+ All Categories
Home > Documents > PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 25 febbraio 1988, n. 206 (Gazzetta...

PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 25 febbraio 1988, n. 206 (Gazzetta...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: phungque
View: 214 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
5
sentenza 25 febbraio 1988, n. 206 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 marzo 1988, n. 9); Pres. Saja, Est. Gallo; Gritti c. Inail. Ord. Pret. Monza 2 marzo 1981 (G.U. n. 283 del 1981) Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 2463/2464-2469/2470 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184839 . Accessed: 25/06/2014 00:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 00:34:00 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 25 febbraio 1988, n. 206 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1988, n. 9); Pres. Saja, Est. Gallo; Gritti

sentenza 25 febbraio 1988, n. 206 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 marzo 1988, n. 9);Pres. Saja, Est. Gallo; Gritti c. Inail. Ord. Pret. Monza 2 marzo 1981 (G.U. n. 283 del 1981)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 2463/2464-2469/2470Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184839 .

Accessed: 25/06/2014 00:34

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 00:34:00 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 25 febbraio 1988, n. 206 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1988, n. 9); Pres. Saja, Est. Gallo; Gritti

2463 PARTE PRIMA 2464

Diritto. — 1. -La questione di legittimità costituzionale del

l'art. 1 1. n. 270 del 1974, sollevata dal Tribunale di Catania, è fondata.

Non occorre qui riepilogare tutta la complessa vicenda dell'in

tervento legislativo in materia di enfiteusi, a partire dalla 1. 22

luglio 1966 n. 607, che ha profondamente modificato l'istituto

nel quadro di una politica diretta a favorire la congiunzione della

proprietà dei fondi rustici con la titolarità delle imprese agricole che li coltivano. È sufficiente riassumere la posizione di questa

corte, quale risulta specialmente dalle sentenze n. 145 del 1973

(Foro it., 1973, I, 2341) e n. 53 del 1974 (id., 1974, I, 971) circa i limiti imposti a tale politica legislativa dal rispetto del diritto

di proprietà garantito dall'art. 42 Cost. Essa si articola essenzial

mente in due punti:

a) sebbene la nuova disciplina dell'enfiteusi stabilisca per il ca

pitale di affranco una misura d'imperio in luogo del valore vena

le effettivo della nuda proprietà, «appare arbitrario equiparare

all'espropriazione l'esercizio della facoltà di riscatto della piena

proprietà mediante l'affrancazione» (sent. n. 53 del 1974). Per

tanto, come ha ribadito la sentenza n. 246 del 1984 (id., Rep.

1985, voce Enfiteusi, n. 4) le norme con le quali sono stati stabi

liti nuovi criteri di determinazione del canone, e quindi del capi tale di affranco, non sono soggette al requisito della giustificazio ne per motivi di interesse generale statuito dal 3° comma dell'art.

42, né possono essere confrontate con le norme in tema di espro

priazione per pubblica utilità, in riferimento all'art. 3 Cost.;

b) tuttavia, poiché il capitale di affranco del fondo enfiteutico

non ha più, come nella disciplina originaria del codice civile, fun

zione di corrispettivo (prezzo), bensì ha assunto la funzione di

«indennizzo», sono applicabili per analogia i criteri di valutazio

ne di congruità dell'indennizzo da corrispondere in caso di espro

priazione, i quali devono essere «applicabili senza grave e ingiu stificata lesione dei diritti dei concedenti»: pur non essendo rag

guagliabile al valore di mercato, la somma pagata al proprietario non può essere meramente simbolica o irrisoria, ma deve rappre sentare un serio ristoro. In questo senso la sentenza n. 145 del

1973 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 2 1. 18 di

cembre 1970 n. 1138 per violazione dell'art. 42, 3° comma, nella

parte in cui, per le enfiteusi costituite dopo il 23 ottobre 1941, determinava il canone, e quindi il capitale di affrancazione (pari a quindici volte il canone), in misura fissa corrispondente al red

dito dominicale risultante dal catasto secondo la revisione del 1939

e rivalutato con il d. leg. n. 356 del 1947.

2. - La sentenza n. 145 del 1973 ha indicato quello che, ad

avviso della corte, deve essere il parametro per una congrua in

dennità, identificandolo nei criteri stabiliti dalle leggi del 1950

(«legge Sila» n. 230 «legge stralcio» n. 84) per la determinazione

dell'indennizzo dei proprietari espropriati in attuazione della ri

forma agraria. Il dispositivo della sentenza è stato recepito alla lettera dalla

1. n. 270 del 1974 senza le integrazioni che da parte del legislatore sarebbero state necessarie per coglierne, alla stregua della moti

vazione, l'esatto significato e tradurlo in norma giuridica. La mo

tivazione precisa che il riferimento al reddito imponibile risultan

te dai dai catastali non è illegittimo a condizione che sia tenuta

«distinta la funzione generica del ricorso ai dati catastali dalla

misura della loro operatività in concreto, affinché ne sia mante

nuta adeguata, nei limiti di una ragionevole approssimazione, la

corrispondenza con la affettiva realtà economica». Alla stregua di questa direttiva si deve ritenere — come osserva l'ordinanza

di rimessione — che «la Corte costituzionale abbia fatto riferi

mento non tanto alla misura fissa consistente nell'indennità che

sarebbe stata corrisposta qualora i terreni fossero stati espropria

parte in cui, ai fini della determinazione del canone enfiteutico, si riferi sce sii parametri stabiliti dalle leggi di riforma fondiaria.

In tema di enfiteusi e di affrancazione del fondo, v., da ultimo, Corte cost. 20 dicembre 1988, n. 1105, id., 1989, I, 286, con nota di richiami, che ha dichiarato illegittimo l'art. 404 c.p.c., nella parte in cui non am metteva opposizione di terzo avverso l'ordinanza con cui il pretore dispo ne l'affrancazione del fondo ai sensi dell'art. 4 1. 607/66.

Sui criteri di determinazione dell'indennità per l'espropriazione per pub blico interesse, v., da ultimo, Cass. 29 novembre 1989, n. 5215, 16 giu gno 1989, n. 2891 e 31 marzo 1989, n. 1579, id., 1990, I, 884 e 581, con note di richiami e osservazioni di Catalano.

Il Foro Italiano — 1990.

ti in applicazione delle leggi di riforma agraria, quanto invece

ai criteri stabiliti da quelle leggi», nel senso che i capitali di af

franco non possono essere inferiori ai valori assunti per l'applica zione dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio a norma

dell'art. 9 d. leg. n. 143 del 1947, periodicamente aggiornati me

diante «coefficienti di maggiorazione stabiliti e pubblicati man

mano dalla commissione censuaria centrale».

Invece l'art. 1 1. n. 270 determina i capitali di affranco in mi

sura fissa ragguagliata ai valori medi dei terreni per il periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947 calcolati a norma dell'art. 9 del

citato decreto n. 143 del 1947, cioè in una misura già nel 1974

incongrua, e nel 1982 — anno in cui è stata domandata l'affran

cazione nel caso in controversia — senz'altro irrisoria, come di

mostra puntualmente l'ordinanza di rimessione, dalla quale si ap

prende che l'indennizzo dovuto al concedente è stato fissato dal

pretore in lire 122.236.

3. - Non si può pensare che l'art. 1 1. n. 270 del 1974 sia impli citamente integrato dalla 1. 20 ottobre 1954 n. 1044, la quale pre vedeva che le tabelle compilate dalla commissione censuaria cen

trale per l'applicazione dell'imposta progressiva straordinaria sul

patrimonio fossero aggiornate secondo un coefficiente determi

nato ogni anno dalla medesima commissione. Questa legge, che

prevedeva un procedimento di accertamento automatico dell'im

ponibile per l'applicazione dell'imposta di successione sui fondi

rustici, è stata abrogata dall'art. 58 d.p.r. 26 ottobre 1972 n.

637, entrato in vigore il 1° gennaio 1973; infatti l'ultimo aggior namento del coefficiente di maggiorazione ai sensi dell'art. 1 del

la legge risale al 1972.

Nemmeno si può pensare che la norma in questione sia integra bile con l'art. 8 1. 17 dicembre 1986 n. 880 (che ha introdotto

per tutti i terreni un nuovo sistema di accertamento automatico

dell'imponibile per l'applicazione dell'imposta di successione), sia

per ragioni giuridiche, la 1. n. 880 essendo retroattiva solo fino

al 1° luglio 1986 e comunque, trattandosi di legge tributaria, non

estensibile oltre il caso previsto, sia per ragioni tecniche, posto che la base di partenza per la determinazione dei canoni enfiteuti

ci non è il reddito dominicale risultante dal catasto secondo la

revisione del 1939, bensì' il valore medio per il periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947 determinato — sulla base del reddito cata

stale — mediante l'applicazione dei coefficienti previsti dall'art.

9 del decreto n. 143 del 1947.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, dichiara l'illegittimi tà costituzionale dell'art. 1 1. 14 giugno 1974 n. 270 («norme in

materia di enfiteusi») nella parte in cui non prevede che il valore

di riferimento da esso prescelto per la determinazione del canone

enfiteutico sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne adeguata, con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con l'ef

fettiva realtà economica.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 25 febbraio 1988, n. 206

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 marzo 1988, n. 9); Pres.

Saja, Est. Gallo; Gòtti c. Inail. Ord. Pret. Monza 2 marzo 1981 (G.U. n. 283 del 1981).

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Malattie profes sionali — «Manifestazione» — Incostituzionalità (Cost., art.

3, 38; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro

e le malattie professionali, art. 135).

È illegittimo l'art. 135, 2° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui individua la «manifestazione» della malattia

professionale, in caso di non abbandono del lavoro, nel giorno in cui viene presentata all'Inail la relativa denuncia corredata

da certificato medico. (1)

(1) L'ordinanza di rimessione Pret. Monza 2 marzo 1981 è massimata in Foro it., Rep. 1982, voce Infortuni sul lavoro, n. 122. La sentenza in epigrafe è annotata da G. Ciafrè, in Riv. it. dir. lav., 1988, II, 880,

This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 00:34:00 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 25 febbraio 1988, n. 206 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1988, n. 9); Pres. Saja, Est. Gallo; Gritti

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 15 gennaio

1990, n. 124; Pres. Menichino, Est. Battaglia, P.M. Visalli

(conci, diff.); Inail (Aw. Mancini, Graziani, Ruffini) c. Pe

tranzan (Avv. Cabibbo). Cassa Trib. Padova 12 luglio 1986.

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Malattie profes sionali — Diritto alle prestazioni — Prescrizione — Decorenza

(D.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, art. 112, 135).

La prescrizione triennale del diritto alle prestazioni assicurative,

relative a malattie professionali che non comportino l'abban

dono del lavoro, decorre dalla «manifestazione» di esse da in

dividuare, a seguito di Corte cost. 206/88 che ha dichiarato

l'incostituzionalità dell'art. 135 t.u. 1124/65, nel momento del

l'accertamento medico concernente i postumi consolidati e de

finitivi dell'incapacità lavorativa nella misura minima indenniz

zabile. (2)

I

Diritto. — 1. - Effettivamente l'ulteriore presunzione iuris et

de iure che il 2° comma dell'art. 135 della legge impugnato dal

giudice a quo pone ad esclusivo carico del lavoratore non è sol

tanto eccessiva ma è anche incompatibile con i principi di cui

agli art. 3 e 38 Cost.

È sufficiente, infatti, considerare che essa comporta la perdita di ogni indennizzo qualora la denunzia sia presentata oltre il ter

mine previsto dalla tabella ali. 4 per ciascuna malattia professio

nale, per rendersi conto che il principio dell'art. 38 Cost, resta

vanificato da un'inosservanza meramente formale. Un'inosservan

za, poi, che spesso non è nemmeno imputabile al lavoratore, ma

piuttosto all'insidioso decorso della malattia e al suo tardivo ac

certamento da parte dei sanitari: di talché ben può accadere che,

pur essendosi essa manifestata nel corso del termine previsto dal

la tabella, il suo riconoscimento sia intervenuto tardivamente, ma

gari al limite dello spirare del termine. D'altra parte, quand'an che la tardiva presentazione della denunzia fosse ascrivibile in

tutto o in parte all'ignoranza o alla negligenza o alle stesse pessi

me condizioni di salute del lavoratore, il privarlo per ciò solo

di ogni indennizzo rappresenta pur sempre una manifesta viola

zione del principio di cui all'art. 38 Cost.

Ma anche l'art. 3 Cost, resta coinvolto dalla disposizione in

esame: e non tanto per il confronto instaurato dall'ordinanza con

l'ipotesi in cui la malattia professionale determina la morte, giac

ché sul punto la risposta dell'Inail sembra effettivamente perti

nente ed esaustiva. Quanto piuttosto perché, rispetto ai lavorato

ri, nei confronti dei quali la manifestazione della malattia e il

suo tempestivo accertamento ha consentito una regolare denun

ove è riportata insieme a Corte cost. 18 febbraio 1988, n. 179, che ha

ritenuto l'incostituzionalità del sistema tabellare tassativo delle malattie

professionali: quest'ultima si legge anche in Foro it., 1988, I, 1031, con

nota di A. Rossi; in Giust. civ., 1988, I, 588, con nota di Morelli; in

Mass. giur. lav., 1988, 16, con nota di Alibrandi.

Per ulteriori riferimenti, da ultimo, cfr. Cass., sez. un., 9 marzo 1990, n. 1919, Foro it., 1990, I, 1158, con nota di richiami.

(2) Significativa la precisazione, contenuta in motivazione, che Corte

cost. 206/88 non ha modificato la ratio dell'art. 135 t.u. 1124/65 nella

parte in cui annette rilevanza al concetto di «manifestazione» e non a

quello di «insorgenza» della malattia professionale, con l'evidente intento

di soddisfare un'esigenza di certezza.

Nel senso che la decorrenza della prescrizione ex art. 112 t.u. cit. vada

individuata nella data di verificazione dei postumi definitivi nella misura

del minimo indennizzabile, v. Cass. 8 ottobre 1985, n. 4857, Foro it.,

Rep. 1985, voce Infortuni sul lavoro, n. 310.

Sulla decorrenza dalla denuncia con certificato medico, ovvero dalla

data di aggravamento dei postumi in misura superiore al minimo inden

nizzabile, Cass. 28 dicembre 1983, n. 7634, id., Rep. 1983, voce cit.,

n. 374; 18 gennaio 1984, n. 437, id., Rep. 1984, voce cit., n. 928; 4

febbraio 1984, n. 866, ibid., n. 294. Corte cost. 8 luglio 1969, n. 116,

id., 1969, I, 2076, con nota di richiami, ha dichiarato l'incostituzionalità

dell'art. 112, 1° comma, t.u. cit., nella parte in cui disponeva che l'azio

ne per conseguire la rendita per inabilità permanente si prescrivesse col

decorso del termine previsto anche nel caso in cui entro lo stesso termine

tale inabilità non avesse ridotto l'attitudine al lavoro in misura superiore al minimo indennizzabile.

Il Foro Italiano — 1990.

zia, la situazione del lavoratore sostanzialmente identica, la cui

malattia si è pure verificata nei termini tabellari ma viene tardiva

mente accertata, o comunque tardivamente denunziata, riceve un

trattamento di enorme disparità che non trova una razionale giu stificazione.

2. - In definitiva, qui non si tratta di vincere la presunzione

tabellare, che peraltro, questa corte (con sentenza 179/88, Foro

it., 1988, I, 1031) ha pure superato, ammettendo il lavoratore

a provare natura ed eziologia della contratta malattia anche al

di fuori delle previsioni tabellari. Si tratta soltanto di escludere

che una denunzia tardiva possa privare automaticamente dell'in

dennizzo il lavoratore la cui malattia si sia verificata nei termini

tabellari.

Il che non comporta alcun aggravio per l'istituto assicuratore

giacché, da una parte, l'onere della prova dell'effettiva verifica

zione della malattia nei termini tabellari ricadrà sul lavoratore:

e se la prova fallisse, egli non potrà avvalersi delle favorevoli

presunzioni discendenti dalla tabella, ma dovrà allora anche di

mostrare che — giusta i nuovi principi ora fissati da questa corte — la malattia, pur essendosi verificata fuori dei termini indicati

dalla tabella, ha tuttavia carattere professionale e dipende dalla

lavorazione morbigena cui era addetto.

Dall'altra, poi, se la tardività della denunzia non potrà più, di per se stessa, privare il lavoratore dell'indennizzo, resta ferma,

tuttavia, comunque, la decorrenza dalla data della denunzia —

secondo i principi generali — della corresponsione dell'indennità

quando risulti dovuta.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità

costituzionale del 2° comma dell'art. 135 del d.p.r. 30 giugno

1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione

obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie profes

sionali).

II

Svolgimento del processo. — Paolino Petranzan con ricorso

del 17 luglio 1984 al Pretore di Padova, in funzione di giudice del lavoro, esponeva: che fino al settembre 1981 aveva lavorato

alle dipendenze della Savi s.r.l. con mansioni di autista adibito

al trasporto, a mezzo di cisterne, di materiali chimici particolar mente tossici — tra cui il «Temidon TDI», acido solforico, for

maldeide e acido benzoico —; che, a causa anche dell'incarico

delle operazioni di carico e scarico del materiale e di pulizia delle

cisterne, gli era insorta una grave bronchite cronica con enfise

ma, di natura allergica; che il nesso di causalità tra esposizione al rischio e malattia era evidenziato anche dalla circostanza che

egli, affetto da bronchite asmatica in tenera età, era quasi del

tutto guarito da tale affezione, per cui la nuova malattia era da

attribuire soltanto ai successivi fattori professionali. Ciò premes

so, il Petranzan chiedeva il riconoscimento, nei confronti dell'I

nail, di rendita per inabilità permanente.

L'Inail, costituitosi, eccepiva anzitutto la prescrizione del dirit

to alla rendita in quanto la manifestazione della malattia era av

venuta entro il 1978 mentre il ricorso giudiziale era stato deposi tato solo nel 1984; e contestava poi la ricorrenza di una malattia

professionale, sostenendo che i disturbi dipendevano da labilità

dell'apparato respiratorio del Petranzan e si erano semmai aggra vati solo per due episodi (del 29 luglio 1972 e del 12 giugno 1973) consistenti in infortuni sul lavoro.

Il pretore, dopo consulenza tecnica d'ufficio, accoglieva la do

manda quantificando nel 40% la misura dell'inabilità.

Contro la sentenza proponeva appello l'Inail, insistendo nel

l'eccezione di prescrizione, sostenendo la necessità di prove aller

gologiche (non compiute) per dimostrare l'effetto permanente del

l'esposizione al TDI, e assumendo un'erronea fissazione della de

correnza degli interessi.

Il Tribunale di Padova con sentenza del 12 luglio 1986 rigetta

va il gravame, osservando: che gli episodi del 28 agosto 1972

e del 12 gennaio 1973, caratterizzati da cause violente, rapide

e concentrate, erano da qualificare infortuni sul lavoro ed erano

intervenuti in quadro bronchiale non del tutto integro per pre

gressi fatti asmatici; che, pertanto, a quell'epoca l'inalazione del

le sostanze tossiche era già iniziata e aveva raggiunto livelli eleva

ti; che, se, pertanto, non era accettabile un riferimento a malattia

del 1972, non era poi condivisibile l'avviso del pretore che aveva

considerato come certificato — ai fini del decorso della prescri

This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 00:34:00 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 25 febbraio 1988, n. 206 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1988, n. 9); Pres. Saja, Est. Gallo; Gritti

2467 PARTE PRIMA 2468

zione — il documento redatto dal solo ammalato e ricevuto dal

l'Inail il 27 marzo 1980, e che invece il termine triennale di pre scrizione era sicuramente decorso dal 25 novembre 1982, data

in cui il medico del patronato, che tutelava gli interessi del lavo

ratore, aveva richiesto all'Inail il riconoscimento della malattia

professionale, richiesta comunque — che, a voler lasciare ferma

la data del 27 marzo 1980 — valeva come atto interruttivo della

prescrizione, essendo l'istituto dell'interruzione applicabile nella

sua ampiezza se non voleva trasformarsi la prescrizione in deca

denza; che il pretore aveva sufficientemente motivato sull'inabili

tà fondandosi sull'esauriente documentazione medica esaminata

dal c.t.u., senza che residuassero dubbi sull'asma bronchiale in

sorta chiaramente come malattia professionale a causa dell'attivi

tà di lavoro dell'assicurato, e senza che occorressero ulteriori ac

certamenti clinici bastando quelli già acquisiti; che la decorrenza

infine degli interessi era da fissare alla domanda senza necessità

di riforma contenendo la decisione impugnata interpretazione uni

voca al riguardo, pur se non esplicata. Ricorre per cassazione l'Inail con tre motivi. Resiste con con

troricorso il Petranzan.

Motivi della decisione. — Col primo motivo (violazione e falsa

applicazione degli art. Ili, 112, 1° comma, 53 e 135 d.p.r. 30

giugno 1965 n. 1124 in relazione agli art. 2697 c.c., 115 e 116

c.p.c., nonché all'art. 2943 c.c., omessa, insufficiente e contrad

dittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, il tutto in relazione all'art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.), il ricorrente

deduce: che per l'art. 135 cit. elemento integrativo della denuncia

di malattia è il certificato medico, il quale con la prima fa ritene

re per fictio iuris verificata la malattia, per cui la prescrizione non può decorrere dal 25 novembre 1982 non essendo la richiesta

di tal data del medico del patronato il certificato medico dell'art.

53 («relazione particolareggiata della sintomatologia accusata dal

l'ammalato e di quella rilevata dal medico certificatore»), ma dal

27 marzo 1980, avendo in quest'ultima data l'interessato unito

all'istanza cartelle cliniche, da considerarsi valido sostitutivo del

certificato medico, mentre nessuna efficacia interruttiva può ave

re l'atto del 25 novembre 1982 non avendo nella materia questa efficacia atti diversi dalla domanda giudiziale o da quelli di cui

agli art. 104, 2° e 3° comma, e 112, 4° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124; che, comunque, per il tenore dell'art. 112, 1° com

ma, dopo la sentenza 116/69 (Foro it., 1969, I, 2076) della Corte

costituzionale, la prescrizione decorre non più dal giorno della

manifestazione della malattia, ma dal momento in cui l'inabilità

ha superato il minimo dell'indennizzabilità, e nella specie già la

denuncia del 27 marzo 1980 indica che il ricorrente era portatore di malattia professionale indennizzabile.

Col secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli art.

74, 111 e 112, 1° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 in rela

zione all'art. 113 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria

motivazione circa un punto decisivo della controversia) il ricor

rente deduce inoltre che il tribunale doveva, ritenendo il diritto

dell'assicurato insorto il 25 novembre 1982, far decorrere la ren

dita da tale data e non confermare sul punto la decisione di pri mo grado che faceva decorrere la rendita dal 27 marzo 1980.

Col terzo motivo (violazione e falsa applicazione dell'art. 3 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 e relativa tabella allegata n. 4 come modi

ficata dal d.p.r. 9 giugno 1975 n. 482; violazione e falsa applica zione dell'art. 2697 c.c., omessa, insufficiente e contraddittoria

motivazione circa un punto decisivo della controversia, il tutto

in relazione all'art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.), l'Inail infine dedu

ce: che con l'appello si è dedotta l'inaccettabilità del giudizio pe

ritale, attribuente l'aggravamento della patologia asmatica all'a

zione del TDI senza dimostrazione della presenza, nell'organi

smo, di fenomeni allergici, conseguenze tipiche di questa sostanza; che in proposito il tribunale ha genericamente confermato il giu dizio del pretore, per cui i vizi delle conclusioni del c.t.u. si co

municano alla sentenza; che il c.t.u. ha ritenuto presente una tec

nopatia da inalazione delle sostanze di cui alla voce 24 tabella

ali. 4 d.p.r. 9 giugno 1975 n. 482, nella misura del 40%, grado

raggiunto fin dall'agosto 1972 e rimasto immutato; che, secondo

la motivazione del perito, se il Petranzan, portatore di asma bron

chiale, è rimasto dal maggio 1972 al settembre 1981 esposto, nel

lavoro per la Savi, al TDI — il cui effetto principale sul polmone è l'asma —, non si può negare che l'asma bronchiale è da attri

buire al lavoro svolto; che, però, è palese come l'esposizione al

Il Foro Italiano — 1990.

rischio non faccia presumere la verificazione di questo, specie se il lavoratore, prima dell'assunzione, nel maggio 1972, era af

fetto da asma bronchiale, con danno del 30%, per allergia (sof ferta sin da giovanissima età e riacutizzatasi nel luglio 1971); che

neppure si può ritenere avvenuto un peggioramento (dal 30 al

40%) della patologia per effetto dell'esposizione al TDI, quando non si motiva l'esclusione di effetti per la preesistente affezione

o per le conseguenze dell'infortunio dell'agosto 1972 (nel quale si ebbe inalazione massiva, rapida e intensa, delle stesse sostanze

che per il c.t.u. avrebbero originato la malattia professionale); che, singolarmente, il perito ha fissato l'aggravamento suddetto

all'agosto 1972, epoca dell'episodio infortunistico, ad appena tre

mesi dall'inizio del lavoro, ed ha escluso nei successivi nove anni

qualsiasi ulteriore aggravamento, con la conseguenza assurda di

un'esposizione per tre mesi idonea ad un aggravamento del 10%

e di un'esposizione per nove anni inidonea ad ulteriori aggrava

menti; che, per di più, il perito non ha neppure provato l'aggra vamento perché ha esposto che la quantificazione «deve basar

si ... su dati esclusivamente d'ordine clinico, non essendo stato

effettuato un esame spirometrico nel . . . ricovero ... del luglio 1971» e che tali dati clinici deporrebbero in via «estremamente

orientativa» per un danno del 30%.

Il primo motivo non è fondato. L'art. 135, 2° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 è stato dichiarato costituzionalmente ille

gittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 206 depositata il 25 febbraio 1988 {id., 1990, I, 2464). La norma poneva una

presunzione assoluta di verificazione della malattia professionale nel giorno in cui era presentata all'istituto assicuratore la denun

cia con il certificato medico (nel caso di non astensione dal lavo

ro per la malattia o di manifestazione dopo la cessazione dal la

voro determinante la malattia); e nella specie la norma è stata

dai giudici di merito applicata per stabilire il dies a quo per la

decorrenza della prescrizione. Caduta questa fictio iuris, resta pe rò sempre la norma dell'art. 112, 1° comma, stessa legge per la quale la prescrizione triennale in questione decorre «dal giorno dell'infortunio o da quello della manifestazione della malattia pro fessionale». Deve quindi stabilirsi, in base alla normativa resi

dua, in che cosa consista la «manifestazione» della malattia pro fessionale. Il ricorrente sostiene superata la questione per effetto

della sentenza 8 luglio 1969, n. 116 della Corte costituzionale che

ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 112, 1° comma, «nella parte in cui dispone che l'azione per conseguire dall'Inail

la rendita per inabilità permanente si prescrive col decorso del

termine previsto anche nel caso in cui entro lo stesso termine

tale inabilità non abbia ridotto l'attitudine al lavoro in misura

superiore al minimo indennizzabile». Ad avviso, dunque, del ri

corrente, la prescrizione ai sensi dell'art. 112, 1° comma, decor

rerebbe non più dalla manifestazione della malattia ma dal con

solidamento dei postumi permanenti, a suo dire avvenuto in epo ca anteriore di molti anni alla data della domanda.

Devesi però precisare che la Corte costituzionale non ha di chiarato sic et simpliciter l'incostituzionalità della norma, ma ne

ha pronunciato l'illegittimità parziale: la decorrenza della prescri zione dalla «manifestazione» della malattia professionale in via

generale resta ferma, ma è sostituita dalla data del consolidamen

to dei postumi in misura pari al minimo indennizzabile, ove que sto si verifichi posteriormente alla «manifestazione» della malat

tia. La pronuncia di illegittimità parziale è appunto intervenuta in riferimento al caso di malattia professionale già manifestatasi

con carattere di permanenza entro il termine prescrizionale, ma

aggravatasi fino al raggiungimento del minimo per la rendita solo

al di là della maturazione di quel termine.

Del resto, questa stessa Suprema corte con le sentenze n. 7634

del 1983 (id., Rep. 1983, voce Infortuni sul lavoro, n. 374), n.

437 del 1984 (id., Rep. 1984, voce cit., n. 928) e n. 866 del 1984 (ibid., n. 294), già aveva precisato che il termine prescrizionale decorre dalla denuncia con certificato medico, ovvero dalla data

di aggravamento dei postumi in misura superiore al minimo in

dennizzabile; e con la sentenza a sezioni unite 8 ottobre 1985, n. 4857 (id., Rep. 1985, voce cit., n. 310) ha riconosciuto come

data di decorrenza della prescrizione di cui all'art. 112 r.d.l.

1765/35 quella di verificazione dei postumi definitivi nella misura

del minimo indennizzabile.

Dunque, caduta la presunzione dell'art. 135, 2° comma, occor

re, come si è precisato, fissare cosa debba intendersi per «manife

stazione» della malattia. «Manifestazione» non è sinonimo di in

This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 00:34:00 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 25 febbraio 1988, n. 206 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 marzo 1988, n. 9); Pres. Saja, Est. Gallo; Gritti

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sorgenza, e il termine non è stato usato a caso. Come già si con

siderava da dottrina e giurisprudenza nel vigore della precedente

legge (r.d. n. 1765 del 1935), determinare il momento in cui si

verifica un infortunio, il momento cioè in cui si produce il danno e dal quale possono decorrere le prestazioni di legge, è semplice, perché l'infortunio è prodotto di una causa violenta (pur se a volte il danno può prodursi dopo l'infortunio, infatti Corte cost. 23 maggio 1986, n. 129, id., 1986, I, 2102); e invece è difficile stabilire lo stesso momento per la malattia professionale che è

prodotta da una causa lenta, la quale anche in modo occulto

agisce all'interno dell'organismo prima di apparire a chiunque. Vi è stata dunque l'esigenza di ancorare il momento giuridica mente rilevante — ad ogni effetto — di inizio della malattia pro fessionale a fatti esterni sicuri. E questa esigenza, in particolare, vi era per la decorrenza della prescrizione a carico dell'assicura

to, che non poteva subire pregiudizio dal frequente inizio della malattia in modo subdolo e nascosto e dalla pratica impossibilità di immediato esercizio del diritto alle prestazioni assicurative re

lative. Nell'art. 135, 2° comma, ora dichiarato costituzionalmen

te illegittimo, si fissò la presunzione assoluta che la manifestazio

ne coincidesse, nel caso di non abbandono del lavoro, con la

presentazione della denuncia di malattia corredata da certificato

medico all'istituto: i due atti davano certezza e dell'esistenza del

male e della consapevolezza di questo male da parte dell'assicura

to. È vero che a questo modo l'inizio del decorso del termine

prescrizionale dipendeva in sostanza dalla volontà dell'assicura

to; però è egualmente vero che questi non poteva avere interesse a spostare in avanti l'inizio di quel decorso, perché era dalla data

della denuncia che poteva avere diritto alle prestazioni assicurati

ve in suo favore.

Ma, anche se è caduta la presunzione dell'art. 135, 2° comma, è rimasta la ratio dell'uso del termine «manifestazione» invece

di quello di «insorgenza». E quindi per «manifestazione» della

malattia non può intendersi che un fatto o un concorso di fatti

che dia certezza e dell'esistenza della malattia e della normale

conoscibilità di questa da parte dell'assicurato. In conseguenza,

questa certezza non può essere normalmente espressa che dall'ac

certamento medico concernente i postumi consolidati e definitivi

dell'incapacità lavorativa nella misura minima indennizzabile, in

riferimento ad una malattia che nella sua causa «professionale» abbia determinato detta riduzione.

Né questo risultato interpretativo deve ritenersi incompatibile con la decisione n. 206/88 della Corte costituzionale; questa inve

ro ha sancito l'illegittimità costituzionale della norma dell'art. 135, 2° comma, soltanto perché comportava la perdita di ogni inden

nizzo se la denuncia di malattia con certificato, integrante la ma

nifestazione della malattia stessa, fosse presentata oltre il termine

previsto dalla tabella ali. A nonostante la malattia si fosse verifi

cata entro tale termine.

Nella specie, l'incensurabile accertamento di fatto dei giudici di merito ha escluso l'esistenza sia della malattia alla data ante

riore del 27 marzo 1980, sia del relativo referto medico: la sola volontà dell'assicurato non può in via di principio dare alcuna

certezza, neppure soggettiva, sulla malattia, in base a quanto si

è sopra considerato, e al 27 marzo 1980 non vi è stata appunto che una mera denuncia di malattia da parte dell'assicurato. Il

ricorrente Inail assume che a tale data alla denuncia furono alle

gate cartelle cliniche, equipollenti del certificato medico; ma i giu dici di merito non hanno accertato che vi fossero referti sulla

malattia professionale e anzi hanno soltanto riferito di precedenti ricoveri per infortuni sul lavoro, sia pur prodotti dalla stessa cau

sa (tanto che hanno precisato che questa causa ha dato luogo e agli infortuni sul lavoro e alla malattia professionale). La de

correnza, dunque, della prescrizione, dal 25 novembre 1982, co

me decisa dai giudici d'appello, è corretta, perché solo in tale

data — sempre secondo le precisazioni dei giudici di merito —

sopravvenne la segnalazione di un medico sulla malattia profes

sionale, nell'interesse dell'assicurato, con la connessa indicazione

della misura minima indennizzabile della ridotta capacità lavora

tiva. Soltanto il primo motivo va respinto. Al contrario è fondato il secondo motivo. Invero, avendo il

tribunale fissato la decorrenza della prescrizione dal 25 novembre

1982 (come già detto, correttamente), non è altrettanto corretta

la conferma integrale della decisione di primo grado che faceva

decorrere quella prescrizione dal 27 marzo 1980 (ai fini della li

quidazione della rendita). Né, come assume il resistente nel contro

ricorso, vi è preclusione perché il punto non è stato oggetto di

Il Foro Italiano — 1990.

gravame nell'atto d'appello. Con questo atto, dopo la sentenza del pretore che dichiarò decorrente la prestazione dal 27 marzo

1980, l'Inail contestò in radice il diritto alla rendita, perché pre scritto essendosi la malattia manifestata molto prima del marzo

1980, e quindi non è vero che non si lamentasse di una decorren za dal marzo 1980.

Il terzo motivo è egualmente fondato. Realmente il consulente tecnico d'ufficio — cui si rifa il tribunale — non ha adeguata mente giustificato perché la tecnopatia deve attribuirsi all'esposi zione al TDI per lungo tempo quando nei nove anni di tale espo sizione, dopo i primi tre mesi, nessun aggravamento si verificò mentre il lavoratore era affetto da preesistente infermità allergica e proprio nel periodo di aggravamento fu vittima di infortunio sul lavoro; pertanto, si doveva spiegare perché era da escludere che l'aggravamento fosse addebitabile esclusivamente o alla pree sistente malattia o all'infortunio. Incensurabile, per il resto, ap pare il giudizio sull'esistenza dell'aggravamento perché effetto di

una valutazione squisitamente tecnica, basata sui dati clinici a

disposizione. In accoglimento dei due suddetti motivi, la sentenza impugnata

va cassata con rinvio della causa ad altro giudice d'appello. Que sto — che si designa nel Tribunale di Treviso — prowederà al riesame dei punti sopra indicati.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 31 marzo 1987, n. 87

(Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 8 aprile 1987, n. 15); Pres. La Pergola, Rei. Pescatore; Regione Sicilia (Aw. Fazio) c.

Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti).

Sicilia — Entrate regionali — Tassa per il rilascio dei diplomi di maturità — Devoluzione allo Stato — Incostituzionalità

(R.d.leg. 15 maggio 1946 n. 455, statuto della regione siciliana, art. 36; d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, norme di attuazione dello

statuto della regione Sicilia in materia tributaria, art. 2; d.l. 26 novembre 1981 n. 677, contenimento della spesa del bilan

cio statale e di quelli regionali, art. 6; 1. 26 gennaio 1982 n.

11, conversione in legge del d.l. 26 novembre 1981 n. 677, art. 1). Sicilia — Entrate regionali — Somme stanziate dallo Stato —

Contributo di solidarietà nazionale — Riduzione — Questione infondata di costituzionalità (R.d.leg. 15 maggio 1946 n. 455, art. 19, 38; d.l. 26 novembre 1981 n. 677, art. 3; 1. 26 gennaio 1982 n. 11, art.l).

Sicilia — Entrate regionali — Somme stanziate dallo Stato —

Contributo di solidarietà sociale — Riduzione stabilita con de

creto legge convertito e già contenuta in precedenti decreti leg ge non convertiti — Questione inammissibile di costituzionalità

(R.d.leg. 15 maggio 1946 n. 455, art. 19, 36, 38; 1. 26 gennaio 1982 n. 11, art. 2).

È illegittimo, per violazione dell'art. 3, 2° comma, statuto Sici

lia, l'art. 6, 3° comma, d.l. 26 novembre 1981 n. 677, converti

to in l. 26 gennaio 1982 n. 11, nella parte in cui devolve allo

Stato l'importo della tassa per il rilascio dei diplomi di ma

turità. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3,

2° comma, d.l. 26 novembre 1981 n. 677, convertito in l. 26

gennaio 1982 n. 11, nella parte in cui dispone la riduzione di

25 miliardi dell'importo dovuto dallo Stato alla regione Sicilia

quale contributo di solidarietà nazionale, in riferimento agli art. 19 e 38 statuto Sicilia. (2)

(1-4) La questione di costituzionalità relativa all'art. 2 d.l. 677/81 (di cui, ma sotto altro profilo, alla terza massima) è stata, successivamente alla presente decisione, dichiarata manifestamente infondata da Corte cost. 11 febbraio 1988, n. 164, Foro it., Rep. 1988, voce Contabilità dello

Stato, n. 28. In materia di vincoli di destinazione di somme statali devolute alle re

This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 00:34:00 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended