sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, OrtoRicciari, Abbadessa) c. Fall. soc. Mulini f.lli Fallica (Avv. Abramo), Camonita ed altri (Avv.Palermo), Santangelo (Avv. Fallica), Ciancitto e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2913/2914-2919/2920Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185696 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ve colpa del soggetto emittente la dichiarazione, costituente la
fonte del danno arrecato a coloro che su di essa ebbero a fare
affidamento.
Ma danno risarcibile non può ritenersi ancora prodotto, si
da doversi ritenere inammissibile la domanda di condanna dei
litisconsorti tutti.
Ed infatti, tutti costoro hanno prodotto la comunicazione in
viata ex art. 207 1. fall, dal commissario liquidatore e gran par te di essi hanno anche prodotto la domanda, diretta all'organo della liquidazione coatta amministrativa, diretta al riconoscimento
dei crediti restitutori connessi ai versamenti effettuati. E poiché
in questa sede viene invocato, quale danno risanabile, il quan tum da ciascuno dei litisconsorti versato nelle mani della s.p.a.
Previdenza in esecuzione del conferito mandato fiduciario (ciò
nell'opinione dell'assoluta non recuperabilità della somma nella
sede di cui agli art. 212-213 1. fall.), non pare revocabile in
dubbio che, allo stato, nulla essendo stato dedotto sulla chiusu
ra della procedura liquidatoria, non sussiste il presupposto di
ammissibilità della richiesta risarcitoria, costituito indefettibil
mente dalla chiusura del procedimento ex art. 213, ultimo com
ma, 117 1. fall.
Ma, pur se le domande fossero pienamente ammissibili non
per questo sarebbe stata acquisita, o tampoco richiesta, la pro
va del danno risarcibile, inteso come danno «prodotto» dalla
condotta illecita rilevata.
Ed infatti, danno da incolpevole affidamento nell'errato co
municato stampa 105/85 sarebbe ipotizzabile ove fosse prospet tato che, per effetto delle assicurazioni date e della tranquillan
te prospettiva aperta, il fiduciante avesse effettuato versamenti
od omesso il ritiro dei fondi in amministrazione.
Ora, è di solare evidenza che a carico degli odierni litiscon
sorti il danno si era già prodotto con i versamenti effettuati
alla s.p.a. Previdenza tra fine 1983 e 1984 o, a monte, con
il trasferimento a detta società dei mandati gestiti dalla Reno,
danno quindi ricollegabile alle rilevate insindacabili scelte mini
steriali e non certo al discutibile — ma comunque tardivo —
comunicato stampa del 10 maggio 1985.
Ed invero, ad un controllo della copiosa documentazione ver
sata in atti da attori ed intervenuti parrebbe doversi affermare
che furono effettuati dopo il 10 maggio 1985 solo tre versamen
ti aggiuntivi (Chirieleison Enrico, lire 400.000 il 13 maggio 1985 — Enea Piera lire 200.000 il 13 maggio 1985 — Micali Piero
lire 100.000 il 31 maggio 1985), e senza che nulla autorizzi a
collegare etiologicamente tali versamenti alla «fiducia» indotta
dal comunicato stampa e non — come si evince dalle carte —
dalla previsione dei contratti di mandato fiduciario, sulla ratea
zione degli importi da assegnare alla fiduciaria.
Di converso, sarebbe mera indimostrata proposizione difensi
va l'ipotesi di una induzione al non ritiro delle somme da parte
dei fiducianti, altrimenti risolti al recesso, come effetto della
assicurazione ministeriale de qua: ipotesi, comunque, resa tec
nicamente e praticamente impercorribile dalla realtà della si
tuazione.
Ed invero, il fiduciante che il 10 maggio 1985 avesse inteso
recedere dal rapporto avrebbe dovuto dare preavviso per la sca
denza indicata al punto 8.1 del contratto tipo con s.p.a. Previ
denza e con termine di 180 giorni per gli investimenti in titoli
a reddito variabile sub 1. 2b del modulo: pare appena il caso
di notare che nessuno dei litisconsorti avrebbe potuto comun
que ricevere alcunché in data anteriore a quella nella quale fu
deliberata la liquidazione coatta amministrativa della società.
Quanto alla possibilità di rinvenire alcuna somma nelle casse
della società nel maggio 1985, essa pare doversi escludere sulla
base della dinamica degli eventi successivi a tale mese e della
incontestabile situazione di insolvenza della Previdenza s.p.a.
Il Foro Italiano — 1991.
TRIBUNALE DI CATANIA; sentenza 28 febbraio 1991; Pres.
Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, Or
to Ricciari, Abbadessa) c. Fall. soc. Mulini f.lli Fallica (Aw.
Abramo), Camonita ed altri (Aw. Palermo), Santangelo (Aw.
Fallica), Ciancitto e altri.
TRIBUNALE DI CATANIA;
società — società di tatto — socio occulto — Esclusione —
Fattispecie (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli
mento, art. 147).
Ai fini della qualificazione di un soggetto come socio occulto
di una società di fatto, onde decretarne il fallimento per esten
sione, una serie di fideiussioni c.d. omnibus da questo presta
te può assumere rilievo di conferimento sociale, in luogo di
quello tipico di finanziamento esterno all'impresa, solo ove
si provi il profilo strumentale delle fideiussioni rispetto al con
seguimento dell'oggetto sociale, ed in particolare la sistemati
cità delle prestazioni, la notevole entità complessiva, l'inge
renza attiva del presunto socio negli affari sociali, e tenendo
altresì' conto, se il fideiubente ed il beneficiario sono coniugi,
delle naturali implicazioni connesse a tale vincolo di parente
la (nella specie, il tribunale ha escluso che le fideiussioni pre
state avessero natura di conferimento sociale). (1)
(1) La sentenza si inserisce nella problematica, frequente in giurispru
denza, del tentativo (ad opera del curatore fallimentare e dei creditori) di far fallire per estensione coloro che abbiano offerto finanziamenti
e garanzie all'imprenditore decotto, ravvisando in tali operazioni non
un'attività esterna all'impresa, ma un vero e proprio conferimento sociale.
In giurisprudenza, la soluzione prevalente è nel senso di riconoscere
ad ogni apporto economicamente valutabile la natura di conferimento
(cfr. Cass. 7 giugno 1974, n. 1690, Foro it., Rep. 1974, voce Società, n. 154; 29 maggio 1972, n. 1676, id., Rep. 1972, voce cit., n. 129).
Tuttavia, si richiede caso per caso il concorso di ulteriori elementi a
prova dell'esistenza di un rapporto sociale tra fideiussore e garantito:
cosi, Cass. 23 dicembre 1982, n. 7119, id., Rep. 1984, voce cit., n.
245 (per esteso in Giur. comm., 1983, II, 847, spec. 850), richiede la
continuità e la varietà tipologica di fideiussioni e prestazioni di garan
zie, si da realizzare «una sistematica opera di sostegno dell'attività d'im
presa». Nello stesso senso, Cass. 7 giugno 1974, n. 1690, cit.; App. Firenze 3 aprile 1970, Foro it., Rep. 1970, voce cit., n. 150; Trib. Na
poli 2 luglio 1980, id., Rep. 1982, voce cit., n. 137; Trib. Lucca 25
gennaio 1978, id., Rep. 1978, voce Fallimento, n. Ili; Trib. Prato 11
settembre 1974, id., Rep. 1975, voce Società, n. 172; Trib. Pistoia 15
maggio 1968, id., Rep. 1968, voce cit., n. Ili; Trib. Napoli 23 marzo
1968, ibid., n. 106.
Opinione contraria sembra assumere Cass. 10 gennaio 1980, n. 189,
id., Rep. 1980, voce cit., n. 141, in cui si richiede che la garanzia esponga il garante in via principale al pagamento dei debiti, con rinuncia al
regresso nei confronti del garantito. L'orientamento apertamente con
trario all'indirizzo prevalente è seguito da App. Napoli 12 luglio 1968,
id., Rep. 1968, voce cit., nn. 104, 131; Trib. Lucca 21 luglio 1978,
id., Rep. 1979, voce Fideiussione e mandato di credito, nn. 11, 12.
In termini simili si esprimono App. Catania 8 luglio 1988, id., Rep.
1989, voce Società, n. 349; Trib. Catania 7 aprile 1988, ibid., n. 348, sentenze nelle quali si avverte che anche la sistematicità e la rilevanza
dei finanziamenti non sono di per sé sufficienti a determinare la qualità di socio.
La dottrina prevalente richiede la verifica di una pluralità di elementi
ai fine di considerare una fideiussione come conferimento. Si vedano, in proposito, gli scritti di M. Bronzini, Estensione di fallimento a chi
presta fideiussioni bancarie?, in Dir. fallim., 1968, II, 900; Fideiussioni
pericolose, id., 1970, II, 840; Fideiussioni innocue, id., 1975, II, 146;
Formalità per l'estensione del fallimento. Fideiussioni non pericolose,
id., 1976, II, 258; La fideiussione bancaria non è «prova» di società,
in Banca, borsa, ecc., 1979, II, 401. Nello stesso senso, v. Di Lauro,
Società di fatto ed «estensione» di fallimento, in Dir. fallim., 1968,
II, 1057; Ghidini, Società personali, Padova, 1972, 139 s.; Glannatta
sio, Fideiussioni a garanzia di apertura di credito a società di persone intesa come conferimento in società, in Banca, borsa, ecc., 1974, I,
30; Galgano, Il fallimento delle società, in Trattato di diritto commer
ciale e di diritto pubblico dell'economia, Padova, 1988, X, 66.
Contra, ritenendo che i principi enunciati dalla prevalente giurispru denza siano severi ma esatti, P. G. Caselli, Fideiussione e società di
fatto, in Dir. fallim., 1974, II, 1037; Giordano, Conferimento, fideius sione e confusione di patrimoni, in Riv. dir. comm., 1981, 149.
La soluzione proposta dalla giurisprudenza in tema di prestazioni di
garanzie non differisce da quella che si ha quando ricorrano altre forme
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2915 PARTE PRIMA 2916
Svolgimento del processo. — Con sentenza 23-27 febbraio
1989, questo tribunale, su istanza del curatore del fallimento
(dichiarato il 6 agosto 1986) della società irregolare «Mulini f.lli
Fallica» — costituita da Fallica Francesco fu Agatino, Fallica
Agatino e Fallica Francesco fu Giuseppe —, e dei soci in pro
prio, decretava il fallimento della società in nome collettivo ir
regolare tra i detti Fallica, Ciancitto Maria Carmela e Orto Ric
ciari Magda, nonché quello personale di queste ultime.
Con citazione notificata il 15 marzo successivo al curatore
istante, la Orto Ricciari proponeva opposizione avverso la sen
tenza in parola chiedendone la revoca. Deduceva, in particola
re, che gli elementi valorizzati dalla sentenza dichiarativa del
fallimento in estensione — e cioè la prestazione di varie fideius
sioni bancarie, il pagamento di un debito contratto dalla «Muli
ni f.lli Fallica» verso la Cassa centrale di risparmio V.E. ed
il rilascio di effetti cambiari a varie banche presso le quali la
società era affidata — o non potevano interpretarsi nei sensi
ivi indicati, o trovavano giustificazione nella volontà di essa
opponente di liberarsi dell'obbligazione assunta con la prestata
garanzia fideiussoria, o non avevano alcun riferimento con la
attività commerciale della società fallita ricollegandosi invece
ad esposizioni debitorie personali. Negava, poi, che potessero ritenersi ricorrenti i presupposti tipici della società di fatto non
solo nei rapporti interni ma anche sul piano dell'esteriorizzazio
ne per come dimostrato dal particolare per cui nessuno dei nu
merosi creditori della «Mulini f.lli Fallica» adombrò la parteci
pazione di essa citante alle vicende societarie, né fece mai affi
damento sul di lei patrimonio. Costituitasi in giudizio, la curatela resisteva all'opposizione
e ne chiedeva il rigetto. Con ordinanza del 14 dicembre 1989, il tribunale ordinava
l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei creditori istanti
per la risoluzione del concordato preventivo della «Mulini f.lli
Fallica». (Omissis) Motivi della decisione. — (Omissis). Nel merito, si osserva
che nella sentenza impugnata la prova dell'esistenza di un rap
porto sociale tra la «Mulini f.lli Fallica» e la Orto Ricciari Magda è ravvisata nella sinergia di un complesso di elementi, poten zialmente idoneo ad integrarla, e l'inferenza viene suffragata da una motivazione imperniata sulla considerazione che i detti
elementi, in quanto «manifestatisi nei confronti dei creditori della
società, hanno ingenerato negli stessi il convincimento del coin
volgimento sociale della Orto Ricciari».
In particolare, il tribunale ha ritenuto idonei ad attribuire
la qualità di socia all'opponente alcuni interventi finanziari da
costei effettuati a vantaggio della società, e precisamente: a) la prestazione di tre fideiussioni in favore, rispettivamente, del
Banco di Sicilia (il 30 gennaio 1977 ed il 14 maggio 1979), e della Cassa centrale di risparmio V.E. (il 19 marzo 1979), a
garanzia di fidi concessi alla «Mulini f.lli Fallica», con l'obbli go di provvedere al pagamento di tutto quanto dovuto dalla
debitrice in dipendenza delle operazioni bancarie compiute; b) l'assunzione di obbligazioni solidali con il marito Fallica Fran
cesco fu Agatino nei confronti della Banca popolare di Belpas so e della Banca di Paternò, mediante il rilascio alle stesse, ri
spettivamente, di nove effetti cambiari per complessive lire
di apporto sociale giustificabili alla luce di un'affectio coniugalis o di un animus donandi; cosi, si è dichiarato assente il vincolo sociale in una serie di sentenze: cfr., tra le molte, Trib. Rimini 25 febbraio 1972, Foro it., Rep. 1972, voce cit., n. 136; Trib. Roma 21 aprile 1971, ibid., n. 137; Trib. Torino 20 gennaio 1971, id., Rep. 1971, voce cit., n. 167. Si è ritenuta prevalente, alla luce delle circostanze di fatto emerse, l'affectio societatis, in App. Bari 18 ottobre 1984, id., Rep. 1986, voce
Fallimento, n. 582; App. Napoli 30 marzo 1974, id., Rep. 1976, voce
Società, n. 140. Per una critica ai criteri utilizzati, v., per tutti, Galgano, op. cit.,
61 s., il quale ricorda che, pur essendo ammissibile la prova per presun zioni al fine di individuare il c.d. socio occulto (principio incontrastato: da ultimo, v. Cass. 18 marzo 1988, n. 2500, Foro it., Rep. 1989, voce
cit., n. 347), il conferimento di per sé non dà lo status di socio al
conferente, occorrendo la prova di ulteriori elementi quali l'ingerimen to negli affari sociali, la partecipazione agli utili, ecc.; in caso contrario si dà valore di presunzione a quello che è un semplice sospetto.
Circa i caratteri della fideiussione c.d. omnibus, per un consolida mento dell'orientamento della Suprema corte sui limiti di ammissibilità di tale istituto, cfr. sent. 15 marzo 1991, n. 2790, id., 1991, I, 2060, con nota di richiami di E. Borrelli.
Il Foro Italiano — 1991.
I4.994-000 E DI CINQUE CAMBIALI DELL'IMPORTO COMPLESSIVO DI
lire 27.000.000; c) l'estinzione di parte del debito della società
in seguito fallita verso la Cassa centrale di risparmio V.E.; d) la cessione del relativo credito di rivalsa alla Banca di Paterno.
Lasciando per ultimo da esaminare se le menzionate fideius
sioni omnibus possano valere a dimostrare, sia pure sul limitato
piano della effettualità e lungi da accordi espressi, l'esistenza
del contestato vincolo associativo, va osservato subito che gli altri elementi presi in considerazione dalla decisione opposta ap
paiono, in parte, ridondanti e, in parte, frutto di un'interpreta zione unidirezionale di fatti suscettibili di letture diversificate.
Dalla documentazione prodotta dall'opponente emergono, in
vero, elementi che, inseriti con il loro giusto valore nel meccani
smo del procedimento logico adottato, avrebbero dovuto inge nerare — come in effetti ingenerano — motivi di dubbio atti
quanto meno a disarmonizzare quelle deduzioni alle quali si è
inteso attribuire concludenza decisiva ai fini della ricerca della
verità. Nella prospettiva finale di più soluzioni presunte o pre
sumibili, si sarebbe di conseguenza fortemente indebolita la va
lenza probatoria di tutti quegli indizi che, pur valutati sintetica
mente, denunziano manchevolezze di precisione e concordanza.
Cosi, l'estinzione del debito contratto dalla società fallita nei
confronti della Cassa centrale di risparmio V.E. rappresenta l'e
pilogo «fisiologico» del rapporto fideiussorio intercorso tra il
detto istituto di credito e l'opponente la quale intese tenere fede
all'impegno assunto surrogandosi conseguentemente nella posi zione del creditore garantito. Porre l'accento su siffatta opera zione solutoria e, contemporaneamente, sulla prestazione della
fideiussione, equivale, all'evidenza, a considerare due volte una
medesima circostanza.
Sulla cessione del conseguente credito di rivalsa alla Banca
di Paterno, di cui risultava a sua volta debitrice la «Mulini f.lli
Fallica», già all'epoca dichiarata fallita, va rilevato che la Orto
Ricciari era debitrice in proprio nei confronti della predetta azien
da di credito avendo ottenuto un affidamento in conto corrente
in data 30 ottobre 1979 in stretta correlazione temporale con
l'acquisto di un fondo rustico effettuato per notar Lojacono il 17 dicembre successivo.
Per quanto concerne le cinque cambiali, del complessivo im
porto di lire 27.000.000, a firma congiunta dell'Orto Ricciari
e del di lei marito Fallica Francesco, esiste la prova documenta
le che due di esse, di lire 10.000.000 cadauna, vennero rilasciate
a garanzia dell'integrale e puntuale rimborso del credito della
Banca di Paternò riveniente dall'utilizzo del fido in conto cor
rente (n. 1370) concesso al detto Fallica. Le restanti cambiali,
per complessive lire 7.000.000 (somma, questa, in generale dav
vero poco significante, ove si pensi al volume di affari della
società fallita pari a svariati miliardi l'anno), sono state create
in favore del marito personalmente, senza alcun riferimento al
la compagine sociale di cui faceva parte, al fine evidente di con
sentirgli il reperimento di liquidità attraverso il relativo sconto.
Trattasi in ogni caso di circostanza equivoca da cui non è con
sentito trarre alcun utile argomento di sostegno della tesi di fondo
della decisione in esame.
Relativamente ai nove effetti cambiari congiuntamente sotto
scritti dall'opponente e dal di lei coniuge e rilasciati in favore
della Banca popolare di Belpasso, risulta dagli atti che in data
15 marzo 1977 la Orto Ricciari, indicando la sua professione di insegnante e offrendo la garanzia personale del marito, chie
se ed ottenne dall'istituto di credito predetto la concessione di
un fido di lire 29.000.000, da utilizzarsi mediante sconto diretto
di pagherò, onde destinarlo all'acquisto di un immobile; e che
in effetti poco tempo prima (18 gennaio 1977) essa aveva acqui stato da tale Cara Tommasa Vincenza tre piccoli appartamenti
per il prezzo complessivo di lire 35.000.000.
In mancanza di contrari indizi univoci e concludenti, non è,
pertanto, lecito, se non ragionando per supposizioni, ricollegare le esaminate obbligazioni cambiarie alla necessità di reperire fondi
per l'utile conseguimento dell'oggetto sociale.
Restano, dunque, le fideiussioni prestate in favore del Banco
di Sicilia e della Cassa centrale di risparmio V.E. a proposito delle quali occorre subito puntualizzare che sono, in tutto, due
soltanto e non tre, in quanto nella lettera spedita il 14 maggio 1979 al Banco di Sicilia dall'opponente e dal Fallica Francesco,
costoro, nel confermare l'impegno fideiussorio del 30 novembre
1977, intesero specificarne (ulteriormente) l'ampiezza facendo
presente che le relative obbligazioni dovevano intendersi da essi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
assunte solidalmente e che alle stesse avrebbero risposto anche
con i beni posseduti in comunione senza limitazioni di sorta
e con espressa rinunzia di avvalersi del disposto degli art. 189
e 190 c.c.
Alla concessione delle suddette garanzie viene attribuito dalla
sentenza impugnata valore peculiarmente sintomatico dell'esi
stenza del vincolo associativo sul piano dell'esteriorizzazione de
ducendosene l'attitudine a ingenerare nei terzi il convincimento
della partecipazione dell'opponente alla società «Mulini f.lli
Fallica». Il processo argomentativo seguito dalla pronuncia in esame
non regge, però, al vaglio di alcune doverose meditazioni sug
gerite dall'osservazione delle applicazioni che dell'istituto fideius
sorio si riscontrano nella prassi bancaria.
È infatti notorio che il rilascio di fideiussioni omnibus o ge nerali da parte dei parenti stretti di colui che chiede un affida
mento (e l'opponente è, rispettivamente, moglie, cognata e cu
gina acquisita dei soci della società irregolare collettiva «Mulini
f.lli Fallica») è costantemente pretesa dalle banche proprio quan do i detti parenti non sono legati da un rapporto societario, diversamente procedendosi alla cointestazione del conto: e ciò
specie laddove si tratti del coniuge dell'affidato, intendendo gli istituti di credito evitare di vedersi sottratta, dalla garanzia co
stituita dai beni di quest'ultimo, la corrispondente quota di pro
prietà spettante al coniuge in base alle norme sul nuovo diritto
di famiglia. Orbene, sarebbe singolare sostenere che proprio le banche le
quali sono solite esigere dal coniuge la prestazione della fideius
sione, possano poi pretendere di desumerne in buona fede l'ap
parenza di un rapporto societario.
Giova ricordare al riguardo che, per essere operante, il prin
cipio dell'apparenza, tanto nella sua forma «pura» — caratte
rizzata dalla presenza di elementi obiettivi idonei a far insorgere la ragionevole presunzione della corrispondenza della situazione
di fatto a quella di diritto —, quanto in quella cosiddetta «col
posa» — contraddistinta, oltre che dalla presenza dei suindicati
elementi, anche da un comportamento malizioso o negligente del soggetto contro cui l'apparenza è invocata —, presuppone
sempre la prova dell'errore scusabile di chi abbia confidato nel
lo schema apparente.
Ora, non è certo concepibile che la banca possa essere indot
ta a intravedere nella prestazione di garanzia l'espressione di
un rapporto sociale, conoscendo al contrario perfettamente la
reale valenza giuridica di una situazione che sul piano tecnico
essa stessa ha concorso a determinare.
Del resto, nessun significato avrebbe il rilascio di una fideius
sione da parte di colui che, se socio, sarebbe ugualmente re
sponsabile in modo illimitato per le obbligazioni del garantito a motivo della esistenza del rapporto sociale.
Escluso, quindi, che alle fideiussioni omnibus, da sole e qua
lunque sia il loro numero, possa attribuirsi un valore epifanico del rapporto societario nei confronti delle banche, a maggior
ragione deve escludersi che le cennate garanzie siano in grado di generare negli altri soggetti trovatisi a contrattare con il fi
deiussore la giustificata e incolpevole opinione di trovarsi di
fronte al socio del debitore, poiché il loro rilascio è attività svolta
solo nell'ambito degli istituti di credito e non certo di dominio
pubblico, rientrando fra le operazioni tipicamente bancarie e
come tali coperte da segreto. (A diversa conclusione potrebbe
pervenirsi nell'ipotesi, non ricorrente nella fattispecie, in cui la
prestazione delle garanzie risulti da atti — ad esempio decreti
ingiuntivi — resi di pubblico dominio — attraverso le trascri
zioni e/o le procedure esecutive effettuate). Sintomatico rilievo ha in proposito la constatazione che nella
specie nessuno dei numerosi creditori della «Mulini f.lli Fallica»
ha chiesto espressamente di estendere all'opponente il fallimen
to sociale o ne ha esplicitamente fatto intravedere la possibilità.
Una volta escluso che nel caso in esame vi sia stata l'esterio
rizzazione dell'affermato vincolo sociale attraverso il rilascio delle
due suindicate fideiussioni, sembra al collegio doveroso in que
sta sede accertare se (comunque) le ripetute garanzie possano
costituire finanziamenti indiretti assimilabili al conferimento a
carattere sociale ed essere apprezzate da tale angolazione quali
elementi indicativi, nei rapporti interni, della qualità di socio
occulto dell'opponente. La prima e fondamentale questione da affrontare è, pertan
to, quella di stabilire se il finanziamento da parte di un terzo
Il Foro Italiano — 1991.
mediante prestazioni di garanzie più o meno qualificate a favo
re di una società di persone possa rappresentare di per sé confe
rimento sociale ed assunzione della relativa responsabilità illi
mitata.
A riguardo, va subito dato atto dell'incontestabilità della tesi
secondo la quale ogni contributo che abbia un valore economi
camente apprezzabile può essere inteso quale apporto sociale; e che vanno ritenute come tali tutte quelle prestazioni (come
sconti, avalli, fideiussioni ed in genere tutte quelle operazioni che trovano causa nel credito goduto dal socio nel mercato) attraverso le quali viene assicurato il reperimento di fondi a
favore della società, con la garanzia del patrimonio personale del conferente oltre che del patrimonio sociale.
È parimenti indubitabile, però — e il Supremo collegio lo
ha più volte precisato —, che, nel difetto di una precisa docu
mentazione delle intese contrattuali, è solo con riferimento alla
volontà di chi le pone in essere (e degli altri partecipi allo svol
gimento dell'attività comune), evincibile anche per facta con
cludentia, che quelle prestazioni possono assumere valore di con
ferimenti pro socio. E la determinazione di attribuire alla fi
deiussione la particolare finalità del conferimento sociale può essere dimostrata da tutte quelle circostanze — quali, ad esem
pio, la loro reiterazione nel tempo, la loro estensione e l'ingente entità delle obbligazioni garantite con riferimento alla globale
esposizione dell'imprenditore verso le banche da cui attinge de
naro — che ne fanno uno strumento sostanzialmente indispen sabile per la concessione del fido all'impresa.
Ove manchi, pertanto, la possibilità di ricostruire — anche,
ripetesi, per perspicua iudicia — una siffatta volontà di colla
borazione interessata alla vita sociale (nella quale si risolve la
c.d. affectio societatis), gli interventi in questione non perdono il significato ad essi congeniale sul piano economico; quello,
cioè, del finanziamento che, per la sua natura giuridica, fa as
sumere alla persona del sovventore la figura di creditore e non
già di socio della società sovvenuta, cosi differenziandosi netta
mente dal conferimento sociale, che, di contro, importa dispo sizioni patrimoniali irreversibili volte all'esercizio di un'attività
economica col proposito di dividerne gli utili.
D'altronde, da un più vasto campo di osservazione quale quello
socio-economico, non può sottacersi che l'equiparazione (tout
court) delle forme di finanziamento indiretto, come la fideius
sione generale, al conferimento sociale potrebbe dar luogo a
problemi di maggiore estensione e rilievo. Si rischierebbe, infat
ti, di scoraggiare gli interventi in garanzia di terzi (e di congiun ti in particolare) finalizzati ad assicurare all'imprenditore l'ero
gazione del credito necessario in presenza di crisi di liquidità o di aspettative inflazionistiche, con effetti disincentivanti sotto
il profilo degli investimenti.
Tali proiezioni, attesa l'intima connessione esistente tra aspetti economici e giuridici di diversi istituti del diritto civile, non do
vrebbero essere trascurate dall'interprete il cui dovere non può non essere anche quello di accertare il costo degli strumenti giu
ridici, le loro conseguenze indotte e l'alterazione che esse even
tualmente producano negli equilibri del mercato.
Ulteriore cautela si impone, poi, nel valutare le operazioni di finanziamento e in particolare la prestazione di garanzie, al
fine di dedurrle la sussistenza di una società nella sua entità
ontologica e nelle sue estrinsecazioni rispetto ai terzi, quando esse siano effettuate tra parenti e in ispecie tra marito e moglie in regime di comunione legale dei beni, attesa la sostanziale
coincidenza degli elementi tipici del vincolo coniugale coi requi siti strutturali del rapporto societario; di guisa che, in difetto
di gravi, concordanti ed univoci indizi di segno contrario, quale
ad esempio la partecipazione attiva nella gestione dell'attività
imprenditoriale, gli atti sopra citati devono essere considerati
per presunzione logica come una possibile derivazione di quei
vincoli anziché una manifestazione di cointeressenza a fini di
lucro nell'impresa esercitata da uno solo dei coniugi.
A parte i superiori spunti, va espressa l'impressione che la
tendenza a collocare la fideiussione omnibus sul versante del
finanziamento-conferimento pro socio risente dell'angolo visua
le dal quale è stato riguardato l'istituo in ragione delle moltepli
ci deviazioni dallo schema codicistico presenti nei moduli predi
sposti dagli istituti di credito, che hanno finito per stravolgerne
l'essenza riducendolo a un mezzo di coobbligazione diretta.
Le recenti prese di posizione della Cassazione che hanno atte
nuato la rigidità dei principi in precedenza affermati in tema
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2919 PARTE PRIMA 2920
di validità della fideiussione omnibus con riferimento alla clau
sola di deroga all'art. 1956 c.c., sembrano aver segnato un'in
versione di tendenza in materia riproponendo il problema, da
tempo avvertito sul piano sistematico, di tracciare i confini tra
condebito e garanzia di debito altrui, quale indubbiamente è
l'istituto in discorso secondo il suo nucleo normativo fonda
mentale.
In questa prospettiva di limitazione dell'onere assunto dal fi
deiussore, conseguente all'abbandono dell'odierno volto desta
bilizzato o «decodificato» della fideiussione omnibus, viene spe cularmente a ridursi la sua valenza quale elemento presuntivo dell'esistenza del rapporto sociale tra garante e debitore prin
cipale. Tentando di compendiare le considerazioni precedentemente
svolte in proposizioni di principio, può dirsi che: 1) da sole
le fideiussioni, avendo natura di garanzia, non possono di per sé essere intese come conferimenti di capitale per il fondo socia
le, specie se prestate tra coniugi in regime di comunione legale dei beni o fra parenti stretti quali quelli elencati nell'art. 433
c.c., vigendo in questi casi la presunzione contraria che costitui
scono derivazione del vincolo coniugale o parentale; 2) tuttavia, esse possono assumere il valore concreto di conferimento socia
le, generalmente nei rapporti interni e non sul piano della este
riorizzazione (a meno che la loro prestazione, di regola coperta dal segreto bancario, sia stata in qualche modo resa pubblica),
allorquando sia lecito inferire, a livello presuntivo, che in questi sensi era la reale intenzione del fideiubente; 3) in assenza di
indizi ulteriori, soccorrono al riguardo quelle circostanze — mas
sime: la sistematicità delle loro prestazioni e la notevole entità
complessiva degli affidamenti garantiti — che denotano come
le fideiussioni abbiano rappresentato lo strumento determinante
per il reperimento dei fondi necessari al conseguimento dell'og
getto sociale: 4) una siffatta règola è valida ancorché si tratti
di persone unite da un rapporto di parentela stretta, e in parti colare di coniugi, con l'avvertimento che in tale ipotesi la quali ficazione in termini di decisività del sostegno dato attraverso
la fideiussione sarà necessariamente più rigorosa — e, quindi, tendenzialmente condizionata alla compresenza di elementi de
sumibili aliunde — dovendosi tenere conto delle naturali impli cazioni connesse ai vincoli parentali.
Alla luce delle cennate conclusioni, non è lecito ravvisare nel
le fideiussioni prestate dall'opponente quei caratteri necessari
per risalire, a mente dell'art. 2729 c.c., con procedimento logi co deduttivo, al fatto ignoto del vincolo sociale, superando la
barriera della realtà tipica dell'atto che denota invece l'estranei
tà di chi lo compie all'impresa sovvenzionata.
Al riguardo, devesi prima di tutto osservare che il riferimento
(costantemente presente negli scritti difensivi dell'opponente) al
criterio ermeneutico da seguire in tema di fideiussioni «coniuga li» (o tra congiunti) non sembra rivelarsi pertinente in quanto:
1) le fideiussioni non sono state prestate al marito, bensì nei
confronti della «ditta «Mulini f.Ili Fallica» soc. di fatto»; 2)
quest'ultima, in quanto tale, poteva comprendere, oltre al mari
to della Orto Ricciari, altri soggetti da costei non conoscibili
attraverso forme di pubblicità legali, nella circostanza non ri
chieste; 3) i consoci del marito sicuramente conosciuti all'oppo nente, a favore dei quali le garanzie sono state p"ure accordate, non possono comunque definirsi suoi parenti «stretti», doven
dosi certamente escludere, anche in base ad un'applicazione ana
logica dell'art. 433 c.c., che legami della specie esistano tra co
gnati o cugini acquisiti col matrimonio.
Altri sono invece i rilievi che confortano il convincimento
espresso. Dall'esame degli atti fallimentari emerge infatti che al mo
mento della presentazione della proposta di concordato preven tivo (16 ottobre 1980), l'esposizione debitoria della «Mulini f.lli
Fallica» verso il sistema creditizio ammontava a complessive li
re 1.750.484.480, cosi suddivise per istituti di credito: lire
170.425.648 nei confronti della Cassa centrale di risparmio V.E.; lire 579.972.426 nei riguardi della Banca di Paterno; lire
339.886.816 verso la Banca popolare di Belpasso; lire 296.826.560
verso il Banco di Sicilia, e lire 363.373.830 nei confronti del
Banco di credito San Giuliano.
Avendo interessato solo due istituti di credito e garantito un'e
sposizione pari a circa il 26% di quella complessivamente accu
mulata dalla «Mulini f.lli Fallica» nei confronti del circuito ban
cario, non può certo affermarsi che le fideiussioni de quibus
Il Foro Italiano — 1991.
siano state ingenti e/o sistematicamente acquisendo, per tale via,
quelle caratteristiche di decisività e infungibilità ai fini dell'ac
cesso al credito del debitore sovvenuto, atte a far ritenere pro
vato, a livello presuntivo, che esse, nell'intenzione di chi le ha
poste in essere, dovevano considerarsi come apporti sociali.
Il ridimensionamento in cifre delle fideiussioni prestate dal
l'opponente, rende conseguentemente inconciliabile coi detti in
terventi qualsiasi congettura che — svalutandone la manifesta
zione creditizia — vi escluda il connaturale titolo pro mutuo
per attribuire quello pro socio.
E non emergendo dagli atti fallimentari altri elementi teorica
mente idonei a dimostrare la sussistenza del controverso vincolo
sociale, e in particolare l'ingerenza attiva dell'opponente nei fatti
gestionali dell'impresa fallita, va da sé che deve accogliersi l'op
posizione e revocarsi, in parte qua, la sentenza impugnata.
TRIBUNALE DI BELLUNO; sentenza 29 gennaio 1991; Pres.
Coppari, Est. Massaro; D'Incà ed altri (Avv. Rasera Ber
na) c. Comune di Mei ed altro (Avv. Patelmo).
TRIBUNALE DI BELLUNO;
Elezioni — Elezioni comunali — Cause di ineleggibilità o di
incompatibilità — Delibera comunale — Impugnazione — Ter
mini — Fattispecie (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle
leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle ammi
nistrazioni comunali, art. 82; 1. 23 aprile 1981 n. 154, norme
in materia di ineleggibilità e incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale
e in materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanita
rio nazionale, art. 2, 3).
Il termine di trenta giorni previsto dall'art. 82, 1° comma, d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570 per impugnare la delibera comunale
adottata in tema di ineleggibilità o di incompatibilità, è pe rentorio e deve essere rispettato a pena di decadenza e sfugge alla disponibilità dell'organo deliberante rinnovare, sullo spe
cifico oggetto, decisioni che possano valere a fare nuovamen
te decorrere per taluno termini già scaduti. (1)
Motivi della decisione. — Il ricorso proposto da D'Incà Oscar, Feltrin Vincenzo e Cesa Pierluigi è inammissibile e tale deve
perciò essere dichiarato (con conseguente superfluità dell'esame
d'ogni altra problematica di rito e di merito sollevata dalle parti). L'art. 82, 1° comma, t.u. 16 maggio 1960 n. 570 (art. 1 i.
1147/66) fissa come termine per l'impugnazione delle delibere
adottate in tema di eleggibilità (o di incompatibilità) il trentesi
mo giorno successivo alla data finale di pubblicazione delle de
libere stesse. Tale termine, come precisato dal 5° comma della
menzionata norma, è perentorio e deve essere rispettato a pena di decadenza.
Nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorren
ti, risulta che già nella seduta del 25 giugno 1990 era stato trat
tato l'argomento relativo alla sussistenza o meno di cause di
ineleggibilità od incompatibilità in capo ai consiglieri eletti, co
sicché era la delibera scaturita da tale seduta l'atto che doveva
(1) Sul termine stabilito dall'art. 82, 1° comma, d.p.r. 570/60, v. Cass. 14 ottobre 1986, n. 6002, Foro it., Rep. 1987, voce Elezioni, n. 181, la quale ha escluso che la previsione di tale termine si ponga in contrasto con l'art. 24 Cost.; Cass. 16 luglio 1986, n. 4591, id., Rep. 1986, voce cit., n. 153; Trib. Monza 24 aprile 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 138; Cass. 20 gennaio 1982, n. 348, id., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 95; Trib. Napoli 15 luglio 1981, ibid., voce
Elezioni, n. 222; Cass. 7 febbraio 1981, n. 771, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 267. Per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità rela
tiva agli art. 1 e 3 1. 7 ottobre 1969 n. 742, nella parte in cui non
comprendono fra le controversie alle quali non si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale quelle promosse in materia di ineleggibilità a consiglieri comunali, v. Corte cost., ord. 8 marzo
1985, n. 61, id., 1985, I, 1278, con nota di richiami.
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