sentenza 27 aprile 1988, n. 498 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 4 maggio 1988, n. 18);Pres. Saja, Est. Greco; Cogo c. Soc. C.M.P.; Soc. Conceria Nuti c. Cenci (Avv. Bellotti); Barreca c.Unione del commercio e del turismo della provincia di Firenze; Scafuri c. Soc. Prod-El; Soc. Ras(Avv. Giorgianni) c. Malatesta (Avv. Crugnola); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoPalatiello). Ord. Pret. Milano 7 ott ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 1769/1770-1771/1772Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181291 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 aprile 1988, n. 498
{Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 4 maggio 1988, n. 18); Pres. Saja, Est. Greco; Cogo c. Soc. C.M.P.; Soc. Conceria
Nuti c. Cenci (Avv. Bellotti); Barreca c. Unione del commer
cio e del turismo della provincia di Firenze; Scafuri c. Soc.
Prod-El; Soc. Ras (Avv. Giorgianni) c. Malatesta (Avv. Cru
gnola); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Palatiel
lo). Ord. Pret. Milano 7 ottobre 1981 (G.U. n. 206 del 1982); Trib. Pisa 26 ottobre 1983 (G.U. n. 190 del 1984); Cass. 2
aprile 1985 (G.U., la s.s., n. 30 del 1986); Trib. Monza 24
ottobre 1986 (G.U., la s.s., n. 13 del 1987); Trib. Milano 4
febbraio 1987 (G.U., la s.s., n. 22 del 1987).
CORTE COSTITUZIONALE;
Lavoro (rapporto) — Lavoratrici — Prolungamento del rapporto fino ai limiti di età per uomini — Opzione — Incostituzionalità
(L. 9 dicembre 1977 n. 903, parità di trattamento tra uomini
e donne in materia di lavoro, art. 4).
È illegittimo, per violazione degli art. 3 e 37 Cost., l'art. 4 l.
9 dicembre 1977 n. 903, nella parte in cui subordina il diritto
delle lavoratrici, in possesso dei requisiti per la pensione di vec
chiaia, di continuare a prestare la loro opera fino agli stessi
limiti di età previsti per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali, all'esercizio di un'opzione in tal
senso, da comunicare al datore di lavoro non oltre la data di
maturazione dei predetti requisiti. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 gennaio
1987, n. 749; Pres. Vela, Est. Tondo, P. M. Pandolfelli
(conci, diff.); Tittarelli (Avv. Falla Trella, Mariani) c. Soc.
Alivar (Avv. Contaldi, Santagostino). Cassa Trib. Novara
31 maggio 1982.
Lavoro (rapporto) — Lavoratrici — Prolungamento del rapporto fino ai limiti di età per uomini — Superfluità dell'opzione (L. 15 luglio 1966 n. 604, art. 3, 11; 1. 9 dicembre 1977 n. 903,
art. 4).
Il licenziamento di lavoratrice al cinquantacinquesimo anno privo di giusta causa o di giustificato motivo è illegìttimo, essendo
stata eliminata dall'ordinamento, per effetto della sentenza del
la Corte costituzionale n. 137/86 la disparità di trattamento
tra uomini e donne stabilita dagli art. 111. 604 del 1966, 9
r.d. 14 aprile 1939 n. 636, convertito in l. 1272 del 1939, modi
ficato dall'art. 2 I. 218 del 1952, 15 d.l. c.p.s. 708 del 1947
e 16 I. 1450 del 1956, ed essendo quindi divenuto inutile l'eser
cizio del diritto di opzione di cui all'art. 4 l. 903
del 1977. (2)
(1-2) Con decisione di accoglimento la Corte costituzionale aderisce
all'interpretazione dei giudici a quibus (Pret. Milano, ord. 7 ottobre 1981
è riportata in Foro it., 1983, I, 1796; Trib. Monza 21 novembre 1986, in Diritto e pratica lav., 1987, 62), cui adde Cass., ord. 23 settembre
1987, n. 592, Foro it., Mass., 1217, secondo la quale pur dopo l'emana
zione della sentenza 137 del 1986 del giudice delle leggi (Foro it., 1986,
I, 1749, con nota di richiami) continuava ad aver valore giuridico la nor
mativa sull'opzione di cui all'art. 4 1. 903 del 1977.
Contra, e cioè per l'inutilità dell'esercizio dell'opzione stessa dopo l'e
manazione di tale pronuncia, cfr. Cass. 27 gennaio 1987, n. 749, in epigrafe. Sottolinea l'ambiguità della decisione 137 del 1986, cit., in dottrina,
da ultimo, L. Isemburg, Licenziamento e pensione di vecchiaia: questioni di disparità di trattamento uomo-donna (nota a Corte cost. 11 giugno
1986, n. 137, e Corte giust. Ce 26 febbraio 1986, causa 152/84, causa
262/84, causa 151/84), in Riv. it. dir. lav., 1988, II, 60 ss.
Sembra importante porre in luce come in motivazione la Corte costitu
zionale nella sentenza in epigrafe, ribadisca che il diritto della donna di
conseguire la pensione di vecchiaia «rimane fermo» al cinquantacinquesi mo anno di età e che ciò non contrasti con il principio di parità, che
«non esclude speciali profili, dettati dalla stessa posizione della lavoratri
ce, che meritano una particolare regolamentazione».
Il Foro Italiano — 1988 — Parte /-34.
I
Diritto. — 1. - I cinque giudizi possono essere riuniti e decisi
con un'unica sentenza in quanto prospettano questioni in parte identiche ed in parte connesse.
Il Pretore di Milano (r.o. n. 138/82) e i Tribunali di Monza
(r.o. n. 52/87), di Pisa (r.o. n. 163/84) e di Milano (r.o. n. 194/87), dubitano della legittimità costituzionale dell'art. 4 1. 9 dicembre
1977 n. 903 nella parte in cui, per le lavoratrici, subordina la
prosecuzione del rapporto di lavoro tra il cinquantesimo ed il
sessantesimo anno di età, con le garanzie di stabilità previste dal
la legge, all'esercizio, da parte loro, di un'opzione in tal senso, da farsi tre mesi prima della data del perfezionamento del diritto
alla pensione di vecchiaia. Ne risulterebbero violati gli art. 3 e
37 Cost, in quanto le suddette avrebbero un trattamento deterio
re rispetto ai lavoratori, per i quali non sussiste alcun onere, non
ché rispetto alle stesse lavoratrici in servizio alla data di entrata
in vigore della legge, sebbene in possesso dei requisiti per il pen sionamento di vecchiaia, esonerate dal suddetto onere.
1.1. — La Corte di cassazione (r.o. n. 153/86) dubita della
legittimità costituzionale del 2° comma dello stesso articolo nella
parte in cui non prevede l'esenzione dall'onere dell'opzione an
che per le lavoratrici le quali, licenziate per raggiunti limiti di
età prima della entrata in vigore della legge, abbiano impugnato il licenziamento prima di detto momento, rivendicando il loro
diritto di proseguire l'attività lavorativa fino agli stessi limiti di
età previsti per l'uomo. A parere della remittente risulterebbero
violati gli art. 3, 4 e 37 Cost, in quanto vi sarebbe disparità di
trattamento tra il caso disciplinato dalla norma e il caso sottopo sto al suo esame, ad esso sostanzialmente assimilabile, per la even
tualità di una successiva declaratoria di nullità del licenziamento; ne deriverebbe anche una discriminazione del lavoro femminile
rispetto a quello maschile di per sé non soggetto ad alcun onere
nonché una compressione dello stesso diritto al lavoro.
2. - È preliminare l'esame della eccezione di inammissibilità
sollevata dalla difesa dell'Unione del commercio e del turismo
della provincia di Firenze, nel giudizio di cui all'ordinanza della
Corte di cassazione (r.o. n. 153/86). Si sostiene la irrilevanza della questione in quanto la lavoratri
ce licenziata per il raggiunto limite di età di cinquantacinque an
ni, senza aver formulato l'opzione di cui alla norma censurata, ha ottenuto dal giudice di merito solo il riconoscimento del dirit
to al risarcimento dei danni mentre era stata esclusa la tutela
reale del posto di lavoro e sul punto si sarebbe formato giudicato. L'eccezione non può essere accolta.
Anche a seguire l'assunto della deducente, in punto di fatto
si osserva che indubbiamente la durata del rapporto di lavoro
influisce anche nella determinazione dell'ammontare dei danni, il quale è ad essa ragguagliato.
L'eccezione va, pertanto, disattesa.
3. - La questione è fondata.
L'art. 4 1. n. 903 del 1977, ora censurato, attribuisce alla don
na lavoratrice, nonostante che sia in possesso dei requisiti per avere diritto alla pensione di vecchiaia, la possibilità di continua
re a prestare la sua opera negli stessi limiti di durata del rapporto di lavoro prevista per l'uomo lavoratore da disposizioni legislati ve regolamentari, contrattuali. Ma per la sola donna richiede
un'opzione in tal senso e la sua comunicazione al datore di lavo
In dottrina, per la contraria tesi accolta da Cass. 749/87 in epigrafe, cfr. L. Hoesch, Osservazioni sul diritto di opzione ex art 4 I. 903/77
dopo la sentenza n. 137/86 della Corte costituzionale (nota a Corte cost.
11 giugno 1986, n. 137), in Lavoro 80, 1986, 754. Sul punto, cfr., inoltre, intervista a F. Liso, a cura di M. Converso, in Lavoro informazione, 1986, n. 14, 31. Per l'affermazione del principio che l'esercizio del diritto
di opzione di continuare a prestare la propria opera fino agli stessi limiti
di età previsti per gli uomini avvenuto oltre il termine di tre mesi di
cui all'art. 4 1. 903 del 1977, non impedisce la recedibilità ad nutum del
datore di lavoro con la prestatrice d'opera, cfr. Cass. 21 giugno 1986, n. 4156, Foro it., 1986, I, 2445, con nota di richiami, cui si rinvia anche
per la segnalazione della sospensione fino al 31 dicembre 1986 nelle aziende
industriali nei casi dell'applicazione dell'art. 4 cit. (art. 1, 4° comma, 1. 193/84) e del pensionamento per tutti a 50 anni nella siderurgia (art.
1, 1° comma, cit.). Sul divieto di lavoro notturno per le donne previsto dall'art. 5 1. 903
cit., cfr. Corte cost. 6 luglio 1987, n. 246, id., 1987, I, 2605, con nota
di richiami.
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1771 PARTE PRIMA 1772
ro, da farsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto alla pensione oppure entro la data in cui maturano
i suddetti requisiti nel caso in cui ciò avvenga entro i tre mesi
successivi alla entrata in vigore della legge in esame.
È esonerata dalla comunicazione solo la lavoratrice che, alla
data di entrata in vigore della legge, abbia continuato a lavorare
pur avendo maturato i requisiti per avere la pensione di vecchiaia.
È evidente che la lavoratrice, rispetto al lavoratore, ha avuto
un trattamento diverso che non ha alcuna ragionevole giustifica zione proprio per i principi affermati più volte da questa corte
sulla parità uomo-donna in materia di lavoro e, in particolare,
per quelli posti a fondamento della sentenza n. 137 del 1986 (Fo
ro it., 1986, I, 1749). Si è ritenuto che l'evoluzione delle situazio
ni verificatesi nel campo del lavoro, specie a seguito dell'introduzione di nuovi mezzi e di nuove tecniche, della previ
denza, dell'assistenza, nonché nel campo del diritto di famiglia
per effetto della riforma di cui alla 1. 19 maggio 1975 n. 151,
con l'attuazione della parità dei coniugi in seno alla famiglia,
nell'assistenza, nella cura e nell'educazione dei figli, ha fatto ve
nir meno le ragioni giustificatrici della differenza di trattamento
della donna lavoratrice rispetto all'uomo lavoratore ai fini della
stabilità del rapporto di lavoro.
3.1 - Con la suddetta sentenza, dichiarandosi la illegittimità costituzionale dell'art. 11 1. n. 604 del 1966, che prevedeva la
possibilità di licenziamento ad nutum della donna al cinquanta
cinquesimo anno di età e non al sessantesimo, come per l'uomo,
si è sancito il diritto della prima alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino alla stessa età prevista per l'uomo e le si è, correla
tivamente, assicurata la stabilità nel posto di lavoro fino a tale età.
Il riferimento alle norme sul pensionamento anticipato per vec
chiaia della donna (cinquantacinque anni) rispetto all'uomo (ses santa anni) ivi contenuto è meramente incidentale; la statuizione
precettiva e la rilevanza innovativa nell'ordinamento giuridico han
no riguardato, in base alle ordinanze dei giudici a quibus, solo
l'«età lavorativa» della donna al compimento del sessantesimo
anno e non la postergazione dell'età pensionistica, la quale per la donna è rimasta ferma al cinquantacinquesimo anno.
3.2 - Ora, nella fattispecie, siccome la richiesta opzione discri
mina la donna rispetto all'uomo per quanto riguarda l'età massi
ma di durata del rapporto di lavoro stabilita da leggi, regolamenti e contratti, e, quindi, la protrazione del rapporto, sussiste, la
violazione dell'art. 3 Cost., non avendo la detta opzione alcuna
ragionevole giustificazione, e dell'art. 37 Cost., risultando leso
il principio della parità uomo-donna in materia di lavoro, e va,
quindi, dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma nella
parte in cui prevede l'opzione. Si ribadisce così che l'età lavorativa deve essere uguale per la
donna e per l'uomo, mentre rimane fermo il diritto della donna
a conseguire la pensione di vecchiaia al cinquantacinquesimo an
no di età, onde poter soddisfare esigenze peculiari della donna
medesima, il che non contrasta con il fondamentale principio di
parità, il quale non esclude speciali profili, dettati dalla stessa
posizione della lavoratrice, che meritano una particolare regola mentazione.
La protrazione della durata del rapporto di lavoro, cioè dell'e
tà lavorativa, consente anche alla donna lavoratrice di conseguire i relativi vantaggi, come, ad esempio, gli aumenti retributivi e
i conseguenti aumenti di pensione. Resta assorbita la dedotta violazione dell'art. 4 Cost.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la illegittimi tà costituzionale dell'art. 4 1. 9 dicembre 1977 n. 903, nella parte in cui subordina il diritto delle lavoratrici, in possesso dei requisi ti per la pensione di vecchiaia, di continuare a prestare la loro
opera fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da dispo sizioni legislative, regolamentari e contrattuali, all'esercizio di
un'opzione in tal senso, da comunicare al datore di lavoro non
oltre la data di maturazione dei predetti requisiti.
II
Svolgimento del processo. — Marsilia Tittarelli impugnava, di
nanzi al Pretore di Novara, il licenziamento comunicatole dalla
s.p.a. Alivar al compimento del cinquantacinquesimo anno, assu
mendo di aver manifestato l'intendimento di continuare il rap
porto di lavoro fino al compimento del sessantesimo anno di età, ai sensi dell'art. 4 1. 9 dicembre 1977 n. 903. Il pretore rigettava
Il Foro Italiano — 1988.
la domanda ritenendo non provato che la Tittarelli avesse debita
mente comunicato a chi aveva il potere di rappresentare la s.p.a. Alivar la sua volontà di proseguire il rapporto. La decisione era
confermata dal Tribunale di Novara che con sentenza del 31 mag
gio 1982 ribadiva che dalle prove raccolte non era possibile stabi
lire se la Tittarelli conversando con la propria capoufficio sig.ra Travi e con gli altri colleghi, avesse veramente inteso formulare
debite istanze destinate ad avere effetti concreti e obbligatori o
non piuttosto fare delle semplici confidenze a colleghi. Doveva
quindi ritenersi che non vi fosse stata alcuna seria e certa comu
nicazione al datore di lavoro come richiesto dalla 1. 903/77.
Ha proposto ricorso per cassazione la Tittarelli deducendo due
motivi di annullamento illustrati con memoria. Resiste la s.p.a. Alivar con controricorso.
Motivi della decisione. — È decisivo ed assorbente rilevare che
la Corte costituzionale, con sentenza 18 giugno 1986, n. 137 (Fo ro it., 1986, I, 1750, che è successiva al 25 marzo 1986, data
di deliberazione della presente sentenza ha reso necessaria la ri
convocazione della camera di consiglio), ha dichiarato l'illegitti mità costituzionale, per contrasto con gli art. 3, 4, 35 e 37 Cost.,
degli art. 11 1. 15 luglio 1966 n. 604, 9 r.d.l. 14 aprile 1939 n.
636 conv. in 1. 6 luglio 1939 n. 1272, modificato dall'art. 2 1.
4 aprile 1952 n. 218, 15 d.l. c.p.s. 16 luglio 1947 n. 708, 16 1.
4 dicembre 1956 n. 1450, nella parte in cui prevedono il consegui mento della pensione di vecchiaia e, quindi, il licenziamento della
donna lavoratrice per tale motivo al compimento del cinquanta
cinquesimo anno di età anziché al compimento del sessantesimo
anno come per l'uomo.
La conseguente, radicale eliminazione dell'ordinamento della
predetta disparità, ha reso evidentemente inutile e superfluo il
diritto di opzione riconosciuto alla donna dall'art. 4 1. 9 dicem
bre 1977 n. 903, posto che il di lei licenziamento al cinquantacin
quesimo anno di età è di per sé senz'altro illegittimo. Nella specie
perciò, tutte le questioni relative al corretto esercizio dell'opzione restano superate.
Il ricorso deve dunque essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice, che si uniformerà
al principio di diritto sopra enunciato.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 aprile 1988, n. 443
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 aprile 1988, n. 17); Pres. Saja, Est. Dell'Andro; Raco; interv. Pres. cons, mini
stri. Orci. Magistrato sorveglianza Roma 22 gennaio 1987 (G.U., la s.s., n. 16 del 1987).
Abitualità e professionalità nel reato, tendenza a delinquere —
Revoca della dichiarazione di delinquente abituale da parte del
magistrato di sorveglianza — Assenza di misura di sicurezza
in corso o da eseguire — Irrilevanza — Questione infondata
di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 26 luglio 1975 n. 354, nor
me sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle mi
sure privative e limitative della libertà, art. 69; 1. 10 ottobre
1986 n. 663, modifiche alla legge sull'ordinamento penitenzia rio e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della
libertà, art. 21).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legit timità costituzionale dell'art. 69, 4° comma, ultima parte, l.
26 luglio 1975 n. 354, cosi' come modificato dall'art. 21 l. 10
ottobre 1986 n. 663, in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto, attesa la ratio della disposizione che non consente il permanere dello status di delinquente abituale quando sia venuta meno
la pericolosità del soggetto, il magistrato di sorveglianza deve
comunque attivare il procedimento di riesame della pericolosità sociale e provvedere, ove del caso, alla revoca della declarato
ria di abitualità, anche se la misura di sicurezza personale è
stata revocata prima dell'entrata in vigore della l. 10 ottobre
1986 n. 663. (1)
(1) L'ordinanza di rimessione si legge in Foro it., 1988, II, 72, con nota di richiami.
Un'attenta analisi delle competenze del magistrato di sorveglianza nella
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