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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 14 aprile 1988, n. 443 (Gazzetta...

Date post: 27-Jan-2017
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sentenza 14 aprile 1988, n. 443 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 27 aprile 1988, n. 17); Pres. Saja, Est. Dell'Andro; Raco; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Magistrato sorveglianza Roma 22 gennaio 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 16 del 1987) Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 1771/1772-1773/1774 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181292 . Accessed: 28/06/2014 09:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 09:06:15 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 14 aprile 1988, n. 443 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 27 aprile 1988, n. 17);Pres. Saja, Est. Dell'Andro; Raco; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Magistrato sorveglianzaRoma 22 gennaio 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 16 del 1987)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1771/1772-1773/1774Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181292 .

Accessed: 28/06/2014 09:06

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1771 PARTE PRIMA 1772

ro, da farsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto alla pensione oppure entro la data in cui maturano

i suddetti requisiti nel caso in cui ciò avvenga entro i tre mesi

successivi alla entrata in vigore della legge in esame.

È esonerata dalla comunicazione solo la lavoratrice che, alla

data di entrata in vigore della legge, abbia continuato a lavorare

pur avendo maturato i requisiti per avere la pensione di vecchiaia.

È evidente che la lavoratrice, rispetto al lavoratore, ha avuto

un trattamento diverso che non ha alcuna ragionevole giustifica zione proprio per i principi affermati più volte da questa corte

sulla parità uomo-donna in materia di lavoro e, in particolare,

per quelli posti a fondamento della sentenza n. 137 del 1986 (Fo

ro it., 1986, I, 1749). Si è ritenuto che l'evoluzione delle situazio

ni verificatesi nel campo del lavoro, specie a seguito dell'introduzione di nuovi mezzi e di nuove tecniche, della previ

denza, dell'assistenza, nonché nel campo del diritto di famiglia

per effetto della riforma di cui alla 1. 19 maggio 1975 n. 151,

con l'attuazione della parità dei coniugi in seno alla famiglia,

nell'assistenza, nella cura e nell'educazione dei figli, ha fatto ve

nir meno le ragioni giustificatrici della differenza di trattamento

della donna lavoratrice rispetto all'uomo lavoratore ai fini della

stabilità del rapporto di lavoro.

3.1 - Con la suddetta sentenza, dichiarandosi la illegittimità costituzionale dell'art. 11 1. n. 604 del 1966, che prevedeva la

possibilità di licenziamento ad nutum della donna al cinquanta

cinquesimo anno di età e non al sessantesimo, come per l'uomo,

si è sancito il diritto della prima alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino alla stessa età prevista per l'uomo e le si è, correla

tivamente, assicurata la stabilità nel posto di lavoro fino a tale età.

Il riferimento alle norme sul pensionamento anticipato per vec

chiaia della donna (cinquantacinque anni) rispetto all'uomo (ses santa anni) ivi contenuto è meramente incidentale; la statuizione

precettiva e la rilevanza innovativa nell'ordinamento giuridico han

no riguardato, in base alle ordinanze dei giudici a quibus, solo

l'«età lavorativa» della donna al compimento del sessantesimo

anno e non la postergazione dell'età pensionistica, la quale per la donna è rimasta ferma al cinquantacinquesimo anno.

3.2 - Ora, nella fattispecie, siccome la richiesta opzione discri

mina la donna rispetto all'uomo per quanto riguarda l'età massi

ma di durata del rapporto di lavoro stabilita da leggi, regolamenti e contratti, e, quindi, la protrazione del rapporto, sussiste, la

violazione dell'art. 3 Cost., non avendo la detta opzione alcuna

ragionevole giustificazione, e dell'art. 37 Cost., risultando leso

il principio della parità uomo-donna in materia di lavoro, e va,

quindi, dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma nella

parte in cui prevede l'opzione. Si ribadisce così che l'età lavorativa deve essere uguale per la

donna e per l'uomo, mentre rimane fermo il diritto della donna

a conseguire la pensione di vecchiaia al cinquantacinquesimo an

no di età, onde poter soddisfare esigenze peculiari della donna

medesima, il che non contrasta con il fondamentale principio di

parità, il quale non esclude speciali profili, dettati dalla stessa

posizione della lavoratrice, che meritano una particolare regola mentazione.

La protrazione della durata del rapporto di lavoro, cioè dell'e

tà lavorativa, consente anche alla donna lavoratrice di conseguire i relativi vantaggi, come, ad esempio, gli aumenti retributivi e

i conseguenti aumenti di pensione. Resta assorbita la dedotta violazione dell'art. 4 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la illegittimi tà costituzionale dell'art. 4 1. 9 dicembre 1977 n. 903, nella parte in cui subordina il diritto delle lavoratrici, in possesso dei requisi ti per la pensione di vecchiaia, di continuare a prestare la loro

opera fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da dispo sizioni legislative, regolamentari e contrattuali, all'esercizio di

un'opzione in tal senso, da comunicare al datore di lavoro non

oltre la data di maturazione dei predetti requisiti.

II

Svolgimento del processo. — Marsilia Tittarelli impugnava, di

nanzi al Pretore di Novara, il licenziamento comunicatole dalla

s.p.a. Alivar al compimento del cinquantacinquesimo anno, assu

mendo di aver manifestato l'intendimento di continuare il rap

porto di lavoro fino al compimento del sessantesimo anno di età, ai sensi dell'art. 4 1. 9 dicembre 1977 n. 903. Il pretore rigettava

Il Foro Italiano — 1988.

la domanda ritenendo non provato che la Tittarelli avesse debita

mente comunicato a chi aveva il potere di rappresentare la s.p.a. Alivar la sua volontà di proseguire il rapporto. La decisione era

confermata dal Tribunale di Novara che con sentenza del 31 mag

gio 1982 ribadiva che dalle prove raccolte non era possibile stabi

lire se la Tittarelli conversando con la propria capoufficio sig.ra Travi e con gli altri colleghi, avesse veramente inteso formulare

debite istanze destinate ad avere effetti concreti e obbligatori o

non piuttosto fare delle semplici confidenze a colleghi. Doveva

quindi ritenersi che non vi fosse stata alcuna seria e certa comu

nicazione al datore di lavoro come richiesto dalla 1. 903/77.

Ha proposto ricorso per cassazione la Tittarelli deducendo due

motivi di annullamento illustrati con memoria. Resiste la s.p.a. Alivar con controricorso.

Motivi della decisione. — È decisivo ed assorbente rilevare che

la Corte costituzionale, con sentenza 18 giugno 1986, n. 137 (Fo ro it., 1986, I, 1750, che è successiva al 25 marzo 1986, data

di deliberazione della presente sentenza ha reso necessaria la ri

convocazione della camera di consiglio), ha dichiarato l'illegitti mità costituzionale, per contrasto con gli art. 3, 4, 35 e 37 Cost.,

degli art. 11 1. 15 luglio 1966 n. 604, 9 r.d.l. 14 aprile 1939 n.

636 conv. in 1. 6 luglio 1939 n. 1272, modificato dall'art. 2 1.

4 aprile 1952 n. 218, 15 d.l. c.p.s. 16 luglio 1947 n. 708, 16 1.

4 dicembre 1956 n. 1450, nella parte in cui prevedono il consegui mento della pensione di vecchiaia e, quindi, il licenziamento della

donna lavoratrice per tale motivo al compimento del cinquanta

cinquesimo anno di età anziché al compimento del sessantesimo

anno come per l'uomo.

La conseguente, radicale eliminazione dell'ordinamento della

predetta disparità, ha reso evidentemente inutile e superfluo il

diritto di opzione riconosciuto alla donna dall'art. 4 1. 9 dicem

bre 1977 n. 903, posto che il di lei licenziamento al cinquantacin

quesimo anno di età è di per sé senz'altro illegittimo. Nella specie

perciò, tutte le questioni relative al corretto esercizio dell'opzione restano superate.

Il ricorso deve dunque essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice, che si uniformerà

al principio di diritto sopra enunciato.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 aprile 1988, n. 443

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 aprile 1988, n. 17); Pres. Saja, Est. Dell'Andro; Raco; interv. Pres. cons, mini

stri. Orci. Magistrato sorveglianza Roma 22 gennaio 1987 (G.U., la s.s., n. 16 del 1987).

Abitualità e professionalità nel reato, tendenza a delinquere —

Revoca della dichiarazione di delinquente abituale da parte del

magistrato di sorveglianza — Assenza di misura di sicurezza

in corso o da eseguire — Irrilevanza — Questione infondata

di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 26 luglio 1975 n. 354, nor

me sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle mi

sure privative e limitative della libertà, art. 69; 1. 10 ottobre

1986 n. 663, modifiche alla legge sull'ordinamento penitenzia rio e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della

libertà, art. 21).

È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legit timità costituzionale dell'art. 69, 4° comma, ultima parte, l.

26 luglio 1975 n. 354, cosi' come modificato dall'art. 21 l. 10

ottobre 1986 n. 663, in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto, attesa la ratio della disposizione che non consente il permanere dello status di delinquente abituale quando sia venuta meno

la pericolosità del soggetto, il magistrato di sorveglianza deve

comunque attivare il procedimento di riesame della pericolosità sociale e provvedere, ove del caso, alla revoca della declarato

ria di abitualità, anche se la misura di sicurezza personale è

stata revocata prima dell'entrata in vigore della l. 10 ottobre

1986 n. 663. (1)

(1) L'ordinanza di rimessione si legge in Foro it., 1988, II, 72, con nota di richiami.

Un'attenta analisi delle competenze del magistrato di sorveglianza nella

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - Questa corte è dell'avviso che debba darsi, del

l'art. 69, 4° comma, ultima parte, 1. 26 luglio 1975 n. 354, come

modificato dall'art. 21 1. 10 ottobre 1986 n. 663, un'interpreta zione «diversa» da quella offerta dal giudice a quo.

Svelata la ratio della disposizione impugnata, cosi come modi

ficata dalla 1. 663 del 1986, risulta che anche la specie sottoposta all'esame del giudice a quo (nella quale la misura di sicurezza

è stata revocata prima dell'entrata in vigore della predetta legge) rientra nella ratio stessa. Anche nella specie in questione, va, per

tanto, attivato il procedimento di «riesame» della pericolosità so

ciale ai fini della revoca della dichiarazione di delinquenza abituale.

Va chiarito il senso della «modifica» apportata dall'art. 21 1.

663 del 1986 all'art. 69 1. 354 del 1975, partendo, intanto, dal

rilievo, non senza significato, che non di vera e propria «modifi

ca», in senso formale, si tratta, ma di «sostituzione» del vecchio

testo dell'art. 69 1. 663 del 1986. Il 1° comma del precitato art.

21, infatti, recita: «L'art. 69 1. 26 luglio 1975 n. 354, modificato

dall'art. 8 1. 12 gennaio 1977 n. 1, è sostituito dal seguente . . .».

E dal «confronto» fra i due testi si scorge agevolmente che il

4° comma del «nuovo» art. 69 è totalmente «aggiunto» al vec

chio testo: i primi tre commi di quest'ultimo permangono, infat

ti, inalterati, nel nuovo testo, mentre il 4° comma non trova al

cuna traccia nel vecchio testo; ed il 5° comma, nella nuova for

mulazione del citato art. 69, a parte le apportate modifiche, ini

zia con il riferimento all'approvazione del programma di tratta

mento, che costituiva, appunto, il 4° comma del vecchio testo.

Vero è che l'aggiunta dell'attuale 4° comma dell'art. 69 è la

conclusione applicativa dell'inserimento, nel sistema d'un fonda

mentale principio che appunto l'art. 31, 2° comma, 1. 10 ottobre

1986 n. 663 codifica: «Tutte le misure di sicurezza personali sono

ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il

fatto è persona socialmente pericolosa». È davvero ormai «superfluo» (dopo il notevole, meritorio, la

voro della dottrina e della giurisprudenza, diretto ad abrogare l'«incivile» ammissione della pericolosità «presunta», di cui al

l'art. 204 del codice Rocco) sottolineare, in questa sede, l'impor

tanza, l'«enorme» valore dell'abrogazione espressa del precisato art. 204 ad opera del 1° comma dell'art. 31 1. n. 663 del 1986.

È appunto quest'ultima legge che da un canto, con l'art. 31, abroga il «vecchio» art. 204 c.p. ed inserisce nel sistema il principio se

condo il quale l'inflizione delle misure di sicurezza personali è

necessariamente subordinata all'accertamento, in concreto, dell'«ef

fettiva» pericolosità sociale e che dall'altro canto, nello stesso

tempo, con l'art. 21, dispone, inserendolo, a sua volta, nel siste

ma, il procedimento di riesame della pericolosità sociale, d'appli

cazione, esecuzione, trasformazione e revoca delle misure di sicu

rezza e di «revoca» della dichiarazione di delinquenza abituale,

professionale, ecc.

In esito alle modifiche e «sostituzioni» apportate dalla 1. n.

663 del 1986 al «vecchio sistema» e, in particolare, all'art. 69

1. n. 354 del 1975, risulta, dunque, che «per il futuro», la «revo

ca» della dichiarazione d'abitualità deve avvenire in sede di riesa

me, «in concreto», della pericolosità sociale, essendo questa, in

sieme, alla base dell'applicazione e revoca delle misure di sicurez

za e della dichiarazione d'abitualità.

Se, in conseguenza, la «lettera» del 4° comma, ultima parte, dell'attuale art. 69 1. n. 354 del 1975 è inequivoca, del pari «ine

quivoco» è che rientra nella ratio della stessa disposizione l'impe

dire, per l'avvenire (essendo stata «abolita» ogni ipotesi di «peri colosità presunta») che esistano «sfasature» tra l'accertamento

della «concreta» pericolosità sociale e le conseguenti dichiarazio

ni d'abitualità, professionalità e tendenza a delinquere. Ed è esat

ta l'interpretazione che l'avvocatura dello Stato dà al termine

«eventuale», che accompagna il termine «revoca» nel 4° comma

dell'art. 69 della legge in esame: il primo termine, infatti, va letto

in relazione alla pluralità di provvedimenti elencati in preceden

za, taluni dei quali presupponenti una prognosi di persistente pe

ricolosità sociale e non come possibilità di non revocare la dichiara

materia delle misure di sicurezza, a seguito dell'entrata in vigore della

1. 10 ottobre 1986 n. 663, viene svolta in dottrina da L. Pepino, in Legi slazione pen., 1987, 215.

Sulle problematiche connesse all'abrogazione dell'art. 204 c.p. ad ope ra dell'art. 31 1. 663/86, v. G. La Greca, ibid., 238.

Il Foro Italiano — 1988.

zione d'abitualità (anche) quando il magistrato di sorveglianza accerti l'esser venuta meno in concreto la pericolosità sociale.

La legge dispone, di regola, «per l'avvenire» e non per il pas sato: è agevole, pertanto, ritenere che il caso oggetto del procedi mento a quo non si sia presentato alla mente del legislatore del

1986. Ma l'interpretazione secondo ratio della disposizione impu

gnata non dà luogo a dubbi: anzi, si potrebbe aggiungere che, a fortiori, occorre ricondurre alla ratio del 4° comma dell'art.

69 della legge in esame, il caso di specie in cui è venuta meno

in concreto (od almeno si ha motivo di ritenere esser venuta me

no, salvo appunto il riesame da parte del magistrato di sorve

glianza) la pericolosità sociale; e, da lungo tempo, è stata anche

revocata la misura di sicurezza personale mentre «irrazionalmen

te» permane, contro legge, in violazione del vigente sistema in

staurato dagli art. 31 e 21 1. 663 del 1986, uno status di delin

quente abituale. E, certamente, costituirebbe ulteriore violazione

dell'attuale sistema, vigente in tema di rapporti tra pericolosità sociale e dichiarazione d'abitualità, lasciare che lo status di delin

quente abituale permanga fino all'eventuale riabilitazione, senza

immediatamente attivare il procedimento di riesame della perico losità sociale e provvedere, ove del caso, all'immediata revoca

della dichiarazione d'abitualità.

È compito del giudice a quo verificare la possibilità d'applica

re, alla specie al suo esame, i principi di cui all'art. 2 c.p.: qui basta aver rilevato che nessuna illegittimità costituzionale si ri

scontra nell'attuale testo dell'art. 69, 4° comma, ultima parte, 1. n. 354 del 1974: e, che in particolare, la disposizione impugna

ta, cosi come qui interpretata, non viola l'art. 3 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta, nei sensi di cui in motivazione la questione di legittimità costi

tuzionale dell'art. 69, 4° comma, ultima parte, 1. 26 luglio 1975

n. 354, cosi come modificato dall'art. 21 1. 10 ottobre 1986 n.

663 sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal magistrato di

sorveglianza di Roma con ordinanza del 22 gennaio 1987 (reg. ord. n. 125/87).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 marzo 1988, n. 334

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 30 marzo 1988, n. 13); Pres. Saja, Est. Spagnoli; Confederazione autonoma italiana

del lavoro c. Inps (Avv. G. Sacerdoti); Sindacato nazionale

quadri industria (Avv. Pera, Calabrese) c. Soc. Oto Melara

(Avv. Spagnuolo Vigorita); Uil-dep provinciale c. Cassa na

zionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri; Fede

razione unitaria lavoratori tessili abbigliamento c. Soc. Marco

ni; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Fiumara, Si

conolfi). Ord. Pret. Roma 9 ottobre 1979 (G.U. n. 85 del 1980); Pret. La Spezia 15 luglio 1981 (G.U. n. 40 del 1982); Pret. Roma 26 settembre 1982 (G.U. n. 101 del 1983); Pret. Legnano 7 luglio 1984 (G.U. n. 34 bis del 1985).

Sindacati — Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali — Confederazioni maggiormente rappresentative — Questioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 39; 1. 20 maggio 1970

n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di la

voro e norme sul collocamento, art. 19). Sindacati — Contributi sindacali — Lavoratori agricoli — Ri

scossione — Limiti — Questione infondata di costituzionalità

(Cost., art. 3, 39; 1. 27 dicembre 1973 n. 852, proroga della

1. 5 marzo 1963 n. 322, recante norme per l'accertamento dei

lavoratori agricoli aventi diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali, art. 2).

Impiegato dello Stato e pubblico — Procedimento di repressione di condotta antisindacale — Enti pubblici non economici —

Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24,

25; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 28, 37). Sindacati — Procedimento di repressione di condotta antisinda

cale — Legittimazione — Questione infondata di costituziona

lità (Cost., art. 3, 39; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 28).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19,

lett. a), /. 20 maggio 1970 n. 300, nella parte in cui attribuisce

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