+ All Categories
Home > Documents > PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari,...

PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari,...

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: doquynh
View: 220 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
5
sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, Orto Ricciari, Abbadessa) c. Fall. soc. Mulini f.lli Fallica (Avv. Abramo), Camonita ed altri (Avv. Palermo), Santangelo (Avv. Fallica), Ciancitto e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1991), pp. 2913/2914-2919/2920 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185696 . Accessed: 28/06/2014 15:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:17 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, Orto Ricciari, Abbadessa) c. Fall. soc.

sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, OrtoRicciari, Abbadessa) c. Fall. soc. Mulini f.lli Fallica (Avv. Abramo), Camonita ed altri (Avv.Palermo), Santangelo (Avv. Fallica), Ciancitto e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 2913/2914-2919/2920Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185696 .

Accessed: 28/06/2014 15:21

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, Orto Ricciari, Abbadessa) c. Fall. soc.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ve colpa del soggetto emittente la dichiarazione, costituente la

fonte del danno arrecato a coloro che su di essa ebbero a fare

affidamento.

Ma danno risarcibile non può ritenersi ancora prodotto, si

da doversi ritenere inammissibile la domanda di condanna dei

litisconsorti tutti.

Ed infatti, tutti costoro hanno prodotto la comunicazione in

viata ex art. 207 1. fall, dal commissario liquidatore e gran par te di essi hanno anche prodotto la domanda, diretta all'organo della liquidazione coatta amministrativa, diretta al riconoscimento

dei crediti restitutori connessi ai versamenti effettuati. E poiché

in questa sede viene invocato, quale danno risanabile, il quan tum da ciascuno dei litisconsorti versato nelle mani della s.p.a.

Previdenza in esecuzione del conferito mandato fiduciario (ciò

nell'opinione dell'assoluta non recuperabilità della somma nella

sede di cui agli art. 212-213 1. fall.), non pare revocabile in

dubbio che, allo stato, nulla essendo stato dedotto sulla chiusu

ra della procedura liquidatoria, non sussiste il presupposto di

ammissibilità della richiesta risarcitoria, costituito indefettibil

mente dalla chiusura del procedimento ex art. 213, ultimo com

ma, 117 1. fall.

Ma, pur se le domande fossero pienamente ammissibili non

per questo sarebbe stata acquisita, o tampoco richiesta, la pro

va del danno risarcibile, inteso come danno «prodotto» dalla

condotta illecita rilevata.

Ed infatti, danno da incolpevole affidamento nell'errato co

municato stampa 105/85 sarebbe ipotizzabile ove fosse prospet tato che, per effetto delle assicurazioni date e della tranquillan

te prospettiva aperta, il fiduciante avesse effettuato versamenti

od omesso il ritiro dei fondi in amministrazione.

Ora, è di solare evidenza che a carico degli odierni litiscon

sorti il danno si era già prodotto con i versamenti effettuati

alla s.p.a. Previdenza tra fine 1983 e 1984 o, a monte, con

il trasferimento a detta società dei mandati gestiti dalla Reno,

danno quindi ricollegabile alle rilevate insindacabili scelte mini

steriali e non certo al discutibile — ma comunque tardivo —

comunicato stampa del 10 maggio 1985.

Ed invero, ad un controllo della copiosa documentazione ver

sata in atti da attori ed intervenuti parrebbe doversi affermare

che furono effettuati dopo il 10 maggio 1985 solo tre versamen

ti aggiuntivi (Chirieleison Enrico, lire 400.000 il 13 maggio 1985 — Enea Piera lire 200.000 il 13 maggio 1985 — Micali Piero

lire 100.000 il 31 maggio 1985), e senza che nulla autorizzi a

collegare etiologicamente tali versamenti alla «fiducia» indotta

dal comunicato stampa e non — come si evince dalle carte —

dalla previsione dei contratti di mandato fiduciario, sulla ratea

zione degli importi da assegnare alla fiduciaria.

Di converso, sarebbe mera indimostrata proposizione difensi

va l'ipotesi di una induzione al non ritiro delle somme da parte

dei fiducianti, altrimenti risolti al recesso, come effetto della

assicurazione ministeriale de qua: ipotesi, comunque, resa tec

nicamente e praticamente impercorribile dalla realtà della si

tuazione.

Ed invero, il fiduciante che il 10 maggio 1985 avesse inteso

recedere dal rapporto avrebbe dovuto dare preavviso per la sca

denza indicata al punto 8.1 del contratto tipo con s.p.a. Previ

denza e con termine di 180 giorni per gli investimenti in titoli

a reddito variabile sub 1. 2b del modulo: pare appena il caso

di notare che nessuno dei litisconsorti avrebbe potuto comun

que ricevere alcunché in data anteriore a quella nella quale fu

deliberata la liquidazione coatta amministrativa della società.

Quanto alla possibilità di rinvenire alcuna somma nelle casse

della società nel maggio 1985, essa pare doversi escludere sulla

base della dinamica degli eventi successivi a tale mese e della

incontestabile situazione di insolvenza della Previdenza s.p.a.

Il Foro Italiano — 1991.

TRIBUNALE DI CATANIA; sentenza 28 febbraio 1991; Pres.

Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, Or

to Ricciari, Abbadessa) c. Fall. soc. Mulini f.lli Fallica (Aw.

Abramo), Camonita ed altri (Aw. Palermo), Santangelo (Aw.

Fallica), Ciancitto e altri.

TRIBUNALE DI CATANIA;

società — società di tatto — socio occulto — Esclusione —

Fattispecie (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli

mento, art. 147).

Ai fini della qualificazione di un soggetto come socio occulto

di una società di fatto, onde decretarne il fallimento per esten

sione, una serie di fideiussioni c.d. omnibus da questo presta

te può assumere rilievo di conferimento sociale, in luogo di

quello tipico di finanziamento esterno all'impresa, solo ove

si provi il profilo strumentale delle fideiussioni rispetto al con

seguimento dell'oggetto sociale, ed in particolare la sistemati

cità delle prestazioni, la notevole entità complessiva, l'inge

renza attiva del presunto socio negli affari sociali, e tenendo

altresì' conto, se il fideiubente ed il beneficiario sono coniugi,

delle naturali implicazioni connesse a tale vincolo di parente

la (nella specie, il tribunale ha escluso che le fideiussioni pre

state avessero natura di conferimento sociale). (1)

(1) La sentenza si inserisce nella problematica, frequente in giurispru

denza, del tentativo (ad opera del curatore fallimentare e dei creditori) di far fallire per estensione coloro che abbiano offerto finanziamenti

e garanzie all'imprenditore decotto, ravvisando in tali operazioni non

un'attività esterna all'impresa, ma un vero e proprio conferimento sociale.

In giurisprudenza, la soluzione prevalente è nel senso di riconoscere

ad ogni apporto economicamente valutabile la natura di conferimento

(cfr. Cass. 7 giugno 1974, n. 1690, Foro it., Rep. 1974, voce Società, n. 154; 29 maggio 1972, n. 1676, id., Rep. 1972, voce cit., n. 129).

Tuttavia, si richiede caso per caso il concorso di ulteriori elementi a

prova dell'esistenza di un rapporto sociale tra fideiussore e garantito:

cosi, Cass. 23 dicembre 1982, n. 7119, id., Rep. 1984, voce cit., n.

245 (per esteso in Giur. comm., 1983, II, 847, spec. 850), richiede la

continuità e la varietà tipologica di fideiussioni e prestazioni di garan

zie, si da realizzare «una sistematica opera di sostegno dell'attività d'im

presa». Nello stesso senso, Cass. 7 giugno 1974, n. 1690, cit.; App. Firenze 3 aprile 1970, Foro it., Rep. 1970, voce cit., n. 150; Trib. Na

poli 2 luglio 1980, id., Rep. 1982, voce cit., n. 137; Trib. Lucca 25

gennaio 1978, id., Rep. 1978, voce Fallimento, n. Ili; Trib. Prato 11

settembre 1974, id., Rep. 1975, voce Società, n. 172; Trib. Pistoia 15

maggio 1968, id., Rep. 1968, voce cit., n. Ili; Trib. Napoli 23 marzo

1968, ibid., n. 106.

Opinione contraria sembra assumere Cass. 10 gennaio 1980, n. 189,

id., Rep. 1980, voce cit., n. 141, in cui si richiede che la garanzia esponga il garante in via principale al pagamento dei debiti, con rinuncia al

regresso nei confronti del garantito. L'orientamento apertamente con

trario all'indirizzo prevalente è seguito da App. Napoli 12 luglio 1968,

id., Rep. 1968, voce cit., nn. 104, 131; Trib. Lucca 21 luglio 1978,

id., Rep. 1979, voce Fideiussione e mandato di credito, nn. 11, 12.

In termini simili si esprimono App. Catania 8 luglio 1988, id., Rep.

1989, voce Società, n. 349; Trib. Catania 7 aprile 1988, ibid., n. 348, sentenze nelle quali si avverte che anche la sistematicità e la rilevanza

dei finanziamenti non sono di per sé sufficienti a determinare la qualità di socio.

La dottrina prevalente richiede la verifica di una pluralità di elementi

ai fine di considerare una fideiussione come conferimento. Si vedano, in proposito, gli scritti di M. Bronzini, Estensione di fallimento a chi

presta fideiussioni bancarie?, in Dir. fallim., 1968, II, 900; Fideiussioni

pericolose, id., 1970, II, 840; Fideiussioni innocue, id., 1975, II, 146;

Formalità per l'estensione del fallimento. Fideiussioni non pericolose,

id., 1976, II, 258; La fideiussione bancaria non è «prova» di società,

in Banca, borsa, ecc., 1979, II, 401. Nello stesso senso, v. Di Lauro,

Società di fatto ed «estensione» di fallimento, in Dir. fallim., 1968,

II, 1057; Ghidini, Società personali, Padova, 1972, 139 s.; Glannatta

sio, Fideiussioni a garanzia di apertura di credito a società di persone intesa come conferimento in società, in Banca, borsa, ecc., 1974, I,

30; Galgano, Il fallimento delle società, in Trattato di diritto commer

ciale e di diritto pubblico dell'economia, Padova, 1988, X, 66.

Contra, ritenendo che i principi enunciati dalla prevalente giurispru denza siano severi ma esatti, P. G. Caselli, Fideiussione e società di

fatto, in Dir. fallim., 1974, II, 1037; Giordano, Conferimento, fideius sione e confusione di patrimoni, in Riv. dir. comm., 1981, 149.

La soluzione proposta dalla giurisprudenza in tema di prestazioni di

garanzie non differisce da quella che si ha quando ricorrano altre forme

This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, Orto Ricciari, Abbadessa) c. Fall. soc.

2915 PARTE PRIMA 2916

Svolgimento del processo. — Con sentenza 23-27 febbraio

1989, questo tribunale, su istanza del curatore del fallimento

(dichiarato il 6 agosto 1986) della società irregolare «Mulini f.lli

Fallica» — costituita da Fallica Francesco fu Agatino, Fallica

Agatino e Fallica Francesco fu Giuseppe —, e dei soci in pro

prio, decretava il fallimento della società in nome collettivo ir

regolare tra i detti Fallica, Ciancitto Maria Carmela e Orto Ric

ciari Magda, nonché quello personale di queste ultime.

Con citazione notificata il 15 marzo successivo al curatore

istante, la Orto Ricciari proponeva opposizione avverso la sen

tenza in parola chiedendone la revoca. Deduceva, in particola

re, che gli elementi valorizzati dalla sentenza dichiarativa del

fallimento in estensione — e cioè la prestazione di varie fideius

sioni bancarie, il pagamento di un debito contratto dalla «Muli

ni f.lli Fallica» verso la Cassa centrale di risparmio V.E. ed

il rilascio di effetti cambiari a varie banche presso le quali la

società era affidata — o non potevano interpretarsi nei sensi

ivi indicati, o trovavano giustificazione nella volontà di essa

opponente di liberarsi dell'obbligazione assunta con la prestata

garanzia fideiussoria, o non avevano alcun riferimento con la

attività commerciale della società fallita ricollegandosi invece

ad esposizioni debitorie personali. Negava, poi, che potessero ritenersi ricorrenti i presupposti tipici della società di fatto non

solo nei rapporti interni ma anche sul piano dell'esteriorizzazio

ne per come dimostrato dal particolare per cui nessuno dei nu

merosi creditori della «Mulini f.lli Fallica» adombrò la parteci

pazione di essa citante alle vicende societarie, né fece mai affi

damento sul di lei patrimonio. Costituitasi in giudizio, la curatela resisteva all'opposizione

e ne chiedeva il rigetto. Con ordinanza del 14 dicembre 1989, il tribunale ordinava

l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei creditori istanti

per la risoluzione del concordato preventivo della «Mulini f.lli

Fallica». (Omissis) Motivi della decisione. — (Omissis). Nel merito, si osserva

che nella sentenza impugnata la prova dell'esistenza di un rap

porto sociale tra la «Mulini f.lli Fallica» e la Orto Ricciari Magda è ravvisata nella sinergia di un complesso di elementi, poten zialmente idoneo ad integrarla, e l'inferenza viene suffragata da una motivazione imperniata sulla considerazione che i detti

elementi, in quanto «manifestatisi nei confronti dei creditori della

società, hanno ingenerato negli stessi il convincimento del coin

volgimento sociale della Orto Ricciari».

In particolare, il tribunale ha ritenuto idonei ad attribuire

la qualità di socia all'opponente alcuni interventi finanziari da

costei effettuati a vantaggio della società, e precisamente: a) la prestazione di tre fideiussioni in favore, rispettivamente, del

Banco di Sicilia (il 30 gennaio 1977 ed il 14 maggio 1979), e della Cassa centrale di risparmio V.E. (il 19 marzo 1979), a

garanzia di fidi concessi alla «Mulini f.lli Fallica», con l'obbli go di provvedere al pagamento di tutto quanto dovuto dalla

debitrice in dipendenza delle operazioni bancarie compiute; b) l'assunzione di obbligazioni solidali con il marito Fallica Fran

cesco fu Agatino nei confronti della Banca popolare di Belpas so e della Banca di Paternò, mediante il rilascio alle stesse, ri

spettivamente, di nove effetti cambiari per complessive lire

di apporto sociale giustificabili alla luce di un'affectio coniugalis o di un animus donandi; cosi, si è dichiarato assente il vincolo sociale in una serie di sentenze: cfr., tra le molte, Trib. Rimini 25 febbraio 1972, Foro it., Rep. 1972, voce cit., n. 136; Trib. Roma 21 aprile 1971, ibid., n. 137; Trib. Torino 20 gennaio 1971, id., Rep. 1971, voce cit., n. 167. Si è ritenuta prevalente, alla luce delle circostanze di fatto emerse, l'affectio societatis, in App. Bari 18 ottobre 1984, id., Rep. 1986, voce

Fallimento, n. 582; App. Napoli 30 marzo 1974, id., Rep. 1976, voce

Società, n. 140. Per una critica ai criteri utilizzati, v., per tutti, Galgano, op. cit.,

61 s., il quale ricorda che, pur essendo ammissibile la prova per presun zioni al fine di individuare il c.d. socio occulto (principio incontrastato: da ultimo, v. Cass. 18 marzo 1988, n. 2500, Foro it., Rep. 1989, voce

cit., n. 347), il conferimento di per sé non dà lo status di socio al

conferente, occorrendo la prova di ulteriori elementi quali l'ingerimen to negli affari sociali, la partecipazione agli utili, ecc.; in caso contrario si dà valore di presunzione a quello che è un semplice sospetto.

Circa i caratteri della fideiussione c.d. omnibus, per un consolida mento dell'orientamento della Suprema corte sui limiti di ammissibilità di tale istituto, cfr. sent. 15 marzo 1991, n. 2790, id., 1991, I, 2060, con nota di richiami di E. Borrelli.

Il Foro Italiano — 1991.

I4.994-000 E DI CINQUE CAMBIALI DELL'IMPORTO COMPLESSIVO DI

lire 27.000.000; c) l'estinzione di parte del debito della società

in seguito fallita verso la Cassa centrale di risparmio V.E.; d) la cessione del relativo credito di rivalsa alla Banca di Paterno.

Lasciando per ultimo da esaminare se le menzionate fideius

sioni omnibus possano valere a dimostrare, sia pure sul limitato

piano della effettualità e lungi da accordi espressi, l'esistenza

del contestato vincolo associativo, va osservato subito che gli altri elementi presi in considerazione dalla decisione opposta ap

paiono, in parte, ridondanti e, in parte, frutto di un'interpreta zione unidirezionale di fatti suscettibili di letture diversificate.

Dalla documentazione prodotta dall'opponente emergono, in

vero, elementi che, inseriti con il loro giusto valore nel meccani

smo del procedimento logico adottato, avrebbero dovuto inge nerare — come in effetti ingenerano — motivi di dubbio atti

quanto meno a disarmonizzare quelle deduzioni alle quali si è

inteso attribuire concludenza decisiva ai fini della ricerca della

verità. Nella prospettiva finale di più soluzioni presunte o pre

sumibili, si sarebbe di conseguenza fortemente indebolita la va

lenza probatoria di tutti quegli indizi che, pur valutati sintetica

mente, denunziano manchevolezze di precisione e concordanza.

Cosi, l'estinzione del debito contratto dalla società fallita nei

confronti della Cassa centrale di risparmio V.E. rappresenta l'e

pilogo «fisiologico» del rapporto fideiussorio intercorso tra il

detto istituto di credito e l'opponente la quale intese tenere fede

all'impegno assunto surrogandosi conseguentemente nella posi zione del creditore garantito. Porre l'accento su siffatta opera zione solutoria e, contemporaneamente, sulla prestazione della

fideiussione, equivale, all'evidenza, a considerare due volte una

medesima circostanza.

Sulla cessione del conseguente credito di rivalsa alla Banca

di Paterno, di cui risultava a sua volta debitrice la «Mulini f.lli

Fallica», già all'epoca dichiarata fallita, va rilevato che la Orto

Ricciari era debitrice in proprio nei confronti della predetta azien

da di credito avendo ottenuto un affidamento in conto corrente

in data 30 ottobre 1979 in stretta correlazione temporale con

l'acquisto di un fondo rustico effettuato per notar Lojacono il 17 dicembre successivo.

Per quanto concerne le cinque cambiali, del complessivo im

porto di lire 27.000.000, a firma congiunta dell'Orto Ricciari

e del di lei marito Fallica Francesco, esiste la prova documenta

le che due di esse, di lire 10.000.000 cadauna, vennero rilasciate

a garanzia dell'integrale e puntuale rimborso del credito della

Banca di Paternò riveniente dall'utilizzo del fido in conto cor

rente (n. 1370) concesso al detto Fallica. Le restanti cambiali,

per complessive lire 7.000.000 (somma, questa, in generale dav

vero poco significante, ove si pensi al volume di affari della

società fallita pari a svariati miliardi l'anno), sono state create

in favore del marito personalmente, senza alcun riferimento al

la compagine sociale di cui faceva parte, al fine evidente di con

sentirgli il reperimento di liquidità attraverso il relativo sconto.

Trattasi in ogni caso di circostanza equivoca da cui non è con

sentito trarre alcun utile argomento di sostegno della tesi di fondo

della decisione in esame.

Relativamente ai nove effetti cambiari congiuntamente sotto

scritti dall'opponente e dal di lei coniuge e rilasciati in favore

della Banca popolare di Belpasso, risulta dagli atti che in data

15 marzo 1977 la Orto Ricciari, indicando la sua professione di insegnante e offrendo la garanzia personale del marito, chie

se ed ottenne dall'istituto di credito predetto la concessione di

un fido di lire 29.000.000, da utilizzarsi mediante sconto diretto

di pagherò, onde destinarlo all'acquisto di un immobile; e che

in effetti poco tempo prima (18 gennaio 1977) essa aveva acqui stato da tale Cara Tommasa Vincenza tre piccoli appartamenti

per il prezzo complessivo di lire 35.000.000.

In mancanza di contrari indizi univoci e concludenti, non è,

pertanto, lecito, se non ragionando per supposizioni, ricollegare le esaminate obbligazioni cambiarie alla necessità di reperire fondi

per l'utile conseguimento dell'oggetto sociale.

Restano, dunque, le fideiussioni prestate in favore del Banco

di Sicilia e della Cassa centrale di risparmio V.E. a proposito delle quali occorre subito puntualizzare che sono, in tutto, due

soltanto e non tre, in quanto nella lettera spedita il 14 maggio 1979 al Banco di Sicilia dall'opponente e dal Fallica Francesco,

costoro, nel confermare l'impegno fideiussorio del 30 novembre

1977, intesero specificarne (ulteriormente) l'ampiezza facendo

presente che le relative obbligazioni dovevano intendersi da essi

This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, Orto Ricciari, Abbadessa) c. Fall. soc.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

assunte solidalmente e che alle stesse avrebbero risposto anche

con i beni posseduti in comunione senza limitazioni di sorta

e con espressa rinunzia di avvalersi del disposto degli art. 189

e 190 c.c.

Alla concessione delle suddette garanzie viene attribuito dalla

sentenza impugnata valore peculiarmente sintomatico dell'esi

stenza del vincolo associativo sul piano dell'esteriorizzazione de

ducendosene l'attitudine a ingenerare nei terzi il convincimento

della partecipazione dell'opponente alla società «Mulini f.lli

Fallica». Il processo argomentativo seguito dalla pronuncia in esame

non regge, però, al vaglio di alcune doverose meditazioni sug

gerite dall'osservazione delle applicazioni che dell'istituto fideius

sorio si riscontrano nella prassi bancaria.

È infatti notorio che il rilascio di fideiussioni omnibus o ge nerali da parte dei parenti stretti di colui che chiede un affida

mento (e l'opponente è, rispettivamente, moglie, cognata e cu

gina acquisita dei soci della società irregolare collettiva «Mulini

f.lli Fallica») è costantemente pretesa dalle banche proprio quan do i detti parenti non sono legati da un rapporto societario, diversamente procedendosi alla cointestazione del conto: e ciò

specie laddove si tratti del coniuge dell'affidato, intendendo gli istituti di credito evitare di vedersi sottratta, dalla garanzia co

stituita dai beni di quest'ultimo, la corrispondente quota di pro

prietà spettante al coniuge in base alle norme sul nuovo diritto

di famiglia. Orbene, sarebbe singolare sostenere che proprio le banche le

quali sono solite esigere dal coniuge la prestazione della fideius

sione, possano poi pretendere di desumerne in buona fede l'ap

parenza di un rapporto societario.

Giova ricordare al riguardo che, per essere operante, il prin

cipio dell'apparenza, tanto nella sua forma «pura» — caratte

rizzata dalla presenza di elementi obiettivi idonei a far insorgere la ragionevole presunzione della corrispondenza della situazione

di fatto a quella di diritto —, quanto in quella cosiddetta «col

posa» — contraddistinta, oltre che dalla presenza dei suindicati

elementi, anche da un comportamento malizioso o negligente del soggetto contro cui l'apparenza è invocata —, presuppone

sempre la prova dell'errore scusabile di chi abbia confidato nel

lo schema apparente.

Ora, non è certo concepibile che la banca possa essere indot

ta a intravedere nella prestazione di garanzia l'espressione di

un rapporto sociale, conoscendo al contrario perfettamente la

reale valenza giuridica di una situazione che sul piano tecnico

essa stessa ha concorso a determinare.

Del resto, nessun significato avrebbe il rilascio di una fideius

sione da parte di colui che, se socio, sarebbe ugualmente re

sponsabile in modo illimitato per le obbligazioni del garantito a motivo della esistenza del rapporto sociale.

Escluso, quindi, che alle fideiussioni omnibus, da sole e qua

lunque sia il loro numero, possa attribuirsi un valore epifanico del rapporto societario nei confronti delle banche, a maggior

ragione deve escludersi che le cennate garanzie siano in grado di generare negli altri soggetti trovatisi a contrattare con il fi

deiussore la giustificata e incolpevole opinione di trovarsi di

fronte al socio del debitore, poiché il loro rilascio è attività svolta

solo nell'ambito degli istituti di credito e non certo di dominio

pubblico, rientrando fra le operazioni tipicamente bancarie e

come tali coperte da segreto. (A diversa conclusione potrebbe

pervenirsi nell'ipotesi, non ricorrente nella fattispecie, in cui la

prestazione delle garanzie risulti da atti — ad esempio decreti

ingiuntivi — resi di pubblico dominio — attraverso le trascri

zioni e/o le procedure esecutive effettuate). Sintomatico rilievo ha in proposito la constatazione che nella

specie nessuno dei numerosi creditori della «Mulini f.lli Fallica»

ha chiesto espressamente di estendere all'opponente il fallimen

to sociale o ne ha esplicitamente fatto intravedere la possibilità.

Una volta escluso che nel caso in esame vi sia stata l'esterio

rizzazione dell'affermato vincolo sociale attraverso il rilascio delle

due suindicate fideiussioni, sembra al collegio doveroso in que

sta sede accertare se (comunque) le ripetute garanzie possano

costituire finanziamenti indiretti assimilabili al conferimento a

carattere sociale ed essere apprezzate da tale angolazione quali

elementi indicativi, nei rapporti interni, della qualità di socio

occulto dell'opponente. La prima e fondamentale questione da affrontare è, pertan

to, quella di stabilire se il finanziamento da parte di un terzo

Il Foro Italiano — 1991.

mediante prestazioni di garanzie più o meno qualificate a favo

re di una società di persone possa rappresentare di per sé confe

rimento sociale ed assunzione della relativa responsabilità illi

mitata.

A riguardo, va subito dato atto dell'incontestabilità della tesi

secondo la quale ogni contributo che abbia un valore economi

camente apprezzabile può essere inteso quale apporto sociale; e che vanno ritenute come tali tutte quelle prestazioni (come

sconti, avalli, fideiussioni ed in genere tutte quelle operazioni che trovano causa nel credito goduto dal socio nel mercato) attraverso le quali viene assicurato il reperimento di fondi a

favore della società, con la garanzia del patrimonio personale del conferente oltre che del patrimonio sociale.

È parimenti indubitabile, però — e il Supremo collegio lo

ha più volte precisato —, che, nel difetto di una precisa docu

mentazione delle intese contrattuali, è solo con riferimento alla

volontà di chi le pone in essere (e degli altri partecipi allo svol

gimento dell'attività comune), evincibile anche per facta con

cludentia, che quelle prestazioni possono assumere valore di con

ferimenti pro socio. E la determinazione di attribuire alla fi

deiussione la particolare finalità del conferimento sociale può essere dimostrata da tutte quelle circostanze — quali, ad esem

pio, la loro reiterazione nel tempo, la loro estensione e l'ingente entità delle obbligazioni garantite con riferimento alla globale

esposizione dell'imprenditore verso le banche da cui attinge de

naro — che ne fanno uno strumento sostanzialmente indispen sabile per la concessione del fido all'impresa.

Ove manchi, pertanto, la possibilità di ricostruire — anche,

ripetesi, per perspicua iudicia — una siffatta volontà di colla

borazione interessata alla vita sociale (nella quale si risolve la

c.d. affectio societatis), gli interventi in questione non perdono il significato ad essi congeniale sul piano economico; quello,

cioè, del finanziamento che, per la sua natura giuridica, fa as

sumere alla persona del sovventore la figura di creditore e non

già di socio della società sovvenuta, cosi differenziandosi netta

mente dal conferimento sociale, che, di contro, importa dispo sizioni patrimoniali irreversibili volte all'esercizio di un'attività

economica col proposito di dividerne gli utili.

D'altronde, da un più vasto campo di osservazione quale quello

socio-economico, non può sottacersi che l'equiparazione (tout

court) delle forme di finanziamento indiretto, come la fideius

sione generale, al conferimento sociale potrebbe dar luogo a

problemi di maggiore estensione e rilievo. Si rischierebbe, infat

ti, di scoraggiare gli interventi in garanzia di terzi (e di congiun ti in particolare) finalizzati ad assicurare all'imprenditore l'ero

gazione del credito necessario in presenza di crisi di liquidità o di aspettative inflazionistiche, con effetti disincentivanti sotto

il profilo degli investimenti.

Tali proiezioni, attesa l'intima connessione esistente tra aspetti economici e giuridici di diversi istituti del diritto civile, non do

vrebbero essere trascurate dall'interprete il cui dovere non può non essere anche quello di accertare il costo degli strumenti giu

ridici, le loro conseguenze indotte e l'alterazione che esse even

tualmente producano negli equilibri del mercato.

Ulteriore cautela si impone, poi, nel valutare le operazioni di finanziamento e in particolare la prestazione di garanzie, al

fine di dedurrle la sussistenza di una società nella sua entità

ontologica e nelle sue estrinsecazioni rispetto ai terzi, quando esse siano effettuate tra parenti e in ispecie tra marito e moglie in regime di comunione legale dei beni, attesa la sostanziale

coincidenza degli elementi tipici del vincolo coniugale coi requi siti strutturali del rapporto societario; di guisa che, in difetto

di gravi, concordanti ed univoci indizi di segno contrario, quale

ad esempio la partecipazione attiva nella gestione dell'attività

imprenditoriale, gli atti sopra citati devono essere considerati

per presunzione logica come una possibile derivazione di quei

vincoli anziché una manifestazione di cointeressenza a fini di

lucro nell'impresa esercitata da uno solo dei coniugi.

A parte i superiori spunti, va espressa l'impressione che la

tendenza a collocare la fideiussione omnibus sul versante del

finanziamento-conferimento pro socio risente dell'angolo visua

le dal quale è stato riguardato l'istituo in ragione delle moltepli

ci deviazioni dallo schema codicistico presenti nei moduli predi

sposti dagli istituti di credito, che hanno finito per stravolgerne

l'essenza riducendolo a un mezzo di coobbligazione diretta.

Le recenti prese di posizione della Cassazione che hanno atte

nuato la rigidità dei principi in precedenza affermati in tema

This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 28 febbraio 1991; Pres. Vergari, Est. Del Core; Orto Ricciari (Avv. Mauceri, Orto Ricciari, Abbadessa) c. Fall. soc.

2919 PARTE PRIMA 2920

di validità della fideiussione omnibus con riferimento alla clau

sola di deroga all'art. 1956 c.c., sembrano aver segnato un'in

versione di tendenza in materia riproponendo il problema, da

tempo avvertito sul piano sistematico, di tracciare i confini tra

condebito e garanzia di debito altrui, quale indubbiamente è

l'istituto in discorso secondo il suo nucleo normativo fonda

mentale.

In questa prospettiva di limitazione dell'onere assunto dal fi

deiussore, conseguente all'abbandono dell'odierno volto desta

bilizzato o «decodificato» della fideiussione omnibus, viene spe cularmente a ridursi la sua valenza quale elemento presuntivo dell'esistenza del rapporto sociale tra garante e debitore prin

cipale. Tentando di compendiare le considerazioni precedentemente

svolte in proposizioni di principio, può dirsi che: 1) da sole

le fideiussioni, avendo natura di garanzia, non possono di per sé essere intese come conferimenti di capitale per il fondo socia

le, specie se prestate tra coniugi in regime di comunione legale dei beni o fra parenti stretti quali quelli elencati nell'art. 433

c.c., vigendo in questi casi la presunzione contraria che costitui

scono derivazione del vincolo coniugale o parentale; 2) tuttavia, esse possono assumere il valore concreto di conferimento socia

le, generalmente nei rapporti interni e non sul piano della este

riorizzazione (a meno che la loro prestazione, di regola coperta dal segreto bancario, sia stata in qualche modo resa pubblica),

allorquando sia lecito inferire, a livello presuntivo, che in questi sensi era la reale intenzione del fideiubente; 3) in assenza di

indizi ulteriori, soccorrono al riguardo quelle circostanze — mas

sime: la sistematicità delle loro prestazioni e la notevole entità

complessiva degli affidamenti garantiti — che denotano come

le fideiussioni abbiano rappresentato lo strumento determinante

per il reperimento dei fondi necessari al conseguimento dell'og

getto sociale: 4) una siffatta règola è valida ancorché si tratti

di persone unite da un rapporto di parentela stretta, e in parti colare di coniugi, con l'avvertimento che in tale ipotesi la quali ficazione in termini di decisività del sostegno dato attraverso

la fideiussione sarà necessariamente più rigorosa — e, quindi, tendenzialmente condizionata alla compresenza di elementi de

sumibili aliunde — dovendosi tenere conto delle naturali impli cazioni connesse ai vincoli parentali.

Alla luce delle cennate conclusioni, non è lecito ravvisare nel

le fideiussioni prestate dall'opponente quei caratteri necessari

per risalire, a mente dell'art. 2729 c.c., con procedimento logi co deduttivo, al fatto ignoto del vincolo sociale, superando la

barriera della realtà tipica dell'atto che denota invece l'estranei

tà di chi lo compie all'impresa sovvenzionata.

Al riguardo, devesi prima di tutto osservare che il riferimento

(costantemente presente negli scritti difensivi dell'opponente) al

criterio ermeneutico da seguire in tema di fideiussioni «coniuga li» (o tra congiunti) non sembra rivelarsi pertinente in quanto:

1) le fideiussioni non sono state prestate al marito, bensì nei

confronti della «ditta «Mulini f.Ili Fallica» soc. di fatto»; 2)

quest'ultima, in quanto tale, poteva comprendere, oltre al mari

to della Orto Ricciari, altri soggetti da costei non conoscibili

attraverso forme di pubblicità legali, nella circostanza non ri

chieste; 3) i consoci del marito sicuramente conosciuti all'oppo nente, a favore dei quali le garanzie sono state p"ure accordate, non possono comunque definirsi suoi parenti «stretti», doven

dosi certamente escludere, anche in base ad un'applicazione ana

logica dell'art. 433 c.c., che legami della specie esistano tra co

gnati o cugini acquisiti col matrimonio.

Altri sono invece i rilievi che confortano il convincimento

espresso. Dall'esame degli atti fallimentari emerge infatti che al mo

mento della presentazione della proposta di concordato preven tivo (16 ottobre 1980), l'esposizione debitoria della «Mulini f.lli

Fallica» verso il sistema creditizio ammontava a complessive li

re 1.750.484.480, cosi suddivise per istituti di credito: lire

170.425.648 nei confronti della Cassa centrale di risparmio V.E.; lire 579.972.426 nei riguardi della Banca di Paterno; lire

339.886.816 verso la Banca popolare di Belpasso; lire 296.826.560

verso il Banco di Sicilia, e lire 363.373.830 nei confronti del

Banco di credito San Giuliano.

Avendo interessato solo due istituti di credito e garantito un'e

sposizione pari a circa il 26% di quella complessivamente accu

mulata dalla «Mulini f.lli Fallica» nei confronti del circuito ban

cario, non può certo affermarsi che le fideiussioni de quibus

Il Foro Italiano — 1991.

siano state ingenti e/o sistematicamente acquisendo, per tale via,

quelle caratteristiche di decisività e infungibilità ai fini dell'ac

cesso al credito del debitore sovvenuto, atte a far ritenere pro

vato, a livello presuntivo, che esse, nell'intenzione di chi le ha

poste in essere, dovevano considerarsi come apporti sociali.

Il ridimensionamento in cifre delle fideiussioni prestate dal

l'opponente, rende conseguentemente inconciliabile coi detti in

terventi qualsiasi congettura che — svalutandone la manifesta

zione creditizia — vi escluda il connaturale titolo pro mutuo

per attribuire quello pro socio.

E non emergendo dagli atti fallimentari altri elementi teorica

mente idonei a dimostrare la sussistenza del controverso vincolo

sociale, e in particolare l'ingerenza attiva dell'opponente nei fatti

gestionali dell'impresa fallita, va da sé che deve accogliersi l'op

posizione e revocarsi, in parte qua, la sentenza impugnata.

TRIBUNALE DI BELLUNO; sentenza 29 gennaio 1991; Pres.

Coppari, Est. Massaro; D'Incà ed altri (Avv. Rasera Ber

na) c. Comune di Mei ed altro (Avv. Patelmo).

TRIBUNALE DI BELLUNO;

Elezioni — Elezioni comunali — Cause di ineleggibilità o di

incompatibilità — Delibera comunale — Impugnazione — Ter

mini — Fattispecie (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle

leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle ammi

nistrazioni comunali, art. 82; 1. 23 aprile 1981 n. 154, norme

in materia di ineleggibilità e incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale

e in materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanita

rio nazionale, art. 2, 3).

Il termine di trenta giorni previsto dall'art. 82, 1° comma, d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570 per impugnare la delibera comunale

adottata in tema di ineleggibilità o di incompatibilità, è pe rentorio e deve essere rispettato a pena di decadenza e sfugge alla disponibilità dell'organo deliberante rinnovare, sullo spe

cifico oggetto, decisioni che possano valere a fare nuovamen

te decorrere per taluno termini già scaduti. (1)

Motivi della decisione. — Il ricorso proposto da D'Incà Oscar, Feltrin Vincenzo e Cesa Pierluigi è inammissibile e tale deve

perciò essere dichiarato (con conseguente superfluità dell'esame

d'ogni altra problematica di rito e di merito sollevata dalle parti). L'art. 82, 1° comma, t.u. 16 maggio 1960 n. 570 (art. 1 i.

1147/66) fissa come termine per l'impugnazione delle delibere

adottate in tema di eleggibilità (o di incompatibilità) il trentesi

mo giorno successivo alla data finale di pubblicazione delle de

libere stesse. Tale termine, come precisato dal 5° comma della

menzionata norma, è perentorio e deve essere rispettato a pena di decadenza.

Nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorren

ti, risulta che già nella seduta del 25 giugno 1990 era stato trat

tato l'argomento relativo alla sussistenza o meno di cause di

ineleggibilità od incompatibilità in capo ai consiglieri eletti, co

sicché era la delibera scaturita da tale seduta l'atto che doveva

(1) Sul termine stabilito dall'art. 82, 1° comma, d.p.r. 570/60, v. Cass. 14 ottobre 1986, n. 6002, Foro it., Rep. 1987, voce Elezioni, n. 181, la quale ha escluso che la previsione di tale termine si ponga in contrasto con l'art. 24 Cost.; Cass. 16 luglio 1986, n. 4591, id., Rep. 1986, voce cit., n. 153; Trib. Monza 24 aprile 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 138; Cass. 20 gennaio 1982, n. 348, id., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 95; Trib. Napoli 15 luglio 1981, ibid., voce

Elezioni, n. 222; Cass. 7 febbraio 1981, n. 771, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 267. Per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità rela

tiva agli art. 1 e 3 1. 7 ottobre 1969 n. 742, nella parte in cui non

comprendono fra le controversie alle quali non si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale quelle promosse in materia di ineleggibilità a consiglieri comunali, v. Corte cost., ord. 8 marzo

1985, n. 61, id., 1985, I, 1278, con nota di richiami.

This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended