sentenza 15 novembre 1988, n. 1032 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 novembre 1988,n. 47); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Maranto ed altri; interv. Regione Sicilia (Avv. Turrisi). Ord.Corte conti, sez. giur. reg. sic., 2 luglio 1981 (G.U. n. 150 del 1982)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2407/2408-2413/2414Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184131 .
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2407 PARTE PRIMA 2408
rispettivamente dedotti sia i testi delle due leggi, dettando la pri
ma, a differenza della seconda, una disciplina transitoria «in at
tesa della copertura dei posti previsti in organico per il personale addetto ai servizi tecnici» (art. 1,1° comma) — le due questioni
presentano una profonda e decisiva differenza, concernendo, quella
precedente, il contrasto della legge regionale con un accordo na
zionale stipulato prima della legge-quadro sul pubblico impiego,
quella presente invece il mancato rispetto, da parte del legislatore
regionale, di un accordo concluso — e poi regolarmente recepito dalla regione con la 1. n. 6 del 1985 — in applicazione dei princi
pi e delle procedure posti dalla legge-quadro medesima.
Ciò rende palese l'impossibilità di una meccanica trasposizione della ratio decidendi dell'ordinanza n. 15 del 1988 al caso attuale, attesa soprattutto la diversità del vincolo gravante nelle due ipo tesi sul legislatore regionale: mentre gli accordi precedenti alla
ripetuta legge quadro non costituiscono che un mero fatto politi co che lascia integro il potere di quest'ultimo, viceversa quelli adottati secondo detta legge determinano a suo carico un «vinco
lo direttivo di massima», consistente nell'obbligatorio rispetto della
disciplina pattizia, salvi, ove occorra, i necessari adeguamenti al
le peculiarità dell'ordinamento degli uffici regionali entro il limi te delle disponibilità finanziarie all'uopo stanziate nel bilancio
regionale (v. spec. sent. 219 e 290/84, id., 1985, I, 658; 72/85,
ibid., 1606; 217/87; cfr. pure art. 10 1. n. 93 del 1983, come
mod. dalla 1. n. 426 del 1985). 4. - Ciò premesso, deve tuttavia rilevarsi che, cosi caratteriz
zandosi il vincolo della legge regionale nei confronti del nuovo
tipo di accordo sindacale, non ogni ipotesi di difformità di conte
nuto tra le rispettive discipline si traduce di per sé nella violazio
ne del principio fondamentale della legislazione in base ad accordi
e, dunque, dell'art. 117 Cost., ma soltanto quelle in cui si tratti
di modifiche o integrazioni che esulano dall'ambito del necessa
rio adeguamento del contenuto dell'accordo ad esigenze peculiari della regione interessata.
Nel caso di specie, non è contestata neppure dalla regione resi
stente la sussistenza di un contrasto della legge impugnata con
le norme pattizie in ordine agli specifici punti segnalati nel ricorso.
Invero il contratto collettivo nazionale per il personale regiona le relativo al triennio 1983-1985 — sul punto recepito in toto dal
la più volte ricordata legge del Lazio n. 6 del 1985 — nel
disciplinare il lavoro straordinario reso necessario da esigenze ec
cezionali relative all'attività di diretta assistenza agli organi istitu
zionali, prevedeva che potesse essere superato il limite massimo
individuale stabilito in via generale, fissando però, al contempo, un tetto al numero dei dipendenti a tal fine utilizzabili, imponen do comunque il rispetto del monte ore complessivo definito an
ch'esso in via generale, e richiedendo il previo confronto con le
organizzazioni sindacali. Una previsione analoga è dettata anche
dal successivo contratto collettivo nazionale per il triennio
1985-1987, relativo ai dipendenti (anche) regionali e recepito con
d.p.r. 13 maggio 1987 n. 268 (peraltro annullato, quest'ultimo, nella parte in cui ha esteso la propria efficacia al personale delle
regioni e degli enti da esse dipendenti, perché contrario alla pro cedura di recepimento sancita nell'art. 10 della legge-quadro, v.
sent. 1003/88). Le disposizioni in esame dunque stabilivano una disciplina del
lavoro straordinario, connesso all'attività degli organi istituzio
nali regionali, diversa e più flessibile rispetto a quella vigente in
generale per il personale degli altri uffici ma, ad un tempo, impo nevano limiti sostanziali e procedurali alla discrezionalità del re
lativo potere autorizzatorio riconosciuto a tali organi, con ciò
contemperando le particolari esigenze di questi con i principi del
la contrattazione e del rigore ed efficienza amministrativi, posti dalla Costituzione (risp. art. 39 e 97) e ribaditi dalla legge-quadro.
La legge impugnata invece detta, per la medesima ipotesi, una
regolamentazione priva non solo della previsione del previo con
fronto con gli organismi sindacali del personale, ma anche di qual siasi predeterminazione di limiti in ordine al numero dei dipendenti utilizzabili e delle ore di lavoro straordinario necessarie, non po tendo certo ritenersi a questi equivalente la mera previsione della
relativa spesa, dettata al fine del soddisfacimento dell'obbligo di
copertura. Cosi facendo, il legislatore regionale ha esorbitato dai confini
di quel potere di «adeguamento» della normativa collettiva che
gli è riconosciuto, il quale, mentre richiede che siano rispettati i criteri di massima che informano tale normativa, deve essere
altresì finalizzato alla soddisfazione di necessità particolari della
Il Foro Italiano — 1989.
regione. Simile adeguamento dunque, nel caso di specie, avrebbe
comportato, da un lato, che, sia pure con riferimento ad indici
diversi e superiori, una prefissione di limiti fosse comunque effet tuata; dall'altro, che un qualche meccanismo di partecipazione delle associazioni sindacali nello stabilire i criteri della nuova re
golamentazione non fosse del tutto pretermesso. Per altro verso non è dato rinvenire alcun elemento idoneo
a far riternere la sussistenza nella regione Lazio di una situazione
particolare e diversa, che richieda una disciplina radicalmente dif
ferenziata, nei sensi sopra illustrati, rispetto a quella dettata per le altre regioni. Non esiste, in tal senso, alcun cenno nel testo
della legge impugnata, né soccorrono i lavori preparatori della
medesima, i quali non fanno alcuna menzione, neppure in occa
sione del riesame seguito dal rinvio governativo, delle ragioni giu stificative delle deroghe apportate alla precedente disciplina
dell'argomento culminata nella ricordata 1. reg. n. 6 del 1985.
Né rileva in contrario che la legge ora impugnata abbia parzial mente riprodotto la disciplina risultante dalla di poco anteriore
1. n. 10 del 1988 (già approvata nel 1980 e cosi promulgata a
seguito dell'ordinanza n. 15 del 1988 di questa corte): ciò non
può certo costituire idonea ragione giustificativa — sotto il profi lo che qui interessa — della legge attuale, che, in un diverso qua dro normativo, si è limitata a porre come definitiva una disciplina
originariamente transitoria e motivata dalla necessità di sopperire alla (in allora) mancata copertura dei posti in organico.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 1. reg. Lazio approvata il 28 marzo 1988
e riapprovata I'll maggio 1988 (prestazioni di lavoro straordina
rio del personale del consiglio regionale e della giunta regionale
per il funzionamento degli organi istituzionali).
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 novembre 1988, n. 1032
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 novembre 1988, n. 47); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Maranto ed altri; interv. Regio ne Sicilia (Aw. Turrisi). Ord. Corte conti, sez■ giur. reg. sic., 2 luglio 1981 (G.U. n. 150 del 1982).
Sicilia — Pubblico dipendente — Giudizio di responsabilità per danni — Limitazione delia responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave — Questioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 5, 28, 97, 103; r.d. leg. 15 maggio 1946 n. 455, approva zione dello statuto della regione siciliana, art. 1, 14; 1. reg. sic. 23 marzo 1971 n. 7, ordinamento degli uffici e del persona le della amministrazione regionale, art. 52).
Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
52, 1° comma, l. reg. sic. 23 marzo 1971 n. 7, che limita la
responsabilità del dipendente per danni causati all'amministra
zione ai soli casi di dolo o colpa grave, in riferimento agli art.
3 e 97 Cost, ed all'art. 14 statuto della regione Sicilia (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 novembre 1988, n. 1007
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 novembre 1988, n. 45); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Comune di Carentini e Comune
di Aragona. Ord. Corte conti, sez. giur. reg. sic., 19 marzo 1987 e 17 aprile 1986 (G.U., la s.s., n. 43 e n. 1 del 1987).
(1-3) L'ordinanza 2 luglio 1981 è riassunta in Foro it., 1982, III, 456, con nota di richiami; l'ordinanza 17 aprile 1986, n. 324 è massimata id., Rep. 1987, voce Sicilia, n. 21.
Sull'attività di controllo della Corte dei conti e sull'art. 103 Cost., v. i richiami in nota a Corte cost. 9 marzo 1989, n. 104, ed altre, id., 1989, I, 1346, nonché la sentenza della Corte costituzionale discussa nell'udien
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Sicilia — Giudizio sul conto consuntivo — Deliberazione del con
siglio comunale e decisione della Corte dei conti — Parificazio ne quanto agli effetti — Necessità del giudizio sul conto —
Incostituzionalità (Cost., art. 3, 103, 108; 1. 11 marzo 1953
n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale, art. 27; d.l.p.reg.sic. 29 ottobre 1955 n. 6, ordi
namento amministrativo degli enti locali della regione siciliana, art. 122; 1. reg. sic. 15 marzo 1963 n. 16, ordinamento ammini
strativo degli enti locali nella regione siciliana, art. 1).
È illegittimo, per violazione dell'art. 103, 2° comma, Cost., l'art.
122, 1° comma, d.l.p.reg. sic. 29 ottobre 1955 n. 6, riapprova to con l. reg. 15 marzo 1963 n. 16, il quale dispone che la
deliberazione del consiglio comunale tiene luogo, a tutti gli ef
fetti, della decisione sul conto consuntivo comunale spettante al consiglio di prefettura (ora Corte dei conti). (2)
Sono illegittimi, in seguito alla dichiarata incostituzionalità del
l'art. 122, 2° comma, d.l.p.reg. sic. 29 ottobre 1955 n. 6, riap
provato con l. reg. 15 marzo 1963 n. 16, sull'ordinamento
amministrativo degli enti locali della regione siciliana, il 2°, 3° e 4° comma dell'art. 122, non avendo più ragion d'essere
una volta caducato l'intero sistema del giudizio di conto ivi
previsto. (3)
I
Diritto. — 1. - L'ordinanza di rimessione della Corte dei conti
sezione giurisdizionale per la regione Sicilia prospetta l'illegittimi tà costituzionale dell'art. 52, 1° comma, reg. siciliana 23 marzo
1971 n. 7 («ordinamento degli uffici e del personale dell'ammini
strazione regionale)» in riferimento a tre distinti parametri costi
tuzionali:
a) per violazione dell'art. 14 statuto siciliano, in relazione agli art. 1 del medesimo statuto e 5 Cost., in quanto la limitazione
della responsabilità degli impiegati regionali ai soli casi di dolo o colpa grave contrasterebbe con il limite dei principi generali dell'ordinamento giuridico posto alla competenza legislativa esclu
siva della regione e, in particolare, con il comune criterio di re
sponsabilità dei pubblici impiegati, comprensivo anche dell'ipotesi di colpa lieve;
b) per violazione dell'art. 97, 1° comma, Cost., in quanto l'ac
cennata limitazione di responsabilità lederebbe il principio costi
tuzionale del buon andamento per i negativi effetti di incuria che
essa potrebbe determinare nello svolgimento delle mansioni affi
date agli impiegati regionali sottraendo, nel contempo, alla giuris dizione contabile una serie di comportamenti lesivi di quei beni
la cui tutela l'art. 103, 2° comma, Cost, affida alla Corte dei conti;
c) per violazione dell'art. 3 Cost., in quanto il citato art. 52, 1° comma, non estenderebbe la limitazione di responsabilità alle
fattispecie pregresse, ma non ancora definite giudizialmente alla
data di entrata in vigore della legge regionale, determinando in
tal modo un'ingiustificata disparità di trattamento.
2. - Anche se dall'ordinanza di rimessione non si desume con
chiarezza la rilevanza delle questioni, queste devono comunque ritenersi come non fondate, in quanto in nessun caso risultano
violati il principio di buon andamento e quello di eguaglianza, né i limiti costituzionalmente fissati all'esercizio della competenza esclusiva che la regione siciliana vanta, a norma dell'art. 14, lett.
q, dello statuto, in materia di «stato giuridico ed economico degli
impiegati e funzionari della regione, in ogni caso non inferiore
a quello del personale dello Stato».
2.1. - Sotto l'ultimo dei profili accennati, un limite alla compe tenza legislativa esclusiva di cui il giudice a quo sospetta la viola
za pubblica del 13 giugno 1989, che sarà riportata in un prossimo fascico
lo, che ha respinto il conflitto di attribuzioni proposto dalla Corte dei
conti contro il governo, la camera e il senato avverso l'art. 16 1. 400/88, sulla riforma della presidenza del consiglio, per assunto contrasto con
l'art. 100 Cost., laddove elimina il controllo preventivo di legittimità del
la Corte dei conti per «i decreti del presidente della repubblica adottati
su deliberazione del consiglio dei ministri ai sensi degli art. 76 e 77 Cost.»; con particolare riferimento alla responsabilità dei pubblici dipendenti, v.
i copiosi richiami nelle decisioni in epigrafe, fra cui si segnalano Corte
cost. 12 maggio 1988, n. 549 e 7 aprile 1988, n. 411, id., 1988, I, 2507, con nota di A. Romano.
Il Foro Italiano — 1989.
zione è dato dai principi generali dell'ordinamento. Nell'ordinan
za di rimessione si legge, infatti, che l'art. 52, 1° comma, 1. reg. n. 7 del 1971, nel limitare la responsabilità degli impiegati regio nali ai soli casi di dolo o di colpa grave, si porrebbe in contrasto
con un principio generale dell'ordinamento giuridico, il quale com
porterebbe una responsabilità patrimoniale dei pubblici impiegati verso l'amministrazione di appartenenza per ogni tipo di colpa, anche lieve.
Contro tale censura va ricordato, innanzitutto, quanto questa corte ha affermato in una precedente pronunzia emessa sulla stessa
disposizione (sent. n. 112 del 1973, Foro it., 1973, I, 2694), an
che se in riferimento a una pretesa disparità di trattamento che
il citato art. 52, 1° comma, avrebbe determinato tra impiegati
regionali (esentati dalla colpa lieve) e impiegati statali (responsa bili anche per colpa lieve). Nell'adottare, allora, una decisione
di infondatezza, questa corte ha precisato che «la possibilità (. . .) che il rapporto di servizio dei dipendenti regionali ed i connessi
obblighi e responsabilità ricevano una disciplina differenziata è
implicita nella stessa attribuzione alla regione di siffatta potestà»
(scil. esclusiva). Ove si volesse accettare la prospettazione della
questione compiuta dal giudice a quo — che in sostanza chiede
a questa corte di cancellare la diversità della disciplina sulla re
sponsabilità dei dipendenti regionali siciliani rispetto a quella che
si suppone essere la disciplina stabilita in via generale dalle leggi nazionali per i dipendenti statali — basterebbe il precedente ap
pena ricordato per ritenere risolto il caso.
Tuttavia, a ben vedere, dalla legislazione nazionale sulla re
sponsabilità dei dipendenti pubblici verso l'amministrazione di ap
partenenza non è desumibile, allo stato, un principio per il quale il dipendente è tenuto a rispondere in ogni caso per qualsiasi gra do di colpa. Anzi, come questa Corte ha più volte affermato
(sent. 54 del 1975, id., 1975, I, 1063 e 164 del 1982, id., 1983, I, 284), il «principio di non rilevanza del grado della colpa, che
regola la responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti, non è né rigido, né assoluto».
Ed invero, nell'ordinamento giuridico generale, accanto alle varie
ipotesi normative che accettano il criterio dell'irrilevanza del gra do della colpa, riportate puntualmente nell'ordinanza di rimes
sione, ne esistono molteplici altre in relazione alle quali i dipendenti
pubblici sono esentati dal rispondere alle amministrazioni di ap
partenenza a titolo di colpa lieve. Questo è il caso di numerosi
dipendenti di amministrazioni non statali come quelli dei comu
ni, delle province, delle istituzioni pubbliche di assistenza e degli enti ospedalieri (art. 261, 1° comma, r.d. 3 marzo 1934 n. 383:
«t.u. della legge comunale e provinciale»; art. 29, 1° comma, 1. 17 luglio 1890 n. 6972: «norme sulle istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza», come modificato dall'art. 11 r.d. 30
dicembre 1923 n. 2841; art. 56, 1° comma, 1. 12 febbraio 1968
n. 132: «enti ospedalieri ed assistenza ospedaliera»). Ed è anche
il caso di dipendenti statali che sono esentati dalla responsabilità
per colpa lieve in talune fattispecie caratterizzate da particolari
capacità tecniche richieste all'agente (art. 22, 2° comma, d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3: «t.u. delle leggi sugli impiegati civili dello Stato»; art. 15, 3° comma, 1. 5 marzo 1961 n. 90: «stato giuridi co degli operai dello Stato»; art. 1, 1° e 2° comma, 1. 31 dicem
bre 1962 n. 1833: «disciplina della responsabilità patrimoniale dei
dipendenti dello Stato adibiti alla conduzione di autoveicoli o al
tri mezzi meccanici»; art. unico 1. 17 marzo 1975 n. 69: «discipli na della responsabilità patrimoniale dei dipendenti dello Stato
adibiti alla conduzione di navi e aeromobili»; art. 1,1° comma, 1. 4 marzo 1981 n. 67: «responsabilità di talune categorie di per sonale dell'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato») o a si
tuazioni di carattere contingente (art. 11,3° comma, 1. 30 marzo
1965 n. 340: «norme concernenti taluni servizi di competenza del
l'amministrazione delle antichità e belle arti») ovvero dalla viola
zione di specifici doveri di servizio (art. 53, 3° comma, r.d. 12 luglio 1934 n. 1214: «t.u. delle leggi sulla Corte dei conti»; art.
20, 4° comma, d.p.r. n. 3 del 1957, già citato; art. 61 1. 11 luglio
1980 n. 312: «nuovo assetto retributivo-funzionale del personale
civile e militare dello Stato»). Né è superfluo ricordare che, se in generale per i dipendenti
regionali viene richiamata la normativa vigente, per quelli statali,
non solo non mancano eccezioni a tale regola (v. art. 32, 3° com
ma, 1. 19 maggio 1976 n. 335: «principi fondamentali e norme
di coordinamento in materia di bilancio e contabilità delle regi
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2411 PARTE PRIMA 2412
oni»), ma viene comunque fatto salvo il c.d. potere riduttivo del
la Corte dei conti (v. art. 31, 2° comma, della legge appena cita
ta), che, come ha affermato questa corte (sent. n. 54 del 1975), costituisce un temperamento del principio della irrilevanza del gra do della colpa.
Tutto ciò dimostra che il principio invocato nell'ordinanza di
rimessione, onde dimostrare l'illegittimità costituzionale della nor
ma impugnata, non vanta, certo, l'assolutezza e la rigidità che
il giudice a quo pretende di attribuirgli e non è tale, comunque, da poter costituire un limite in ogni caso invalicabile nell'eserci
zio della competenza legislativa esclusiva, qual è quella che la
regione siciliana possiede in materia.
2.2. - Del pari infondata è l'altra censura prospettata dal giudi ce a quo, relativa alla pretesa violazione del limite costituzionale,
rappresentato in ipotesi dal principio del buon andamento della
pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), in relazione anche alla
riserva alla Corte dei conti della giurisdizione in materia di conta
bilità pubblica (art. 103, 2° comma, Cost.). Secondo il giudice a quo, l'esenzione dei dipendenti regionali
siciliani, disposta dall'impugnato art. 52, 1° comma, 1. reg. n.
7 del 1971, incrinerebbe la tutela dell'interesse generale alla rego larità della gestione finanziaria e patromoniale degli enti pubbli
ci, violando cosi tanto il principio del buon andamento quanto
quello della giurisdizione contabile, che si dovrebbe ritenere este
so a tutti gli atti colposi dei dipendenti pubblici comportanti un
danno allo Stato.
Se non vi può esser dubbio che, come ha già affermato questa corte (sent. 68 del 1971, id., 1971, I, 2711, e 63 del 1973, id., 1973, I, 2380), gli art. 97 e 103, 2° comma, Cost, stabiliscono
principi, come quello del buon andamento e quello del controllo
patrimoniale degli enti pubblici, non si può neppure dimenticare
che ambedue gli articoli appena citati affidano alla legge la con
creta garanzia di quei principi. Tale rinvio, al pari di quello effettuato per la diversa forma
di responsabilià prevista dall'art. 28 Cost., ha il chiaro significa to di lasciare al discrezionale apprezzamento del legislatore la de
terminazione e la graduazione dei tipi e dei limiti di responsabilità
che, in relazione alle varie categorie di dipendenti pubblici o alle
particolari situazioni regolate, appaiano come le forme più ido
nee a garantire l'attuazione dei predetti principi costituzionali (v., da ultimo sent. 411 del 1988, id., 1988, I, 2508; ord. 549 del
1988, ibid., 2507, nonché, in relazione all'art. 28 Cost., le sent.
2 del 1968, id., 1968, I, 585; 123 del 1972, id., 1972, I, 2726; 164 del 1982; 26 del 1987, id., 1987, I, 638). Ciò significa, in altre parole, che gli art. 97 e 103, 2° comma, Cost, non possono condurre all'affermazione di un principio di inderogabilità per i dipendenti pubblici delle comuni regole della responsabilità, ma
portano, piuttosto, all'affermazione di un principio di responsa bilità di quei dipendenti in conformità delle regole a essi proprie.
Sicché, in sede di giudizio di legittimità costituzionale, le leggi disciplinanti la responsabilità dei pubblici dipendenti sono sinda
cabili, in riferimento ai parametri invocati, solo sotto il profilo della ragionevolezza della disciplina adottata e delle differenzia
zioni introdotte. Ma, sotto tale aspetto, esclusa la sussistenza di un principio generale di irrilevanza del grado della colpa dei pub blici dipendenti nei confronti dell'amministrazione, non appare
irragionevole che il regime della responsabilità dei dipendenti re
gionali verso l'amministrazione sia stato equiparato a quello dei
medesimi dipendenti verso i terzi, disciplinato, anche per la re
gione siciliana, dall'art. 23 d.p.r. n. 3 del 1957, in forza del ri chiamo effettuato dall'art.511. reg. n. 7 del 1971 alle disposizioni concernenti gli impiegati civili dello Stato. Non può, infatti, rite
nersi irragionevole una disposizione che è diretta a garantire un
più sollecito ed efficiente svolgimento dell'azione amministrativa
da parte degli uffici della regione siciliana, senza però intaccare
sostanzialmente il principio della responsabilità dei pubblici di pendenti verso l'amministrazione.
2.3. - Non fondata, infine, è anche la censura mossa all'art.
52, 1° comma, in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto risulte rebbe violato il principio di eguaglianza, a causa della non appli cabilità della disciplina di favore prevista a fattispecie sorte
anteriormente all'entrata in vigore della disposizione impugnata e, in particolare, ai giudizi pendenti. Secondo la consolidata giu
risprudenza di questa corte, infatti, non può in alcun modo trarsi motivo di violazione del principio di eguaglianza dalla decorren
II Foro Italiano — 1989.
za temporale delle modificazioni legislative introdotte dalla di
sposizione impugnata (v., da ultimo, sent. 209 del 1988, id., 1988,
I, 1804 e 368 del 1988). Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate
le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 52, 1° comma,
1. reg. sic. 23 marzo 1971 n. 7 («ordinamento degli uffici e del
personale dell'amministrazione regionale»), sollevate, in riferimento
agli art. 3 e 97 Cost, e 14 dello statuto della regione Sicilia, in relazione all'art. 1 del medesimo statuto e all'art. 5 Cost., dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Sicilia, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
II
1. - Le due ordinanze della Corte dei conti, sezione giurisdizio nale per la regione siciliana, prospettano questioni relative alla
medesima disposizione: i relativi giudizi vanno, pertanto, riuniti
e decisi con unica sentenza.
2. - Oggetto del presente giudizio è l'art. 122, 1° comma, del
l'ordinamento regionale degli enti locali nella regione siciliana,
approvato con d.l.p. reg. sic. 29 ottobre 1955 n. 6, e riapprovato con 1. reg. 15 marzo 1963 n. 16, il quale, nel conferire carattere
solo eventuale al giudizio del consiglio di prefettura (ora della
Corte dei conti, a seguito della sent. 55 del 1966, Foro it., 1966,
I, 986) sul conto consuntivo dei comuni situati nella regione sici
liana, violerebbe le seguenti disposizioni costituzionali:
a) l'art. 103, 2° comma, Cost., in quanto la norma impugnata,
prevedendo il giudizio di conto come meramente eventuale, fa
rebbe venir meno, per le ipotesi ivi contemplate, la giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica;
b) l'art. 108, 1° comma, Cost., in quanto la disposizione impu
gnata regolerebbe una materia — quella della giurisdizione —
la quale è riservata alla legge statale, con conseguente esclusione
della competenza legislativa delle regioni, anche se a statuto
speciale;
c) l'art. 3 Cost., in quanto la disciplina impugnata differenzie
rebbe in modo irragionevole la posizione degli agenti contabili
operanti nella regione siciliana rispetto a quella degli agenti con
tabili che operano nel restante territorio nazionale.
3. - La questione è fondata.
Come questa corte ha già affermato in un caso analogo (sent. 114 del 1975, id., 1975, I, 1913), «è principio generale del nostro
ordinamento che il pubblico denaro proveniente dalla generalità dei contribuenti e destinato al soddisfacimento dei pubblici biso
gni debba esser assoggettato alla garanzia costituzionale della cor
rettezza della sua gestione, garanzia che si attua con lo strumento
del rendiconto giudiziale». E, come è detto subito dopo nella stessa
sentenza, «requisito indispensabile del giudizio sul conto è quello della necessarietà, in virtù del quale a nessun ente gestore di mez
zi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile che abbia
comunque maneggio di denaro e valori di proprietà dell'ente è
consentito sottrarsi a questo fondamentale dovere».
Questi principi sono contraddetti dalla norma impugnata, lad
dove è disposto che «qualora le risultanze della deliberazione del
consiglio comunale non siano contestate dal tesoriere, dagli am
ministratori o da qualsiasi contribuente e non contrastino con
l'accertamento sommario di cui al 2° comma dell'articolo prece dente, il conto, trascorsi i tre mesi dalla data in cui è pervenuto alla commissione provinciale di controllo, resta approvato in con
formità delle risultanze medesime (e) la deliberazione del consi
glio comunale tiene luogo, a tutti gli effetti, della decisione di
cui alla seguente alinea» (cioè della decisione di approvazione del
conto consuntivo spettante ora alla Corte dei conti). Con tale
disposizione si prevede, in altri termini, che, in assenza delle con
testazioni ivi menzionate, l'approvazione del conto consuntivo ope rata dal consiglio comunale sostituisce integralmente la decisione
relativa al giudizio sul conto consuntivo spettante alla Corte dei
conti, rendendo cosi del tutto eventuale quest'ultimo giudizio e
sottraendo, conseguentemente, gli amministratori e i tesorieri dei
comuni siciliani al fondamentale dovere di rispondere, nelle for
me costituzionalmente previste, della gestione del denaro pubbli co da essi svolta.
Si tratta, com'è evidente, di una diretta violazione di un princi
pio fondamentale dello «Stato di diritto», recepito dalla Costitu
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
zione all'art. 103 e riaffermato da questa corte nella sentenza
prima ricordata. Una violazione la quale si articola in un duplice livello: da una parte, nel sottoporre l'attivazione del giudizio di
conto a condizioni dipendenti in gran parte dalla volontà di orga ni interni del comune stesso che dovrebbe essere controllato, ren
dendo cosi inoperante l'obbligo del tesoriere comunale di presentare
comunque i conti consuntivi per il giudizio della Corte dei conti
e tramutando quest'ultimo in un giudizio meramente eventuale;
e, dall'altra parte, nel prevedere che la deliberazione di approva
zione del conto consuntivo da parte del consiglio comunale assu
me lo stesso valore giuridico e la stessa efficacia della decisione
di approvazione della Corte dei conti in sede di giudizio sul conto
consuntivo, sostituendo cosi, illegittimamente, un'approvazione di natura politico-amministrativa a una decisione giurisdizionale
sulla regolarità contabile, un giudizio del controllato ad un giudi
zio del controllore.
Tanto basta per ritenere che l'art. 122, 1° comma, d.l.p. reg. sic.
28 ottobre 1955 n. 6, riapprovato con 1. 15 marzo 1963 n. 16,
svuoti del tutto la garanzia costituzionale relativa alla regolarità
e alla correttezza della gestione del denaro pubblico e, in partico
lare, la garanzia della necessarietà del giudizio sul conto. Esso
va, pertanto, dichiarato costituzionalmente illegittimo per viola
zione dell'art. 103, 2° comma, Cost.
Rimangono assorbiti i restanti profili di costituzionalità solle
vati nell'ordinanza di rimessione.
4. - Con la disposizione ora dichiarata incostituzionale fa in
dubbiamente sistema il comma successivo, nel quale si dispone
che, nel caso che l'approvazione del conto consuntivo operata
dal consiglio comunale sia contestata o contrasti con l'accerta
mento sommario di cui all'articolo precedente, «il conto è deferi
to dalla commissione provinciale di controllo al giudizio del
consiglio di prefettura (ora della Corte dei conti) il quale può
limitare il giudizio stesso alle partite contestate o estenderlo a
tutto il conto». Dalla accertata illegittimità costituzionale dell'art.
122, 1° comma, d.l.p. reg. sic. n. 6 del 1955, in quanto violativo
del principio della necessarietà del giudizio sul conto, deriva, ai
sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, l'incostituzionalità con
sequenziale della disposizione appena citata. Il 2° comma del
l'art. 122 costituisce, infatti, un elemento di un sistema normativo
complessivamente contrastante con il principio della necessarietà
del giudizio sul conto, che, a seguito della dichiarazione d'illegit
timità costituzionale dell'art. 122, 1° comma, d.l.p. reg. sic. n.
6 del 1955 resterebbe, in mancanza di una caducazione conse
quenziale, del tutto sbilanciato, conservando un significato nor
mativo distorto, comunque contrario a Costituzione.
Il principio della necessarietà del giudizio sul conto ha, infatti,
un duplice significato, in quanto comporta tanto che non posso
no essere poste condizioni in grado di rendere eventuale o aleato
rio il giudizio stesso, quanto che nessuna parte del conto può
essere sottratta alla giurisdizione della Corte dei conti. In altre
parole, il requisito della necessarietà riguarda sia l'ari del giudi
zio, sia l'oggetto dello stesso. E, sotto quest'ultimo profilo, «ne
cessarietà» significa completezza del giudizio, nel senso che il conto
consuntivo dev'essere sottoposto all'esame della Corte dei conti
nella sua interezza. Sicché, in virtù della medesima ratio sottesa
alla decisione d'incostituzionalità dell'art. 122, 1° comma, occor
re dichiarare l'illegittimità costituzionale derivata del 2° comma
dello stesso articolo.
5. - Sempre ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87 va
dichiarata l'illegittimità costituzionale, in via consequenziale, del
le restanti disposizioni contenute nell'art. 122 d.l.p. reg. sic. n.
6 del 1955, in quanto hanno il loro unico titolo di esistenza nor
mativa nella disposizione impugnata e dichiarata costituzional
mente illegittima con la presente decisione.
Questo è indubbiamente il caso della norma sulla comunicazio
ne all'amministrazione comunale e sulla notificazione agli inte
ressati del deferimento del giudizio di conto al consiglio di
prefettura (ora alla Corte dei conti), prevista nell'art. 122, 2°
comma (ultima parte), d.l.p. reg. sic. n. 6 del 1955. Ma lo stesso
è il caso delle disposizioni contenute nei commi successivi dello stesso articolo: segnatamente, quella che prescrive al consiglio di
prefettura (ora Corte dei conti) di definire il giudizio sul conto entro il termine di tre mesi (3° comma) e quella che regola la
notificazione e la pubblicazione della decisione del consiglio di
prefettura (ora Corte dei conti) (4° comma). Tutte e tre le disposizioni ora esaminate non hanno più ragion
Il Foro Italiano — 1989.
d'essere una volta che, per effetto della presente decisione sulla
norma impugnata, l'intero sistema sul giudizio di conto previsto dall'art. 122 risulti caducato. Si tratta, d'altronde, di disposizioni che regolano termini e modalità di pubblicità concernenti attività
giurisdizionali e decisioni assunte nell'esercizio della giurisdizione contabile: una materia, questa, che risulta preclusa alle leggi del
la regione siciliana, o a decreti aventi lo stesso valore delle leggi medesime.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: di chiara la illegittimità costituzionale dell'art. 122, 1° comma,
d.l.p. reg. sic. 29 ottobre 1955 n. 6, riapprovato con 1. reg. 15
marzo 1963 n. 16, intitolato «ordinamento amministrativo degli enti locali nella regione siciliana»; dichiara, altresì, ex art. 27 1.
11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale del 2°, del 3°,
del 4° comma dell'art. 122 del citato d.l.p. reg. sic. 29 ottobre
1955 n. 6, riapprovato con 1. reg. 15 marzo 1963 n. 16.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 novembre 1988, n. 1020
(Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 16 novembre 1988, n. 46);
Pres. Conso, Est. Gallo; Ruschini e altri (Aw. Fiore, Pelle
grino) c. Pepe; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato
Siconolfi). Ord. Trib. Lecce 16 novembre 1987 (G.U., la s.s.,
n. 11 del 1988).
Elezioni — Dipendenti dalle Usi e professionisti convenzionati — Eleggibilità a consigliere comunale — Questione infondata
di costituzionalità (Cost., art. 3, 51, 97; 1. 23 aprile 1981 n. 154, norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circo
scrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al servi
zio sanitario nazionale, art. 2).
È infondata, in riferimento agli art. 3 e 97 Cost., la questione
di legittimità costituzionale dell'art. 2, n. 8, l. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in cui non estende l'ineleggibilità a consiglie
re comunale prevista per i dipendenti delle unità sanitarie locali
facenti parte dell'ufficio di direzione e dei coordinatori ivi con
templati, anche agli altri dipendenti di tali unitài e ai professio
nisti convenzionati con queste. (1)
Diritto. — 1. - Non può essere accolta la tesi del Tribunale
di Lecce, secondo cui duplice sarebbe la ratio che sta alla base
dalla causa d'ineleggibilità prevista dal n. 8 dell'art. 2 1. 23 aprile
1981 n. 154: e, cioè, sia il pericolo che un soggetto investito di
particolari funzioni se ne avvalga per influenzare le scelte dell'e
lettorato, sia la necessità di prevenire un potenziale conflitto di
interessi fra il dipendente con funzioni dirigenti della Usi e l'ente
comunale, di cui la Usi rappresenta una struttura operativa. Già da tempo, infatti, tanto l'unanime dottrina quanto questa
stessa corte (cfr. sentenza n. 42 del 1961, Foro it., 1961, I, 1392)
(1) Il precedente di più immediato riferimento nella giurisprudenza della
corte è la sentenza 17 febbraio 1988, n. 43, Foro it., 1988, 1, 61 (annota ta da Ferrari, in Regioni, 1987, 723), che ha dichiarato la incostituzio
nalità del medesimo n. 8 del 1° comma dell'art. 2 1. 23 aprile 1981 n.
154, in quanto non prevedeva la ineleggibilità dei dipendenti delle unità
sanitarie locali facenti parte dell'ufficio di direzione e dei coordinatori
dello stesso, per i consigli dei comuni che concorrono a formare l'unità
sanitaria da cui dipendono, mentre dispone tale ineleggibilità per tali sog
getti per i consigli dei comuni il cui territorio coincida con quello dell'u
nità sanitaria o lo ricomprenda. Nelle osservazioni a tale sentenza di Messerini, essa è considerata in
novativa rispetto all'ulteriore precedente 8 marzo 1985, n. 59, id., 1986,
I, 636 (annotata da Rampulla, in Regioni, 1985, 582 e da Pinto, in
Giur. it., 1986, I, 1, 511), che, viceversa, aveva concluso per l'infonda
tezza della questione di costituzionalità del n. 2 dell'art. 8 1. 154/81, nella
parte in cui non prevede l'incompatibilità alla carica di sindaco di comuni
con popolazione non superiore ai trentamila abitanti, di professionisti convenzionati con unità sanitarie locali comprendenti il territorio di detti
comuni.
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