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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 18 aprile 1988; Pres. Lo Turco, Est....

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sentenza 18 aprile 1988; Pres. Lo Turco, Est. A. Amatucci; Cassa rurale ed artigiana di Cambiano di Castelfiorentino (Avv. G. Ferri) c. Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo - Aima Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 2703/2704-2705/2706 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181450 . Accessed: 28/06/2014 17:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.98 on Sat, 28 Jun 2014 17:31:23 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 18 aprile 1988; Pres. Lo Turco, Est. A. Amatucci; Cassa rurale ed artigiana diCambiano di Castelfiorentino (Avv. G. Ferri) c. Azienda di Stato per gli interventi nel mercatoagricolo - AimaSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2703/2704-2705/2706Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181450 .

Accessed: 28/06/2014 17:31

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2703 PARTE PRIMA 2704

quel che importa è che il giudice, nella certezza della legge, deve

essere, già oggi, preservato da tentazioni di opportunismo nel de

cidere la presente causa.

Ed invero, nel dubbio che gli art. 1, 2 e 16, cosi come formula

ti, possano essere interpretati nel senso di stravolgere il vigente ordinamento processuale, svuotando la funzione istituzionale del

relatore — prevista dalla legge processuale vigente — e costrin

gendo ogni giudice ad assumersi responsabilità che non gli com

petono (quelle di approfondire e studiare le cause di cui non è

relatore), non si può escludere che la serenità di giudizio possa essere influenzata da quelle che già si sono definite tentazioni

di opportunismo.

Indipendentemente dal fatto che la funzione costituzionale del

relatore è qualitativamente diversa da quella del membro non re

latore, è infatti da escludere che, nell'attuale situazione di dram

matica inadeguatezza degli organici e carenza delle strutture giu

diziarie, il giudice non relatore possa ritenersi tenuto a studiare

ed approfondire le cause degli altri componenti del collegio: il

suo compito è, per legge, esclusivamente quello di decidere, nella

dialettica della camera di consiglio, le varie questioni che si pre

sentano, sulla base dei fatti esposti dal relatore. E la sua respon sabilità non può che essere commisurata a questo suo compito.

Diversamente, ogni giudice istruttore sarà costretto a fissare,

per la discussione collegiale, una causa per udienza, invece delle

cinque o sei che usualmente fissa: con inevitabile pregiudizio de

gli utenti della giustizia. Ma la sopra cennata immediata rilevanza processuale è ulte

riormente posta in risalto proprio dalla modifica apportata dal

l'art. 16 1. 117 alla norma processuale dell'art. 131 c.p.c., sulla

quale il vizio di illegittimità costituzionale dell'art. 16 non può non ripercuotersi con effetto immediato (anche sul processo in

corso). Nella normale formazione della volontà dell'organo collegiale

la decisione, risultante dalla dialettica delle differenti opinioni dei

singoli componenti è — una volta venuta ad esistenza e pubblica mente espressa con un provvedimento — una decisione unitaria

del collegio in quanto espressione della volontà collettiva, senza

che sia più possibile assegnare alcun valore giuridicamente rile

vante, sotto nessun aspetto, alle singole volontà individuali. Nel

rispetto di questo principio — da intendersi come uno dei princi

pi fondamentali del nostro ordinamento giuridico — la differente

opinione di ogni singolo membro si fonde nella volontà colletti

va, anche dal punto di vista della responsabilità, perché perde sostanzialmente rilevanza il fatto che l'opinione del singolo com

ponente non relatore si fondi, in sostanza, sulla fiducia della ri

spondenza a verità di quanto riferito dal relatore.

Ma la pretesa di recuperare ex post, dopo la pubblicazione del

la decisione collegiale, un'autonoma rilevanza della volontà del

singolo componente, non solo pone in essere una vera e propria mostruosità giuridica (l'atomizzazione della volontà collegiale in

una perdurante meccanica giustapposizione delle singole volontà

dei componenti), ma conferisce un'autonomia e un'indifferenzia

zione di responsabilità, verso l'esterno, alla volontà del compo nente non relatore che autonoma non può essere, perché essen

zialmente fondata sulla valutazione dei fatti riferiti dal relatore

e pertanto qualitativamente e quantitativamente ben diversa dalla

responsabilità di quest'ultimo. In conclusione, se proprio si vuol configurare una responsabili

tà dell'organo collegiale — nonostante lo stridente contrasto che

ciò comporta con fondamentali principi giuridici — non si potrà, in ogni caso, prescindere da una graduazione di responsabilità, nel dettato della legge in ordine alle differenti posizioni, all'inter

no del collegio, del relatore e dei membri non relatori.

Per questi motivi, visto l'art. 23, 2° comma, 1. 11 marzo 1953

n. 87, solleva d'ufficio, siccome non manifestamente infondata

e rilevante, la questione di legittimità costituzionale degli art. 1, 2° comma, 2 e 16 1. 13 aprile 1988 n. 117 e dell'art. 131 c.p.c., come modificato dal predetto art. 16, in relazione agli art. 3 e

28 Cost, nei sensi di cui alla motivazione che precede; (omissisj

Il Foro Italiano — 1988.

TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 18 aprile 1988; Pres. Lo Tur

co, Est. A. Amatucci; Cassa rurale ed artigiana di Cambiano

di Castelfiorentino (Avv. G. Ferri) c. Azienda di Stato per

gli interventi nel mercato agricolo - Aima.

TRIBUNALE DI ROMA; se ii-i a a... n.

Cessione dei crediti — Efficacia verso la pubblica amministrazio

ne — Necessità della adesione — Esclusione — Limiti (L. 20

marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo,

art. 9; r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, disposizioni sull'ammi

nistrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato, art. 70).

Ai fini dell'efficacia della cessione dei crediti verso la pubblica

amministrazione l'adesione dell'amministrazione interessata è

necessaria per i soli casi, tassativamente previsti, di cessione

di prezzi di contratti in corso o di somme dovute per sommini

strazione, forniture o appalti. (1)

Svolgimento del processo. — 1. - Con atto di citazione notifi

cato il 28 ottobre 1986 l'Aima conveniva in giudizio la Cassa

rurale ed artigiana di Cambiano di Castelfiorentino, soc. coop, a r.L, in opposizione all'ingiunzione di pagamento della somma

di lire 123.281.754, oltre interessi e spese, emesse dal presidente del Tribunale di Roma, su ricorso della cassa, con decreto n.

5875 del 2 ottobre 1986, notificato il giorno 8 successivo. A moti

vo dell'opposizione adduceva l'inefficacia nei propri confronti della

cessione alla cassa rurale opposta del credito verso l'opponente stessa vantato dalla società Distillerie Fustella di Bribio Luigi e

C. s.a.s., con sede in Merate, in virtù del disposto di cui agli art. 9 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, e 339 1. cit., all. F, richia

mati dall'art. 70 della «legge di contabilità di Stato», non essen

do stata la cessione accettata dall'amministrazione debitrice.

Esponeva che il credito trovava origine nel contratto col quale la predetta società si era impegnata a conservare nei propri locali

di deposito Hn. 70.387 di alcoole di proprietà dell'Alma ed in

esecuzione del quale aveva maturato a titolo di corrispettivo un

credito di lire 821.239.880, parte del quale appunto ceduto alla

cassa rurale opposta con atto di cessione del 2 luglio 1985, auten

ticato nella firma dal notaio Marianna Orlando di Vinci, all'Ai

ma notificato il 9 luglio 1985. Dichiarava, inoltre, di voler opporre in compensazione alla so

cietà distillerie Fustella le sue ragioni di credito derivanti da ina

dempimenti della predetta società ad impegni assunti per l'eroga zione di aiuti comunitari nel settore del vino.

Affermava, infine, per l'ipotesi in cui fosse per ritenersi che

l'ingiunzione concernesse anche la rivalutazione monetaria del cre

dito (benché la relativa statuizione fosse stata interlineata nel di

spositivo del decreto ingiuntivo), di opporsi all'ingiunzione anche

in parte de qua, attesa la natura pecuniaria del debito. Instava,

dunque, per la revoca del decreto ingiuntivo, con vittoria di spese. 2. - Costituitasi in giudizio con comparsa di risposta, la cassa

rurale negava che le norme richiamate dalla opponente in ordine

all'inefficacia nei confronti della p.a. delle cessioni di crediti da questa non accettate potessero applicarsi anche al contratto di

(1) La sentenza — in una con Trib. Roma 17 novembre 1987, pres. Delli Priscoli, est. Galbiati, Soc. Mediofactoring c. Aima, menzionata in motivazione e, per quanto consta, inedita — conferma, a distanza di anni, l'orientamento della Suprema corte in tema di efficacia della cessione di crediti verso la p.a. (in senso conforme: sent. 18 febbraio

1963, n. 362, Foro it., Rep. 1963, voce Amministrazione dello Stato, n. 121; 30 ottobre 1956, n. 4057, id., Rep. 1956, voce cit., nn. 242-244; in tema di cessione di crediti dell'appaltatore e riconoscimento della p.a., v. sent. 8 ottobre 1974, n. 2691, id., 1975, I, 1186, con nota di richiami, nonché in Giust. civ., 1975, I, 34, con nota di Morelli.

In dottrina, v. di recente: P. Bitonto, L'istituto privatistico della ces sione di credito e la sua applicazione all'attività di diritto privato della

p.a., in Comuni d'Italia, 1985, 201.

Degna di rilievo (obiter dicta) è la ricostruzione, alla luce del dettato

costituzionale, dei rapporti che lo Stato intrattiene iure privatorum; rico struzione che si conforma in pieno a quanto già espresso da autorevole dottrina sulla posizione dell'amministrazione nel nostro ordinamento: v., per tutti, M. Nigro, Giustizia amministrativa, Bologna, 1983, 240, secon do cui «non è all'amministrazione come 'entità' che è attribuita premi nente dignità nei confronti degli altri soggetti, ma è ai singoli comporta menti di essa, previsti e rigorosamente disciplinati quanto alla sostanza e quanto alla forma, dall'ordinamento, che è assicurata efficacia per il

raggiungimento dei concreti fini assegnati alla stessa amministrazione».

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

deposito (quale quello dal quale il credito derivava), riferendosi le richiamate disposizioni solo ai contratti di somministrazione, di fornitura e di appalto. Eccepiva la inopponibilità del credito dalla ceduta amministrazione vantato nei confronti della società

cedente. Rappresentava che, comunque, essendosi il rapporto con trattuale dal quale il credito derivava esaurito il 31 dicembre 1986, l'Aima avrebbe dovuto essere condannata al pagamento quan d'anche, in ipotesi, il decreto fosse stato revocato. Concludeva,

pertanto, per il rigetto della opposizione con vittoria di spese, in via preliminare chiedendo che fosse autorizzata la provvisoria esecuzione del decreto opposto ex art. 648 c.p.c.(Omissis)

Motivi della decisione. — 1. - L'opposizione è infondata. Pacifico essendo che il non contestato credito della società Di

stillerie Fustella fu ceduto alla cassa rurale con atto regolarmente notificato alla debitrice Aima, e non essendo assolutamente pro vata né la sussistenza, né l'entità, né la data di insorgenza (e, dunque, l'opponibilità, al cessionario ai sensi dell'art. 1248, 2°

comma, c.c.) del credito della ceduta nei confronti della cedente e dell'Aima opposto in compensazione, il sostanziale thema deci dendum è costituito dalla definizione dell'ambito applicativo del

combinato disposto di cui agli art. 70 r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 (prevedente che «per le somme dovute dallo Stato per som

ministrazioni, forniture ed appalti devono essere osservate le di

sposizioni dell'art. 9, ali. E, 1. 20 marzo 1865 n. 2248...») e 9 1. cit., il quale stabilisce che «sul prezzo dei contratti in corso non potrà avere effetto alcun sequestro, né convenirsi cessione, se non vi aderisca l'amministrazione interessata». Il che in con creto significa stabilire se la seconda (e successiva) norma abbia

natura meramente confermativa, ovvero se il legislatore abbia in

teso restringere la portata della prima disposizione, contemplan do solo per determinati crediti verso la p.a. (quelli appunto deri vanti dall'esecuzione di contratti in corso di somministrazione e

appalto, ovvero nei quali il contenuto dell'obbligazione dell'altro contraente sia quello di provvedere a forniture) la necessità del

l'adesione.

Ebbene, sulla scia di quanto recentemente ritenuto da questo stesso tribunale in fattispecie identica (sent. n. 15311 del 29 set tembre - 17 novembre 1987, pres. Delli Priscoli, est. Galbiati,

Mediofactoring s.p.a. contro Aima), non sembra possa dubitarsi che vada senz'altro privilegiata la seconda soluzione ermeneutica, atteso il carattere derogatorio della disciplina in questione rispet to a quella ordinaria, secondo la quale la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto sol che sia a questo notificata.

Nella alternativa tra il privilegiare la tesi dell'avvocatura dello Stato (secondo la quale, in buona sostanza, l'interesse pubblico che sottende tutti i contratti della p.a. giustificherebbe una gene ralizzata disciplina speciale) ovvero l'altra (secondo la quale l'in

teresse alla conservazione del credito nel patrimonio del contraente

privato si giustifica solo per determinati contratti contemplanti continuative forniture di beni o prestazioni di servizi in favore della p.a.), la seconda opzione appare l'unica conforme al cano ne di cui all'art. 14 disp. sulla legge in generale, preliminari al codice civile, teso a restringere l'applicazione delle leggi che fan

no eccezione a regole generali ai soli casi da esse esplicitamente considerati. Ed è, altresì', l'unica in linea con i «nuovi» (rispetto ad entrambe le due distinte epoche storiche nelle quali ciascuna delle leggi sopra menzionate entrò in vigore) principi generali del

l'ordinamento giuridico dello Stato, tra i quali senz'altro si anno vera quello secondo il quale, nei rapporti ove lo Stato iure priva torum utitur, l'area di incidenza dei privilegi della p.a. risolventi si in una restrizione dell'autonomia negoziale dei privati (qual è anche una cessione di credito efficace nei confronti del debitore ceduto indipendentemente dalla sua accettazione) va, nel possibi le dubbio, delimitata e non anche estesa, in linea con il precetto di cui all'art. 41, 1° comma, Cost.

In virtù di tali considerazioni la disciplina di cui all'art. 9 1. n. 2248 del 1865, ali. E, deve — a mente dell'art. 15 disp. sulla

legge in generale — ritenersi abrogata, per tutti i casi nei quali non è espressamente richiamata, dall'art. 70 r.d. n. 2240 del 1923, dettante «nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato» e regolante l'intera mate

ria in parte de qua già regolata dalla norma anteriore.

2. - L'avvocatura sostiene, peraltro, pur se in via logicamente subordinata, che il contratto de quo debba comunque sussumersi nell'ambito applicativo della norma invocata, non trattandosi nella

specie di «contratto di deposito di diritto comune», ma, in rela

zione alle obbligazioni ulteriori assunte dal contraente privato ri

II Foro Italiano — 1988.

spetto a quelle proprie del depositario, di contratto rientrante

«quantomeno nella dizione fornitura e/o appalto (di servizi)». Anche tale assunto è privo di fondamento. Dagli «atti di obbli

gazione» prodotti risulta, infatti, che le parti testualmente stabili

rono, all'art. 1, che il rapporto (col quale la società Distillerie Fustella si impegnava a conservare in deposito per conto dell'Al ma determinate quantità di acquavite di vino) fosse «regolato dalle norme degli art. 1766 ss. c.c., salvo quanto previsto nel (presen te) atto»; e che unica obbligazione di possibile valenza autonoma

rispetto a quelle tipiche del deposito attenne all'impegno della

depositaria ad eseguire a sue spese la consegna del prodotto al

destinatario indicato dall'azienda depositante. Ed è evidente la natura assolutamente secondaria ed affatto accessoria di tale ob

bligazione nella complessiva economia del contratto; certamente non comunque tale da consentirne la qualificazione come «appal to» o «fornitura di servizi» ai fini della disciplina di cui alla nor ma esaminata.

3. - L'opposizione va dunque rigettata, con la conseguente con danna della opponente al pagamento delle ulteriori spese proces suali rispetto a quelle già liquidate per il procedimento monitorio col decreto opposto, al quale — va qui chiarito — è estranea

ogni statuizione in ordine al pagamento di qualsiasi somma per «rivalutazione monetaria».

TRIBUNALE DI LUCCA; sentenza 21 ottobre 1987; Pres. ed est. Cupido; Nannini c. Sani ed altri.

TRIBUNALE DI LUCCA;

Società — Società di persone — Deliberazione di fusione — Omo

logazione (Cod. civ., art. 2411, 2502). Società — Deliberazione di fusione — Situazione patrimoniale

— Previsione del rapporto di cambio — Mancanza — Invalidi tà dell'atto di fusione (Cod. civ., art. 2502).

La deliberazione di fusione fra due società di persone è soggetta

all'omologazione del tribunale. (1) Il mancato deposito della situazione patrimoniale e l'omessa pre

visione del rapporto di cambio nella deliberazione di fusione

inficiano la validità dell'atto di fusione. (2)

(1) Nello stesso senso, v. Trib. Udine 11 dicembre 1986, Foro it., 1987, I, 2275, con nota di richiami. Contra, Trib. Roma 5 giugno 1985, id., Rep. 1986, voce Società, n. 664.

Sull'ambito del controllo di legittimità in sede di omologazione, v. App. Milano 4 luglio 1968, id., Rep. 1968, voce cit., n. 320; 15 gennaio 1974, id., Rep. 1974, voce cit., n. 183.

Per un ampio richiamo delle posizioni assunte dalla dottrina, ma in senso contrario all'omologazione, v. Manferoce, Omologazione delle de libere di fusione adottate da società di persone, in Società, 1986, 981, ss. In senso favorevole all'omologazione delle delibere di fusione delle società di persone, v. Amaduzzi, Preteso obbligo di stima in caso di fu sione, in Riv. not., 1970, 1977.

(2) Per quanto riguarda le conseguenze dell'omessa previsione del rap porto di cambio, nello stesso senso della decisione in epigrafe, v. Trib.

Reggio Emilia 16 dicembre 1967, Foro it., Rep. 1968, voce Società, n. 329, e in Riv. not., 1968, 517, con nota di Giuliani. Contra, Cass. 3 febbraio 1961, n. 223, Foro it., 1962, I, 105.

Sull'ambito del controllo del rapporto di cambio da parte dell'autorità

giudiziaria in sede di impugnativa della deliberazione assembleare, in par ticolare per le società per azioni, v. App. Milano 30 aprile 1971, id., Rep. 1971, voce cit., n. 444; Trib. Foggia 28 febbraio 1973, id., Rep. 1974, voce cit., n. 437; Cass. 2 marzo 1976, n. 693, id., 1976, I, 1228, con nota di richiami.

Sulle modalità da seguire nell'elaborazione del rapporto di cambio, v.

App. Bologna 2 gennaio 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 713, e in Giur. it., 1985, I, 2, 243.

In dottrina sul punto, v. Cabras, Trasformazione e fusione, in Giur.

comm., 1978, I, 943; Giuliani, In tema di fusione: situazione patrimo niale e delega dei poteri per le modalità esecutive, in Riv. not., 1968, 517, cit.; De Luca, Rapporto di cambio e impugnazione delle delibere di fusione tra società per azioni, in Giur. merito, 1974, I, 160.

Sulla natura giuridica del rapporto di cambio, v. Libonati, Rapporto di cambio e fusione tra società per azioni, in Riv. dir. comm., 1979, II, 114 ss. Sul conflitto di interessi circa il voto relativo al rapporto di cam

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