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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 22 dicembre 1988, n. 1128 (Gazzetta...

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sentenza 22 dicembre 1988, n. 1128 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 28 dicembre 1988, n. 52); Pres. Saja, Est. Borzellino; Martino (Avv. Pace) c. Università degli studi di Roma; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Tomello). Ord. Tar Lazio, sez. I, 9 aprile 1986 (G.U., 1 a s.s., n. 14 del 1988) Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 2709/2710-2711/2712 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184193 . Accessed: 28/06/2014 14:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:06:05 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 22 dicembre 1988, n. 1128 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 28 dicembre 1988, n.52); Pres. Saja, Est. Borzellino; Martino (Avv. Pace) c. Università degli studi di Roma; interv.Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Tomello). Ord. Tar Lazio, sez. I, 9 aprile 1986 (G.U., 1 as.s., n. 14 del 1988)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2709/2710-2711/2712Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184193 .

Accessed: 28/06/2014 14:06

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

to criminoso molto più lieve, quelli quelli di mera lottizzazione

negoziale abusiva, che non hanno comportato alcuna alterazione

al territorio stesso.

2. - La questione è infondata.

La differenziazione a livello penale delle due situazioni, delle

quali una soltanto prevede l'ammissibilità alla richiesta di sanato

ria mediante oblazione, si basa su una disparità di fatto, che non

è determinata dalla legge denunziata, la quale, invece, razional

mente si connette ai fini perseguiti. Infatti il legislatore, mosso dall'intento del recupero urbanisti

co, doveva tener conto soltanto delle opere già realizzate, a meno

di non espandere ancor più la già grave aggressione al territorio

del paese. Occorre precisare (il che al giudice a quo è sfuggito) che il

rilascio di concessione edilizia in sanatoria, per edifici compresi in una lottizzazione illegale, è subordinato alla sanatoria della

stessa lottizzazione, attraverso l'approvazione di una variante agli strumenti urbanistici, secondo il disposto degli art. 29 e 32, lett.

b, 1. 28 febbraio 1985 n. 47.

Ora, se lo stesso sistema fosse stato esteso alle lottizzazioni

frazionati non integra di per sé gli estremi del reato di lottizzazione abusi

va, costituendo il semplice risultato dell'incontro di due volontà distinte, aventi motivi e scopi diversi: Cass. 31 marzo 1983, Zavagnin, ibid., n. 635.

La giurisprudenza maggioritaria ha qualificato la lottizzazione abusiva come reato istantaneo o permanente, a seconda delle operazioni attraver so le quali l'unità fondiaria viene abusivamente impiegata. Cfr. Cass. 11 luglio 1984, Terenzio, id., Rep. 1987, voce cit., n. 622; 13 luglio 1984, Cava, id., Rep. 1986, voce cit., n. 656; 30 maggio 1984, Insinga, id.,

Rep. 1985, voce cit., n. 669; 10 giugno 1983, Carrozzo, id., Rep. 1984, voce cit., n. 608.

Contra, nel senso di configurarlo come reato progressivo nell'evento lesivo dell'interesse urbanistico protetto, Cass. 25 gennaio 1984, Mazzot

ta, id., Rep. 1985, voce cit., n. 665; Pret. Cetraro 15 ottobre 1982, id.,

Rep. 1983, voce cit., n. 544; per quest'ultima tesi, si veda, in dottrina, A. Albamonte, Il reato di lottizzazione abusiva nella l. n. 47 del 1985, in Cass. pen., 1986, 2015.

Nell'ipotesi di lottizzazione abusiva attuata con la vendita frazionata del terreno mediante atti negoziali la permanenza cessa con la vendita dell'ultimo lotto, esulando dalla condotta de qua l'ulteriore esecuzione di opere sulle aree frazionate. L'attività edificatoria dei terzi acquirenti sul suolo lottizzato esula dal reato di lottizzazione abusiva ed integra un nuovo e diverso reato. Per tali due ultimi principi, si veda: Cass. 3 giugno 1987, Vernana, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 515; 9 ottobre

1985, Gigli, id., Rep. 1986, voce cit., n. 648; 17 ottobre 1984, Cocuzza, 25 maggio 1983, Grassia, id., Rep. 1985, voce cit., nn. 674, 663; 3 mag gio 1983, Arezzo, id., Rep. 1984, voce cit., n. 610. Da ultimo, però, la Cassazione sembra orientarsi verso una tesi più sfaccettata, ritenendo che qualora l'attività edificatoria illegittima, posta in essere da coloro che hanno acquistato a tale scopo i lotti predisposti, non si ponga in modo autonomo ed avulso dal programma ed intervento lottizzatorio rea lizzato dalla venditrice per lo stesso risultato, quella e questa si combina no tra loro in un rapporto di convergenza verso un'operazione unitaria

e la permanenza del reato di lottizzazione abusiva dura fino a quando non siano ultimati i manufatti edilizi da parte degli acquirenti dei lotti; cfr. Cass. 18 giugno 1987, Politi, id., Rep. 1988, voce cit., n. 517.

Si è affermato che la permanenza del reato di lottizzazione abusiva cessa non con la stipulazione dei contratti preliminari di vendita, ma con

gli effettivi contratti di vendita stipulati davanti al notaio, cfr. Cass. 22

giugno 1983, Della Giovampa, id., Rep. 1984, voce cit., n. 630. Sotto il profilo soggettivo, si è ritenuto che nella fattispecie penale di

lottizzazione abusiva, realizzata mediante il frazionamento di un terreno in piccoli lotti, non rispondono del reato i singoli acquirenti dei lotti

del terreno frazionato a scopo edilizio, se non risulti provato il relativo accordo tra le parti contraenti in ordine alla successiva edificazione degli stessi lotti, cfr. Cass. 21 settembre 1987, Spagnolo, id., Rep. 1988, voce

cit., n. 521. Per l'esclusione del concorso, qualora non risulti un nesso causale determinante tra l'attività degli acquirenti, consapevoli della lot tizzazione abusiva, e la concreta attuazione del disegno criminoso del ven

ditore: Cass. 22 aprile 1987, Mastrolia, ibid., n. 514. Vedi anche: Cass. 12 gennaio 1982, Violoni, id., 1983, II, 281, con nota di richiami. Con

tra, nel senso che ne rispondono anche gli acquirenti, giacché la lottizza zione abusiva negoziale è da inquadrarsi tra i reati a pluralità soggettiva necessaria: Pret. Bari 21 marzo 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 681; nel senso che con l'acquisto l'acquirente contribuisce alla verificazione dell'evento: Pret. Torre Annunziata 11 giugno 1983, id., Rep. 1984, voce

cit., n. 640. Nel senso che ne risponde non solo il proprietario, ma chiun

que abbia, di fatto, la disponibilità del terreno e procede abusivamente alla lottizzazione a scopo edilizio: Cass. 22 giugno 1983, Della Giovam

pa, ibid., n. 605.

Il Foro Italiano — 1989.

(allo stato) puramente negoziali, la programmazione edificatoria

del territorio sarebbe stata ulteriormente compromessa, senza che

peraltro esistessero quei presupposti economici e sociali, connessi

all'esistenza di un insediamento abusivo, che nella legge in esame

limitano la discrezionalità della pubblica amministrazione.

Pertanto (libero il legislatore — se crederà — di provvedere al condono anche di siffatte situazioni ai soli fini dell'estinzione

del reato, e perciò indipendentemente dalla sanatoria, stabilendo

criteri autonomi per la commisurazione dell'oblazione) non è rav

visabile alcuna irrazionalità nelle disposizioni della legge, né alcu

na discriminazione, trattandosi di situazioni diverse alle quali correttamente sono state date soluzioni diverse.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale degli art. 31, 34, 35, 38

e 44 1. 28 febbraio 1985 n. 47 (norme in materia di controllo

dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle

opere edilizie) e successive modificazioni, in riferimento all'art.

3 Cost., sollevata dal Pretore di Trentola con ordinanza 30 giu

gno 1988.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 dicembre 1988, n. 1128

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 dicembre 1988, n. 52); Pres. Saia, Est. Borzellino; Martino (Avv. Pace) c. Universi

tà degli studi di Roma; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello

Stato Tomello). Ord. Tar Lazio, sez. I, 9 aprile 1986 (G.U., la s.s., n. 14 del 1988).

Istruzione pubblica — Professori universitari di ruolo — Proce

dimento disciplinare — Estinzione per decorso di novanta gior ni dall'ultimo atto — Inapplicabilità — Incostituzionalità (Cost., art. 3; d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, statuto degli impiegati civili

dello Stato, art. 120; 1. 18 marzo 1958 n. 311, norme sullo

stato giuridico ed economico dei professori universitari, art. 12).

È illegittimo, per violazione dell'art. 3, Cost., l'art. 12, 2° com

ma, l. 18 marzo 1958 n. 311, nella parte in cui non richiama,

ai fini della sua applicazione ai professori universitari di ruolo,

l'art. 120 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 che stabilisce l'estinzione

del procedimento disciplinare quando siano decorsi novanta gior ni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato

compiuto. (1)

(1) L'ordinanza di rinvio Tar Lazio, sez. I, 9 aprile 1986 è massimata

(con data 3 dicembre 1987) in Foro it., Rep. 1988, voce Istruzione pub blica, n. 378.

Sul problema relativo all'applicabilità del disposto di cui all'art. 120

d.p.r. 3/57 ai professori universitari, la giurisprudenza non si era finora

espressa in modo univoco: cosi Cons. Stato, sez. VI, 27 agosto 1988, n. 1013, ibid., n. 371, ha sostenuto che il procedimento disciplinare per i docenti universitari è autonomamente regolato dalla 1. 311/58, il cui

art. 12 non richiama l'art. 120 d.p.r. 3/57; ciò non esclude però che esso costituisca un sicuro punto di riferimento per l'attività degli organi

preposti all'esercizio dei poteri di iniziativa, di istruttoria e di decisione

in materia disciplinare nei confronti dei docenti universitari. Per l'affer

mazione secondo cui l'art. 120 d.p.r. 3/57 è applicabile anche ai profes sori universitari, v. Tar Campania, sez. II, 12 febbraio 1987, n. 35, id.,

Rep. 1987, voce cit., n. 442 e 2 maggio 1985, n. 218, id., Rep. 1985, voce cit., n. 321; contra, Tar Piemonte 2 dicembre 1975, n. 337, id.,

Rep. 1976, voce cit., nn. 117, 119, che ha pure ritenuto manifestamente

infondata la relativa eccezione di costituzionalità. L'applicabilità dell'art.

120 d.p.r. 3/57 era esclusa con riguardo ai professori medi fino all'entra

ta in vigore dell'art. 108 d.p.r. 31 maggio 1974 n. 417 (v. Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 1971, n. 406, id., Rep. 1971, voce cit., n. 218), il quale ha invece espressamente loro esteso la causa di estinzione del procedi mento disciplinare prevista dall'art. 120 d.p.r. 3/57 (v. Cons. Stato, sez.

VI, 19 novembre 1984, n. 653, id., Rep. 1985, voce cit., n. 207). In considerazione del particolare status professionale, è invece sempre

stata esclusa l'applicabilità dell'art. 120 d.p.r. 3/57 ai procedimenti disci

plinari nei confronti dei magistrati (v. Cass. 20 gennaio 1970, n. 119,

id., 1970, I, 1466, con nota di richiami) e la relativa questione di costitu

zionalità è stata dichiarata manifestamente infondata (v. Cass. 22 giugno

1977, n. 2634, id., 1978, I, 155, con nota di richiami).

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2711 PARTE PRIMA 2712

Fatto. — 1. - Con ordinanza (r.o. n. 115 del 1988) emessa

il 9 aprile 1986 (pervenuta alla Corte costituzionale il 12 marzo

1988) il Tar del Lazio ha sollevato questione incidentale di legitti

mità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 12,

2° comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311, «nella parte in cui non pre

vede l'applicabilità ai docenti universitari dell'art. 120 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3», ciò «implicando una disparità di trattamento

tra i docenti universitari, da una parte, e gli altri impiegati civili dello Stato ivi compresi i docenti non universitari, da altra par

te», i quali (diversamente dai primi) «fruiscono dell'estinzione del procedimento disciplinare quando siano decorsi novanta gior

ni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato

compiuto». Il giudizio a quo risulta promosso per l'annullamento del de

creto del rettore dell'università degli studi di Roma «la Sapien

za», con il quale venne irrogata a un docente la sanzione

disciplinare della censura.

Deduce il ricorrente la violazione dell'art. 120 d.p.r. n. 3 del

10 gennaio 1957, assumendo l'intervenuta estinzione del procedi mento disciplinare concluso con l'adozione dell'impugnato decre

to sanzionatorio, essendovi stati intervalli di tempo superiori ai

novanta giorni tra successivi atti dell 'iter procedimentale, il Tar

Lazio, rilevata la fondatezza della circostanza di fatto, ha dovuto

constatare l'inapplicabilità dell'art. 120 d.p.r. n. 3 del 1957.

Infatti l'art. 12, 2° comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311, nell'indi

care gli articoli del d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, le cui disposizioni

sono applicabili ai docenti universitari, non vi comprende la det

ta disposizione. Il Tar remittente osserva che tale omissione si risolve in una

discriminazione, anche nei riguardi delle altre categorie di docen

ti, ai quali l'applicabilità dell'art. 120 d.p.r. n. 3 del 1957 è stata estesa dall'art. 108 d.p.r. 31 maggio 1974 n. 417. (Omissis)

Diritto. — 1. - L'art. 12, 2° comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311,

nel disporre che ai procedimenti disciplinari instaurati a carico

di professori universitari di ruolo si applicano taluni articoli —

espressamente richiamati — dello statuto degli impiegati civili dello

Stato, omette riferimento positivo all'art. 120.

Quest'ultimo testualmente prevede l'estinzione del procedimn

to, senza che se ne possa effettuare la rinnovazione, quando sia

no decorsi novanta giorni dall'ultimo atto compiuto: con ciò viene

ad escludersi — a garanzia dell'incolpato — la protrazione sine

die dell'azione disciplinare. Il collegio remittente dubita della legittimità costituzionale del

detto art. 12; poiché omissivo dell'estinzione in parola ed in con

seguenza discriminatorio — ex art. 3 Cost. — dei docenti univer

sitari rispetto agli «altri impiegati civili dello Stato, ivi compresi i docenti non universitari».

2. - La questione è fondata.

È ben vero che l'attuale ordinamento della docenza universita

ria (d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382) ha operato una indubbia tras

formazione nell'assetto degli insegnanti con una disciplina forte

mente innovativa, Tuttavia, ciò concerne precipuamente, come

la corte ha già avuto modo di rilevare, la struttura dei ruoli e

11 comparto retributivo (sent. n. 1019 del 1988, Foro it., 1989,

I, 13): integra rimane, pur nella particolare configurazione di au

tonomia connessa a valori pur essi costituzionalmente rilevanti, la posizione dei docenti, inseriti in un rapporto peculiare di pub blico impiego.

Cosicché, la sperimentabilità sine die del procedimento discipli nare costituisce di certo un eccesso di tutela del prestigio della

istituzione universitaria, cedevole a fronte delle garanzie dovute

al singolo: quando, infatti, queste ultime vengano adottate non

possono su quel prestigio che favorevolmente riflettersi.

, L'innegabile disparità è maggiormente.rilevabile, dunque, in J'

quanto concretata nei confronti di chi esplica in sommo grado la funzione docente, cosi comportando la dichiarazione di illegit timità della norma, nella parte in cui non estende ai professori universitari di ruolo anche il dettato dell'art. 120 d.p.r. 10 gen naio 1957, n. 3.

In ordine alle condizioni necessarie affinché si abbia l'estinzione del

procedimento disciplinare, ai sensi dell'art. 120 d.p.r. 3/57, v., da ulti

mo, Cons. Stato, sez. IV, 11 giugno 1988, n. 509 e Tar Lazio, sez. II, 30 aprile 1988, n. 643, id., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, nn.

1028, 1039; Tar Lazio, sez. III, 21 dicembre 1987, n. 2254, id., 1989,

III, 88, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1989.

3. - Ancorché l'esercizio di difesa da parte dell'incolpato pos

sa, in taluni casi, esser reso meno agevole da un'azione discipli

nare iniziata a distanza dai fatti occorsi, considerazioni al riguardo

fuoriescono assolutamente dalla presente fattispecie: essa sfugge,

per tali differenti aspetti, a una pronuncia — cosi come invece

prospettato dalla difesa — ex art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, 2° comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311

(norme sullo stato giuridico ed economico dei professori universi

tari) nella parte in cui non richiama, ai fini della sua applicazione

ai professori universitari di ruolo, anche l'art. 120 d.p.r. 10 gen

naio 1957 n. 3 (testo unico delle disposizioni concernenti lo statu

to degli impiegati civili dello Stato).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 novembre 1988, n. 1008

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 novembre 1988, n. 45);

Pres. Saja, Est. Mengoni; Soldani Benzi (Aw. Santoro, Di

Mauro, Soldani) c. Cassa naz. previdenza avvocati e procura tori (Avv. Marini); interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Sta

to Bruno). Ord. Pret. Firenze 10 novembre 1987 (G.U., la

s.s., n. 14 del 1988).

Avvocato e procuratore — Previdenza forense — Supplemento

per continuazione dell'attività per almeno cinque anni dopo la

maturazione della pensione — Criteri di calcolo — Incostitu

zionalità (Cost., art. 2, 3, 38; 1. 20 settembre 1980 n. 576, ri

forma del sistema previdenziale forense, art. 2). Avvocato e procuratore — Previdenza forense — Pensionati eser

centi la professione — Riduzione a due terzi della pensione di vecchiaia — Incostituzionalità (Cost., art. 2, 3, 38; 1. 20

settembre 1980 n. 576, art. 2).

È illegittimo, per violazione degli art. 2, 3, 38 Cost., l'art. 2,

8° comma, l. 20 settembre 1980 n. 576, nella parte in cui di

spone che il supplemento della pensione, spettante a coloro che

dopo la maturazione del diritto a pensione continuano per cin

que anni l'esercizio della professione, è pari, per ognuno di

tali anni, alla metà delle percentuali di cui al 1° e 5° comma,

riferite alla media dei redditi professionali risultanti dalle di chiarazioni successive a quelle considerate per il calcolo del pen sionamento. (1)

È illegittimo, per violazione degli art. 2, 3, 38 Cost., l'art. 2,

6° comma, l. 20 settembre 1980 n. 576, nella parte in cui di

spone la riduzione a due terzi della pensione di vecchiaia quan do il titolare resti iscritto agli albi di avvocato e di procu ratore. (2)

(1-2) La presente decisione è commentata da Albe, in Corriere giur.,

1988, 1327. L'ordinanza di rinvio Pret. Firenze 10 novembre 1987 è massimata in

Foro it., Rep. 1988, voce Avvocato e procuratore, n. 122. Il giudice a

quo aveva riproposto la questione di cui alla seconda massima pur rico

noscendo che essa era stata dichiarata infondata da Corte cost. 4 maggio

1984, n. 132 (id., 1984, I, 1783, con nota di richiami di V. Ferrari; e manifestamente infondata con ord. 8 novembre 1985, n. 279, id., Rep. 1986, voce cit., n. 104), ciò in quanto tale pronuncia si porrebbe in con

trasto con altra della stessa corte con cui invece una norma identica era

stata dichiarata illegittima (sent. 20 aprile 1977, n. 62, id., 1977,1, 1056), La corte, pur escludendo l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza

tra le due pronunce, è giunta stavolta ad un pronuncia di accoglimento in ordine all'art. 2, 6° comma, 1. 576/80.

Con ord. 16 giugno 1988, n. 669 (est. Greco), G.U., 1" s.s., 22 giugno 1988, n. 25, di pochissimi mesi precedente alla presente sentenza, la corte

ha dichiarato, tra l'altro, la manifesta infondatezza della questione di

costituzionalità ora accolta dalla corte, la quale ha espressamente richia

mato l'ord. 669/88 al fine di ribadire l'obbligo di ulteriore versamento

di contributi da parte di chi continua a mantenere l'iscrizione negli albi

professionali, pur dopo il conseguimento della pensione di vecchiaia, al

pari dei professionisti non ancora pensionati, senza però spendere una

parola a giustificare un simile repentino mutamento di giurisprudenza della corte, la quale passa quindi, in meno di quattro mesi, da consi

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