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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 15 maggio 1990, n. 243 (Gazzetta...

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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 15 maggio 1990, n. 243 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 maggio 1990, n. 21); Pres. Saja, Est. Mengoni; Fasulo

sentenza 15 maggio 1990, n. 243 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 maggio 1990, n. 21);Pres. Saja, Est. Mengoni; Fasulo e altri c. Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore deigeometri; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Agrigento 3 novembre 1989 (G.U., 1 a s.s., n.5 del 1990)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 1773/1774-1777/1778Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184712 .

Accessed: 28/06/2014 18:04

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 maggio 1990, n. 243

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 maggio 1990, n. 21); Pres. Saja, Est. Mengoni; Fasulo e altri c. Cassa nazionale

di previdenza e assistenza a favore dei geometri; interv. Pres.

cons, ministri. Ord. Pret. Agrigento 3 novembre 1989 (G.U., la s.s., n. 5 del 1990).

CORTE COSTITUZIONALE;

Professioni intellettuali — Previdenza dei geometri — Pensioni

di inabilità e invalidità — Calcolo — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 38; 1. 20 ottobre 1982 n. 773, riforma della Cassa nazio

nale di previdenza e assistenza a favore dei geometri, art. 4, 5). Professioni intellettuali — Previdenza dei geometri — Pensioni

di vecchiaia — Calcolo — Questione inammissibile di costitu

zionalità (Cost., art. 3, 38; 1. 20 ottobre 1982 n. 773, art. 2).

Sono incostituzionali, per violazione degli art. 3 e 38 Cost., gli art. 4, 2° comma, e 5, 3° comma, l. 20 ottobre 1982 n. 773,

nella parte in cui, rinviando all'art. 2, 5° comma, stessa legge,

prevedono che le pensioni di inabilità e di invalidità a favore dei geometri siano calcolate in proporzione ai redditi professio

nali, escludendo ogni intervento di solidarietà che valga a ga rantire il minimo vitale. (1)

È inammissibile, per difetto di rilevanza nel giudizio a quo, la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 5° comma,

I. 20 ottobre 1982 n. 773, nella parte in cui prevede che la

pensione di vecchiaia a favore dei geometri sia calcolata in pro

porzione ai redditi professionali, escludendo ogni intervento di

solidarietà che valga a garantire il minimo vitale. (2)

II

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 2 marzo 1990, n. 99 (Gaz

zetta ufficiale, la serie speciale, 7 marzo 1990, n. 10); Pres.

Saja, Est. Mengoni; Vigorelli (Avv. D'Auria) e altri c. Cassa

nazionale di previdenza per ingegneri e architetti. Ord. Pret.

Udine 6 giugno 1989, Pret. Latina 26 aprile 1989 (quattro) e

Pret. Milano 20 luglio 1988 (G.U., la s.s., nn. 37, 43 e 44

del 1990).

Professioni intellettuali — Previdenza degli ingegneri e architetti — Supplemento di pensione — Calcolo — Incostituzionalità

(Cost., art. 3; 1. 3 gennaio 1981 n. 6, norme in materia di pre videnza per gli ingegneri e gli architetti, art. 2).

Professioni intellettuali — Previdenza degli ingegneri e architetti — Pensionati esercenti la professione — Riduzione della pen

sione di vecchiaia — Incostituzionalità (Cost., art. 3; 1. 3 gen naio 1981 n. 6, art. 2).

È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 2,7° comma,

l. 3 gennaio 1981 n. 6, nella parte in cui dispone che il supple mento della pensione spettante a coloro che dopo la maturazio

ne del diritto a pensione continuano per cinque anni l'esercizio

della professione, sia calcolata in base alla metà delle percen tuali previste per il calcolo della pensione di vecchiaia. (3)

È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 2, 5° comma,

l. 3 gennaio 1981 n. 6, nella parte in cui dispone la riduzione

a due terzi della pensione di vecchiaia quando il titolare resti

iscritto all'albo degli ingegneri o a quello degli architetti. (4)

(1-4) Prosegue l'opera della corte di adeguamento delle norme previ denziali delle categorie libero-professionali al principio di solidarietà, ini

ziata con sent. 3 novembre 1988 n. 1008 (est. Mengoni), Foro it., 1989,

I, 2712, con nota di richiami. Interessante notare come le sentenze in rassegna facciano riferimento

alla previdenza forense quale modello su cui sono state ricalcate le altre

previdenze di categoria, mostrando di propendere per una concezione del

principio di solidarietà allargato nell'accomunare le diverse categorie pro fessionali.

Questa concezione appare nuova rispetto a quella sostenuta dalle pre cedenti sent. 4 maggio 1984, n. 133 e n. 132, id., 1984, I, 1783, con

nota di richiami e osservazioni di V. Ferrari, che avevano affermato

il principio di non paragonabilità fra sistemi previdenziali, delineando

la previdenza forense come un sistema inteso alla realizzazione dei fini

di solidarietà nel ristretto ambito della categoria professionale, tanto da

giustificare la diversa disciplina esistente fra la 1. 576/80, che prevedeva

l'obbligo d'iscrizione e contributivo anche a carico degli avvocati e pro

li. Foro Italiano — 1990 — Parte 1-33.

I

Fatto. — Nel corso di un giudizio promosso da alcuni titolari

di pensioni di invalidità o inabilità a carico della Cassa nazionale di previdenza in favore dei geometri, i quali lamentano che le

rispettive prestazioni sono state liquidate in base al criterio cosid

detto del sottominimo, il Pretore di Agrigento, con ordinanza

del 3 novembre 1989, ha sollevato, in riferimento agli art. 3 e

38, 2° comma, Cost., questione di legittimità costituzionale degli art. 2, 5° comma, 4, 2° comma, e 5 1. 20 ottobre 1982 n. 773, a norma dei quali la misura della pensione minima non può in

alcun caso superare la media del reddito professionale degli ulti

mi dieci anni dichiarati dall'iscritto ai fini dell'Irpef, rivalutato nella misura del 100%.

Secondo il giudice a quo tale criterio contrasta col principio

solidaristico, che deve temperare la correlazione tra contribuzio

ne e prestazione previdenziale, e appare particolarmente ingiusto nel caso di lavoratori invalidi o inabili, la cui capacità di reddito è stata negativamente incisa dall'evoluzione del quadro morboso

anteriormente alla maturazione del diritto alla pensione. Contra

sta altresì col principio di eguaglianza, per l'ingiustificata dispari tà di trattamento nei confronti dei lavoratori soggetti all'assicu

razione generale obbligatoria, disparità che l'art. 7 1. 29 dicembre

1988 n. 544 ha provveduto a rimuovere con effetto soltanto dal

1° gennaio 1989. (Omissis) Diritto. — 1. - L'art. 2, 5° comma, 1. 20 ottobre 1982 n. 773,

sulla previdenza a favore dei geometri — abrogato, con effetto

dal 1° gennaio 1989, dall'art. 7 1. 29 dicembre 1988 n. 544, che

ha parificato i trattamenti minimi pensionistici dei liberi profes sionisti a quelli corrisposti dal fondo pensioni lavoratori dipen denti — dispone cha le misura della pensione minima di vecchiaia

non può in alcun caso superare la media dei redditi professionali dichiarati negli ultimi dieci anni ai fini dell'Irpef, rivalutati del

100%. In quanto applicabile anche alle pensioni di inammissibili tà e di invalidità in virtù del rinvio all'art. 2 previsto nell'art.

4, 2° comma, e del rinvio a quest'ultimo previsto nell'art. 5, 3°

comma, il 5° comma dell'art. 2, insieme con le norme di rinvio

ora citate, sono ritenuti dal Pretore di Agrigento contrastanti con

l'art. 38, 2° comma, Cost, e anche col principio di eguaglianza di cui all'art. 3.

2. - Occorre preliminarmente precisare i limiti di rilevanza del

la questione. Poiché nel giudizio principale si controverte circa

i criteri di liquidazione di pensioni di inabilità e di invalidità, sono pregiudiziali soltanto le questioni di legittimità costituziona

curatori già iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, e la 1. 6/81

che invece, pur ricalcando l'identico canovaccio sistematico-normativo, ha esonerato dallo stesso obbligo gli ingegneri e gli architetti nella mede

sima posizione. La Cassazione fino ad oggi ha calcato le orme di questa concezione

strettamente categoriale del principio di solidarietà che sottende i sistemi

previdenziali dei liberi professionisti (da ultimo, v. Cass. 5 aprile 1990, n. 2820, che sarà riportata in un prossimo fascicolo).

Ma se consideriamo che con la sent. 1008/88, Foro it., 1989, I, 2712, la Corte costituzionale ha accolto una questione relativa alla previdenza forense (identica a quella accolta con la n. 99/90 che si riporta, afferente

però agli ingegneri e architetti) che aveva dichiarato manifestamente in

fondata pochi mesi prima (con ord. 16 giugno 1988, n. 669, G.U., la

s.s., 22 giugno 1988, n. 25) potremmo attenderci un futuro intervento

che dichiari fondata la questione di costituzionalità (in precedenza riget tata dalla sent. 133/84 cit.) dell'art. 22 1. 576/80, nella parte in cui discri

mina gli avvocati e procuratori già iscritti ad altre forme di previdenza

obbligandoli ad iscriversi alla cassa della loro categoria, rispetto agli in

gegneri e architetti in identica posizione per i quali l'obbligo è escluso

dalla 1. 6/81. A meno che la corte non riesca a sostenere che la discriminazione ap

pare razionale sotto il profilo dell'art. 3 Cost., il che per la verità appare

alquanto arduo se va a ribaltarsi la concezione della solidarietà ristretta

per lasciare posto al nuovo principio della solidarietà allargata. D'altra

parte, o i sistemi previdenziali delle varie categorie professionali sono

monadi isolate che obbediscono alla logica della gestione finanziaria in

terna alla categoria, con la conseguenza che non sono paragonabili fra

loro, oppure obbediscono tutti alla stessa logica. Nel primo caso avrem

mo, come fino ad oggi è stato, una previdenza improntata alla solidarietà

categoriale che assomiglia molto alla vecchia mutualità, nel secondo l'ap

plicazione uguale per tutti del principio di solidarietà. Tertium non datur,

pena la realizzazione di un sistema «misto», di natura ibrida il cui princi

pio ispiratore sarebbe l'incoerenza. [V. Ferrari]

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1775 PARTE PRIMA 1776

le dell'art. 4, 2° comma, nella parte in cui, per il calcolo della

pensione di inabilità, rinvia al 5° comma dell'art. 2, e dell'art.

5, 3° comma, il quale dispone che la pensione di invalidità è

pari al 70 per cento di quella risultante dall'applicazione dell'art.

4, 2° comma, con ciò rinviando esso pure all'art. 2, 5° comma.

L'impugnazione diretta del 5° comma dell'art. 2 è invece inam

missibile, trattandosi di norma concernente la pensione di vecchiaia.

3. - La prima questione è fondata.

Come più volte ha osservato questa corte (cfr. sentenze n. 1008

del 1988, Foro it., 1989, I, 2712 e n. 99 del 1990, id., 1990, 1, 1773), il principio di corrispettività tra contribuzione e presta

zione previdenziale, su cui si fonda la previdenza delle varie cate

gorie di liberi professionisti secondo il modello della legge del

1980 sulla riforma della previdenza forense, è soggetto al corret

tivo del principio di solidarietà nella misura necessaria per assicu

rare a tutti i membri della categoria una prestazione minima ade

guata alle loro esigenze di vita. Nella 1. n. 773 del 1982 questo

limite trova attuazione nell'art. 2, 4° comma, il quale prevede

l'integrazione della pensione a un minimo pari al sestuplo del

contributo soggettivo minimo a carico dell'iscritto nell'anno an

teriore a quello di maturazione di diritto. Ai fini del relativo fi

nanziamento la legge prevede: a) l'obbligo di un contributo mini

mo indipendente dall'ammontare del reddito professionale; b) un

contributo di solidarietà del 3 per cento sulla parte di reddito

eccedente i 40 milioni, nonché un contributo anche a carico dei

professionisti non iscritti alla cassa (art. 10); c) un contributo

integrativo sotto forma di maggiorazione percentuale dei corri

spettivi (art. 11). In contraddizione col 4° comma e con la finalità dei menziona

ti flussi finanziari della cassa, il 5° comma dell'art. 2 ripristina

rigorosamente il principio di proporzionalità della pensione ai red

diti professionali in base ai quali sono calcolati i contributi accre

ditati nei conti individuali degli iscritti, escludendo ogni interven to di solidarietà. L'incoerenza della norma, in contrasto col prin

cipio di razionalità di cui all'art. 3 Cost., e insieme la contrarietà

al principio del minimo vitale garantito dall'art. 38, si accentua

no nell'applicazione al calcolo della pensione di inabilità e di in

validità, considerata l'incidenza negativa della patologia da cui

è affetto l'iscritto sulla sua capacità di guadagno.

L'argomento addotto dall'avvocatura dello Stato, secondo cui

il criterio dell'art. 2, 5° comma, si giustifica in quanto mira ad

evitare alla categoria professionale un aggravio a favore di sog

getti solo marginalmente impegnati nella professione, quale che

sia la sua consistenza in ordine alla pensione di vecchiaia, non

è trasferibile alle pensioni di inabilità e di invalidità. Nell'ambito

della previdenza forense se ne era resa conto già la 1. 2 maggio

1983 n. 175, che per queste due specie di pensioni aveva elimina

to dall'art. 4, 2° comma, 1. 20 settembre 1980 n. 576, il rinvio

al criterio del sottominimo previsto per la pensione di vecchiaia

dall'art. 2, 5° comma.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità

costituzionale degli art. 4, 2° comma, e 5, 3° comma, 1. 20 otto

bre 1982 n. 773 («riforma della Cassa nazionale di previdenza

e assistenza a favore dei geometri»), nella parte in cui, per il

calcolo delle pensioni di inabilità e di invalidità, rinviano all'art.

2, 5° comma; dichiara inammissibile la questione di legittimità

costituzionale dell'art. 2, 5° comma, della legge citata, sollevata,

in riferimento agli art. 3 e 38, 2° comma, Cost., dal Pretore

di Agrigento con l'ordinanza indicata in epigrafe.

II

Fatto. — 1. - Nel corso di un giudizio promosso dall'ing. Ma

rio Giorgetti contro la Cassa nazionale di previdenza per gli inge

gneri e gli architetti al fine di ottenere la liquidazione del supple

mento della pensione in misura piena, il Pretore di Udine, con

ordinanza del 6 giugno 1989, ha sollevato, in riferimento all'art.

3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, ultimo

comma, 1. 3 gennaio 1981 n. 6, nella parte in cui prevede che

il supplemento, spettante dopo cinque anni di iscrizione e di con

tribuzione successivi al pensionamento, sia liquidato in base alla

metà dei coefficienti stabiliti dal 1° e dal 5° (recte: 4°) comma

per la determinazione della pensione. Il giudice a quo osserva che «il caso in esame appare in tutto

e per tutto simile a quello relativo al supplemento di pensione

previsto per gli avvocati dall'art. 2, ultimo comma, 1. n. 576 del

Il Foro Italiano — 1990.

1980», caso già risolto dalla sentenza n. 1008 del 1988 (Foro it.,

1989, I, 2712) di questa corte nel senso dell'illegittimità della nor

ma in questione. 2. - Con quattro ordinanze di eguale tenore del 26 aprile 1989,

emesse nel corso di altrettanti procedimenti instaurati contro la

detta cassa da ingegneri pensionati tuttora iscritti all'albo, il Pre

tore di Latina ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., que

stione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 5° comma, 1. n.

6 del 1981, che prevede la riduzione di un terzo della pensione

di vecchiaia quando il titolare resti iscritto all'abo professionale.

Ad avviso del giudice remittente la decurtazione è irragionevo

le sia in se stessa sia in rapporto al diverso trattamento di altre

categorie professionali e all'interno della stessa categoria degli in

gegneri, in rapporto a quelli che esercitano la professione in co

stanza di un rapporto di lavoro alle dipendenze di un ente pub

blico o di un datore di lavoro privato. Costoro, infatti, quando

vengono collocati in quiescenza per raggiunti limiti di età, non

subiscono alcuna diminuzione della pensione pur se rimangono

iscritti all'albo.

L'ordinanza osserva, inoltre, che la norma impugnata non può

giustificarsi nemmeno alla stregua del principio di solidarietà, te

nuto conto anche dei rilievi svolti nella richiamata sentenza n.

1008 del 1988 di questa corte in ordine all'identica norma conte

nuta nell'art. 2, 6° comma, della legge sulla previdenza forense.

3. - Sempre in riferimento all'art. 3 Cost, la legittimità costitu

zionale dell'art. 2, 5° comma, 1. n. 6 del 1981 è contestata anche

dal Pretore di Milano con ordinanza del 20 luglio 1988, pervenu

ta alla Corte costituzionale il 6 ottobre 1989. Gli argomenti sono

analoghi a quelli del Pretore di Latina. (Omissis)

Diritto. — 1. - Il Pretore di Udine ha sollevato questione di

legittimità costituzionale dell'art. 2, 7° comma, 1. 3 gennaio 1981

n. 6, sulla previdenza per gli ingegneri e gli architetti, nella parte

in cui dispone che il supplemento della pensione, spettante a co

loro che continuano l'attività professionale per almeno cinque anni

dopo il pensionamento, sia calcolato mediante coefficienti pari

alla metà di quelli previsti per la liquidazione della pensione.

Dai Pretori di Latina e di Milano è contestata la legittimità

costituzionale anche del 5° comma del medesimo art. 2, a mente

del quale la pensione di vecchiaia è ridotta a due terzi quando

il titolare mantenga l'iscrizione all'albo professionale.

L'identità della questione oggetto dei giudizi promossi dai Pre

tori di Latina e di Milano ne impone la riunione. Per ragioni

di connessione è opportuno dispore altresì la riunione di tale que

stione con quella sollevata dal Pretore di Udine, in guisa che en

trambe siano decise con unica sentenza.

2. - La prima questione è fondata.

Nel sistema della 1. n. 6 del 1981, ricalcato sulla riforma della

previdenza forense attuata con la 1. 20 settembre 1980 n. 576,

il principio di solidarietà non si sovrappone al principio di pro

porzionalità della pensione ai contributi personali versati (a loro

volta proporzionali al reddito professionale netto, entro un limite

massimo), ma introduce un correttivo destinato ad operare nella

misura necessaria, secondo le circostanze, per assicurare a tutti

i membri della categoria professionale una pensione minima ade

guata alle loro esigenze di vita.

Poiché per i pensionati che continuano l'attività professionale

l'art. 9, 3° comma, tiene fermo l'obbligo di contribuzione perso

nale alla cassa in misura intera, il criterio di correlazione tra con

tribuzione e prestazione previdenziale deve valere anche per la

determinazione del supplemento della pensione. In quanto appli

ca percentuali di calcolo dimezzate rispetto a quelle con cui si

determina l'ammontare della pensione, la norma impugnata viola

il principio di eguaglianza. Né può essere giustificata richiaman

do il principio solidaristico, sia perché, considerata la situazione

economica della cassa, l'imposizione di un tale sacrificio ai pen

sionati ultrasettantenni non appare necessaria per garantire un

livello adeguato del trattamento minimo, sia perché gli ingegneri

pensionati sono già gravati, come ogni altro iscritto all'albo, da

un obbligo di solidarietà nella forma di un contributo a fondo

perduto del tre per cento sul reddito eccedente i quaranta milioni

di lire. 3. - Pure la seconda questione è fondata.

L'argomento su cui i giudici remittenti insistono maggiormente

fa leva sulla differenza di trattamento, all'interno della categoria

degli ingegneri e degli architetti, tra gli scritti all'albo che, in vir

tù di un pregresso rapporto di lavoro, fruiscono di una pensione

a carico dello Stato o dell'assicurazione generale Inps e gli inge

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

gneri titolari di pensione erogata dalla cassa: solo i secondi, non

anche i primi, subiscono una decurtazione della pensione a causa

della continuazione dell'attività professionale. In questi termini l'argomento non è producente perché pro

spetta una differenza di trattamento derivante dalla titolarità di

pensioni erogate da sistemi previdenziali diversi, ciascuno con una

propria autonoma disciplina. Tuttavia, può essere recuperato ri

formulando in connessione con la ratio sottesa alla norma impu

gnata, la quale, essendo identica a quella contenuta nell'art. 2, 6° comma, della legge sulla previdenza forense, ne ripete la fina

lità di «disincentivare la prosecuzione del servizio professionale da parte di quei professionisti che già sono in pensione» (cfr. Camera dei deputati, Vili legislatura, commissioni riunite giustizia

lavoro, seduta del 26 giugno 1980). Valutato da questo punto di vista, l'art. 2, 5° comma, 1. n. 6 del 1981 urta contro il princi

pio di eguaglianza in quanto discrimina gli ingegneri affiliati alla

cassa gravandoli di un disincentivo all'esercizio della professione

dopo il pensionamento, dal quale sono esenti gli ingegneri iscritti

ad altre forme di previdenza in dipendenza di un rapporto di

lavoro subordinato o di altra attività di lavoro autonomo.

Del resto la norma impugnata contrasta con l'art. 3 Cost, an

che sotto il profilo del principio di ragionevolezza, per motivi

analoghi a quelli esposti nella sentenza n. 1008 del 1988 in rela

zione alla norma corrispondente della legge sulla previdenza forense.

Anche per la categoria degli ingegneri si può osservare che la

penalizzazione della prosecuzione dell'esercizio professionale da

parte dei titolari di pensioni erogate dalla cassa non è giustificata né dal livello delle prestazioni, sempre modesto e nel caso del

Pretore di Milano addirittura inferiore alla pensione sociale (tre milioni annui, ridotti a due ai sensi della disposizione denuncia

ta), né dalle condizioni di questo settore del mercato dei servizi,

le quali non sono tali che la continuazione dell'attività professio nale da parte degli ingegneri pensionati a carico della cassa possa essere ritenuta un ostacolo all'accesso dei giovani alla professio

ne, né infine dalla situazione finanziaria della cassa, la quale ne

gli ultimi anni si è arricchita consentendo che il contributo sul

reddito fino a lire 40 milioni, già diminuito dal dieci al nove per cento a partire dal 1° gennaio 1984, fosse ulteriormente ri

dotto, dal 1° gennaio 1988, al sei per cento con decreto del mini

stro del lavoro 18 dicembre 1987, n. 548.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di

chiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, 7° comma, 1. 3 gen naio 1981 n. 6 («norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti»), nella parte in cui prevede che il supplemento della pensione, spettante a coloro che dopo la maturazione del

diritto a pensione continuano per cinque anni l'esercizio della pro

fessione, «è pari, per ognuno di tali anni, alla metà delle percen tuali di cui al 1° e al 5° (recte: 4°) comma, riferite alla media

dei redditi professionali risultanti dalle dichiarazioni successive

a quelle considerate per il calcolo del pensionamento», anziché

alle percentuali intere; dichiara l'illegittimità costituzionale del

l'art. 2, 5° comma, della stessa 1. 3 gennaio 1981 n. 6.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 marzo 1990, n. 126

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 marzo 1990, n. 12);

Pres. Saja, Est. Baldassarre; Provincia autonoma di Trento

(Avv. Onida) e Regione Veneto (Avv. Berti) c. Pres. cons,

ministri. Conflitto di attribuzioni.

Trentino-Alto Adige — Provincia autonoma di Trento — Auto

rità di bacino idrografico — Composizione — Esclusione di

organi provinciali — Spettanza allo Stato — Esclusione (D.p.r.

31 agosto 1972 n. 670, approvazione del t.u. delle leggi costitu

zionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adi

ge, art. 8, 9, 16; 1. 18 maggio 1989 n. 183, norme per il riasset

to organizzativo e funzionale della difesa del suolo, art. 12,

14, 32). Acque pubbliche e private — Autorità di bacino — Composizio

ne — Procedimento di formazione — Presunta violazione di

competenze regionali — Conflitto di attribuzioni — Inammissi

bilità (L. 18 maggio 1989 n. 183, art. 12, 14).

Il Foro Italiano — 1990.

Acque pubbliche e private — Autorità di bacino — Composizio ne — Presunta violazione di competenze regionali — Conflitto

di attribuzioni — Inammissibilità (L. 18 maggio 1989 n. 183, art. 12, 14).

Non spetta allo Stato costituire le «autorità di bacino», di cui

agli art. 12 e 14 l. 18 maggio 1989 n. 183, in relazione alle

autorità esercitanti poteri interferenti con competenze attribui

te alle province autonome di Trento e Bolzano, senza indivi

duare come componenti dei relativi organi il presidente e fun zionari della provincia autonoma di Trento, anziché della re

gione Trentino-Alto Adige; vanno, pertanto, annullati in parte

qua i d.p.c.m. 10 agosto 1989 relativi alla costituzione delle

autorità di bacino dei fiumi Po, Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave e Brenta-Bacchiglione. (1)

È inammissibile, in quanto tendente a far valere una questione di legittimità costituzionale e non un conflitto di attribuzioni, il ricorso proposto dalla regione Veneto contro i d.p.c.m. 10

agosto 1989 relativi alla costituzione delle autorità di bacino

dei fiumi Po, Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave e Brenta

Bacchiglione, nella parte in cui stabiliscono le modalità di com

posizione delle «autorità di bacino», di cui agli art. 12 e 14

l. 18 maggio 1989 n. 183. (2) È inammissibile, in quanto non conferente con attribuzioni costi

tuzionalmente garantite, il ricorso proposto dalla regione Vene

to contro i d.p.c.m. 10 agosto 1989 relativi alla costituzione

delle autorità di bacino dei fiumi Po, Isonzo, Tagliamento, Li

venza, Piave e Brenta-Bacchiglione, in ordine al procedimento di formazione con il quale essi sono stati emanati. (3)

ri

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 febbraio 1990, n. 85

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 marzo 1990, n. 10); Pres.

Saja, Est. Baldassarre; Regioni Friuli-Venezia Giulia (Avv.

Pacia) e Veneto (Avv. Berti), Province autonome di Trento

(Avv. Panunzio, Riz) e Bolzano (Aw. Onida, Rueca) c. Pres.

cons, ministri (Aw. dello Stato Ferri).

Acque publiche e private — Legge di difesa del suolo — Presunte

violazioni di competenze regionali e di province autonome —

Questioni di costituzionalità accolte, inammissibili, infondate

e infondate ai sensi di cui in motivazione (Cost., art. 117, 118,

125; 1. cost. 31 gennaio 1963 n. 1, statuto della regione Friuli

Venezia Giulia, art. 4, 5, 58; d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670, art. 8, 9, 12, 14, 16, 68, 89, 100, 107, 11; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 4, 66, 69, 71, 73, 79, 80, 81, 82, 87, 88,

89, 90, 91, 101; 1. 18 maggio 1989 n. 183, art. 1, 3, 4, 9, 12,

13, 14, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 24, 25, 28, 32, 35).

È inammissibile, per carente motivazione del ricorso, la questio ne di legittimità costituzionale della l. 18 maggio 1989 n. 183,

nella parte in cui determina l'organizzazione dei bacini idrogra

fici ed i poteri degli organi relativi, per presunta violazione del

le competenze regionali, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost.,

4, nn. 2, 9, 12, 13, e 5, n. 14, statuto speciale Friuli-Venezia

Giulia, 8, 9, 14, 16 statuto speciale Trentino-Alto Adige. (4) È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legit

timità costituzionale dell'art. 1,5° comma, l. 18 maggio 1989

n. 183, nella parte in cui attribuisce alle norme contenute nelle

successive disposizioni della medesima legge valore di norme

fondamentali di riforma economico-sociale della repubblica non

ché valore di principi fondamentali ai sensi di cui all'art. 117

Cost, (in motivazione si afferma che l'autoqualificazione delle

disposizioni non ha valore determinante del loro effettivo

valore). (5)

(1-22) Per una precedente pronuncia di costituzionalità in materia di

acque pubbliche, v., da ultimo, Corte cost. 3 dicembre 1987, n. 471, Foro it., 1989, I, 1323, con nota di richiami. In ordine ai più recenti

interventi normativi in materia cfr. il d.l. 5 febbraio 1990 n. 16, Le leggi,

1990, 205/6, contenente misure urgenti per il miglioramento qualitativo e per la prevenzione dell'inquinamento delle acque.

Con particolare riferimento alla massima sub 22), Trib. sup. acque 20

ottobre 1988, n. 67, Foro it., Rep. 1988, voce Acque pubbliche, n. 30, ha

affermato che il potere di iniziare il procedimento per la variante generale

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