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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 13 luglio 1987; Pres. Copani, Est....

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sentenza 13 luglio 1987; Pres. Copani, Est. Introcaso; Inps (Avv. Tortorici) c. Aceto ed altri (Avv. V. Ferrari, Lombardo) e Azienda trasporti automobilistici Cosenza (Avv. Vitale) Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 617/618-619/620 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181108 . Accessed: 28/06/2014 15:58 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.176 on Sat, 28 Jun 2014 15:58:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 13 luglio 1987; Pres. Copani, Est. Introcaso; Inps (Avv. Tortorici) c. Aceto ed altri(Avv. V. Ferrari, Lombardo) e Azienda trasporti automobilistici Cosenza (Avv. Vitale)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 617/618-619/620Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181108 .

Accessed: 28/06/2014 15:58

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

TRIBUNALE DI COSENZA; sentenza 13 luglio 1987; Pres. Co

pani, Est. Introcaso; Inps (Avv. Tortorici) c. Aceto ed altri

(Avv. V. Ferrari, Lombardo) e Azienda trasporti automobili

stici Cosenza (Avv. Vitale).

Impugnazioni civili in genere — Cessazione della materia del con

tendere e condanna alle spese processuali — Sentenza non prov

visoriamente esecutiva — Pagamento — Acquiescenza (Cod.

proc. civ., art. 329).

Il pagamento delle spese processuali liquidate con sentenza non

provvisoriamente esecutiva che dichiara la cessazione della ma

teria del contendere dà luogo ad acquiescenza tacita (nella spe

cie, nel corso del giudizio di primo grado era stata riconosciuta

dall'Inps la domanda degli attori ed il giudice aveva dichiarato

la cessazione della materia del contendere). (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato nella can

celleria della Pretura di Cosenza il 12 dicembre 1984, Aceto Gio

vanni, Aceto Francesco e Ruffo Vincenzo esponevano quanto

segue: essi ricorrenti, dipendenti dell'Atac, avevano chiesto ed

ottenuto nell'agosto 1982 il congedo per l'espletamento di cure

termali; successivamente però l'azienda aveva decurtato il perio

do di ferie annuali nella misura dei giorni fruiti per le dette cure

con la motivazione dell'impossibilità di considerare come cure ter

mali le assenze dei lavoratori «in mancanza della prescritta docu

(1) Secondo l'orientamento uniforme della Cassazione il pagamento delle

spese processuali liquidate con sentenza provvisoriamente esecutiva o ese

cutiva ope legis, non costituisce manifestazione di acquiescenza tacita:

v. sent. 19 maggio 1982, n. 3091, Foro it., Rep. 1982, voce Impugnazioni

civili, n. 73; 16 marzo 1981, nn. 1510 e 1513, id., Rep. 1981, voce cit.,

nn. 84, 85; 3 luglio 1980, n. 4253, id., Rep. 1980, voce cit., n. 53; 17

novembre 1979, n. 5994, id., Rep. 1979, voce cit., n. 59; 24 marzo 1976,

n. 1045, id., 1976, 1, 1218.

L'orientamento cennato si colloca nel più generale indirizzo assoluta

mente costante, secondo cui l'esecuzione spontanea di una sentenza effi

cace esecutivamente non dà luogo ad acquiescenza; v. — solo per indicarne

alcune fra le molte — Cass. 5 dicembre 1986, n. 7228, 12 novembre 1986,

n. 6636, id., Rep. 1986, voce cit., nn. 57, 55; 16 dicembre 1985, n. 6402,

15 ottobre 1985, n. 5057, 6 febbraio 1985, n. 899, id., Rep. 1985, voce

cit., nn. 43, 46, 45; 2 agosto 1984, n. 4592, 22 marzo 1984, n. 1922,

id., Rep. 1984, voce cit., nn. 45, 43; 12 marzo 1983, n. 1878, id., Rep.

1983, voce cit., n. 66; 30 giugno 1982, n. 3936, id., Rep. 1982, voce

cit., n. 67; 19 dicembre 1981, n. 6739, 16 maggio 1981, n. 3220, id.,

Rep. 1981, voce cit., nn. 76, 74; 18 giugno 1980, n. 3879, id., Rep. 1980,

voce cit., n. 50; 8 giugno 1979, n. 3276, id., 1979, I, 1998, con nota

di richiami; cosi come non produce acquiescenza l'adempimento sponta

neo nelle more del giudizio di cassazione: v. Cass. 27 settembre 1979,

n. 4990, id., Rep. 1979, voce cit., n. 24.

11 principio si applica pacificamente anche quando parte è la p.a.: cfr.

Cass. 30 marzo 1983, n. 2311, id., Rep. 1983, voce cit., n. 67; 27 aprile

1982, n. 2605, id., Rep. 1982, voce cit., n. 71.

Alla luce di questa interpretazione dell'art. 329 c.p.c., il Tribunale di

Cosenza ha ritenuto che, mancando l'efficacia esecutiva della sentenza,

10 spontaneo pagamento delle spese processuali fosse da ritenere atto in

compatibile con la volontà di impugnare; cfr. Trib. Bologna 4 febbraio

1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 50, che ha ravvisato acquiescenza limi

tatamente all'obbligo di assunzione del datore di lavoro, che, citato per

l'esecuzione specifica dell'obbligo a contrarre, aveva spontaneamente adem

piuto alla sentenza, non efficace esecutivamente.

Il tribunale ravvisa acquiescenza anche nel pagamento dell'indennità

di malattia — avvenuto dopo la pronuncia della sentenza pretorile —

in esecuzione del «messaggio dell'Inps» con cui riconosceva il diritto dei

ricorrenti. In seguito all'atto dell'Inps il giudice di primo grado aveva

dichiarato la cessazione della materia del contendere, e provveduto solo

in punto di spese giudiziali. Stando la questione in questi termini il paga

mento spontaneo della indennità da parte dell'Inps era da porsi in rela

zione col riconoscimento della domanda, ma non con la sentenza, la quale — dichiarando la cessazione della materia del contendere — ometteva

di prendere in considerazione il merito del giudizio.

Acquiescenza si sarebbe potuta ravvisare nel caso diverso in cui in for

za del riconoscimento da parte dell'Inps, il pretore anziché dichiarare

la cessazione della materia del contendere, avesse accolto la domanda

dei ricorrenti, e l'Inps, poi, provveduto allo spontaneo adempimento (fermo

restando il presupposto della mancanza di efficacia esecutiva della sen

tenza). Sui rapporti fra riconoscimento della domanda e cessazione della

materia del contendere, v. Cass. 8 marzo 1986, n. 1558, id., 1987, I,

1240, con osservazioni di M. Orsenigo, Impugnazione della sentenza fon

data sul riconoscimento della domanda.

11 Foro Italiano — 1988.

mentazione rilasciata dal medico specialista dell'Usi attestante l'im

possibilità del rinvio delle cure e la loro durata»; chiedevano quindi

che venisse accertata l'illegittimità del comportamento aziendale

dichiarando il loro diritto a vedersi reintegrare il periodo di ferie

ai medesimi soppresso, con conseguente condanna dell'azienda

al pagamento dei corrispondenti emolumenti economici oltre in

teressi e rivalutazione.

Si costituiva l'Atac — Azienda trasporti automobilistici Cosen

za — che chiedeva il rigetto della domanda e in via gradata chie

deva di essere autorizzata a chiamare in causa l'Inps, sede di

Cosenza. A tanto autorizzata, vi provvedeva.

Si costituiva l'Inps che contestava il suo obbligo ad indennizza

re i periodi di congedo per cure termali e chiedeva la propria

estromissione.

Intervenivano nel giudizio Ambrogio Rosalbino, Palermo Fran

cesco, Zinno Francesco, Guzzo Santo, Cribari Francesco, Cozzo

lino Mario, Iaccino Luigi, Vocaturo Gennaro e Scarcello Carmine,

anch'essi dipendenti dell'Atac, e chiedevano la condanna dell'A

tac al pagamento dei corrispondenti emolumenti economici.

All'udienza del 1° ottobre 1985 i procuratori delle parti rileva

vano che la vertenza era stata ormai risolta per effetto del mes

saggio dell'Inps del 28 giugno 1985 n. 06023; alla successiva

udienza, in particolare, il legale dell'istituto faceva presente che

«l'Inps riconosce il diritto dei ricorrenti» e che la controversia

doveva considerarsi conclusa; i procuratori delle controparti chie

devano che il pretore si pronunziasse sulle spese. Con sentenza

del 29 ottobre 1985 il pretore dichiarava cessata la materia del

contendere condannando l'Inps al pagamento delle spese del giu

dizio. Rilevava il pretore che l'Inps, mutando il precedente orien

tamento, con circolare n. 8 del 26 luglio 1985 aveva deliberato

di corrispondere il sussidio di malattia durante il periodo delle

cure termali al personale dipendente del settore autoferrotramvia

rio. La sentenza veniva depositata il 20 novembre 1985.

Proponeva appello l'Inps con ricorso depositato nella cancelle

ria del tribunale il 18 novembre 1986 rilevando: I) che la doman

da dei ricorrenti (sia principali che interventori) era sfornita di

alcuna documentazione in ordine sia al periodo di godimento del

le cure termali che all'esistenza di uno stato patologico che pote

va giustificare le cure medesime; II) che comunque la loro pretesa

era infondata atteso che tutti gli interventori in causa avevano

eseguito le cure termali sotto la vigenza del d.l. 25 gennaio 1982

n. 16 (convertito in 1. 25 marzo 1982 n. 98) che non consentiva

di imputare le giornate delle cure termali ad un periodo diverso

da quello delle ferie annuali retribuito con la conseguenza del

l'impossibilità di giovamento della speciale normativa che assicu

rava agli autoferrotramvieri il sussidio di malattia pur durante

le cure termali; quanto ai ricorrenti principali, pur avendo inizia

to le cure sotto la vigenza della 1. 7 agosto 1982 n. 526, non

avevano tuttavia prodotto la documentazione occorrente richiesta

dall'art. 4 — prescrizione motivata di medico specialista dell'Usi

0 dell'Inps che attestasse l'effettiva esigenza terapeutica o riabili

tativa delle cure termali — per potere godere di un congedo straor

dinario extra ferie; concludeva quindi perché venisse dichiarato

che i lavoratori non avevano diritto alla fruizione delle cure ter

mali con il conseguente disconoscimento del diritto alla corre

sponsione della indennità di malattia che, per il caso in specie,

doveva essere rimborsata all'Atac, datore di lavoro anticipante.

Si costituivano i lavoratori che eccepivano l'inammissibilità del

gravame atteso che successivamente alla decisione l'istituto aveva

provveduto ad erogare l'indennità di malattia a favore di tutti

1 ricorrenti e a pagare le spese del giudizio, e tanto pur non essen

do la sentenza pretorile provvisoriamente esecutiva; nel merito

eccepivano la infondatezza dell'appello. Si costituiva anche l'A

tac che ribadiva la richiesta di estromissione dal giudizio e l'i

nammissibilità del gravame. (Omissis)

Motivi della decisione. — È giurisprudenza ormai consolidata

che per aversi acquiescenza tacita ai sensi dell'art. 329 c.p.c. è

necessario che la parte soccombente compia spontaneamente e

per libera decisione atti o fatti che siano assolutamente incompa

tibili, in via logica e giuridica, con la volontà di avvalersi dell'im

pugnazione apprestata dalla legge e che manifestino univocamente

la volontà di accettare la definizione conseguita dalla controver

sia nel grado del giudizio contrassegnato dalla soccombenza della

parte stessa (v. per tutte Cass. 19 maggio 1982, n. 3091, Foro

it., Rep. 1982, voce Impugnazioni civili, n. 73).

Tanto premesso ed evidenziato che la sentenza pretorile non

è stata dichiarata provvisoriamente esecutiva (v. originale in cui

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PARTE PRIMA

le parole «dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecuti

va» sono state depennate), non par dubbio al collegio che l'inte

grale pagamento delle spese del giudizio da parte dell'Inps (v.

prospetto di liquidazione del compenso per prestazioni professio nali del 3 maggio 1986 allegato al fascicolo dei lavoratori appella

ti) e dell'indennità di malattia (la circostanza, pur se non provata non è stata espressamente smentita dall'istituto) effettuate in epoca anteriore alla proposizione del gravame e dopo la sentenza preto

rile, integra gli estremi dell'acquiescenza da parte dell'Inps il cui

appello va pertanto dichiarato improponibile, senza che residui

spazio per una valutazione del merito della controversia.

TRIBUNALE DI MONZA; decreto 11 luglio 1987; Pres. Lo Tur

co, Est. Lapertosa; ric. Panzica.

TRIBUNALE DI MONZA;

Vendita — Fissazione di termine per la liberazione del bene da

garanzie reali — Ricorso in camera di consiglio — Inammissi

bilità (Cod. civ., art. 1482; cod. proc. civ., art. 749).

È inammissibile il ricorso in camera di consiglio con cui l'acqui rente chiede la fissazione del termine entro il quale il venditore

liberi la cosa venduta da garanzie reali a pena di automatica

risoluzione del contratto. (1)

Visto il ricorso depositato il 30 giugno 1987 con il quale Panzi

ca Giuseppina, assumendo di aver stipulato in data 14 ottobre

1986 con Moscatelli Fernando un preliminare di vendita avente

ad oggetto un immobile in Cinisello Balsamo, gravato da una

ipoteca giudiziale sottaciuta dal promittente venditore al momen

to di conclusione del contratto, ha chiesto la fissazione di un

termine per la liberazione della garanzia ai sensi dell'art. 1482/2

c.c., osserva: l'esistenza di garanzie reali non dichiarate dal ven

ditore consente all'acquirente sia di sospendere il pagamento del

prezzo (art. 1482/1 c.c.), in applicazione del generale rimedio pre visto dall'art. 1460 c.c., sia di chiedere al giudice la fissazione

di un termine (art. 1482/2 c.c.) entro il quale la cosa venduta

debba essere liberata dalla garanzia e dopo la cui inutile scadenza

«il contratto è risolto con obbligo del venditore di risarcire il

danno ai sensi dell'art. 1479 c.c.».

Quest'ultimo rimedio è utilizzabile in via analogica dal pro

(1) Non constano precedenti in termini. In motivazione i giudici mon

zesi ritengono che il provvedimento di fissazione del termine per la libera zione della cosa venduta da garanzie reali, comportando la risoluzione

automatica del contratto all'inutile decorso dello stesso, postula la pre ventiva definizione di ogni eventuale controversia che la parte intimata

potrebbe instaurare; il relativo procedimento dovrebbe perciò condurre ad un accertamento definitivo della sussistenza di tutte le condizioni da

cui dipende la risoluzione e non potrebbe che svolgersi nelle forme ordinarie. In dottrina v. però, C. M. Bianca, La vendita e la permuta, in Tratta

to diretto da F. Vassalli, Torino, 1972, 709, nota 7, a cui parere, quan do la fissazione del termine è «chiesta dal compratore in via autonoma... il procedimento utilizzabile appare quello previsto dall'art. 749 c.p.c.». In particolare, l'a. non sembra revocare in dubbio che, se l'acquirente intende chiedere non solo la fissazione del termine, ma pure l'accerta mento delle condizioni della risoluzione ex art. 1482 c.c., debba seguirsi il rito ordinario. Piuttosto, evidenzia come sia (anche) possibile chiedere

nelle forme di cui all'art. 749 c.p.c. la sola fissazione del termine, con la conseguenza che i presupposti della successiva risoluzione automatica — se ed in quanto oggetto di contestazione — potranno essere accertati in un successivo giudizio (ordinario) in cui il venditore potrà proporre tutte le sue difese, senza che il precedente procedimento camerale possa aver comportato alcuna preclusione. Il procedimento ex art. 749 c.p.c. avrebbe cosi, in sostanza, il vantaggio di costituire uno strumento di pres sione per indurre — in tempi brevi — il venditore 'in difetto' a liberare il bene compravenduto dalle garanzie da cui è gravato. In caso negativo, rimarrà impregiudicata — come accennato — la possibilità di instaurare un procedimento ordinario che accerti, con efficacia di giudicato, l'avve nuta risoluzione.

In dottrina, v. altresì' F. Carnelutti, Istituzioni del processo civile ita

liano, Roma, 1956, III, 220, a cui parere il procedimento ex art. 749

c.p.c. va applicato «per analogia a qualsiasi altro caso in cui il compito di fissare un termine per il compimento di un atto giuridico sia affidato al giudice», e P. D'Onofrio, Commento al codice di procedura civile*, Torino, 1957, 405, che ritiene la precedente tesi «soverchiamente ardita»

e apprezzabile solo de iure condendo.

Il Foro Italiano — 1988.

missario acquirente in buona fede (Cass. 23 febbraio 1982, n.

1119, Foro it., 1982, I, 1607; 13 giugno 1969, n. 2118, id., 1970,

I, 301; 26 luglio 1966, n. 2074, id., Rep. 1966, voce Vendita,

n. 34), per la stretta correlazione esistente tra il contratto prelimi nare e la vendita definitiva (art. 1351, 2932 c.c.).

Secondo l'opinione della dottrina più accreditata e della giuris

prudenza di legittimità (Cass. 21 maggio 1952, n. 1466, id., Rep.

1952, voce cit., nn. 152, 440) la facoltà prevista dall'art. 1482/2

c.c. è in realtà un onere per l'acquirente il quale, se ha il diritto

di reagire alla inesattezza dell'attribuzione patrimoniale promes

sagli col rimedio risolutorio, non può tuttavia ottenere la risolu

zione «immediata» del contratto, la quale conseguirà solo dopo la inutile scadenza del termine fissato dal giudice per consentire

al venditore di tener fede al proprio impegno traslativo.

Ciò per la ragione, già evidenziata dalla dottrina, che, a diffe

renza della ipotesi regolata dall'art. 1479 c.c., cui l'art. 1482 c.c.

per certi effetti rinvia, la presenza della garanzia (o di altri vinco

li di indisponibilità) non comporta l'alienità del bene e nemmeno

l'attualità della evizione sibbene una minaccia, ancorché seria e

concreta, alla integrità del diritto trasferito.

Attraverso la disposizione dell'art. 1482/2 c.c. il legislatore ha

dunque inteso apportare una limitazione all'esercizio dell'azione

generale di risoluzione per inadempimento, precludendo alla par

te di ottenere la immediata risoluzione del contratto e tuttavia

consentendogli, con equo temperamento degli interessi in gioco,

di pervenire alla risoluzione automatica (ope iuris) del contratto

con risultati simili a quelli previsti dall'art. 1454 c.c.

Si tratta dunque di un ibrido e speciale strumento di risoluzio

ne «stragiudiziale» conseguibile per il tramite del «giudice» e,

in definitiva, di un mezzo che, a differenza della risoluzione giu diziale ex art. 1453, 1455 c.c. evita la «necessità» dell'elemento

intermedio della sentenza costitutiva tra volontà del compratore

e gli effetti risolutori perseguiti e che, a differenza della risoluzio

ne di diritto susseguente alla diffida ad adempiere ex art. 1454

c.c., limita il potere di autotutela del contraente, imponendogli di chiedere in via autonoma al giudice la fissazione di un termine

per l'adempimento (rectius: per la liberazione della cosa dal vin

colo di indisponibilità), sostituendo cosi un atto «giudiziale» al

«negozio» unilaterale ricettizio rappresentato dalla diffida: senza

perciò negare al compratore il potere alternativo di chiedere la

fissazione del termine «congiuntamente con la domanda di riso

luzione del contratto, che potrà ovviamente essere accolta solo

condizionatamente alla mancata liberazione del bene nel termine

stabilito dal giudice nella stessa sentenza che viene da lui pronun ciata» (Cass. 23 febbraio 1982, n. 1119, cit.).

Le osservazioni che precedono, tese a focalizzare la ratio della

norma esaminata e la natura dell'istituto regolato, paiono oppor tune per la risoluzione della preliminare questione, dalla legge non espressamente contemplata, del procedimento attivabile per la fissazione del termine di cui si tratta.

Nonostante l'opinione espressa da un illustre autore, secondo

il quale sarebbe applicabile nella fattispecie il procedimento pre visto dall'art. 749 c.p.c., questo tribunale ritiene che la fissazione

del termine ai sensi dell'art. 1482/2 c.c. debba essere necessaria

mente demandata, anche se in via autonoma, con la citazione,

secondo le forme dell'ordinario processo di cognizione. Se è vero infatti che la risoluzione conseguente alla scadenza

del termine fissato a norma dell'art. 1482/2 c.c. ha carattere stra

giudiziale ed è automatica come l'ordinaria risoluzione, per diffi

da, sembra altrettanto palese che la necessità dell'intervento del

giudice non sia richiesta al mero scopo di determinare e valutare, in sostituzione della parte, la congruità del termine che, nella pre visione più ristretta dell'art. 1454 c.c. (quindici giorni), potrebbe risultare concretamente inadeguato ai fini della liberazione della

cosa venduta dalla garanzia. Se si tratta di un onere dal quale tuttavia dipende la possibilità

di giungere a una rapida risoluzione del contratto, esperibile in

alternativa a un ordinario giudizio preordinato alla emanazione

di una sentenza costitutiva di risoluzione condizionata alla libera

zione del bene entro un certo termine contestualmente fissato, non può non ritenersi che il giudice, chiamato a provvedere a

norma dell'art. 1482/2 c.c., debba previamente delibare la sussi

stenza dei presupposti che condizionano l'invocato diritto dell'ac

quirente ad avvalersi dello speciale rimedio della risoluzione

automatica, e cioè, quantomeno, della esistenza e validità del con

tratto (o promessa) di vendita e dell'esistenza di un vincolo di

indisponibilità del bene compravenduto non dichiarato dal vendi

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