sentenza 18 maggio 1989, n. 252 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 24 maggio 1989, n. 21);Pres. Saja, Est. Casavola; Inpdai (Avv. N. Izzo) c. Sasso. Ord. Trib. Roma 24 maggio 1988 (G.U., 1a s.s., n. 49 del 1988)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2047/2048-2053/2054Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184072 .
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2047 PARTE PRIMA 2048
preesistere ed essere accertati alla data della domanda ammini
strativa.
Dette ragioni, comunque, possono valere sul piano interpreta tivo della norma ma certamente non nel giudizio di verità della
sua conformità ai precetti costituzionali.
Sussistendo la dedotta violazione dell'art. 3 Cost., va dichiara
ta l'illegittimità costituzionale della norma censurata nella parte in cui non prevede anche per i lavoratori dipendenti tra quelli
per i quali il requisito contributivo, non sussistente alla data della
domanda, possa risultare perfezionato prima della definizione di
questa o della decisione del ricorso in via amministrativa o giudi ziaria.
Le altre censure restano assorbite.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 d.P.R. 27 aprile 1968 n. 488 (aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicura
zione generale obbligatoria), nella parte in cui esclude che, ai fini
del conseguimento della pensione di invalidità da parte dei lavo
ratori dipendenti, il requisito contributivo possa essere perfezio nato anche posteriormente alla domanda di pensione, nel corso
del successivo procedimento amministrativo o giudiziario.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 maggio 1989, n. 252
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 maggio 1989, n. 21); Pres. Saja, Est. Casavola; lnpdai (Avv. N. Izzo) c. Sasso.
Ord. Trib. Roma 24 maggio 1988 (G.U., la s.s., n. 49 del 1988).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Abbandono dell'alloggio o recesso dal contratto da parte del
conduttore — Successione nel contratto dei parenti e affini abi
tualmente conviventi — Omessa previsione — Questione infon
data di costituzionalità (Cost., art. 2, 3; 1. 27 luglio 1978 n.
392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 6).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, 1 ° comma, l. 27 luglio 1978 n. 392, nella parte in cui non pre vede la successione nel contratto di locazione (concernente l'a
bitazione) dei parenti ed affini del conduttore, con luì
abitualmente conviventi, anche nella ipotesi di abbandono del
l'immobile o di recesso dal contratto da parte del titolare della
locazione, in riferimento agli art. 2 e 3 Cost. (1)
(1) L'ordinanza di rimessione del Tribunale di Roma è riportata in Foro it., 1989, I, 549, con nota di richiami.
La decisione della Corte costituzionale si fonda anzitutto sul rilievo (di carattere assorbente) che la pronunzia di incostituzionalità dell'art. 6 1. 392/78 richiesta dal giudice a quo comporterebbe «l'addizione di una quarta fattispecie» di successione nel contratto di locazione a quelle già contemplate dalla norma, e che tale operazione sarebbe comunque «riservata alla discrezionalità legislativa, anche ove se ne rinvenisse una razionale giustificazione». La corte sottolinea fortemente la differenza tra la pronunzia additiva richiesta nella specie dal giudice a quo ed i caratteri ( e i limiti) della sua precedente sentenza (cui aveva fatto riferi mento il giudice rimettente) 7 aprile 1988, n. 404, id., 1988, 1, 2515, con osservazioni di D. Piombo, che ha dichiarato illegittimo in varie parti il citato art. 6, per violazione dell'art. 2 Cost, (tale sentenza è riportata anche in Rass. equo canone, 1988, 16, con osservazioni di G. Spagnuo lo; Nuove leggi civ., 1988, 515, con nota di S. Giove; Giur. it., 1988, I, 1, 1627, con nota di Trabucchi; Giur. costit., 1988, I, 1789, con note di A. Pace e R. Lenzi; Dir. famiglia, 1988, 1559, con nota di A. Scalisi):
a) i giudici della Consulta puntualizzano, in primo luogo, che la richia mata sentenza 404/88 (che pure ha, indubbiamente, carattere additivo), non ha «aggiunto... ulteriori fattispecie» di successione nel contratto a quelle già previste dall'art. 6 1. 392/78, ma si è limitata ad estendere l'elenco dei soggetti aventi diritto a succedere in relazione alle varie ipote si di successione elencate dalla norma (vero è, peraltro, che la estensione di tale ambito soggettivo — si pensi al coniuge separato di fatto, o al convivente con prole naturale in caso di traferimento del conduttore dal l'immobile locato — non poteva avvenire se non con l'ampliamento delle ipotesi di successione già previste dalla legge);
Il Foro Italiano — 1989.
II
PRETURA DI MILANO; ordinanza 30 dicembre 1988; Giud.
Silocchi; Ratti Di Desio (Avv. Rappelli) c. Devizzi e altra
(Avv. Casella).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Separazione consensuale dei coniugi — Successione nel con
tratto del coniuge del conduttore — Efficacia nei confronti del
locatore — Comunicazione — Necessità (Cost., art. 3, 24; cod.
civ., art. 1407; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 6).
Ancorché l'art. 6, 3° comma, I. 392/78 non Io preveda espressa
mente, la successione nel contratto di locazione dì immobile
ad uso abitativo del coniuge del conduttore, in caso di separa zione consensuale, ha effetto nei confronti del locatore solo
da! momento in cui egli ne viene messo a conoscenza, anche
con atto non formale, potendo applicarsi per analogia il princi
pio posto dall'art. 1407 c.c. per il caso di cessione del contratto
preventivamente autorizzata dal contraente ceduto (nella moti
vazione si rileva altresì che, ove si dovesse attribuire efficacia ex tunc alla successione tra conduttori nei confronti del locato
re, si prospetterebbe come non manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, 3° comma, I. cit., in riferimento agli art. 24, 1° comma, e 3 Cost.). (2)
b) in secondo luogo, la pronuncia in epigrafe mette (opportunamente) in chiaro i limiti della citata Corte cost. 404/88 per quanto concerne il riconoscimento di rango costituzionale al «diritto sociale all'abitazione», osservando che «nelle ipotesi di cui all'art. 6» — e quindi, nella sentenza ora citata — «il diritto all'abitazione viene in considerazione... quale esi
genza di conservare il tetto "fino alla normale consumazione della durata
quadriennale del rapporto, come stabilita ex lege"», sicché non si è rea lizzata alcuna incisione sul regime di «minore comprensione del diritto del proprietario-locatore» voluto dal legislatore, il quale soltanto «può razionalmente provvedere» a rapportare il grado di tutela dei diritti fon damentali alle risorse disponibili. Al contrario, la tutela dei parenti o affini del conduttore nell'ipotesi di volontario abbandono dell'immobile o di recesso dal contratto da parte del conduttore medesimo, comporte rebbe — in contrasto con la ratio legis — «una forte attenuazione del diritto del locatore al di fuori di situazioni che impongono la solidarietà
sociale»; ed anzi la «dilatazione delle ipotesi di successione» auspicata nella specie dal giudice a quo sembra in antitesi con l'esigenza di «riordi no del mercato abitativo», già in precedenza auspicato dalla Corte costi
tuzionale, in quanto «indurrebbe nei fatti una circolazione del tutto anomala delle abitazioni, concorrendo a ridurre ulteriormente un'offerta di alloggi in locazione già molto rarefatta».
Quest'ultimo rilievo può leggersi, con sufficiente certezza, come un nuovo
messaggio indirizzato dalla Corte costituzionale al legislatore, in vista della
progettata riforma della 1. 392/78 (dopo quello ravvisabile nella sentenza 9 novembre 1988, n. 1028, Foro it., 1989, I, 614, con nota redazionale di D. Piombo): va infatti considerato che il d.d.l. governativo di riforma della legge c.d. dell'equo canone comunicato alla presidenza del senato il 25 gennaio 1989 (atto n. 1537 / X legislatura) prevede — all'art. 4 — la successione nella locazione abitativa in favore dei parenti ed affini del conduttore anche qualora quest'ultimo «trasferisca altrove la sua di mora abituale effettiva, cessando la convivenza nell'immobile locato» (il testo del d.d.l. può ora leggersi in appendice ad AA.VV., Emergenza abitativa, «sospensione» degli sfratti e «graduazione» deità forza pubbli ca, Giuffrè, Milano, 1989, 289 ss.). In proposito, v. anche F. Lazzaro, Considerazioni sul progetto di riforma della legge dell'equo canone, in Rass. equo canone, 1988, 207 (il quale evidenzia, tra l'altro, come la testé menzionata disposizione dell'art. 4 del d.d.l. si ricolleghi proprio ai dubbi sulla costituzionalità dell'art. 6 1. 392/78 ora ritenuti infondati dalla Corte costituzionale).
(2) Contra, per la operatività della successione nel contratto ex art.
6, 3° comma, 1. 392/78 indipendentemente dal fatto che sia stata comuni cata al locatore, v. Trib. Roma 27 ottobre 1983, Foro it., Rep. 1985, voce Locazione, n. 771, richiamata nella motivazione dal Pretore di Mi lano (che può leggersi per esteso, tra l'altro, in Temi romana, 1984, 591, con osservazioni critiche di Silvetti).
La soluzione interpretativa proposta dalla pronunzia qui riprodotta muo ve dalla considerazione che nell'ipotesi prevista dal 3° comma dell'art. 6 cit. la successione nella locazione si configura come una «cessione lega le» del contratto attuata attraverso un negozio bilaterale (tra conduttore, cedente, ed il suo coniuge consensualmente separato, cessionario), in de
roga agli art. 1406 e 1594 c.c. (nonché all'art. 2, 1° comma, della stessa 1. 392/78), non essendo necessario per il suo perfezionamento il consenso del contraente ceduto. In dottrina, nello stesso senso, v. G. Bozzi, in
Equo canone, Cedam, Padova, 1980, 60 ss.; G. Bozzi (M. Confortini - G. Del Grosso - A. Zimatore), Locazione di immobili urbani, voce
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Diritto. — 1. - Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 24
maggio 1988 (r.o. n. 718/88), solleva questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 6, 1° comma, 1. 27 luglio 1978 n. 392 (disci
plina delle locazioni di immobili urbani), «nella parte in cui non
prevede la successione nel contratto dei parenti ed affini del con
duttore, con lui abitualmente conviventi, anche nella ipotesi di
abbandono dell'immobile o di recesso dal contratto da parte del
titolare della locazione, in favore dei parenti od affini stessi, per contrasto con gli art. 2 e 3 Cost.».
2. - La questione è infondata.
La norma impugnata prevede tre fattispecie: a) la morte del
conduttore; b) la separazione giudiziale, lo scioglimento o la ces
sazione degli effetti civili del matrimonio; c) la separazione con
sensuale o la intervenuta nullità del matrimonio.
La sentenza di questa corte n. 404 del 1988 (Foro it., 1988,
I, 2515) non ha aggiunto alla previsione della legge ulteriori fatti
specie, ma ha soltanto inserito nell'elenco dei successibili nel con
tratto per l'ipotesi sub a), il convivente more uxorio', in quella sub c), il coniuge separato di fatto, data la irrilevanza del titolo
della separazione, consensuale o di fatto, rispetto alla ratio legis; nonché il convivente se con prole naturale.
Il giudice a quo, invece, chiede l'addizione di una quarta fatti
specie, qual è quella dell'abbandono dell'immobile o del recesso
del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1983, IV, 1005 ss., spec. § 11. P. Cosentino - P. Vrrucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985,
Utet, Torino, 1986, 360 ss., osservano peraltro che «non si tratta, pro
priamente, di una cessione del contratto, ma di una successione nel rap porto operantesi ex lege nel presupposto di un avvenuto accordo tra i
coniugi». Circa l'applicabilità, in linea di principio, della regola dell'art. 1407,
1° comma, c.c. anche nelle ipotesi di cessione ex lege del contratto, Pret. Milano richiama Cass. 1661/78, Foro it., 1978, I, 2519, che ha ritenuto
compatiible la norma in questione con la disciplina speciale in tema di
cessione legale del contratto di assicurazione r.c.a., in caso di trasferi
mento di proprietà di veicoli a motore. Va tuttavia puntualizzato che in tal caso la subordinazione della operatività della cessione legale del
contratto alla comunicazione all'assicuratore (peraltro, limitatamente ai
rapporti tra assicuratore, cedente e cessionario), più recentemente ribadi
ta da Cass. 27 giugno 1987, n. 5708, id., 1987, I, 3269, trova supporto nell'art. 19 d.p.r. 973/70 (il quale statuisce che nel caso di trasferimento della proprietà del veicolo «il cedente o il cessionario sono tenuti a darne
immediata comunicazione all'assicuratore...»); laddove, in relazione al l'assicurazione contro il furto, sulla scorta dell'art. 1918 c.c. la stessa Cassazione (v. sent. 6 gennaio 1981, n. 50, id., 1981, I, 1645, con nota
di richiami di A. Princigalli) ha invece escluso che l'omessa comunica zione all'assicuratore dell'avvenuta alienazione del veicolo assicurato im
pedisca il subingresso ex lege dell'acquirente nel contratto di assicurazione. Il Pretore di Milano esclude che la tesi della automaticità della succes
sione nel contratto ex art. 6, 3° comma, 1. 392/78 trovi valido conforto
dal raffronto tra quest'ultima disposizione e l'art. 36 della stessa legge, che (a differenza dell'art. 6) espressamente prescrive la comunicazione
al locatore della cessione del contratto (o della sublocazione) da parte del conduttore di immobile non abitativo. Quanto alla funzione della co municazione prescritta dal predetto art. 36, va peraltro ricordato che,
per giurisprudenza concorde, essa costituisce condizione di opponibilità ed efficacia della cessione (o della sublocazione) nei confronti del locato
re; v., tutte in tal senso, Cass. 8 aprile 1988, n. 2770 e 24 febbraio 1988, n. 1943, id., Mass., 417 e 286; 15 luglio 1987, n. 6237, id., Rep. 1987, voce Locazione, n. 599; 27 luglio 1984, n. 4357 e 26 giugno 1984, n.
3728, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 766, 767; 3 luglio 1982, n. 3985,
id., Rep. 1982, voce cit., n. 213; nonché Trib. Napoli 25 maggio 1985,
id., Rep. 1987, voce cit., n. 605 e Pret. Pistoia 19 dicembre 1985, ibid., n. 601.
De iure condendo, va segnalato che il già menzionato d.d.l. governati vo per la riforma della 1. 392/78 prevede — all'art. 4 — che «La succes
sione [nel contratto di locazione] che non derivi da morte del conduttore
ha effetto nei confronti del locatore dal primo giorno del mese successivo
a quello in cui gli sia stata comunicata con lettera raccomandata con
avviso di ricevimento».
Per ulteriori riferimenti sulla successione nella locazione abitativa a parte conductoris ex art. 6 1. 392/78, v. i richiami in nota a Corte cost. 404/88,
cit., id., 1988, I, 2515; cui adde, con specifico riguardo all'ipotesi della
separazione consensuale del conduttore, Pret. Siracusa 23 marzo 1988, Arch, locazioni, 1988, 470 (secondo cui la successione nel contratto del
coniuge del conduttore non si realizza qualora l'accordo in tal senso sia
informale, e non consacrato nel provvedimento di omologazione della
separazione). [D. Piombo]
Il Foro Italiano — 1989.
dal contratto da parte del conduttore in favore di parenti od affi
ni, operazione questa che, non essendo suffragata da alcuna co
gente lettura dei parametri costituzionali richiamati, dovrebbe essere
riservata alla discrezionalità legislativa anche ove se ne rinvenisse
una razionale giustificazione. 3. - Occorre, viceversa, precisare, sul tema di causa, che, come
ogni altro diritto sociale, anche quello all'abitazione, è diritto
che tende ad essere realizzato in proporzione delle risorse della
collettività; solo il legislatore, misurando le effettive disponibilità e gli interessi con esse gradualmente satisfattibili, può razional
mente provvedere a rapportare mezzi a fini, e costruire puntuali
fattispecie giustiziabili espressive di tali diritti fondamentali.
In particolare nelle ipotesi di cui all'art. 6 1. n. 392 del 1978, il diritto sociale all'abitazione viene in considerazione, secondo
l'insegnamento di questa corte, di cui alla sentenza n. 404 del
1988, quale esigenza di conservare il tetto «fino alla normale con
sumazione della durata quadriennale del rapporto, come stabilita
ex lege». Siffatta delimitazione temporale concorre a descrivere il regime
di «minore compressione del diritto del proprietario-locatore» vo
luto dal legislatore con la 1. n. 392 del 1978.
Sarebbe, pertanto, contrario alla ratio legis, tutelare l'ipotesi del volontario abbandono dell'immobile o del recesso dal con
tratto da parte del conduttore in favore di parenti od affini che, anche a prescindere dal caso di specie (contratto soggetto a pro
roga con ente pubblico locatore), sarebbe fonte di una forte atte
nuazione del diritto del locatore al di fuori di situazioni che
impongono la solidarietà sociale.
Il diritto del locatore, infatti, verrebbe a subire gli effetti com
pressivi di comportamenti non sempre necessitati, quando non
arbitrari, del conduttore.
La dilatazione delle ipotesi di successione che si realizzerebbe
con la creazione delle nuove situazioni soggettive auspicate dal
giudice a quo indurrebbe nei fatti una circolazione del tutto ano
mala delle abitazioni, concorrendo a ridurre ulteriormente un'of
ferta di alloggi in locazione già molto rarefatta.
Tale prospettiva appare quindi antitetica a quell'esigenza di rior
dino del mercato abitativo che questa corte (sentenza n. 1028 del
1988, id., 1989, I, 614) ha auspicato possa realizzarsi onde elimi
nare il disagio della categoria dei conduttori «nel quadro di un
intervento globale sui settori dell'edilizia pubblica e privata (po stulato dal legislatore del 1978: cfr. sent. n. 252 del 1983, id.,
1983, I, 2628), idoneo ad incrementare l'offerta di alloggi a cano
ni economicamente sopportabili». Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, 1° comma, 1. 27 luglio 1978 n. 392 (disciplina delle locazioni di immobili
urbani), sollevata, in riferimento agli art. 2 e 3 Cost., dal Tribu
nale di Roma con l'ordinanza di cui in epigrafe.
II
Con intimazione di sfratto per finita locazione e contestuale
citazione per il giudizio di convalida, ritualmente e tempestiva mente notificate ai convenuti in data 7 novembre 1988, il Ratti
Di Desio si rivolgeva al Pretore di Milano sostenendo che la loca
zione a suo tempo stipulata con i coniugi Devizzi, relativamente
ad un immobile di sua proprietà, sito in Milano, via Elba n.
22, terzo piano, era cessata alla data del 30 giugno 1988 (rectius 1° luglio 1988) e chiedeva quindi che costoro fossero condannati
al rilascio in suo favore dell'immobile citato.
All'udienza del 23 novembre 1988, non comparso il Devizzi
ma presenti i difensori dell'intimante e dell'intimata, costoro chie
devano concordemente il rinvio dell'udienza.
Alla nuova udienza, tenuta in prosecuzione della prima il 16
dicembre 1988, il difensore della convenuta, allegando alla com
parsa di risposta copia del decreto di omologazioone della sepa razione personale consensuale della Delponte dal Devizzi, reso
dal Tribunale di Milano in data 17 luglio 1987, manifestava la
propria opposizione alla convalida, sostenendo che, essendo stata
la casa coniugale assegnata con quell'atto all'intimata, costei era
fin da allora succeduta al coniuge nel rapporto locatizio in corso
con l'attore e che la locazione, non avendo ella ricevuto la disdet
ta, tempestivamente comunicata dal locatore invece al Devizzi in
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2051 PARTE PRIMA 2052
data 9 dicembre 1987, si era alla citata scadenza rinnovata fino
al 30 giugno (rectius 1° luglio) 1992, ai sensi dell'art. 3 1. 392/78.
Ciò premesso in fatto, si deve rilevare che, contrariamente a
quanto potrebbe apparire da una sommaria lettura dell'atto di
intimazione, la locazione fu originariamente stipulata dal Ratti
Di Desio con il solo Devizzi, né il primo sostiene, pur nella im
precisa formulazione dell'atto introduttivo, o la Delponte affer
ma, che tale contratto sia stato stipulato anche con la convenuta:
in tal caso non si potrebbe negare lo status di conduttrice ab
origine anche all'intimata, di modo che la domanda proposta con
tro quest'ultima andrebbe senz'altro respinta per difetto di co
municazione della pur necessaria disdetta anche nei suoi soli
confronti.
In realtà, come emerge in particolare dall'esame della compar sa di risposta, l'attuale conduttrice oppone al locatore, il quale fino a prova contraria va ritenuto all'epoca ignaro dell'avvenuta
separazione, l'inefficacia della disdetta inviata al domicilio coniu
gale ed al coniuge, dopo che, ai sensi dell'art. 6, 3° comma, 1.
392/78, ella gli era succeduta nel contratto di locazione eli cui
è causa.
Ricondotta in questi termini la materia del contendere, sembre
rebbe doversi porre questione di legittimità costituzionale dell'art.
6, 3° comma, 1. 392/78, nella parte in cui tale articolo non preve de che la successione nel contratto sia efficace nei confronti del
locatore dal momento in cui ne sia posto a conoscenza.
Nel merito la questione apparirebbe non manifestamente in
fondata ove si consideri che all'attribuire efficacia ex tunc alla
successione tra conduttori nei confronti del locatore e non dal
momento in cui egli ne sia venuto a conoscenza consegue l'effet
to di pregiudicarne il diritto a far cessare il contratto alla scaden
za tutte le volte che, verificatasi la successione prima della scadenza
del termine utile per la comunicazione della disdetta, questa ven
ga poi inviata dall'ignaro locatore all'ex conduttore e non al nuo
vo, in sostanza determinandosi per il locatore, in contrasto con
l'art. 24, 1° comma, Cost., una preclusione all'agire in giudizio
per la tutela del proprio diritto conseguentemente ad una omis
sione di disdetta, cui non si vede come avrebbe potuto ovviare
se del fatto giuridico posto in essere da terzi, anche solo per l'al
trui negligenza egli sia stato tenuto all'oscuro; preclusione il cui
rischio si è aggravato con l'estensione alla convivenza more uxo
rio (in presenza di prole) ed alla separazione di fatto della disci
plina in esame, per effetto della sentenza della Corte costituzionale
7 aprile 1988, n. 404 (Foro it., 1988, I, 2515), dovendosi conside
rare la maggior difficoltà di accertamento di tali eventi, sia per il riserbo con cui nel costume sociale essi almeno inizialmente
sono circondati, sia per la mancanza in questi casi di un provve dimento giudiziale in ordine alla separazione e alla abitazione.
Ulteriori dubbi sulla legittimità costituzionale della norma po trebbero nutrirsi sotto il profilo dell'art. 3 Cost., nell'acquisito
significato che, attraverso l'elaborazione giurisprudenziale della
corte, tale articolo è venuto ad assumere con riferimento alla ra
zionalità e sostanziale equità delle norme giudicate, posto che ap
parirebbero incomprensibili le ragioni di tale omissione, tanto più se si consideri che essa sembrerebbe invece evitata nello schema
di disegno di legge di riforma della legge sull'equo canone ad
opera del ministro dei lavori pubblici in cui, proprio per le loca
zioni abitative, all'art. 20, 5° comma, è previsto espressamente che la successione che non derivi da morte del conduttore abbia
effetto nei confronti del locatore dal primo giorno del mese suc
cessivo a quello in cui gli sia stata comunicata con raccomandata
con avviso di ricevimento e, infine, si osservi che al conduttore, tenuto all'oscuro dell'intervenuta separazione fino allo spirare del
termine per un'ulteriore comunicazione della disdetta al soggetto
legittimato, non resterebbe che soggiacere all'indesiderata rinno
vazione contrattuale, con esclusione d'ogni sua eventuale pretesa risarcitoria nella presupposta assenza di qualsiasi onere di infor
mazione a carico dei soggetti coinvolti nella successione (vedi Trib.
Roma 27 ottobre 1983, id., Rep. 1985, voce Locazione, n. 771).
Inoltre, la citata questione di legittimità costituzionale sarebbe
rilevante sia perché, per quanto si è detto, la controversia verte
esclusivamente sulla successione nel contratto determinata ex art.
6, 3° comma, 1. 392/78, essendo indubbio che la Delponte non
possa essere considerata conduttrice ab origine, ma tale sia dive
nuta per effetto dell'assegnazione dell'alloggio a suo favore, sia
perché la disposizione citata risulta di immediata applicazione,
Il Foro Italiano — 1989.
dovendo il pretore provvedere in ordine alla richiesta di ordinan
za ex art. 665 c.p.c. formulata dall'attore.
È infatti vero che l'intimata ha chiesto di poter provare per
interrogatorio formale dell'attore e per testi che il Ratti Di Desio
fu tempestivamente posto a conoscenza dell'intervenuta separa
zione, il che, se provato, consentirebbe la definizione del gyidizio
indipendentemente dalla citata questione (per contro le prove of
ferte sarebbero ininfluenti se la norma citata fosse tout court da
ritenersi costituzionalmente legittima); tuttavia deve sottolinearsi
che il pretore è tenuto a decidere in ordine alla richiesta di ordi
nanza di rilascio allo stato degli atti ed è evidente che, non essen
dovi prova scritta dell'avvenuta comunicazione della separazione, l'unico ostacolo all'emissione del richiesto provvedimento consi
sterebbe nel citato dettato normativo, sempre che esso sia da in
terpretare come diretto a disporre l'efficacia della cessione nei
confronti del locatore dal momento in cui essa si è verificata,
indipendentemente da ogni sua conoscenza al riguardo. Ma in realtà è proprio questa interpretazione, cui pure è perve
nuta la giurisprudenza nell'unica decisione nota a questo pretore
(vedi Trib. Roma 27 novembre 1983, già citata) e citata dal di
fensore dell'intimata, che non può essere condivisa ed il cui ab
bandono rende irrilevante la questione di legittimità costituzionale, altrimenti inevitabile.
Invero, deve ricordarsi che in dottrina nell'ipotesi di cui al 3°
comma dell'art. 6 1. 392/78, ed in deroga sia alla disciplina gene rale della cessione di cui all'art. 1406 c.c. sia alla normativa spe cifica che regola la cessione della locazione all'art. 1594 c.c., si
configura una cessione legale quale negozio bilaterale e non trila
tero, non essendo necessaria per la formazione del contratto il
consenso del contraente ceduto.
Tuttavia conclusione del contratto di cessione e sua efficacia
nei confronti del ceduto sono cose del tutto diverse ed in ordine
a quest'ultima va ricordato che, secondo autorevole dottrina, nelle
cessioni in cui la volontà della legge sostituisce il consenso del
ceduto possono valere gli stessi principi che regolano la cessione
ex art. 1407 c.c., conclusa con la preventiva autorizzazione del
ceduto.
A seguire il citato orientamento, condividibile anche per il fat
to che in entrambe le ipotesi la cessione si completa con l'accor
do tra cedente e cessionario (nel primo caso perché il consenso
del ceduto è stato anticipato, nel secondo perché è supplito dalla
legge), deve tuttavia concludersi che la successione nella locazio
ne nell'ipotesi in esame non abbia efficacia nei confronti del lo
catore se non dal momento in cui gli sia stata notificata, anche
con atto non formale (vedi Cass. 12 luglio 1957, n. 2844, id.,
Rep. 1957, voce Obbligazioni e contratti, n. 345; 24 ottobre 1958, n. 3478, id., Rep. 1958, voce cit., n. 297).
Ed infatti, come ha ricordato la Suprema corte (vedi Cass. 10
aprile 1978, n. 1661, id., 1978, I, 2519, resa in tema di cessione
legale del contratto di assicurazione), pur dovendosi riconoscere
la specialità delle materie in cui generalmente insistono le cessioni
legali, non per questo deve escludersi in via assoluta l'integrazio ne con la norma generale di cui all'art. 1407 c.c., salvo il caso
di sua manifesta incompatibilità con l'autonoma disciplina, né
la perentoria esclusione del consenso del ceduto per il perfeziona mento della cessione costituisce argomento sufficiente di per sé
a dimostrare che il legislatore abbia voluto attribuire alla cessione
efficacia immediata ed automatica nei confronti del ceduto, «pur fuori d'ogni comunicazione, in contrasto con l'esigenza di ordine
generale che il contraente ceduto debba conoscere, in ogni mo
mento, con certezza e precisione il soggetto verso il quale ha ob
blighi e diritti». Né varrebbe rilevare, al fine di accreditare l'ipotesi che il legis
latore tacendo abbia voluto che la successione nella locazione abi
tativa fosse efficace ex tunc nei confronti del locatore, che nell'art.
36 1. 392/78, volto a disciplinare la cessione del contratto di loca
zione di immobile adibito ad uso diverso, sia prevista la necessità
di una comunicazione al locatore da parte del cedente o che, per
espressa previsione fattane nel citato progetto di riforma, solo
ora il legislatore avverta la necessità di siffatta comunicazione.
Al riguardo va osservato che la comunicaizone di cui all'art.
36 1. 392/78 è prevista precipuamente ai fini della decorrenza del
termine per proporre l'opposizione fondata su gravi motivi, men
tre il 5° comma dell'art. 20 del menzionato progetto di riforma
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
della 1. 392/78, se da un lato potrebbe essere stato concepito al
fine di risolvere dubbi interpretativi, dall'altro sembra voler di
sciplinare, attraverso l'obbligo della comunicazione al ceduto, non
tanto l'efficacia della cessione quanto il termine di decorrenza
dei suoi effetti nei confronti del locatore.
Alla stregua delle svolte argomentazioni, ritenute, in conseguenza
dell'apparentemente omessa comunicazione, la validità e la tem
pestività della disdetta inviata al domicilio contrattuale eletto dal
Devizzi, e non essendo l'opposizione dell'intimata fondata su prova scritta né sussistendo gravi ragioni in contrario, va emessa la ri
chiesta ordinanza di rilascio, con termine per l'esecuzione, in con
siderazione della difficoltà di reperire alloggi in Milano e comuni
limitrofi e del fatto che l'attore non oppone alcuna esigenza abi
tativa personale, al 23 novembre 1989.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 maggio 1989, n. 250
(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 maggio 1989, n. 21); Pres. Saja, Est. Greco; Assandri e Tinazzi c. Inps. Ord. Pret.
Bergamo 20 luglio 1988 e 30 settembre 1988 (G.U., la s.s.,
n. 2 del 1989).
Previdenza sociale — Pensione di reversibilità della gestione com
mercianti — Contitolarità di pensione diretta di invalidità della
stessa gestione — Integrazione al minimo — Esclusione — In
costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 22 luglio 1966 n. 613, estensio
ne dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia
ed i superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro fa
miliari e coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensio
nistici per i lavoratori autonomi, art. 19). Previdenza sociale — Pensione di reversibilità della gestione com
mercianti — Contitolarità di pensione diretta Inps — Integra zione al minimo — Questione manifestamente inammissibile di
costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 22 luglio 1966 n. 613, art. 19).
È illegittimo l'art. 19, 2° comma, l. 22 luglio 1966 n. 613, nella
parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensio
ne di reversibilità erogata dalla gestione speciale commercianti
al contitolare di pensione diretta di invalidità a carico della
medesima gestione, qualora, per effetto del cumulo il comples sivo trattamento risulti superiore al minimo. (1)
È manifestamente inammissibile — in quanto già dichiarata fon
data da Corte cost. 13 dicembre 1988, n. 1086 — la questione
di legittimità costituzionale dell'art. 19, 2° comma, l. 22 luglio
1966 n. 613, nella parte in cui non consente l'integrazione al
minimo della pensione di reversibilità erogata dalla gestione spe
ciale commercianti al contitolare di pensione diretta Inps, in
riferimento all'art. 3 Cost. (2)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 aprile 1989, n. 179
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 19 aprile 1989, n. 16);
Pres. Saja, Est. Greco; Muzzi c. Inps. Ord. Pret. Siena 30
settembre 1988 (G.U., la s.s., n. 51 del 1988).
Previdenza sociale — Pensione di reversibilità della gestione com
mercianti — Contitolarità di pensione diretta della stessa ge
stione — Integrazione al minimo — Esclusione —
Incostituzionalità (Cost., art. 3; 1. 22 luglio 1966 n. 613, art. 19).
È illegittimo l'art. 19, 2° comma, l. 22 luglio 1966 n. 613, nella
parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensio
ne di reversibilità erogata dalla gestione speciale commercianti
al contitolare di pensione diretta a carico della medesima ge
stione, qualora per effetto del cumulo il complessivo tratta
mento risulti superiore al minimo. (3)
(1-13) La vicenda della progressiva estensione — per effetto delle pro nunce della corte — del diritto all'integrazione al minimo della pensione
Il Foro Italiano — 1989.
Ill
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 marzo 1989, n. 142
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 29 marzo 1989, n. 13); Pres. Saja, Est. Casavola; Inps c. Cesaratto. Ord. Trib. Por
denone 19 ottobre 1988 (G.U., la s.s., n. 1 del 1989).
Previdenza sociale — Pensione di reversibilità del fondo coltiva
tori diretti — Contitolarità di pensione di vecchiaia dello stesso
fondo — Integrazione al minimo — Esclusione — Incostituzio
nalità (Cost., art. 3; 1. 9 gennaio 1963 n. 9, elevazione dei trat
tamenti minimi di pensione e riordinamento delle norme in
materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e mez
zadri, art. 1).
È illegittimo l'art. 1, 2° comma, l. 9 gennaio 1963 n. 9, nella
parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensio ne di reversibilità erogata dal fondo speciale per i coltivatori
diretti, mezzadri e coloni, al contitolare di pensione di vecchiaia
a carico del medesimo fondo. (4)
IV
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 81 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.
Saja, Est. Casavola; Caroni e Sbardellati c. Inps. Ord. Pret.
Siena 2 settembre 1988 (due) (G.U., la s.s., n. 45 del 1988).
Previdenza sociale — Pensione di reversibilità del fondo artigiani — Contitolarità di pensione diretta del fondo dipendenti —
Integrazione al minimo — Esclusione — Incostituzionalità
(Cost., art. 3; 1. 12 agosto 1962 n. 1339, disposizioni per il
miglioramento dei trattamenti di pensione corrisposti dalla ge stione speciale per l'assicurazione obbligatoria invalidità, vec
chiaia e superstiti degli artigiani e loro familiari, art. 1). Previdenza sociale — Pensione di reversibilità del fondo coltiva
tori diretti — Contitolarità di pensione di invalidità dello stesso
fondo — Integrazione al minimo — Questione manifestamente
inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 9 gennaio 1963
n. 9, art. 1).
È illegittimo l'art. 1,2° comma, I. 12 agosto 1962 n. 1339, nella
parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensio ne di reversibilità erogata dal fondo speciale per gli artigiani al contitolare di pensione diretta a carico del fondo lavoratori
dipendenti. (5) È manifestamente inammissibile — in quanto già dichiarata fon
data da Corte cost. 29 dicembre 1988, n. 1144 — la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1,2° comma, l. 9 gennaio 1963 n. 9, nella parte in cui non consente l'integrazione al mi
nimo della pensione di reversibilità erogata dal fondo speciale
per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, al contitolare di pen sione di invalidità a carico dello stesso fondo, in riferimento all'art. 3 Cost. (6)
V
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 29 dicembre 1988, n. 1144
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 4 gennaio 1989, n. 1); Pres.
Saja, Est. Casavola; Farinelli c. Inps. Ord. Pret. Lucca 2 feb braio 1988 (G.U., la s.s., n. 39 del 1988).
Previdenza sociale — Pensione di reversibilità del fondo coltiva
tori diretti — Contitolarità di pensione di invalidità dello stesso
fondo — Integrazione al minimo — Esclusione — Incostituzio
nalità (Cost., art. 3; 1. 9 gennaio 1963 n. 9, art. 1).
È illegittimo l'art. 1,2° comma, l. 9 gennaio 1963 n. 9, nella
parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensio ne di reversibilità erogata dal fondo speciale per i coltivatori
diretti, mezzadri e coloni, al contitolare di pensione di invalidi
tà a carico dello stesso fondo. (7)
in caso di cumulo, da ultimo e forse non ancora definitivamente testimo
niata con le decisioni in rassegna, si trova riassunta nella motivazione
di Corte cost. 184/88, pure riportata, che ne ripercorre le tappe: Corte
cost. 17 luglio 1974, n. 230, Foro it., 1974, I, 2946, con nota di richiami
e in Giur. costit., 1974, 2642, con nota di Persiani; 29 dicembre 1976,
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