sentenza 17 marzo 1988, n. 303 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 marzo 1988, n. 12);Pres. Saja, Est. Mengoni; Banca d'Italia c. Min. poste e telecomunicazioni. Ord. Trib. Roma 26ottobre 1983 e 14 giugno 1985 (quattro) (G.U., 1 a s.s., n. 39 del 1987); App. Roma 18 marzo1986 (G.U., 1 a s.s., n. 59 del 1986)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 55/56-61/62Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183718 .
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PARTE PRIMA
6. - Le considerazioni che precedono denotano, perciò, il con
trasto con la norma costituzionale citata dell'art. 1 della legge del 1890, che invece continua ad esigere — pur essendo superata la situazione sociale e l'assetto delle strutture dello Stato che ave
vano ispirato la legge stessa — un sistema di pubblicizzazione
generalizzata, esteso a tutte le iniziative originate dall'autonomia
privata.
Queste perciò ben potrebbero essere restituite all'ambito priva to ove fosse constatata la presenza di requisiti propri di una per sona giuridica privata.
7. - Per quel che riguarda gli enti di nuova istituzione, non
può non prendersi atto di quanto già riferito in precedenza, e
che è stato posto in luce sia in dottrina che negli scritti difensivi, circa il già avvenuto superamento del regime di obbligatoria pub blicizzazione proprio della legge Crispi.
Questo superamento manifestatosi più di recente sia in sede
amministrativa, sia in sede di controllo, sia in sede giurisdiziona
le, afferma il principio che enti di nuova istituzione, aventi finali
tà di assistenza e di beneficenza, possano essere riconosciuti come
persone giuridiche private: un principo che è la diretta conse
guenza del precetto costituzionale dell'art. 38, utlimo comma,
Cost., il quale, affermando la libertà dell'assistenza privata e con
formando l'intero sistema costituzionale dell'assistenza ai princi
pi pluralistici, sancisce il diritto dei privati di istituire liberamente
enti di assistenza e conseguenzialmente, quello di vedere ricono
sciuta, per tali enti, una qualificazione giuridica conforme alla
propria effettiva natura.
Per effetto della Costituzione, si è perciò già realizzata un'in
versione di tendenza, nel senso del superamento del principio di
pubblicizzazione generalizzata per realizzare quel sistema di «plu ralismo delle istituzioni in relazione alla possibilità di pluralismo nelle istituzioni», auspicato dalla già richiamata sentenza n. 173
del 1981, che le interpretazioni e le prassi applicative prima ricor
date, hanno puntualmente colto.
Ciò basta per esimere questa corte dal dover dichiarare l'illegit timità costituzionale della norma impugnata con riferimento alle
nuove istituzioni di assistenza, relativamente alle quali, in base
all'indicata inversione di tendenza, è già possible il loro ricono
scimento come enti privati. Per le istituzioni preesistenti, invece, la cui pubblicizzazione non
sia aderente alle caratteristiche dell'ente, la loro riprivatizzazione,
garantita dall'art. 38, ultimo comma, Cost., è possibile solo a
seguito della dichiarazione di illegittimità della norma denuncia
ta, che afferma l'opposto principio. 8. - La corte non può comunque non sottolineare come, nono
stante il lungo tempo trascorso, sia rimasto irrealizzato l'auspicio
che, nella già richiamata sentenza n. 173 del 1981, era stato for
mulato, sia pure in forma indiretta, circa l'esigenza di un inter
vento legislativo di carattere generale che prendesse atto del
superamento del regime della legge n. 6972 del 1890. Di un inter
vento cioè che avrebbe dovuto riconsiderare i principi fondamen
tali che avevano ispirato, all'epoca, il regime di pubblicizzazione
generalizzato nel campo della assistenza e riflettere sulla pluralità di forme e di modi in cui l'attività assistenziale viene prestata, differenze queste che non erano state prese in considerazione dal
la legge Crispi che aveva perseguito l'opposto disegno. Essendo mancato fino ad oggi un intervento organico, non può
ulteriormente rimanere disattesa l'esigenza di adeguamento del
sistema al principio costituzionale di libertà dell'assistenza priva ta. Né potrebbe costituire remora alla realizzazione di tale esigen za la considerazione della mancanza di una espressa disciplina alternativa che, per effetto della dichiarazione di illegittimità co
stituzionale, possa consentire in concreto il rientro delle istituzio
ni preesistenti, che ne presentino i requisiti, nella categoria dei
soggetti privati, cui per loro natura sarebbero fin dalle origini dovute appartenere, ove non fosse diversamente stato imposto dalla pubblicizzazione generalizzatrice della legge del 1890.
Al riguardo sembra sufficiente considerare che, anche in man
canza di una apposita normativa che disciplina le ipotesi ed i
procedimenti per l'accertamento della natura privata delle Ipab, la possibilità di realizzare in concreto le finalità auspicate dall'or
dinanza di rimessione sarebbero offerte, non solo perseguendo la via dell'accertamento giudiziale, come nel caso oggetto del giu dizio a quo, ma anche la via della trasformazione in via ammini
strativa, sulla base dell'esercizio dei poteri di cui sono titolari
sia l'amministrazione statale che quella regionale in tema di rico
II Foro Italiano — 1989.
noscimento, trasformazione ed estinzione delle persone giuridiche
private. Al riguardo potrebbe costituire utile punto di riferimento, in
quanto esprime principi generali insiti nell'ordinamento, l'art. 17
d.p.r. 19 giugno 1979 n. 348 (recante norme di attuazione dello
statuto speciale per la Sardegna) il quale indica una serie di carat
teristiche e di presupposti come idonei a consentire la trasforma
zione in persone giuridiche private, di enti già in precedenza
appartenenti alla categoria delle Ipab, sottraendoli cosi alla sop
pressione prevista per le istituzioni aventi natura di enti pubblici veri e propri.
Altro esempio normativo da assumere in proposito come pun to di riferimento, in quanto anche esso espressione di principi
generali, può essere considerato l'art. 30 1. reg. sic. n. 22 del
1986 il quale prevede che «le istituzioni in atto qualificate quali
Ipab per atto positivo di riconoscimento o per possesso di Stato,
che, avuto riguardo alle disposizioni della legge fondamentale sulle
opere pie 17 luglio 1890 n. 6972 e successive modifiche, agli atti
di fondazione ed agli statuti delle istituzioni medesime, nonché
ai criteri selettivi da determinare con le procedure di cui al suc
cessivo comma, per prevalenza di elementi essenziali sono classi
ficabili quali enti privati, sono incluse dal presidente della regione, su proposta dell'assessore regionale per gli enti locali, in apposito elenco ai fini del riconoscimento ai sensi dell'art. 12 c.c.».
Gli esempi normativi richiamati, a parte le indicazioni procedi
mentali, che potrebbero valere solo per le regioni cui esse si rife
riscono, costituiscono per il resto un significativo superamento della 1. n. 6972 del 1890, con l'indicazione di principi e criteri che, ove dovesse ancora mancare una apposita normativa che di
sciplini compiutamente la materia dell'assistenza, in conformità
ai principi costituzionali, possono essere considerati utili punti di riferimento, per far conseguire nelle competenti sedi giudizia rie o amministrative, la qualificazione privatistica a quelle Ipab che dovessero mostrarsi interessate a tale diverso riconoscimento, fino ad oggi impedito dalla vigenza della norma di cui viene di
chiarata l'illegittimità costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 1. 17 luglio 1890 n. 6972 («norme sulle
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza») nella parte in
cui non prevede che le Ipab regionali e infraregionali possano continuare a sussistere assumendo la personalità giuridica di di
ritto privato, qualora abbiano tuttora i requisiti di un'istituzione
privata.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 marzo 1988, n. 303
(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 marzo 1988, n. 12); Pres. Saja, Est. Mengoni; Banca d'Italia c. Min. poste e tele
comunicazioni. Ord. Trib. Roma 26 ottobre 1983 e 14 giugno 1985 (quattro) (G.U., la s.s., n. 39 del 1987); A pp. Roma 18
marzo 1986 (G.U., la s.s., n. 59 del 1986).
Posta e telecomunicazioni — Vaglia cambiari della Banca d'Italia
commutanti debiti dello Stato — Spedizione con raccomandata — Mancato recapito — Responsabilità dell'amministrazione po stale — Limiti — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 113; d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, approvazione del t.u. delle disposizioni
legislative in materia postale, di banco posta e di telecomunica
zioni, art. 6, 28, 48, 93). Posta e telecomunicazioni — Mancato recapito di plichi racco
mandati — Azione giudiziaria nei confronti dell'amministra
zione postale — Pregiudizialità del reclamo in via amministrativa — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3,
24, 113; d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, art. 20, 91, 96).
Sono illegittimi, perché lesivi del principio costituzionale di egua glianza, gli art. 6, 28, 48 e 93 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, nella parte in cui dispongono che l'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni non è tenuta al risarcimento dei dan
ni, oltre all'indennità di cui all'art. 28, in caso di perdita o
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
manomissione di raccomandate con le quali siano stati spediti
vaglia cambiari emessi in commutazione di debiti dello Stato. (1) È inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimi
tà costituzionale degli art. 20, 91 e 96, lett. f), d.p.r. 29 marzo
1973 n. 156, nella parte in cui, in caso di perdita di una corri
spondenza raccomandata, subordinano l'azione giudiziaria con
tro l'amministrazione postale al previo reclamo in via
amministrativa entro il termine decadenziale di sei mesi dalla
data di impostazione. (2)
(1-2) I. - La Corte costituzionale era stata già investita della questione risolta con la prima massima ma aveva disposto (con sentenza) la restitu
zione degli atti per insufficiente motivazione della rilevanza: sent. 11 lu
glio 1984, n. 190, Foro it., 1984, I, 2688. Analoga pronunzia era stata
successivamente adottata dalla stessa corte con l'ordinanza 19 dicembre
1986, n. 277, id., 1987, I, 1011. In entrambi i casi la restituzione era stata ordinata per accertare se
la Banca d'Italia (la quale, chiamata in giudizio dai prenditori dei vaglia sottratti che pretendevano la ripetizione del pagamento in loro favore, aveva agito in regresso nei confronti dell'amministrazione postale) aves
se, o meno, proposto tempestivamente il reclamo in via amministrativa
prescritto a pena di decadenza dall'art. 91 e dall'art. 96, lett. J), d.p.r. n. 156 del 1973: ciò nell'ovvio presupposto che tali disposizioni dovesse
ro, nel caso di specie, trovare applicazione, poiché altrimenti la loro even
tuale inosservanza non avrebbe mai potuto incidere sulla rilevanza della
questione. Con la decisione in epigrafe i giudici di palazzo della Consulta sembra
no aver mutato il proprio orientamento in quanto, come può leggersi nel paragrafo n. 7 della motivazione, hanno statuito che le norme sopra ricordate «si riferiscono all'azione giudiziaria esercitata in via principale dal mittente» e non sono quindi applicabili quando l'azione sia esercitata
in via di regresso: di qui la declaratoria di inammissibilità (per difetto
di rilevanza) della questione. II. - Sul punto non constano precedenti specifici. Per qualche riferi
mento possono richiamarsi quelle decisioni che — in tema di assicurazio
ne obbligatoria per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore — ritengono inapplicabile la condizione prescritta dall'art. 22 1. 990/69
(decorso del termine di sessanta giorni da quello in cui il danneggiato ha chiesto il risarcimento all'assicuratore) alla chiamata in garanzia pro
posta dal convenuto nei confronti di un terzo (Cass. 13 ottobre 1986, n. 5996, id., Rep. 1987, voce Assicurazione (contratto) n. 190; 7 gennaio
1981, n. 121, id., Rep. 1981, voce cit., n. 296; Trib. Milano 6 febbraio
1979, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 255, 262, e in Riv. giur. circolaz.
e trasp., 1979, 768, con nota di Rordorf, Ancora qualche osservazione
a proposito dell'art. 22 della legge n. 990 del 1969, con particolare riferi mento alla chiamata in causa del terzo.
Peraltro questa giurisprudenza (che non è pacifica: v. infatti, in senso
contrario, Trib. Modena 18 febbraio 1977, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 257, e in Riv. giur. circolaz. e trasp. 1977, 615, con nota (contraria) di Mazzocca, Ancora in tema di inapplicabilità dell'art. 22 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 all'ipotesi della chiamata in causa del terzo;
Trib. Palermo 22 febbraio 1980, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 299; Di Chirico, In tema di preliminarità del termine dilatorio ex art. 22 legge n. 990/69 alla chiamata di terzi in causa, in Arch, circolaz., 1975 , 241;
Pistolesi, La legge n. 990/69 sull'assicurazione obbligatoria: la lettera
raccomandata proposta dall'art. 22 e la chiamata del terzo ex art. 166, in Resp. civ., 1978, 62) sembra argomentare la non applicabilità della
condizione stabilita dal citato art. 22, più che dalle peculiarità della chia
mata in garanzia, dal convincimento che tale disposizione riguarderebbe solo le azioni proposte dal danneggiato per ottenere il risarcimento dei
danni subiti e non potrebbe quindi essere richiamata per quelle comun
que intentate dal danneggiante nei confronti del corresponsabile al fine
di ottenere una diversa ripartizione delle responsabilità. Essa non appare
quindi pienamente corrispondente alle linee argomentative della decisione
in epigrafe. Va in ogni caso considerato che la questione aveva ad oggetto anche
l'art. 96, lett. f), il quale stabilisce che «l'amministrazione è liberata da
ogni responsabilità per la perdita, manomissione od avaria di oggetti rac
comandati... quando il mittente non abbia presentato reclamo nei termini
previsti dall'art. 91». Il quesito portato all'esame della Corte costituzio
nale pertanto toccava aspetti che non riguardavano soltanto i rapporti
tra il rimedio amministrativo e quello giurisprudenziale ma investivano
anche la disciplina sostanziale dell'istituto. E, quanto meno sotto tale
profilo, ricorrevano i presupposti per entrare nel merito della questione. III. - Sulla responsabilità della pubblica amministrazione verso gli utenti
di servizi pubblici, v., in generale, Alessi, L'illecito e la responsabilità civile degli enti pubblici, Milano, Giuffrè, 1964, 99 ss.; Garrì, La re
sponsabilità della pubblica amministrazione, Torino, Utet, 1975, passim.
Per quanto riguarda più specificamente le limitazioni di responsabilità
dell'amministrazione postale, v., in dottrina, Garrì, op. cit., 238 ss.;
Quartulli, I servizi telefonici pubblici, Milano, Giuffrè, 1978, 146 ss.;
Lillini, Corrispondenza (diritto postale), voce del Novissimo digesto, To
rino, Utet, 1959, IV, 895; Alberini, Corrispondenza, voce del Novissimo
digesto, appendice, Torino, Utet, 1981, II, 836; Del Bue, Diritto postale
Il Foro Italiano — 1989.
Diritto. — 1. -1 giudizi promossi dalle sei ordinanze in esame
hanno analogo contenuto, e pertanto devono essere riuniti e deci
si con unica sentenza.
2. - La questione di legittimità costituzionale degli art. 6, 28,
48 e 93 d.p.r. n. 156 del 1973 è fondata.
Secondo una formula tralaticia, ricorrente nella giurisprudenza meno recente e ripresa dall'avvocatura dello Stato, l'esenzione
dell'amministrazione delle poste da responsabilità per danni ver
so l'utenza si giustificherebbe per la necessità «di garantire al
l'amministrazione la più ampia discrezionalità nell'organizzazione
e delle telecomunicazioni, voce del Novissimo digesto, Torino, Utet, 1964,
V, 1000; Alberini, Diritto postale e delle telecomunicazioni, voce del
Novissimo digesto, apendice, Torino, 1981, II, 1238; De Sanctis-Molteni, Poste e telecomunicazioni, voce àéV Enciclopedia del diritto, Milano, Giuf
frè, 1984, XXIV, 594. In giurisprudenza: Trib. Milano 31 dicembre 1959, Foro it., Rep. 1960,
voce Posta e telegrafo, n. 27; App. Milano 14 febbraio 1961, id., Rep.
1962, voce cit., n. 5: entrambe le decisioni avevano escluso l'ipotizzabili tà di contrasti, con la Costituzione, dello speciale regime derogatorio di
responsabilità della amministrazione postale. Lo stesso orientamento era stato più di recente ribadito dalla Cassazio
ne con la sentenza 24 settembre 1981, n. 5176, id., Rep. 1982, voce Re
sponsabilità civile, n. 41, e aveva trovato consensi anche in dottrina: Del
Bue, op. cit., 1006; De Sanctis-Molteni, op. cit., 596; contra, invece,
Quartulli, op. cit., doc. cit. IV. - Nel caso di specie il mancato recapito concerneva raccomandate
con le quali erano stati spediti vaglia cambiari non trasferibili della Banca
d'Italia emessi in commutazione di debiti dello Stato.
Sui gravi inconvenienti cui dà luogo la spedizione con plico raccoman
dato, anziché per assicurata, di tali assegni, v. R. Lener, in Foro it.,
1987, I, 1011, in nota a Corte cost., ord. 19 dicembre 1986, n. 277,
App. Roma 30 giugno 1986, Trib. Roma 31 dicembre 1985, Pret. Roma
3 settembre 1986, Conc. Roma 31 maggio 1986.
L'illegittimità delle norme del codice postale che disciplinano l'istituto
della «raccomandazione» è stata fondata, dai giudici di palazzo della Con
sulta, sulla considerazione che l'integrazione di tali disposizioni con quel le in tema di commutazione dei debiti dello Stato farebbe emergere una
irrazionale disparità di trattamento, lesiva del principio di eguaglianza:
questo perché mentre nel rapporto tra Banca d'Italia e creditore l'ina
dempimento dell'obbligo di consegna del vaglia «è regolato dalla norma
generale dell'art. 1218, onde la banca si libera da responsabilità solo con
la prova del caso fortuito», invece nel rapporto tra Banca d'Italia e am
ministrazione postale l'obbligo di trasporto e di consegna del vaglia al
destinatario, assunto dalla seconda verso la prima, «è regolato da norme
speciali che esonerano l'amministrazione da responsabilità per il risarci
mento dei danni, con la conseguenza... di far ricadere il rischio dell'ope razione sulla banca».
Questa ricostruzione dei rapporti tra banca emittente e prenditore del
vaglia cambiario (o assegno bancario) non trasferibile non è in linea con
l'orientamento, ormai consolidato, della Cassazione e della prevalente dot
trina (sul quale v. R. Lener, Assegno non trasferibile e ipotesi di paga mento a persona diversa dal prenditore, id., 1986, I, 2891, cui adde App. Roma 31 dicembre 1986, id., 1988, I, 81) e sembra accostarsi piuttosto alle posizioni di quei giudici di merito (Trib. Roma 7 giugno 1980, id.,
1980, I, 2016; 14 luglio 1980, id., 1981, I, 275; 10 gennaio 1984, id.,
1984, I, 1361; Pret. Roma 3 settembre 1986, id., 1987, I, 1013; Conc.
Roma 31 maggio 1986, ibid., e di quegli autori (Martorano, Pagamento di assegno «non traferibile», in I titoli di credito a cura di Pellizzi, Mila
no, 1980, 361; Bianchi d'Espinosa, Pagamento di «assegno non trasferi bile» e identificazione del prenditore, in Giusi, civ., 1958, I, 1843;
Gualtieri, Tutela del prenditore e de! richiedente di assegno circolare
non trasferibile, id., 1969, I, 77), i quali ritengono che l'apposizione della
clausola di non trasferibilità rende inapplicabili i principi stabiliti in via
generale dall'art. 1992 c.c. per l'identificazione dei portatori di titoli di
credito. Non è quindi da escludere che il dibattito, che ora sembra sopito, pos
sa riaccendersi.
* * *
Confesso che continuo a non essere persuaso del buon fondamento
della tesi sostenuta dalla Cassazione e dalla dottrina prevalente, secondo
cui l'art. 43, 2° comma, r.d. 21 dicembre 1933 n. 1730, in tema di paga
mento di assegni non trasferibili, andrebbe posto in correlazione con quanto
stabilito dall'art. 1992 c.c., il quale dispone che «il debitore che senza
dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore
è liberato anche se questi non è titolare del diritto». Mi sembra che,
cosi, argomentando, non si consideri che questa norma, la quale fissa
per la liberazione del debitore principi più favorevoli di quelli stabiliti
dal diritto comune (per tutti: Asquini, Titoli di credito, Padova, Cedam,
1966, 277) trova la sua ragion d'essere nell'esigenza di agevolare la circo
lazione del titolo di credito, e quindi in una finalità certamente estranea alla
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PARTE PRIMA
del pubblico servizio», ponendola «al riparo da sanzioni risarci
tone per inconvenienti e imperfezioni nell'adempimento delle pre
stazioni, inseparabili dalle scelte organizzative da essa fatte, le
quali possono anche tradursi nel mancato rispetto di regole di
servizio da parte del dipendente, delle quali, per la complessità
dell'organizzazione e la difficoltà dei controlli, non è possibile
garantire l'assoluta e costante osservanza». Ma una simile giusti ficazione, improntata a una concezione del servizio postale come
servizio puramente amministrativo, non regge di fronte all'art.
43 Cost., che ha istituito uno stretto collegamento tra la nozione
di servizio pubblico essenziale e la nozione di impresa. Se ne de
duce che tutti i servizi pubblici essenziali devono essere organiz zati e gestiti in forma di impresa, ossia, come dispone l'art. 2
1. 17 maggio 1985 n. 210 per il servizio ferroviario, «con criteri
di economicità», i quali comportano la conformazione dei rap
porti con gli utenti come rapporti contrattuali, fondamentalmen
te soggetti al regime del diritto privato. A questo regime, che
tende a convertisi in «diritto comune a pubblici e privati operato
ri», indifferente alla diversa natura degli interessi in gioco, è sta
ta ricondotta, in ossequio alla direttiva costituzionale, la
responsabilità per inadempimento dell'amministrazione ferrovia
ria dalla 1. 7 ottobre 1977 n. 754. Solo una discrezionalità orga nizzativa responsabilizzata secondo criteri di economicità può assicurare, tra l'altro, una seria politica delle assunzioni impron tata esclusivamente a rigorosi requisiti di professionalità.
L'eccezione confermata dal d.p.r. n. 156 del 1973 in favore
dell'amministrazione delle poste, la cui discrezionalità organizza tiva non è correlata col principio di responsabilità, si spiega solo
come retaggio storico di un privilegio risalente alle origini del
servizio postale. Questo è nato agli inizi del secolo XVII come
servizio «aulico», affidato a privati ai quali il monarca concede
va, in compenso, la licenza di svolgere un servizio analogo per i sudditi, in regime di monopolio. Più tardi, quando lo Stato
moderno si riservò il servizio postale come strumento di acquisi zione di un'entrata, i privilegi precedentemente accordati dal so vrano ai mastri delle sue poste, si consolidarono in un privilegio del fisco, comprendente anche l'immunità da responsabilità per danni verso l'utenza. La sua conservazione non ha alcuna giusti ficazione nell'ordinamento attuale, dove il servizio postale non
disciplina degli assegni non trasferibili che, per comune ammissione, sono invece sottratti ad ogni possibilità di circolazione, anche nelle forme del diritto comune.
Non direi poi che a sostegno della validità di tale tesi l'art. 73 dello stesso decreto fornisca argomenti «decisivi»: questa disposizione (il cui contenuto è sostanzialmente riprodotto dall'art. 97 in tema di vaglia cam biari emessi dalla Banca d'Italia) si limita infatti ad escludere la necessità dell'ammortamento per la ricostituzione della legittimazione del prendito re, stabilendo che a tal fine è sufficiente la semplice denunzia dello smar
rimento, della distruzione o della sottrazione. Se non effettua la denunzia, il prenditore non otterrà il duplicato e
non potrà conseguentemente esigere la prestazione, dal momento che an che rispetto agli assegni non trasferibili, che sono pur sempre titoli di credito, il possesso del titolo è necessario per l'esercizio del diritto (cosi, per tutti: Buttaro, Sulla diligenza della banca nell'identificazione del portatore di un assegno «non trasferibile», in Banca, borsa, ecc., 1958, II, 305). Ma la norma non fornisce elementi per risolvere il diverso pro blema della liberatorietà del pagamento effettuato al creditore apparente; problema che invece è affrontato dall'art. 43, 2° comma, il quale stabili sce che «colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore,... risponde del pagamento».
Affermare che la «diversità» presa in considerazione da tale disposizio ne non deve essere riferita alla persona fisica del prenditore ma alla «le
gittimazione cartolare» e che pertanto la sanzione da essa comminata non
riguarda l'ipotesi in cui il possessore del titolo si presenti come il legitti mo prenditore assumendone falsamente l'identità (cosi, per tutti, ancora Buttaro, op. cit., 308), significa introdurre una limitazione nell'ambito di applicazione della norma in esame che non solo non ha alcun appiglio testuale ma che non sembra neppure accordarsi con il fine che si è inteso
perseguire con l'introduzione della clausola di non trasferibilità; fine che non è stato tanto quello di impedire la circolazione del titolo quanto quello di «garantire il prenditore dai furti, dalle falsificazioni, dalle sot trazioni e dalle alterazioni dei titoli bancari di pagamento» (per riferi menti sul punto, v. M. R. Covelli, Osservazioni a Cass. 25 gennaio 1983, n. 683, Foro it., 1984, I, 1360), e che certamente non può essere raggiun to se si consente alla banca di liberarsi dalla propria obbligazione, in caso di pagamento effettuato a persona diversa dal titolare, adducendo di non essere incorsa in dolo o colpa grave nell'identificazione del presen tatore del titolo, cosi come previsto dall'art. 1992 c.c. [G. Marziale]
Il Foro Italiano — 1989.
può essere più considerato un bene patrimoniale dell'erario e si
configura invece, secondo il criterio organizzativo impartito dal
l'art. 43 Cost., come un'impresa gestita dallo Stato in regime di monopolio, ossia come una forma di partecipazione dello Sta
to all'attività economica.
3. - L'ingiustificatezza del privilegio si accentua nei casi ai qua li i giudici remittenti hanno circoscritto la sollevata questione di
legittimità costituzionale. In questi casi la forma della raccoman
dazione postale non è liberamente scelta né dai creditori (destina
tari), né dalla Banca d'Italia (mittente) come mezzo di trasmissione
dei vaglia cambiari, cosi che si possa dire, come afferma l'avvo
catura, che gli utenti assumono un rischio cui possono sottrarsi
optando per la forma dell'«assicurazione». Invero, la 1. 23 otto
bre 1962 n. 1575, rovesciando l'impostazione del precedente d.p.r. 25 gennaio 1962 n. 71 (alla quale è tornato il d.p.r. 10 febbraio
1984 n. 21, lasciandone fuori però i rimborsi Irpef, che continua
no ad essere regolati dalla 1. 31 maggio 1977 n. 247), attribuiva
agli uffici ordinatori della spesa la facoltà di disporre d'ufficio
la commutazione dei titoli di spesa dello Stato in vaglia cambiari non trasferibili emessi dalla Banca d'Italia, indipendentemente da
una richiesta del creditore: e ciò, come è scritto nella relazione
al disegno di legge, allo scopo di ottenere una «semplificazione del sistema di pagamento dello Stato». Il 2° e il 3° comma del
l'art. unico 1. n. 1575 del 1962, da integrare col 1° comma del
l'art. 2 d.p.r. n. 71 dello stesso anno, prescrivevano che i vaglia fossero spediti dalle tesorerie di Stato all'indirizzo dei creditori in piego raccomandato, a spese delle amministrazioni interessate.
Disponeva, infine, il 5° comma che «l'emissione dei vaglia cam
biari estingue il debito dello Stato».
Dal complesso di questa disciplina risulta che: a) lo Stato è
autorizzato a novare unilateralmente il proprio debito sostituen dolo con una obbligazione pecuniaria di pari ammontare incor
porata in un vaglia cambiario emesso dalla Banca d'Italia; b) il servizio di corrispondenza raccomandata, esercitato dall'ammi
nistrazione postale, è indicato obbligatoriamente alla Banca d'I talia come mezzo di adempimento dell'obbligo di trasferire al
creditore il possesso del vaglia, necessario per ottenere il paga mento della somma da esso portata.
L'integrazione del meccanismo approntato dalla 1. n. 1575 del 1962 con le norme del codice postale relative all'istituto della «rac
comandazione» fa emergere una irrazionale disparità di tratta mento in contrasto con l'art. 3 Cost.: mentre nel rapporto tra
Banca d'Italia e creditore l'inadempimento dell'obbligo di conse
gna del vaglia è regolato dalla norma generale dell'art. 1218 c.c., onde la banca si libera da responsabilità solo con la prova del caso fortuito, invece nel rapporto tra Banca d'Italia e ammini strazione delle poste l'obbligo di trasporto e di consegna del va
glia al destinatario, assunto dalla seconda verso la prima, è regolato da norme speciali che esonerano l'amministrazione da responsa bilità per il risarcimento dei danni, con la conseguenza, non coe
rente con la ratio della 1. n. 1575, di far ricadere il rischio
dell'operazione sulla banca. 4. - L'avvocatura obietta che, diversamente dal servizio della
corrispondenza assicurata, l'amministrazione postale, cui la Ban ca d'Italia affida la raccomandata contenente il vaglia cambiario, non si obbliga a consegnare al destinatario il vaglia, ma soltanto un plico chiuso, del quale ignora il contenuto. Si può replicare anzitutto che la distinzione tra raccomandazione e assicurazione attiene propriamente alla prova del danno derivato dalla perdita del plico, ma non rileva sul piano del diritto sostanziale: in en trambi i casi, salvi per le raccomandate i divieti di cui all'art. 83 d.p.r. n. 156 del 1973, l'amministrazione postale assume con trattualmente l'obbligazione di trasportare e consegnare al desti natario il plico intatto nella sua originaria consistenza. In secondo
luogo non va trascurato il rilievo che nel caso di specie il modello delle buste usate dalla Banca d'Italia per la spedizione dei vaglia cambiari commutanti debiti dello Stato è corredato di segni este riori che rendono chiaramente riconoscibili il contenuto della bu sta e la funzione cui la raccomandata — secondo legge — è
deputata. 5. - Infine l'avvocatura eccepisce che, in ogni caso, non le nor
me del codice postale che sollevano l'amministrazione da respon sabilità per danni dovevano essere impugnate, bensì le norme della contabilità di Stato o di altre leggi, le quali prevedono la commu tazione d'ufficio dei debiti dello Stato in vaglia cambiari da spe dire ai creditori in piego raccomandato, cosi ponendo a carico della Banca d'Italia e/o dello stesso creditore il rischio dello smar
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
rimento o della sottrazione del titolo. Da questo punto di vista
la questione sarebbe male impostata, e quindi inammissibile.
Ma nemmeno tale eccezione appare plausibile. Come si è det
to, la disciplina della commutazione dei debiti dello Stato secon
do la 1. n. 1575 del 1962 è integrata dalle norme del codice postale
(r.d. n. 645 del 1936, vigente all'epoca di emanazione della legge,
poi sostituito dal d.p.r. n. 156 del 1973), concernenti la responsa bilità dell'amministrazione per la perdita della lettera raccoman
data con cui il vaglia cambiario è stato spedito al creditore. Perciò
la questione di costituzionalità, in riferimento all'art. 3 Cost., è stata posta correttamente dai giudici remittenti con riguardo non alle norme che prevedono la commutazione e impongono all'amministrazione delle poste un servizio di raccomandate in
favore delle tesorerie di Stato ai fini della trasmissione dei vaglia cambiari agli aventi diritto, ma appunto alle norme del codice
postale nella parte in cui mantengono il privilegio di irresponsa bilità per danni dell'amministrazione anche quando essa è chia
mata dalla legge al detto servizio.
6. - Le questioni di costituzionalità in riferimento agli art. 28
e 113 Cost, rimangono assorbite.
7. - Le ordinanze del Tribunale di Roma indicate in epigrafe sub b) hanno sollevato anche la questione di costituzionalità, in
/ riferimento agli art. 3, 24 e 113 Cost., degli art. 20, 91 e 96,
lett. f), del codice postale, nella parte in cui, in caso di perdita di una corrispondenza raccomandata, subordinano l'azione giu diziaria contro l'amministrazione postale alla previa presentazio ne di un reclamo in via amministrativa entro il termine decadenziale
di sei mesi dalla data di impostazione: reclamo di cui l'ammini
strazione ha eccepito la mancata tempestiva presentazione da parte
della Banca d'Italia.
La questione, nella specie, è irrilevante, e pertanto va dichiara
ta inammissibile. Invero le norme impugnate si riferiscono all'a
zione giudiziaria esercitata in via principale dal mittente contro
l'amministrazione, mentre nei due casi in esame l'azione princi
pale è esercitata, contro il mittente (Banca d'Italia), dal destina
tario dei vaglia cambiari, il quale pretende che il pagamento sia
ripetuto a sue mani. Nel processo l'amministrazione è stata chia
mata in garanzia, su istanza della banca, la quale intende eserci
tare nel medesimo processo l'azione di regresso (o rivalsa) per
l'eventualità che sia accolta la domanda principale (art. 106 c.p.c.). A questa azione, la quale trova ingresso in conseguenza della di
chiarazione di illegittimità costituzionale delle norme del codice
postale che la escludono, la condizione di procedibilità prevista
dagli art. 20, 91 e 96, lett. f), del codice postale non è evidente
mente applicabile, trattandosi di un'azione che accede a una cau
sa principale promossa contro il mittente da un terzo il cui diritto
di agire non è soggetto alla detta condizione.
Per la ragione svolta nel numero precedente risulta assorbita
l'eccezione di inammissibilità opposta dall'avvocatura dello Stato
nel giudizio promosso dall'ordinanza indicata in epigrafe sub a)\
poiché l'azione di rivalsa della banca non è soggetta alla condi
zione del previo tempestivo reclamo in via amministrativa, non
ha rilevanza il fatto che il giudice a quo abbia omesso di accerta
re se tale condizione sia stata o no osservata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità
costituzionale degli art. 6, 28, 48 e 93 d.p.r. 29 marzo 1973 n.
156 («testo unico delle disposizioni legislative in materia postale,
di bancoposta e di telecomunicazioni»), nella parte in cui dispon
gono che l'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni
non è tenuta al risarcimento dei danni, oltre all'indennità di cui
all'art. 28, in caso di perdita o manomissione di raccomandate
con le quali siano stati spediti vaglia cambiari emessi in commu
tazione di debiti dello Stato; dichiara inammissibile la questione
di legittimità costituzionale degli art. 20, 91 e 96, lett. f), d.p.r.
29 marzo 1973 n. 156, sollevata, in riferimento agli art. 3, 24
e 113 Cost., dal Tribunale di Roma con le ordinanze indicate
in epigrafe sub b).
Il Foro Italiano — 1989.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 gennaio 1988, n. 6
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 gennaio 1988, n. 4); Pres. Saja, Est. Pescatore; Conte ed altri c. Cassa mutua
malattia dirigenti Enel ed altri; Conte c. Cassa mutua malattia
Sip; Muratori ed altri c. Enpas ed altri; Ciccarone c. Min. teso
ro; Di Bello c. Min. tesoro; interv. Pres. cons, ministri. Ord.
Pret. Bari 13 settembre 1985 (G.U., la s.s., n. 10 del 1986) e 2 dicembre 1985 (G.U., la s.s., n. 15 del 1986); Pret. Calta
nissetta 18 marzo 1986 (G.U., la s.s., n. 49 del 1986); Pret.
Roma 7 aprile 1986 (due) (G.U., la s.s., n. 51 del 1986 e n.
14 del 1987).
Sanitario — Medici convenzionati — Corrispettivi — Blocco del
le tariffe — Legge di interpretazione autentica — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 101, 104; d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutua
listici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della
spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria, art. 8; 1.
17 agosto 1974 n. 386, conversione in legge, con modificazioni,
del d.l. 8 luglio 1974 n. 264; 1. 29 giugno 1977 n. 349, norme
transitorie per il trasferimento alle regioni delle funzioni già
esercitate dagli enti mutualistici e per la stipulazione delle con
venzioni uniche per il personale sanitario in relazione alla rifor
ma sanitaria, art. 11; d.l. 25 gennaio 1985 n. 8, ripiano dei
disavanzi di amministrazione delle unità sanitarie locali al 31
dicembre 1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie, art.
6; 1. 27 marzo 1985 n. 103, conversione in legge, con modifica
zioni, del d.l. 25 gennaio 1985 n. 8). Sanitario — Medici convenzionati — Blocco delle tariffe — Som
me percepite in buona fede — Irripetibilità — Questione infon
data di costituzionalità (Cost., art. 3; d.l. 25 gennaio 1985 n.
8, art. 6; 1. 27 marzo 1985 n. 103).
È infondata, perché trattasi di esercizio di potestà normativa da
parte del legislatore che non tocca la potestas iudicandi riserva
ta alla autorità giudiziaria, la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 6 d.l. 25 gennaio 1985 n. 8, convertito nella
l. 27 marzo 1985 n. 103, contenente interpretazione autentica
degli art. 11, 1° comma, l. 349/77 e 8, 6° comma, d.l. 264/74,
nella parte in cui dispone che ai sanitari convenzionati non spet
tano aumenti o adeguamenti sul corrispettivo risultante dalle
ultime convenzioni stipulate prima dell'entrata in vigore del d.l.
8 luglio 1974 n. 264, in riferimento agli art. 101 e 104, 1 ° com
ma, Cost. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6
d.l. 25 gennaio 1985 n. 8, convertito nella I. 27 marzo 1985
n. 103, nella parte in cui dispone la irripetibilità delle somme
già percepite dai sanitari convenzionati sulla base di interpreta
zioni diverse della normativa previgente, in riferimento all'art.
3 Cost. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 11 otto
bre 1988, n. 5471; Pres. Bile, Est. Tondo, P.M. Grossi (conci,
conf.); Min. tesoro (Aw. dello Stato La Porta) c. De Liso
(Aw. Tucci). Cassa Trib. Bari 10 marzo 1983.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Medici con
venzionati — Controversie — Competenza del giudice del lavo
ro (Cod. civ., art. 2230, 2232; cod. proc. civ., art. 409; 1. 23
dicembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario naziona
le, art. 48). Sanitario — Medici convenzionati — Blocco delle tariffe — Vali
dità (D.l. 8 luglio 1974 n. 264, art. 8; 1. 17 agosto 1974 n.
386; 1. 29 giugno 1977 n. 349, art. 11; d.l. 25 gennaio 1985 n. 8, art. 6; 1. 27 marzo 1985 n. 103).
(1-2, 4) La Corte costituzionale sancisce (e la Cassazione conferma)
la legittimità della comune interpretazione delle norme sul blocco delle
tariffe dei sanitari convenzionati che il legislatore aveva codificato in nor
ma di interpretazione autentica: sul merito della questione, v. la nota
di richiami a Pret. Bari 2 dicembre 1985, Foro it., 1988, I, 1341; sulla
insussistenza di contrasti con principi costituzionali degli interventi di «inter
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