Sentenza 19 aprile 1958; Pres. Bollettino P., Est. Caroselli; Consorzio edilizio Novara centro(Avv. Cassietti) c. Crespi e altri (Avv. Genocchio), Ferraris (Avv. Bocca, Corsico, Piccolino) eZanari (Avv. Poggi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 81, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1958), pp. 1543/1544-1547/1548Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23148644 .
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1548 PARTE PRIMA 1544
e cessionario. In effetti, a differenza di quanto si verifica
in altre ipotesi, nel campo della concessione amministra
tiva in materia di farmacie, per le quali prevale la tesi
dell'incommerciabilità e della conseguente nullità del nego zio di cessione della farmacia in relazione ad un interesse
generale di natura quale quello della sanità pubblica; in materia di rivendita di generi di privativa l'intervento
dello Stato è diretto invece al solo fine fiscale di assicurare
10 smercio dei generi di monopolio, per cui a tutela di tale
fine pubblico, è sufficiente sancire l'inefficacia dei contratti
di cessione nei confronti dell'Amministrazione.
Appare quindi applicabile l'antica distinzione fra di
vieti alla cui risoluzione consegue la nullità dell'atto
(lex perfecta) e divieti alla cui risoluzione consegue invece
soltanto, come nella specie, la sanzione di una responsabilità
per i danni che ne sono derivati (lex minus quam -perfecta),
ipotesi quest'ultima che configura secondo le più moderne
concezioni dogmatiche, un tipico esempio di relatività di
una situazione giuridica, che è valida soltanto nei confronti
di determinati soggetti (il cedente e il cessionario), e non
opponibile all'Amministrazione.
Da quanto si è esposto consegue che, essendo valido
11 contratto tra le parti, ben può l'acquirente della riven
dita chiedere che il venditore sia condannato a compiere tutte le attività necessarie, dedotte in obbligazione, per rendere possibile il trasferimento dell'azienda. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI NOVARA.
Sentenza 19 aprile 1958 ; Pres. Bollettino P., Est. Caro
selli ; Consorzio edilizio Novara centro (Avv. Cas
sletti) c. Crespi e altri (Avv. Genpcchio), Ferraris
(Avv. Bocca,Coesico,Piccolino) e Zanari (Avv. Poggi).
Consorzio —- Legittimazione a stare in giudizio (Cod.
civ., art. 36, 2613). Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle
costruzioni — Piano particolareggiato — Volonta
ria esecuzione da parte di proprietari consorziati — Locazioni in corso — Risoluzione per impossi bilità sopravvenuta.
Il consorzio, non il singolo consorziato, è fornito di legittima zione attiva a stare in giudizio. (1)
L'obbligazione contratta, ad evitare l'espropriazione, verso
il comune da proprietari consorziati per la edificazione o ricostruzione di una zona cittadina in esecuzione di un
piano regolatore particolareggiato, e la connessa obbliga zione di iniziare le azioni giudiziarie per il rilascio degli immobili di pertinenza del consorzio onde procedere alla
loro demolizione, costituiscono, in quanto assimilabili alla
espropriazione, factum principia estintivo, per impossibi lità sopravvenuta, delle locazioni pure soggette a proroga
legale. (2)
(1) Nello stesso senso, Franceschelm, Consorzi, in Com mentario del cod. civ., a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bolo
gna-Roma, 1947, sub art. 2613, pag. 434. Circa la rappresentanza in giudizio delle associazioni non
riconosciute, vedi App. Firenze 19 gennaio 1957, retro, 118, con nota di richiami ; in genere, sugli organi consortili, v. France
schelm, op. cit., sub art. 2008, pag. 407 e seg. (2) Nello stesso senso, Pret. Vercelli 12 maggio 1956, Foro
it., Rsp. 1957, voce Locazione, nn. 755, 756, e in Giust. civ., 1957, I, 568, con nota critica di Soprano, Sul dovere del pro prietario di esecuzione dei piani particolareggiati ex art. 20 legge urbanistica.
Nel senso che in difetto di compilazione e approvazione del piano particolareggiato non vi è ancora espropriazione, e
perciò l'accordo del privato con il comune per la volontaria ese cuzione del piano non costituisce causa di risoluzione, per so
pravvenuta impossibilità della prestazione, dei contratti relativi
agli immobili espropriabili, Trib. Lecce 31 maggio 1957, Foro
it., Rep. 1957, voci Locazione, nn. 203, 204, e Piano regolatore,
Il Tribunale, ecc. — (Omissis). Si nega la legittimazione attiva del Consorzio, assumendosi che il medesimo non è
titolare di diritti e che il potere di agire in giudizio per la
risoluzione dei singoli contratti di locazione sarebbe dei
singoli proprietari locatori e non già del Consorzio.
Che il Consorzio non sia titolare dei rapporti giuridici sostanziali, che fanno capo, invece, ai singoli consorziati, è principio senza dubbio esatto. Che non abbia personalità
giuridica è altrettanto esatto, perchè detta personalità, in
base alle norme disciplinatrici (art. 2602-2615 cod. civ.), non è richiesta nè gli è riconosciuta. Esso è un gruppo as
sociativo che ha per scopo di regolare l'attività dei consor
ziati e che la migliore dottrina definisce come una sotto
specie delle associazioni non erette a persona giuridica. E la Cassazione (sent. 27 giugno 1953, n. 1991, Foro
it., 1953, I, 1110) ha affermato che i consorzi non hanno
personalità giuridica e coloro che sono ad essi preposti non agiscono per un ente distinto dai consorziati, ma di
rettamente per questi. Gli è per questo, dunque, che il codice, con le disposi
zioni di cui agli art. 2613 e 2615, analogamente alla ma
teria delle associazioni non riconosciute, ha dettato regole relative alla legittimazione processuale ed alla responsabi lità verso terzi. In particolare l'art. 2613 attribuisce la
legittimazione passiva a coloro che hanno la presidenza o
la direzione del consorzio, anche se la rappresentanza è
attribuita ad altre persone. Ma, appunto per la sua intrin
seca natura di associazione non riconosciuta, è applicabile
per analogia nei suoi confronti l'art. 36, capov., cod. civ., che attribuisce la legittimazione attiva a coloro che pre siedono o dirigono l'associazione. Conforta tale interpre tazione l'art. 75, ult. comma, cod. proc. civile. Sicché
risulta chiaro che la legittimazione ad agire, prevista dagli art. 2613 e 36 cod. civ., è una legittimazione che crea la
figura del sostituto processuale, i cui atti producono con
seguenze che ricadono tutte e sole sui soggetti per conto dei
quali il sostituto agisce. Ora, la legge speciale (art. 4 r. decreto legge 14 luglio
1937 n. 1824) allorché prevede che i proprietari, su appo sito invito del comune, dichiarino se o meno intendono
essi stessi addivenire alla edificazione o ricostruzione sulla
loro proprietà, singolarmente se proprietari dell'intera zona
o riuniti in consorzio, senza dettare norme particolari sui
poteri di quest'ultimo, fa implicito richiamo alle norme
generali che disciplinano l'attività del consorzio. E poiché
esso, in base alla legge, è tenuto ad assumere formale im
pegno, pena l'espropriazione prevista dalla stessa legge, in
ordine all'edificazione o ricostruzione della zona interes
sata secondo i criteri del piano particolareggiato, è ovvio
che ciò presuppone ogni altra facoltà, a quello antecedente,
compresa quella di agire in giudizio, attraverso i suoi or
li. 32. Ha ritenuto invece sufficiente ad estinguere l'obbligazione del locatore il semplice invito del comune al proprietario di un immobile a dare attuazione al piano di ricostruzione debita mente approvato, anche senza che il comune proceda ad espro priazione per p. i., App. Milano 18 febbraio 1955 (richiamata in
motivazione), id., 1955, I, 730, con nota favorevole di An
dkioli, Piani di ricostruzione e diritti dei conduttori ; e 19 aprile 1955, id., Rep. 1955, voce Piano regolatore, n. 43 ; queste due sentenze sono, inoltre, annotate criticamente in Temi, 1955, 276 da Pinotti, Intorno all'art. 20 della legge urbanistica.
Pret. Imola 4 febbraio 1957, retro, 494, con ampia nota
di richiami, ha riconosciuto causa di risoluzione per im
possibilità sopravvenuta nei confronti del conduttore, con pre valenza anche nel diritto alla proroga legale, il piano regola tore, regolarmente approvato, che preveda la demolizione di un immobile di proprietà del comune.
Nello stesso senso (anche nei rapporti fra privato proprie tario e conduttore), Trib. Milano 26 gennaio 1956, Foro it., Rep. 1956, voce Piano regolatore, nn. 175-177.
La risolubilità della locazione per espropriazione dell'im mobile locato "è affermata da Trib. Napoli 20 marzo 1954, id., Rsp. 1955, voce Espropriazione per p. i., n. 79.
V. pure l'ampio studio di Bossi, La risolubilità delle loca zioni di immobili urbani colpiti da espropriazione per pubblica utilità, in Foro padano, 1957, ITI, 97.
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1545 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1646
gani rappresentativi, e conformemente a legge (art. 36, ca
pov.), affinchè l'obbligazione validamente e legittimamente assunta verso l'ente pubblico possa essere adempiuta.
Ove si pensasse diversamente, la costituzione del con
sorzio risulterebbe inutile e quel soggetto, che è l'unico a
potersi validamente impegnare verso il comune, allorché
la zona appartenga a diversi proprietari, vedrebbe paraliz zato l'adempimento della sua obbligazione dalla eventuale
contraria volontà del singolo consorziato (non direttamente
obbligato), restio o tardo ad iniziare l'azione di risoluzione
e di rilascio verso i propri conduttori.
Qui puntualmente ricorrono le prescritte condizioni :
ossia l'invito del Comune ai sensi del più volte ricordato
art. 4, la regolare costituzione del Consorzio, la convenzione
col Comune, l'attribuzione al Presidente del Consorzio, da
parte dell'assemblea, del potere di agire in giudizio. Non
vi è perciò luogo a dubitare della legittimazione attiva.
Circa la pretesa, decadenza dal potere d'azione per la
inosservanza del termine di due mesi (16 giugno-16 agosto
1956) di cui al punto I della convenzione 16 giugno 1956
tra il Comune di Novara ed il Consorzio attore, il Collegio rileva che, comunque stiano i fatti (che sia, cioè, vero o
meno che il Comune abbia prorogato al 15 novembre 1956
il termine per iniziare le azioni da parte del Consorzio con
tro gli occupanti degli immobili del relativo comparto edi
ficatorio ; se il potere di proroga fosse della Giunta o del
Consiglio comunale ; se tale proroga possa essere provata dal certificato del Sindaco dato in visione all'udienza di
spedizione), e senza neppure prendere in considerazione gli altri profili relativi alla tardività della produzione ed alla
tardività dell'eccezione, è decisiva ed assorbente l'osserva
zione che, non trattandosi di decadenza rilevabile ex of
ficio (art. 2969 cod. civ.), l'unico legittimato ad eventual
mente farla valere era il Comune di Novara, nel cui interesse
detto termine era stato posto, e non già gli attuali conve
nuti che, dall'inosservanza di detto termine, hanno tratto
solo giovamento. Nel merito la domanda va accolta, posto che l'impos
sibilità sopravvenuta nell'ipotesi di cui all'art. 1256 cod.
civ., estintiva dell'obbligazione, è configurabile, come è pa
cifico, non soltanto nel caso in cui l'impossibilità incida
materialmente sulla prestazione dovuta (ipotesi àeìl'inte
ritus rei, che è la più ovvia), ma anche quando si tratti di
impossibilità giuridica (espropriazione, requisizione, ecc.), e sia totale e definitiva e non imputabile al debitore.
Qui solo apparentemente la causa dell'impossibilità sembra diversa da quelle normalmente ricorrenti, ma in so
stanza e per i suoi effetti essa è assimilabile all'espropria zione. Invero, l'art. 4 r. decreto legge 14 luglio 1937 (conver tito in legge 3 febbraio 1938 n. 145) dispone esplicitamente :
« Prima di procedere all'espropriazione dei beni occorrenti
per l'attuazione del piano, il Comune deve farne notifica
ai rispettivi proprietari e contemporaneamente invitarli a
dichiarare, entro un termine fissato, se o meno intendano
essi stessi addivenire alla edificazione o ricostruzione sulla
loro proprietà, singolarmente, se proprietari della intera
zona, o riuniti in consorzio, secondo le norme estetiche ed
edilizie che il Comune stabilirà in relazione ai vincoli del
piano ». Tale norma è pure confermata nell'art. 23 legge 17 agosto 1942 n. 1150 (legge che regola in genere l'assetto
e l'incremento edilizio dei centri abitati : art. 1) dove viene
esplicitamente stabilito che « Formato il comparto, il sin
daco deve invitare i proprietari a dichiarare entro un ter
mine fissato nell'atto di notifica, se intendono procedere da soli, se proprietari dell'intero comparto, o riuniti in
consorzio, alla edificazione dell'area ed alle trasformazioni
degli immobili ». Perfettamente legittimo fu pertanto l'atto del Sindaco
di Novara, col quale vennero invitati i proprietari degli stabili interessati ad assumere formale ed irretrattabile
obbligazione di procedere in consorzio « alla demolizione
di tutti gli stabili di loro rispettiva pertinenza ed alla suc
cessiva ricostruzione di nuovi edifici ».
I proprietari interessati provvidero, perciò, alla costi
tuzione del Consorzio, assumendo i correlativi obblighi
verso l'Amministrazione comunale di Novara, la quale, con
deliberazione 13 marzo 1956 n. 1345, accettava tale di
chiarazione del Consorzio, e successivamente si provve deva alla stipulazione della convenzione 16 giugno 1956
(doc. n. 5) tra il Comune di Novara ed il Consorzio stesso.
Con tale convenzione il Consorzio ha assunto l'obbligo di iniziare le opportune azioni giudiziarie per ottenere il
totale sgombero e rilascio di tutti gli stabili di pertinenza del Consorzio stesso (punto I) ; quello di demolire comple tamente a propria cura e spese tutti gli stabili stessi (punto II), e quello di ricostruire altro edificio secondo certe tas
sative prescrizioni (punto III) : il tutto entro termini de
terminati.
Va qui aggiunto che già per l'art. 1 del citato r. decreto
legge 14 luglio 1937 n. 1824 il piano generale di massima
regolatore edilizio e di ampliamento della Città di Novara
è stato dichiarato di pubblica utilità e, comunque, a norma
della legge generale urbanistica (art. 16, 4° comma), l'ap
provazione dei piani particolareggiati equivale a dichia
razione di pubblica utilità delle opere in essi previste. Dal che consegue che, essendo stato il piano particolareg
giato, relativo alla zona che interessa il Consorzio attore,
approvato con decreto pres. 8 ottobre 1955 n. 1469, detta
approvazione comporta la dichiarazione di pubblica utilità
riguardo alle opere di demolizione previste nel piano parti
colareggiato medesimo e per le quali il Consorzio ha as
sunto obbligo di esecuzione.
Nè il Consorzio poteva altrimenti comportarsi, perchè delle due l'una : o subire l'espropriazione degli stabili o pro cedere all'esecuzione delle opere previste.
Ciò posto, dal principio che nella locazione l'oggetto della prestazione è una cosa determinata discende inconte
stabilmente l'impossibilità della prestazione da parte dei
proprietari locatori, perchè evidentemente non è possibile che gli stessi continuino a concedere in locazione quei me
desimi stabili che, per factum principia, devono essere ab
battuti. Ond'è che il conflitto tra l'obbligo che al proprie tario incombe nei confronti del conduttore e l'altro imposto nel piano di ricostruzione viene risolto a favore di questo ultimo in considerazione del suo carattere pubblico, per modo che l'adempimento cui il proprietario addiviene, a
seguito dell'invito del Comune, estingue ogni obbligo verso
il conduttore, alla stessa guisa ed in non diversa misura
del provvedimento ablativo, mediante il quale il Comune
procede all'espropriazione. In virtù di tali considerazioni, cadono le obiezioni dei
convenuti che fanno leva su una pretesa volontarietà del
l'adesione del Consorzio all'invito del Comune per un in
tento meramente speculativo dal primo perseguito, intento
di cui è difficile ravvisare l'esistenza alla luce delle norme
di legge che regolano tutta la materia.
In proposito esattamente si è pronunziata la Corte di
appello di Milano nella sentenza citata dall'attore, osser
vando, in una fattispecie analoga, che l'impegno del con
sorzio, su invito del comune, non nasce da un accordo di
volontà di due soggetti che, posti su uno stesso piano, cerchino di tutelare i rispettivi interessi privatistici, ma
deriva dall'adesione di uno dei soggetti alle pretese del
comune, pretese che hanno a base il pubblico interesse ed
il mezzo drastico e risolutivo dell'espropriazione. E vano è l'ulteriore assunto dei convenuti, secondo cui
il conflitto tra il diritto di esproprio competente al Comune
(o il suo equipollente rappresentato dalla coatta adesione
dei proprietari locatori all'obbligo di demolizione e ricostru
zione) ed il diritto alla proroga debba essere risolto a fa
vore di questo secondo, giacché in contrario è agevole os
servare che l'applicazione della legge vincolistica, con gli istituti che le sono propri, non esclude l'applicazione degli altri istituti giuridici (nella specie : impossibilità soprav venuta per factum principis) e, comunque, un diritto alla
proroga è concepibile solo in relazione ad una cosa deter
minata di cui non debba venir meno la stessa esistenza.
Nè è, infine, invocabile l'applicazione analogica del
l'art. 10, n. 2, legge 23 maggio 1950 n. 253, perchè, a tacer
d'altro, l'ipotesi di cui a detta norma prevede la volontà
del proprietario che liberamente si dirige all'esecuzione di
nuove costruzioni di un numero doppio di vani, mentre
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1547 PARTE PRIMA 1548
quella per cui è lite, in funzione di un obbligo ineliminabile
di legge, è equiparabile nei suoi effetti ad un provvedi mento di totale esproprio.
Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI VALLO DELLA LUCANIA.
Sentenza 12 marzo 1958 ; Pres. Randaccio, Est. Pannella ; Landolfi (Avv. Scarpa de Masellis) c. Tesauro (Avv.
Bianco).
Procedimento in materia civile — Morte del rap
presentante volontario — Interruzione del processo — Esclusione (Cod. proo. civ., art. 77, 299, 300).
La marte del rappresentante volontario della parte non costi
tuisce causa di interruzione del processo. (1)
(1) Nello stesso senso, in giurisprudenza, Cass. 15 gennaio 1954, n. 60, Foro it., Rip. 1954, voce Procedimento civ., n. 415 ;
App. Bari 29 luglio 1932, id., Rep. 1932, voce cit., n. 140 ; in
dottrina Andrioli, Commento, II3, pag. 314.
Molto più frequenti le pronunce giurisprudenziali sul pro blema affine, concernente la c. d. rappresentanza organica. La giurisprudenza più recente ritiene che la morte o la soprav venuta incapacità della persona fisica che riveste la qualità di
organo della persona giuridica, come pure la cessazione di tale
qualità (soprattutto con riferimento alla messa in liquidazione delle società commerciali), non costituiscano causa di interru
zione del processo : cfr. App. Venezia 5 dicembre 1956, Foro it.,
Rsp. 1957, voce cit., n. 390 ; App. Milano 21 ottobre 1955 e
Trib. Milano 12 gennaio 1956, id., Rsp. 1956, voce cit., nn. 490
492 ; Cass. 15 giugno 1954, n. 2022, id., Rep. 1954, voce cit., n. 416 (con enunciazione generalissima) ; App. Milano 16 gennaio 1953 e Trib. Milano 26 marzo 1953, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 334, 335 ; Trib. Asti 30 aprile 1952, id., Rep. 1952, voce
cit., n. 325 ; App. Roma 14 ottobre 1950, id., Rep. 1951, voce cit., n. 331 (annotata da Jaquinto, in tìiur. it., 1951, I, 2, 375) ; App. Genova 15 gennaio 1946, Foro it., Rep. 1947, voce cit., nn. 186, 187 ; App. Milano 7 giugno 1946, id., Rep. 1946, voce cit., n. 144
(con riferimento a un ente pubblico) ; Cass. 10 maggio 1942, n. 1224, id., Rsp. 1942, voce cit., n. 46 ; e inoltre App. Bologna 29 aprile 1935, id., Rep. 1935, voce cit., n. 188 ; Trib. Milano
27 gennaio 1934, id., Rep. 1934, voce cit., nn. 196, 197 ; App. Firenze 10 gennaio 1933, id., Rep. 1933, voce cit., nn. 139, 140 ; Cass. 27 luglio 1931, n. 3156, id., Rep. 1931, voce cit., n. 144
(non è però chiaro dalla massima se il « rappresentante dell'ente », che cessava dalla sua qualità, fosse propriamente un organo o
fosse piuttosto un vero rappresentante) ; App. Milano 16 maggio 1930, id., Rep. 1930, voce cit., n. 122 ; App. Firenze 10 febbraio
1925, id., Rep. 1925, voce cit., n. 96 ; Cass. 13 maggio 1924,
id., Rep. 1924, voce cit., n. 68 (qui l'organo cessante era il com
missario governativo presso un comune). In senso contrario :
Trib. Genova 26 marzo 1957, id., Rsp. 1957, voce cit., n. 391 ;
App. Napoli 7 marzo 1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 445 ;
App. Firenze 12 settembre 1953, id., Rep. 1954, voce cit., n. 412 ;
App. Milano 28 dicembre 1951, id., Rep. 1952, voce cit., n. 324
(sopravvenuta morte dell'amministratore di una società) ; App. Catania 2 giugno 1933, id., Rep. 1934, voce cit., n. 195 ; App. Trieste 24 gennaio 1933, id., Rep. 1933, voce cit., n. 141 (dove si parla di « modificazioni nella costituzione » di una società) ;
App. Milano 29 febbraio 1928, id., Rep. 1928, voce cit., n. 177 ;
App. Genova 4 febbraio 1927, id., Rep. 1927, voce cit., n. 78 ;
App. Milano 8 aprile 1927, ibid., n. 79 ; App. Genova 17 lu
glio 1925, id., Rep. 1926, voce cit., nn. 119, 120 ; Cass. 24 aprile 1925, n. 1221, id., Rep. 1925, voce cit., n. 83 ; App. Genova
2 dicembre 1924, ibid., n. 97 ; implicitamente Cass. Torino
14 febbraio 1922, id., 1922, I, 357 ; App. Milano 5 novembre 1920
e 28 febbraio 1921, id., 1921, I, 119 e 758 ; App. Firenze 12 lu
glio 1919, id., 1920, I, 80.
La sentenza qui riprodotta- ha creduto utile soggiungere che, se il rappresentante morto (o cessato : in entrambi i casi defunc
tus) in corso di causa non viene sostituito, la decisione va diret
tamente intestata alla parte ; se invece la sostituzione ha luogo, l'intestazione della pronuncia dev'essere al nome del nuovo rap
presentante (nella specie il rappresentante defunto era comune
a più persone, e alcune ne avevano nominato uno nuovo, che
continuasse per loro il giudizio, altre no). Ma la proposizione è superflua nella prima parte, errata
Il Tribunale, eoo. — Prima di esaminare il merito della
lite, che, sia detto in anticipo, non presenta difficoltà di
ordine tecnico-giuridico dopo gli elaborati risultati della
precisa consulenza tecnica, è opportuno far cenno di una
questione rilevabile di ufficio.
La causa venne proposta da Luigi Volpe, rappresentato, in virtù di mandato con rappresentanza, da Landolfi
Luigi, contro Tesauro Michele. Nelle more del giudizio intervennero volontariamente in causa : Giuseppe e Romolo
Volpe fu Ignazio ; Rosina, Chiara, Giuseppina, Ignazio, Vincenzo ed Arturo Volpe fu Giovanni ; Vincenzo Volpe fu Vincenzo e Luigi Volpe fu Amleto, tutti rappresentati dallo stesso Landolfi Luigi, in virtù di mandato con rap
presentanza del 27 giugno 1952.
Dopo la morte di Landolfi Luigi, i congiunti : Luigi,
Giuseppe e Romolo Volpe fu Ignazio; Rosina, Roberto,
Clara, Giuseppina, Vincenzo ed Arturo fu Giovanni; Luigi fu Amleto, conferirono la loro rappresentanza in giudizio a Pecora Carmela che, a sua volta costituitasi, nominò
procuratore ad litem, lo stesso avv. Scarpa de Masellis, in
precedenza nominato da Landolfi Luigi. Ebbene, dal confronto tra le parti costituitesi, prima,
per mezzo del rappresentante Landolfi Luigi e, dopo, per mezzo della rappresentante Pecora Carmela, si nota la
seguente differenza : nella seconda costituzione figura una
nuova parte : Roberto Volpe fu Giovanni, mentre mancano
le parti : Ignazio Volpe fu Giovanni e Vincenzo Volpe fu
Vincenzo.
Ordunque, il fatto che un nuovo soggetto si sia costi
tuito con intervento ad adiuvandwm per sostenere le ragioni dell'attore, e ciò in forza della sua qualità di contitolare
del fondo di cui si tratta, non presenta difficoltà alcuna,
dovendosi ritenere il suo ingresso in lite pienamente am
missibile. Il fatto, invece, che due altri soggetti, preceden temente costituitisi per mezzo di rappresentante volon
tario, dopo la morte di lui dichiarata all'udienza, non ab
biano nominato un nuovo rappresentante può far sorgere il dubbio se debba darsi luogo alla prosecuzione del processo
oppure debba ritenersi interrotto il processo medesimo
in conseguenza della morte del loro rappresentante. Il dubbio, va subito detto, non ha ragione di sussistere,
ove si ponga mente alla natura ed agli effetti che derivano
dall'istituto giuridico della rappresentanza (art. 1388 c.od.
civ.) in una all'istituto processuale della interruzione
(art. 299 e 300 cod. proc. civ.). Infatti, la rappresentanza si enuclea nel potere confe
rito al rappresentante di concludere un negozio giuridico che produca effetti nei confronti direttamente del rappre sentato, di guisa che l'atto giuridico posto in essere dal
rappresentante vincola immediatamente il rappresentato, come se egli lo avesse direttamente concluso. Le condizioni
che il legislatore impone per il verificarsi di tali effetti
possono così enunciarsi : 1) esistenza del potere di rappre sentanza ed esercizio delle facoltà conferite entro i limiti
già predeterminati ; 2) spendita del nome del rappresen tato (contemplano domini), il che importa l'agire non solo
per conto, ma altresì in nome di lui. Non è richiesto, e su tale affermazione sono costanti e concordi dottrina e giu
risprudenza, che il rappresentante porti ad immediata
conoscenza del rappresentato il negozio concluso. Alla stregua delle su cennate considerazioni, deve de
nella seconda. Quando agisce o è convenuto il rappresentante, la sentenza va in ogni caso intestata al rappresentato, del quale non solo si fanno valere in giudizio i diritti, ma si spende il nome : il rappresentante, a differenza dal sostituto, che fa valere « in nome proprio un diritto altrui » (art. 81), perchè portatore di un interesse autonomo, seppure dipendente da quello del sostituito, agisce o resiste in giudizio in nome del rappresentante, fa cioè valere « in nome altrui un diritto altrui ». Ed è questo che giustifica la diretta e costante efficacia della decisione per il rappresen tato, diversamente, anche in ciò, da quel che avviene nel fenomeno della sostituzione processuale, dove tale efficacia non è costante, e dove varia ne è, secondo i casi, la giustificazione.
A. h.
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