sentenza 18 luglio 1989, n. 410 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 26 luglio 1989, n. 30);Pres. Saja, Est. Ferri; Regione Lombardia (Avv. Onida) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoD'Amato). Conflitto di attribuzioniSource: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 805/806-811/812Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184553 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
che per quanto attiene alla lamentata disparità di trattamento
rispetto alla disciplina sanzionatoria prevista per l'omessa anno
tazione delle cessioni di beni (art. 1, 2° comma, n. 2, d.l. n.
429 del 1982) non può che ribadirsi quanto già costantemente
affermato dalla giurisprudenza di questa corte e cioè che le scelte
discrezionali del legislatore in materia di sanzioni penali non so
no sindacabili nel giudizio di costituzionalità salvo il limite della
ragionevolezza (v., da ultimo, ord. n. 376 del 1989);
che tale limite in relazione alle fattispecie poste a raffronto
dal giudice a quo, non risulta violato, trattandosi di norme che
perseguono finalità diverse, specie sotto il profilo degli eventuali
controlli incrociati, e che sanzionano comportamenti fra loro non
omogenei rispetto al pericolo di un'evasione fiscale;
che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inam
missibile; visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di chiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale dell'art. 1, ultimo comma, d.l. 10 luglio 1982 n.
429 (norme per la repressione della evasione in materia di impo
ste sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione
delle pendenze in materia tributaria) convertito con modificazioni
in 1. 7 agosto 1982 n. 516 sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost.,
dal Tribunale di Torino con le ordinanze indicate in epigrafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 luglio 1989, n. 410
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 luglio 1989, n. 30);
Pres. Saja, Est. Ferri; Regione Lombardia (Aw. Onida) c.
Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato D'Amato). Conflitto di
attribuzioni.
Regione — Personale dipendente — Mobilità — Obbligo di co
municare le situazioni di esubero o di carenza — Competenza
della regione — Potestà dello Stato — Insussistenza (Cost.,
art. 117, 118; d.p.c.m. 5 agosto 1988 n. 325, procedure per
l'attuazione del principio di mobilità nell'ambito delle pubbli
che amministrazioni, art. 3; d.p.r. 23 agosto 1988 n. 395, nor
me risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo intercompar
timentale, di cui all'art. 12 della legge-quadro sul pubblico im
piego 29 marzo 1983 n. 93, relativo al triennio 1988-90, art.
12; 1. 29 dicembre 1988 n. 554, disposizioni in materia di pub blico impiego, art. 1, 5).
Non spetta allo Stato, e per esso al ministero per la funzione
pubblica, di sollecitare la regione Lombardia al rispetto del
l'obbligo di cui all'art. 3 d.p.c.m. 5 agosto 1988 n. 325, con
cernente la comunicazione delle situazioni di esubero e di ca
renza del proprio personale, e di conseguenza va annullata la
nota del ministro per la funzione pubblica del 3 novembre 1988,
in quanto e nei limiti in cui è indirizzata alla regione Lom
bardia. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 luglio 1989, n. 407
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 luglio 1989, n. 30); Pres. Saja, Est. Ferri; Regione Liguria e Regione Veneto (Aw.
Pericu), Regione Emilia-Romagna (Avv. Lorenzoni), Regio
ne Toscana (Aw. Narese) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello
Stato Laporta). Conflitto di attribuzioni.
(1-4) Sul regime delle assunzioni in deroga a blocco degli organici, v.,
anche in relazione al personale delle Usi, Corte cost. 10 giugno 1988,
n. 610, Foro it., 1989, I, 1032, con ampia nota di richiami.
Sui limiti e condizioni per la deroga agli schemi della legge-quadro
sul pubblico impiego da parte delle regioni, v. Corte cost. 21 marzo 1989,
Il Foro Italiano — 1990.
Regione — Personale delle unità sanitarie locali e degli enti
pubblici non economici dipendenti dalle regioni — Assunzio
ne in deroga — Competenza della giunta regionale — Inco
stituzionalità (Cost., art. 123; 1. 29 dicembre 1988 n. 554, art. 5).
Regione — Mobilità del personale dipendente — Personale in
esubero non reimpiegato in ambito regionale — Collocazione
— Previa intesa con le regioni interessate — Mancata previsio
ne — Incostituzionalità (Cost., art. 117; 1. 29 dicembre 1988
n. 554, art. 5).
Regione — Personale dipendente in esubero non reimpiegato in
ambito regionale — Obbligo di attivare le procedure di mobili
tà — Assunzioni in deroga — Subordinazione alla previa at
tuazione della mobilità — Oneri finanziari — Potere di deroga — Questioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 81,
97, 115, 117, 118, 119; 1. 29 marzo 1983 n. 93, legge-quadro
sul pubblico impiego, art. 19; 1. 29 dicembre 1988 n. 554, art.
1, 2, 5).
È illegittimo, per violazione dell'art. 123 Cost., l'art. 5, 1° com
ma, l. 29 dicembre 1988 n. 554, nella parte in cui prevede che
le assunzioni in deroga per le unità sanitarie locali e per gli
enti pubblici non economici dipendenti dalle regioni sono di
sposti con provvedimenti della giunta regional», anziché della
regione. (2) È illegittimo, per violazione dell'art. 117 Cost., l'art. 5, 4° e 5°
comma, l. 29 dicembre 1988 n. 554, nella parte in cui rispetti
vamente non prevedono che la collocazione del personale di
pendente dagli enti di cui al 1° comma ed eventualmente dalle
stesse regioni, risultato in esubero e non reimpiegato in ambito
regionale per carenza dei relativi posti, e la copertura dei posti
degli enti medesimi e delle stesse regioni, relativi a profili pro
fessionali non coperti con i processi di mobilità, avvengano sen
tite le regioni interessate. (3)
Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale:
a) dell'art. 5, 2° e 3° comma, l. 29 dicembre 1988 n. 554,
nella parte in cui assoggettano le regioni all'obbligo di atti
vare le procedure di mobilità tra il personale delle regioni,
degli enti pubblici non economici dalle stesse dipendenti e
delle unità sanitarie locali, in riferimento agli art. 115, 117
e 118 Cost.;
b) dell'art. 5, 2°, 3°, 4° e 5° comma, l. 554/88, nella parte in
cui prevedono la destinazione alle regioni di personale di pro
venienza extraregionale a copertura di posti rimasti scoperti al
l'esito della mobilità infraregionale, in riferimento agli art. 3, 81, 97, 117 e 119 Cost.;
c) dell'art. 1, 4°, 5° e 6° comma, l. 554/88, nella parte in cui
subordinano le nuove assunzioni presso le unità sanitarie locali
alla previa attuazione della mobilità facendo salvi i concorsi
le cui prove siano già iniziate alla data del 30 settembre 1988
e le assunzioni in deroga già concesse dalle regioni alla medesi
ma data, in riferimento agli art. 3, 117 e 118 Cost.;
d) dell'art. 1, 4° comma, l. 554/88, in quanto non prevede la
corresponsione alle regioni dei fondi necessari ad assicurare il
trattamento economico del personale ad esse eventualmente de
stinato in attuazione della mobilità, in riferimento all'art. 119
Cost., e, in relazione all'art. 5, 3° comma, detta criteri di indi
rizzo e coordinamento per le regioni, in riferimento agli art.
117 e 118 Cost.;
e) dell'art. 2, 1° comma, e 5, 1° comma, in relazione ai successivi
commi del medesimo articolo, l. 554/88 in quanto il silenzio
della legge non può interpretarsi nel senso della mancata previ
sione in capo alle regioni del potere di deroga relativamente
al personale regionale, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost. (4)
n. 145, id., 1990, I, 389, con nota di richiami; sui conflitti di attribuzione
fra Stato e regione nell'organizzazione degli uffici e del personale dipen
dente e nel settore della sanità, v. Corte cost. 15 giugno 1989, n. 338,
in questo fascicolo, I, 814, ove si rinnova il richiamo al «principio fonda
mentale della 'leale cooperazione' fra le regioni e lo Stato».
Sulla mobilità nel pubblico impiego, v. M. Rocella, Pubblico impie
go: la mobilità e i suoi problemi, in Dir. e pratica lav., 1988, 2829; non
ché i richiami contenuti nelle note sopra citate a commento dell'art. 19
1. 93/83.
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PARTE PRIMA
I
Diritto. — 1. - Forma oggetto del presente conflitto di attribu
zione la nota della presidenza del consiglio dei ministri - diparti mento per la funzione pubblica del 3 novembre 1988, con la qua le si richiamano le amministrazioni destinatarie — tra le quali le regioni — all'obbligo di rispettare entro il successivo 9 novem
bre l'adempimento previsto nell'art. 3 d.p.c.m. 5 agosto 1988 n.
325 (relativo alle procedure per l'attuazione del principio di mo
bilità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni), consistente nel
comunicare le situazioni di esubero e di carenza del proprio per
sonale, distinto per qualifica o categoria e profilo professionale. La ricorrente regione Lombardia deduce, in sintesi, che la nota
impugnata lede la propria sfera di competenza in materia di ordi
namento degli uffici e del personale, garantita dagli art. 117 e
118 Cost., in quanto il d.p.c.m. 325/88 — e in particolare il
suo art. 3, su cui si fonda la nota in discussione — non avrebbe
una efficacia diretta e vincolante nei confronti delle regioni (del resto non menzionate nell'art. 24, commi 2° e 17°, della legge finanziaria 1988, richiamato nelle premesse del decreto) e l'istitu
to della mobilità non potrebbe avere applicazione in ambito re
gionale se non previa disciplina con legge regionale; chiede, per
tanto, che questa corte dichiari che non spetta al ministro per la funzione pubblica formulare nei suoi confronti la richiesta con
tenuta nell'atto impugnato. 2. - Il ricorso è fondato.
Questa corte ha già avuto modo, nella sent. n. 407 del 1989
(Foro it., 1990, I, 805, relativa a varie questioni di legittimità costituzionale sollevate da alcune regioni avverso gli art. 1 e 5
1. 29 dicembre 1988 n. 554), di delineare l'iter normativo essen
ziale che, a partire dalla legge quadro sul pubblico impiego n.
93 del 1983 per giungere alla citata 1. n. 554 del 1988, ha portato al concreto avvio dei processi di mobilità nelle pubbliche ammini
strazioni, comprese le regioni e gli enti territoriali minori.
In tale contesto, il d.p.c.m. n. 325 del 1988 disciplina la proce dura per l'attuazione, in via sperimentale e provvisoria, dei pro cessi di mobilità, in attesa della determinazione definitiva delle
dotazioni organiche previste dall'art. 12 d.p.r. 23 agosto 1988
n. 395, di recepimento dell'accordo intercompartimentale per il
triennio 1988-1990.
Come esattamente deduce la ricorrente, il decreto in esame non
è applicabile in via diretta ed immediata alle regioni. Va innanzitutto rilevato in tal senso che lo stesso provvedimen
to dispone che le norme in esso contenute costituiscono «linee
di indirizzo e coordinamento per le regioni e gli enti da essi di
pendenti» (art. 10); ed analoga disposizione è contenuta nel cita to d.p.r. 395/88, quanto alla determinazione delle dotazioni or
ganiche (art. 13). Ciò posto, la natura estremamente dettagliata delle norme in
questione, che impongono una serie di adempimenti specifici e
puntuali a carico delle amministrazioni destinatarie, mal si conci lierebbe con la qualificazione ad esse attribuita di «linee di indi rizzo e coordinamento», qualora le norme stesse si ritenessero
rivolte direttamente anche alle regioni. La decisiva conferma di questa tesi è fornita dalla successiva
1. 29 dicembre 1988 n. 554. Questa, infatti, detta all'art. 5 una normativa specifica per l'attuazione dei processi di mobilità in ambito regionale (relativamente cioè al personale delle regioni,
degli enti pubblici da esse dipendenti e delle unità sanitarie loca
li), affidando alle regioni stesse il compito di attivare detti pro cessi (commi 2° e 3°) e prevedendo (commi 4° e 5°) che la comu
nicazione alla presidenza o in esubero del consiglio dei posti in
carenza sia effettuata all'esito dei processi di mobilità infraregio nale. Tale disciplina è, pertanto, del tutto autonoma e distinta
da quella relativa alle amministrazioni statali, dettata principal mente dal menzionato d.p.c.m. 325/88, tant'è vero che quest'ul timo è richiamato dal citato art. 5 1. n. 554 al solo fine di unifor
mare su tutto il territorio nazionale alcune modalità procedurali
(cfr. su questi punti la sent. n. 407 del 1989). Ulteriore dimostrazione di quanto detto è data dalla circostan
za che nei due decreti ministeriali, contenenti gli elenchi dei posti vacanti da coprire mediante la mobilità, sinora pubblicati (in da ta 21 marzo e 12 maggio 1989) non sono menzionate affatto le
regioni. Si può, quindi, conclusivamente affermare che tra le «pubbli
che amministrazioni» cui si rivolge il d.p.c.m. 325/88, e in parti colare il suo art. 3 non possono ritenersi comprese le regioni.
Il Foro Italiano — 1990.
Ne consegue che non spetta al ministro per la funzione pubblica sollecitare la regione Lombardia con la nota impugnata ad adem
piere l'obbligo contenuto nel citato art. 3, e che detta nota va
quindi annullata in quanto indirizzata anche alla ricorrente.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al ministro per la funzione pubblica, di
sollecitare la regione Lombardia al rispetto dell'obbligo di cui
all'art. 3 d.p.c.m. 5 agosto 1988 n. 325, concernente la comuni
cazione delle situazioni di esubero e di carenza del proprio perso nale; annulla, di conseguenza, la nota del ministro per la funzio
ne pubblica del 3 novembre 1988, in quanto e nei limiti in cui
è indirizzata anche alla regione Lombardia.
II
Diritto. — 1. - I quattro ricorsi indicati in epigrafe sollevano
questione di legittimità costituzionale di varie norme della 1. 29
dicembre 1988 n. 554; trattandosi di questioni identiche o stretta
mente connesse, i relativi giudizi vanno riuniti e decisi con unica
sentenza.
2. - Tutte le ricorrenti censurano innanzitutto il 1° comma del
l'art. 5 I. n. 554 del 1988, in riferimento agli art. 123 e — limita
tamente alle regioni Liguria e Veneto — anche 117 Cost.: la nor
ma, individuando nella giunta regionale l'organo competente a
disporre le assunzioni in deroga per le unità sanitarie locali e per
gli enti pubblici non economici dipendenti dalle regioni, ad avvi
so delle ricorrenti invaderebbe una materia riservata agli statuti
regionali ed esorbiterebbe dai limiti di una legislazione di principio. La questione è fondata sotto l'assorbente profilo della viola
zione dell'art. 123 Cost.
Non vi è dubbio, infatti, che la ripartizione delle competenze tra i vari organi regionali rientra, salvo ovviamente il rispetto dell'art. 121 Cost., nella materia «organizzazione interna della
regione», che la Costituzione riserva allo statuto regionale.
Questa corte, in una precedente occasione (v. sent. n. 64 del
1987, Foro it., 1987, I, 2642), con riferimento ad una disposizio ne sostanzialmente identica a quella ora impugnata, ritenne la
questione non fondata interpretando la norma nel senso che essa
si limitava «a indicare l'organo competente alle generalità dei prov vedimenti amministrativi, secondo la maggior parte degli statuti, senza escludere, dunque, la competenza (anche sull'oggetto) di
altri organi regionali, che fosse prevista in via generale da singoli statuti».
Ma, in primo luogo, va rilevato che non era stato invocato
l'art. 123 Cost.; ed inoltre la corte ritiene che sia ora necessario
pervenire alla dichiarazione di illegittimità della norma in esame, anche ad evitare che in futuro si riproducano disposizioni analo
ghe, le quali certamente non rispondono a criteri di rigorosa con
formità al dettato costituzionale, dando cosi luogo ad occasioni
di contenzioso tra lo Stato e le regioni. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 5,
1° comma, 1. n. 554 del 1988, nella parte in cui prevede che le
assunzioni in deroga per le unità sanitarie locali e per gli enti
pubblici non economici dipendenti dalle regioni sono disposte con
provvedimenti «della giunta regionale», anziché «della regione». 3. - Il 2° e il 3° comma dell'art. 5 della legge in esame anch'es
si impugnati da tutte le ricorrenti, in riferimento agli art. 115, 117 e 118 Cost.
Secondo le ricorrenti le norme indicate, nell'assoggettare le re
gioni all'obbligo di attivare le procedure di mobilità tra il perso nale delle regioni stesse, degli enti pubblici non economici da esse
dipendenti e delle unità sanitarie locali (salvo, per queste ultime, il personale di cui al d.l. 8 febbraio 1988 n. 27, convertito con
modificazioni in 1. 8 aprile 1988 n. 109), e nel fare riferimento
al d.p.c.m. 5 agosto 1988 n. 325 e alle successive eventuali modi
ficazioni dello stesso, ledono l'autonomia regionale in materia
di organizzazione dei propri uffici e di quelli degli enti dipendenti e superano i limiti imposti alla funzione statale di indirizzo e coor
dinamento, non lasciando alcuno spazio alla competenza regionale. La questione non è fondata.
Il principio della mobilità del personale del pubblico impiego fu introdotto con l'art. 19 della legge quadro sul pubblico impie go 29 marzo 1983 n. 93, le cui disposizioni costituiscono per le
regioni a statuto ordinario principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 Cost. (art. 1) e la cui natura di grande riforma economico sociale fu riconosciuta da questa corte, con la sent. n. 219 del
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
1984 (id., 1985, I, 67), proprio considerando i principi da essa
desumibili, fra i quali, appunto, quello della mobilità.
Successivamente, l'attuazione concreta del principio è stata av
viata disponendo che le pubbliche amministrazioni individuassero
e definissero previamente i carichi funzionali di lavoro al fine
di determinare le dotazioni organiche a livello territoriale: art.
6 d.p.r. 1° febbraio 1986 n. 13 e art. 121 d.p.r. 23 agosto 1988
n. 395. L'art. 13 di quest'ultimo decreto prevede che le disposi
zioni di cui al precedente art. 12 costituiscono linee di indirizzo
e coordinamento per le ragioni a statuto ordinario e per le auto
nomie territoriali.
Con il d.p.c.m. 5 agosto 1988 n. 325, poi, si è inteso — sulla
base della previsione legislativa di cui all'art. 24, commi 2°, 17°,
18° e 19°, 1. 11 marzo 1988 n. 67 (legge finanziaria 1988) —
in attesa delle determinazioni delle dotazioni organiche previste
dal citato art. 12 d.p.r. 395/8$, iniziare ad attuare processi di
mobilità anche in via sperimentale nell'ambito delle pubbliche am
ministrazioni. Anche in questo caso si è stabilito che le disposi
zioni del decreto costituiscono linee di indirizzo e coordinamento
per le regioni e gli enti da esse dipendenti (art. 10).
Si è giunti, infine, alla 1. 29 dicembre 1988 n. 554, dettata an
ch'essa al fine essenziale di promuovere e perfezionare i processi
di mobilità. Dai lavori preparatori della legge emerge con chiarezza l'inten
zione del legislatore di dare concreto avvio alla mobilità, ricolle
gandosi a quanto già disposto nel citato decreto 325/88, soprat
tutto attraverso una disciplina del reclutamento ispirata al crite
rio della residualità delle assunzioni rispetto alle operazioni di
mobilità. L'obiettivo della legge è quello di conseguire l'impiego
ottimale delle risorse umane, di modernizzare la pubblica ammi
nistrazione attraverso una gestione più elastica ed efficiente del
personale al fine di renderla più rispondente alla domanda di ser
vizio: in definitiva, di compiere un passo importante, nell'orga
nizzazione dei pubblici uffici, sulla strada del raggiungimento e
della piena attuazione di quel principio del buon andamento della
pubblica amministrazione costituzionalmente sancito nell'art. 97
della Carta fondamentale.
Non può, quindi, non riconoscersi che la legge in esame sia
complessivamente sorretta dall'interesse nazionale, quale limite
costituzionalmente posto all'autonomia regionale, e che sussista
no nel caso di specie quei requisiti (non aribitrarietà dell'apprez
zamento del legislatore; infrazionabilità territoriale dell'interes
se), che giustificano in linea di principio, secondo il costante orien
tamento di questa corte, l'intervento del legislatore statale, in
materie di competenza regionale, anche in via dettagliata e con
creta (v. sent. nn. 177/88, id., Rep. 1988, voce Regione, n. 224;
217/88, ibid., voce Trentino-Alto Adige, n. 54; e 633/88, ibid., voce Miniera e cava, n. 5).
Passando all'esame delle singole disposizioni censurate, va rile
vato che il 2° e il 3° comma dell'art. 5 contengono norme che
senza dubbio non esorbitano dall'esigenza di soddisfare l'interes
se nazionale posto a loro fondamento. Appare infatti pienamente
coerente, ed anzi logicamente necessario, rispetto ai fini da perse
guire, che i processi di mobilità debbano coinvolgere tutto il per
sonale della pubblica amministrazione, ivi comprese quindi le ra
gioni e gli enti territoriali minori. L'obbligo imposto di attivare
tali processi non comprime quindi illegittimamente alcuna com
petenza regionale; e il richiamo al d.p.c.m. 325/88 (quanto alle
modalità con cui le unità sanitarie locali e gli enti dipendenti de
vono comunicare le carenze e gli esuberi di organico alle regioni
e ai profili professionali cui le regioni devono attenersi nell'attua
re la mobilità) è giustificato da evidenti ragioni di uniformità del
le procedure su tutto il territorio nazionale. Infine, anche il rin
vio alle «eventuali successive modificazioni» di detto decreto, di
sposte ai sensi dell'art. 1, 4° comma, della legge stessa, non
presenta di per sé, per gli stessi motivi, vizi di legittimità, salva
ovviamente restando la competenza di questa corte in ordine alle
disposizioni che dovessero essere in futuro concretamente dettate.
Va detto poi, per concludere su questo punto, che l'autonomia
regionale è comunque sufficientemente salvaguardata dal potere,
che resta intatto, di determinare le piante organiche del personale.
4. - Per motivi sostanzialmente analoghi a quelli ralativi alle
censure concernenti il 2° e 3° comma dell'art. 5, sono impugnati
da tutte le ricorrenti anche i commi 4° e 5° dello stesso articolo,
in riferimento agli art. 117, 118 e, quanto all'Emilia-Romagna,
anche 97 e 123 Cost.
I due commi in discussione dispongono che debbano essere co
Il Foro Italiano — 1990.
municati alla presidenza del consiglio da un lato (4° comma) l'e
lenco del personale delle unità sanitarie locali, degli enti dipen
denti dalle regioni o delle stesse regioni risultato in esubero e
non reimpiegato in ambito regionale per carenza di posti, e, dal
l'altro (5° comma), i posti degli stessi enti relativi a profili pro
fessionali non coperti con i processi di mobilità: nel primo caso
la presidenza del consiglio prowederà alla «collocazione» del per
sonale (secondo le norme del d.p.c.m. 325/88), nel secondo prov
vede™ a disporre «ove possibile» la copertura dei posti (sempre
secondo le modalità di cui al richiamato decreto 325/88).
Le ricorrenti lamentano, in particolare, la lesione della propria
competenza in materia di organizzazione degli uffici, soprattutto
per la possibilità che personale di provenienza extra-regionale possa
coprire le vacanze risultate in ambito regionale all'esito della mo
bilità. La questione è fondata nei limiti di cui appresso.
Va innanzitutto ribadito, come ampiamente detto al numero
precedente, che sussiste un evidente interesse nazionale che pre
siede a tutta la procedura della mobilità. Non può, quindi, negar
si che sia pienamente coerente con il completo soddisfacimento
del detto interesse la previsione che, all'esito della mobilità infra
regionale, si dia luogo, ove occorra, ad una mobilità anche inter
regionale, ovvero tra amministrazioni regionali e amministrazio
ne statale.
Tuttavia, le norme censurate, cosi come concretamente formu
late, non appaiono rispettare i limiti di una stretta correlazione
con l'esigenza posta a loro fondamento: costituiscono, cioè, se
condo una valutazione che questa corte si è sempre riservata di
effettuare in casi anloghi (v. sentenze precedentemente citate), stru
menti che, in presenza delle competenze regionali su cui incido
no, non possono considerarsi pienamente congrui al raggiungi
mento dello scopo. Non vi è dubbio, infatti, che le norme in
esame, escludendo qualsiasi intervento regionale in ordine alle de
cisioni circa i movimenti di personale da o verso le regioni, deter
minino una penetrante interferenza nell'autonomia regionale, senza
che, d'altra parte, esse possano ritenersi strettamente necessarie
al fine di soddisfare l'interesse nazionale che le sorregge.
Ad avviso di questa corte, detto fine è egualmente e pienamen
te raggiungibile se, considerate le competenze delle regioni in ma
teria, sia a queste assicurato, nelle procedure in esame, un mo
mento partecipativo, quanto meno nella forma della consultazio
ne, in attuazione di quel principio di «leale cooperazione» cui
varie volte questa corte ha avuto occasione di fare riferimento
(v. sent. nn. 175 del 1976, id., 1976, I, 2760; 151 del 1986, id., 1986, I, 2690; 344 del 1987, id., 1988, I, 329; 747 del 1988, id., Rep. 1988, voce Friuli-Venezia Giulia, n. 10; 1029 del 1988; 1031
del 1988, id., 1990, I, 71; 242 del 1989, id., 1989, I, 2065). Pertanto, va dichiarata l'illegittimità costituzionale, per viola
zione dell'art. 117 Cost., dei commi 4° e 5° dell'art. 5 nella parte
in cui non prevedono che la collocazione presso altre amministra
zioni del personale risultato in esubero e non reimpiegato in am
bito regionale (4° comma) e la copertura dei posti rton coperti
con i processi di mobilità (5° comma) avvengano sentite le regio
ni interessate.
Restano assorbiti i profili di censura relativi agli altri parametri
invocati.
5. - I commi 2°, 3°, 4° e 5° dell'art. 5 1. n. 554 del 1988
sono poi censurati dalle regioni Liguria e Veneto sotto l'aspetto
della lesione della loro autonomia finanziaria, in riferimento agli
art. 81, 117 e 119 Cost. Si sostiene, in particolare, che dette nor
me incidono sulle decisioni in ordine alla distribuzione delle ri
sorse finanziarie regionali, deteminando — nel caso in cui preve
dono la destinazione alle regioni di personale di provenienza ex
traregionale — un incremento dell'importo globale delle spese a
carico delle regioni stesse, senza dotarle dei mezzi finanziari ne
cessari.
A sua volta la regione Toscana impugna i soli commi 4° e
5° dell'art. 5 in riferimento agli art. 3 e 97 Cost., rilevando che
il mancato trasferimento alle regioni dei fondi occorrenti al trat
tamento economico del personale ad esse destinato viola il princi
pio di uguaglianza — in relazione a quanto viceversa è previsto
nell'art. 1, 4° comma, della stessa legge per gli enti locali —
e quello di buon andamento degli uffici regionali.
Va premesso, in primo luogo, che anche le censure riferite agli
art. 3, 81 e 97 Cost., pur attinendo a precetti costituzionali collo
cati al di fuori del titolo quinto della Costituzione stessa, posso
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PARTE PRIMA
no, cosi come prospettate dalle ricorrenti, ritenersi ammissibili, in quanto finalizzate al ripristino dell'integrità delle proprie com
petenze, che si assumono illegittimamente lese (cfr. sent. nn. 64 del 1987, id., 1987, I, 2642; e 302 del 1988, id., 1988, I, 1017).
Va, inoltre, precisato, in ordine a tutte le esposte censure, che
queste, cosi come sono motivate, sono chiaramente riferite —
e vanno quindi circoscritte — al solo 5° comma dell'art. 5, ri
spetto al quale soltanto, d'altra parte, appare in astratto configu rabile la lesione di competenza lamentata dalle ricorrenti.
Ciò posto, le questioni non sono fondate.
In primo luogo, va rilevato che la necessaria partecipazione della regione alle procedure in discussione (introdotta dalla pre sente pronuncia), sia pure nella forma della consultazione, costi
tuisce già di per sé uno strumento di tutela anche dalla propria autonomia finanziaria.
È poi decisivo osservare che la destinazione di personale di pro venienza extraregionale a copertura dei posti rimasti non coperti all'esito della mobilità infraregionale, senza che sia prevista la
corresponsione da parte dello Stato dei mezzi finanziari occor renti al trattamento economico di detto personale, non lede alcu na delle invocate disposizioni costituzionali in tema di autonomia finanziaria regionale, in quanto si tratta di posti previsti negli organici e di cui la regione ha comunicato l'avvenuta non coper tura (fermo rimanendo, come già detto, il potere regionale di modificare le piante organiche) e, quindi, di posti per i quali deve ritenersi che la regione avrebbe dovuto procedere in ogni caso all'assunzione di personale: deve, pertanto, concludersi che le spese in discussione costituiscono spese proprie della regione.
Né, infine, è invocabile il principio di eguaglianza rispetto a
quanto è previsto nel 4° comma dell'art. 1 con riferimento agli enti locali, non essendo evidentemente paragonabile, quanto ai
rapporti con lo Stato, anche in materia finanziaria, la posizione delle regioni a quella degli enti locali (province, comuni, ecc.).
6.1. - Formano oggetto di impugnazione da parte delle regioni Veneto ed Emilia-Romagna anche alcune disposizioni dell'art. 1 della legge in esame, in via autonoma o in connessione con di
sposizioni dell'art. 5, già esaminate.
In primo luogo, la regione Veneto censura i commi 4°, 5° e 6° dell'art. 1, essi, nella parte in cui subordinano le nuove assun zioni presso le unità sanitarie locali (nella percentuale consentita) alla previa attuazione della mobilità facendo salvi i concorsi le cui prove siano già iniziate alla data del 30 settembre 1988 e le assunzioni in deroga già concesse dalle regioni alla medesima da
ta, violano, ad avviso della ricorrente, gli art. 117 e 118 Cost,
(anche in relazione all'art. 3 Cost, stessa), in quanto ledono l'au tonomia organizzativa regionale in materia sanitaria e vanificano irrazionalmente con effetto retroattivo scelte programmatiche già effettuate.
La questione non è fondata.
Ribadito anche in questo caso quanto sopra detto (v. punto 3) in ordine all'interesse nazionale che deve ritenersi posto legitti mamente a base della 1. n. 554 del 1988, non può esservi dubbio che il criterio della residualità delle assunzioni rispetto alle opera zioni di mobilità, contenuto nel 4° comma dell'art. 1, rivesta una
particolare importanza e costituisca una misura (peraltro, sia pu re con modalità diverse, già prevista nell'art. 24 della legge finan ziaria 1988, le cui disposizioni in gran parte cessano di avere ap plicazione dal 1° gennaio 1989, ai sensi dell'art. 2, 5° comma, 1. n. 554) perfettamente logica e coerente con le finalità che la
legge in esame intende perseguire. In merito alla «retroattività» al 30 settembre 1988 del blocco
delle assunzioni, va in primo luogo rilevato che le disposizioni di cui ai commi 5° e 6° in esame sono frutto di emendamenti al testo originario (approvati in commissione alla camera), il qua le prevedeva che potessero effettuarsi assunzioni per posti messi a concorso per i quali fosse stata formata la graduatoria di meri to entro il 31 dicembre 1988, e nulla disponeva, d'altra parte, quanto alle unità sanitarie locali. Ciò posto, deve ritenesi che l'aver fissato l'inizio del periodo di moratoria ad una data di
poco anteriore all'entrata in vigore della legge rientrava nella di screzionalità del legislatore al fine di contemperare esigenze di
verse, tanto più che tale data volutamente è fatta coincidere con
quella di presentazione del disegno di legge alla camera, e non
può di per sé costituire una illegittima lesione di competenze re
gionali. Quanto, poi, all'impossibilità, lamentata dalla ricorrente, di far
fronte ad eventuali urgenti necessità di personale presso le unità sanitarie locali, va osservato, come sostiene l'avvocatura dello Sta
to, che le regioni possono sempre far ricorso agli istituti previsti
li Foro Italiano — 1990.
in via generale nel rapporto di pubblico impiego proprio al fine di sopperire ad esigenze impreviste e transitorie.
6.2. - La regione Emilia-Romagna impugna il 4° comma del l'art. 1, in relazione ai commi 4° e 5° dell'art. 5, per violazione dell'art. 119 Cost., in quanto non prevede la corresponsione alle
regioni dei fondi necessari ad assicurare il trattamento economico del personale ad esse eventualmente destinato in attuazione della mobilità.
La questione è infondata per gli stessi motivi già illustrati nel
punto 5, in ordine alle censure, sostanzialmente identiche, pro spettate dalle altre ricorrenti avverso i predetti commi dell'art. 5.
6.3. - Parimenti non fondata è l'ulteriore questione sollevata dalla regione Emilia-Romagna aweso il combinato disposto del 4° comma dell'art. 1 e del 3° comma dell'art. 5, in riferimento
agli art. 117 e 118 Cost., per violazione dei limiti entro cui può legittimamente esplicarsi la funzione statale di indirizzo e coordi namento.
La censura non presenta un'autonomia sostanziale rispetto ad altre già esaminate e dichiarate non fondate (v. punti 3 e 6.1).
7. - Da ultimo, la regione Emilia-Romagna prospetta in via subordinata questione di legittimità costituzionale del 1° comma dell'art. 5 (in relazione ai successivi commi dello stesso articolo) e del 1° comma dell'art. 2 1. n. 554, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost., qualora siano da interpretarsi nel senso della manca ta previsione in capo alle regioni del potere di deroga relativa mente al personale regionale.
La questione non è fondata in quanto, come riconosce la stessa avvocatura dello Stato, il silenzio della legge non può certo inter
pretarsi nel senso sia pur dubitativamente prospettato dalla ri corrente.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: a) dichiara l'illegittimità dell'art. 5, 1° comma, 1. 29 dicembre
1988 n. 554 (disposizioni in materia di pubblico impiego), nella parte in cui prevede che le assunzioni in deroga per le unità sani tarie locali e per gli enti pubblici non economici dipendenti dalle
regioni sono disposte con provvedimenti «della giunta regiona le», anziché «della regione»;
b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, 4° e 5° com
ma, 1. 29 dicembre 1988 n. 554, nella parte in cui rispettivamente non prevedono che la collocazione del personale dipendente dagli enti di cui al 1° comma ed eventualmente dalle stesse regioni, risultato in esubero e non reimpiegato in ambito regionale per carenza dei relativi posti, e la copertura dei posti degli enti mede simi e delle stesse regioni, relativi a profili professionali non co
perti con i processi di mobilità, avvengano sentite le regioni inte
ressate;
c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituziona le dell'art. 5, 2° e 3° comma, 1. 29 dicembre 1988 n. 554, solleva
ta, in riferimento agli art. 115, 117 e 118 Cost., dalle regioni Liguria, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana con i ricorsi indicati in epigrafe;
d) dichiara non fondata la questione di legittimità costituziona le dell'art. 5, 2°, 3°, 4° e 5° comma, 1. 29 dicembre 1988 n.
554, sollevata, in riferimento agli art. 81, 117 e 119 Cost., dalle
regioni Liguria e Veneto con i ricorsi indicati in epigrafe; e) dichiara non fondata la questione di legittimità costituziona
le dell'art. 5, 4° e 5° comma, 1. 29 dicembre 1988 n. 554, solleva
ta, in riferimento agli art. 3 e 97 Cost., della regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe;
f) dichiara non fondata la questione di legittimità costituziona le dell'art. 1, 4°, 5° e 6° comma, 1. 29 dicembre 1988 ri. 554, sollevata, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost., anche in rela zione all'art. 3 Cost., dalla regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe;
g) dichiara non fondata la questione di legittimità costituziona le dell'art. 1, 4° comma, 1. 29 dicembre 1988 n. 554, in relazione all'art. 5, 4° e 5° comma, della stessa legge, sollevata, in riferi mento all'art. 119 Cost., dalla regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe;
h) dichiara non fondata la questione di legittimità costituziona le degli art. 1, 4° comma, e 5, 3° comma, 1. 29 dicembre 1988 n. 544, sollevata, in riferimento agli art. 117 e 118 Cost., dalla
regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe; i) dichiara non fondata la questione di legittimità costituziona
le degli art. 5, 1° comma, in relazione al 3°, 4° e 5° comma dello stesso articolo e 2, 1° comma, 1. 29 dicembre 1988 n. 554, sollevata, in via subordinata, in riferimento agli art. 117 e 118
Cost., dalla regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in
epigrafe.
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