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sentenza 25 febbraio 1988, n. 208 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 marzo 1988, n. 9);Pres. Saja, Est. Baldassarre; Brigliadori c. Camera di commercio, industria, artigianato eagricoltura di Forlí. Ord. Trib. Forlí 8 maggio 1986 (G.U., 1 a s.s., n. 54 del 1986)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1807/1808-1811/1812Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181300 .
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1807 PARTE PRIMA 1808
debitore potrebbe compensare il proprio debito con i crediti van
tati verso la controparte, nel secondo, invece, le aziende di credi
to non potrebbero seguire la medesima via per le somme dovute
all'amministrazione finanziaria a titolo di penale. Occorre rileva
re che la censura ora esaminata si basa su un'erronea equipara zione tra la posizione dell'amministrazione e quella delle aziende
di credito, poiché, mentre il credito dell'amministrazione discen
de sempre da un adempimento delle aziende, al contrario quello di queste ultime nei confronti dell'amministrazione discende sem
pre da un erroneo versamento da parte delle aziende stesse.
Né può rilevare in senso contrario, diversamente da quanto affermato dai giudici a quibus, il fatto che l'amministrazione,
per accertare l'esatta corrispondenza delle somme versate a quelle riscosse su delega dei contribuenti, impieghi un lasso di tempo anche consistente, per la durata del quale è tenuta a corrisponde
re, nell'eventualità di crediti accertati delle aziende, l'ordinario
tasso di interesse. Questo rilievo, infatti, non ha alcuna impor tanza rispetto alle modalità di estinzione del debito delle aziende
di credito a titolo di penale, ai sensi della disposizione impugna
ta, tanto più che tali accertamenti, come s'è detto, hanno origine da un errore delle aziende di credito.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate
le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 17, ultimo com
ma, 1. 2 dicembre 1975 n. 576, in riferimento all'art. 3 Cost., sollevate dal Pretore di Salerno e dal Tribunale di Bari con le
ordinanze di cui in epigrafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 25 febbraio 1988, n. 208
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 marzo 1988, n. 9); Pres.
Saja, Est. Baldassarre; Brigliadori c. Camera di commercio,
industria, artigianato e agricoltura di Forlì'. Ord. Trib. Forlì
8 maggio 1986 (G.U., la s.s., n. 54 del 1986).
Titoli di eredito — Cambiale — Protesto — Pagamento — Fa
coltà del debitore di chiedere la cancellazione del proprio nome
dall'elenco destinato alla pubblicazione — Decadenza per inos
servanza dei termini — Questione infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3; 1. 12 febbraio 1955 n. 77, pubblicazione dell'e
lenco dei protesti cambiari, art. 3; 1. 12 giugno 1973 n. 349, modificazioni alle norme dei protesti delle cambiali e degli as
segni bancari, art. 12).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, 4° comma (recte: 3° comma), l. 12 febbraio 1955 n. 77, nella
parte in cui condiziona l'esercizio del diritto del debitore, che
ha pagato la cambiale dopo il protesto, di ottenere la cancella
zione del proprio nome dall'elenco destinato alla pubblicazio
ne, all'osservanza di termini particolarmente brevi, in riferi mento all'art. 3 Cost. (1)
(1) La Consulta respinge la questione di legittimità sollevata dal Preto re di Forlì con l'ordinanza 8 maggio 1986, Foro it., 1987, I, 290. Il preto re aveva sostenuto che i terimini previsti dalla legge per ottenere la can cellazione del nome del protestato dall'elenco destinato alla pubblicazio ne erano eccessivamente brevi, ma la corte gli risponde che la previsione di un termine perentorio è presupposto essenziale per un corretto espleta mento della procedura di pubblicazione dei protesti e della relativa can cellazione: si tratta di una procedura che necessita per sua stessa natura di notevole speditezza.
La Corte costituzionale è già stata chiamata altra volta a pronunciarsi sulla legittimità dell'art. 3 1. 77/55 e dell'art. 12 1. 349/73 (che ha rifor mato la prima norma). Anche in quel caso la domanda è stata rigettata (ord. 9 giugno 1983, n. 183, id., 1983, I, 2608).
Sul punto si segnalano Pret. Roma 28 febbraio 1986 e 5 novembre
1984, ibid., 1987, I, 291, e Pret. Forlì 10 aprile 1987, ibid., 3189 (fautrice di una interpretazione «aperta» della norma in esame, la quale prevede il diritto di chiedere la cancellazione del proprio nome dall'elenco dei
protesti solo per il «debitore che esegue il pagamento di una cambiale o di un vaglia cambiario», al fine di renderla applicabile anche al traente
apparente di un assegno bancario illecitamente sottratto e contraffatto). Cfr. anche Trib. Napoli 12 febbraio 1983, id., Rep. 1984, voce Titoli
Il Foro Italiano — 1988.
II
PRETURA DI ROMA; ordinanza 27 gennaio 1987; Giud. Ma
cioce; Soc. Mara c. Ciancaleone.
Provvedimenti di urgenza — Assegno bancario — Assegno «di
favore» — Protesto — Ordine alla banca trattaria di non ri
chiedere la levata del protesto — Ammissibilità (Cod. proc.
civ., art. 700; r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, disposizioni sul
l'assegno bancario, art. 60).
Può ordinarsi con provvedimento d'urgenza alla banca trattaria
di non chiedere che sia levato protesto in relazione ad assegni bancari che risultino esser stati emessi «per favore», qualora tali titoli non siano stati successivamente girati dal prenditore
originario. (2)
I
Diritto. — 1. - Il giudice a quo dubita della legittimità costitu
zionale dell'art. 3, 4° comma (recte: 3° comma) 1. 12 febbraio
1955 n. 77 (il quale è stato aggiunto dalla 1. 12 giugno 1973 n.
349), nella parte in cui dispone che la facoltà del debitore cam
biario di chiedere la cancellazione del proprio nome dall'elenco
dei protesti è condizionata al pagamento dell'importo del titolo
protestato entro il quinto giorno dal protesto e alla presentazione della relativa istanza al presidente del tribunale entro il giorno
successivo al pagamento. A suo giudizio, questa disciplina deter
minerebbe un'irragionevole disparità di trattamento, con conse
guente violazione dell'art. 3 Cost., tra il debitore protestato che
adempie la propria obbligazione nel termine di cinque giorni dal
protesto e il debitore che adempie dopo tale termine, ma pure
sempre in tempo utile per evitare la pubblicazione del proprio nome nell'elenco dei protesti.
Tuttavia, prima di giudicare nel merito tale questione, occorre
esaminare l'eccezione di inammissibilità, formulata dall'avvoca
tura dello Stato sulla base del rilievo che, nella fase cautelare
del giudizio, lo stesso giudice a quo ha interpretato la disposizio ne impugnata in un senso diverso da quello per il quale poi, nel
giudizio di merito, ha sottoposto la disposizione medesima al giu
dizio di questo corte.
2. - L'eccezione di inammissibilità va disattesa.
È ben vero che il giudice della fase cautelare ha interpretato la disposizione impugnata in un senso diverso da quello prospet tato con la ordinanza di rimessione (dando peraltro alla disposi zione stessa un significato ritenuto conforme a Costituzione), al
lorché ha deciso il ricorso proposto, ai sensi dell'art. 700 c.p.c.,
di credito, n. 51; App. Reggio Calabria 27 gennaio 1981, id., 1981, I, 594; App. Ancona 13 agosto 1981, id., 1983, I, 784, in contrasto tra
loro riguardo alla portata della norma considerata.
(2) Il secondo provvedimento si segnala per la sua originalità. Si era di fronte ad un assegno bancario con firma c.d. di favore, ossia
apposta dal traente a favore del prenditore, non a fronte di un'obbliga zione sottostante, ma al solo scopo di consentire al prenditore il ricorso
al credito (sulla possibile illiceità della causa del negozio di emissone del titolo «di favore», v. Bianchi D'Espinosa, Le leggi cambiarie nell'inter
pretazione della giurisprudenza, Milano, 1969, 205; per una configurazio ne della firma di favore come «simulazione», v. Trib. Pescara 8 marzo
1950, Foro it., 1951, I, 1001, con nota critica di Fiorentino). Sul carattere «di favore» della sottoscrizione cambiaria non — come
noto — opponibile al terzo possessore di buona fede (per tutti Asquini, Titoli di credito, Padova, 1958, 168), e questo neppure nel caso che il
terzo fosse a conoscenza del fatto che l'assegno era di favore, poiché il «favore» non è comunque per il terzo ma per il prenditore ed inoltre è caratteristico della convenzione di favore che il favorente debba far
onore all'impegno assunto, per tutti, v. Cass. 24 marzo 1962, n. 599, Foro it., 1962, I, 1743. Unica ipotesi di opponibilità al terzo si avrebbe nel caso in cui alla convenzione si accompagni un pactum de non petendo di cui lo stesso terzo sia parte (v. Cass. 28 marzo 1960, n. 654, id., Rep. 1960, voce cit., n. 67; 14 aprile 1965, n. 686, id., Rep. 1965, voce cit., n. 36).
Naturalmente, la convenzione è opponibile inter partes come eccezione
personale ex art. 1993 c.c. La soluzione adottata dal giudicante (quanto ai mezzi di prova si veda
di nuovo Bianchi D'Espinosa, op cit., 209 ss.) è ammissibile dunque solo ove non vi siano terzi giratari; la loro presenza infatti — per la natura «personale» dell'eccezione dell'emissione di favore — renderebbe in ogni caso necessaria la levata del protesto, a garanzia dei loro diritti.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dal debitore protestato che aveva adempiuto la propria obbliga zione cambiaria oltre il termine di cinque giorni dal protesto. Ma,
poiché con l'adozione del provvedimento di urgenza la fase cau
telare di quel giudizio si è esaurita e poiché nel corso del successi
vo giudizio di merito ha ritenuto che quella stessa disposizione
potesse essere interpretata in un senso diverso, ritenuto difforme
dalla Costituzione, non si può negare la piena legittimazione del
giudice a quo a sollevare la questione di costituzionalità in rela
zione alla disposizione come interpretata nel giudizio di merito, data l'autonomia che caratterizza quest'ultimo dal giudizio caute
lare.
3. - La questione, peraltro, è infondata nel merito.
3.1. - L'asserita disparità di trattamento tra il debitore prote stato che adempie entro il termine di cinque giorni e quello che
adempie dopo tale termine, quantunque in tempo utile per evita
re l'iscrizione nell'elenco dei protesti, risulta del tutto insussisten
te sol che si esaminino le disposizioni che disciplinano la pubbli cazione del bollettino dei protesti e la cancellazione del nome di
un debitore protestato da tale elenco.
L'art. 1 I. n. 77 del 1955 prevede che la pubblicazione ufficiale
dell'elenco dei protesti cambiari venga effettuata dalle camere di
commercio, industria e agricoltura. Il 2° comma dello stesso arti
colo disciplina la periodicità della pubblicazione degli elenchi, sta
bilendo per essa una cadenza quindicinale e disponendo che gli elenchi siano resi pubblici entro il ventesimo giorno successivo
alla quindicina di riferimento.
Al fine di assicurare il rispetto di tali termini, l'art. 2 prevede che i pubblici ufficiali abilitati a levare protesti cambiari e i pro curatori del registro debbono far pervenire al presidente del tri
bunale, in duplice esemplare e non oltre il giorno 7 ed il giorno 22 di ogni mese, sia l'elenco dei protesti per mancato pagamento, sia le dichiarazioni di rifiuto di pagamento. Ai sensi dell'art. 3, 1° comma, uno dei due esemplari pervenuti al presidente del tri
bunale, previa attestazione di conformità ad opera del cancellie
re, viene trasmesso dal presidente stesso alla camera di commer
cio competente per territorio entro il giorno successivo a quello della ricezione.
Nel 3° comma dell'art. 3 è contenuta la disposizione impugna
ta, relativa alla facoltà del debitore di chiedere la cancellazione
del proprio nome dall'elenco dei protesti, mentre il 4° comma
dello stesso articolo (aggiunto, al pari dei successivi, dall'art. 12
1. n. 349 del 1973) prevede che la stessa richiesta di cancellazione
possa essere presentata, purché in tempo utile per effettuare la
cancellazione, dai pubblici ufficiali incaricati della levata del pro testo ovvero dalle aziende di credito (nel caso in cui si sia proce duto illegittimamente o erroneamente alla levata del protesto). Sulla base di tale richiesta il presidente del tribunale dispone, con
provvedimento steso in calce all'istanza, la cancellazione, dopo aver accertato la regolarità dell'adempimento o la sussistenza del
l'errore o della illegittimità (art. 3, 5° comma), mentre il cancel
liere provvede alla compilazione di un elenco nominativo dei de
bitori che abbiano ottenuto la cancellazione (art. 3, 6° comma). Dal complesso di disposizioni appena descritto appare chiaro
che il termine entro il quale deve avvenire il pagamento dopo il protesto e quello entro il quale il debitore protestato può pre sentare istanza di cancellazione si inseriscono in un sistema che, non soltanto è finalizzato alla tempestiva pubblicazione degli elen
chi a cura della camera di commercio, ma è soprattutto volto
ad assicurare la maggior rispondenza possibile fra la situazione
effettiva dei protesti in un determinato territorio e la situazione
pubblicizzata attraverso gli elenchi dei protesti stessi.
Pertanto, contrariamente a quanto prospettato dal giudice a
quo, la previsione di un termine perentorio sia per l'adempimen to sia per la presentazione dell'istanza non è affatto irragionevo
le, ma costituisce un presupposto essenziale per un corretto esple tamento della procedura di pubblicazione dei protesti e della rela
tiva cancellazione. D'altronde, ove l'esercizio della facoltà di chie
dere la cancellazione venisse consentito a notevole distanza di tem
po dalla levata del protesto e, quindi, dalla pubblicazione dell'e
lenco, l'efficacia dell'eventuale provvedimento di cancellazione ri
sulterebbe assai limitata e, comunque, inidonea ad eliminare il
danno derivante dalla pubblicazione. 3.2. - Tali considerazioni consentono anche di escludere che
la disposizione impugnata possa contrastare con il principio di
eguaglianza sotto l'altro profilo relativo alla possibilità, ricono
sciuta sia ai pubblici ufficiali che abbiano legato il protesto per errore o illegittimamente, sia alle aziende di credito, di chiedere
Il Foro Italiano — 1988.
la cancellazione dall'elenco del nome del debitore protestato pre scindendo dal rispetto del termine di cinque giorni. In realtà, nel
le ipotesi da ultimo considerate, la richiesta di cancellazione pre scinde del tutto dall'avvenuto pagamento del titolo protestato, in quanto è finalizzata a rimuovere eventuali errori del pubblico ufficiale o dell'azienda di credito, e, comunque, ad evitare che
un protesto illegittimo per qualsiasi ragione venga pubblicato, con
evidente danno del debitore protestato. Da ciò consegue che non
possono essere equiparate situazioni diverse, caratterizzate, Pu
na, dall'interesse del debitore protestato e, l'altra, dall'interesse
dell'ordinamento alla legalità e alla certezza dell'atto di protesto. Situazioni che, pertanto, richiedono un trattamento diverso, qual
è, appunto, quello previsto dai commi 3° e 4° dell'art. 3 1. n.
77 del 1955, oggetto della presente impugnazione. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, 4° comma
(recte: 3° comma) 1. 12 febbraio 1955 n. 77 (aggiunto dalla 1.
12 febbraio 1973 n. 349) in riferimento all'art. 3 Cost., sollevata
dal Pretore di Forlì', con l'ordinanza di cui in epigrafe.
II
Nel ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 23 gennaio 1987
la s.r.l. Mara espone al pretore di essersi indotta a rilasciare al
sig. Ciancalone Agostino assegni bancari «di favore» per l'im
porto complessivo di lire 151.000.000, traendoli, a firma dell'am
ministratore Martinelli Massimo, sul proprio conto corrente 97756
Ag. 1 Ca. Ri. Roma, verso l'impegno del prenditore Ciancaleone
di rilasciare ad essa esponente, ed a sua volta, assegni di pari
importo e che la società stessa avrebbe messo all'incasso qualche
giorno prima della scadenza degli assegni (emessi il 19 gennaio
1987) dal Ciancaleone ricevuti. Ha precisato la società che detti
assegni rilasciati al Ciancaleone sul proprio conto corrente ridet
to erano: n. 78043540/03 per lire 38.636.000; n. 78043541/04 per lire 36.404.000; n. 78043542/05 per lire 38.100.100; n. 78043543/06
per lire 38.330.000, tutti emessi il 19 gennaio 1987 e pagabili a vista.
Ha poi rilevato che i quattro assegni erano stati dal Ciancaleo
ne tutti messi all'incasso presso il proprio conto corrente; e che
difettava per essi la necessaria provvista, essendo essa deducente
titolare di un conto, presso l'ag. 1 Ca. Ri. Roma, presentante, al 22 gennaio 1987 un rilevante scoperto (lire 81.197.919 sul con
to corrente 977.05); ha anche affermato che, da un canto, pure
gli assegni bancari rilasciati dal Ciancaleone erano privi di coper
tura, e, dall'altro, che essa deducente non era in condizione obiet
tiva di costituire la provvista e/o di far richiamare gli assegni bancari dal Ciancaleone.
Dedotta pertanto la inesigibilità degli assegni bancari emessi,
per carenza di alcun negozio sottostante, trattandosi di assegni c.d. «di favore», nonché allegato il gravissimo pericolo per le
proprie ragioni di imprenditore commerciale, derivanti da un pro testo dei titoli in discorso, la s.r.l. Mara ha chiesto al pretore di ordinare alla Ca. Ri. Roma di non pagare gli assegni stessi, astenendosi comunque dal richiedere al notaio il protesto, ovvero
di ordinare al notaio di non procedere a tale incombente.
Ritualmente notificato ricorso e decreto di convocazione delle
parti, si è costituito in udienza il Ciancaleone.
Non si è costituita, di contro, la Ca. Ri. Roma.
Interrogate le parti, Martinelli e Ciancaleone, il difensore del
primo ha insistito nelle proprie richieste; il difensore del secondo, di contro, si è rimesso all'apprezzamento del giudice.
Osserva il giudice che l'interrogatorio congiunto e contestuale
delle parti — Martinelli e Ciancaleone — ha interamente avvalo
rato la tesi attorea in punto di fatto, si da consentire di affermare
che i surriportati assegni bancari tratti dalla s.r.l. Mara all'ordine
del Ciancaleone erano meri strumenti diretti a favorire le opera zioni commerciali e bancarie del prenditore (la costituzione di
una apparente provvista sul suo conto corrente presso la Bnl), ma del tutto privi di un qualsivoglia contenuto obbligatorio so
stanziale.
Non era l'incasso il contenuto della promessa ricevuta dal Cian
caleone (che tal incasso sarebbe stato comunque condizionato al
la previa costituzione, ad iniziativa di quello stesso prenditore, di idonea provvista presso la banca presso la quale il traente era
correntista), ma la sola disponibilità — per uno o più giorni —
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1811 PARTE PRIMA 1812
degli stessi assegni, onde poter costituire, secondo le stesse affer
mazioni del Ciancaleone e sulla base di una «prassi» consolidata
tra le parti, un simulacro di provvista onde poter, a sua volta,
trarre assegni di conto corrente.
Un «infortunio» nei tempi di costituzione della ridetta provvi
sta ha quindi portato la traente soc. Mara ad attendere che i
propri assegni bancari — né coperti né copribili per iniziativa
dell'insolvente Ciancaleone (il quale non ha girato ad alcuno gli
assegni bancari ma li ha posti all'incasso nella propria banca) — siano richiesti di protesto dalla Ca. Ri. Roma (ag. 1), alla
quale detti assegni sono pervenuti dalla ag. Rm. 16 della Bnl (ove
il convenuto è correntista). Di qui, paventando i disastrosi effetti, per la propria attività
di commerciante (ed importatore) di carni, derivante dall'inseri
mento nel bollettino dei protesti tenuto dalla Ccia, la richiesta
di fermare la procedura di cui agli art. 60 ss. r.d. 1736/33.
Sussiste il denunziato periculum in mora: difatti, nel tempo
occorrente per far valere in via di azione cognitiva la inesistenza
della obbligazione sottostante ovvero per paralizzare in sede ese
cutiva (anche con l'ausilio degli art. 623-624 c.p.c.) l'azione even
tualmente intrapresa dal prenditore, la soc. Mara rischia di essere
danneggiata come imprenditore commerciale per effetto della pub
blicazione del rilevante protesto di lire 151 milioni sul bollettino.
E la disinvoltura e superficialità del comportamento del suo am
ministratore — che riceverà eventuale sanzione nella sede penale,
che questo giudice è obbligato ad investire con separato rapporto — non sono elementi che possono far premio sulla esigenza di
tutelare il diritto di impresa. Sussiste anche il fumus boni iuris.
Certa appare invero la inesistenza di alcun credito del Cianca
leone e di alcuna azione — cambiaria e/o causale — nascente
dai ridetti assegni. Di qui la opportunità di assicurare in via cau
telare ed urgente che da quei titoli non possa nascere alcuna azio
ne o pretesa del Ciancaleone o che vengano compiute quelle ope
razioni strumentali (il protesto) a tali azioni e pretese.
È poi ammissibile il petitum finale proposto. Non si richiede un provvedimento che incida sull'ente pubblico
(Ccia), inibendo, in violazione di legge, l'esecuzione di un atto
dovuto: allo stato, infatti, protesto non è stato levato.
È pacifico in causa che il Ciancaleone, prenditore, ha imme
diatamente posto all'incasso gli assegni bancari: la inesistenza di
giratari, quindi, consente di adottare la chiesta inibitoria (diretta
alla Ca. Ri. Roma) senza preoccupazioni che il mancato protesto
possa impedire il regresso ex art. 45 r.d. 1736/33, cit. Ad ogni
buon conto, l'ordine alla cassa — ritualmente citata e non costi
tuitasi — ben può essere emesso a condizione che gli assegni ban
cari specificati sopra non rechino altre firme di girata che quelle
del portatore Ciancaleone.
Non è però adottabile l'ordine in incertam personam che la
società auspica sia diretto anche verso «il» notaio cui la cassa
potrebbe aver già chiesto il protesto. È la banca, parte di questo
giudizio cautelare, che può astenersi di richiedere il protesto ov
vero può richiamare i titoli; non è un indeterminato pubblico
ufficiale che può astenersi dal levare il protesto che, per legge,
egli è tenuto a far constatare. (Omissis)
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 11 febbraio 1988, n. 176
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 febbraio 1988, n. 8); Pres. Saja, Est. Mengoni; Melchiori. Ord. Trib. Trento 7 mag
gio 1987 (G.U., la s.s., n. 32 del 1987).
Stato civile — Cognome del figlio legittimo — Aggiunta del co
gnome materno al patronimico — Esclusione — Questione inam
missibile di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 29, 30; r.d. 9 lu
glio 1939 n. 1238, sull'ordinamento dello stato civile, art. 71,
72, 73).
Posto che oggetto del diritto dell'individuo all'identità personale non è la scelta del nome, bensì il nome acquisito per estensione
legale che meglio tutela l'interesse alla conservazione dell'unità
familiare, è manifestamente inammissibile la questione di legit
II Foro Italiano — 1988.
timità costituzionale degli art. 71, 72 e 73 r.d. 9 luglio 1939
n. 1238, nella parte in cui non prevedono la facoltà dei genitori
di determinare anche il cognome da attribuire al proprio figlio
legittimo mediante l'imposizione di entrambi i loro cognomi,
né il diritto di quest'ultimo di assumere anche il cognome ma
terno, in riferimento agli art. 2, 3, 29 e 30 Cost. (1)
(1) Con l'ordinanza in epigrafe, la Corte costituzionale esamina una
questione sollevata già da tempo, ma senza esito alcuno: al decreto del
1° ottobre 1984 del Tribunale di Lucca (Foro it., Rep. 1985, voce Filia
zione, n. 24, e per esteso in Giust. civ., 1985, I, 876, con nota di A.
Finocchiaro, Il figlio legittimo può aggiungere al proprio cognome quel lo della madre?-, in Rass. dir. civ., 1985, 550, con nota di F. Salvo,
L'attribuzione del cognome nel diritto di famiglia riformato-, in Giur.
merito, 1985, 288, con nota di A. Giusti, Parità tra coniugi e cognome del figlio-, alle critiche degli autori appena citati, che sottolineano, tra
l'altro, la marginalità della questione ai fini della parità coniugale, si
contrappongongo i rilievi adesivi di M.C. De Cicco, La normativa sul
cognome e l'eguaglianza dei genitori, in Rass. dir. civ., 1985, 960, 980
ss.), che ordinava all'ufficiale di stato civile di rettificare l'atto di nascita
di due minori, aggiungendo al cognome paterno anche quello materno,
mancava la firma del giudice estensore, si che il singolare provvedimento veniva dichiarato inesistente dai giudici di secondo grado (App. Firenze
1° dicembre 1984, inedita), e la questione ritornava al tribunale ex art.
353 e 354 c.p.c. La corte d'appello fiorentina, peraltro, indicava la via
del vaglio costituzionale, precisando il fondamento normativo (art. 6 c.c.), e non meramente consuetudinario, della consolidata trasmissione del solo
patronimico (sull'improponibilità dì questioni di legittimità costituzionale
con riguardo a norme consuetudinarie, v. A. Pizzorusso, Fonti del dirit
to, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1977, 371 e nota
5; cfr. A. Giusti, Il cognome del figlio legittimo di fronte alla Corte
costituzionale, in Giust. civ., 1985, I, 1468 s., che ravvisa il suddetto
fondamento normativo anche negli art. 237, 2° comma, 143 bis, 262 c.c., e 27, 1° comma, 1. 4 maggio 1983 n. 84. Sulla natura consuetudinaria
della trasmissione del patronimico, v., da ultimo, U. Breccia, Persone
fisiche, in Commentario, cit., 1988, 401 e nota 1). Poco tempo dopo, con ordinanza del 21 gennaio 1985 (Foro it., 1985,
I, 1809, con nota di V. Sinisi; in Giust. civ., 1985, I, 876 con nota di
Finocchiaro, cit., e 1468, con nota di Giusti, cit.), il Tribunale di Lucca
rimetteva alla corte il giudizio sulla costituzionalità dell'art. 73 dell'ordi
namento di stato civile (r.d. 9 luglio 1939 n. 1238), nonché dei citati
articoli del codice civile, non prevedenti, in asserito contrasto con gli art. 2, 3 e 29 Cost., per il figlio legittimo la facoltà di assumere anche
il nome materno, e per la madre la facoltà di trasmettere ai figli legittimi il proprio cognome. Di nuovo, vizi di carattere procedurale impedivano al desiderio del nonno materno, privo di eredi diretti a cui trasmettere
il proprio cognome, di superare il primo grado di giurisdizione: l'ordi
nanza era stata emessa prima della riassunzione del processo ed in pen denza del termine per il ricorso in Cassazione; la questione con essa solle
vata, pertanto, veniva dichiarata inammissibile per difetto del requisito della rilevanza (Corte cost., ord. 5 marzo 1987, n. 76, G.U., la s.s., 18 marzo 1987, n. 12).
Diversa la sorte di una (sostanzialmente identica, benché relativa ai
soli art. 71, 72 e 73 ord. stato civile) questione di legittimità sollevata
dal Tribunale di Trento, dichiarata, de iure condito, inammissibile, con
la clausola, tuttavia, che un intervento normativo in materia sarebbe or
mai «consentaneo all'evoluzione della coscienza sociale».
Ad una rapida e definitiva dismissione della questione (il diritto all'i
dentità personale ha ad oggetto un cognome acquisito ope legis, quale che sia: M. Dogliotti, Persone fisiche, in Trattato diretto da Rescigno,
II, 1, Torino, 1982, 102 ss.; F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1983, 50 ss.; A. De Cupis, I diritti della perso
nalità, in Trattato fondato da Cicu e Messineo, Milano, 1982, 421 ss.) è infatti d'ostacolo l'indagine di diritto comparato, a seguito della quale la normativa italiana, nell'imporre tout court l'assunzione del patronimi
co, appare quasi del tutto isolata. Al sistema tedesco di scelta congiunta del cognome familiare all'atto del matrimonio (su cui v. Sinisi, cit.) ed
a quello spagnolo, ove ai figli è attribuito un cognome doppio, formato
aggiungendo il primo cognome materno al patronimico (art. 109 codigo
civil; cfr. De Cicco, cit., 969 ss., per una dettagliata ricognizione di ta
glio comparatisico), si affianca il modello francese, introdotto dall'art.
43 1. 23 dicembre 1985, n. 85-1372 (per un primo commento italiano
alla legge, relativa alla «égalité des époux dans les régimes matrimoniaux
et des parents dans la gestion des biens des enfants mineurs», v. G. Fur
giuele, Della recente novella al «Code civil» in tema di eguaglianza tra
coniugi, in Riv. dir. civ., 1986, I, 413; per ulteriori rilievi, cfr. A. Giusti, Parità ed autonomia tra i coniugi nell'amministrazione dei beni della co
munione legale, id., 1987, I, 177; sul «nom d'usage», in particolare, v.
Furgiuele, cit. 432 ss., nonché D. Caruso, Il «nom d'usage»: una rifor ma a metà?, in corso di pubblicazione in Riv. dir. civ., 1988): nel singo lare tentativo di conciliare il carattere giuspubblicistico dell'attribuzione
del cognome, che si traduce nell'«immatricolazione» automatica del citta
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