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sentenza 14 dicembre 1979, n. 148 (Gazzetta ufficiale 19 dicembre 1979, n. 345); Pres. Amadei,Rel. La Pergola; imp. Ferrari, De Grandi (Avv. Sivieri); Voltan c. Comune di Tromello; Baffi c.Provincia di Parma; Gaddi c. Comune di Rogolo; Cisotto, Maruzzo c. Regione Veneto (Avv.Pancino, Viola); interv. Pres. giunta reg. Piemonte (Avv. Jemolo), Pres. giunta reg. Lombardia(Avv. Pototschnig), Pres. giunta reg. Emilia-Romagn ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1980), pp. 3/4-7/8Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171809 .
Accessed: 28/06/2014 12:31
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PARTE PRIMA
Ora non sembra possibile dubbio sulla ratio della già ricor
data disposizione dell'art. 89, 1° comma, legge n. 313 del 1968,
ove, in ordine al medesimo termine perentorio di cinque anni, è tuttavia stabilito che « per i minori e i dementi il termine pre detto rimane sospeso finché duri la incapacità di agire ». La
ragione di questa disposizione (confermata anche dall'art. 99, ultimo comma, del nuovo t. u. oggi vigente delle norme in ma
teria di pensioni di guerra,. approvato con d. pres. 23 dicembre
1978 n. 915), consiste nella esigenza di assicurare piena possi bilità di tutela giuridica a coloro che, per l'età minore o per le
loro condizioni mentali, non siano in grado di far valere i pro
pri diritti; ed è ragione che si riferisce unicamente alla parti colare condizione personale di questi soggetti, come è confer
mato anche dal fatto, rilevato dalla Corte dei conti, che la so
spensione del termine per l'ammissibilità delle domande di con
statazione è dalla legge disposta finché duri la loro incapacità di agire, e non già in relazione alla cessazione dello stato di
guerra o dell'anormale situazione ad esso assimilata.
Nell'ambito dello speciale diritto pensionistico, si deve per tanto riconoscere che la denunciata disparità di trattamento è
priva di razionale fondamento e che non v'è motivo per cui
possa giustificarsi l'inapplicabilità di quella disposizione, an
che in materia di pensioni privilegiate ordinarie. Al riguardo, una sicura conferma dell'esigenza che ne postula l'estensione
è offerta dall'analogo disposto dell'art. 191, ult. comma, del vi
gente t. u. del 1973 n. 1092, sul trattamento di quiescenza dei
dipendenti civili e militari dello Stato, ove, ai fini della decor
renza delle pensioni e degli assegni liquidabili a domanda, è sta
bilito in via generale che « per i minori non emancipati e gli interdetti il termine di cui al comma precedente nonché quelli stabiliti da altre disposizioni del presente testo unico rimangono
sospesi finché duri l'incapacità di agire ».
,Per questi motivi, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.
9, 1° comma, d. lgt. 1° maggio 1916 n. 497 e dell'art. 169 t. u.
approvato con d. pres. 29 dicembre 1973 n. 1092, in relazione al
disposto degli art. 89 legge 18 marzo 1968 n. 313 e 99 d. pres. 23 dicembre 1978 n. 915, in quanto non consentono, nei con fronti dei minori e dei dementi, la sospensione del termine per l'accertamento della dipendenza delle infermità o lesioni da causa di servizio, « finché duri la (loro) incapacità di agire ».
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 dicembre 1979, n. 148
(Gazzetta ufficiale 19 dicembre 1979, n. 345); Pres. Amadei, Rei. La Pergola; imp. Ferrari, De Grandi (Avv. Sivieri); Voltan c. Comune di Tromello; Baffi c. Provincia di Parma; Gaddi c. Comune di Rogolo; Cisotto, Maruzzo c. Regione Ve neto (Avv. Pancino, Viola); interv. Pres. giunta reg. Pie monte (Avv. Jemolo), Pres. giunta reg. Lombardia (Avv. Po
totschnig), Pres. giunta reg. Emilia-Romagna (Avv. Galgano). Ord. Pret. Alessandria 25 luglio 1975 (Gazz. uff. 3 novembre
1976, n. 294); Pret. Vigevano 21 aprile 1977 (id. 27 luglio 1977, n. 205); Pret. Vicenza 28 aprile 1977 e 28 gennaio 1978
(id. 23 novembre 1977, n. 320, e 14 giugno 1978, n. 164); Pret. Morbegno 30 giugno 1977 (id. 31 maggio 1978, n. 149); Pret. Parma 3 novembre 1977 (id. 1° marzo 1978, n. 60); Pret. Lonigo 26 gennaio 1978 (id. 14 giugno 1978, n. 164).
Caccia — Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto —
Autorizzazione mediante rilascio a pagamento del tesserino re
gionale — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art.
23, 117, 119; legge reg. Piemonte 13 agosto 1973 n. 21, norme
per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte, art. 2;
legge reg. Lombardia 2 dicembre 1973 n. 56, norme per l'eser cizio venatorio nella Regione Lombardia, art. 2, 4; legge reg. Veneto 8 settembre 1974 n. 48, norme per l'esercizio della caccia e calendario venatorio per le stagioni 1974-75 e 1975
76, art. 1; legge reg. Emilia-Romagna 19 luglio 1976 n. 31, esercizio venatorio nel territorio della Regione Emilia-Roma
gna, art. 14; legge reg. Emilia-Romagna 13 luglio 1977 n.
34, esercizio venatorio nel territorio della Regione Emilia-Ro
magna, art. 16).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 2 legge reg. Piemonte 13 agosto 1973 n. 21, degli art. 2 e 4 legge reg. Lom
bardia 2 dicembre 1973 n. 56, dell'art. 1 legge reg. Veneto 8
settembre 1974 n. 48, dell'art. 16 legge reg. Emilia-Romagna 13
luglio 1977 n. 34, sostitutivo dell'art. 14 legge reg. 19 luglio 1976
n. 31, nella parte in cui istituiscono un regime di caccia con
trollata mediante rilascio a pagamento di un tesserino sul quale
il cacciatore è tenuto a compiere le annotazioni prescritte dalla
legge, in riferimento agli art. 23, 117 e 119 Cost. ( 1)
La Corte, ecc. — 1. - Le ordinanze di rinvio, emanate dai Pretori di Alessandria, Vigevano, Parma, Morbegno e Lonigo, ed in distinti procedimenti dal Pretore di Vicenza, sollevano tutte la medesima questione di legittimità costituzionale. I giudizi, con esse promossi avanti questa corte, vanno perciò riuniti e decisi con unica sentenza.
2. - Le leggi che contengono le norme censurate istituiscono, nei rispettivi territori regionali, un regime di caccia controllata, volto da un canto a disciplinare l'esercizio venatorio, dall'altro
a proteggere patrimonio faunistico ed agricoltura. A questo fine, è previsto che i titolari di licenze di caccia siano ammessi a
praticare l'esercizio venatorio soltanto dopo aver ottenuto un
apposito tesserino dall'amministrazione regionale, o dai comitati
provinciali della caccia. Nel tesserino, il cacciatore deve annotare
le indicazioni prescritte dalla legge con riferimento ai giorni pre scelti per la caccia, al numero dei capi abbattuti, e all'ora del
l'abbattimento. Il rilascio del tesserino è subordinato al versa
mento di una somma, il cui importo è variamente determinato, secondo che la caccia sia esercitata in una o più province, ovve
ro, dove queste siano state previste, anche nelle particolari zone
di caccia controllata.
Formano oggetto del presente giudizio le disposizioni legisla tive regionali istitutive del tesserino: art. 2 legge reg. Piemonte
13 agosto 1973 n. 21, art. 2 e 4, legge reg. Lombardia 2 dicembre
1973 n. 56, art. 1 legge reg. Veneto 8 settembre 1974 n. 48, art.
16 legge reg. Emilia-Romagna 13 luglio 1977 n. 34, sostitutivo del
l'art. 14 legge reg. Emilia-Romagna 19 luglio 1976 n. 31.
La illegittimità costituzionale delle norme citate è prospettata alla corte sotto i seguenti profili:
a) Nelle ordinanze di rinvio si rileva che la regione ha, ex art.
117, 1" comma, Cost., competenza legislativa in materia di cac
cia, nel rispetto, tuttavia, dei principi fondamentali stabiliti dalle
leggi della Repubblica. Si assume, d'altra parte, che il testo unico
delle leggi sulla caccia del 18 giugno 1939 n. 1016 abbia sancito
il principio della libertà dell'attività venatoria in tutto il territo rio nazionale: libertà, il cui esercizio sarebbe soggetto soltanto al le restrizioni tassativamente previste dalle leggi statali. Le nor me censurate violerebbero per più versi il suddetto principio, in
quanto: il regime della caccia controllata è esteso dall'ambito della provincia, entro il quale esso è circoscritto ai sensi del ci tato testo unico del 1939, all'intera regione; il rilascio del tesse rino predisposto dalle amministrazioni regionali, al quale viene subordinato l'esercizio della caccia, costituirebbe un provvedi mento autorizzativo, incompatibile con la vigente normazione sta
tale: la licenza di porto d'armi, riservata agli organi centrali, sa rebbe l'unica autorizzazione prevista dalla legge, già idonea, in
quanto rilasciata anche per uso di caccia, a rimuovere ogni osta
colo alla attività venatoria; infine, il versamento richiesto per il rilascio del tesserino integrerebbe gli estremi del tributo, mentre alla regione sarebbe precluso di subordinare l'esercizio della cac cia ad imposizioni tributarie, come, del resto, ad ogni altra limi
tazione, diversa ed ulteriore rispetto a quelle previste o consentite dalla legislazione dello Stato.
b) Le disposizioni censurate lederebbero altresì gli art. 23 e
119 Cost. Si deduce al riguardo che le regioni hanno autonomia finanziaria soltanto nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica. Qui, si soggiunge, la prestazione imposta al
privato costituisce una tassa sulle concessioni regionali, laddove
questo tipo di imposizione tributaria non trova alcun fondamen
to nella legge 16 maggio 1970 n. 282, « provvedimenti finanziari
(1) L'ordinanza 25 luglio 1975 del Pretore di Alessandria è massi mata in Foro it., 1977, II, 80, con nota di richiami. Ili relazione ad altra questione riguardante il tesserino regionale per la caccia, Cor te cost. 26 luglio 1979, n. 96, id., 1979, I, 2534, ha ordinato la restitu zione degli atti al giudice a quo.
In materia di caccia v., da ultimo, Corte cost. 4 luglio 1979, nn. 62 e 68, id., 1979, I, 2299 e 2183.
Sulla legge 27 dicembre 1977 n. 968 cfr. I. e D. Guerriero, La nuova legge sulla caccia, 1978; Vigna-Bellagamba, La nuova legge statale sulla caccia, 1978; Robecchi Mainardi, in Le regioni, 1978, 294.
Con ordinanza n. 152 in pari data la Corte costituzionale ha di sposto la restituzione degli atti al giudice a quo, a seguito dello ius superveniens costituito dalle leggi 24 dicembre 1975 n. 706 e 27 dicem bre 1977 n. 968, in relazione alla questione di costituzionalità degli art. 18, 32, 1°, 4° e 6° comma, 43 e 73 r. d. 6 giugno 1939 n. 1016, come modificato dalla legge 2 agosto 1967 n. 799, sollevata dal Pre tore di Poggibonsi con ordinanza 24 marzo 1975 (Foro it., 1975, II, 345) per denunciare la violazione della competenza legislativa regiona le (cfr. anche le ordinanze della corte nn. 3, 4, 66, 109 e 110 del 1979).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
per l'attuazione delle regioni a statuto ordinario », nella quale sono tassativamente elencate le entrate tributarie delle regioni.
Precisamente, si osserva che, in virtù dell'art. 3 della citata legge, le tasse sulle concessioni regionali si applicano ai provvedimenti adottati dalle regioni nell'esercizio delle loro funzioni, e corri
spondenti a quelli già di competenza dello Stato, assoggettati alle
tasse sulle concessioni governative ai sensi delle vigenti disposi zioni. Il provvedimento adottato col rilascio del tesserino non
corrisponderebbe, tuttavia, alla licenza della autorità statale, rila
sciata per il porto d'armi e, insieme, per uso di caccia, perché, si dice, non ne assolve gli scopi, e costituisce manifestazione di
un preteso potere autorizzativo della regione, diverso da quello
che legittima la concessione della licenza suddetta. Posto ciò, ne
discenderebbe anche la violazione della riserva di legge, stabilita
dall'art. 23 Cost. La disposizione della legge regionale, che pre vede la prestazione patrimoniale del privato, travalicherebbe la
sfera dell'autonomia finanziaria della regione: sarebbe cosi' in
vasa una materia, con riguardo alla quale si assume che la ri
serva di legge, e la connessa garanzia del contribuente, siano sod
disfatte solamente quando il tributo risulti imposto in base ad
atto legislativo dello Stato.
3. - La questione non è fondata. Anzitutto, non sussiste l'asse
rita violazione dell'art. 117 Cost. Secondo questa statuizione co
stituzionale, la materia della caccia spetta alla regione, è vero,
nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi della Repubblica: ma
nel nostro caso non vi è alcuno di questi principi che precluda al legislatore regionale di subordinare l'esercizio della caccia al
possesso di un documento, qual è il tesserino previsto nelle di
sposizioni censurate. Nessun fondamento ha infatti il rilievo, pro
spettato nelle ordinanze di rimessione, che vi è una libertà di
caccia, il cui esercizio rimane soggetto ai soli limiti configurati dalle leggi statali. Semmai, nella legislazione statale è sancito il
principio, secondo il quale l'attività venatoria subisce necessaria
mente limitazioni, poste, come questa corte ha avvertito nella
sentenza n. 59 del 1965 (Foro it., 1965, I, 1327), a salvaguardia di
altri interessi della collettività: incolumità delle persone, prote zione della fauna, tutela delle colture e dei prodotti agricoli, di
sciplina della caccia come attività sportiva.
Del resto, è lo stesso t. u. del 1939, come modificato dalla legge 2 agosto 1967 n. 799, a predisporre, con particolare riferimento
alla tutela dell'agricoltura e alla protezione della selvaggina, il
regime della caccia controllata. Il che dimostra che, anche in base
alla vigente legislazione statale, l'esercizio venatorio ben poteva essere assoggettato a limitazioni, ed ai controlli conseguenti. Il
regime anzidetto, sempre ai sensi del t. u. del 1939, viene adot
tato, con il risultato di sottoporvi, in tutto o in parte, il territo
rio della provincia, mediante deliberazione del comitato provin ciale della caccia, resa esecutiva dal suo presidente. Chi esercita
l'attività venatoria nelle zone di caccia controllata deve inoltre
osservare — secondo l'art. 12 bis citato t. u. — le condizioni sta
bilite dal regolamento deliberato dal comitato provinciale della
caccia, sulla scorta di un regolamento-tipo nazionale, predisposto dal ministero dell'agricoltura e foreste. Detto regolamento è stato
emesso con d. m. 18 giugno 1969. Esso definisce, all'art. 5, le
caratteristiche e l'estensione delle zone da vincolare al regime di caccia controllata, e dispone espressamente che, per l'esercizio
della caccia in tali zone, i competenti comitati provinciali posso no rilasciare un apposito tesserino di autorizzazione, contenente
le indicazioni relative alle modalità dell'attività venatoria, alle
quali gli interessati dovranno attenersi. In altro giudizio, la corte
ha affermato (sentenza n. 69 del 1971, id., 1971, I, 1179) che i
regolamenti, emanati dai comitati provinciali sulla traccia del
regolamento-tipo nazionale, « sono stati previsti dalla legge per
specificare, principalmente per la necessità di adattarle alla di
versa condizione dei luoghi, le caratteristiche già fissate, con
sufficiente precisione, ad opera della legge ». Nel nostro caso,
questo compito di svolgere e specificare il regime dell'attività
venatoria viene assolto dalla legge regionale. Correttamente, dun
que, gli atti legislativi, in cui si trovano le disposizioni censurate,
seguono lo stesso criterio adottato dal legislatore dello Stato,
disciplinando l'esercizio della caccia compatibilmente con la tu
tela dell'agricoltura e del patrimonio faunistico, senza porre
d'altra parte limiti all'attività venatoria, diversi da quelli che l'au
torità centrale provvede a rimuovere con il provvedimento au
torizzativo di sua competenza. Il tesserino è anzi prescritto allo
scopo di assicurare il rispetto del regime della caccia controllata,
quale esso è configurato dalla normazione statale. L'adozione di
tale regime, e cosi la stessa prescrizione del tesserino, sono dal
citato testo unico del 1939 rimesse alla fonte regolamentare: non
vi è allora dubbio che esse siano consentite al legislatore regio
nale, il quale ha in questa materia una competenza concorrente,
sf, con quella dello Stato, ma costituzionalmente garantita.
Vanno quindi disattese le rimanenti censure, secondo le quali le disposizioni impugnate avrebbero violato l'art. 117 Cost, con
l'estendere il regime della caccia controllata oltre la provincia, e
comunque oltre l'ambito spaziale previsto dal d. m. 18 giugno 1969. Fin dove esso non lede alcun principio della legislazione
statale, né altro limite della sua competenza, l'organo legislativo della regione dispone della discrezionalità, propria dell'autono mia che gli è conferita dalla Costituzione: ed il potere discre
zionale è stato qui esercitato, nel legittimo apprezzamento delle
esigenze alle quali risponde il regime della caccia controllata, col
disporre che detto regime vige in tutto il territorio regionale.
4. - Le disposizioni censurate non contraddicono, poi, nemmeno
gli art. 23 e 119 Cost. La violazione di questi precetti costituzio
nali è denunziata sull'assunto che il versamento richiesto per il
rilascio del tesserino rivesta i caratteri del tributo. Si è anche
prospettato che esso costituirebbe una tassa sulle concessioni re
gionali, istituita ed imposta dalla regione, senza che, però, alcun
titolo giustificativo di simile imposizione sia offerto — ai sensi
dell'art. 119 Cost. — dalle leggi statali concernenti l'autonomia
finanziaria delle regioni. Senonché, cosi' ragionando, si trascura
che il versamento per il rilascio del tesserino, di vario ammon
tare, secondo le regioni, come sopra si è detto, non costituisce
un tributo in senso proprio. Esso è, invece, previsto come quota di partecipazione alle spese di gestione del servizio reso dalla
regione con l'organizzare e gestire la caccia controllata: servizio
che procura un vantaggio agli stessi cacciatori, grazie all'ordina
to svolgimento dell'attività venatoria, e soddisfa al tempo stesso
il generale interesse alla protezione e al ripopolamento della sel
vaggina, nonché alla tutela dell'agricoltura. Che tale sia il titolo
della prestazione pecuniaria in esame è testualmente detto in al
cune delle disposizioni legislative impugnate: nell'art. 4, 1° com
ma, legge reg. Lombardia n. 56 del 1973, nell'art. 14, 14° comma,
legge reg. Emilia-Romagna n. 31 del 1976 e nell'art. 16, 13° com
ma, della successiva legge della medesima Regione, n. 34 del
1977. Ma anche là dove manca questa precisazione del legisla
tore, depone nel senso anzidetto la destinazione dei proventi del
le quote versate per il rilascio del tesserino. Cosi, a norma del
l'art. 2, 7° comma, legge reg. Piemonte n. 21 del 1973, le somme
introitate dall'amministrazione regionale sono utilizzate nella mi
sura di almeno il 50 % per le spese di vigilanza; il residuo è uti
lizzato per il ripopolamento faunistico e per il risarcimento dei
danni causati dalla selvaggina alle colture agricole. A norma
dell'art. 1, 4° comma, legge reg. Veneto n. 48 del 1974 le somme
introitate « saranno utilizzate nella misura del 50 % per la con
cessione di contributi ai comitati provinciali della caccia in rela
zione alle spese di attuazione dei programmi di vigilanza, di ri
popolamento e di organizzazione dell'esercizio venatorio, al nu
mero dei cacciatori che praticano la caccia in ogni provincia, e
nella misura del 20 % per il rimborso degli indennizzi », dovuti
per danni arrecati alle colture dalla selvaggina nelle oasi di pro tezione e rifugio della fauna e nelle zone di ripopolamento e
cattura. Analoghe disposizioni si trovano nelle citate leggi reg.
Emilia-Romagna (art. 14, ultimo comma, legge n. 31 del 1976;
art. 16, 15° comma, legge n. 34 del 1977). Nell'art. 4, 2° comma,
legge n. 56 del 1973 della Regione Lombardia si dispone anche
che gli introiti riscossi, dalla regione siano ridistribuiti tra i co
mitati provinciali della caccia, ai quali è affidata la gestione della
caccia controllata, in collaborazione con le associazioni venato
rie, secondo le percentuali indicate alla lettera c) dell'art. 1, 1°
comma, della legge stessa. In ogni caso, vi è diretta e puntuale
imputazione delle somme introitate alle spese di gestione del ser
vizio.
5. - D'altra parte, il rilascio del tesserino è pur sempre subor
dinato al pagamento di una somma di denaro. Rimane allora da
indagare se qui, ancorché non si tratti di tributo propriamente
inteso, si esiga comunque dal privato una prestazione patrimo
niale, con riguardo alla quale debba essere osservato il dispo
sto dell'art. 23 Cost. In alcune delle ordinanze è infatti denunzia
ta la violazione di quest'ultimo precetto costituzionale. Ma la
questione è infondata, sotto il profilo ora considerato, quand'an
che si assuma che la cerchia delle prestazioni patrimoniali, alle
quali si riferisce l'art. 23 Cost., sia più estesa, rispetto a quella delle prestazioni imposte dall'autorità pubblica nell'esercizio del
la potestà tributaria. Il citato articolo della Costituzione statuisce:
« nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere impo sta se non in base alla legge ». Come questa corte ha già preci sato (sentenza n. 64 del 1975, id., 1975, I, 1058), « la parola leg
ge », nel contesto dell'art. 23, sta ad indicare sia la legge dello
Stato sia la legge che viene in rilievo nella specie, quella della
regione. Peraltro, la prestazione patrimoniale è imposta al pri
vato, non soltanto, come prescrive l'art. 23 Cost., « in base »,
ma, immediatamente, ad opera della legge regionale: nella quale
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PARTE PRIMA
è, appunto, individuato l'importo della somma da versare per il rilascio del tesserino, e sono altresì predeterminati i tipi dell'eser cizio venatorio nel sistema della caccia controllata, in conside razione dei quali vien fatto variare l'ammontare del versamento.
11 solo caso in cui l'entità del versamento non è fissata diretta mente dal legislatore, ma, annualmente, dalla giunta regionale, è previsto dalle leggi della Regione Emilia-Romagna (art. 14, 14°
comma, legge n. 31 del 1976; art. 16, 13° comma, della legge n. 34 del 1977). Anche qui, tuttavia, la riserva di legge non è vulne rata: le disposizioni censurate, insieme alle rimanenti altre de
gli atti legislativi che le contengono, pongono « i criteri idonei a delimitare », alla stregua dell'art. 23 Cost., e dell'interpreta zione datane da questa corte, la discrezionalità della giunta re
gionale nella determinazione della somma occorrente per il ri lascio del tesserino, e ad assicurare per questa via che l'eserci
zio del potere conferito all'organo amministrativo « non possa trasmodare in arbitrio» (sentenze n. 36 del 1959 e n. 51 del
1960, id., 1959, I, 1069; 1960, I, 1070). Un'altra considerazione giova, infine, a confermare l'infonda
tezza della questione. Una volta assunto che la riserva di legge ex art. 23 Cost, operi oltre la cerchia delle vere e proprie impo sizioni tributarie, ne discende una duplice conseguenza. Da un
canto, si allarga la sfera della garanzia, posta dal costituente a
favore del soggetto vincolato alla prestazione. Dall'altro, però, si viene nel nostro caso a riconoscere al legislatore regionale una
capacità impositiva, basata sulla potestà legislativa, della quale
egli è investito in virtù dell'art. 117 Cost.: e tale potestà si può
esplicare anche fuori dai vincoli afferenti ex art. 119 Cost, all'au
tonomia finanziaria della regione, seppure, occorre avvertire, ne
cessariamente nei limiti di una competenza, che deve concorrere
con la competenza legislativa dello Stato. Ora, un'imposizione
patrimoniale della regione, diversa dal tributo in senso proprio, non eccede i poteri di autonomia, né offende altrimenti la Co
stituzione, quando essa trae fondamento dalla stessa normazione dello Stato, e rimane nell'ambito da questa fissato. Cosi' accade nella specie. La previsione del tesserino, e della quota prescritta per ottenerlo, lungi dal confliggere, per le ragioni sopra esposte, con alcun principio scaturente dalla legislazione statale, trova un idoneo e specifico addentellato nell'art. 5 d. m. 18 giugno 1969, con cui è stato emanato, ai sensi dell'art. 12 bis t. u. 1939, il
regolamento-tipo della caccia controllata. Precisamente, a norma della citata disposizione, l'esercizio venatorio nelle zone sottopo ste al regime di caccia controllata « può essere subordinato al pa gamento di una quota, a titolo di partecipazione alle spese di
gestione », destinato alle spese di ripopolamento e vigilanza delle zone suindicate.
La prestazione personale del soggetto è stata dunque imposta in piena conformità dell'art. 23 Cost.: il versamento per il rila scio del tesserino è autorizzato dalla normazione statale; la legge regionale ne ha, dal canto suo, determinato l'importo e la desti
nazione, sempre nei limiti della discrezionalità garantita alla
regione. La riserva di legge risulta, così, soddisfatta mediante il concorso dell'una e dell'altra fonte normativa che governano la
materia, trattandosi nella specie di competenze legislative ripar tite tra Stato e regioni.
Per questi motivi, dichiara non fondata, in riferimento agli art. 23, 117 e 119 Cost., la questione di legittimità costituzionale, sollevata con le ordinanze in epigrafe, dell'art. 2 legge reg. Pie monte 13 agosto 1973 n. 21, degli art. 2 e 4 legge reg. Lombar dia 2 dicembre 1973 n. 56, dell'art. 1 legge reg. Veneto 8 set tembre 1974 n. 48, dell'art. 16 legge reg. Emilia-Romagna 13 lu
glio 1977 n. 34, sostitutivo dell'art. 14 legge reg. Emilia-Roma
gna 19 luglio 1976 n. 31, aventi ad oggetto l'istituzione di un tesserino da rilasciarsi, dietro pagamento, per l'esercizio della at tività venatoria nei rispettivi territori regionali.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 dicembre 1979, n. 141
(Gazzetta ufficiale 12 dicembre 1979, n. 338); Pres. Amadei, Rei. O. Reale; Guglielmucci c. Università degli studi di Trie
ste; interv. Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 13 luglio 1978 (Gazz. uff. 20
giugno 1979, n. 168).
Istruzione pubblica — Docenti universitari — Incaricati « in terni » — Assegno annuo pensionabile — Non cumulabilità con trattamenti economici onnicomprensivi — Questione in fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 33, 36; d. 1. 1° otto bre 1973 n. 580, misure urgenti per l'università, art. 12; leg ge 30 novembre 1973 n. 766, conversione in legge con modi ficazioni del d.l. 1° ottobre 1973 n. 580, art. unico).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 12 d. I. 1° ottobre 1973 n. 580, convertito con modificazioni nella legge 30 novembre 1973 n. 766, nella parte in cui prevede, con ri
ferimento ai professori incaricati intemi, il divieto di cumu
lo dell'assegno annuo pensionabile di cui al primo comma del
la stessa disposizione con i trattamenti economici onnicom
prensivi spettanti allo stesso soggetto in virtù di diverso rap
porto di impiego, in riferimento agli art. 3, 33, T comma, e
36 Cost. (1)
La Corte, ecc. — 1. - Il giudice a quo dubita della costituzio
nalità del 3° comma dell'art. 12 d. 1. 1° ottobre 1973 n. 580
(convertito nella legge 30 novembre 1973 n. 766). Il citato arti
colo al primo comma attribuisce al personale insegnante univer
sitario di ruolo, fuori ruolo e incaricato un assegno annuo pen sionabile e utile ai fini dell'indennità di buonuscita e al terzo
comma stabilisce che il detto assegno « non è cumulabile con
altri assegni o indennità di analoga natura né con trattamenti
economici onnicomprensivi ».
Un primo profilo di incostituzionalità (per violazione dell'art.
3 Cost.) che il giudice a quo sottopone alla corte è quello della
diversità di trattamento « nell'ambito delle categorie dei profes sori incaricati universitari interni, fra coloro che godano e co
loro che non godano, nel diverso rapporto di impiego che li vin
cola, di trattamento economico onnicomprensivo », i quali tutti « devono svolgere (nell'università) prestazioni e possedere re
quisiti del tutto identici ».
2. - La questione non è fondata. La denunciata e sopra riprodotta disposizione, infatti, esclude
il cumulo dell'assegno di cui trattasi non solo con i trattamenti economici « onnicomprensivi », ma anche « con altri assegni e indennità di analoga natura».
La generalità degli « interni », cioè degli incaricati con altro
rapporto di impiego pubblico, o appartengono a categorie il cui trattamento è onnicomprensivo (come i magistrati, fra i quali è il ricorrente), oppure godono dell'assegno perequativo pensio nabile introdotto per gli statali dall'art. 1 legge 15 novembre 1973 n. 734, o di altro trattamento equipollente. Il detto asse
gno perequativo fu appunto introdotto — come osserva l'avvo catura citando un parere del Consiglio di Stato — per restituire
l'equilibrio dei vari trattamenti dei dipendenti statali dopo l'in troduzione dei trattamenti differenziati per le categorie dirigen ziali. E infatti il 2° comma del citato art. 1 legge n. 734/1973 esclude dalla corresponsione dell'assegno disposto nel primo com ma i funzionari con qualifica di dirigenti e il personale di cui alla legge 24 maggio 1951 n. 392, cioè i magistrati.
Ora, quando il citato d. 1. 1° ottobre 1973 n. 580 parla di « al tri assegni e indennità di analoga natura », è evidente che il rife rimento si estende all'assegno perequativo introdotto col dise
gno di legge presentato alla Camera quasi contemporaneamente dallo stesso Governo e approvato (legge n. 734/1973) prima del la conversione in legge del d. 1. n. 580.
Pertanto gli incaricati universitari « interni », sia che usufrui scano del trattamento onnicomprensivo, sia che godano dell'as
segno perequativo introdotto dalla legge n. 734/1973 o di altro
trattamento equipollente, sono esclusi, in virtù del 3° comma dell'art. 12 d. 1. n. 580/1973 convertito nella legge n. 766/1973, dal godimento dell'assegno annuo pensionabile concesso con il
(1) L'ordinanza 13 luglio 1978 del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia è massimata in Foro it., 1979, MI, 572, con nota di richiami.
Sul trattamento economico dei professori incaricati cfr. Corte cost. 6 novembre 1970, n. 152, citata in motivazione, id., 1970, I, 2641, com mentata da Pototschnig, in Giur. costit., 1970, 1987, da R. Chiarel li, in Riv. giur. scuola, 1971, 90, e da Stipo, ibid., 833; 20 febbraio 1973, n. 10, Foro it., 1973, I, 1358, commentata da Salazar, in Riv. giur. scuola, 1973, 175; 20 febbraio 1973, n. 11, Foro it., 1973, I, 1354, commentata da Ledda, in Giur. costit., 1973, 54; 20 gennaio 1977, n. 41, Foro it., 1977, I, 273, commentata da Miscione e Catalano, in Giur. it., 1977, I, 1, 1627. Cfr. anche Corte cost. 17 luglio 1975, n. 219, Foro it., 1975, I, 1881, che ha ritenuto assorbiti i miglioramenti retributivi di cui all'art. 12, 1° e 3° comma, d. 1. n. 580/1973, dichia randone conseguentemente l'illegittimità costituzionale in parte qua.
Con l'ordinanza n. 150 del 14 dicembre 1979 la Corte costituzio nale ha disposto la restituzione degli atti al giudice a quo, a seguito dello ius superveniens costituito dall'art, unico, 15° comma, d. 1. 23 dicembre 1978 n. 817 come modificato dalla legge di conversione 19 febbraio 1979 n. 54, in relazione alla questione di costituzionalità dell'art. 4, 1° e 3° comma, d. 1. 1° ottobre 1973 n. 580, convertito con modificazioni nella legge 30 novembre 1973 n. 766, nella parte in cui limitava all'anno accademico 1974-75 la maturazione del triennio di incarico ai fini della «stabilizzazione», sollevata con le ordinanze 20 dicembre 1977 del T.A.R. Sicilia {id., 1978, IliI, 597) e 30 gennaio 1978 del T.A.R. Piemonte (id., Rep. 1978, voce Istruzione pubblica. n. 337).
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