a pronunciarsi sull'e

ventuale azione risarcitoria esperita dalla vittima. (1) Ai fini del risarcimento del danno, la configurabilità dei reati

di ingiuria e diffamazione deve essere valutata tenendo conto

del significato oggettivo del comportamento del presunto of

fensore, e non della suscettibilità di colui che si ritiene offeso (nella specie, non è stata ritenuta offensiva la missiva con cui,

esprimendosi in termini tecnici e riportando fatti e circostanze

precisi e dimostrabili, il cliente si era rifiutato di corrispondere al proprio legale un onorario ritenuto eccessivo). (2)

Svolgimento del processo. — Alfonso Castiello d'Antonio, av

vocato e docente universitario, con atto del 27 giugno 1985, citò

davanti al Tribunale di Roma la «Istituto medico e di ricerca

scientifica» s.p.a.: premesso che detta società, con una lettera

in data 15 ottobre 1984, indirizzata, oltre che ad esso istante,

per conoscenza, al consiglio dell'ordine degli avvocati e procura tori di Roma, con il pretesto, meramente strumentale, di conte

stare a posteriori la congruità di crediti professionali di cui le

era stato richiesto il soddisfacimento, e in ordine ai quali era

già intervenuto il prescritto parere della competente associazione

professionale, che in seguito sarebbe stato recepito da ingiunzio ne emessa dal presidente del Tribunale di Roma, si era lasciata andare ad affermazioni ed apprezzamenti lesivi del suo onore, della sua reputazione e della sua identità personale; deducendo

che una querela da lui immediatamente presentata, per sollecitare

la punizione in sede di giurisdizione criminale delle offese ricevu

te, era rimasta senza seguito, per essersi concluso il processo pe nale conseguentemente istituito con un provvedimento di archi

viazione in data 8 febbraio 1985; assumendo, quindi, di aver,

comunque, diritto al risarcimento del danno non patrimoniale cau

satogli dal patito attentato alla sua personalità; instò perché la

convenuta, per titolo considerato, venisse condannata a pagare una somma non inferiore a lire 50.000.000, da devolversi in favo

re della Caritas internationalis, e perché venisse, altresì', disposta l'inserzione della reclamata sentenza in tre quotidiani a diffusio

ne nazionale ai termini dell'art. 120 c.p.c. Il tribunale adito, nel contraddittorio e nella resistenza della

«Istituto medico e di ricerca scientifica» s.p.a., con sentenza n.

3913 del 26 marzo 1987, dichiarò inammissibile la pretesa risarci

toria coltivata dal Castiello d'Antonio, considerando non aver

diritto costui di perseguire in sede civile il risarcimento dei danni

connessi ai reati di ingiuria e di diffamazione asseritamente per petrati in suo pregiudizio nella tuttora persistente possibilità di

un esercizio dell'azione penale nei confronti dei presunti respon

(1) La piena facoltà del giudice civile di indagare la sussistenza in con creto degli elementi costitutivi del reato, ed eventualmente la successiva estinzione dello stesso, si colloca nell'àmbito del più ampio principio di autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale. In tal senso si è pronunciato anche Trib. Roma 27 marzo 1984, Foro it., 1984, I, 1687, con nota di Pabdolesi. In motivazione si rimanda a Cass. 18 febbraio 1982, n. 1018, id., Rep. 1982, voce Giudizio (rapporto), n. 52. V. anche Cass. 15 giugno 1987, n. 5263, id., Rep. 1987, voce cit., n. 30.

Per la dottrina, v. Zeno-Zencovich, La responsabilità civile da reato, Padova, 1989; Ferroni, Giudicato penale e giudizio civile, in Giust. civ., 1987, I, 1241; Gaito, «Electa una via» - I rapporti fra azione civile e azione penale nei reati perseguibili a querela, Milano, 1984.

(2) I concetti di onore e decoro, indicati dall'art. 594 c.p., e richiamati dal successivo art. 595, sono estremamente astratti e soggetti ad interpre tazioni diverse con il trascorrere del tempo e l'evoluzione dei costumi. Si è addirittura affermato, soprattutto nella dottrina tedesca, che un uo mo non può in alcun modo ledere il valore intrinseco di un altro uomo.

Dato l'evidente pericolo di eccessi e strumentalizzazioni in una valuta zione meramente soggettiva di ciò che lede l'onore e il decoro, dottrina e giurisprudenza si sono unanimemente orientate nel senso di considerare l'offensività alla stregua di parametri oggettivi, affermando cosi la totale ininfluenza di ogni eventuale suscettibilità a carattere idiosincratico. Cfr.

Messina, Teoria generale dei delitti contro l'onore, Roma, 1953, 73, do ve si afferma che l'unica misura dell'onore deriva dalle valutazioni sociali medie; Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, Milano, 1986, I, 157; Epstein, Libertà di manifestazione del pensiero e tutela alla repu tazione - Una critica di analisi economica del diritto alla via americana, in Dir. informazione e informatica, 1987, 825. Per la giurisprudenza, v. Trib. Roma 14 maggio 1987, Foro it., Rep. 1988, voce Ingiuria e diffa mazione, n. 28 (ed in Giur. it., 1988, II, 173); Trib. Trento 9 maggio 1986, Foro it., 1987, II, 66. Da ultimo, cfr. App. Firenze 20 settembre 1989 e Trib. Roma 10 marzo 1989, id., 1990, II, 137.

Il Foro Italiano — 1990.

sabili, da aversi per non precluso dall'intervenuto provvedimento di archiviazione ex art. 74 c.p.p.; respinse un'istanza riconven

zionale della convenuta intesa ad ottenere la condanna della con

troparte al ristoro di danni da ricollegarsi alla temeraria instaura

zione della lite; pose a carico dell'attore le spese processuali. Alfonso Castiello d'Antonio, con atto del 21 settembre 1987,

produsse appello avverso la sentenza in questione, notificatagli il 10 luglio 1987, e, citando la «Istituto medico e di ricerca scien

tifica» s.p.a. dinanzi a questa corte per il giudizio di gravame, censurò le relative statuizioni e ne sollecitò la riforma con i moti

vi di seguito analiticamente delibati. (Omissis) Motivi della decisione. — 1) Alfonso Castiello d'Antonio, con

la citazione del 27 giugno 1985, istitutiva del giudizio, ha intro dotto domande intese ad ottenere il ristoro di danni non patrimo niali che ha accampato essendo stati causati da fatti di ingiuria e di diffamazione, nonché da attentati all'identità personale a

suo dire, da lui patiti ad opera della «Istituto medico e di ricerca

scientifica» s.p.a. Il Tribunale di Roma, investito della cognizione delle pretese

in questi termini azionate, con l'impugnata sentenza n. 3913 del

26 marzo 1987, ha dichiarato inammissibile, sotto il profilo che

sarà esaminato nel paragrafo successivo, la richiesta dell'istante

di essere tenuto indenne dalle conseguenze pregiudizievoli dei su

biti fatti di ingiuria e di diffamazione. Il Castiello d'Antonio, con il primo motivo articolato per suf

fragare l'appello prodotto avverso la sentenza cennata, denuncia

che questa risulta viziata da violazione dell'art. 112, la parte,

c.p.c., perché il tribunale avrebbe completamente omesso di pro nunciare su una delle domande da lui esperite, astenendosi, in

particolare, dall'adottare una qualsiasi decisione sulla sua richie

sta, concettualmente autonoma rispetto alle altre congiuntamente

introdotte, di ristoro dei danni da ricollegarsi alla lamentata le

sione del diritto all'identità personale. La doglianza è giustificata. In proposito, va rilevato che il Ca

stiello d'Antonio, chiedendo di essere risarcito di danni consegui ti ad un fatto integrante sia i reati di ingiuria e diffamazione, sia gli estremi di un illecito civile aquiliano, suscettibile di ledere

il suo diritto all'identità personale, ha azionato nel giudizio tre

istanze che, ad onta della loro unitarietà sostanziale, sotto un

profilo concettuale vengono a configurarsi come distinte e, in certa

misura, autonome fra loro.

Nel contesto evidenziato, il primo giudice, per definire corret

tamente la vertenza sottoposta alla sua cognizione, era tenuto

a delibare tutte le istanze cennate ed a statuire sull'accoglibilità di ciascuna di esse.

La sentenza impugnata, viceversa, per quanto emerge dalla let

tura del suo testo, non ha pronunciato sulla richiesta di risarci

mento dei presunti danni derivati dall'allegato attentato all'iden

tità personale, incorrendo quindi, indiscutibilmente, nel denun

ciato vizio di omessa pronuncia. La rilevata omissione importa che la pretesa in discorso deve

essere esaminata in questa sede e che su di essa deve decidere la corte nella presente fase (cfr. Cass., sez. un., 21 novembre

1986, n. 6836, Foro it., Rep. 1986, voce Appello civile, n. 4 e voce Giurisdizione civile, n. 153).

2) La sentenza appellata ha dichiarato inammissibile la pretesa di Alfonso Castiello d'Antonio indirizzata ad ottenere la rifusio

ne di presunti danni connessi ad asseriti episodi delittuosi di in

giuria e di diffamazione sul ritenuto presupposto che, nella non

sopraggiunta estinzione dei reati e nella conseguentemente non

intervenuta preclusione dell'azione penale, la cognizione di tale

domanda dovesse intendersi sottratta al giudice civile e riservata

a quello penale. Il Castiello d'Antonio, con il secondo, fin troppo prolissamen

te articolato, motivo del suo gravame, critica la decisione in tal

guisa adottata dal tribunale, sostenendo ricorrere nella fattispecie tutte le condizioni perché la sua istanza di cui trattasi possa esse

re delibata nel merito nel presente giudizio. Il mezzo appare fondato. Ed invero, a prescindere da qualsiasi

altra, pur fattibile, considerazione — ed in proposito, cfr., fra

l'altro, Cass., sez. Ili, n. 102 dell' 11 gennaio 1982 (id., Rep. 1982, voce Giudizio (rapporto), n. 56) —, giova osservare che iì reati

indicati come fonte dell'obbligazione risarcitoria in discussione

ricadono, incontestatamente, tanto sotto i profili oggettivo e sog gettivo, quanto dal punto di vista cronologico, nell'ambito di ope ratività del provvedimento di amnistia promulgato con d.p.r. 16

dicembre 1986 n. 865, e, pertanto, allo stato, a mente dell'art.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

151, 1° comma, c.p., risultano estinti (e tali erano anche nella

data della pronuncia della sentenza di primo grado: cfr., in meri

to, Cass., sez. II, n. 3886 del 29 giugno 1985, id., Rep. 1985, voce Prescrizione e decadenza, n. 116 e voce Sentenza civile, n. 29).

Ciò posto, la vertenza, sotto l'aspetto che qui interessa, deve

essere definita facendo applicazione del principio, pacifico nella

giurisprudenza, per il quale il giudice civile, nell'intervenuta estin

zione del reato, è competente a pronunciare, con cognizione pie

na, sull'eventuale azione risarcitoria esperita dalla vittima dello

stesso (cfr., in tal senso, Cass., sez. I, n. 1018 del 18 febbraio

1982, id., Rep. 1982, voce Assicurazione (contratto), n. 140 e

voce Giudizio (rapporto), n. 52). Di conseguenza, l'esaminata pretesa dell'appellante va ricono

sciuta per senz'altro ammissibile.

3) Le considerazioni sviluppate nei due precedenti paragrafi apro no la strada alla delibazione nel merito delle domande azionate

da Alfonso Castiello d'Antonio.

In funzione di una corretta decisione sul tema è indispensabile, innanzi tutto, una ricostruzione delle vicende dalle quali è scatu

rita la lite e che costituiscono l'oggetto di questa. Il Castiello d'Antonio, come detto esercente la professione di

avvocato, nel mancato soddisfacimento di un suo credito relativo

a prestazioni professionali da lui eseguite in favore della «Istituto

medico e di ricerca scientifica» s.p.a., intendendo agire nei con

fronti della cliente, ai sensi dell'art. 633, 1° comma, n. 2, c.p.c.,

per ottenere il pagamento del compenso spettantegli, chiese il pre

scritto parere del consiglio dell'ordine degli avvocati e procurato ri di Roma, di cui all'art. 636, 1° comma, del codice di rito,

e, ottenutolo, ne comunicò alla controparte il contenuto, eviden

temente rinnovellando precedenti sollecitazioni di pagamento con

un telegramma in data 5 ottobre 1984.

La «Istituto medico e di ricerca scientifica» s.p.a. replicò a

tale richiesta con una nota del 15 ottobre 1984, indirizzata, oltre

che all'attuale appellante, per conoscenza, al consiglio dell'ordine

degli avvocati e procuratori di Roma, del tenore testuale di segui

to riportato. «Riscontriamo il suo telegramma in data 5 c.m., e ci premuria

mo sottoporre alla sua cortese attenzione e riflessione quanto segue:

1) Il fatto che il consiglio dell'ordine avvocati di Roma abbia

considerato congrua la sua parcella, non esclude affatto che il

Tribunale di Roma, in caso di ns. opposizione ad un suo even

tuale decreto ingiuntivo, proceda alla liquidazione secondo tarif

fa degli onorari da lei richiesti.

2) A seguito di sua sollecitazione, nelle procedure, indicate nel

la sua parcella, vennero nominati altri difensori nelle persone del

l'aw. prof. Francesco Vassalli e dell'aw. Sandro Fiorentini, quan

do sarebbe potuta essere più che sufficiente l'opera di un solo

professionista.

Tuttavia, lei ha predisposto una notula che si riferisce all'inte

ro complesso delle prestazioni, senza precisarci quali siano le pre

stazioni eseguite da lei e quali le prestazioni eseguite dagli altri

suoi colleghi. Il che, ci pare, è imprescindibile perché ciascun pro

fessionista va compensato in relazione all'opera propria ed il cliente

non può pagare uno dei professionisti per le prestazioni eseguite

da un altro.

3) Fermo quanto sopra, nella sua parcella, con rigurado a tutte

le prestazioni in materia civile, sia stragiudiziale che giudiziale,

per la determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari

di avvocato, ella ha attribuito alle pratiche un valore di lire 1.500

milioni che corriponde al capitale della IM. E. RS.

Il che è decisamente erroneo.

Infatti, per quanto concerne le prestazioni stragiudiziali civili,

la materia riguardava la «legittimità» dell'operato del cessato am

ministratore, l'iniziativa che la società avrebbe dovuto assumere

nei di lui confronti, la convocazione di adunanze consiliari o as

sembleari.

Ciò stante, posto che non si tratta di somme di denaro o di

beni qualificabili in una corrispondente somma di denaro, il va

lore non può non essere indeterminabile. In conseguenza, a ter

mini di tariffa forense, le pratiche debbono considerarsi aventi

un valore compreso fra le lire 3 milioni e le lire 10 milioni.

Noi, tuttavia, abbiamo ricalcolato gli onorari come se le prati

che avessero presentato — ma a noi non sembra — questioni

di particolare importanza e difficoltà, e quindi come aventi un

valore compreso tra le lire 50 milioni e le lire 100 milioni.

Applicando detto criterio ed escludendo voci (ad es.: ricerche

Il Foro Italiano — 1990.

giurisprudenziali che dovrebbero essere comprese nella voce «esa

me e studio»; memorandum varii) da lei esposte ma prive di ri

scontro nella tariffa e comunque indicanti prestazioni da noi mai

richieste, ne è risultato un ammontare di lire 8.893.500, compren sive del 10% per rimborso forfetario delle spese.

4) La stessa osservazione è da farsi per quanto concerne le pre stazioni in materia giudiziale civile.

Infatti, i tre procedimenti ex art. 700 c.p.c. riguardavano: l'ini

bizione di assemblee e l'emissione di certificati azionari per l'im

porto di lire 100 milioni. Applicando gli onorari (nel massimo) e i diritti previsti per le pratiche aventi un valore di lire 100 milio ni è risultato che gli onorari e i diritti ammontano rispettivamente

per B/l lire 700.000 e lire 378.900 per B/2 lire 700.000 e lire 343.200 per B/3 lire 700.000 e lire 327.200

con un totale, previa l'aggiunta delle spese in lire 500.000 (co me da lei indicate) di lire 3.649.300.

5) Per quanto riguarda le prestazioni in materia stragiudiziale

penale, le rammentiamo che ella, di sua iniziativa e senza inter

pellare previamente né gli organi della società né gli altri profes sionisti nel frattempo incaricati, redasse una denuncia penale che

il consiglio di amministrazione, appena avutane da lei notizia,

escluse nettamente fosse opportuno presentare.

6) Sulla base di quanto sopra chiarito, e sempre fermo che

lei deve precisarci, sotto la sua responsabilità, se l'opera richiesta

dalle varie pratiche è stata prestata solo da lei (considerato che

la Sua parcella la prevede nella totalità) e per nulla dagli altri

professionisti, la società sarebbe sua debitrice: per le prestazioni sub A di lire 8.893.500, per le prestazioni sub B di lire 3.649.300,

per un totale di lire 12.542.800; dalle quali occorre detrarre il versamento in conto di lire

5.000.000, per cui residuano lire 7.542.800.

La società, pertanto, si dichiara disposta a pagare, alle condi

zioni sopra precisate, la somma ora indicata.

Chiaramente, questo atto, che è di pura buona volontà, perde rà ogni valore nel caso lei ci costringesse a proporre opposizione a un suo decreto ingiuntivo e a far valere ogni ns. ragione.

Distinti saluti». Il Castiello d'Antonio, ravvisando nella missiva in argomento

insopportabili offese al suo onore, alla sua reputazione, nonché

alla sua identità personale — dopo aver visto archiviata, ai termi

ni dell'art. 74 c.p.p., una querela presentata per presunti reati

di cui agli art. 594 e 595 c.p. contro l'estensore dello scritto —

reclama in questa sede dalla società appellata il ristoro di danni

non patrimoniali che ha asserito essergli stati provocati, nell'im

porto di almeno lire 50.000.000, dal patito oltraggio.

La corte ritiene la pretesa cosi dispiegata assolutamente desti

tuita di fondamento.

In linea di principio, giova rilevare, in consonanza con la più

autorevole e classica dottrina giuspenalistica, che con riguardo

a fatti integranti attentato alla personalità degli individui ed im

portanti lesione del sentimento del proprio valore sociale che ap

partiene a ciascun uomo, ciò che conta, ai fini del giudizio da

darsi sul disvalore giuridico dei fatti stessi, è il significato oggetti

vo del comportamento del presunto offensore, il senso, cioè, che

le parole e gli atti di lui hanno secondo l'opinione della generalità

delle persone, senza che possa essere presa in considerazione l'e

ventuale particolare suscettibilità di colui che si assume offeso.

Orbene, la missiva della «Istituto medico e di ricerca scientifi

ca» s.p.a. più sopra richiamata, se valutata alla stregua del crite

rio enunciato e se correttamente e ragionevolmente interpretata

sulla scorta delle regole di emeneutica dettate per l'interpretazio

ne degli atti dagli art. 1362 s.s. c.c. — e segnatamente secondo

il criterio della buona fede, di cui all'art. 1366 c.c. —, non appa

re minimamente offensiva nei confronti del destinatario, né nelle

singole proposizioni in essa contenute, né, tanto meno, nel suo

complesso.

Quanto a quest'ultimo, sembra palese che lo scritto in questio

ne, per qualsiasi lettore che voglia restare spassionato, non si con

figura altrimenti che come una pacata, e civile, contestazione di

una ricevuta richiesta di pagamento di un debito, fatta mediante

argomentate obiezioni relative al quantum della somma avversa

riamente pretesa. Per ciò che concerne, poi, l'esame analitico delle singole pro

posizioni denunciate come specificamente offensive, non può non

osservarsi che solo una inammissibile forzatura, se non uno stra

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2611 PARTE PRIMA 2612

volgimento, del senso letterale delle parole può portare a leggere nella frase «A seguito di sua sollecitazione, nelle procedure indi

cate nella sua parcella vennero nominati altri difensori... quando sarebbe potuta essere più che sufficiente l'opera di un solo pro fessionista», di per sé integrante una ragionevole rimostranza, l'at

tribuzione del fatto di aver agito in interessata combine con altri

professionisti; ovvero, nella proposizione «Tuttavia, lei ha predi

sposto una notula che si riferisce all'intero complesso delle pre stazioni, senza precisarci quali siano le prestazioni eseguite da

lei e quali le prestazioni eseguite dai suoi colleghi. Il che, ci pare, è imprescindibile perché ciascun professionista va compensato in

relazione all'opera propria ed il cliente non può pagare uno dei

professionisti per le prestazioni eseguite da un altro» l'accusa di

aver ricompreso, fraudolentemente e con un deprecabile «truc

chetto», prestazioni personalmente non svolte nella presentata ri

chiesta di pagamento; oppure ancora a ravvisare l'ingiuria di «truf fatorello aduso a mezzucci di bassa lega per spuntare qualche

migliaio di lire in più» nell'espressione «... escludendo voci da

lei esposte ma prive di riscontro nella tariffa e comunque indi

canti prestazioni da noi mai richieste»; o, da ultimo, a riscontra

re una qualche portata oltraggiosa, o anche semplicemente la ma

nifestazione di una mancanza di rispetto, nella frase «... le ram

mentiamo che ella, di sua iniziativa e senza interpellare previamente né gli organi della società, né gli altri professionisti nel frattempo incaricati, redasse una denuncia penale che il consiglio di ammi

nistrazione, ..., escluse nettamente fosse opportuno presentare». Nel contesto evidenziato, deve escludersi in radice l'esistenza

del fatto illecito indicato come fonte del danno revocato in di

scussione, e, perciò, la considerata domanda risarcitoria deve es

sere rigettata siccome infondata.

Si impone, prima di concludere, una riflessione conclusiva.

La richiesta di ristoro del presunto danno non patrimoniale da ricollegarsi all'accampata lesione del diritto all'identità perso nale va tenuta per immeritevole di ingresso anche perché, non

afferendo l'istanza a risarcimento del pregiudizio conseguito ad

illecito di rilievo penale, per il combinato disposto degli art. 2059

c.c. e 185, cpv., c.p., non sarebbe comunque consentito far luo

go a rifusione di danni c.d. «morali» (cfr., in terminis, Cass., sez. un., n. 6651 del 6 dicembre 1982, id., 1983, I, 1630, nonché Trib. Roma 15 novembre 1983, id., 1985, I, 281).

6) In definitiva, la sentenza appellata va riformata, dichiaran

do le domande introdotte da Alfonso Castiello d'Antonio con la citazione del 27 giugno 1985, istitutiva del giudizio, non già inammissibili in rito, ma infondate nel merito. (Omissis)

TRIBUNALE DI RIETI; sentenza 11 maggio 1990; Pres. Chiat

telli, Est. Canzio; Persio (Avv. Martorana) c. Comune di Rieti (Aw. Felizxani).

TRIBUNALE DI RIETI;

Domicilio, residenza e dimora — Domanda di accertamento po sitivo della residenza — Improponibilità (Cod. civ., art. 43; 1. 24 dicembre 1954 n. 1228, ordinamento delle anagrafi della

popolazione residente).

È improponibile, per difetto di interesse, la domanda di accerta

mento giudiziale della residenza, indipendentemente dal riferi mento e collegamento di essa ad altri rapporti o situazioni giu ridicamente rilevanti in virtù di specifiche norme dell'ordi

namento. (1)

(1) La conclusione cui giunge il tribunale è fondata essenzialmente sul fatto che esso esclude la possibilità di definire la residenza come un dirit to della persona e qualifica la stessa come «mera situazione di fatto» caratterizzata dalla relazione di una persona con un determinato luogo, suscettibile quindi di accertamenti e riscontri da parte della pubblica am ministrazione. È questa la tesi sicuramente dominante in dottrina ed in

giurisprudenza, anche se di recente è stata posta in rilievo la possibilità di parlare di un «diritto alla residenza», al pari del diritto alla cittadinan za, analizzando, alla luce dei principi costituzionali ed in particolare della libertà di circolazione e di soggiorno di cui all'art. 16 Cost., quali limiti

Il Foro Italiano — 1990.

Considerato in diritto che il dott. F. Persio, preso atto del di

niego opposto dall'ufficio anagrafe del comune di Rieti alle reite

rate richieste — 12 febbraio 1981, 18 dicembre 1981 e 29 agosto 1982 — di registrazione del cambio di abitazione, da via Porta

Conca 12 - Rieti - a via dei Ginepri 11 - loc. M. Terminillo —, e dell'intervenuta reiezione in data 20 maggio 1983 del relativo

ricorso amministrativo presentato alla prefettura di Rieti, ha do

mandato nel presente giudizio a questo tribunale: «1) dichiarare

che l'esponente abita prevalentemente nella loc. M. Terminillo

via dei Ginepri 11»; 2) accogliere l'istanza di trasferimento di

residenza»; che, esclusa in radice l'ammissibilità di una sentenza

costitutiva in punto trasferimento della residenza anagrafica, per il noto divieto di repressione dell'atto amministrativo da parte

dell'a.g.o., che potrà delibarne la legittimità scio in via inciden

tale ai fini di una sua eventuale disapplicazione, ai sensi degli art. 4 e 5 1. contenzioso amministrativo, ritiene il collegio che

devesi preliminarmente valutare la proponibilità della domanda

principale di accertamento positivo della residenza, sotto il profi lo dell'interesse ad agire;

che, qualificata la residenza come semplice relazione di fatto

di una persona col territorio comunale, la quale può assumere

rilevanza giuridica solo in connessione con specifiche situazioni

giuridiche, come fatto giuridico strumentale, quindi, che presup

pone l'esistenza e il collegamento con altre norme dell'ordina

mento — privato, pubblico, elettorale, processuale, penale, tribu

tario, ecc. — per la produzione di effetti giuridici, e delineata

altresì' la funzione dell'iscrizione anagrafica della residenza in ter

mini di mera strumentalità, rispetto all'insorgere di una comples sa rete di diritti e doveri in un determinato comune, ritiene il

collegio che debba correttamente escludersi l'esistenza in capo al l'attore di un interesse all'autonomo e positivo accertamento giu diziale di un quid facti — la residenza effettiva —, indipendente mente dalla deduzione di un rapporto giuridico controverso e in

certo e di una situazione di concreto pregiudizio alla configurazione dei reciproci diritti e doveri nascenti dal rapporto medesimo, al

quale il fatto della residenza sia connesso;

che, definita la residenza non come status o addirittura diritto

fondamentale ed essenziale della persona garantito dall'art. 2 Cost., bensì' come mera situazione di fatto, caratterizzata dalla relazione

della persona con un determinato luogo scelto come propria di

mora abituale, idonea di volta in volta a produrre effetti giuridici

incontri nel nostro ordinamento il diritto di cambiare residenza. È stato sostenuto in conclusione che l'unico limite (e quindi l'unico controllo che

possa essere effettuato dall'ufficiale di anagrafe) riguarda la disponibilità dell'alloggio nel luogo ove il soggetto dichiara voler fissare la propria residenza, escludendo che l'ufficiale di anagrafe del comune di partenza possa o debba sindacare «se la persona in questione ha effettivamente lasciato l'alloggio che prima occupava ovvero quanto tempo al giorno, al mese o all'anno trascorra nell'uno o nell'altro alloggio, o ancora se la dichiarazione resa corrisponda o meno ad un'effettiva intenzione di trasferirsi stabilmente nella nuova residenza» (v. Pizzorusso, Persone fi siche, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988, 198-205 e Carta costituzionale e nozione giuridica di residenza, in Corriere giur., 1988, 1065 ed autori ivi citati, cui adde, Lucarelli, Sulla doppia dichia razione prevista dal codice civile come prova del trasferimento della resi denza, in Stato civile it., 1988, 159 e Mattei, L'elemento intenzionale nel concetto di residenza, id., 1987, 519). Per l'inammissibilità e impro ponibilità di domande di accertamento della residenza in quanto oggetto delle stesse non può essere un fatto, quantunque giuridicamente rilevante, v. App. Roma 18 giugno 1979 e Trib. Milano 21 giugno 1979, Foro it., 1981, I, 260, con nota di richiami.

Nel senso che l'effettiva residenza di una persona è accertabile dal giu dice con qualsiasi mezzo di prova, anche contro le risultanze anagrafiche, che hanno soltanto un valore presuntivo, v. Cass. 20 settembre 1979, n. 4829, id., Rep. 1979, voce Domicilio, residenza, dimora, n. 2.

Per l'affermazione secondo cui la dichiarazione di residenza anagrafica in una certa abitazione fa piena prova, ai fini dell'effettività della resi

denza, contro il dichiarante, salvo che lo stesso non provi la non rispon denza al vero della dichiarazione da lui fatta al funzionario comunale, v. Cass. 11 luglio 1987, n. 6078, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2.

Costante è la giurisprudenza della Cassazione nel senso che per la no zione di residenza è necessario l'elemento obiettivo della permanenza in un certo luogo e l'elemento soggettivo dell'intenzione di abitarvi stabil

mente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle nor mali relazioni sociali (v. Cass. 14 marzo 1986, n. 1738, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1; 5 febbraio 1985, n. 791, id., Rep. 1985, voce cit., n. 1; 6 luglio 1983, n. 4525, id.,, Rep. 1983, voce cit., n. 2; 5 maggio 1980, n. 2936, id., Rep. 1980, voce cit., n. 4).

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