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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 28 maggio 1987, n. 211 (Gazzetta...

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sentenza 28 maggio 1987, n. 211 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° luglio 1987, n. 27); Pres. La Pergola, Rel. Saja; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Comm. trib. II grado Milano 25 giugno 1979 (due) (G. U. n. 194 del 1980 e n. 235 del 1980) Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 41/42-43/44 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181012 . Accessed: 24/06/2014 20:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.47 on Tue, 24 Jun 2014 20:12:55 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 28 maggio 1987, n. 211 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° luglio 1987, n. 27); Pres. La Pergola, Rel. Saja;

sentenza 28 maggio 1987, n. 211 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° luglio 1987, n. 27);Pres. La Pergola, Rel. Saja; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Comm.trib. II grado Milano 25 giugno 1979 (due) (G. U. n. 194 del 1980 e n. 235 del 1980)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 41/42-43/44Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181012 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ritenuto che nel procedimento penale, in corso davanti al Tri

bunale di Reggio Emilia, in cui Albertini Bruno era imputato di truffa aggravata ai danni della locale Banca agricola commer

ciale, quest'ultima, costituitasi parte civile, chiedeva il sequestro dei beni dell'imputato ai sensi dell'art. 189 c.p.;

che il tribunale, ritenuta l'applicabilità degli art. 671 e 545 c.p.c. anche al sequestro penale e quindi la parziale non sequestrabilità delle somme dovute all'Albertini dalla banca quale datrice di la

voro, con ordinanza del 14 dicembre 1979 (reg. ord. n. 43 del

1980) sollevava, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legit timità costituzionale dell'art. 545 cit., nella parte in cui, dispo nendo la non pignorabilità oltre il quinto dei crediti verso i privati

per stipendi, salari o altre indennità derivanti da rapporto di la

voro o di impiego, parificava irrazionalmente i crediti «ordinari»

a quelli ex delieto-, che il collegio rimettente dubitava che la diversa origine, dei

crediti contrattuali e di quelli da fatto illecito, rendesse ingiustifi cata la detta parificazione, da cui derivava, in particolare, una

minorata difesa delle vittime da reato, che pur potevano essere

persone fisiche versanti in stato di bisogno; che la banca si costituiva tardivamente e la presidenza del con

siglio dei ministri interveniva chiedendo dichiararsi la non fonda

tezza della questione. Considerato che nella materia in esame il bilanciamento dei

contrastanti interessi del creditore, che agisce per esecuzione, o

chiede il sequestro, e del debitore, è rimesso alla valutazione di

screzionale del legislatore, incensurabile in sede di giudizio costi

tuzionale se non si riveli irragionevole (cfr. sent. n. 37 del 1985, Foro it., 1985, I, 1266);

che la ratio della limitata pignorabilità dei crediti derivanti dal

rapporto di lavoro o di impiego sta nell'esigenza di non pregiudi care la soddisfazione dei più elementari bisogni del debitore as

soggettato ad esecuzione (o a sequestro conservativo), come questa corte ha già osservato nelle sent. nn. 20 del 1968 (id., 1968, I,

857) e 102 del 1974 (id., 1974, I, 1278); che di fronte a tale imprescindibile esigenza è manifesto come

non valichi i limiti della ragionevolezza la scelta del legislatore di non introdurre differenze di trattamento in relazione all'origi

ne, contrattuale o aquiliana, dei crediti sottoposti a pignoramen to o a sequestro;

Visti gli art. 26 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle norme integra tive per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara manifesta

mente non fondata la questione di legittimità costituzionale del

l'art. 545, 4° comma, c.p.c., sollevata in riferimento all'art. 3

Cost, dal Tribunale di Reggio Emilia con l'ordinanza indicata

in epigrafe.

rato l'infondatezza, da un lato ritenendo che la sua soluzione implichi valutazioni rimesse alla discrezionalità del legislatore (bilanciamento dei

contrastanti interessi del creditore procedente e del debitore esecutato); dall'altro richiamando la propria precedente giurisprudenza relativa alla

legittimità del limite prescritto dalla norma in contestazione (sent. 28 marzo

1968, n. 20, id., 1968, I, 857; 18 aprile 1974, n. 102, id., 1974, I, 1278; 15 luglio 1975, n. 209, id., 1975, I, 1573; 12 gennaio 1977, n. 12, id.,

Rep. 1977, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 20). Sempre in argomento si deve richiamare la sent. 31 marzo 1987, n.

89 (id., 1987, I, 1001, con nota C. M. Barone), con la quale la Corte costituzionale ha esteso la pignorabilità, nei limiti di un quinto, anche

agli stipendi, salari, e retribuzioni corrisposti dagli enti, aziende ed im

prese, a carattere pubblico, di cui all'art. 1 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180.

Infine, per ciò che concerne i limiti alla pignorabilità delle somme e dei crediti nascenti da rapporti di lavoro, v. Andrioli, Commento, Jove

ne, Napoli, 1957, III, 191 ss.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 maggio 1987, n. 211

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 1° luglio 1987, n. 27);

Pres. La Pergola, Rei. Saja; interv. Pres. cons, ministri (Aw.

dello Stato Azzariti). Ord. Comm. trib. II grado Milano 25

giugno 1979 (due) (G. U. n. 194 del 1980 e n. 235 del 1980).

Tributi locali — Ilor — Redditi da «royalties» — Impresa stra

niera senza stabile organizzazione in Italia — Non assoggetta bilità — Questioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 3,

53, 76; 1. 9 ottobre 1971 n. 825, delega al governo per la rifor

ma tributaria, art. 4; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, istituzio

II Foro Italiano — 1988.

ne e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, art. 19; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599, istituzione e disciplina

dell'imposta locale sui redditi, art. 3).

Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.

3 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599, nella parte in cui, attraverso

il richiamo all'art. 19 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, esclude

la tassazione, ai fini Ilor, dei redditi derivanti dall'utilizzazione

economica dei marchi, delle invenzioni e delle opere dell'inge

gno (c.d. royalties^ percepiti da soggetti stranieri esercenti un'im

presa non avente stabile organizzazione in Italia, sia in

riferimento agli art. 3 e 53 Cost., sia, in relazione all'art. 4, n. 2, l. 9 ottobre 1971 n. 825, in riferimento all'art. 76 Cost. (1)

Diritto. - 1. — Con le due ordinanze in epigrafe la Commissio

ne tributaria di II grado di Milano sottopone alla corte due que stioni di analogo contenuto, concernenti l'assoggettamento all'Ilor

(1) Le ordinanze di rimessione sono riportate in Foro it., 1980, III,

431, con nota di richiami, e id., Rep. 1981, voce Tributi locali, n. 125

(per esteso in Giur. costit., 1980, II, 1520). Il giudice a quo aveva sollevato il dubbio che l'interpretazione corrente

delle norme impugnate — ossia l'esenzione degli enti stranieri senza sta

bile organizzazione in Italia dal pagamento dell'Ilor per le royalties per

cepite nel territorio nazionale — potesse concretare una discriminazione

a danno delle altre imprese che restano soggette al tributo; non senza

rilevare l'inosservanza delle indicazioni del legislatore delegante che avrebbe

imposto l'applicazione dell'Ilor a tutti gli enti stranieri operanti in Italia,

indipendentemente dal requisito della stabile organizzazione. Su quest'ul tima censura, la corte ha avuto gioco facile nel replicare che la norma

invocata (l'art. 4, n. 2,1. 825/71) non specifica affatto quali siano i «red

diti prodotti nel territorio nazionale» ed a cui si deve applicare l'Ilor, ma si limita solo ad enunciare «dei criteri di tassazione per i redditi pro dotti in Italia».

Più interessante, invece, l'esame dell'altra censura, cui si era opposta,

peraltro in maniera poco convincente, la presidenza del consiglio dei mi

nistri. Infatti, l'intervento a difesa delle norme impugnate era fondato

essenzialmente sulla qualificazione delle royalties non già come reddito

d'impresa (su cui v. Comm. trib. centrale 8 ottobre 1985, n. 8297, Foro

it., Rep. 1986, voce cit., n. 102), ma come reddito di lavoro autonomo

che in ogni caso è soggetto a tassazione Ilor; se, perciò, anche le royalties devono scontare il tributo locale, viene meno ogni questione di disparità di trattamento. Una tale posizione, però, è da tempo superata (come la

stessa avvocatura dello Stato ha riconosciuto in sede di discussione) dal

l'ormai consolidata giurisprudenza, della Cassazione e della Commissione

tributaria centrale, che considera le royalties quali redditi d'impresa e, come tali, non soggette all'Ilor sino al 1° gennaio 1982 (data in cui è

entrato in vigore l'art. 31 d.p.r. 30 dicembre 1980 n. 897 che ha assogget tato all'Ilor anche i compensi percepiti da imprese prive del carattere

della stabile organizzazione): cfr., tra le ultime, Cass. 12 gennaio 1987, n. 118, id., Mass., 23; 17 dicembre 1986, n. 7617, id., Rep. 1986, voce

Reddito delle persone fisiche (imposta), n. 176; 19 novembre 1986, n.

6804, ibid., n. 177; 11 aprile 1986, n. 2572, ibid., n. 178; 16 dicembre

1985, n. 6374, ibid., n. 179; 16 luglio 1985, n. 4176, ibid., n. 180; 27

febbraio 1985, n. 1719, id., Rep. 1985, voce cit., n. 185; 23 febbraio

1985, n. 1626, ibid., n. 184; 29 settembre 1984, n. 4829, ibid., n. 183; 27 gennaio 1986, n. 513, id., Rep. 1986, voce Tributi in genere, n. 571; 6 febbraio 1986, n. 718, id., 1986, I, 665, con nota di richiami; v. anche

Comm. trib. centrale 16 novembre 1985, n. 9757, id., Rep. 1986, voce

Reddito delle persone fisiche (imposta), n. 181; 4 febbraio 1985, n. 1048,

ibid., n. 182; 16 ottobre 1984, n. 8833, id., Rep. 1985, voce cit., n. 189; 27 ottobre 1984, n. 9205, ibid., n. 190; Comm. trib. I grado Torino 3

giugno 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 183.

Dunque, la disparità rimane; ma secondo la Corte costituzionale essa

è giustificata dal favore, espresso dalla legge nazionale nella concessione

della predetta esenzione, accordato all'ingresso nello Stato di tecnologie straniere «al fine di agevolare un mercato interno non adeguatamente

sviluppato». Sempre secondo la corte la dimostrazione che questa è la

corretta interpretazione della normativa è data proprio dal successivo in

tervento del d.p.r. 897/80 che ha eliminato il regime di favore per le

imprese straniere, evidentemente per i mutamenti del mercato internazio

nale, divenuto fortemente competitivo, in cui le imprese nazionali si sa

rebbero trovate danneggiate rispetto alle società estere (sul punto, con

rilievi critici, in nota alla sentenza in epigrafe, cfr. C. Pino, Le «royal ties» ai non residenti e la sentenza della Corte costituzionale, in Corriere

trib., 1987, 2537). In dottrina, cfr., inoltre, Cinti, L'imposizione dei proventi da opere

dell'ingegno dal vecchio al nuovo ordinamento, in Comm. trib. centr.,

1986, II, 131; Glendi, «Redevances», voce del Novissimo digesto, appen

dice, Utet, Torino, 1986, VI, 423. [S. Di Paola] Paola]

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PARTE PRIMA

dei redditi appresso specificati; i relativi giudizi vanno quindi riu

niti per essere decisi con unica sentenza.

2. — Il giudice a quo premette che in base alla normativa ap

plicabile (combinato disposto degli art. 3 d.p.r. 29 settembre 1973

n. 599, relativo all'imposta locale sui redditi, e 19, n. 5, d.p.r. 29 settembre 1973 nn. 597, concernente l'imposta sul reddito del

le persone fisiche) non sono soggetti all'Ilor i redditi di impresa, ai quali egli riconduce quelli in esame, derivanti da attività eserci

tate nel territorio italiano da soggetti (stranieri) privi nel medesi

mo territorio di stabile organizzazione. L'ordinanza di rimessione

indica anche, senza motivare, l'art. 49 d.p.r. n. 597 del 1973, relativo ai redditi di lavoro autonomo, ma tale disposizione è

chiaramente estranea alla censura formulata, trattandosi nella spe

cie, secondo la stessa ordinanza e in contrasto con la tesi dell'av

vocatura, di redditi di impresa. Ciò premesso, il detto giudice sospetta di illegittimità costitu

zionale detta normativa sotto duplice profilo. Precisamente dubi

ta che essa contrasti: 1) con l'art. 76 Cost., in quanto la

disposizione dell'art. 4, n. 2, della legge-delega per la riforma

tributaria 9 ottobre 1971 n. 825, in base alla quale sono stati

emessi i cit. d.p.r. nn. 597 e 599 del 1973, prevede, a suo avviso, che l'Ilor sia applicata agli enti stranieri ancorché privi di stabile

organizzazione nel territorio italiano; 2) con gli art. 3 e 53 Cost.,

perché, sempre ad avviso del giudice rimettente, la normativa im

pugnata, con l'esonero in discorso, riserva un ingiustificato trat

tamento di favore alle dette imprese, pur in presenza di indici

rivelatori della loro capacità contributiva.

3. — La presidenza del consiglio ha eccepito nell'atto di inter

vento l'inesattezza dell'interpretazione adottata dal giudice a quo, deducendo che i redditi suindicati, consistenti in compensi corri

sposti per l'utilizzazione di marchi di fabbrica — e quindi com

presi nella più ampia categoria delle royalties o redevances —

non costituiscono redditi di impresa bensì, come già si è accenna

to, redditi di lavoro autonomo, come tali tassabili a norma del

cit. art. 49 d.p.r. n. 597 del 1973, indipendentemente dall'esisten

za di una stabile organizzazione in Italia.

Nella memoria depositata in prossimità dell'udienza, però, l'av

vocatura dello Stato ha preso atto della giurisprudenza ordinaria

e tributaria ormai pacifica, secondo cui i detti compensi costitui

scono redditi di impresa e perciò, in difetto di una stabile orga nizzazione in Italia, non sono soggetti all'Ilor; essa ha pertanto abbandonato la tesi prima sostenuta, pur sempre affermando la

non fondatezza, sotto altro profilo, delle proposte questioni e

cosi accettando l'intuitiva conseguenza per cui, restando ferma

la disciplina vigente, risulterà priva di fondamento la pretesa so

stanziale fatta valere dall'amministrazione finanziaria.

4. — Prima di entrare nel merito, deve la corte formulare due

precisazioni di carattere preliminare.

Anzitutto, sul rapporto tributario in esame non incide la nazio

nalità statunitense delle due società contribuenti. Invero, la con

venzione conclusa a Washington il 30 marzo 1955 tra l'Italia e

gli Stati Uniti d'America (per la cui ratifica ed esecuzione è inter

venuta la 1. 19 luglio 1956 n. 943), intesa ad evitare le doppie

imposizioni e a prevenire evasioni fiscali, non concerneva, com'è

pacifico, le imposte locali sui redditi, alle quali perciò era appli cabile la legislazione interna di ciascuno degli Stati contraenti.

Mentre la successiva convenzione conclusa a Roma il 17 aprile

1984, la cui ratifica è stata autorizzata con 1. 11 dicembre 1985

n. 763 e che comprende anche le imposte locali, è entrata in vigo re il successivo 30 dicembre e si applica, secondo l'art. 28, 2°

comma, ai tributi futuri, non essendo perciò riferibile alla fatti

specie considerata nei giudizi a quibus, in cui si controverte di

imposte afferenti all'anno 1974.

5. — Va osservato poi che, successivamente alle due ordinanze

di rimessione in oggetto, è stato emanato il d.p.r. 30 dicembre

1980 n. 897, il quale, nell'art. 31, ha apportato varie modifiche

all'art. 19 d.p.r. n. 597 del 1973, relativo, come si è detto, all'ap

plicazione dell'Ilor ai redditi di impresa. Tale disposizione stabili

sce, per quanto qui interessa, che sono soggetti all'imposta

suddetta, anche in assenza di stabile organizzazione, i compensi

comunque corrisposti nel territorio dello Stato per l'utilizzazione

di marchi di fabbrica e di commercio, di opere dell'ingegno, di

invenzioni industriali e simili nonché per l'uso di veicoli, macchi

ne ed altri beni mobili.

Senonché l'art. 45, 3° comma, dello stesso d.p.r. 897/80 di

spone che la detta modifica avrà effetto dal 1° gennaio 1982, sicché essa non si applica ai rapporti tributari anteriori, e quindi

Il Foro Italiano — 1988.

non incide su quelli in esame, relativi a compensi per l'utilizza

zione di marchi di fabbrica percepiti nel 1974.

6. — Nel merito le due questioni non sono fondate.

Come già accennato, la giurisprudenza ordinaria, ivi compresa

quella delle sezioni unite della Cassazione, considera le royalties 0 redevances quali redditi non già di lavoro autonomo ma di

impresa; d'altro canto, tutti i redditi di questo tipo, realizzati

da enti non aventi in Italia una stabile organizzazione, si conside

ravano, prima delle modificazioni apportate con il richiamato

d.p.r. n. 897 del 1980, realizzati fuori dal territorio italiano (art.

19, n. 5, cit. d.p.r. n. 597 del 1973 in relazione all'art. 3 cit.

d.p.r. n. 599 del 1973); da ciò, e per effetto del carattere territo

riale dell'Ilor, derivava la non assoggettabilità al tributo di tutti

1 redditi di impresa percepiti dai soggetti testé indicati.

Su tale presupposto il giudice a quo con la prima questione

ritiene, con riferimento all'art. 4, n. 2, 1. n. 825 del 1971, che

il legislatore delegato, in violazione dell'art. 76 Cost., avrebbe

arbitrariamente escluso la tassazione dei redditi suddetti. Ma è

da osservare che il cit. art. 4, n. 2, non contiene affatto, neanche

implicitamente, la definizione di reddito prodotto nel territorio

nazionale, poiché esso enuncia soltanto dei criteri di tassazione

per i redditi prodotti in Italia. Fuor di proposito, pertanto, le due ordinanze d.i rimessione

hanno ritenuto di potersi riferire — in maniera peraltro assioma

tica — alla suddetta norma della legge delega, sicché risulta di

tutta evidenza come la prima questione sia priva di giuridico fon

damento.

7. — Rispetto alla seconda censura, osserva la corte che l'uti

lizzazione in Italia di beni (anche immateriali) appartenenti ad

un ente straniero privo nel nostro territorio di una stabile orga nizzazione non può che collegarsi, proprio per tale mancanza, al potere di direzione e di amministrazione esercitato nella sede

(estera) dagli organi centrali dell'ente medesimo. In tale situazio

ne non può certamente considerarsi arbitrario e irrazionale lo sco

po, perseguito dal legislatore, di incoraggiare le imprese straniere

ad operare in Italia, al fine di agevolare un mercato interno non

adeguatamente sviluppato. Non è, di conseguenza, censurabile la

scelta dello strumento a tal fine adottato ossia, con riferimento

alla fattispecie qui in esame, la normativa che considera il reddito

in questione come prodotto nel luogo in cui si trovano i beni

amministrati e l'impresa viene gestita (ossia all'estero), e lo eso

nera pertanto dall'imposizione tributaria italiana. Naturalmente

la ponderazione delle diverse esigenze da soddisfare può portare il legislatore ad opposte determinazioni ed è significativo in pro

posito il già richiamato d.p.r. 30 dicembre 1980 n. 897, il quale ha lasciato ferma la regola generale della precedente disciplina

(art. 3 d.p.r. n. 599 del 1973 e 19, n. 5, d.p.r. n. 597 del 1973), ma vi ha introdotto una deroga limitata ai redditi specificati nel

l'art. 31, 2° comma, n. 9, compredente principalmente le royal ties o redevances; deroga dovuta all'andamento del mercato

internazionale del settore, divenuto fortemente competitivo, per cui la precedente disciplina di esonero delle imprese straniere si

rivelava ormai eccessivamente dannosa per i nostri operatori eco

nomici. E merita di essere notata la cautela con cui in proposito ha agito il legislatore stesso, il quale ha disposto una lunga vaca

tio della nuova normativa (il cit. art. 31 si applica, secondo l'art.

45 dello stesso d.p.r., a decorrere dal 1° gennaio 1982), all'evi

dente scopo di non apportare bruschi mutamenti alle pratiche del commercio estero e di porre, per contro, gli operatori stranie

ri in grado di acquisire tempestivamente la conoscenza delle nor

me sopravvenute, onde potersi consapevolmente orientare.

Deve perciò dirsi, in conclusione, che entrambe le questioni non sono fondate.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di

chiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del

l'art. 3 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599, che rinvia agli art. 19, n. 5, e 49, 3° comma, lett. b, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, sollevate in riferimento agli art. 3, 53 e 76 Cost, dalla Commis

sione tributaria di II grado di Milano, con le ordinanze indicate

in epigrafe.

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