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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || Sentenza 19 aprile 1958; Pres. Bollettino P.,...

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Sentenza 19 aprile 1958; Pres. Bollettino P., Est. Caroselli; Consorzio edilizio Novara centro (Avv. Cassietti) c. Crespi e altri (Avv. Genocchio), Ferraris (Avv. Bocca, Corsico, Piccolino) e Zanari (Avv. Poggi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 81, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1958), pp. 1543/1544-1547/1548 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23148644 . Accessed: 25/06/2014 02:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.79 on Wed, 25 Jun 2014 02:43:20 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 19 aprile 1958; Pres. Bollettino P., Est. Caroselli; Consorzio edilizio Novara centro(Avv. Cassietti) c. Crespi e altri (Avv. Genocchio), Ferraris (Avv. Bocca, Corsico, Piccolino) eZanari (Avv. Poggi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 81, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1958), pp. 1543/1544-1547/1548Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23148644 .

Accessed: 25/06/2014 02:43

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1548 PARTE PRIMA 1544

e cessionario. In effetti, a differenza di quanto si verifica

in altre ipotesi, nel campo della concessione amministra

tiva in materia di farmacie, per le quali prevale la tesi

dell'incommerciabilità e della conseguente nullità del nego zio di cessione della farmacia in relazione ad un interesse

generale di natura quale quello della sanità pubblica; in materia di rivendita di generi di privativa l'intervento

dello Stato è diretto invece al solo fine fiscale di assicurare

10 smercio dei generi di monopolio, per cui a tutela di tale

fine pubblico, è sufficiente sancire l'inefficacia dei contratti

di cessione nei confronti dell'Amministrazione.

Appare quindi applicabile l'antica distinzione fra di

vieti alla cui risoluzione consegue la nullità dell'atto

(lex perfecta) e divieti alla cui risoluzione consegue invece

soltanto, come nella specie, la sanzione di una responsabilità

per i danni che ne sono derivati (lex minus quam -perfecta),

ipotesi quest'ultima che configura secondo le più moderne

concezioni dogmatiche, un tipico esempio di relatività di

una situazione giuridica, che è valida soltanto nei confronti

di determinati soggetti (il cedente e il cessionario), e non

opponibile all'Amministrazione.

Da quanto si è esposto consegue che, essendo valido

11 contratto tra le parti, ben può l'acquirente della riven

dita chiedere che il venditore sia condannato a compiere tutte le attività necessarie, dedotte in obbligazione, per rendere possibile il trasferimento dell'azienda. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE DI NOVARA.

Sentenza 19 aprile 1958 ; Pres. Bollettino P., Est. Caro

selli ; Consorzio edilizio Novara centro (Avv. Cas

sletti) c. Crespi e altri (Avv. Genpcchio), Ferraris

(Avv. Bocca,Coesico,Piccolino) e Zanari (Avv. Poggi).

Consorzio —- Legittimazione a stare in giudizio (Cod.

civ., art. 36, 2613). Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle

costruzioni — Piano particolareggiato — Volonta

ria esecuzione da parte di proprietari consorziati — Locazioni in corso — Risoluzione per impossi bilità sopravvenuta.

Il consorzio, non il singolo consorziato, è fornito di legittima zione attiva a stare in giudizio. (1)

L'obbligazione contratta, ad evitare l'espropriazione, verso

il comune da proprietari consorziati per la edificazione o ricostruzione di una zona cittadina in esecuzione di un

piano regolatore particolareggiato, e la connessa obbliga zione di iniziare le azioni giudiziarie per il rilascio degli immobili di pertinenza del consorzio onde procedere alla

loro demolizione, costituiscono, in quanto assimilabili alla

espropriazione, factum principia estintivo, per impossibi lità sopravvenuta, delle locazioni pure soggette a proroga

legale. (2)

(1) Nello stesso senso, Franceschelm, Consorzi, in Com mentario del cod. civ., a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bolo

gna-Roma, 1947, sub art. 2613, pag. 434. Circa la rappresentanza in giudizio delle associazioni non

riconosciute, vedi App. Firenze 19 gennaio 1957, retro, 118, con nota di richiami ; in genere, sugli organi consortili, v. France

schelm, op. cit., sub art. 2008, pag. 407 e seg. (2) Nello stesso senso, Pret. Vercelli 12 maggio 1956, Foro

it., Rsp. 1957, voce Locazione, nn. 755, 756, e in Giust. civ., 1957, I, 568, con nota critica di Soprano, Sul dovere del pro prietario di esecuzione dei piani particolareggiati ex art. 20 legge urbanistica.

Nel senso che in difetto di compilazione e approvazione del piano particolareggiato non vi è ancora espropriazione, e

perciò l'accordo del privato con il comune per la volontaria ese cuzione del piano non costituisce causa di risoluzione, per so

pravvenuta impossibilità della prestazione, dei contratti relativi

agli immobili espropriabili, Trib. Lecce 31 maggio 1957, Foro

it., Rep. 1957, voci Locazione, nn. 203, 204, e Piano regolatore,

Il Tribunale, ecc. — (Omissis). Si nega la legittimazione attiva del Consorzio, assumendosi che il medesimo non è

titolare di diritti e che il potere di agire in giudizio per la

risoluzione dei singoli contratti di locazione sarebbe dei

singoli proprietari locatori e non già del Consorzio.

Che il Consorzio non sia titolare dei rapporti giuridici sostanziali, che fanno capo, invece, ai singoli consorziati, è principio senza dubbio esatto. Che non abbia personalità

giuridica è altrettanto esatto, perchè detta personalità, in

base alle norme disciplinatrici (art. 2602-2615 cod. civ.), non è richiesta nè gli è riconosciuta. Esso è un gruppo as

sociativo che ha per scopo di regolare l'attività dei consor

ziati e che la migliore dottrina definisce come una sotto

specie delle associazioni non erette a persona giuridica. E la Cassazione (sent. 27 giugno 1953, n. 1991, Foro

it., 1953, I, 1110) ha affermato che i consorzi non hanno

personalità giuridica e coloro che sono ad essi preposti non agiscono per un ente distinto dai consorziati, ma di

rettamente per questi. Gli è per questo, dunque, che il codice, con le disposi

zioni di cui agli art. 2613 e 2615, analogamente alla ma

teria delle associazioni non riconosciute, ha dettato regole relative alla legittimazione processuale ed alla responsabi lità verso terzi. In particolare l'art. 2613 attribuisce la

legittimazione passiva a coloro che hanno la presidenza o

la direzione del consorzio, anche se la rappresentanza è

attribuita ad altre persone. Ma, appunto per la sua intrin

seca natura di associazione non riconosciuta, è applicabile

per analogia nei suoi confronti l'art. 36, capov., cod. civ., che attribuisce la legittimazione attiva a coloro che pre siedono o dirigono l'associazione. Conforta tale interpre tazione l'art. 75, ult. comma, cod. proc. civile. Sicché

risulta chiaro che la legittimazione ad agire, prevista dagli art. 2613 e 36 cod. civ., è una legittimazione che crea la

figura del sostituto processuale, i cui atti producono con

seguenze che ricadono tutte e sole sui soggetti per conto dei

quali il sostituto agisce. Ora, la legge speciale (art. 4 r. decreto legge 14 luglio

1937 n. 1824) allorché prevede che i proprietari, su appo sito invito del comune, dichiarino se o meno intendono

essi stessi addivenire alla edificazione o ricostruzione sulla

loro proprietà, singolarmente se proprietari dell'intera zona

o riuniti in consorzio, senza dettare norme particolari sui

poteri di quest'ultimo, fa implicito richiamo alle norme

generali che disciplinano l'attività del consorzio. E poiché

esso, in base alla legge, è tenuto ad assumere formale im

pegno, pena l'espropriazione prevista dalla stessa legge, in

ordine all'edificazione o ricostruzione della zona interes

sata secondo i criteri del piano particolareggiato, è ovvio

che ciò presuppone ogni altra facoltà, a quello antecedente,

compresa quella di agire in giudizio, attraverso i suoi or

li. 32. Ha ritenuto invece sufficiente ad estinguere l'obbligazione del locatore il semplice invito del comune al proprietario di un immobile a dare attuazione al piano di ricostruzione debita mente approvato, anche senza che il comune proceda ad espro priazione per p. i., App. Milano 18 febbraio 1955 (richiamata in

motivazione), id., 1955, I, 730, con nota favorevole di An

dkioli, Piani di ricostruzione e diritti dei conduttori ; e 19 aprile 1955, id., Rep. 1955, voce Piano regolatore, n. 43 ; queste due sentenze sono, inoltre, annotate criticamente in Temi, 1955, 276 da Pinotti, Intorno all'art. 20 della legge urbanistica.

Pret. Imola 4 febbraio 1957, retro, 494, con ampia nota

di richiami, ha riconosciuto causa di risoluzione per im

possibilità sopravvenuta nei confronti del conduttore, con pre valenza anche nel diritto alla proroga legale, il piano regola tore, regolarmente approvato, che preveda la demolizione di un immobile di proprietà del comune.

Nello stesso senso (anche nei rapporti fra privato proprie tario e conduttore), Trib. Milano 26 gennaio 1956, Foro it., Rep. 1956, voce Piano regolatore, nn. 175-177.

La risolubilità della locazione per espropriazione dell'im mobile locato "è affermata da Trib. Napoli 20 marzo 1954, id., Rsp. 1955, voce Espropriazione per p. i., n. 79.

V. pure l'ampio studio di Bossi, La risolubilità delle loca zioni di immobili urbani colpiti da espropriazione per pubblica utilità, in Foro padano, 1957, ITI, 97.

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1545 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1646

gani rappresentativi, e conformemente a legge (art. 36, ca

pov.), affinchè l'obbligazione validamente e legittimamente assunta verso l'ente pubblico possa essere adempiuta.

Ove si pensasse diversamente, la costituzione del con

sorzio risulterebbe inutile e quel soggetto, che è l'unico a

potersi validamente impegnare verso il comune, allorché

la zona appartenga a diversi proprietari, vedrebbe paraliz zato l'adempimento della sua obbligazione dalla eventuale

contraria volontà del singolo consorziato (non direttamente

obbligato), restio o tardo ad iniziare l'azione di risoluzione

e di rilascio verso i propri conduttori.

Qui puntualmente ricorrono le prescritte condizioni :

ossia l'invito del Comune ai sensi del più volte ricordato

art. 4, la regolare costituzione del Consorzio, la convenzione

col Comune, l'attribuzione al Presidente del Consorzio, da

parte dell'assemblea, del potere di agire in giudizio. Non

vi è perciò luogo a dubitare della legittimazione attiva.

Circa la pretesa, decadenza dal potere d'azione per la

inosservanza del termine di due mesi (16 giugno-16 agosto

1956) di cui al punto I della convenzione 16 giugno 1956

tra il Comune di Novara ed il Consorzio attore, il Collegio rileva che, comunque stiano i fatti (che sia, cioè, vero o

meno che il Comune abbia prorogato al 15 novembre 1956

il termine per iniziare le azioni da parte del Consorzio con

tro gli occupanti degli immobili del relativo comparto edi

ficatorio ; se il potere di proroga fosse della Giunta o del

Consiglio comunale ; se tale proroga possa essere provata dal certificato del Sindaco dato in visione all'udienza di

spedizione), e senza neppure prendere in considerazione gli altri profili relativi alla tardività della produzione ed alla

tardività dell'eccezione, è decisiva ed assorbente l'osserva

zione che, non trattandosi di decadenza rilevabile ex of

ficio (art. 2969 cod. civ.), l'unico legittimato ad eventual

mente farla valere era il Comune di Novara, nel cui interesse

detto termine era stato posto, e non già gli attuali conve

nuti che, dall'inosservanza di detto termine, hanno tratto

solo giovamento. Nel merito la domanda va accolta, posto che l'impos

sibilità sopravvenuta nell'ipotesi di cui all'art. 1256 cod.

civ., estintiva dell'obbligazione, è configurabile, come è pa

cifico, non soltanto nel caso in cui l'impossibilità incida

materialmente sulla prestazione dovuta (ipotesi àeìl'inte

ritus rei, che è la più ovvia), ma anche quando si tratti di

impossibilità giuridica (espropriazione, requisizione, ecc.), e sia totale e definitiva e non imputabile al debitore.

Qui solo apparentemente la causa dell'impossibilità sembra diversa da quelle normalmente ricorrenti, ma in so

stanza e per i suoi effetti essa è assimilabile all'espropria zione. Invero, l'art. 4 r. decreto legge 14 luglio 1937 (conver tito in legge 3 febbraio 1938 n. 145) dispone esplicitamente :

« Prima di procedere all'espropriazione dei beni occorrenti

per l'attuazione del piano, il Comune deve farne notifica

ai rispettivi proprietari e contemporaneamente invitarli a

dichiarare, entro un termine fissato, se o meno intendano

essi stessi addivenire alla edificazione o ricostruzione sulla

loro proprietà, singolarmente, se proprietari della intera

zona, o riuniti in consorzio, secondo le norme estetiche ed

edilizie che il Comune stabilirà in relazione ai vincoli del

piano ». Tale norma è pure confermata nell'art. 23 legge 17 agosto 1942 n. 1150 (legge che regola in genere l'assetto

e l'incremento edilizio dei centri abitati : art. 1) dove viene

esplicitamente stabilito che « Formato il comparto, il sin

daco deve invitare i proprietari a dichiarare entro un ter

mine fissato nell'atto di notifica, se intendono procedere da soli, se proprietari dell'intero comparto, o riuniti in

consorzio, alla edificazione dell'area ed alle trasformazioni

degli immobili ». Perfettamente legittimo fu pertanto l'atto del Sindaco

di Novara, col quale vennero invitati i proprietari degli stabili interessati ad assumere formale ed irretrattabile

obbligazione di procedere in consorzio « alla demolizione

di tutti gli stabili di loro rispettiva pertinenza ed alla suc

cessiva ricostruzione di nuovi edifici ».

I proprietari interessati provvidero, perciò, alla costi

tuzione del Consorzio, assumendo i correlativi obblighi

verso l'Amministrazione comunale di Novara, la quale, con

deliberazione 13 marzo 1956 n. 1345, accettava tale di

chiarazione del Consorzio, e successivamente si provve deva alla stipulazione della convenzione 16 giugno 1956

(doc. n. 5) tra il Comune di Novara ed il Consorzio stesso.

Con tale convenzione il Consorzio ha assunto l'obbligo di iniziare le opportune azioni giudiziarie per ottenere il

totale sgombero e rilascio di tutti gli stabili di pertinenza del Consorzio stesso (punto I) ; quello di demolire comple tamente a propria cura e spese tutti gli stabili stessi (punto II), e quello di ricostruire altro edificio secondo certe tas

sative prescrizioni (punto III) : il tutto entro termini de

terminati.

Va qui aggiunto che già per l'art. 1 del citato r. decreto

legge 14 luglio 1937 n. 1824 il piano generale di massima

regolatore edilizio e di ampliamento della Città di Novara

è stato dichiarato di pubblica utilità e, comunque, a norma

della legge generale urbanistica (art. 16, 4° comma), l'ap

provazione dei piani particolareggiati equivale a dichia

razione di pubblica utilità delle opere in essi previste. Dal che consegue che, essendo stato il piano particolareg

giato, relativo alla zona che interessa il Consorzio attore,

approvato con decreto pres. 8 ottobre 1955 n. 1469, detta

approvazione comporta la dichiarazione di pubblica utilità

riguardo alle opere di demolizione previste nel piano parti

colareggiato medesimo e per le quali il Consorzio ha as

sunto obbligo di esecuzione.

Nè il Consorzio poteva altrimenti comportarsi, perchè delle due l'una : o subire l'espropriazione degli stabili o pro cedere all'esecuzione delle opere previste.

Ciò posto, dal principio che nella locazione l'oggetto della prestazione è una cosa determinata discende inconte

stabilmente l'impossibilità della prestazione da parte dei

proprietari locatori, perchè evidentemente non è possibile che gli stessi continuino a concedere in locazione quei me

desimi stabili che, per factum principia, devono essere ab

battuti. Ond'è che il conflitto tra l'obbligo che al proprie tario incombe nei confronti del conduttore e l'altro imposto nel piano di ricostruzione viene risolto a favore di questo ultimo in considerazione del suo carattere pubblico, per modo che l'adempimento cui il proprietario addiviene, a

seguito dell'invito del Comune, estingue ogni obbligo verso

il conduttore, alla stessa guisa ed in non diversa misura

del provvedimento ablativo, mediante il quale il Comune

procede all'espropriazione. In virtù di tali considerazioni, cadono le obiezioni dei

convenuti che fanno leva su una pretesa volontarietà del

l'adesione del Consorzio all'invito del Comune per un in

tento meramente speculativo dal primo perseguito, intento

di cui è difficile ravvisare l'esistenza alla luce delle norme

di legge che regolano tutta la materia.

In proposito esattamente si è pronunziata la Corte di

appello di Milano nella sentenza citata dall'attore, osser

vando, in una fattispecie analoga, che l'impegno del con

sorzio, su invito del comune, non nasce da un accordo di

volontà di due soggetti che, posti su uno stesso piano, cerchino di tutelare i rispettivi interessi privatistici, ma

deriva dall'adesione di uno dei soggetti alle pretese del

comune, pretese che hanno a base il pubblico interesse ed

il mezzo drastico e risolutivo dell'espropriazione. E vano è l'ulteriore assunto dei convenuti, secondo cui

il conflitto tra il diritto di esproprio competente al Comune

(o il suo equipollente rappresentato dalla coatta adesione

dei proprietari locatori all'obbligo di demolizione e ricostru

zione) ed il diritto alla proroga debba essere risolto a fa

vore di questo secondo, giacché in contrario è agevole os

servare che l'applicazione della legge vincolistica, con gli istituti che le sono propri, non esclude l'applicazione degli altri istituti giuridici (nella specie : impossibilità soprav venuta per factum principis) e, comunque, un diritto alla

proroga è concepibile solo in relazione ad una cosa deter

minata di cui non debba venir meno la stessa esistenza.

Nè è, infine, invocabile l'applicazione analogica del

l'art. 10, n. 2, legge 23 maggio 1950 n. 253, perchè, a tacer

d'altro, l'ipotesi di cui a detta norma prevede la volontà

del proprietario che liberamente si dirige all'esecuzione di

nuove costruzioni di un numero doppio di vani, mentre

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1547 PARTE PRIMA 1548

quella per cui è lite, in funzione di un obbligo ineliminabile

di legge, è equiparabile nei suoi effetti ad un provvedi mento di totale esproprio.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE DI VALLO DELLA LUCANIA.

Sentenza 12 marzo 1958 ; Pres. Randaccio, Est. Pannella ; Landolfi (Avv. Scarpa de Masellis) c. Tesauro (Avv.

Bianco).

Procedimento in materia civile — Morte del rap

presentante volontario — Interruzione del processo — Esclusione (Cod. proo. civ., art. 77, 299, 300).

La marte del rappresentante volontario della parte non costi

tuisce causa di interruzione del processo. (1)

(1) Nello stesso senso, in giurisprudenza, Cass. 15 gennaio 1954, n. 60, Foro it., Rip. 1954, voce Procedimento civ., n. 415 ;

App. Bari 29 luglio 1932, id., Rep. 1932, voce cit., n. 140 ; in

dottrina Andrioli, Commento, II3, pag. 314.

Molto più frequenti le pronunce giurisprudenziali sul pro blema affine, concernente la c. d. rappresentanza organica. La giurisprudenza più recente ritiene che la morte o la soprav venuta incapacità della persona fisica che riveste la qualità di

organo della persona giuridica, come pure la cessazione di tale

qualità (soprattutto con riferimento alla messa in liquidazione delle società commerciali), non costituiscano causa di interru

zione del processo : cfr. App. Venezia 5 dicembre 1956, Foro it.,

Rsp. 1957, voce cit., n. 390 ; App. Milano 21 ottobre 1955 e

Trib. Milano 12 gennaio 1956, id., Rsp. 1956, voce cit., nn. 490

492 ; Cass. 15 giugno 1954, n. 2022, id., Rep. 1954, voce cit., n. 416 (con enunciazione generalissima) ; App. Milano 16 gennaio 1953 e Trib. Milano 26 marzo 1953, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 334, 335 ; Trib. Asti 30 aprile 1952, id., Rep. 1952, voce

cit., n. 325 ; App. Roma 14 ottobre 1950, id., Rep. 1951, voce cit., n. 331 (annotata da Jaquinto, in tìiur. it., 1951, I, 2, 375) ; App. Genova 15 gennaio 1946, Foro it., Rep. 1947, voce cit., nn. 186, 187 ; App. Milano 7 giugno 1946, id., Rep. 1946, voce cit., n. 144

(con riferimento a un ente pubblico) ; Cass. 10 maggio 1942, n. 1224, id., Rsp. 1942, voce cit., n. 46 ; e inoltre App. Bologna 29 aprile 1935, id., Rep. 1935, voce cit., n. 188 ; Trib. Milano

27 gennaio 1934, id., Rep. 1934, voce cit., nn. 196, 197 ; App. Firenze 10 gennaio 1933, id., Rep. 1933, voce cit., nn. 139, 140 ; Cass. 27 luglio 1931, n. 3156, id., Rep. 1931, voce cit., n. 144

(non è però chiaro dalla massima se il « rappresentante dell'ente », che cessava dalla sua qualità, fosse propriamente un organo o

fosse piuttosto un vero rappresentante) ; App. Milano 16 maggio 1930, id., Rep. 1930, voce cit., n. 122 ; App. Firenze 10 febbraio

1925, id., Rep. 1925, voce cit., n. 96 ; Cass. 13 maggio 1924,

id., Rep. 1924, voce cit., n. 68 (qui l'organo cessante era il com

missario governativo presso un comune). In senso contrario :

Trib. Genova 26 marzo 1957, id., Rsp. 1957, voce cit., n. 391 ;

App. Napoli 7 marzo 1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 445 ;

App. Firenze 12 settembre 1953, id., Rep. 1954, voce cit., n. 412 ;

App. Milano 28 dicembre 1951, id., Rep. 1952, voce cit., n. 324

(sopravvenuta morte dell'amministratore di una società) ; App. Catania 2 giugno 1933, id., Rep. 1934, voce cit., n. 195 ; App. Trieste 24 gennaio 1933, id., Rep. 1933, voce cit., n. 141 (dove si parla di « modificazioni nella costituzione » di una società) ;

App. Milano 29 febbraio 1928, id., Rep. 1928, voce cit., n. 177 ;

App. Genova 4 febbraio 1927, id., Rep. 1927, voce cit., n. 78 ;

App. Milano 8 aprile 1927, ibid., n. 79 ; App. Genova 17 lu

glio 1925, id., Rep. 1926, voce cit., nn. 119, 120 ; Cass. 24 aprile 1925, n. 1221, id., Rep. 1925, voce cit., n. 83 ; App. Genova

2 dicembre 1924, ibid., n. 97 ; implicitamente Cass. Torino

14 febbraio 1922, id., 1922, I, 357 ; App. Milano 5 novembre 1920

e 28 febbraio 1921, id., 1921, I, 119 e 758 ; App. Firenze 12 lu

glio 1919, id., 1920, I, 80.

La sentenza qui riprodotta- ha creduto utile soggiungere che, se il rappresentante morto (o cessato : in entrambi i casi defunc

tus) in corso di causa non viene sostituito, la decisione va diret

tamente intestata alla parte ; se invece la sostituzione ha luogo, l'intestazione della pronuncia dev'essere al nome del nuovo rap

presentante (nella specie il rappresentante defunto era comune

a più persone, e alcune ne avevano nominato uno nuovo, che

continuasse per loro il giudizio, altre no). Ma la proposizione è superflua nella prima parte, errata

Il Tribunale, eoo. — Prima di esaminare il merito della

lite, che, sia detto in anticipo, non presenta difficoltà di

ordine tecnico-giuridico dopo gli elaborati risultati della

precisa consulenza tecnica, è opportuno far cenno di una

questione rilevabile di ufficio.

La causa venne proposta da Luigi Volpe, rappresentato, in virtù di mandato con rappresentanza, da Landolfi

Luigi, contro Tesauro Michele. Nelle more del giudizio intervennero volontariamente in causa : Giuseppe e Romolo

Volpe fu Ignazio ; Rosina, Chiara, Giuseppina, Ignazio, Vincenzo ed Arturo Volpe fu Giovanni ; Vincenzo Volpe fu Vincenzo e Luigi Volpe fu Amleto, tutti rappresentati dallo stesso Landolfi Luigi, in virtù di mandato con rap

presentanza del 27 giugno 1952.

Dopo la morte di Landolfi Luigi, i congiunti : Luigi,

Giuseppe e Romolo Volpe fu Ignazio; Rosina, Roberto,

Clara, Giuseppina, Vincenzo ed Arturo fu Giovanni; Luigi fu Amleto, conferirono la loro rappresentanza in giudizio a Pecora Carmela che, a sua volta costituitasi, nominò

procuratore ad litem, lo stesso avv. Scarpa de Masellis, in

precedenza nominato da Landolfi Luigi. Ebbene, dal confronto tra le parti costituitesi, prima,

per mezzo del rappresentante Landolfi Luigi e, dopo, per mezzo della rappresentante Pecora Carmela, si nota la

seguente differenza : nella seconda costituzione figura una

nuova parte : Roberto Volpe fu Giovanni, mentre mancano

le parti : Ignazio Volpe fu Giovanni e Vincenzo Volpe fu

Vincenzo.

Ordunque, il fatto che un nuovo soggetto si sia costi

tuito con intervento ad adiuvandwm per sostenere le ragioni dell'attore, e ciò in forza della sua qualità di contitolare

del fondo di cui si tratta, non presenta difficoltà alcuna,

dovendosi ritenere il suo ingresso in lite pienamente am

missibile. Il fatto, invece, che due altri soggetti, preceden temente costituitisi per mezzo di rappresentante volon

tario, dopo la morte di lui dichiarata all'udienza, non ab

biano nominato un nuovo rappresentante può far sorgere il dubbio se debba darsi luogo alla prosecuzione del processo

oppure debba ritenersi interrotto il processo medesimo

in conseguenza della morte del loro rappresentante. Il dubbio, va subito detto, non ha ragione di sussistere,

ove si ponga mente alla natura ed agli effetti che derivano

dall'istituto giuridico della rappresentanza (art. 1388 c.od.

civ.) in una all'istituto processuale della interruzione

(art. 299 e 300 cod. proc. civ.). Infatti, la rappresentanza si enuclea nel potere confe

rito al rappresentante di concludere un negozio giuridico che produca effetti nei confronti direttamente del rappre sentato, di guisa che l'atto giuridico posto in essere dal

rappresentante vincola immediatamente il rappresentato, come se egli lo avesse direttamente concluso. Le condizioni

che il legislatore impone per il verificarsi di tali effetti

possono così enunciarsi : 1) esistenza del potere di rappre sentanza ed esercizio delle facoltà conferite entro i limiti

già predeterminati ; 2) spendita del nome del rappresen tato (contemplano domini), il che importa l'agire non solo

per conto, ma altresì in nome di lui. Non è richiesto, e su tale affermazione sono costanti e concordi dottrina e giu

risprudenza, che il rappresentante porti ad immediata

conoscenza del rappresentato il negozio concluso. Alla stregua delle su cennate considerazioni, deve de

nella seconda. Quando agisce o è convenuto il rappresentante, la sentenza va in ogni caso intestata al rappresentato, del quale non solo si fanno valere in giudizio i diritti, ma si spende il nome : il rappresentante, a differenza dal sostituto, che fa valere « in nome proprio un diritto altrui » (art. 81), perchè portatore di un interesse autonomo, seppure dipendente da quello del sostituito, agisce o resiste in giudizio in nome del rappresentante, fa cioè valere « in nome altrui un diritto altrui ». Ed è questo che giustifica la diretta e costante efficacia della decisione per il rappresen tato, diversamente, anche in ciò, da quel che avviene nel fenomeno della sostituzione processuale, dove tale efficacia non è costante, e dove varia ne è, secondo i casi, la giustificazione.

A. h.

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