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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 15 novembre 1988, n. 1032 (Gazzetta...

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sentenza 15 novembre 1988, n. 1032 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 novembre 1988, n. 47); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Maranto ed altri; interv. Regione Sicilia (Avv. Turrisi). Ord. Corte conti, sez. giur. reg. sic., 2 luglio 1981 (G.U. n. 150 del 1982) Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 2407/2408-2413/2414 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184131 . Accessed: 28/06/2014 13:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.196 on Sat, 28 Jun 2014 13:47:18 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 15 novembre 1988, n. 1032 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 novembre 1988,n. 47); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Maranto ed altri; interv. Regione Sicilia (Avv. Turrisi). Ord.Corte conti, sez. giur. reg. sic., 2 luglio 1981 (G.U. n. 150 del 1982)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2407/2408-2413/2414Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184131 .

Accessed: 28/06/2014 13:47

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2407 PARTE PRIMA 2408

rispettivamente dedotti sia i testi delle due leggi, dettando la pri

ma, a differenza della seconda, una disciplina transitoria «in at

tesa della copertura dei posti previsti in organico per il personale addetto ai servizi tecnici» (art. 1,1° comma) — le due questioni

presentano una profonda e decisiva differenza, concernendo, quella

precedente, il contrasto della legge regionale con un accordo na

zionale stipulato prima della legge-quadro sul pubblico impiego,

quella presente invece il mancato rispetto, da parte del legislatore

regionale, di un accordo concluso — e poi regolarmente recepito dalla regione con la 1. n. 6 del 1985 — in applicazione dei princi

pi e delle procedure posti dalla legge-quadro medesima.

Ciò rende palese l'impossibilità di una meccanica trasposizione della ratio decidendi dell'ordinanza n. 15 del 1988 al caso attuale, attesa soprattutto la diversità del vincolo gravante nelle due ipo tesi sul legislatore regionale: mentre gli accordi precedenti alla

ripetuta legge quadro non costituiscono che un mero fatto politi co che lascia integro il potere di quest'ultimo, viceversa quelli adottati secondo detta legge determinano a suo carico un «vinco

lo direttivo di massima», consistente nell'obbligatorio rispetto della

disciplina pattizia, salvi, ove occorra, i necessari adeguamenti al

le peculiarità dell'ordinamento degli uffici regionali entro il limi te delle disponibilità finanziarie all'uopo stanziate nel bilancio

regionale (v. spec. sent. 219 e 290/84, id., 1985, I, 658; 72/85,

ibid., 1606; 217/87; cfr. pure art. 10 1. n. 93 del 1983, come

mod. dalla 1. n. 426 del 1985). 4. - Ciò premesso, deve tuttavia rilevarsi che, cosi caratteriz

zandosi il vincolo della legge regionale nei confronti del nuovo

tipo di accordo sindacale, non ogni ipotesi di difformità di conte

nuto tra le rispettive discipline si traduce di per sé nella violazio

ne del principio fondamentale della legislazione in base ad accordi

e, dunque, dell'art. 117 Cost., ma soltanto quelle in cui si tratti

di modifiche o integrazioni che esulano dall'ambito del necessa

rio adeguamento del contenuto dell'accordo ad esigenze peculiari della regione interessata.

Nel caso di specie, non è contestata neppure dalla regione resi

stente la sussistenza di un contrasto della legge impugnata con

le norme pattizie in ordine agli specifici punti segnalati nel ricorso.

Invero il contratto collettivo nazionale per il personale regiona le relativo al triennio 1983-1985 — sul punto recepito in toto dal

la più volte ricordata legge del Lazio n. 6 del 1985 — nel

disciplinare il lavoro straordinario reso necessario da esigenze ec

cezionali relative all'attività di diretta assistenza agli organi istitu

zionali, prevedeva che potesse essere superato il limite massimo

individuale stabilito in via generale, fissando però, al contempo, un tetto al numero dei dipendenti a tal fine utilizzabili, imponen do comunque il rispetto del monte ore complessivo definito an

ch'esso in via generale, e richiedendo il previo confronto con le

organizzazioni sindacali. Una previsione analoga è dettata anche

dal successivo contratto collettivo nazionale per il triennio

1985-1987, relativo ai dipendenti (anche) regionali e recepito con

d.p.r. 13 maggio 1987 n. 268 (peraltro annullato, quest'ultimo, nella parte in cui ha esteso la propria efficacia al personale delle

regioni e degli enti da esse dipendenti, perché contrario alla pro cedura di recepimento sancita nell'art. 10 della legge-quadro, v.

sent. 1003/88). Le disposizioni in esame dunque stabilivano una disciplina del

lavoro straordinario, connesso all'attività degli organi istituzio

nali regionali, diversa e più flessibile rispetto a quella vigente in

generale per il personale degli altri uffici ma, ad un tempo, impo nevano limiti sostanziali e procedurali alla discrezionalità del re

lativo potere autorizzatorio riconosciuto a tali organi, con ciò

contemperando le particolari esigenze di questi con i principi del

la contrattazione e del rigore ed efficienza amministrativi, posti dalla Costituzione (risp. art. 39 e 97) e ribaditi dalla legge-quadro.

La legge impugnata invece detta, per la medesima ipotesi, una

regolamentazione priva non solo della previsione del previo con

fronto con gli organismi sindacali del personale, ma anche di qual siasi predeterminazione di limiti in ordine al numero dei dipendenti utilizzabili e delle ore di lavoro straordinario necessarie, non po tendo certo ritenersi a questi equivalente la mera previsione della

relativa spesa, dettata al fine del soddisfacimento dell'obbligo di

copertura. Cosi facendo, il legislatore regionale ha esorbitato dai confini

di quel potere di «adeguamento» della normativa collettiva che

gli è riconosciuto, il quale, mentre richiede che siano rispettati i criteri di massima che informano tale normativa, deve essere

altresì finalizzato alla soddisfazione di necessità particolari della

Il Foro Italiano — 1989.

regione. Simile adeguamento dunque, nel caso di specie, avrebbe

comportato, da un lato, che, sia pure con riferimento ad indici

diversi e superiori, una prefissione di limiti fosse comunque effet tuata; dall'altro, che un qualche meccanismo di partecipazione delle associazioni sindacali nello stabilire i criteri della nuova re

golamentazione non fosse del tutto pretermesso. Per altro verso non è dato rinvenire alcun elemento idoneo

a far riternere la sussistenza nella regione Lazio di una situazione

particolare e diversa, che richieda una disciplina radicalmente dif

ferenziata, nei sensi sopra illustrati, rispetto a quella dettata per le altre regioni. Non esiste, in tal senso, alcun cenno nel testo

della legge impugnata, né soccorrono i lavori preparatori della

medesima, i quali non fanno alcuna menzione, neppure in occa

sione del riesame seguito dal rinvio governativo, delle ragioni giu stificative delle deroghe apportate alla precedente disciplina

dell'argomento culminata nella ricordata 1. reg. n. 6 del 1985.

Né rileva in contrario che la legge ora impugnata abbia parzial mente riprodotto la disciplina risultante dalla di poco anteriore

1. n. 10 del 1988 (già approvata nel 1980 e cosi promulgata a

seguito dell'ordinanza n. 15 del 1988 di questa corte): ciò non

può certo costituire idonea ragione giustificativa — sotto il profi lo che qui interessa — della legge attuale, che, in un diverso qua dro normativo, si è limitata a porre come definitiva una disciplina

originariamente transitoria e motivata dalla necessità di sopperire alla (in allora) mancata copertura dei posti in organico.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 1. reg. Lazio approvata il 28 marzo 1988

e riapprovata I'll maggio 1988 (prestazioni di lavoro straordina

rio del personale del consiglio regionale e della giunta regionale

per il funzionamento degli organi istituzionali).

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 novembre 1988, n. 1032

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 novembre 1988, n. 47); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Maranto ed altri; interv. Regio ne Sicilia (Aw. Turrisi). Ord. Corte conti, sez■ giur. reg. sic., 2 luglio 1981 (G.U. n. 150 del 1982).

Sicilia — Pubblico dipendente — Giudizio di responsabilità per danni — Limitazione delia responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave — Questioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 5, 28, 97, 103; r.d. leg. 15 maggio 1946 n. 455, approva zione dello statuto della regione siciliana, art. 1, 14; 1. reg. sic. 23 marzo 1971 n. 7, ordinamento degli uffici e del persona le della amministrazione regionale, art. 52).

Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.

52, 1° comma, l. reg. sic. 23 marzo 1971 n. 7, che limita la

responsabilità del dipendente per danni causati all'amministra

zione ai soli casi di dolo o colpa grave, in riferimento agli art.

3 e 97 Cost, ed all'art. 14 statuto della regione Sicilia (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 novembre 1988, n. 1007

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 novembre 1988, n. 45); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Comune di Carentini e Comune

di Aragona. Ord. Corte conti, sez. giur. reg. sic., 19 marzo 1987 e 17 aprile 1986 (G.U., la s.s., n. 43 e n. 1 del 1987).

(1-3) L'ordinanza 2 luglio 1981 è riassunta in Foro it., 1982, III, 456, con nota di richiami; l'ordinanza 17 aprile 1986, n. 324 è massimata id., Rep. 1987, voce Sicilia, n. 21.

Sull'attività di controllo della Corte dei conti e sull'art. 103 Cost., v. i richiami in nota a Corte cost. 9 marzo 1989, n. 104, ed altre, id., 1989, I, 1346, nonché la sentenza della Corte costituzionale discussa nell'udien

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Sicilia — Giudizio sul conto consuntivo — Deliberazione del con

siglio comunale e decisione della Corte dei conti — Parificazio ne quanto agli effetti — Necessità del giudizio sul conto —

Incostituzionalità (Cost., art. 3, 103, 108; 1. 11 marzo 1953

n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte

costituzionale, art. 27; d.l.p.reg.sic. 29 ottobre 1955 n. 6, ordi

namento amministrativo degli enti locali della regione siciliana, art. 122; 1. reg. sic. 15 marzo 1963 n. 16, ordinamento ammini

strativo degli enti locali nella regione siciliana, art. 1).

È illegittimo, per violazione dell'art. 103, 2° comma, Cost., l'art.

122, 1° comma, d.l.p.reg. sic. 29 ottobre 1955 n. 6, riapprova to con l. reg. 15 marzo 1963 n. 16, il quale dispone che la

deliberazione del consiglio comunale tiene luogo, a tutti gli ef

fetti, della decisione sul conto consuntivo comunale spettante al consiglio di prefettura (ora Corte dei conti). (2)

Sono illegittimi, in seguito alla dichiarata incostituzionalità del

l'art. 122, 2° comma, d.l.p.reg. sic. 29 ottobre 1955 n. 6, riap

provato con l. reg. 15 marzo 1963 n. 16, sull'ordinamento

amministrativo degli enti locali della regione siciliana, il 2°, 3° e 4° comma dell'art. 122, non avendo più ragion d'essere

una volta caducato l'intero sistema del giudizio di conto ivi

previsto. (3)

I

Diritto. — 1. - L'ordinanza di rimessione della Corte dei conti

sezione giurisdizionale per la regione Sicilia prospetta l'illegittimi tà costituzionale dell'art. 52, 1° comma, reg. siciliana 23 marzo

1971 n. 7 («ordinamento degli uffici e del personale dell'ammini

strazione regionale)» in riferimento a tre distinti parametri costi

tuzionali:

a) per violazione dell'art. 14 statuto siciliano, in relazione agli art. 1 del medesimo statuto e 5 Cost., in quanto la limitazione

della responsabilità degli impiegati regionali ai soli casi di dolo o colpa grave contrasterebbe con il limite dei principi generali dell'ordinamento giuridico posto alla competenza legislativa esclu

siva della regione e, in particolare, con il comune criterio di re

sponsabilità dei pubblici impiegati, comprensivo anche dell'ipotesi di colpa lieve;

b) per violazione dell'art. 97, 1° comma, Cost., in quanto l'ac

cennata limitazione di responsabilità lederebbe il principio costi

tuzionale del buon andamento per i negativi effetti di incuria che

essa potrebbe determinare nello svolgimento delle mansioni affi

date agli impiegati regionali sottraendo, nel contempo, alla giuris dizione contabile una serie di comportamenti lesivi di quei beni

la cui tutela l'art. 103, 2° comma, Cost, affida alla Corte dei conti;

c) per violazione dell'art. 3 Cost., in quanto il citato art. 52, 1° comma, non estenderebbe la limitazione di responsabilità alle

fattispecie pregresse, ma non ancora definite giudizialmente alla

data di entrata in vigore della legge regionale, determinando in

tal modo un'ingiustificata disparità di trattamento.

2. - Anche se dall'ordinanza di rimessione non si desume con

chiarezza la rilevanza delle questioni, queste devono comunque ritenersi come non fondate, in quanto in nessun caso risultano

violati il principio di buon andamento e quello di eguaglianza, né i limiti costituzionalmente fissati all'esercizio della competenza esclusiva che la regione siciliana vanta, a norma dell'art. 14, lett.

q, dello statuto, in materia di «stato giuridico ed economico degli

impiegati e funzionari della regione, in ogni caso non inferiore

a quello del personale dello Stato».

2.1. - Sotto l'ultimo dei profili accennati, un limite alla compe tenza legislativa esclusiva di cui il giudice a quo sospetta la viola

za pubblica del 13 giugno 1989, che sarà riportata in un prossimo fascico

lo, che ha respinto il conflitto di attribuzioni proposto dalla Corte dei

conti contro il governo, la camera e il senato avverso l'art. 16 1. 400/88, sulla riforma della presidenza del consiglio, per assunto contrasto con

l'art. 100 Cost., laddove elimina il controllo preventivo di legittimità del

la Corte dei conti per «i decreti del presidente della repubblica adottati

su deliberazione del consiglio dei ministri ai sensi degli art. 76 e 77 Cost.»; con particolare riferimento alla responsabilità dei pubblici dipendenti, v.

i copiosi richiami nelle decisioni in epigrafe, fra cui si segnalano Corte

cost. 12 maggio 1988, n. 549 e 7 aprile 1988, n. 411, id., 1988, I, 2507, con nota di A. Romano.

Il Foro Italiano — 1989.

zione è dato dai principi generali dell'ordinamento. Nell'ordinan

za di rimessione si legge, infatti, che l'art. 52, 1° comma, 1. reg. n. 7 del 1971, nel limitare la responsabilità degli impiegati regio nali ai soli casi di dolo o di colpa grave, si porrebbe in contrasto

con un principio generale dell'ordinamento giuridico, il quale com

porterebbe una responsabilità patrimoniale dei pubblici impiegati verso l'amministrazione di appartenenza per ogni tipo di colpa, anche lieve.

Contro tale censura va ricordato, innanzitutto, quanto questa corte ha affermato in una precedente pronunzia emessa sulla stessa

disposizione (sent. n. 112 del 1973, Foro it., 1973, I, 2694), an

che se in riferimento a una pretesa disparità di trattamento che

il citato art. 52, 1° comma, avrebbe determinato tra impiegati

regionali (esentati dalla colpa lieve) e impiegati statali (responsa bili anche per colpa lieve). Nell'adottare, allora, una decisione

di infondatezza, questa corte ha precisato che «la possibilità (. . .) che il rapporto di servizio dei dipendenti regionali ed i connessi

obblighi e responsabilità ricevano una disciplina differenziata è

implicita nella stessa attribuzione alla regione di siffatta potestà»

(scil. esclusiva). Ove si volesse accettare la prospettazione della

questione compiuta dal giudice a quo — che in sostanza chiede

a questa corte di cancellare la diversità della disciplina sulla re

sponsabilità dei dipendenti regionali siciliani rispetto a quella che

si suppone essere la disciplina stabilita in via generale dalle leggi nazionali per i dipendenti statali — basterebbe il precedente ap

pena ricordato per ritenere risolto il caso.

Tuttavia, a ben vedere, dalla legislazione nazionale sulla re

sponsabilità dei dipendenti pubblici verso l'amministrazione di ap

partenenza non è desumibile, allo stato, un principio per il quale il dipendente è tenuto a rispondere in ogni caso per qualsiasi gra do di colpa. Anzi, come questa Corte ha più volte affermato

(sent. 54 del 1975, id., 1975, I, 1063 e 164 del 1982, id., 1983, I, 284), il «principio di non rilevanza del grado della colpa, che

regola la responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti, non è né rigido, né assoluto».

Ed invero, nell'ordinamento giuridico generale, accanto alle varie

ipotesi normative che accettano il criterio dell'irrilevanza del gra do della colpa, riportate puntualmente nell'ordinanza di rimes

sione, ne esistono molteplici altre in relazione alle quali i dipendenti

pubblici sono esentati dal rispondere alle amministrazioni di ap

partenenza a titolo di colpa lieve. Questo è il caso di numerosi

dipendenti di amministrazioni non statali come quelli dei comu

ni, delle province, delle istituzioni pubbliche di assistenza e degli enti ospedalieri (art. 261, 1° comma, r.d. 3 marzo 1934 n. 383:

«t.u. della legge comunale e provinciale»; art. 29, 1° comma, 1. 17 luglio 1890 n. 6972: «norme sulle istituzioni pubbliche di

assistenza e beneficenza», come modificato dall'art. 11 r.d. 30

dicembre 1923 n. 2841; art. 56, 1° comma, 1. 12 febbraio 1968

n. 132: «enti ospedalieri ed assistenza ospedaliera»). Ed è anche

il caso di dipendenti statali che sono esentati dalla responsabilità

per colpa lieve in talune fattispecie caratterizzate da particolari

capacità tecniche richieste all'agente (art. 22, 2° comma, d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3: «t.u. delle leggi sugli impiegati civili dello Stato»; art. 15, 3° comma, 1. 5 marzo 1961 n. 90: «stato giuridi co degli operai dello Stato»; art. 1, 1° e 2° comma, 1. 31 dicem

bre 1962 n. 1833: «disciplina della responsabilità patrimoniale dei

dipendenti dello Stato adibiti alla conduzione di autoveicoli o al

tri mezzi meccanici»; art. unico 1. 17 marzo 1975 n. 69: «discipli na della responsabilità patrimoniale dei dipendenti dello Stato

adibiti alla conduzione di navi e aeromobili»; art. 1,1° comma, 1. 4 marzo 1981 n. 67: «responsabilità di talune categorie di per sonale dell'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato») o a si

tuazioni di carattere contingente (art. 11,3° comma, 1. 30 marzo

1965 n. 340: «norme concernenti taluni servizi di competenza del

l'amministrazione delle antichità e belle arti») ovvero dalla viola

zione di specifici doveri di servizio (art. 53, 3° comma, r.d. 12 luglio 1934 n. 1214: «t.u. delle leggi sulla Corte dei conti»; art.

20, 4° comma, d.p.r. n. 3 del 1957, già citato; art. 61 1. 11 luglio

1980 n. 312: «nuovo assetto retributivo-funzionale del personale

civile e militare dello Stato»). Né è superfluo ricordare che, se in generale per i dipendenti

regionali viene richiamata la normativa vigente, per quelli statali,

non solo non mancano eccezioni a tale regola (v. art. 32, 3° com

ma, 1. 19 maggio 1976 n. 335: «principi fondamentali e norme

di coordinamento in materia di bilancio e contabilità delle regi

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2411 PARTE PRIMA 2412

oni»), ma viene comunque fatto salvo il c.d. potere riduttivo del

la Corte dei conti (v. art. 31, 2° comma, della legge appena cita

ta), che, come ha affermato questa corte (sent. n. 54 del 1975), costituisce un temperamento del principio della irrilevanza del gra do della colpa.

Tutto ciò dimostra che il principio invocato nell'ordinanza di

rimessione, onde dimostrare l'illegittimità costituzionale della nor

ma impugnata, non vanta, certo, l'assolutezza e la rigidità che

il giudice a quo pretende di attribuirgli e non è tale, comunque, da poter costituire un limite in ogni caso invalicabile nell'eserci

zio della competenza legislativa esclusiva, qual è quella che la

regione siciliana possiede in materia.

2.2. - Del pari infondata è l'altra censura prospettata dal giudi ce a quo, relativa alla pretesa violazione del limite costituzionale,

rappresentato in ipotesi dal principio del buon andamento della

pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), in relazione anche alla

riserva alla Corte dei conti della giurisdizione in materia di conta

bilità pubblica (art. 103, 2° comma, Cost.). Secondo il giudice a quo, l'esenzione dei dipendenti regionali

siciliani, disposta dall'impugnato art. 52, 1° comma, 1. reg. n.

7 del 1971, incrinerebbe la tutela dell'interesse generale alla rego larità della gestione finanziaria e patromoniale degli enti pubbli

ci, violando cosi tanto il principio del buon andamento quanto

quello della giurisdizione contabile, che si dovrebbe ritenere este

so a tutti gli atti colposi dei dipendenti pubblici comportanti un

danno allo Stato.

Se non vi può esser dubbio che, come ha già affermato questa corte (sent. 68 del 1971, id., 1971, I, 2711, e 63 del 1973, id., 1973, I, 2380), gli art. 97 e 103, 2° comma, Cost, stabiliscono

principi, come quello del buon andamento e quello del controllo

patrimoniale degli enti pubblici, non si può neppure dimenticare

che ambedue gli articoli appena citati affidano alla legge la con

creta garanzia di quei principi. Tale rinvio, al pari di quello effettuato per la diversa forma

di responsabilià prevista dall'art. 28 Cost., ha il chiaro significa to di lasciare al discrezionale apprezzamento del legislatore la de

terminazione e la graduazione dei tipi e dei limiti di responsabilità

che, in relazione alle varie categorie di dipendenti pubblici o alle

particolari situazioni regolate, appaiano come le forme più ido

nee a garantire l'attuazione dei predetti principi costituzionali (v., da ultimo sent. 411 del 1988, id., 1988, I, 2508; ord. 549 del

1988, ibid., 2507, nonché, in relazione all'art. 28 Cost., le sent.

2 del 1968, id., 1968, I, 585; 123 del 1972, id., 1972, I, 2726; 164 del 1982; 26 del 1987, id., 1987, I, 638). Ciò significa, in altre parole, che gli art. 97 e 103, 2° comma, Cost, non possono condurre all'affermazione di un principio di inderogabilità per i dipendenti pubblici delle comuni regole della responsabilità, ma

portano, piuttosto, all'affermazione di un principio di responsa bilità di quei dipendenti in conformità delle regole a essi proprie.

Sicché, in sede di giudizio di legittimità costituzionale, le leggi disciplinanti la responsabilità dei pubblici dipendenti sono sinda

cabili, in riferimento ai parametri invocati, solo sotto il profilo della ragionevolezza della disciplina adottata e delle differenzia

zioni introdotte. Ma, sotto tale aspetto, esclusa la sussistenza di un principio generale di irrilevanza del grado della colpa dei pub blici dipendenti nei confronti dell'amministrazione, non appare

irragionevole che il regime della responsabilità dei dipendenti re

gionali verso l'amministrazione sia stato equiparato a quello dei

medesimi dipendenti verso i terzi, disciplinato, anche per la re

gione siciliana, dall'art. 23 d.p.r. n. 3 del 1957, in forza del ri chiamo effettuato dall'art.511. reg. n. 7 del 1971 alle disposizioni concernenti gli impiegati civili dello Stato. Non può, infatti, rite

nersi irragionevole una disposizione che è diretta a garantire un

più sollecito ed efficiente svolgimento dell'azione amministrativa

da parte degli uffici della regione siciliana, senza però intaccare

sostanzialmente il principio della responsabilità dei pubblici di pendenti verso l'amministrazione.

2.3. - Non fondata, infine, è anche la censura mossa all'art.

52, 1° comma, in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto risulte rebbe violato il principio di eguaglianza, a causa della non appli cabilità della disciplina di favore prevista a fattispecie sorte

anteriormente all'entrata in vigore della disposizione impugnata e, in particolare, ai giudizi pendenti. Secondo la consolidata giu

risprudenza di questa corte, infatti, non può in alcun modo trarsi motivo di violazione del principio di eguaglianza dalla decorren

II Foro Italiano — 1989.

za temporale delle modificazioni legislative introdotte dalla di

sposizione impugnata (v., da ultimo, sent. 209 del 1988, id., 1988,

I, 1804 e 368 del 1988). Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate

le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 52, 1° comma,

1. reg. sic. 23 marzo 1971 n. 7 («ordinamento degli uffici e del

personale dell'amministrazione regionale»), sollevate, in riferimento

agli art. 3 e 97 Cost, e 14 dello statuto della regione Sicilia, in relazione all'art. 1 del medesimo statuto e all'art. 5 Cost., dalla

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Sicilia, con

l'ordinanza indicata in epigrafe.

II

1. - Le due ordinanze della Corte dei conti, sezione giurisdizio nale per la regione siciliana, prospettano questioni relative alla

medesima disposizione: i relativi giudizi vanno, pertanto, riuniti

e decisi con unica sentenza.

2. - Oggetto del presente giudizio è l'art. 122, 1° comma, del

l'ordinamento regionale degli enti locali nella regione siciliana,

approvato con d.l.p. reg. sic. 29 ottobre 1955 n. 6, e riapprovato con 1. reg. 15 marzo 1963 n. 16, il quale, nel conferire carattere

solo eventuale al giudizio del consiglio di prefettura (ora della

Corte dei conti, a seguito della sent. 55 del 1966, Foro it., 1966,

I, 986) sul conto consuntivo dei comuni situati nella regione sici

liana, violerebbe le seguenti disposizioni costituzionali:

a) l'art. 103, 2° comma, Cost., in quanto la norma impugnata,

prevedendo il giudizio di conto come meramente eventuale, fa

rebbe venir meno, per le ipotesi ivi contemplate, la giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica;

b) l'art. 108, 1° comma, Cost., in quanto la disposizione impu

gnata regolerebbe una materia — quella della giurisdizione —

la quale è riservata alla legge statale, con conseguente esclusione

della competenza legislativa delle regioni, anche se a statuto

speciale;

c) l'art. 3 Cost., in quanto la disciplina impugnata differenzie

rebbe in modo irragionevole la posizione degli agenti contabili

operanti nella regione siciliana rispetto a quella degli agenti con

tabili che operano nel restante territorio nazionale.

3. - La questione è fondata.

Come questa corte ha già affermato in un caso analogo (sent. 114 del 1975, id., 1975, I, 1913), «è principio generale del nostro

ordinamento che il pubblico denaro proveniente dalla generalità dei contribuenti e destinato al soddisfacimento dei pubblici biso

gni debba esser assoggettato alla garanzia costituzionale della cor

rettezza della sua gestione, garanzia che si attua con lo strumento

del rendiconto giudiziale». E, come è detto subito dopo nella stessa

sentenza, «requisito indispensabile del giudizio sul conto è quello della necessarietà, in virtù del quale a nessun ente gestore di mez

zi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile che abbia

comunque maneggio di denaro e valori di proprietà dell'ente è

consentito sottrarsi a questo fondamentale dovere».

Questi principi sono contraddetti dalla norma impugnata, lad

dove è disposto che «qualora le risultanze della deliberazione del

consiglio comunale non siano contestate dal tesoriere, dagli am

ministratori o da qualsiasi contribuente e non contrastino con

l'accertamento sommario di cui al 2° comma dell'articolo prece dente, il conto, trascorsi i tre mesi dalla data in cui è pervenuto alla commissione provinciale di controllo, resta approvato in con

formità delle risultanze medesime (e) la deliberazione del consi

glio comunale tiene luogo, a tutti gli effetti, della decisione di

cui alla seguente alinea» (cioè della decisione di approvazione del

conto consuntivo spettante ora alla Corte dei conti). Con tale

disposizione si prevede, in altri termini, che, in assenza delle con

testazioni ivi menzionate, l'approvazione del conto consuntivo ope rata dal consiglio comunale sostituisce integralmente la decisione

relativa al giudizio sul conto consuntivo spettante alla Corte dei

conti, rendendo cosi del tutto eventuale quest'ultimo giudizio e

sottraendo, conseguentemente, gli amministratori e i tesorieri dei

comuni siciliani al fondamentale dovere di rispondere, nelle for

me costituzionalmente previste, della gestione del denaro pubbli co da essi svolta.

Si tratta, com'è evidente, di una diretta violazione di un princi

pio fondamentale dello «Stato di diritto», recepito dalla Costitu

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 15 novembre 1988, n. 1032 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 novembre 1988, n. 47); Pres. Saja, Est. Baldassarre;

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zione all'art. 103 e riaffermato da questa corte nella sentenza

prima ricordata. Una violazione la quale si articola in un duplice livello: da una parte, nel sottoporre l'attivazione del giudizio di

conto a condizioni dipendenti in gran parte dalla volontà di orga ni interni del comune stesso che dovrebbe essere controllato, ren

dendo cosi inoperante l'obbligo del tesoriere comunale di presentare

comunque i conti consuntivi per il giudizio della Corte dei conti

e tramutando quest'ultimo in un giudizio meramente eventuale;

e, dall'altra parte, nel prevedere che la deliberazione di approva

zione del conto consuntivo da parte del consiglio comunale assu

me lo stesso valore giuridico e la stessa efficacia della decisione

di approvazione della Corte dei conti in sede di giudizio sul conto

consuntivo, sostituendo cosi, illegittimamente, un'approvazione di natura politico-amministrativa a una decisione giurisdizionale

sulla regolarità contabile, un giudizio del controllato ad un giudi

zio del controllore.

Tanto basta per ritenere che l'art. 122, 1° comma, d.l.p. reg. sic.

28 ottobre 1955 n. 6, riapprovato con 1. 15 marzo 1963 n. 16,

svuoti del tutto la garanzia costituzionale relativa alla regolarità

e alla correttezza della gestione del denaro pubblico e, in partico

lare, la garanzia della necessarietà del giudizio sul conto. Esso

va, pertanto, dichiarato costituzionalmente illegittimo per viola

zione dell'art. 103, 2° comma, Cost.

Rimangono assorbiti i restanti profili di costituzionalità solle

vati nell'ordinanza di rimessione.

4. - Con la disposizione ora dichiarata incostituzionale fa in

dubbiamente sistema il comma successivo, nel quale si dispone

che, nel caso che l'approvazione del conto consuntivo operata

dal consiglio comunale sia contestata o contrasti con l'accerta

mento sommario di cui all'articolo precedente, «il conto è deferi

to dalla commissione provinciale di controllo al giudizio del

consiglio di prefettura (ora della Corte dei conti) il quale può

limitare il giudizio stesso alle partite contestate o estenderlo a

tutto il conto». Dalla accertata illegittimità costituzionale dell'art.

122, 1° comma, d.l.p. reg. sic. n. 6 del 1955, in quanto violativo

del principio della necessarietà del giudizio sul conto, deriva, ai

sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, l'incostituzionalità con

sequenziale della disposizione appena citata. Il 2° comma del

l'art. 122 costituisce, infatti, un elemento di un sistema normativo

complessivamente contrastante con il principio della necessarietà

del giudizio sul conto, che, a seguito della dichiarazione d'illegit

timità costituzionale dell'art. 122, 1° comma, d.l.p. reg. sic. n.

6 del 1955 resterebbe, in mancanza di una caducazione conse

quenziale, del tutto sbilanciato, conservando un significato nor

mativo distorto, comunque contrario a Costituzione.

Il principio della necessarietà del giudizio sul conto ha, infatti,

un duplice significato, in quanto comporta tanto che non posso

no essere poste condizioni in grado di rendere eventuale o aleato

rio il giudizio stesso, quanto che nessuna parte del conto può

essere sottratta alla giurisdizione della Corte dei conti. In altre

parole, il requisito della necessarietà riguarda sia l'ari del giudi

zio, sia l'oggetto dello stesso. E, sotto quest'ultimo profilo, «ne

cessarietà» significa completezza del giudizio, nel senso che il conto

consuntivo dev'essere sottoposto all'esame della Corte dei conti

nella sua interezza. Sicché, in virtù della medesima ratio sottesa

alla decisione d'incostituzionalità dell'art. 122, 1° comma, occor

re dichiarare l'illegittimità costituzionale derivata del 2° comma

dello stesso articolo.

5. - Sempre ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87 va

dichiarata l'illegittimità costituzionale, in via consequenziale, del

le restanti disposizioni contenute nell'art. 122 d.l.p. reg. sic. n.

6 del 1955, in quanto hanno il loro unico titolo di esistenza nor

mativa nella disposizione impugnata e dichiarata costituzional

mente illegittima con la presente decisione.

Questo è indubbiamente il caso della norma sulla comunicazio

ne all'amministrazione comunale e sulla notificazione agli inte

ressati del deferimento del giudizio di conto al consiglio di

prefettura (ora alla Corte dei conti), prevista nell'art. 122, 2°

comma (ultima parte), d.l.p. reg. sic. n. 6 del 1955. Ma lo stesso

è il caso delle disposizioni contenute nei commi successivi dello stesso articolo: segnatamente, quella che prescrive al consiglio di

prefettura (ora Corte dei conti) di definire il giudizio sul conto entro il termine di tre mesi (3° comma) e quella che regola la

notificazione e la pubblicazione della decisione del consiglio di

prefettura (ora Corte dei conti) (4° comma). Tutte e tre le disposizioni ora esaminate non hanno più ragion

Il Foro Italiano — 1989.

d'essere una volta che, per effetto della presente decisione sulla

norma impugnata, l'intero sistema sul giudizio di conto previsto dall'art. 122 risulti caducato. Si tratta, d'altronde, di disposizioni che regolano termini e modalità di pubblicità concernenti attività

giurisdizionali e decisioni assunte nell'esercizio della giurisdizione contabile: una materia, questa, che risulta preclusa alle leggi del

la regione siciliana, o a decreti aventi lo stesso valore delle leggi medesime.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: di chiara la illegittimità costituzionale dell'art. 122, 1° comma,

d.l.p. reg. sic. 29 ottobre 1955 n. 6, riapprovato con 1. reg. 15

marzo 1963 n. 16, intitolato «ordinamento amministrativo degli enti locali nella regione siciliana»; dichiara, altresì, ex art. 27 1.

11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale del 2°, del 3°,

del 4° comma dell'art. 122 del citato d.l.p. reg. sic. 29 ottobre

1955 n. 6, riapprovato con 1. reg. 15 marzo 1963 n. 16.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 novembre 1988, n. 1020

(Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 16 novembre 1988, n. 46);

Pres. Conso, Est. Gallo; Ruschini e altri (Aw. Fiore, Pelle

grino) c. Pepe; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato

Siconolfi). Ord. Trib. Lecce 16 novembre 1987 (G.U., la s.s.,

n. 11 del 1988).

Elezioni — Dipendenti dalle Usi e professionisti convenzionati — Eleggibilità a consigliere comunale — Questione infondata

di costituzionalità (Cost., art. 3, 51, 97; 1. 23 aprile 1981 n. 154, norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circo

scrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al servi

zio sanitario nazionale, art. 2).

È infondata, in riferimento agli art. 3 e 97 Cost., la questione

di legittimità costituzionale dell'art. 2, n. 8, l. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in cui non estende l'ineleggibilità a consiglie

re comunale prevista per i dipendenti delle unità sanitarie locali

facenti parte dell'ufficio di direzione e dei coordinatori ivi con

templati, anche agli altri dipendenti di tali unitài e ai professio

nisti convenzionati con queste. (1)

Diritto. — 1. - Non può essere accolta la tesi del Tribunale

di Lecce, secondo cui duplice sarebbe la ratio che sta alla base

dalla causa d'ineleggibilità prevista dal n. 8 dell'art. 2 1. 23 aprile

1981 n. 154: e, cioè, sia il pericolo che un soggetto investito di

particolari funzioni se ne avvalga per influenzare le scelte dell'e

lettorato, sia la necessità di prevenire un potenziale conflitto di

interessi fra il dipendente con funzioni dirigenti della Usi e l'ente

comunale, di cui la Usi rappresenta una struttura operativa. Già da tempo, infatti, tanto l'unanime dottrina quanto questa

stessa corte (cfr. sentenza n. 42 del 1961, Foro it., 1961, I, 1392)

(1) Il precedente di più immediato riferimento nella giurisprudenza della

corte è la sentenza 17 febbraio 1988, n. 43, Foro it., 1988, 1, 61 (annota ta da Ferrari, in Regioni, 1987, 723), che ha dichiarato la incostituzio

nalità del medesimo n. 8 del 1° comma dell'art. 2 1. 23 aprile 1981 n.

154, in quanto non prevedeva la ineleggibilità dei dipendenti delle unità

sanitarie locali facenti parte dell'ufficio di direzione e dei coordinatori

dello stesso, per i consigli dei comuni che concorrono a formare l'unità

sanitaria da cui dipendono, mentre dispone tale ineleggibilità per tali sog

getti per i consigli dei comuni il cui territorio coincida con quello dell'u

nità sanitaria o lo ricomprenda. Nelle osservazioni a tale sentenza di Messerini, essa è considerata in

novativa rispetto all'ulteriore precedente 8 marzo 1985, n. 59, id., 1986,

I, 636 (annotata da Rampulla, in Regioni, 1985, 582 e da Pinto, in

Giur. it., 1986, I, 1, 511), che, viceversa, aveva concluso per l'infonda

tezza della questione di costituzionalità del n. 2 dell'art. 8 1. 154/81, nella

parte in cui non prevede l'incompatibilità alla carica di sindaco di comuni

con popolazione non superiore ai trentamila abitanti, di professionisti convenzionati con unità sanitarie locali comprendenti il territorio di detti

comuni.

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