sentenza 27 ottobre 1988, n. 992 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 novembre 1988, n. 44);Pres. Conso, Est. Borzellino; Fedozzi (Avv. Agostini) c. Usl n. 28 Bologna ed altri; interv. Pres.cons. ministri (Avv. dello Stato Siconolfi). Ord. Pret. Bologna 26 agosto 1987 (G.U., 1 a s.s., n.53 del 1987)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 1765/1766-1771/1772Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184019 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - Il Tribunale di Roma ravvisa un contrasto con
gli art. 3 e 24 Cost, nell'art. 101, 2° comma, 1. fall., interpretato nel senso che l'inosservanza, da parte del creditore istante, dell'o
nere di costituzione in giudizio almeno cinque giorni prima del
l'udienza, ai sensi dell'art. 98, 3° comma, ivi richiamato, comporta l'estinzione dell'azione, e quindi la non riproponibilità della do
manda di ammissione tardiva del credito entro il limite di tempo indicato nel 1° comma dell'art. 101.
L'eccezione di inammissibilità della questione, opposta dall'av
vocatura dello Stato, non può essere accolta, atteso che l'inter
pretazione adeguatrice ai dettami costituzionali, che si rimprovera al tribunale di non avere seguito coerentemente con le sue con
vinzioni, cioè l'interpretazione restrittiva del rinvio all'art. 98, 3°
comma, e disattesa dalla giurisprudenza consolidata della Cas
sazione.
2. - La questione non è fondata.
È vero che la dichiarazione tardiva di crediti, prevista dall'art.
101 1. fall., è strutturalmente diversa dall'opposizione allo stato
passivo prevista dall'art. 98, solo la seconda, non anche la prima, avendo natura di gravame in senso tecnico. Ma, ai fini della va
lutazione delle rispettive discipline alla stregua dell'art. 3 Cost.,
rileva piuttosto il profilo funzionale che quello strutturale. Dal
punto di vista della funzione, le due azioni presentano una inne
gabile analogia: entrambe mettono in discussione lo stato passivo
formato dal giudice e tendono a modificarlo; l'opposizione fa
valere una pretesa inesattezza, la domanda di insinuazione tardi
va una pretesa incompletezza dello stato passivo.
L'analogia funzionale spiega l'adeguamento della disciplina pro cessuale della dichiarazione tardiva al modello dell'opposizione allo stato passivo, e richiama anche per il giudizio incidentale
previsto dall'art. 101 l'esigenza di speditezza caratteristica del pro
cesso fallimentare. Nel caso di inosservanza del termine perento rio per la costituzione in giudizio del creditore istante, tale esigenza
giustifica l'estensione della sanzione di decadenza della domanda,
stabilita nel 3° comma dell'art. 98, in luogo della regola generale di cui all'art. 310, 1° comma, c.p.c.
3. - Nemmeno può dirsi violato l'art. 24 Cost. Nel formulare
questa ulteriore censura, secondo cui la norma denunciata rende
rebbe «estremamente difficoltoso l'esercizio del diritto, se si con
sidera che la mancata costituzione può verificarsi anche senza
art. 98, 3° comma, richiama la norma nella sua interezza, compresa la
parte che commina la decadenza dell'istante dalla (ri)proponibilità della
domanda d'insinuazione tardiva in caso di sua mancata tempestiva costi
tuzione in giudizio, v. Cass. 4 novembre 1982, n. 5790, Foro it., Rep.
1982, voce Fallimento, n. 439; 11 febbraio 1980, n. 938, id., 1980, I,
2213, con nota di richiami. Tale interpretazione è consolidata nella giuri
sprudenza di legittimità e largamente prevalente in quella di merito.
In dottrina, conformemente all'orientamento giurisprudenziale, v. Pro
vinciali, Ragusa Maggiore, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova,
1988, 523-524; Ragusa Maggiore, È riproponibile la domanda d'insi
nuazione tardiva?, in Dir. fallim., 1988, II, 553; Id., Passivo (accerta
mento), voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1982, XXXII, 223-224;
Mazzocca, Manuale di diritto fallimentare, 2a ed., Napoli, 1986, 396-397; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, 3" ed., Milano, 1986, 508; S.
Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1974, 259, nota 529; Azzolina, Il
fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 1961, II, 764; Pro
vinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, III, 1506.
In senso variamente contrario, v. Didone, Insinuazione tardiva e con
sumazione dell'azione, in Giur. merito, 1988, 738; Pavone, Gli effetti della rinuncia agli atti nel giudizio di insinuazione tardiva di credito, in
Fallimento, 1986, 888; Bonfatti, La formazione dello stato passivo, in
Giur. comm., 1980, I, 1024; Caputo, Insinuazione tardiva e consumazio
ne dell'azione, in Banca, borsa, ecc., 1980, II, 446; Scalera, Verifica
costituzionale della legge fallimentare, Padova, 1977, 128; Ferrara, Il
fallimento, 3a ed., Milano, 1974, 506; G. Pezzano, Sulla riproponibilità della domanda di dichiarazione tardiva di credito nel fallimento, in Foro
it., 1968, I, 2179; Bianchi D'Espinosa, Insinuazioni tardive, termine di
costituzione, decadenza, in Giust. civ., 1960, I, 1949; Ferrante, Ancora
sulla pretesa irriproponibilità della dichiarazione tardiva di credito nel
caso di mancata costituzione in termini del creditore, in Foro it., 1960,
I, 1775; Covino, Se la domanda tardiva di credito, dichiarata inammissi
bile, per mancata costituzione o notifica entro il termine perentorio, sia
ulteriormente proponibile, id., 1956, I, 143.
Per una declaratoria di manifesta infondatezza della questione di legit timità costituzionale dell'art. 101 1. fall., in riferimento agli art. 3 e 24
Cost., v. Cass. 14 maggio 1975, n. 1862, id., 1976, I, 138.
Il Foro Italiano — 1989.
colpa del creditore», il giudice a quo non ha tenuto conto dei
riflessi, sul 3° comma dell'art. 98 1. fall., della sentenza 30 aprile
1986, n. 120 (Foro it., 1986, I, 1753) di questa corte, che ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 98, 2° comma, nella
parte in cui non prevedeva nei confronti del creditore opponente
(o del creditore istante nel caso di dichiarazione tardiva di crediti) la comunicazione, almeno quindici giorni prima dell'udienza di
comparizione, del decreto ivi indicato: riflessi esplicitati dalla stessa
sentenza nel senso che, dichiarata l'incostituzionalità del 2° com
ma, il 3° comma dell'art. 98 appare pienamente rispettoso del
l'art. 24, 2° comma, Cost.
Non è più ipotizzabile che il creditore non venga, senza sua
colpa, tempestivamente a conoscenza del decreto indicato nel 2°
comma dell'art. 98 o dell'art. 101, con cui il giudice delegato fissa l'udienza di comparizione delle parti. Dovendo il provvedi mento essergli comunicato almeno quindici giorni prima della da
ta fissata per l'udienza, dal momento della comunicazione il
creditore dispone necessariamente di almeno dieci giorni utili per
costituirsi in giudizio, ed evitare cosi la decadenza prevista nel
3° comma.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 101, 2° comma,
in relazione all'art. 98, 3° comma, r.d. 16 marzo 1942 n. 267
(«disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'am
ministrazione controllata e della liquidazione coatta amministra
tiva»), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., dal Tribunale
di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 ottobre 1988, n. 992
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 novembre 1988, n. 44); Pres. Conso, Est. Borzellino; Fedozzi (Avv. Agostini) c. Usi
n. 28 Bologna ed altri; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello
Stato Siconolfi). Orci. Pret. Bologna 26 agosto 1987 (G.U., la s.s., n. 53 del 1987).
Sanità pubblica — Servizio sanitario nazionale — Accertamenti
diagnostici specialistici ad alto costo — Apparecchiature dete
nute unicamente da strutture private non convenzionate — Rim
borso delle spese — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art.
3, 32; 1. 27 dicembre 1983 n. 730, disposizioni per la formazio
ne del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finan
ziaria 1984), art. 32; 1. 22 dicembre 1984 n. 887, disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 1985), art. 15).
Sono illegittimi, per violazione dell'art. 32 Cost., gli art. 32, 4°
comma, l. 27 dicembre 1983 n. 730 (legge finanziaria 1984) e 15 l. 22 dicembre 1984 n. 887 (legge finanziaria 1985), nella parte in cui non consentono il rimborso delle spese per le pre stazioni di diagnostica specialistica ad alto costo eseguite pres so strutture private non convenzionate, allorché queste ultime
siano le uniche detentrici delle relative apparecchiature e gli accertamenti risultino indispensabili. (1)
(1-3) Sulla potestà del giudice ordinario di intervenire di urgenza a tu tela del diritto alla salute del cittadino nei confronti del servizio sanitario
nazionale, v., da ultimo, Cass. 12 febbraio 1988, n. 1504 e Pret. Milano
16 aprile 1987, Foro it., 1989, I, 499, con nota di richiami sia sul diritto
soggettivo alla salute garantito dalla Costituzione sia sui limiti e presup
posti della esperibilità di azioni cautelari nei confronti della pubblica am
ministrazione. Il giudizio di legittimità costituzionale deciso dalla corte con la senten
za in epigrafe era stato promosso da Pret. Bologna 26 agosto 1987, Giust.
civ., 1988, I, 3023, con nota M. Dogliotti, Il diritto alla salute ad una
nuova svolta; sull'argomento, v. anche Pret. Bologna 10 settembre 1987,
ibid., 3022 (che ha affermato la natura di diritto soggettivo e la spettanza alla giurisdizione ordinaria del pretore in funzione di giudice del lavoro
della vertenza avente ad oggetto il rimborso chiesto dal lavoratore
alla Usi per le spese di noleggio di un apparecchio medico indispensa bile per la cura dei postumi di un infortunio sul lavoro); Pret.
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1767 PARTE PRIMA 1768
II
PRETURA DI GENOVA; ordinanza 12 gennaio 1989; Giud. Bel
fiore; Valenti (Avv. Ricco) c. Regione Liguria (Avv. Petro
celli) e Min. sanità.
Sanità pubblica — Medicinale costoso e indispensabile — Forni
tura diretta a carico del servizio sanitario nazionale — Diritto
soggettivo — Giurisdizione ordinaria (Cost., art. 32; 1. 23 di
cembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale).. Provvedimenti di urgenza — Medicinale non compreso nel pron
tuario terapeutico nazionale — Potestà discrezionale della pub blica amministrazione — Insussistenza — Fornitura diretta a
carico del servizio sanitario nazionale — Ammissibilità (Cod.
proc. civ., art. 700; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conversione
in legge, con modificazioni, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463, recante misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e
per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari
settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni ter
mini, art. 10). Provvedimenti di urgenza — Fornitura di medicinale costoso e
indispensabile — Pericolo di mancato godimento del diritto —
Pregiudizio imminente e irreparabile — Sussistenza (Cost., art.
32; cod. proc. civ., art. 700).
La posizione giuridica della paziente che chiede la fornitura gra tuita a carico del servizio sanitario nazionale di un medicinale
costoso e indispensabile rientra nell'ambito della tutela del di
ritto alla salute e deve qualificarsi di diritto soggettivo, come
tale soggetta alla potestà del giudice ordinario. (2) Il giudice ordinario, adito ex art. 700 c.p.c. da paziente che chie
de la fornitura gratuita a carico del servizio sanitario nazionale
di un medicinale costoso e indispensabile non compreso nel pron tuario terapeutico nazionale, può disapplicare quest'ultimo ed
ordinare agli organi competenti del servizio di fornire gratuita mente e direttamente il farmaco (nella specie, «ossicodone»), atteso che in materia non sussiste alcun potere discrezionale
della pubblica amministrazione. (3) Il mancato godimento di un diritto per tutto il tempo necessario
ad essere fatto valere in via ordinaria costituisce pregiudizio
irreparabile neutralizzabile attraverso un provvedimento d'ur
genza ex art. 700 c.p.c. (nella specie, l'istante aveva chiesto
la fornitura gratuita e diretta a carico del servizio sanitario na
zionale di un medicinale costoso e indispensabile non compreso nel prontuario nazionale). (4)
Verona 12 novembre 1987, ibid., 801 (per l'inquadramento del diritto all'ambiente salubre nell'ambito del diritto soggettivo alla salute); Pret. San Severo 12 gennaio 1988, ibid., 1622 (per la disapplicabilità dell'atto amministrativo illegittimo nel rapporto convenzionale del medico scola stico, su cui v. anche la nota di richiami di Angiello a Cass. 8 gennaio 1987, n. 55, Foro it., 1987, I, 2437); nonché le decisioni citate in motiva zione da Corte cost. 992/88 in epigrafe: Corte cost. 14 luglio 1986, n.
184, id., 1986, I, 2053, con nota di Ponzanelli, La Corte costituzionale, il danno non patrimoniale e il danno alla salute, e 2976, con nota di
Monateri, La Costituzione ed il diritto privato: il caso dell'art. 32 Cost, e del danno biologico (e in Resp. civ., 1986, 520, con nota di Scalfì, Riminiscenze dogmatiche per il c.d. danno alla salute: un ripensamento della Corte costituzionale; Foro pad., 1987, I, 6, con nota di Pulvirenti, Considerazioni sulla natura del danno all'integrità psicofisica della perso na umana dopo la sentenza 30 giugno 1986, n. 184 della Corte costituzio nale; Assicurazioni, 1986, II, 157, con nota di Tricoli, Il danno alla salute e l'art. 2059 c.c.; Giur. it., 1987, I, 1, 392, con nota di Pulviren
ti, Il danno all'integrità psicofisica (cosiddetto danno biologico) nella più recente sentenza della Corte costituzionale); 18 dicembre 1987, n. 559, Foro it., 1988, I, 1, con nota di Pizzorusso, e 2154, con nota di Maz
zotta, Malattie, cure termali e vecchi merletti (e in Giur. costit., 1987, I, 3506, con nota di Ghera, Cure termali e retribuzioni: contrasto nella
giurisprudenza ordinaria ed intervento della Corte costituzionale; Giur.
it., 1988, I, 1, 689, con note di Modugno, La retribuzione dei congedi straordinari per cure idrotermali: una «interpretativa di rigetto» a valen za additiva?, e di Miscione, Le cure termali extraferiali\ Dir. lav., 1987, II, 448, con nota di Piccininno; in Riv. amm., 1988, 374, con nota di
Felicetti, Cure termali: brevi note sui riflessi della sentenza n. 559 del 1987 della Corte costituzionale in materia di impiego statale).
(4) Singolare interpretazione del presupposto del danno grave e irrepa rabile, ai fini dell'emissione del provvedimento ex art. 700 c.p.c., cosi dilatato da finire per coincidere con il pregiudizio generico derivante dal
li Foro Italiano — 1989.
I
Diritto. 1.1. - L'art. 32, 4° comma, 1. 27 dicembre 1983 n.
730 (legge finanziaria 1984) stabiliva che, per l'esercizio cui la
norma si riferisce, la diagnostica specialistica ad alto costo ed
in particolare, fra gli altri, gli accertamenti di tomografia assiale
computerizzata (Tac) dovevano essere effettuati (per ottenere l'as
sunzione a carico del servizio sanitario) presso le strutture pubbli
che; solo in via eccezionale, in caso cioè di impossibilità accertata,
potevano consentirsi, ai fini del rimborso, presso strutture priva te convenzionate. Tale previsione veniva espressamente prorogata con l'art. 15 1. 22 dicembre 1984 n. 887 (legge finanziaria 1985).
1.2. - In presenza di una prestazione altamente specialistica (to
mografia con apparecchio a risonanza magnetica nucleare), ese
guita — previa prescrizione di necessità dell'esame — nell'unico
istituto privato, non convenzionato, che allora risultava in pos sesso delle strumentazioni, il giudice a quo dubita della legittimi tà della norma impugnata: una volta accertata la necessità
diagnostica, l'esclusione dal rimborso per un servizio reso da una
struttura (privata) non contemplata — poiché non convenzionata — contrasterebbe con l'art. 32 Cost, garante dell'effettiva tutela
della salute e con l'art. 3 che ne costituisce il presupposto. 2. - La questione è fondata.
Già la corte ha avuto modo di affermare che il bene della salu
te umana rappresenta, in forza dell'art. 32 Cost., quel diritto
primario e fondamentale che — per tali premesse — impone pie na ed esaustiva tutela (sentenze n. 184 del 1986, Foro it., 1986,
I, 2053 e n. 559 del 1987, id., 1988, I, 1). Pertanto, l'esclusione
in assoluto, che si ricava dalla normativa in esame, di qualsivo
glia ristoro, ancorché ricorrano particolari condizioni di indispen sabilità non altrimenti sopperibili, incide sulla garanzia di cui
innanzi.
È appena il caso di soggiungere che ciò non contrasta con la
ricostruzione del sistema pure già operata da questa corte, là do
ve s'è riconosciuto (sent. n. 173 del 1987, id., 1987, I, 2291) che
le strutture sanitarie pubbliche si integrano, nella loro potenziali
tà, con altre private, purché convenzionate, restando fermo il di
ritto del cittadino di rivolgersi — a proprie spese — a libere
prestazioni.
Quanto qui richiesto costituisce completamento esaustivo della
tutela dovuta. La comune esperienza suffraga — e il caso ne è
palmare conferma — come possano esservi cure ed interventi (è
conforme, in punto, la giurisprudenza della Corte di cassazione) non altrimenti soddisfattibili, talché risulta palese l'iniquità del
diniego di relativo ristoro a cura del servizio sanitario nazionale, anche in ordine ovviamente alla pregressa inscindibile diagnosti ca. Va dichiarata pertanto, restando assorbita ogni altra prospet
tazione, l'illegittimità costituzionale delle dedotte norme, per contrasto con l'art. 32 Cost.
la durata del processo ordinario cui (secondo l'insegnamento di Chioven
da, Istituzioni di diritto processuale civile, Jovene, Napoli, 1935, I, 148: «la sentenza che accoglie la domanda deve attuare la legge come se ciò avvenisse nel momento stesso della domanda giudiziale») il nostro ordi namento supplisce con la retroazione degli effetti della sentenza favore vole al momento della proposizione della domanda.
Neppure S. Satta (Commentario al codice di procedura civile, Giuf
frè, Milano, 1968, IV, 270), ne! propugnare l'applicabilità della procedu ra d'urgenza ai soli diritti assoluti, con esclusione di quelli di obbligazione, era arrivato a far coincidere la lesione irreparabile di quei diritti con la
pendenza del processo; e lo stesso estensore della ordinanza in epigrafe, in un suo scritto di alcuni anni fa (C. Belfiore, Licenziamento illegittimo e art. 700 c.p.c., in Giur. merito, 1976, I, 15), aveva sostenuto che: «. . . non sembra accettabile la tesi che, ai fini del provvedimento d'ur
genza, il solo pregiudizio che può venire in considerazione è quello diret tamente derivante dalle more del processo di cognizione e cioè quello consistente nel godimento da parte del convenuto di una situazione giuri dica incompatibile con quella del ricorrente. Invero, l'art. 700 c.p.c. par la genericamente di pregiudizio incombente 'durante' il tempo occorrente
per far valere il diritto in via ordinaria, il che fa pensare ad un collega mento meramente temporale tra pregiudizio e processo, non già ad un
collegamento di tipo causale, come invece si sarebbe dovuto intendere se il legislatore avesse parlato di un pregiudizio incombente al diritto del ricorrente 'a causa' delle more del giudizio».
Per riferimenti sul provvedimento d'urgenza nel campo della tutela del diritto alla salute e sulla esperibilità dell'art. 700 c.p.c. nei confronti della
pubblica amministrazione, v. citazioni nella nota che precede.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 32, 4° comma, 1. 27 dicembre 1983 n. 730
(disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1984), e dell'art. 15 1. 22 dicembre
1984 n. 887 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1985), nella parte in
cui non consentivano — con le stesse modalità ivi contemplate ai fini dell'assunzione della spesa a carico del servizio sanitario
nazionale — la eseguibilità delle prestazioni di diagnostica specia listica ad alto costo anche presso strutture private non convenzio
nate, allorché queste ultime fossero le uniche detentrici delle relative
apparecchiature e gli inerenti accertamenti risultassero indispen sabili.
II
Il tema da affrontare in via preliminare è quello relativo alla
giurisdizione del giudice ordinario, contestata dall'avvocatura dello
Stato sotto due distinti profili. In primo luogo, la difesa del ministero della sanità eccepisce
che il giudice, pur ammettendosi il suo potere di disapplicare un
provvedimento amministrativo ritenuto illegittimo — e cioè, nel
caso in esame, il prontuario terapeutico nazionale —, non può includere in tale prontuario, neppure con riferimento al solo caso
concreto, un preparato farmaceutico che non vi è stato introdot
to dall'autorità amministrativa competente: ciò infatti equivar rebbe ad attribuire al giudice la potestà di modificare un atto
amministrativo. In secondo luogo, la difesa suddetta eccepisce
che, per emettere il provvedimento chiesto, il giudice dovrebbe
anche sindacare la scelte dell'amministrazione regionale ligure, secondo la quale il farmaco non va fornito gratuitamente, ma
ne va rimborsato il prezzo, ossia dovrebbe imporre il passaggio dall'assistenza indiretta a quella diretta, potere questo che non
è riconosciuto al giudice. L'analisi della prima eccezione impone di verificare se la posi
zione giuridica della ricorrente, in relazione al rapporto dedotto
in giudizio, sia qualificabile come diritto soggettivo perfetto, ov
vero come interesse legittimo, giacché nel primo caso va afferma
ta la giurisdizione del giudice adito, mentre essa va negata nel
secondo. Posto che la posizione giuridica soggettiva, incidente
sul rapporto in esame, rientra nell'ambito della tutela del diritto
alla salute, essa non può che qualificarsi di diritto soggettivo. Con la sentenza n. 88 del 26 luglio 1979 (Foro it., 1979, I, 2542) la Corte costituzionale ha statuito che la salute va ricompresa tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione
e che la sua tutela va considerata come un diritto primario e
assoluto. Vero è che, nell'attuazione della tutela suddetta, che
si realizza nei limiti oggettivi della concreta organizzazione del
servizio sanitario nazionale, il legislatore ha il potere di disporre una differenziata strumentazione di mezzi, mediante i quali le
posizioni soggettive degli utenti acquistano natura e qualificazio ne diverse, a seconda del diverso modo in cui la tutela è realizza
ta; in ogni caso, però, la posizione dell'utente, che ha necessità
di disporre di un certo farmaco escluso dal prontuario terapeuti co nazionale e non sostituibile, in relazione alle sue attuali condi
zioni fisiche, con altri di pari efficacia inseriti nel prontuario, va considerata come di diritto soggettivo. In tal senso si è più volte pronunciata la Cassazione, da ultimo con sentenza n. 1504
del 20 febbraio 1985 (id., 1985, I, 672). Perciò la presente con
troversia, avente oggetto analogo a quello della citata sentenza
della Cassazione, verte evidentemente non su una situazione di
interesse legittimo — tutelabile solo in via mediata nella misura
in cui esso coincida col generale interesse pubblico — bensì su
una posizione di diritto soggettivo, tutelato direttamente e imme
diatamente. Conseguentemente la controversia deve ritenersi at
tribuita alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario.
Rimane indifferente a tale riguardo il fatto che la pronuncia chie
sta al detto giudice si ponga in conflitto con le disposizioni del
prontuario terapeutico nazionale. Come è ormai pacifico, ed è
riconosciuto dalla stessa avvocatura dello Stato, tale prontuario ha natura di mero atto amministrativo con funzione di accerta
mento, per cui è lecito al giudice disapplicarlo, ossia, in altri ter
mini, decidere come se il limite posto dal suddetto provvedimento non esistesse.
Più delicata, e di non poco momento, è l'analisi della seconda
Il Foro Italiano — 1989.
eccezione. Questa impone di verificare se nella scelta tra l'assi
stenza diretta e quella indiretta, ossia tra il fornire direttamente
e gratuitamente il farmaco, o rimborsare all'utente il prezzo di
esso, anticipato al farmacista dall'utente medesimo, la pubblica amministrazione goda di un potere discrezionale, ovvero se il suo
potere sia in tutto vincolato. La verifica, ovviamente, non potrà
riguardare il sistema dell'assistenza farmaceutica nella sua globa
lità, bensì solo il punto relativo alla fornitura di una medicina — quale quelle di cui la ricorrente abbisogna — destinata al trat
tamento del cancro, ossia di una gravissima affezione morbosa
ad alto rischio, che esige terapie di lunga durata. Al riguardo va osservato che l'art. 10 1. 11 novembre 1983 n. 638 impone al ministro della'sanità di prevedere nel prontuario terapeutico un apposito elenco dei farmaci destinati al trattamento delle si
tuazioni patologiche d'urgenza, delle malattie ad alto rischio, delle
gravi condizioni o sindromi morbose che esigono terapie di lunga
durata, nonché alle cure necessarie per assicurare la sopravviven za nelle malattie croniche. Per tali farmaci la legge prescrive che
non vi sia alcuna quota di partecipazione a carico dell'utente.
Se ne desume che, nel sistema della legge, le medicine aventi le
destinazioni previste siano fornite direttamente e gratuitamente, senza alcuna erogazione, nemmeno provvisoria, da parte dell'u
tente. Destinatari della norma sono non solo il ministro della sa
nità, ma anche tutte le altre componenti del servizio sanitario
nazionale, poiché il testo della disposizione intera riguarda il ser
vizio suddetto nella sua globalità, essendo specificamente posto a carico del ministro solo la compilazione, con certe procedure, del prontuario. Oggetto della disposizione sono tutte le medicine
aventi le caratteristiche destinazioni sopra menzionate, compresi i galenici, purché necessarie e non sostituibili, dato che il pron
tuario, per la sua natura di atto amministrativo di carattere rico
gnitivo, non può avere l'effetto di escludere la fornitura di farmaci
indispensabili per la salute. Ciò posto, se ne può ricavare la con
seguenza che nella fornitura dei farmaci del tipo chiesto dalla
ricorrente in via diretta e gratuita, senza alcuna spesa o anticipa zione a carico dell'utente, la funzione della pubblica amministra
zione non è connotata da alcun potere discrezionale. Come afferma
la Suprema corte nella citata sentenza, di fronte ad una insoppri mibile esigenza, rispetto alla quale le strutture del servizio sanita
rio nazionale non offrono rimedi alternativi, il diritto fondamentale
dell'individuo alla salute si impone nella sua integrità ed assolu
tezza, senza limiti e condizionamenti di sorta. La norma di legge ordinaria non consente, peraltro, alle strutture del servizio sud
detto discrezionalità di scelte nel settore indicato. In una simile
situazione compete al giudice ordinario la cognizione della do
manda che postula la disapplicazione della delibera della giunta
regionale ligure, in quanto esclude la fornitura diretta e gratuita del farmaco di cui la ricorrente abbisogna, dato che il provvedi mento del giudice non è destinato ad incidere sui poteri discrezio
nali della pubblica amministrazione, bensì su poteri a contenuto
vincolato, a fronte dei quali vi è un inviolabile diritto soggettivo
perfetto. Ciò posto, occorre verificare se sussistono i requisiti previsti
dalla legge per la concessione del provvedimento d'urgenza, e cioè
la probabile fondatezza della domanda e il pericolo di un pregiu dizio imminente e irreparabile.
Sul primo punto si osserva che l'illustre clinico che ha in cura
la ricorrente per gli aspetti relativi alla terapia del dolore, che
nei malati di cancro ha una importanza fondamentale, sentito
per sommarie informazioni, ai sensi dell'art. 689 c.p.c., ha preci sato che, in relazione allo stato fisico attuale della predetta, la
medicina di cui si tratta è insostituibile con altri farmaci presenti nel prontuario terapeutico perché è l'unica che, al tempo stesso, sia efficace e sia tollerata dalla paziente. È perciò probabilmente fondata la domanda della ricorrente, tendente ad ottenere la for
nitura di quel farmaco.
Sul secondo punto si osserva che detto farmaco, che va assun
to in ragione di 4-6 dosi giornaliere, ha un costo di poco meno
di mille lire per dose. La ricorrente deve perciò affrontare una
spesa mensile di lire 120.000 circa. Vero è che detta spesa viene
rimborsata, ma, come è noto, i tempi burocratici dei rimborsi
sono assai lunghi, per cui la ricorrente è costretta ad anticipare
per mesi la spesa, in attesa del rimborso. E per chi, come la
ricorrente, gode solo di un reddito pensionistico di poco più di
700.000 lire al mese, quella spesa incide in maniera intollerabile.
Col rischio, ed è qui un primo aspetto del pericolo, di dover
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1771 PARTE PRIMA 1772
rinunciare almeno in parte all'assunzione del farmaco, con con
seguenze negative per la salute, sulla quale il dolore esercita una influenza nefasta. Ma il pericolo ha un secondo aspetto, che è
poi quello di fondo, di dover cioè, fino all'esito del giudizio di
merito, rinunciare al godimento di un diritto che le spetta per legge ed attualmente, nel che può ben ravvisarsi un pregiudizio
irreparabile. Sull'imminenza del pericolo non vi è nulla da chiari
re, tanto essa è evidente nella presenza della severa affezione che
affligge la ricorrente. Resta il problema, non secondario, della natura del provvedimento da adottare.
Esso deve essere tale da assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione di merito e può anche, ove la situazione
10 richieda, essere anticipatorio di tale pronuncia, allorché il di
ritto minacciato non possa essere tutelato in sede cautelare se non col suo soddisfacimento, ancorché interinale.
Nel caso in esame la tutela cautelare del diritto alla fornitura
gratuita e diretta del farmaco, non può realizzarsi se non con un ordine di fornirlo. Un ordine del genere non può, nel caso
in esame, profilarsi come in contrasto col generale principio che 11 giudice non può dare alla pubblica amministrazione ordini di
fare e di non fare. Tale principio può e deve trovare applicazione nei casi in cui l'ordine verta in materie nelle quali la pubblica amministrazione è dotata di poteri discrezionali, giacché in tal caso la scelta del modo concreto in cui deve essere soddisfatto
l'interesse pubblico spetta all'amministrazione e non al giudice. Nella materia in esame la posizione della pubblica amministra
zione è duplice, in quanto essa è, allo stesso tempo, soggetto pas sivo dell'obbligo di tutela del diritto del cittadino alla salute ed
anche soggetto attivo dell'interesse pubblico alla salute dei citta dini. Dunque, la tutela della salute è una situazione giuridica a
due facce, rispetto a ciascuna delle quali la posizione della pub blica amministrazione è differente, anzi opposta, anche se poi, nel concreto, l'azione amministrativa è unica in relazione all'una e all'altra. Però quella che viene qui in considerazione è una sola delle posizioni della pubblica amministrazione, quella cioè in cui essa si presenta come portatrice di un obbligo giuridico a conte
nuto necessitato, speculare al diritto soggettivo perfetto del pri vato. Tale posizione non differisce da quella del privato debitore,
soggetto passivo di una obbligazione ex lege. Non sussistono per ciò ostacoli a che essa sia destinataria di ordini del giudice.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 aprile 1988, n. 442
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 4 maggio 1988, n. 18); Pres. Saja, Est. Dell'Andro; Felasco; interv. Pres. cons, mi nistri (Avv. dello Stato Azzariti). Orci. Piove di Sacco 8 set tembre 1986 (G.U., la s.s., n. 1 del 1987).
Pena — Custodia cautelare — Fungibilità con la carcerazione
in esecuzione di pena — Reato commesso successivamente alla cessazione della custodia cautelare — Esclusione della fungibi lità — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 13; cod. proc. pen., art. 271).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 271, 4° comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede che la fungi bilità tra custodia cautelare e carcerazione in esecuzione di pe na sia possibile anche nei casi in cui il reato, ancorché commesso successivamente alla cessazione della custodia cautelare, sia co
munque anteriore alla sentenza, irrevocabile o meno, che con
ferisce all'imputato la certezza processuale dell'inutilità della custodia stessa, in riferimento agli art. 3 e 13 Cost. (1)
(1) L'ordinanza di rinvio Pret. Piove di Sacco 8 settembre 1986 è ri portata in Giur. costit., 1987, II, 81.
In precedenza, la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sotto altro profilo sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 271, ulti mo comma, c.p.p. (nel testo risultante dalla riforma operata dalla 1. 18 giugno 1955 n. 517), aveva, tra l'altro, affermato che la «detrazione della custodia preventiva sofferta in relazione ad un dato reato dalla pena in flitta per altro reato ... è subordinata ad una sola condizione: che il reato cui si riferisce la condanna da espiare non sia stato commesso dopo
Il Foro Italiano — 1989.
Diritto. — 1. - L'eccezione proposta dal giudice remittente è
infondata.
Non è questa la sede per ripercorrere l'evoluzione che il princi
pio di c.d. fungibilità (o, se si preferisce, di «mutuabilità») tra
custodia cautelare e carcerazione per esecuzione di pena ha subi to prima e dopo le innovazioni apportate all'originario testo del
l'art. 271 c.p.p. dall'art. 9 1. 18 giugno 1955 n. 57.
Né è qui il caso d'approfondire le «ragioni» di tale fungibilità, alla luce della natura e funzioni della pena, quali risultano dal sistema costituzionale: va qui soltanto ricordato che, a fronte del l'art. 27, 3° comma, Cost., non è in alcun modo condividibile l'assunto della natura esclusivamente retributiva della pena e, con
seguentemente, della negazione delle funzioni preventive speciali della medesima. Sicché, forse, ulteriori approfondimenti del tema
potrebbero condurre almeno a «mitigare» l'identificazione tra san zioni penali ed extrapenali implicita nelle affermazioni, tuttora
ricorrenti, della pura compensazione, che si verificherebbe, nell'i stituto in esame, tra crediti e debiti tra cittadino e Stato.
Circoscrivendo l'indagine alla sola, specifica questione sotto
posta all'esame di questa corte, va anzitutto affermato che la
ratio per la quale l'attuale testo dell'art. 271, 4° comma, c.p.p., subordina la detrazione del «tempo» di custodia cautelare soffer to dall'imputato dalla durata della pena (inflitta per un reato di
verso da quello per il quale si è subita la predetta custodia) alla
condizione che il «reato diverso» non sia stato commesso dopo la cessazione della custodia cautelare, viene comunemente ricon dotta alla necessità di non concedere «spinte» a delinquere, tras
formando l'istituto di c.d. fungibilità tra custodia cautelare e
carcerazione per esecuzione di pena in una riduzione delle finalità
preventive ordinariamente perseguite dal sistema penale. Or andrebbe qui precisato che, per vero, già prima della pre
detta ratio, comunemente individuata dalla dottrina e giurispru denza, è doveroso riferirsi al principio d'obbligatorietà della pena: questa, infatti, sorge dal reato e non può, pertanto, che «suppor re» un reato già commesso ed accertato; e ciò, anche a parte le finalità «rieducative» di cui al 3° comma dell'art. 27 Cost., che possono aver senso anche se riferite ad «altro» reato ma che,
peraltro, certamente non possono mai riguardare un reato «da commettere».
Ma, anche a tacer d'altro e ad assumere per uniche le ragioni «riduttive» sopra indicate, anche a voler ritenere, cioè, che la
necessaria precedenza del reato (dal computo della pena irrogata
per il quale è da sottrarsi il tempo della sofferta custodia cautela
re) rispetto alla cessazione della stessa custodia, sia motivata uni camente dal non creare «spinte» a delinquere, il 4° comma dell'art. 271 c.p.p. non viola l'art. 3 Cost.
La situazione di chi ha commesso un reato prima della cessa zione dell'«inutile» custodia preventiva (relativa ad altro reato) è oggettivamente diversa da quella di chi ha commesso un reato
dopo la cessazione della stessa «inutile» custodia, anche nell'ipo tesi che il «nuovo» reato sia stato commesso prima dell'accerta mento giudiziale dell'«inutilità» della sofferta custodia cautelare.
Né è condividibile l'assunto sostenuto nell'ordinanza remitten
te, secondo il quale, sebbene «formalmente» diverse, la situazio ne di chi ha commesso il reato anteriormente alla custodia cautelare è sostanzialmente uguale a quella di chi ha commesso il reato successivamente alla cessazione della custodia ma anteriormente all'accertamento giudiziale definitivo dell'«inutilità» della mede
la cessazione della custodia preventiva» (Corte cost. 10 maggio 1979, n. 13, Foro it., 1979, I, 1361).
La dottrina, sia prima sia dopo le modifiche apportate all'art. 271 c.p.p. dall'art. 2 1. n. 398 del 1984, aveva però sollevato il dubbio se non fosse eccessivamente «limitativo» il subordinare l'operatività della cosiddetta fungibilità della custodia cautelare al presupposto della anteriorità della commissione del reato rispetto alla cessazione della custodia cautelare, e se, conseguentemente, il punto di riferimento per l'applicabilità dell'i stituto non dovesse, invece, essere segnato dal momento «in cui si è venu ta a formare la sicurezza processuale che la carcerazione preventiva provocata da una certa imputazione risulti, in tutto o in parte, inutilmen te sofferta» (Marzaduri, Sulle condizioni applicative del principio di fun gibilità fra la carcerazione preventiva e la carcerazione per esecuzione di pena, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1979, 1552; nello stesso senso", v., pure, Cangiano, Problemi nuovi in tema di fungibilità della pena, in Foro nap., 1979, 369; Jannelli, Commento all'art. 2 I. n. 398 del 1984, in Legislazione pen., 1985, 84 s.).
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