sentenza 15 novembre 1989, n. 505 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 22 novembre 1989, n.47); Pres. Conso, Est. Corasaniti; Regioni Toscana ed Emilia-Romagna (Avv. Predieri) c. Pres.cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 1139/1140-1145/1146Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184613 .
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1139 PARTE PRIMA 1140
Entrambe queste discrasie, derivanti dal valore attualmente as sunto dall'art. 1, 2° comma, r.d. 16 marzo 1942 n. 267, nella
parte in cui determina in lire 900.000 il limite di investimento di capitale cui ragguagliare la figura del piccolo imprenditore, inducono a ritenere non manifestamente infondata la questione, sollevata dal p.m., dell'illegittimità costituzionale della norma, in relazione al disposto dell'art. 3 Cost.
Ili
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il 30 marzo 1989, Malvezzi Divo, interponeva opposizione avver so la sentenza emessa in data 3 marzo 1989, con la quale l'inte stato tribunale ne aveva dichiarato il fallimento, su ricorso di Cantaroni dementa, T.N.V. s.p.a., A.L.F. s.p.a.
A conforto dell'impugnazione, l'opponente deduceva che il fal lito aveva gestito due attività imprenditoriali, una l'«Artintaglio» avente ad oggetto la produzione di mobili, l'altra la «Bioflora», destinata all'allevamento dei lombrichi; precisava che tale secon da attività era cessata all'inizio del 1988 e che, comunque, anda va ricompresa fra le attività agricole; quanto alla prima, osserva va che era sempre stato iscritto all'albo delle imprese artigiane e che solo recentemente era stata rilasciata licenza di commercio. Per tali ragioni, reputandosi piccolo imprenditore, chiedeva la revoca del fallimento.
La curatela e la ditta A.L.F. s.p.a. non si costituivano in giu dizio e venivano dichiarati contumaci. (Omissis)
Motivi della decisione. - La decisione sulla presente controver sia risulta influenzata, in misura determinante, dalla recente pro nuncia con la quale la Corte costituzionale (sentenza 570/89, Fo ro it., 1990, I, 1132) ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 1 1. fall, nella parte in cui prevede un criterio rigido e predeterminato per l'individuazione del piccolo imprenditore, anziché rinviare alle nor me di cui agli art. 2083 e 2221 c.c.
Tale premessa si impone, atteso che, prima di questa decisione, una volta accertata la natura commerciale dell'attività svolta (e sul punto, il rilascio della licenza commerciale per vendita al mi nuto e la cancellazione dall'albo delle imprese artigiane, costitui scono dati incontrovertibili), non vi era spazio per l'esclusione
dell'assoggettamento alle procedure concorsuali, se non dimostran do un impiego di capitale inferiore a lire 900.000.
Ora, invece, a seguito della pronuncia di illegittimità costitu
zionale, che si deve intendere invocabile a tutti i rapporti non
esauriti, come quello in esame, il tribunale deve valutare se il Malvezzi fosse piccolo imprenditore alla luce delle sopra citate norme generali del codice civile.
Orbene, secondo l'art. 2083 c.c., è piccolo imprenditore colui che esercita un'attività professionale organizzata prevalentemente con il proprio lavoro e dei componenti della famiglia. Il concetto di prevalenza, va rapportato agli altri fattori della produzione e, in particolare, al capitale investito; ecco, allora, che, cancella to l'art. 1 1. fall., all'autorità giudiziaria è affidato l'onere di stabilire quando vi sia prevalenza del lavoro.
Ritiene il collegio che laddove vi sia un'impresa organizzata in forma strettamente familiare, nel senso che vi è l'apporto de terminante della persona del titolare dell'impresa, il coefficiente di valore del lavoro spiegato, debba essere tale da permettere al
l'imprenditore il conseguimento di un guadagno che consenta a lui e alla sua famiglia un decoroso tenore di vita. In tale conte sto, tenuto conto degli stipendi medi della categoria del commer cio per gli impiegati con una certa anzianità e responsabilità, il fattore lavoro non può essere stimato in meno di lire 30.000.000.
Occorre, allora, che il capitale impiegato nell'impresa sia inferio re a lire 30.000.000; la correttezza di una siffatta argomentazione trova la propria conferma nel fatto che, rapportando il capitale di lire 900.000 del 1952 (anno legislativo di riferimento) alla data
odierna, secondo gli indici di svalutazione, avuto riguardo alla
maggiore onerosità degli investimenti, si perviene ad una cifra non lontana da quella di lire 30.000.000 sopra evidenziata; som ma, fra l'altro, prevista in un disegno di legge presentato al par lamento in occasione dell'iniziativa per la riforma della legge con corsuale.
Ciò posto, occorre stabilire quale capitale il Malvezzi aveva investito nell'impresa. Prima di procedere alla valutazione di questo dato, occorre chiedersi a quale momento occorra fare riferimen to; secondo una parte, autorevole, della giurisprudenza, si do
li. Foro Italiano — 1990.
vrebbe tener conto del momento dell'investimento, ma una tale soluzione non appare equa, posto che consentirebbe di pervenire a declaratorie di fallimento per situazioni che non lo meritano
più al momento della decisione; tale affermazione non deve ap parire metagiuridica, laddove si osservi che la decisione della Corte costituzionale ha certamente un significato, anche in una pro spettiva di deflazione delle procedure concorsuali. Né va tras curato che, altrimenti, i successivi decrementi del capitale (di per sé certamente leciti) potrebbero rimanere ininfluenti per la valu tazione ex art. 1 1. fall. D'altra parte, poiché è il legislatore che con le disposizioni di cui agli art. 10 e 11 1. fall, ha voluto privile giare l'intervento dell'autorità giudiziaria solo entro l'anno dalla cessazione dell'impresa (ed anche l'ultimo anno è un dato deter minante nell'economia delle revocatone fallimentari), sembra lo
gico ricavarne un criterio consimile per l'accertamento della qua lifica di piccolo imprenditore (cosi come per l'artigiano).
I fautori dell'opposta tesi potrebbero replicare che, in prossi mità della dichiarazione di fallimento l'impresa decotta, secondo Vid quod plerumque accidit, è priva dei beni perché colpiti da
pignoramenti ovvero perché alienati, di talché il capitale impiega to nell'impresa sarebbe sempre modestissimo. L'accoglimento di tale tesi incontra forti resistenze proprio sul terreno fattuale. Poi ché la disgregazione del capitale è un evento che, comunque si verifichi (istantaneamente o con operazioni ripetute), è di facile accertamento per il creditore diligente (già attento per effetto del
l'inadempimento del debitore), è agevole ricordare che una tem
pestiva presentazione dell'istanza di fallimento rappresenta uno strumento adeguato ed efficace per prevenire la temuta conse
guenza sopra accennata.
Risolti in via astratta i quesiti sull'applicabilità dell'art. 2083
c.c., è necessario ora prendere in esame la situazione del fallito Malvezzi. Posto che, per capitale investito, occorre aver riguardo sia a quello fisso che a quello circolante, reputa il collegio che debbano essere considerati tutti i beni che il curatore ha inventa
riato, contraddistinti da un vincolo di destinazione economica fun zionale all'esercizio dell'impresa (quindi, oltre ai beni, intesi in senso stretto, anche le utilitas, quali, ad esempio, i canoni di lo
cazione). Una precisa quantificazione del valore dei beni inventariati, può
essere operata, avuto riguardo alle vendite compiute dal curatore e autorizzate dal giudice delegato; attualmente, la liquidazione dell'attivo ha fruttato la somma di circa lire 9.000.000, pari alla
prevalenza dei beni inventariati. A questo punto, pur tenendo conto dei canoni di locazione dovuti per l'immobile occupato per l'esercizio dell'attività di impresa, e del capitale investito per la
pubblicità (quale risulta dall'insinuazione di T.N.V.), non sem bra si possa pervenire a quella soglia di lire 30.000.000 sopra menzionata.
L'opposizione, alla luce dell'intervento della Corte costituzio
nale, si rivela, dunque, fondata e la sentenza di fallimento deve essere revocata. La domanda accessoria risarcitoria va, invece, respinta, dal momento che, quando vennero presentate le istanze di fallimento, esistevano tutti i requisiti per l'assoggettamento del Malvezzi alle procedure concorsuali.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 novembre 1989, n. 505
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 novembre 1989, n. 47); Pres. Conso, Est. Corasaniti; Regioni Toscana ed Emilia
Romagna (Avv. Predieri) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Laporta).
Tributi locali — Imposta comunale di soggiorno — Soppressione — Attribuzione alle regioni di somme statali con vincolo di mandato — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117, 118, 119; 1. 17 maggio 1983 n. 217, legge quadro per il turismo ed interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica, art. 2, 13, 14; d.l. 2 marzo 1989 n. 66, disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale, art. 10; 1. 24 aprile 1989 n. 144,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
conversione in legge, con modificazioni del d.l. 2 marzo 1989
n. 66, art. 1).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10,
2° comma, d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in l. 24 aprile 1989 n. 144, nella parte in cui, a seguito della soppressione
dell'imposta comunale di soggiorno, attribuisce alle regioni per
gli anni 1988 e 1989 somme di importo pari a quelle devolute
a titolo di imposta di soggiorno per l'anno 1988, imponendo alle regioni stesse un vincolo di destinazione per tali somme,
in riferimento agli art. 117, 118 e 119 Cost. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 24 marzo 1988, n. 360
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 6 aprile 1988, n. 14); Pres.
Saja, Est. Corasaniti; Comune di Trento c. Regione Trentino
Alto Adige. Ord. Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 1986 (G.U., la s.s., n. 60 del 1986).
Trentino-Alto Adige — Proventi da concessioni non governative — Riparto tra regione e comuni — Questione «ictu oculi» ma
nifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 5, 117,
119, 128; d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670, approvazione del t.u.
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige, art. 73; 1. reg. Trentino-Alto Adige 10
aprile 1980 n. 5, modifiche e integrazioni alla 1. reg. 29 dicem bre 1975 n. 14 e successive modificazioni, concernente: discipli
na delle tasse regionali e delle soprattasse provinciali sulle con
cessioni non governative e maggiorazione delle aliquote,
art. 2).
È manifestamente infondata, in quanto ictu oculi priva di qual
siasi fondamento, la questione di legitimità costituzionale del
l'art. 2 l. reg. Trentino-Alto Adige 10 aprile 1980 n. 5, nella
parte in cui devolve ai comuni di quella regione il sessanta per
cento del gettito delle tasse per concessioni non governative gra vanti su atti dei comuni stessi, riservando il residuo quaranta
per cento alla regione, in riferimento all'art. 73 dello statuto
ed agli art. 5, 117, 119 e 128 Cost. (2)
I
Diritto. — 1. - Le regioni Toscana ed Emilia-Romagna hanno
impugnato, siccome lesiva della loro sfera di compentenza, la nor
ma contenuta nell'art. 10, 2° comma, d.l. 2 marzo 1989 n. 66
(disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli en
ti locali e di finanza locale), convertito con modificazioni nella
1. 24 aprile 1989 n. 144.
(1-2) L'ordinanza di rimessione Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 1986, è massimata in Foro it., 1988, III, 64, con nota di richiami.
La decisione di cui alla seconda massima è commentata da G. Gaffu
ri, Autonomia dei comuni e destinazione parziale del gettito tributario
alla regione, in Regioni, 1988, 1318 ss.
Sulla legge quadro per il turismo, v. AA.VV., La legislazione turistica
nella legge quadro 17 maggio 1983 n. 217 e l'ordinamento statuale regio
nale, Padova, 1988. Relativamente a questioni di costituzionalità in materia di finanza re
gionale, v., da ultimo, Corte cost. 23 giugno 1988, n. 713, Foro it., 1989,
I, 1670; 24 marzo 1988, n. 331, ibid., 2675, con note di richiami. In
dottrina, cfr. Pinelli, Un'altra legge finanziaria alla Consulta: i nuovi
orientamenti della corte in tema di rapporti Stato-regioni e di finanza
regionale, in Giur. costit., 1987, I, 2332; Collevecchio, Il sistema di
finanziamento delle regioni tra rivendicazioni autonomistiche e realtà nor
mativa, in Confronti, 1988, fase. 3, 43; Pollice, Nuovi sviluppi della
finanza regionale, in Nuova rass., 1988, 857.
Per una serie di pronunce di costituzionalità relative a tributi locali
(ed in particolare con riferimento all'Invim), cfr. Corte cost. 7 aprile
1988, n. 410, Foro it., 1989, I, 43; 30 settembre 1987, n. 301, ibid.,
2042, con note di richiami. Circa l'obbligo delle province e dei comuni
con più di ottomila abitanti di comunicare i propri conti consuntivi, cfr.
Corte cost. 13 ottobre 1988, n. 961, ibid., 1349.
In materia di assistenza sanitaria integrativa nella provincia di Bolza
no, v. Corte cost. 3 novembre 1988, n. 1011, ibid., 3377; nella regione Valle d'Aosta, v. Corte cost. 21 marzo 1989, n. 138, ibid., 1727.
Il Foro Italiano — 1990.
Ciascuna regione ha proposto due distinti ricorsi — uno contro
il decreto legge e l'altro contro la legge di conversione — dal
contenuto identico fra loro e rispetto ai ricorsi dell'altra. Ciò con
sente di passare all'esame della stessa questione cosi posta per
la decisione mediante un'unica sentenza.
2. - Con il d.l. n. 66 del 1989, come sopra convertito in legge, è stata introdotta (art. 1) l'imposta comunale di esercizio, nel
territorio del comune, di arti e professioni e di imprese (Iciap),
a decorrere dal 1989 e, come è precisato con la legge di conver
sione, «fino all'approvazione della legge organica regolatrice del
l'autonomia impositiva degli enti locali».
In tale quadro è stata soppressa (art. 10, 1° comma) l'imposta comunale di soggiorno, di cui al r.d.l. 24 novembre 1938 n. 1926,
convertito nella 1. 2 giugno 1939 n. 739, e successive modificazio
ni ed integrazioni. Inoltre sono state attribuite alle regioni (art.
10, 2° comma), per i due (soli) anni 1988 e 1989, somme di im
porto pari a quelle devolute a titolo di imposta di soggiorno per
l'anno 1988 agli enti beneficiari del gettito dell'imposta stessa,
esclusi i comuni e le sezioni autonome per l'esercizio del credito
alberghiero e turistico, disponendosi in pari tempo che le somme
cosi pervenute alle regioni siano dalle stesse utilizzate per il fabbi
sogno finanziario degli enti provinciali per il turismo, delle azien
de di soggiorno o di quelle di promozione turistica.
Proprio di tale ultima disposizione — nella parte in cui sotto
pone l'erogazione finanziaria a vincolo di destinazione delle som
me erogate a favore di enti predeterminati (le aziende di soggior
no e quelle di promozione turistica sono indicate nel decreto leg
ge, e gli enti provinciali per il turismo, con modificazione
aggiuntiva che non sposta i termini della questione, nella legge
di conversione) — si dolgono le regioni ricorrenti. Le quali assu
mono che essa viola gli art. 117, 118 e 119 Cost., comprimendo l'autonomia regionale finanziaria sul versante della spesa e disco
standosi dalle norme (o dai principi) di cui alla legge-quadro sul
turismo 17 maggio 1983 n. 217.
In particolare, secondo le ricorrenti, la loro autonomia finan
ziaria sarebbe lesa dall'esclusione o dall'intollerabile limitazione
della loro libertà nell'impiego delle somme erogate: esclusione o
limitazione che la normativa in oggetto opererebbe per il fatto
stesso di predeterminare i beneficiari finali dell'erogazione. La
compressione dell'autonomia finanziaria regionale sul versante della
spesa — consumata mediante il carattere fino a tal punto detta
gliato della normativa impugnata — sarebbe tanto più grave in
quanto sarebbero stati indicati quali beneficiari alcuni enti (l'a
zienda comunale autonoma di soggiorno e gli enti provinciali del
turismo) dei quali è prevista la soppressione dalla legislazione sta
tale vigente e particolarmente dalla citata legge-quadro sul turi
smo. Inoltre, la destinazione vincolata sarebbe in contrasto con
quest'ultima legge, perché impedirebbe l'utilizzazione delle som
me erogate a fini da essa contemplati, come la programmazione
turistica.
3. - Le censure non sono fondate.
Può senz'altro riconoscersi che un finanziamento come quello
di cui si tratta non è coerente con il sistema della finanza derivata
regionale — quale tracciato dalla 1. 16 maggio 1970 n. 281, me
diante l'istituzione di fondi senza vincoli di destinazione — e che
questa corte, pur dando atto del delinearsi (accanto a quel siste
ma) di una prassi normativa di introduzione, per settori legati
a interessi unitari di particolare rilevanza e intensità, di finanzia
menti a destinazione vincolata (sentenze nn. 64 del 1987, Foro
it., 1987, I, 2642; 517 del 1987, id., Rep. 1988, voce Sport, nn.
29-40; nn. 356 e n. 357 del 1985, id., Rep. 1986, voce Agricoltu
ra, nn. 70-78, 80), ha postulato, quale requisito di legittimità di
simili operazioni sotto il profilo in esame, che alle regioni sia
garantita la libertà di valutazioni e di impieghi compatibile con
la destinazione vincolata (cfr. le sentenze n. 64 del 1987 e nn.
356 e 357 del 1985). Ma qui va anzitutto considerato che il contenuto della norma
tiva impugnata sconta il carattere sostitutivo dell'attribuzione ri
spetto all'imposta di soggiorno contestualmente soppressa con ri
ferimento alla destinazione vincolata dell'entrata che, presente in
tutte le edizioni della detta imposta (cfr. art. 7 r.d.l. 24 novembre
1938 n. 1926, convertito in 1. 2 giugno 1939 n. 739; art. 2 1.
4 marzo 1958 n. 174; art. 12 d.l. 23 dicembre 1977 n. 936, con
vertito in 1. 23 febbraio 1978 n. 38 e art. 24 d.l. 28 febbraio
1983 n. 55, convertito, con modificazioni, in 1. 26 aprile 1983
n. 131), è ritenuta compatibile con il sistema della finanza regio
nale dall'art. 4, ultimo comma, della stessa legge-quadro per il
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1143 PARTE PRIMA 1144
turismo n. 217 del 1983. Compatibilità, codesta, che trova la sua
giustificazione nella rilevanza e intensità di interessi unitari nel
settore, desumibili dalla previsione di un particolare strumento
di coordinamento della programmazione turistica e di un finan
ziamento aggiuntivo alle regioni (rispettivamente art. 2 e 13 della
detta legge-quadro). La misura adottata, peraltro, non è a tempo indeterminato —
cioè essa non concreta una nuova forma di finanziamento a regi me — ma è disposta in via transitoria (indirettamente in quanto riferita all'Iciap, dal cui gettito sono prelevate le somme da ero
gare ai sensi dell'art. 6 del decreto-legge come sopra convertito
e della legge di conversione impugnata, essendo l'Iciap a sua vol
ta introdotta, come è stato rilevato, in attesa dell'organica siste
mazione normativa della finanza locale, ma soprattutto diretta
mente) in quanto la durata dell'attribuzione è limitata ai soli due
anni 1988 e 1989.
Sostitutività e transitorietà sono qui intimamente collegate e
si concretano nella provvisorietà ed eccezionalità della normati
va. Orbene, tali caratteristiche — in una con la correlata necessi
tà obiettiva di provvedere al finanziamento di enti abilitati allo
svolgimento di attività turistiche anche se in via di soppressione
—, se apprezzate con specifico riguardo alla ben precisa limita
zione dell'erogazione a due anni, valgono a rendere tollerabile
per l'autonomia regionale le compressioni esercitate (cfr., per ana
loga visuale, le sentenze di questa corte n. 610 del 1988, id., 1989,
I, 1032; n. 34 del 1984, id., 1985, I, 975 e n. 307 del 1983, id., 1984, I, 341).
Non si oppongono a tale conclusione le considerazioni delle
regioni ricorrenti circa la previsione, quali beneficiari del finan
ziamento, di enti già soppressi e circa l'impossibilità della desti
nazione delle somme erogate al fine della programmazione turistica.
Quanto al primo profilo è sufficiente osservare che la disposi zione muove dal presupposto, conforme a realtà, che non in tutte
le regioni le aziende di soggiorno e gli enti provinciali per il turi
smo siano stati soppressi e che, come pur previsto dall'art. 4 del
la legge-quadro sul turismo, siano state costituite le aziende di
promozione turistica, e cosi prevede che l'erogazione sia destina
ta agli enti turistici in vita, a seconda dei casi perché non ancora
soppressi o perché nuovamente istituiti in via duratura.
Quanto al secondo profilo — anche a prescindere da ogni ri
serva sulla tesi delle regioni ricorrenti, che il legislatore statale
non possa discostarsi da quanto precedentemente stabilito con
una propria legge-cornice — è appena il caso di osservare che
non vi è alcuna incompatibilità tra la previsione del finanziamen to aggiuntivo in argomento e la regolamentazione del finanzia
mento aggiuntivo previsto in stretta correlazione con la program mazione turistica, ai sensi degli art. 2, 13 e 14 della legge-quadro sul turismo.
Certo, mentre si ritiene giustificata per quanto finora detto la normativa esaminata, è necessario rilevare come, nel disporre in
tema di finanziamento nei confronti delle regioni, non possa pro cedersi per interventi frammentati, al di fuori di qualsiasi disegno coerente, senza che rischi di rimanerne inficiata la correttezza del
l'indirizzo normativo (quando non la stessa legittimità delle sin
gole normative in cui l'indirizzo si concreta) in riferimento ad una sostanziale vanificazione dell'autonomia finanziaria regiona le, perpetrata attraverso l'elusione dell'esigenza delle regioni di
impostare mediante tempestive determinazioni una propria politi ca di spesa (cfr. sentenze n. 610 del 1988, cit., e n. 271 del 1986, id., 1987, I, 2943).
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di
chiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, in
riferimento agli art. 117, 118 e 119 Cost., dell'art. 10, 2° comma, d.l. 2 marzo 1989 n. 66 (disposizioni urgenti in materia di auto
nomia impositiva degli enti locali e di finanza locale), convertito, con modificazioni, nella 1. 24 aprile 1989 n. 144, sollevata dalle
regioni Toscana ed Emilia-Romagna con i ricorsi indicati in
epigrafe.
II
Ritenuto che con ordinanza resa nel giudizio di impugnazione contro i provvedimenti nn. 832 e 833 emessi il 12 giugno 1980 dalla giunta regionale del Trentino-Alto Adige in attuazione del l'art. 2 1. 10 aprile 1980 n. 5 (modifiche e integrazioni alla 1.
reg. 29 dicembre 1975 n. 14 e successive modificazioni, concer
II Foro Italiano — 1990.
nente «disciplina delle tasse regionali e delle soprattasse provin ciali sulle concessioni non governative» e maggiorazione delle ali
quote), il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli art.
73 dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige, 5,
117, 119 e 128 Cost., questione di legittimità costituzionale del
detto art. 2;
che, secondo il giudice a quo, dalla prostulata dichiarazione
di illegittimità costituzionale della norma denunciata discendereb
be l'illegittimità delle deliberazioni impugnate davanti ad esso, dirette a prescrivere criteri e modalità ai comuni nella compila zione di elenchi relativi ad atti comunali soggetti alle tasse suindi
cate e a individuare gli atti stessi;
che, sempre secondo il giudice a quo, la norma denunciata, devolvendo ai comuni del Trentino-Alto Adige il solo sessanta
per cento del gettito delle tasse per concessioni non governative
gravanti su atti dei comuni stessi, e riservando il residuo quaran ta per cento alla regione, onerata dell'accertamento e della riscos
sione del tributo, avrebbe posto deroga all'art. 8 d.l. 10 novem
bre 1978 n. 702, convertito con 1. 8 gennaio 1979 n. 3, che ha
assoggettato gli atti emessi dai comuni nell'esercizio delle loro
funzioni, comprese quelle attribuite dal d.p.r. 24 luglio 1977 n.
616, per i quali era dovuta la tassa sulle concessioni governative di cui al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 641 e successive integrazioni e modificazioni, a decorrere dal 1° gennaio 1979, a tassa sulle
concessioni comunali, devolvendo ai comuni l'intero gettito del
tributo; che con il disporre senza istituire un tributo proprio, ma modi
ficando la disciplina statale di un tributo locale, per di più in
violazione dei principi del sistema tributario, la regione avrebbe
varcato i limiti fissati alla potestà tributaria regionale dall'art.
73 dello statuto per il Trentino-Alto Adige in relazione all'art.
116 Cost., mentre, con il dovolvere ai comuni solo una parte del gettito del tributo, la regione stessa avrebbe violato i principi dell'autonomia anche finanziaria (regionale e comunale) desumi
bile dagli art. 5, 119 e 128 Cost.
Considerato che la legge regionale impugnata individua il pro prio campo di applicazione con riferimento alla tassa regionale
(un tributo, dunque, proprio della regione) istituita dalla 1. reg. 29 dicembre 1975 n. 14 su concessioni non governative aventi
per oggetto anche atti comunali, e quindi gli atti comunali che, elencati nella tariffa allegata ad essa legge impugnata, trovano
riscontro in quella allegata alla 1. reg. n. 14 del 1975 ora men
zionata; che il problema se la coincidenza fra gli atti comunali definiti
con l'art. 8 d.l. n. 702 del 1978 (concernente tasse governative su atti comunali trasferite ai comuni e quelli elencati nelle tariffe
allegate alle leggi regionali n. 14 del 1975 e n. 5 del 1980 determi
ni un contrasto fra la disciplina regionale da tali leggi desumibile
(concernente tasse regionali su atti comunali) è, prima che da
risolvere negativamente (il contrasto non ricorre, ben potendo deirsi
concorrenza di due tributi, uno regionale e uno comunale, o di venuto tale, sui medesimi atti comunali), irrilevante, giacché una
disciplina della regione ben può discostarsi, ove rientri nell'ogget to e non ecceda i limiti propri della potestà legislativa regionale, da una disciplina statale;
che il problema se la disciplina regionale in argomento rientri
nell'oggetto della potestà legislativa della regione Trentino-Alto
Adige è da risolvere affermativamente, poiché tale regione ha po testà legislativa in materia tributaria ai sensi dell'art. 73 dello statuto speciale, in riferimento all'art. 116 Cost., e, pertanto, può, tenuto conto del necessario coordinamento del detto art. 73 con
l'art. 5 dello statuto stesso (che concerne la competenza della re
gione medesima in tema di ordinamento dei comuni), istituire
e regolamentare tributi propri anche su atti di comuni; che il problema se la disciplina regionale in argomento ecceda
i limiti della potestà tributaria di cui al richiamato art. 73 dello statuto speciale è da risolvere negativamente, poiché secondo tale
precetto statutario è richiesto che la legislazione regionale in tema di tributi propri si presenti in armonia con i principi della legis lazione statale, e tale condizione è soddisfatta dalla legge regio nale impugnata, con il devolvere ai comuni il 60 per cento del
gettito del tributo, e con il riservarne alla regione il 40 per cento in relazione agli oneri di accertamento e di esazione, poiché dalla
legislazione statale (ivi compresi gli art. 3 1. n. 281 del 1970 e 8 1. n. 702 del 1978) altro principio, che sia qui utilizzabile, non può desumersi che quello di non estraniare i comuni dalla devo
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
luzione del gettito di un tributo regionale su concessioni aventi
per oggetto atti comunali; che il problema se la disciplina regionale in argomento sia in
violazione degli art. 5, 119 e 128 Cost, è, infine, da risolvere
negativamente, poiché secondo tali precetti costituzionali è richie
sto che al comune siano assicurati i mezzi finanziari per l'eserci
zio delle sue funzioni normali, e il perseguimento di tale finalità
non può ritenersi precluso da una legge regionale come quella vente il contenuto suindicato;
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art.
2 1. reg. Trentino-Alto Adige 10 aprile 1980 n. 5, sollevata, in
riferimento agli art. 73 dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige, 5, 117, 119 e 128 Cost, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 84 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.
Saja, Est. Caianiello; Soc. Hopead c. Ufficio registro Rimini; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Comm. trib. centrale 7 no
vembre 1985 (G.U., la s.s., n. 27 del 1988).
Tributi locali — Invim — Ritardata od omessa presentazione del
la dichiarazione — Identico trattamento sanzionatorio — In
tervento riservato al legislatore — Questione inammissibile di
costituzionalità (Cost., art. 76; 1. 9 ottobre 1971 n. 825, delega
legislativa al governo della repubblica per la riforma tributaria,
art. 10; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, art. 23).
È inammissibile, in quanto implica un intervento positivo del legis
latore, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, 1 °
comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, nella parte in cui dispo ne la medesima sanzione sia per il ritardo che per l'omissione
nella presentazione della dichiarazione ai fini dell'Invim, in ri
ferimento all'art. 76 Cost, ed in relazione all'art. 10, 2° com
ma, n. 11, l. 9 ottobre 1971 n. 825. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 83 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.
Saja, Est. Caianiello; Donaggio c. Ufficio imposte dirette
Chioggia; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Comm. trib. I gra do Venezia 8 febbraio 1985 (G.U., la s.s., n. 27 del 1988).
Tributi in genere — Sostituti di imposta — Ritardato od omesso
versamento e presentazione della dichiarazione — Identico trat
tamento sanzionatorio — Intervento riservato al legislatore —
Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 76; 1.
9 ottobre 1971 n. 825, art. 10; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600,
disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, art. 46, 47).
Tributi in genere — Commisurazione e graduazione delle sanzio
ni — Indicazione di criteri e limiti nella legge di delega — Que stione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art.
76; 1. 9 ottobre 1971 n. 825, art. 10).
(1-4) La corte fa applicazione ad altre ipotesi di identità di sanzioni
comminate per fattispecie omissive fondate su presupposti di fatto diver
si, dei principi già enunciati nel campo tributario ed ispirati alla non
irrazionalità della scelte discrezionali operate dal legislatore, aggiungen dovi questa volta una raccomandazione perché si provveda a graduare
meglio le sanzioni in occasione della riforma tributaria allo studio. Per
ogni riferimento, v., oltre alle decisioni citate nelle motivazioni, Corte
cost. 2 febbraio 1988, n. 132, Foro it., 1989, I, 579 e 5 febbraio 1987, n. 41, id., 1987, I, 2269, con note di richiami.
Il Foro Italiano — 1990.
È inammissibile, in quanto implica un intervento positivo del legis
latore, la questione di legittimità costituzionale degli art. 46
e 47 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, nella parte in cui dispone la medesima sanzione sia per l'ipotesi della dichiarazione tardi
va del sostituto d'imposta preceduta dal versamento delle rite
nute, sia per quella della dichiarazione ugualmente tardiva ma
non accompagnata dal previo versamento delle somme dovute, in riferimento all'art. 76 Cost, ed in relazione all'art. 10, 2°
comma, n. 11, l. 9 ottobre 1971 n. 825. (2) È manifestamente infondata, perché in realtà sono stati indicati
dal legislatore criteri e limiti per la commisurazione e gradua zione delle sanzioni, la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 10, 2° comma, n. 11, l. 9 ottobre 1971 n. 825 di delega
legislativa al governo per la riforma tributaria, in riferimento all'art. 76 Cost. (3)
III
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 82 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.
Saja, Est. Caianiello; Soc. caseificio Russo c. Ufficio imposte dirette Cervignano; Soc. Italcrom c. Ufficio imposte dirette Cer
vignano; Soc. Servizi e pulizia di Marano c. Ufficio imposte dirette Cervignano; Soc. Gruppo G. Comunicazione c. Ufficio
imposte dirette Rivoli. Ord. Comm. trib. II grado Udine 6 lu
glio 1987 (tre) (G.U., la s.s., nn. 19 e 22 del 1988); Comm.
trib. Igrado Torino 4 giugno 1987(G.U., la s.s., n. 24 del 1988).
Tributi in genere — Sostituti di imposta — Omessa dichiarazione
e presentazione della dichiarazione ad ufficio incompetente —
Identico trattamento sanzionatorio — Scelte discrezionali riser
vate al legislatore — Questioni inammissibili di costituzionalità
(Cost., art. 3, 23, 76; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, art.
9, 12, 47).
Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli art. 9, penultimo e ultimo comma, 12, 4° comma, 47, 1° e
3° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, nella parte in cui
assoggettano alla medesima sanzione il sostituto d'imposta che
abbia omesso la dichiarazione (ed anche il versamento delle
ritenute) e quello che, pur avendo versato nei termini la somma
dovuta, abbia presentato la dichiarazione tempestivamente ma
ad ufficio diverso da quello competente, se quest'ultimo l'ab
bia trasmessa a quello competente oltre il mese dalla scadenza
prescritta, in riferimento all'art. 76 Cost., per genericità, al
l'art. 23 Cost., perché trattasi di sanzioni pecuniarie stabilite
per legge oltre che perché irrilevante, ed all'art. 3 Cost., perché trattasi di scelte operate dal legislatore nell'ambito della sua
sfera di discrezionalità sulla base di considerazioni in sé non
irragionevoli. (4)
I
Diritto. — 1. - Nel corso di un giudizio avverso l'irrogazione
da parte del competente ufficio del registro della soprattassa pari all'ammontare dell'imposta dovuta, in conseguenza della presen tazione della dichiarazione relativa all'Invim decennale il giorno successivo alla scadenza prevista, la Commissione tributaria cen
trale ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art.
23, 1° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, istitutivo dell'In
vim, in riferimento all'art. 76 Cost.
Si sostiene dal giudice a quo che la norma denunciata, assog
gettando alla medesima sanzione pecuniaria due violazioni ogget
tivamente diverse, quali il ritardo anche di un solo giorno, come
nel caso di specie, e l'omessa presentazione della dichiarazione,
non risponde al criterio, previsto dall'art. 10, 2° comma, n. 11,
della legge di delega 9 ottobre 1971 n. 825, della commisurazione
della sanzione all'effettiva entità oggettiva e soggettiva delle vio
lazioni, principio che sarebbe invece osservato in relazione ad al
tre imposte dalle rispettive discipline.
Analoga questione rispetto a quella esaminata dalla sent. 84/89 era
stata decisa da Corte cost. 20 febbraio 1987, n. 57, ibid., 2268, con la
restituzione degli atti ai giudici a quibus al fine di riesaminare la rilevanza
della questione alla luce della nuova normativa di cui al d.l. 429/82, con
vertito in 1. 516/82 (condono tributario).
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