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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 26 luglio 1988, n. 880 (Gazzetta...

Date post: 27-Jan-2017
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sentenza 26 luglio 1988, n. 880 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres. Saja, Est. Greco; Ravallo c. Inail (Avv. Monaco); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Farina). Ord. Trib. Pistoia 3 giugno 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 37 del 1987) Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 2785/2786-2787/2788 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181465 . Accessed: 25/06/2014 07:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.60 on Wed, 25 Jun 2014 07:39:55 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 26 luglio 1988, n. 880 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres.Saja, Est. Greco; Ravallo c. Inail (Avv. Monaco); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoFarina). Ord. Trib. Pistoia 3 giugno 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 37 del 1987)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2785/2786-2787/2788Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181465 .

Accessed: 25/06/2014 07:39

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

siffatto vantaggio, dal quale sono inopinatamente gratificati solo

perché il loro rapporto non è sottoposto al regime definitivo.

Che la introduzione di un cosi evidente privilegio valga quale remora alle finte locazioni, coartando la volontà della parte tenu

ta all'esborso verso il rinnovo del contratto, è risultato di una

tecnica legislativa che, mentre afferma il diritto del locatore alla

conclusione del rapporto per finita locazione, ne condiziona la

realizzazione ad un impoverimento pecuniario, tendente ad impe dirne preventivamente l'esercizio.

Viene qui in evidenza non tanto l'effetto discriminatorio verso

altre categorie di conduttori, ben potendo il legislatore dare di

verso rilievo a diverse situazioni di soggetti interessati soprattutto allorché i vantaggi degli uni non alterano la posizione contrattua

le degli altri, quanto piuttosto la interna contraddizione di una

mens legis che contemporaneamente vuole e disvuole l'afferma

zione di un atto di autonomia privata. Anche sotto questo profilo è palesemente violato il principio

di ragionevolezza imposto al legislatore dall'art. 3 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la illegittimi tà costituzionale dell'art. 1, ultimo comma, d.l. 9 dicembre 1986

n. 382 («misure urgenti in materia di contratti di locazione di

immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione»), conver

tito, con modificazioni, nella 1. 6 febbraio 1987 n. 15.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 luglio 1988, n. 880

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres.

Saja, Est. Greco; Ravallo c. Inail (Aw. Monaco); interv. Pres.

cons, ministri (Avv. dello Stato Farina/ Ord. Trib. Pistoia

3 giugno 1987 (G.U., la s.s., n. 37 del 1987).

Infortuni sul lavoro — Assicurazione obbligatoria — Artigiani italiani all'estero — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art.

35, 38; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni

per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro

e le malattie professionali, art. 1, 4).

Sono illegittimi, per violazione degli art. 35 e 38 Cost., gli art.

1 e 4 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui escludo

no dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavo

ro e le malattie professionali gli artigiani italiani che lavorano

all'estero. (1)

Diritto. - Il Tribunale di Pistoia dubita della legittimità costitu

zionale degli art. 1 e 4 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui limitano al territorio dello Stato italiano l'efficacia dell'as

sicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malat

tie professionali gestita dall'Inail, nei confronti degli artigiani,

in riferimento agli art. 35 e 38 Cost., i quali tutelano il lavoro

in tutte le sue forme ed applicazioni e, in particolare, il lavoro

italiano all'estero e riconoscono, inoltre, per il lavoratore vittima

di infortunio, la garanzia di adeguati mezzi di sussistenza.

2. - La questione è fondata.

Questa corte (sent. n. 369 del 1985, Foro it., 1986, I, 863)

ha già ritenuto l'illegittimità costituzionale degli art. 1 e 4 d.p.r.

30 giugno 1965 n. 1124, per violazione dell'art. 35 Cost., nelle

parti in cui non estendono l'efficacia delle assicurazioni obbliga

torie ai rapporti tra imprese e lavoratori italiani che si svolgono

in Stati esteri con i quali l'Italia non ha stipulato convenzioni

internazionali di sicurezza sociale conformi alla propria Costi

tuzione.

La corte ha osservato che l'art. 35 Cost., secondo cui la repub

blica tutela il lavoro italiano all'estero, contiene un precetto

(1) La corte estende agli artigiani italiani che lavorano all'estero la tu

tela assicurativa degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali

già riconosciuta ai lavoratori italiani all'estero con sent. 30 dicembre 1985, n. 369, Foro it., 1986, I, 863, con nota di V. Ferrari, in Mass. giur.

lav., 1986, 11, con nota di Alibrandi, in Riv. it. dir. lav., 1986, II,

491, con nota di Cinelli, e in Dir. lav., 1986, II, 266, con nota di Sandulli.

Per riferimenti sulla previdenza degli artigiani, v. Cass. 17 giugno 1988, n. 4161, in questo fascicolo, I, 2883, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1988.

che non si presta ad alcuna elusione, distorsione o dilazione; e

che tale principio è uno dei valori fondamentali sanciti dalla Co

stituzione, la cui violazione, se denunciata, deve essere ricono

sciuta e sanzionata, non potendo eventuali inconvenienti giustificare la carenza di protezione sociale per il lavoratore italiano che svol

ga all'estero la propria attività.

Successivamente alla detta sentenza è stato emanato il d.l. 31

luglio 1987 n. 317, convertito in 1. 3 ottobre 1987 n. 398, e recan

te norme in materia di tutela dei lavoratori italiani operanti nei

paesi extracomunitari, il quale ha previsto (art. 1) l'obbligo delle

assicurazioni sociali per detti lavoratori, la cui attività si svolga in paesi con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza socia

le. La previsione riguarda, unitamente alla specifica disciplina del

rapporto assicurativo, i soli lavoratori subordinati, dipendenti da

datori di lavoro italiani o stranieri (art. 2, 2 bis, 3, 4, 5 e 6) e non invece gli artigiani.

Per questi ultimi, se lavorano in Italia, l'obbligo dell'assicura

zione contro gli infortuni è sancito dal d.p.r. 1124 del 1965, il

cui art. 4, tra le persone assicurate, comprende anche gli artigiani che prestano abitualmente opera manuale nelle rispettive imprese.

Ora per quanto riguarda la tutela degli artigiani che lavorano

all'estero, in paesi extracomunitari, ritiene la corte che valgano le stesse considerazioni formulate in precedenza, con la già citata

sentenza n. 369 del 1985, per i lavoratori dipendenti.

Invero, la figura dell'artigiano è più affine a quella del lavora

tore che a quella dell'imprenditore; secondo l'indirizzo giurispru denziale costante, anche della Corte di cassazione, formatosi nella

vigenza della 1. 25 luglio 1956 n. 860, ritenuta integrativa dell'art.

2083 c.c., nell'impresa artigiana il lavoro professionale anche ma

nuale del titolare dell'impresa, con l'ausilio di quello di familiari

e dipendenti, ha carattere di stabilità, continuità e prevalenza, in relazione alla struttura organizzativa ed alle esigenze economi

che e produttive dell'impresa stessa, mentre la qualificazione di

«artigiano» va esclusa se il lavoro del titolare sia solamente occa

sionale ovvero quantitativamente e qualitativamente limitato.

La più recente legge-quadro sull'artigianato, 8 agosto 1983 n.

443, che ha abrogato la 1. n. 860 del 1956, disciplinando ex novo

la materia, ha previsto che l'attività del titolare dell'impresa deve

necessariamente essere di natura anche manuale e che l'imprendi tore artigiano non deve limitare il suo apporto all'organizzazione e alla direzione commerciale dell'impresa, cioè allo svolgimento di funzioni amministrative e di collocazione del prodotto, ma de

ve partecipare al processo produttivo, sicché il suo lavoro deve

avere carattere determinante e non essere meramente accidentale.

In altri termini, il lavoro dell'artigiano prevale sul capitale. L'ap

porto del titolare al processo produttivo, e cioè alla lavorazione

e alla produzione vera e propria, deve risultare prevalente, sia

pur senza escludere un impegno nell'area tecnica, amministrativa

e commerciale dell'impresa. Il relativo accertamento, esteso anche al requisito della sussi

stenza del carattere manuale del titolare dell'impresa, nelle con

troversie in cui sia contestata la qualità di artigiano, è demandato

al giudice di merito. Ora, dalla sussistenza dell'elemento «lavoro» e, per di più, dal

carattere di prevalenza di questo, discende l'impossibilità assolu

ta di negare la protezione al lavoro stesso assicurata dai precetti

costituzionali, ivi compresa, anzitutto, quella di cui all'art. 35

che concerne non solo tutte le varie forme ed applicazioni dell'at

tività lavorativa, ma, in particolare, quella che si svolge all'este

ro. E nemmeno può negarsi l'applicazione delle norme di sicurezza

sociale dettate dall'art. 38 Cost., per cui il cittadino inabile al

lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al

mantenimento ed all'assistenza sociale nonché quello a che siano

preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle sue esigenze di vita

in caso di infortunio, oltre che di malattia, invalidità e vecchiaia.

È indifferente, ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni,

che interessa la fattispecie, il fatto che il lavoro si svolga all'estero.

Il luogo del lavoro, se posto al di fuori dei confini dello Stato,

non può in alcun modo far venir meno le ragioni della tutela

assicurativa, specie per la specifica previsione della norma costi

tuzionale (art. 35 Cost.). Ed indifferente rimane, altresì', la circo

stanza, posta in luce dalla difesa dell'autorità intervenuta, che

la scelta di detto luogo sia stata frutto di una libera determina

zione dell'artigiano, la quale, del resto, può sussistere anche per

il lavoratore dipendente, cui pure è stata concessa la detta tutela.

Pertanto, va dichiarata l'illegittimità costituzionale degli art.

1 e 4 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui delimitano

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2787 PARTE PRIMA 2788

al territorio dello Stato italiano l'efficacia dell'assicurazione ob

bligatoria esercitata dall'Inail a favore degli artigiani. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità

costituzionale degli art. 1 e 4 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in

cui non prevedono l'assicurazione obbligatoria a favore degli ar

tigiani italiani che lavorano all'estero.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 luglio 1988, n. 878

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres.

Saja, Est. Ferri; Banca d'America e d'Italia ed altra c. D'A

lessandro. Ord. Pret. Verona 30 luglio 1987 (G.U., la s.s., n.

52 del 1987)

Impiegato dello Sitato e pubblico — stipendi e assegni — Figno

rabilità nei limiti di un quinto — Esclusione — Incostituziona

lità (Cost., art. 3; cod. proc. civ., art. 545; d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180, t.u. delle leggi concernenti il sequestro, il pignora mento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipen denti della pubblica amministrazione, art. 2).

È illegìttimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 2, 1° comma, n. 3, d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180, nella parte in cui non preve de la pignorabilità e la sequestrabilità degli stipendi, salari e

retribuzioni corrisposti dallo Stato, fino alla concorrenza di un

quinto per ogni credito vantato nei confronti del personale. (1)

Diritto. — 1. - L'ordinanza di rimessione del Pretore di Vero

na pone la questione di legittimità costituzionale, in riferimento

all'art. 3 Cost., dell'art. 2, 1° comma, n. 3, d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180 (t.u. delle leggi concernenti il sequestro, il pignora mento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui, in contrasto

con l'art. 545, 4° comma c.p.c., non prevede la pignorabilità de

gli Stipendi, salari e retribuzioni corrisposti dallo Stato, nei limiti

di un quinto, per ogni credito vantato nei confronti del personale. Il t.u. n. 180 del 1950 stabilisce di regola (art. 1) l'impignorabi

lità delle retribuzioni, o altri emolumenti, dei dipendenti pubblici

e, in deroga a tale principio, la norma ora impugnata consente

la pignorabilità di detti emolumenti soltanto per crediti alimenta

ri, nella misura di un terzo, e per tributi dovuti allo Stato o debiti

verso gli enti da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto di impiego, nella misura di un quinto.

Tale disciplina è più favorevole di quella dettata dall'art. 545

c.p.c., in materia di retribuzione dei dipendenti privati: per que sti è prevista la regola generale della pignorabilità, per ogni tipo di credito, nella misura di un quinto, ad eccezione dei crediti

alimentari in relazione ai quali la misura è quella autorizzata dal

pretore. 2. - Argomentando dalla sentenza 89 del 1987 (Foro it., 1987,

I, 1001) di questa corte, che ha dichiarato l'illegittimità costitu

zionale del citato art. 2 «nella parte in cui in contrasto con l'art.

545, 4° comma, c.p.c., non prevede la pignorabilità e la seque strabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti da altri

enti diversi dallo Stato, da aziende e da imprese di cui all'art.

1 d.p.r. n. 180 del 1950, fino alla concorrenza di un quinto, per

ogni credito vantato nei confronti del personale», il giudice re

mittente rileva una ingiustificata disparità di trattamento tra i

dipendenti dello Stato ed i dipendenti degli enti pubblici diversi

(1) La corte completa l'eliminazione dal nostro ordinamento del privi legio costituito dalla impignorabilità degli emolumenti dei pubblici dipen denti: l'attesa pronunzia in epigrafe si richiama ai principi già posti a

base della decisione 31 marzo 1987, n. 89, Foro it., 1987, I, 1001, con nota di C. M. Barone, cui si rimanda per ogni riferimento, segnalando che la sentenza è stata annotata anche da: A. Saletti, La «nuova» impi gnorabilità degli emolumenti dei pubblici dipendenti, in Riv. dir. proc., 1987, 987; R. Conte, Nuova breccia nel principio dell'impignorabilità degli stipendi dei pubblici dipendenti, in Foro pad., 1987, I, 343.

Il Foro Italiano — 1988.

dallo Stato in quanto permane soltanto a favore dei primi il più

vantaggioso regime in tema di pignorabilità degli stipendi previ

sto dal citato d.p.r. rispetto alla normativa dell'art. 545 c.p.c. Ad avviso del Pretore di Verona la rilevata disparità di tratta

mento non può più trovare giustificazione nella esigenza di ga rantire il buon andamento degli uffici e la coninuità dei servizi

della p.a., motivo che aveva indotto la corte ad optare con le

sent. 49 del 1976 (id., 1976, I, 897) e 337 del 1985 (id., 1986, I, 1213) per l'infondatezza della allora proposta questione: detta

esigenza sarebbe infatti riferibile non solo all'attività dello Stato

ma anche a quella degli altri enti pubblici (compresi quelli territo

riali) ai quali la norma non è più applicabile dopo la pronuncia n. 89 del 1987 di questa corte. In ogni caso, ritiene il giudice

a quo, la possibilità di sottoporre a pignoramento, nel limite di

un quinto, gli emolumenti dei dipendenti dello Stato, anche per

crediti diversi da quelli indicati nell'art. 2, 1° comma, n. 3, del

citato d.p.r., non appare tale da mettere in pericolo la funzionali

tà dei pubblici uffici. 3. - La questione è fondata.

Il nuovo regime determinatosi a seguito della sentenza n. 89

del 1987, induce questa corte a riprendere in esame l'attuale as

setto della materia, considerandone anche storicamente l'evolu

zione normativa.

In tema di pignorabilità delle retribuzioni dei dipendenti pub

blici e privati, la diversità di trattamento tre le due categorie si

presenta come un dato costante della legislazione italiana post unitaria: già nel codice di rito del 1865 mentre non era stato pre visto alcun limite alla pignorabilità delle retribuzioni dei dipen denti privati, l'art. 591, 1° comma, prescriveva che «gli stipendi e le pensioni dovuti dallo Stato non possono essere pignorati se

non nei casi e nei modi stabiliti dalle leggi speciali».

Queste ultime erano rappresentate all'epoca dalle leggi n. 1731

e n. 1807 del 1864 che consentivano la pignorabilità di detti emo

lumenti per soli crediti dello Stato o alimentari e si riferivano

ai soli impiegati civili dello Stato, la prima, ed «agli ufficiali del

l'armata di terra e marittima», la seconda.

A conclusione di varie e successive disposizioni l'ambito di ap

plicazione del regime speciale fu regolato dalla 1. 276 del 1902

che lo estese agli emolumenti corrisposti agli impiegati, pensiona ti o salariati dello Stato, del fondo per il culto degli economati

generali, dei comuni, delle province e delle opere pie, delle came

re di commercio, degli istituti di emissione, delle casse di rispar mio e delle compagnie assuntrici di pubblici servizi ferroviari e

marittimi.

Allargando, quindi, la tutela della retribuzione alla quasi gene ralità dei pubblici dipendenti, la 1. 276 del 1902 poneva i tratti

essenziali della disciplina destinata a giungere fino ai nostri giorni. In termini sostanzialmente identici, infatti, le disposizioni so

pra indicate erano riprese prima dalla 1. 335 del 1908 e poi dal

r.d. 874 del 1941 (che approvava il t.u. delle leggi concernenti

il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari

e pensioni dei dipendenti delle p.a.); con un amplissimo richia

mo, esso portava alla sua definitiva sistemazione la categoria dei

soggetti tutelati comprendendovi i dipendenti di qualsiasi ente ed

istituto pubblico «sottoposto a tutela, od anche a sola vigilanza, dell'amministrazione pubblica».

Il legislatore repubblicano, dal suo canto, mentre per i pubblici

dipendenti ha ripreso le norme del t.u. n. 874 del 1941 con il

d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180, ha d'altro lato modificato, con

il d.l.c.p.s. 10 dicembre 1947 n. 1548, l'art. 545 c.p.c. (il cui vecchio testo introduceva anche per i dipendenti privati il regime di pignorabilità solo per crediti determinati ed in limiti di valore

prefissati), consentendo la pignorabilità, nei limiti del quinto, delle

retribuzioni e delle indennità relative al rapporto di lavoro priva

to, per ogni tipo di credito.

4. - Com'è noto la diversità di regime è stata più volte esami

nata da questa corte fin dal 1963 con conclusioni e motivazioni

in parte diverse, la cui evoluzione è l'effetto degli innegabili mu

tamenti nel frattempo intervenuti nella disciplina dei rapporti di

lavoro pubblici e privati. Con la sentenza n. 88 del 1963 (id., 1963,1, 1093), nel respingere

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 d.p.r. n. 180 del

1950, sotto il profilo della violazione degli art. 3 e 28 Cost., la corte

poneva l'accento sulla differenza di status tra impiegati pubblici e privati, cui corrispondeva «una profonda diversità di situazio

ni», sicché il diverso regime della pignorabilità «può rite

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