sentenza 16 marzo 1989, n. 109 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 22 marzo 1989, n. 12);Pres. Saja, Est. Mengoni; Amorosini (Avv. S. Amorosini) c. Cassa nazionale previdenza edassistenza avvocati e procuratori (Avv. Cinelli); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoSiconolfi). Ord. Pret. Roma 9 giugno 1988 (G.U., 1 a s.s., n. 48 del 1988)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1733/1734-1735/1736Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184013 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dimostrazione dell'idoneità al lavoro), non possono essere affida
te a medici legati al servizio sanitario nazionale da un rapporto di mero volontariato.
L'art. 2 d.l. 443 del 1987, con il quale, come si diceva, l'art.
5 della legge impugnata si pone in diretto contrasto, integra il
suddetto principio fondamentale risolvendo in un determinato sen
so un punto dello stesso principio che aveva dato luogo a inter
pretazioni controverse e a decisioni legislative diverse da regione a regione. In tal modo esso concorre, non soltanto a rendere più concreta e certa la garanzia del diritto alla salute dei cittadini, riconosciuto come fondamentale dall'art. 32 Cost., ma, come ri
sulta evidente dai lavori preparatori prima citati, pone anche una
delle condizioni per rendere più efficiente la gestione del servizio
sanitario nazionale, cercando di prevenire danni economici cau
sati allo stesso servizio dal noto fenomeno dell'aumento abnorme
e incontrollato delle prescrizioni di farmaci.
3. - Quanto detto a proposito dell'art. 5 della legge impugnata non preclude, certo, alla regione di porre in essere provvedimenti
legislativi che, nell'esercizio legittimo della propria potestà con
corrente in materia di formazione professionale, siano diretti a
consentire ai medici che aspirano a entrare nel servizio sanitario
nazionale l'acquisizione di esperienze professionali nelle strutture
pubbliche o la partecipazione a corsi di formazione professionale
promossi dalla regione medesima. Non c'è dubbio che, nell'am
bito di tali attività, vi possa essere spazio per rapporti di parteci
pazione volontaria all'erogazione delle prestazioni sanitarie e alle
strutture del servizio nazionale. Ciò che non è costituzionalmente
permesso, allo stato della legislazione attuale, è che a medici le
gati al servizio nazionale da tale tipo di rapporti si affidino com
piti che, per la loro natura o per come sono organizzati in concreto,
non diano sufficiente garanzia in relazione all'assicurazione del
dirito alla salute dei cittadini e all'efficienza della gestione del
sistema pubblico dell'assistenza sanitaria.
Resta assorbito ogni altro profilo. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità
costituzionale della legge della regione Liguria, riapprovata il 25
marzo 1985, dal titolo «collaborazione con il servizio sanitario
nazionale dei medici inseriti nelle graduatorie previste dagli ac
cordi nazionali di cui all'art. 48 1. 23 dicembre 1978 n. 833».
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 marzo 1989, n. 109
(IGazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 marzo 1989, n. 12);
Pres. Saja, Est. Mengoni; Amorosini (Avv. S. Amorosini) c.
Cassa nazionale previdenza ed assistenza avvocati e procuratori
(Avv. Cinelli); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Siconolfi). Ord. Pret. Roma 9 giugno 1988 (G.U., la s.s., n.
48 del 1988).
Avvocato e procuratore — Previdenza forense — Contributi —
Avvocati titolari di pensione di invalidità — Continuazione del l'esercizio della professione — Obbligo di versamento — Que
stione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 38; 1. 20
settembre 1980 n. 576, riforma del sistema previdenziale foren
se, art. 10). Avvocato e procuratore — Previdenza forense — Riduzione del
contributo soggettivo per i pensionati di vecchiaia dopo cinque anni dal pensionamento — Estensione in favore dei pensionati
di invalidità — Esclusione — Questione infondata di costitu
zionalità (Cost., art. 3, 38; 1. 20 settembre 1980 n. 576, art.
10; 1. 2 maggio 1983 n. 175, interpretazione autentica dell'art.
24 e integrazione e modifica di norme della 1. 20 settembre
1980 n. 576, art. 2).
È inammissibile, in quanto irrilevante, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, 3
° comma, 1
° periodo, l. 20 settem
bre 1980 n. 576, nella parte in cui assoggetta indiscriminata
mente all'obbligo di contribuzione piena alla cassa anche gli
avvocati titolari di pensione di invalidità che continuano l'eser
cizio della professione, anziché esonerarli o almeno ridurne il
carico contributivo in misura superiore alla riduzione poi con
cessa, con la disposizione aggiunta dalla l. n. 175 del 1983,
ai titolari di pensione di vecchiaia, in riferimento agli art. 3
e 38 Cost. (1)
Il Foro Italiano — 1989.
È infondata, in riferimento agli art. 3 e 38 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 l. 20 settembre 1980 n.
576 (modificato dall'art. 2 l. 2 maggio 1983 n. 175), nella parte in cui non estende ai titolari di pensione di invalidità la ridu
zione del contributo soggettivo dal dieci al tre per cento previ sta a favore dei pensionati per vecchiaia dopo cinque anni di
attività professionale dalla data del pensionamento. (2)
Diritto. — 1. - In linea principale il Pretore di Roma dubita
della legittimità, in riferimento agli art. 3 e 38 Cost, dell'art. 10, 3° comma, primo periodo, 1. 576 del 1980 sulla previdenza foren
se, in quanto assoggetta indiscriminatamente all'obbligo di con
tribuzione piena alla cassa anche i titolari di pensione di invalidità
che continuano l'esercizio della professione, anziché esonerarli o
almeno ridurne il carico contributivo in misura superiore alla ri
duzione poi concessa, con la disposizione aggiunta dalla 1. 175
del 1983, ai titolari di pensione di vecchiaia: e ciò perché gli inva
lidi meriterebbero maggiore considerazione ai fini di un alleggeri mento dell'obbligo di contribuzione, essendo «per definizione
costretti a una produttività massima pari a meno di un terzo del
normale».
La questione è irrilevante per la decisione del giudizio a quo, e pertanto inammissibile. La ricorrente non è andata oltre la do
manda di una riduzione della contribuzione alla cassa pari a quella
prevista nel secondo periodo del comma sotto esame in favore
dei pensionati per vecchiaia.
2. - In linea subordinata l'art. 10, 3° comma, citato è ritenuto
censurabile dal giudice remittente almeno nel secondo periodo, in quanto non estende ai titolari di pensione di invalidità l'agevo lazione contributiva accordata ai pensionati per vecchiaia, i qua
li, dopo cinque anni di attività professionale dalla data del
pensionamento, sono esonerati dal pagamento del contributo sog
gettivo di cui ai primi due commi dell'art. 10, restando obbligati a pagare solo un contributo di solidarietà nella misura del 3%
del reddito. Sarebbero violati il principio di eguaglianza e il prin
cipio di adeguatezza della tutela previdenziale alle esigenze di vi
ta, atteso che la ratio della riduzione contributiva, individuata
«nella ridotta capacità produttiva e di reddito del pensionato», inerisce all'invalidità non meno che all'età avanzata.
3. - Occorre preliminarmente esaminare due eccezioni opposte l'una dalla cassa, l'altra dalla ricorrente.
A giudizio della cassa, pure la seconda questione sarebbe irrile
vante, e quindi inammissibile, mancando un interesse attuale del
la ricorrente. Il regime contributivo privilegiato, di cui essa lamenta
il rifiuto di applicazione in suo favore, è riservato ai professioni sti pensionati da più di cinque anni, che abbiano compiuto i set
tant'anni, mentre la ricorrente è ancora lontana dal raggiungimento di tale età. L'eccezione non ha pregio. La sola condizione di or
dine temporale, cui è assoggettata la riduzione contributiva previ sta dalla norma impugnata, è il compimento di cinque anni di
attività professionale dopo il conseguimento della pensione. Per
i titolari di pensione di vecchiaia, con riguardo ai quali la dispo
(1-2) Ad avviso della corte, caratteri peculiari propri della pensione di invalidità giustificano un suo diverso regime contributivo rispetto alla
pensione di vecchiaia. Per tale ultima categoria di pensionati, osserva la corte, la riduzione del contributo soggettivo, successivamente al quin
quennio dal pensionamento, trova la sua ratio nella previsione di un solo
supplemento di pensione (art. 2, 8° comma, 1. 576/80), per cui il versa
mento del tre per cento trae esclusivo fondamento nel dovere di solidarie
tà degli appartenenti alla categoria (su tale principio, Corte cost. 4 maggio 1984, n. 132, Foro it., 1984, I, 1783, con nota di V. Ferrari), principio estraneo ai titolari di pensione di invalidità, la cui contribuzione si giusti fica con la possibilità di maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia:
sul mutamento del titolo della pensione, v. F. P. Rossi, in Nuove leggi
civ., 1981, 4. Secondo la corte, inoltre, una naturale regressione della capacità lavo
rativa per i pensionati per vecchiaia e la possibile ripresa fisica dei pensio nati per invalidità, non consentono la reductio ad unum delle due categorie,
per cui nessuna violazione del principio di uguaglianza è ravvisabile nella
diversa regolamentazione contributiva.
Appare utile rilevare come la difesa della cassa, in giudizio, pur conte
stando l'eccezione di legittimità costituzionale, ha proposto un'interpreta zione adeguatrice delle impugnate norme per estenderne l'applicazione alla categoria esclusa. Nello stesso senso, Trevi, id., 1984, 781.
Sulla decorrenza del regime contributivo di cui alla 1. 2 maggio 1983
n. 175, v. Pret. Napoli 16 novembre 1987, Previdenza forense, 1988,
n. 3, 29; Trib. Genova 30 settembre 1986, id., 1987, n. 1, 36; Cons.
Stato, sez. Ili, 10 gennaio 1984, n. 27, Foro it., Rep. 1985, voce Avvoca
to, n. 105.
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1735 PARTE PRIMA 1736
sizione è stata introdotta, la detta condizione implica che essi
devono avere compiuto il settantesimo anno di età; questa speci fica condizione, essendo una conseguenza del requisito di età pen sionabile fissato dall'art. 2, 1° comma, 1. 576 del 1980, non
potrebbe riproporsi, in caso di accoglimento della questione, per i titolari di pensione di invalidità.
A sua volta, la ricorrente obietta che la questione dovrebbe
essere respinta sulla base di una interpretazione «adeguatrice» che, diversamente da quella accolta dal giudice a quo, riconosca l'ap
plicabilità della norma denunziata anche ai pensionati per invali
dità. Ma la lettera della legge segna un limite invalicabile delle
possibilità di interpretazione: l'interpretazione antiletterale è am
missibile solo quando sia evidente, alla stregua dell'interpretazio ne storica e/o logico-sistematica, che il legislatore è caduto in
un errore di linguaggio o in una falsa demonstratio. Nella dispo sizione aggiunta dalla legge del 1983 all'art. 10, 3° comma, della
legge sulla previdenza forense l'esplicito richiamo dell'art. 2, 8°
comma, limita il campo di applicazione ai titolari di pensione di vecchiaia.
3. - Due ragioni, peculiari a questa categoria di pensionati,
spiegano la mancata previsione di analogo beneficio in favore
dei titolari di pensione di invalidità, e al tempo stesso la giustifi cano alla stregua di entrambi i parametri costituzionali indicati
dal giudice remittente, onde la questione da lui proposta deve
essere dichiarata non fondata.
La prima ragione deriva dal principio di corrispettività, rivalu
tato dalla riforma del 1980, ma incoerentemente pretermesso nel
l'originario 3° comma dell'art. 10, in relazione all'ipotesi dell'art.
2, 8° comma. Poiché questa norma concede un solo supplemento di pensione di vecchiaia, rapportato al quinquennio di attività
professionale successivo alla maturazione del diritto a pensione, la legge del 1983, appunto in applicazione del criterio di correla
zione tra contribuzione e prestazione previdenziale, ha soppresso
per gli avvocati ultrasettantenni, che abbiano ottenuto la liquida zione definitiva della pensione, l'obbligo del contributo soggetti vo, da essi precedentemente versato a fondo perduto, e li ha
assoggettati soltanto a un contributo di solidarietà del 3% (cfr. Corte cost. n. 1008 del 1988).
Questa ratio non ricorre per i titolari di pensione di invalidità.
La contribuzione piena alla cassa, alla quale rimangono obbligati senza limiti di tempo qualora proseguano l'attività professionale, trova un corrispettivo nella progressiva maturazione del diritto
alla pensione di vecchiaia (art. 5, 5° comma, 1. 576 del 1981) tenuto presente che, per ipotesi, essi sono iscritti alla cassa da
una data anteriore al compimento del quarantesimo anno di età.
D'altra parte, non va trascurato il rilievo che, per il fatto stesso
di essere beneficiari di una pensione di invalidità, essi godono, a loro volta, di una tutela previdenziale privilegiata, sia sotto il
profilo del requisito di anzianità contributiva (dieci o anche solo
cinque anni, a fronte dell'anzianità trentennale richiesta per la
pensione di vecchiaia), sia sotto il profilo della durata media del
la pensione. 4. - L'altra ragione giustificativa della limitazione dei destina
tari della norma impugnata ai pensionati per vecchiaia si coglie nel fatto del «naturale regresso della capacità di lavoro produtti vo per l'avanzare dell'età» (cfr. sent. n. 62 del 1977, Foro it.,
1977, I, 1056). Al contrario, la residua capacità dell'invalido al l'esercizio della professione (capacità specifica) è stabile, e anzi,
negli anni immediatamente successivi al pensionamento, può in
crementarsi grazie a cure appropriate o anche per spontanea ri
presa di forze dell'organismo o per capacità di adattamento; tant'è che la legge prevede due revisioni triennali per accertare la persi stenza dell'invalidità, prima di ammettere la concessione definiti va della pensione.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi le la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, 3° com
ma, primo periodo, 1. 20 settembre 1980 n. 576 (riforma del sistema
previdenziale forense), modificato dall'art. 2 1. 2 maggio 1983 n. 175 (interpretazione autentica dell'art. 24 e integrazione e mo difica della 1. 20 settembre 1980 n. 576, concernente la riforma della previdenza forense), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Roma con l'ordinanza indicata in epigra fe; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, 3° comma, secondo periodo, 1. 576 del 1980 citata, sollevata dal nominato pretore con la medesima ordinanza.
Il Foro Italiano — 1989.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 86 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.
Saja, Est. Borzellino; Marra c. Inps; interv. Pres. cons, mini
stri (Aw. dello Stato La Porta). Ord. Pret. Lecce 19 marzo 1988 (G.U., la s.s., n. 41 del 1988).
Previdenza sociale — Indennità di malattia — Lavoratori agricoli — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; d.l. 12 settembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia previden ziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, di
sposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e
proroga di taluni termini, art. 5; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463).
È infondata, in riferimento agli art. 3 e 38, 2° comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5,6° comma, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in l. 11 novembre 1983 n. 638, in quanto non va interpretato nel senso che non
preveda il diritto all'indennità di malattia in favore dei lavora tori agricoli a tempo determinato che, pur avendo titolo alla
qualifica di bracciante per avere lavorato cinquantuno giornate
prima dell'inizio della malattia, non risultino iscritti per alme no cinquantuno giornate nell'anno precedente negli elenchi no minativi. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 luglio 1988, n. 4618; Pres. Menichino, Est. Ponzetta, P. M. Visalli
(conci, diff.); Inps (Aw. Saiafia, Lipari) c. Giordano (Avv.
Cabibbo). Cassa Trib. Lecce 13 febbraio 1986.
Previdenza sociale — Indennità di malattia — Lavoratori agricoli — Iscrizione negli elenchi nominativi — Efficacia (R.d. 24 set tembre 1940 n. 1949, modalità di accertamento dei contributi dovuti dagli agricoltori e dai lavoratori dell'agricoltura per le assicurazioni professionali, art. 12; d.l. lgt. 9 aprile 1946 n.
212, modificazioni alle vigenti disposizioni sull'assicurazione di malattia per i lavoratori in agricoltura, art. 4; d.l. 3 febbraio 1970 n. 7, norme in materia di collocamento e accertamento dei lavoratori agricoli, art. 7; 1. 11 marzo 1970 n. 83, conver
sione in legge, con modificazioni, del d.l. 3 febbraio 1970 n. 7).
Il diritto all'indennità di malattia per i lavoratori agricoli, che
sorge con l'iscrizione negli elenchi nominativi, decorre dalla data di validità degli elenchi medesimi da individuarsi, non nella da ta di pubblicazione o nel momento in cui essi acquistano carat tere di definitività, ma nella data iniziale del periodo (annuale o trimestrale) cui si riferisce l'elenco sul quale il lavoratore da
assistere risulta iscritto. (2)
(1-2) La riportata sentenza della Cassazione chiarisce meglio l'assunto, che ha determinato la Corte costituzionale alla pure riportata decisione di rigetto, secondo cui la previsione delle cinquantuno giornate di iscri zione nell'anno precedente negli elenchi nominativi non costituisce condi zione assoluta per l'insorgenza del diritto all'indennità di malattia a favore dei lavoratori dell'agricoltura.
Nel senso, ritenuto assorbente ai fini della decisione di rigetto della questione di costituzionalità, che il diritto all'indennità possa competere anche in difetto del requisito suddetto nel caso di «certificazione provvi soria» (recte: certificato d'urgenza ex art. 4 d.l. lgt. 9 aprile 1946 n. 212), v. Pret. Pescara 1° marzo 1986, Foro it., Rep. 1986, voce Previdenza sociale, n. 609 e Cass. 24 marzo 1987, n. 2861, id., Rep. 1987, voce cit., n. 693, che sottolinea come in materia di assicurazione malattia per i lavoratori agricoli il principio generale dell'automatismo delle prestazio ni previdenziali risulti parzialmente derogato.
Tale concetto, tuttavia, si rinviene meglio formulato nella giurispru denza consolidatasi in tema di indennità economica per le lavoratrici ma dri dell'agricoltura, laddove si distingue fra requisiti per la prestazione e requisiti per l'assicurazione, precisandosi che — pur non essendo condi zionata al possesso di requisiti contributivi o di una determinata anziani tà assicurativa — l'indennità di maternità non può competere alla lavoratrice agricola che al momento iniziale dell'astensione obbligatoria non risulti assicurata per difetto dei relativi requisiti (cinquantuno giornate di iscri zione nell'anno precedente o «certificazione provvisoria»): v. Cass. 30 gennaio 1987, n. 910, ibid., n. 703 e 18 febbraio 1985, n. 1408, id., 1985, I, 1339, con nota di richiami.
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