sentenza 19 gennaio 1988, n. 6 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 27 gennaio 1988, n. 4);Pres. Saja, Est. Pescatore; Conte ed altri c. Cassa mutua malattia dirigenti Enel ed altri; Contec. Cassa mutua malattia Sip; Muratori ed altri c. Enpas ed altri; Ciccarone c. Min. tesoro; DiBello c. Min. tesoro; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Bari 13 settembre 1985 (G.U., 1 as.s., n. 10 del 1986) e 2 dicembre 1985 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 61/62-65/66Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183719 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
rimento o della sottrazione del titolo. Da questo punto di vista
la questione sarebbe male impostata, e quindi inammissibile.
Ma nemmeno tale eccezione appare plausibile. Come si è det
to, la disciplina della commutazione dei debiti dello Stato secon
do la 1. n. 1575 del 1962 è integrata dalle norme del codice postale
(r.d. n. 645 del 1936, vigente all'epoca di emanazione della legge,
poi sostituito dal d.p.r. n. 156 del 1973), concernenti la responsa bilità dell'amministrazione per la perdita della lettera raccoman
data con cui il vaglia cambiario è stato spedito al creditore. Perciò
la questione di costituzionalità, in riferimento all'art. 3 Cost., è stata posta correttamente dai giudici remittenti con riguardo non alle norme che prevedono la commutazione e impongono all'amministrazione delle poste un servizio di raccomandate in
favore delle tesorerie di Stato ai fini della trasmissione dei vaglia cambiari agli aventi diritto, ma appunto alle norme del codice
postale nella parte in cui mantengono il privilegio di irresponsa bilità per danni dell'amministrazione anche quando essa è chia
mata dalla legge al detto servizio.
6. - Le questioni di costituzionalità in riferimento agli art. 28
e 113 Cost, rimangono assorbite.
7. - Le ordinanze del Tribunale di Roma indicate in epigrafe sub b) hanno sollevato anche la questione di costituzionalità, in
/ riferimento agli art. 3, 24 e 113 Cost., degli art. 20, 91 e 96,
lett. f), del codice postale, nella parte in cui, in caso di perdita di una corrispondenza raccomandata, subordinano l'azione giu diziaria contro l'amministrazione postale alla previa presentazio ne di un reclamo in via amministrativa entro il termine decadenziale
di sei mesi dalla data di impostazione: reclamo di cui l'ammini
strazione ha eccepito la mancata tempestiva presentazione da parte
della Banca d'Italia.
La questione, nella specie, è irrilevante, e pertanto va dichiara
ta inammissibile. Invero le norme impugnate si riferiscono all'a
zione giudiziaria esercitata in via principale dal mittente contro
l'amministrazione, mentre nei due casi in esame l'azione princi
pale è esercitata, contro il mittente (Banca d'Italia), dal destina
tario dei vaglia cambiari, il quale pretende che il pagamento sia
ripetuto a sue mani. Nel processo l'amministrazione è stata chia
mata in garanzia, su istanza della banca, la quale intende eserci
tare nel medesimo processo l'azione di regresso (o rivalsa) per
l'eventualità che sia accolta la domanda principale (art. 106 c.p.c.). A questa azione, la quale trova ingresso in conseguenza della di
chiarazione di illegittimità costituzionale delle norme del codice
postale che la escludono, la condizione di procedibilità prevista
dagli art. 20, 91 e 96, lett. f), del codice postale non è evidente
mente applicabile, trattandosi di un'azione che accede a una cau
sa principale promossa contro il mittente da un terzo il cui diritto
di agire non è soggetto alla detta condizione.
Per la ragione svolta nel numero precedente risulta assorbita
l'eccezione di inammissibilità opposta dall'avvocatura dello Stato
nel giudizio promosso dall'ordinanza indicata in epigrafe sub a)\
poiché l'azione di rivalsa della banca non è soggetta alla condi
zione del previo tempestivo reclamo in via amministrativa, non
ha rilevanza il fatto che il giudice a quo abbia omesso di accerta
re se tale condizione sia stata o no osservata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità
costituzionale degli art. 6, 28, 48 e 93 d.p.r. 29 marzo 1973 n.
156 («testo unico delle disposizioni legislative in materia postale,
di bancoposta e di telecomunicazioni»), nella parte in cui dispon
gono che l'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni
non è tenuta al risarcimento dei danni, oltre all'indennità di cui
all'art. 28, in caso di perdita o manomissione di raccomandate
con le quali siano stati spediti vaglia cambiari emessi in commu
tazione di debiti dello Stato; dichiara inammissibile la questione
di legittimità costituzionale degli art. 20, 91 e 96, lett. f), d.p.r.
29 marzo 1973 n. 156, sollevata, in riferimento agli art. 3, 24
e 113 Cost., dal Tribunale di Roma con le ordinanze indicate
in epigrafe sub b).
Il Foro Italiano — 1989.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 gennaio 1988, n. 6
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 gennaio 1988, n. 4); Pres. Saja, Est. Pescatore; Conte ed altri c. Cassa mutua
malattia dirigenti Enel ed altri; Conte c. Cassa mutua malattia
Sip; Muratori ed altri c. Enpas ed altri; Ciccarone c. Min. teso
ro; Di Bello c. Min. tesoro; interv. Pres. cons, ministri. Ord.
Pret. Bari 13 settembre 1985 (G.U., la s.s., n. 10 del 1986) e 2 dicembre 1985 (G.U., la s.s., n. 15 del 1986); Pret. Calta
nissetta 18 marzo 1986 (G.U., la s.s., n. 49 del 1986); Pret.
Roma 7 aprile 1986 (due) (G.U., la s.s., n. 51 del 1986 e n.
14 del 1987).
Sanitario — Medici convenzionati — Corrispettivi — Blocco del
le tariffe — Legge di interpretazione autentica — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 101, 104; d. 1. 8 luglio 1974 n. 264, norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutua
listici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della
spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria, art. 8; 1.
17 agosto 1974 n. 386, conversione in legge, con modificazioni,
del d.l. 8 luglio 1974 n. 264; 1. 29 giugno 1977 n. 349, norme
transitorie per il trasferimento alle regioni delle funzioni già
esercitate dagli enti mutualistici e per la stipulazione delle con
venzioni uniche per il personale sanitario in relazione alla rifor
ma sanitaria, art. 11; d.l. 25 gennaio 1985 n. 8, ripiano dei
disavanzi di amministrazione delle unità sanitarie locali al 31
dicembre 1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie, art.
6; 1. 27 marzo 1985 n. 103, conversione in legge, con modifica
zioni, del d.l. 25 gennaio 1985 n. 8). Sanitario — Medici convenzionati — Blocco delle tariffe — Som
me percepite in buona fede — Irripetibilità — Questione infon
data di costituzionalità (Cost., art. 3; d.l. 25 gennaio 1985 n.
8, art. 6; 1. 27 marzo 1985 n. 103).
È infondata, perché trattasi di esercizio di potestà normativa da
parte del legislatore che non tocca la potestas iudicandi riserva
ta alla autorità giudiziaria, la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 6 d.l. 25 gennaio 1985 n. 8, convertito nella
l. 27 marzo 1985 n. 103, contenente interpretazione autentica
degli art. 11, 1° comma, l. 349/77 e 8, 6° comma, d.l. 264/74,
nella parte in cui dispone che ai sanitari convenzionati non spet
tano aumenti o adeguamenti sul corrispettivo risultante dalle
ultime convenzioni stipulate prima dell'entrata in vigore del d.l.
8 luglio 1974 n. 264, in riferimento agli art. 101 e 104, 1 ° com
ma, Cost. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6
d.l. 25 gennaio 1985 n. 8, convertito nella I. 27 marzo 1985
n. 103, nella parte in cui dispone la irripetibilità delle somme
già percepite dai sanitari convenzionati sulla base di interpreta
zioni diverse della normativa previgente, in riferimento all'art.
3 Cost. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 11 otto
bre 1988, n. 5471; Pres. Bile, Est. Tondo, P.M. Grossi (conci,
conf.); Min. tesoro (Aw. dello Stato La Porta) c. De Liso
(Aw. Tucci). Cassa Trib. Bari 10 marzo 1983.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Medici con
venzionati — Controversie — Competenza del giudice del lavo
ro (Cod. civ., art. 2230, 2232; cod. proc. civ., art. 409; 1. 23
dicembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario naziona
le, art. 48). Sanitario — Medici convenzionati — Blocco delle tariffe — Vali
dità (D.l. 8 luglio 1974 n. 264, art. 8; 1. 17 agosto 1974 n.
386; 1. 29 giugno 1977 n. 349, art. 11; d.l. 25 gennaio 1985 n. 8, art. 6; 1. 27 marzo 1985 n. 103).
(1-2, 4) La Corte costituzionale sancisce (e la Cassazione conferma)
la legittimità della comune interpretazione delle norme sul blocco delle
tariffe dei sanitari convenzionati che il legislatore aveva codificato in nor
ma di interpretazione autentica: sul merito della questione, v. la nota
di richiami a Pret. Bari 2 dicembre 1985, Foro it., 1988, I, 1341; sulla
insussistenza di contrasti con principi costituzionali degli interventi di «inter
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PARTE PRIMA
Spetta al pretore del lavoro la competenza a decidere sulle con
troversie relative al rapporto di lavoro (da qualificare parasu
bordinato) dei medici convenzionati esterni con i soppressi enti
mutualistici (ed ora con le unità sanitarie locali). (3) È legittimo ed operante ab origine il blocco delle tariffe dei medi
ci convenzionati disposto dagli art. 11, 1° comma, l. 29 giugno 1977 n. 349 e 8, 6° comma, d.l. 8 luglio 1974 n. 264, converti
to, con modificazioni, nella l. 17 agosto 1974 n. 386, cosi come
interpretati dall'art. 6 l. 27 marzo 1985 n. 103. (4)
1
Diritto. — 3. - Può disporsi la riunione dei giudizi per la mani festa identità del loro oggetto e per l'evidente connessione dei
loro temi.
Le censure di incostituzionalità sono rivolte all'art. 6 d.l. 25
gennaio 1985 n. 8, convertito nella 1. 27 marzo 1985 n. 103, che
interpreta autenticamente gli art. 11, 1° comma, 1. 29 giugno 1977
n. 349, e 8, 6° comma, d.l. 8 luglio 1974 n. 264 (convertito con
modificazioni nella 1. 17 agosto 1974 n. 386), disposizioni concer
nenti il blocco delle tariffe dei medici convenzionati con i sop
pressi enti mutualistici in attesa delle convenzioni nazionali uniche,
contemplate dalla 1. n. 349 del 1977 cit.
4. - Il primo gruppo di censure (ord. 13 settembre e 2 dicembre
1985 del Pretore di Bari Foro it., Rep. 1986, voce Sanitario, n.
210, e id., 1988, I, 1341) investe l'art. 6 1. n. 103 del 1985, assu
mendo che esso invade il «campo specifico delle attribuzioni del
l'autorità giudiziaria, sostituendosi alla stessa nel compito di
interpretare le leggi», in contrasto con gli art. 101 e 104, 1° com
ma, Cost.
Osserva la corte che la formulazione della norma, secondo la
quale i precetti, ai quali fa riferimento l'art. 6 cit., «vanno intesi
nel senso...», ne svela l'intento di descrivere il contenuto di essi.
Tali precetti, mentre avevano ricevuto una interpretazione univo
ca dalla giurisprudenza della Cassazione, trovavano ancora non
concordi alcuni giudici di merito.
È agevole dunque ricostruire la ratio dell'art. 6 cit. nella finali
tà di por fine alle «diverse interpretazioni delle disposizioni sopra
indicate», come si enuncia espressamente nella parte finale della
norma.
5. - Le ordinanze descrivono un ampio arco di illegittimità del
precetto, in quanto contestano, nel suo complesso, la legge inter
pretativa, configurata come sovrapposizione indebita ed «espres sione della tendenza del parlamento ad invadere il campo specifico delle attribuzioni dell'autorità giudiziaria, sostituendosi ad essa
nel compito di interpretare le leggi». È da rilevare che la facoltà del legislatore di porre una «data»
interpretazione è espressione indubbia della potestà normativa ad
esso spettante e, come tale, sottoposta alle limitazioni previste dalla Costituzione; il suo esercizio non può considerarsi, di per
sé, lesivo della sfera riservata al potere giudiziario. L'indicazione
di un dato significato della norma incide sul precetto, alla strut
tura del quale concorre la legge interpretativa. La disposizione, cosi definita, costituisce la materia dell'esame devoluto all'autori
tà giudiziaria (cfr. Corte cost. 8 luglio 1957, n. 118, id., 1957,
I, 1133) e non è ipotizzabile una riserva dell'interpretazione del
giudice che possa precludere l'autodefinizione operata dal legi slatore.
L'attribuzione per legge di un dato significato ad una norma
non tocca la potestas iudicandi, ma definisce e delimita la fatti
specie normativa — che è oggetto di tale potestas — cosi come
risulta dal precetto integrato (cfr. Corte cost. 23 marzo 1983, n. 70, id., 1983, I, 1527).
Non è fondato, quindi, il profilo della censura di costituziona
lità, che deduce il contrasto della norma interpretativa, posta dal
l'art. 6 1. n. 103, con l'interpretazione generalmente data dai giudici
pretazione autentica» da parte del legislatore, v. la nota di R. Tarchi, Le leggi interpretative come strumento di dialogo (o di bisticcio?) fra parlamento e giudici, ibid., 1343.
Le altre ordinanze di rimessione sono: Pret. Bari 13 settembre 1985, id., Rep. 1986, voce Sanitario, n. 210; Pret. Caltanissetta 18 marzo 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 144; Pret. Roma 7 aprile 1986, ibid., n. 145.
(3) Giurisprudenza costante; per ogni riferimento, v. Cass. 24 giugno 1987, n. 5522 ed altre, Foro it., 1987, 1, 2712, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1989.
di merito, anche perché, come si è rilevato, erano già intervenute
ripetute pronunce della Corte di cassazione ed ai principi da que
sta fissati, e disattesi da taluni giudici di merito, si era conforma
to il legislatore, ponendo la norma censurata.
È, quindi, da respingere l'affermata violazione degli art. 101
e 104, 1° comma, Cost., dedotta dalle suindicate ordinanze del
Pretore di Bari, che coinvolge la lesione delle prerogative del po
tere giudiziario. 6. - Né hanno, del pari, fondamento le censure mosse all'art.
6 1. n. 103 del 1985 cit. dai Pretori di Caltanissetta (ord. 18 mar
zo 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 144) e di Roma (ord. 7
aprile 1986, ibid., n. 145). Questi giudici hanno sospettato di incostituzionalità la norma,
con riferimento all'art. 3 Cost., in quanto essa dispone la irripeti bilità dei maggiori compensi corrisposti ai medici mutualisti ri
spetto a quelli consentiti dall'art. 6 cit.
Relativamente alle ordinanze del Pretore di Roma, l'avvocatu
ra generale dello Stato ha sollevato eccezione di inammissibilità,
in quanto la norma denunciata non sarebbe quella interpretativa, ma l'altra che dispone la irripetibilità dei compensi riscossi.
Donde l'irrilevanza della questione di incostituzionalità nei giu dizi a quibus.
L'eccezione di inammissibilità non è fondata. Le ordinanze trac
ciano l'evoluzione della normativa in materia e toccano gli ele
menti della vicenda nella loro globalità, anche se in un passo della motivazione danno particolare rilievo alla indicata parte fi
nale dell'art. 6, che sancisce l'irripetibilità. Il dispositivo delle ordinanze propone la questione di legittimi
tà costituzionale dell'intero art. 6, con riferimento all'art. 3 Cost,
e l'assunta differenza di trattamento determinata dall'irripetibili tà è proprio in connessione con tale ampia censura.
7. - Quanto al merito, osserva la corte che, secondo lè ordinan
ze, la violazione dell'art. 3 Cost, sarebbe prodotta dal meccani
smo dell'art. 6 1. n. 103 del 1985, che verrebe a determinare un
vantaggio ingiusticato a favore dei beneficiari e, correlativamen
te, un danno per coloro che, a causa di un fatto meramente ca
suale, come quello della non ancora avvenuta corresponsione di
detti maggiori compensi (dichiaratamente non dovuti in base alla
legge interpretativa) vengono ad essere privati del diritto a tali
emolumenti.
Va osservato al riguardo che la differenziazione, che cosi si
determina, è dovuta all'applicazione del principio della irripetibi lità delle somme percepite in buona fede dagli interessati. Tale
principio, ha ricevuto significativa applicazione della giurispru denza amministrativa proprio in materia di retribuzione.
La differenziazione, lamentata nelle presenti vicende, appare
poi sicuramente connessa al decorso del tempo, nel quale, per iniziativa della pubblica amministrazione o in esecuzione di pro nunce giudiziarie, erano stati corrisposti gli emolumenti maggiorati.
Secondo la giurisprudenza di questa corte, gli eventi sui quali incide il fluire del tempo sono caratterizzati da peculiarità, che
li diversificano da situazioni analoghe, oggetto di comparazione
(cfr. sent. 22 febbraio 1984, n. 38, id., 1984, I, 916; 11 dicembre
1985, n. 322, id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato, n. 868,
relativa, quest'ultima, alla irrilevanza, come elemento di dispari tà di trattamento, della «demarcazione temporale» posta da una
norma di legge). E occorre soggiungere che, nella fattispecie, il tertium compa
rationis è costituito dalla norma speciale, che consente il tratta
mento più favorevole, rispetto a quello posto dalla disciplina
generale dei compensi professionali in questione. È insegnamento consolidato di questa corte che la disciplina particolare non può costituire parametro utile ai fini di stabilire la dedotta disparità di trattamento posta dalla norma di carattere generale (cfr. sent.
10 marzo 1983, n. 46, id., 1983, I, 2096). Non sussiste, dunque, violazione dell'art. 3 Cost.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi indi
cati in epigrafe, dichiara non fondate: le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6 d.l. 25 gennaio 1985 n. 8 («ripiano dei
disavanzi di amministrazione delle unità sanitarie locali al 31 di
cembre 1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie») con
vertito nella 1. 27 marzo 1985 n. 103 sollevate, in riferimento
agli art. 101 e 104, 1° comma, Cost., dal Pretore di Bari con
le ordinanze 13 settembre 1985 (r.o. n. 811 del 1985) e 2 dicem
bre 1985 (r.o. n. 64 del 1986); le questioni di legittimità costitu
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
zionale della stessa norma sollevate, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Pretore di Caltanissetta con l'ordinanza 18 marzo 1986 (r.o. n. 542 del 1986) e dal Pretore di Roma con le ordinanze 7 aprile 1986 (r.o. n. 598 del 1986 e n. 94 del 1987).
II
Motivi della decisione. — (Omissis). Il primo motivo del ricor so è infondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema cor
te, il rapporto fra medici convenzionati esterni con i soppressi enti mutualistici (ed ora con le unità sanitarie locali) esula dal
l'ambito del pubblico impiego, difettando il requisito della su
bordinazione, e costituisce un rapporto di prestazione d'opera
professionale, sia pure con i connotati della collaborazione conti
nuativa e coordinata (art. 409, n. 3, c.p.c.), con la conseguenza che le controversie ad esso rapporto relative spettano alla cogni zione del giudice ordinario (v. sent. 1152/82, Foro it., 1984, I,
566; 2570/84, id., Rep. 1984, voce Sanitario, n. 15; 2955/84, id., Rep. 1985, voce cit., n. 44; 4787/85, ibid., n. 45; 4966/85, ibid., n. 48; 6094/85, id., 1986, I, 955; 1798/86, id., Rep. 1986, voce cit., n. 221; 1856/86, ibid., n. 241; 5517/87, id., Rep. 1987, voce Lavoro e previdenza (controversie), nn. 56, 270).
Parimenti infondato è il secondo motivo, perché è altrettanto
fermo principio quello che l'anzidetto rapporto, allorché presenti i cennati connotati di continuità e coordinamento, e cioè di per manenza nel tempo del relativo vincolo e di programmazione ne
goziale, nonché quello del carattere prevalentemente personale delle
prestazioni, rientra tra i rapporti di c.d. parasubordinazione con
templati dal cit. art. 409, n. 3, con la conseguenza che le pretese che in esso trovano titolo appartengono alla competenza del pre tore in funzione di giudice del lavoro (v. sent. 3559/82, id., Rep.
1982, voce cit., n. 99; 1176/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 100;
2481/83, ibid., n. 96; 2501/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 92; 5517/87, cit.).
Queste sezioni unite hanno già inoltre chiarito, con riferimento
al requisito del carattere «prevalentemente personale» della pre stazione d'opera (condizionante, anch'esso, l'applicabilità del ri
to del lavoro), che, vertendosi in materia di prestazione d'opera
professionale (art. 2230, 2232 c.c.), la prevalenza dell'anzidetto
carattere si deve presumere fino a prova contraria (v. sez. un.
n. 4909/84, ibid., n. 94). Il terzo motivo è, invece, per quanto di ragione, fondato (v.
sez. un. 5519/87, id., 1987, I, 2712). L'art. 6 1. 27 marzo 1985 n. 103 ha infatti stabilito che gli
art. 11, 1° comma, 1. 29 giugno 1977 n. 349 e 8, 6° comma, d.l. 8 luglio 1974 n. 264, convertito con modificazioni in 1. 17
agosto 1974 n. 386, «vanno intesi nel senso che fino a quando siano diventate efficaci le nuove tariffe previste dalle convenzioni
nazionali uniche contemplate dalla 1. 29 giugno 1977 n. 349, ai
medici ...convenzionati ...sono dovuti corrispettivi in misura pari a quella risultante dall'ultima convenzione da ciascun ente stipu lata con le categorie professionali prima dell'entrata in vigore del
cit. d.l. 8 luglio 1974 n. 264, da intendersi prorogata fino alle
sopraindicate convenzioni nazionali uniche senza aumenti od ade
guamenti di alcun genere». Il carattere interpretativo della disposizione (la cui legittimità
costituzionale è stata di recente affermata dalla Corte costituzio
nale con sent. n. 6 del 19 gennaio 1988) è conclamato non soltan
to dalla inequivoca lettera della legge, ma soprattutto dalla
conformità dell'interpretazione, autenticamente recata, rispetto a
quella già adottata da un consolidato indirizzo di questa Supre ma corte. Era stato infatti costantemente ritenuto che il 6° com
ma dell'art. 8 d.l. n. 264 del 1974, nel testo modificato dalla
legge di conversione n. 386 del 1974, avesse attuato il blocco e
delle tariffe vigenti e del meccanismo di aggancio delle tariffe
stesse agli indici di svalutazione (senza nemmeno possibilità di
distinguere tra la parte concernente gli onorari e quella concer
nente le spese), e che tale blocco non fosse stato automaticamen
te caducato dall'entrata in vigore della 1. 29 giugno 1977 n. 349,
essendo stata l'abrogazione del cit. 6° comma dell'art. 8 d.l. n.
264 del 1974, stabilita dall'art. 11 di tale legge, subordinata al
sopravvenire delle nuove convenzioni, come confermato anche dal
tenore del 3° comma dell'art. 5 d.l. 30 dicembre 1979 n. 663,
nel testo di cui all'art. 1 della legge di conversione 29 febbraio
1980, n. 33, successivamente alla quale il d.p. 16 maggio 1980
Il Foro Italiano — 1989 — Parte 1-2.
ha approvato la convenzione del 22 febbraio 1980 (v. per tutte, sent. 3848/84, id., Rep. 1984, voce Sanitario, n. 39; 2497/84,
ibid., n. 51; 1052/84, ibid., n. 25; 3512/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 46; 3382/83, ibid., n. 78; 3649/81, id., 1981, I, 1513). (Omissis)
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 dicembre 1987, n. 614
0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 gennaio 1988, n. 1); Pres.
Saja, Est. Caianiello; Vaccari c. Comuife di Casalecchio di
Reno. Ord. Tar Emilia-Romagna 25 maggio 1983 (G.U. n. 187
del 1984)
Impiegato dello Stato e pubblico — Quote di aggiunta di fami
glia per prole minorenne — Diritto della moglie lavoratrice so
lo in caso di disoccupazione del marito — Incostituzionalità
(Cost., art. 3, 36; 1. 11 aprile 1950 n. 130, miglioramenti eco
nomici ai dipendenti statali, art. 4; 1. 8 aprile 1952 n. 212, revisione del trattamento economico dei dipendenti statali, art. 8)
È illegittimo, per violazione del principio di parità fra i coniugi desumibile dagli art. 3 e 36 Cost., l'art. 4, 4° comma, l. 11
aprile 1950 n. 130, modificato dall'art. 8 l. 8 aprile 1952 n.
212, nella parte in cui esclude che le quote di aggiunta di fami
glia per i figli a carico debbano essere corrisposte, in alternati
va, anche alla moglie lavoratrice alle stesse condizioni e con
gli stessi limiti previsti per il marito lavoratore. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 dicembre 1987, n. 613
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 gennaio 1988, n. 1); Pres.
Saja, Est. Caianiello; Caponi c. Inps. Ord. Tar Umbria 5
novembre 1980 (G.U. n. 19 del 1982).
Impiegato dello Stato e pubblico — Quote di aggiunta di fami
glia per coniuge a carico — Esclusione della corresponsione alla moglie lavoratrice — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 29; d.l. lgt. 21 novembre 1945 n. 722, provvedimenti economici
a favore dei dipendenti statali, art. 3).
È illegittimo, per violazione del principio di parità fra i coniugi discendente dagli art. 3 e 29 Cost., l'art. 3, 1° comma, d.l.
lgt. 21 novembre 1945 n. 722, nella parte in cui esclude che
le quote di aggiunta di famiglia per il coniuge a carico debbano
essere corrisposte anche alla moglie lavoratrice alle stesse con
dizioni previste per il marito lavoratore. (2)
I
Diritto. — 1. - Oggetto della questione di legittimità costituzio
nale è l'art. 4, 4° comma, 1. 11 aprile 1950 n. 130 («miglioramen
(1-2) Le decisioni completano il quadro della disciplina in materia di
attribuzione delle quote di aggiunta di famiglia, originariamente compor tante una sperequazione di trattamento fra moglie e marito, dapprima censurata dalla Corte costituzionale con le decisioni citate in motivazione
(sent. 7 aprile 1983, n. 83, Foro it., 1983, I, 1829, e 7 luglio 1980, n.
105, id., 1980, I, 2096, con note di richiami) e, poi, definitivamente supe rata dal legislatore con la nuova normativa introdotta dalla 1. 9 dicembre
1977 n. 903. Le ordinanze di rimessione sono: Tar Emilia Romagna 25 maggio -
5 novembre 1983, id., 1985, III, 138, con nota redazionale; Tar Umbria
5 novembre 1980 - 9 giugno 1981, n. 205, id., Rep. 1982, voce Impiegato dello Stato, n. 749.
Per altri utili riferimenti in tema di equiparazione dei coniugi nella
attribuzione di benefici stipendiali e previdenziali, v. Corte cost. 16 giu
gno 1988, n. 674, e 31 maggio 1988, n. 587, id., 1988, I, 3487 (sulla
pensione di riversibilità); 3 dicembre 1987, n. 443, ibid., 2067 (sulla in
dennità di carovita).
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