sentenza 29 dicembre 1988, n. 1143 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 4 gennaio 1989, n. 1);Pres. Saja, Est. Greco; Cianci (Avv. Agostini) c. Inps (Avv. Benenati); interv. Pres. cons.ministri (Avv. dello Stato D'Amico). Ord. Cass. 17 novembre 1987, n. 798 (G.U., 1 a s.s., n. 19del 1988)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 973/974-977/978Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183886 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
quanto differisce di nove mesi (o di dodici mesi per le locazioni
alberghiere) la data dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio
di immobili adibiti ad uso non abitativo, fissato ai sensi dell'art. 56 1. n. 392 del 1978, ha introdotto surrettiziamente, mascheran
dola sotto specie di una disposizione incidente sul momento ese
cutivo, una nuova proroga dei rapporti di locazione non più
compatibile, secondo quanto statuito dalla sentenza sopra citata,
con la tutela costituzionale del diritto di proprietà dei locatori,
ai quali viene impedito il recupero della disponibilità del bene nonostante la cessazione del rapporto di locazione;
che la norma denunziata è ritenuta contrastante anche con l'art.
3 Cost., in quanto discrimina tra situazioni identiche in dipen
denza unicamente della data di pronuncia del provvedimento di
rilascio; che nel giudizio davanti alla corte si è costituito il locatore Di
Gioia Giuseppe aderendo alle censure formulate nell'ordinanza
di rimessione, e poi ampiamente sviluppandole in una memoria;
che ha spiegato intervento il presidente del consiglio dei mini
stri, rappresentato dall'avvocatura dello Stato, chiedendo il riget
to della questione sul riflesso che il decreto censurato è intervenuto,
col diverso strumento della proroga degli sfratti, per far fronte
a una situazione di emergenza, prodotta dalla dichiarazione di
incostituzionalità di alcune norme della 1. n. 118 del 1985, la qua
le ha determinato la reviviscenza di numerosi provvedimenti di
rilascio per finita locazione e l'accumulo di nuove domande di
rilascio per le scadenze già verificatesi e ritornate in vigore;
considerato che, essendo stata l'esecuzione dal provvedimento
de quo fissata per il giorno 28 novembre 1986 (con sentenza del
29 ottobre 1986), il differimento disposto dalla norma impugnata
è cessato il 28 agosto 1987;
che successivamente è intervenuto il d.l. 25 settembre 1987 n.
393, convertito in 1. 25 novembre 1987 n. 478, che ha sospeso
l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione di
immobili adibiti ad uso non abitativo fino al 31 ottobre 1987,
disponendo inoltre, all'art. 2, che il conduttore per il periodo
di occupazione dell'immobile intercorso tra la data di scadenza
del regime transitorio previsto dalla 1. n. 392 del 1978 e la data
fissata dal giudice per il rilascio non è tenuto al risarcimento dei
danni moratori ex art. 1591 c.c.;
che, da ultimo, una nuova proroga degli sfratti, originariamen
te limitata agli immobili adibiti ad uso abitativo, è stata disposta,
per i comuni di cui all'art. 1, 1° comma, d.l. 29 ottobre 1986
n. 708, convertito in 1. 23 dicembre 1986 n. 899, dal d.l. 8 feb
braio 1988 n. 26, poi integrato dalla legge di conversione 8 aprile
1988 n. 108 con due norme concernenti anche gli immobili desti
nati ad uso non abitativo: l'art. 1 bis che estende a tali immobili
la proroga al 31 dicembre 1988 dell'esecuzione dei provvedimenti
di rilascio disposta dall'art. 1, e l'art. 4 bis, il quale aggiunge
che «gli art. 1 e 1 bis si applicano nei comuni di cui all'art. 13
quater, commi 3° e 4°, d.l. 26 gennaio 1987 n. 8, convertito,
con modificazioni, dalla 1. 27 marzo 1987 n. 120»;
che pertanto si rende necessario restituire gli atti al giudice a
quo perché valuti, anche alla luce delle norme sopravvenute, se
permanga la rilevanza della questione;
Per questi motivi, la Corte costituzionale ordina la restituzione
degli atti al Pretore di Bettola.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 29 dicembre 1988, n. 1143
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 4 gennaio 1989, n. 1); Pres.
Saja, Est. Greco; Cianci (Avv. Agostini) c. Inps (Avv. Bene
nati); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato D'Amico).
Ord. Cass. 17 novembre 1987, n. 798 (G.U., la s.s., n. 19
del 1988).
Previdenza sociale — Indennità di malattìa — Certificato — Omes
so o ritardato invio — Giustificato motivo — Irrilevanza —
Incostituzionalità (Cost., art. 3, 38; cod. civ., art. 1886, 1913,
1915; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, provvedimenti per il finan
ziamento del servizio sanitario nazionale, per la previdenza, per
il contenimento del costo del lavoro e per la proroga dei con
II Foro Italiano — 1989.
tratti stipulati dalla pubblica amministrazione in base alla 1.
1° giugno 1977 n. 285, sull'occupazione giovanile, art. 2; 1.
29 febbraio 1980 n. 33, conversione in legge, con modificazio
ni, del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, art. 1; 1. 23 aprile 1981
n. 155, adeguamento delle strutture e delle procedure per la
liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoc
cupazione e misure urgenti in materia previdenziale e pensioni
stica, art. 15).
È illegittimo, per violazione dell'art. 38, 2° comma, Cost., l'art.
2 d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito, con modificazioni,
in l. 29 febbraio 1980 n. 33, nel testo sostituito dall'art. 15
I. 23 aprile 1981 n. 155, nella parte in cui non consente al lavo
ratore assicurato di addurre e provare l'esistenza di un giustifi
cato motivo del ritardato invio del certificato medico della
malattia che lo ha colpito. (1)
Diritto. — 1. - La Corte di cassazione dubita della legittimità
dell'art. 2, 2° comma, d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito,
con modificazioni, nella 1. 29 febbraio 1980 n. 33, nel testo sosti
tuito dall'art. 15 1. 23 aprile 1981 n. 155, nella parte in cui non
consente al lavoratore assicurato, colpito da malattia ed avente
diritto alla relativa indennità, la possibilità di provare che la omessa
trasmissione all'Inps, entro due giorni dalla visita medica, del
certificato di malattia sia dipesa da un giustificato motivo.
Sarebbero violati gli art. 38, 2° comma, e 3 Cost.:
a) per la situazione di privilegio attribuita al momento stru
mentale dell'accertamento (invio del certificato medico) rispetto
alla reale esistenza della malattia, come evento da tutelare, con
la grave sanzione della perdita del diritto, costituzionalmente ga
rantito, all'indennità di malattia;
b) per la irrazionalità della norma censurata che esclude la pos
sibilità di far valere una causa di impedimento dell'invio del cer
(1) L'ordinanza di rimessione Cass. 17 novembre 1987, n. 798 è ripor
tata in Foro it., 1987, I, 3231 (e in Mass. giur. lav., 1987, 531, con
nota di M. Genghini, La configurazione dell'invio del certificato di ma
lattia come «onere» per il lavoratore è in contrasto con l'art. 38, 2° com
ma, della Costituzione?; autore che fornisce una lettura costituzionale
della normativa, sostenendo cioè come sia adducibile un giustificato mo
tivo dell'omesso o ritardato invio), ove è pure Cass. 1° dicembre 1987,
n. 8942, entrambe con la stessa nota di richiami, in cui si dà conto del
dibattito giurisprudenziale e dottrinale in materia. Cfr., inoltre, confor
memente a Cass. 8942/87 cit., e cioè nel senso (di cui all'orientamento
giurisprudenziale dominante, e, in particolare, di Cass., sez. un., 3 giu
gno 1987, n. 4854, Foro it., 1987, I, 2017 e 2722, con nota di L. de
Angelis, Le sezioni unite sull'omesso o ritardato invio del certificato dì
malattia: davvero risolto il contrasto di giurisprudenza?) che il ritardo
nell'invio del certificato medico fa perdere all'assicurato l'indennità cor
rispondente ai giorni del ritardo stésso, da ultimo, Cass. 15 giugno 1988,
n. 4075, 4 febbraio 1988, n. 1166 e n. 1163, 29 gennaio 1988, n. 808
e n. 802, 21 gennaio 1988, n. 466, 15 gennaio 1988, n. 288 e n. 280,
id., Mass., 594, 174 (per esteso in Notiziario giur. lav., 1988, 600), 129
(per esteso Orient, giur. lav., 1988, 631), 127, 81, 47, 45 (Cass. 808/88,
cit., ha poi dichiarato manifestamente infondata, in riferimento all'art.
38 Cost., la questione di legittimità costituzionale della normativa censu
rata dalla decisione in epigrafe, ma riguardo al meccanismo ivi previsto
e non riguardo all'impossibilità di far valere un giustificato motivo. Cass.
1163, 466, 288 e 280/88, cit., hanno invece dichiarato inammissibile la
questione per difetto di rilevanza non essendo stata dedotta in quelle sedi
l'esistenza di un giustificato motivo). Per una ricostruzione della «storia» della giurisprudenza in tema di
omesso o ritardato invio del certificato di malattia, cfr., da ultimo, F.
Agostini, Aspetti contrattuali e previdenziali dell'assenza per malattia
nel settore privato del lavoro, in Riv. giur. lav., 1987, III, 53.
Circa l'illegittimità di sanzione disciplinare inflitta al lavoratore che
aveva inviato tempestivamente all'azienda certificato medico recante solo
la prognosi e non la diagnosi, cfr., da ultimo, Pret. Santhià 18 novembre
1987, Foro it., 1988, II, 126, con nota di C. Coiella.
Sul problema dei controlli di malattia e della sanzione di cui all'art.
5, 14° comma, d.l. 463 del 1983, convertito, con modificazioni, nella
1. 638 del 1983 — ipotesi assimilata nella sentenza in epigrafe — a quella
ivi presa in considerazione, cfr., da ultimo, Corte cost. 26 gennaio 1988,
n. 78, ibid., I, 687, con nota di richiami e ibid., 2152, con nota di O.
Mazzotta, Malattia, cure termali e vecchi merletti.
In tema di indennità di malattia, cfr., da ultimo, Cass. 15 giugno 1988,
nn. 4060 e 4054, ibid., 2886 e 2888, con nota di richiami.
Su aspetti vari della malattia, cfr., da ultimo, AA.VV., La malattia
del lavoratore subordinato e le cure termali: aspetti clinici e giurispruden
ziali, supplemento a Notiziario giur. lav., Roma, 1988, passim.
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PARTE PRIMA
tificato medico solo per quanto riguarda il rapporto tra il lavora tore assicurato e l'Inps, mentre nessuna sanzione è prevista per quanto attiene al rapporto tra le due parti del contratto di lavo
ro, sicché il datore di lavoro è tenuto al pagamento della indenni tà integrativa, mentre, invece, l'Inps non deve l'indennità di
malattia;
c) per l'eguale irrazionalità rispetto ad altra norma (art. 5, 14°
comma, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito, con modifica
zioni, nella 1. 11 novembre 1983 n. 638), ispirata alla stessa ratio
(repressione dell'assenteismo) che, regolando l'ipotesi dell'assen za del lavoratore in malattia alla visita domiciliare di controllo, non prevede alcuna sanzione nel caso che la mancata presenza sia dovuta a giustificato motivo.
2. - La questione è fondata.
Il d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito, con modificazioni, nella 1. 29 febbraio 1980 n. 33, e ulteriormente la 1. 23 aprile 1981 n. 155, operanti nell'ambito della riforma sanitaria di cui alla legge n. 833 del 1978, hanno innovato il sistema precedente di regolamentazione dell'erogazione dell'indennità di malattia al lavoratore colpito da detto evento. Questo risultava dalla legge istitutiva dell'Inani 11 gennaio 1943 n. 138 e dagli art. 1913 e 1915 c.c., stante il disposto dell'art. 1886 c.c. e, successivamente, dal regolamento delle prestazioni economiche approvato dal mi nistro del lavoro verso la fine degli anni cinquanta, che agli art. 6 e 7 recepiva le norme del codice civile.
L'attuale sistema, invece, per la parte che interessa, stabilisce che il lavoratore deve inviare, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, o consegnare il certificato di malattia, rilasciato
gli dal medico curante, rispettivamente all'Inps o alla struttura sanitaria pubblica, da esso indicata d'intesa con la regione, e al datore di lavoro nel termine di due giorni: sullo stato di salute del lavoratore possono essere eseguiti controlli con i medici dei servizi sanitari indicati dalle regioni (art. 2, 3° comma, d.l. cit. e art. 1 legge di conversione).
La disciplina dello svolgimento dei controlli è dettata da con venzioni tra l'Inps e le Usi, da stipularsi sulla scorta di appositi schemi predisposti d'intesa tra l'Inps e le regioni ed approvati dal ministro della sanità (d.l. 168/81, art. 8 bis, introdotto con la legge di conversione 331/81) entro un certo tempo, decorso il quale, provvede direttamente il ministro della sanità di concer to col ministro del lavoro e della previdenza sociale (art. 8 bis e 10, 8° comma, d.l. cit.).
Successivamente, il sistema è stato modificato dal protocollo di intesa 22 gennaio 1983, convertito con modifiche in 1. n. 638 del 1983, che ha apprestato misure urgenti in materia di previ denza e sanità nonché per il contenimento della spesa pubblica in vari settori della pubblica amministrazione.
È stata prevista, tra l'altro, una visita medica di controllo da effettuarsi al domicilio del lavoratore da parte di medici o delle Usi o dell'Inps, iscritti in apposite liste, in fasce orarie predeter minate.
Al lavoratore assente senza giustificato motivo alla visita medi ca di controllo è inflitta la perdita per intero del trattamento eco nomico di malattia per i primi dieci giorni.
Per quanto interessa la questione, si rileva che la norma censu
rata, cosi come le precedenti, non prevede alcuna sanzione a cari co del lavoratore che non inoltra, entro due giorni, il certificato medico di malattia che costituisce il primo atto del procedimento di erogazione dell'indennità relativa, nel corso del quale è previ sta la visita medica di controllo sulla sussistenza della denunciata malattia.
L'individuazione della sanzione è opera dell'elaborazione giuris prudenziale.
Nella vigenza della disciplina normativa precedente al 1° gen naio 1980 si riteneva prevalentemente (più in applicazione degli art. 1913 e 1915 c.c. che del sopra citato regolamento delle pre stazioni economiche, atteso il suo carattere di disciplina interna
dell'ente) che, al lavoratore il quale avesse omesso o ritardato l'invio del certificato medico, rendendo cosi impossibile il con trollo sulla effettiva esistenza della malattia, accertamento, que sto, utile solo se svolto con immediatezza, perdeva l'indennità
per intero se vi era dolo in misura ridotta se vi era colpa, in
ragione del pregiudizio derivatone all'Inam: pregiudizio che, o era in re ipsa o doveva essere provato dall'Inani e consisteva nel danno patrimoniale che era derivato all'istituto a causa di detta
impossibilità.
Il Foro Italiano — 1989.
Intervenute le nuove leggi (n. 433 del 1980, n. 155 del 1981), in giurisprudenza si sono formati tre indirizzi: uno che ha conti
nuato a ritenere applicabili gli art. 1913 e 1915 c.c., essendo quel lo all'indennità un diritto già sorto per effetto della malattia; un
secondo, invece, secondo cui, essendo la nuova disciplina com
pletamente esaustiva, l'invio del certificato medico, finalizzato al
l'attuazione del tempestivo controllo da parte dell'Inps, si configura come un onere il cui assolvimento è condizione essenziale per avere diritto alla indennità: atteso, cioè, il carattere perentorio del termine, il ritardato invio della certificazione non farebbe sor
gere il diritto, limitatamente ai giorni del ritardo; il terzo, infine, che, pur ritenendo che l'invio del certificato costituisce un onere
a carico del lavoratore e che al ritardato invio consegue la perdita della indennità per i giorni del ritardo, ammette la possibilità del la prova, da parte dell'onerato, dell'esistenza di giustificati moti vi di ritardo nell'invio suddetto.
Le sezioni unite della Corte di cassazione, chiamate a risolvere il contrasto di giurisprudenza, hanno statuito: a) che il diritto
alla prestazione previdenziale nasce dalla legge e la prestazione viene erogata dall'Inps nell'esercizio della funzione pubblica, se
condo il precetto costituzionale (art. 38, 2° comma, Cost.), a
seguito di un atto di certazione che incide sulla situazione sogget tiva dell'assicurato rendendo concretamente operante il suo dirit to alla prestazione; ti) l'atto di impulso si configura come un onere a carico del lavoratore; c) spetta all'istituto disporre gli opportuni controlli nelle forme previste dalla legge; d) l'assicura to per l'invio del certificato deve osservare il termine di due gior ni che è perentorio, avuto riguardo alla funzione commessagli dalla norma; e) il ritardo nell'invio fa perdere all'assicurato l'in dennità corrispondente ai giorni del ritardo.
La corte non ha precisato se l'assicurato potesse o meno ad
durre giustificato motivo del ritardo, ma il giudice a quo, che è la sezione lavoro della stessa Corte di cassazione, ha interpreta to l'indirizzo giurisprudenziale instaurato nel senso che, trattan dosi di onere, debba escludersi la rilevanza del giustificato motivo ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in esame.
Ora, indubbiamente non sussiste la dedotta violazione dell'art. 3 Cost, per la pretesa irrazionalità del diverso trattamento riser vato all'istituto, non tenuto all'erogazione dell'indennità per i giorni del ritardo nell'invio del certificato medico ed al datore di lavoro
rispetto al quale, pur dovendogli essere trasmessa copia di tale
certificato, continuano ad avere rilievo le ragioni che possono avere impedito la comunicazione nel termine dell'esistenza della malattia con la relativa documentazione. Trattasi di situazioni di verse non essendo la funzione dell'Inps assimilabile agli obblighi derivanti al datore di lavoro dal rapporto di lavoro e dalla con trattazione collettiva. Mentre, certamente sussiste un'assimilazio ne tra la situazione in esame e quella che si verifica a seguito dell'assenza del lavoratore in malattia alla visita medica domici liare di controllo, per cui è ammessa, secondo la previsione nor
mativa, l'adduzione di un giustificato motivo dell'assenza (art. 5, 14° comma, d.l. n. 463 del 1983, convertito, con modificazio
ni, nella 1. n. 638 del 1983).
Invero, sia il tempestivo invio del certificato medico che la visi ta di controllo domiciliare realizzano la stessa finalità della re
pressione dell'assenteismo, mentre, anche secondo l'indirizzo
giurisprudenziale prevalente, il diritto al trattamento economico di malattia deriva dalla legge e non dal certificato medico, sicché entranìbe le situazioni in comparazione presuppongono un diritto
già sorto e sono dirette a soddisfare le esigenze del buon anda mento dell'amministrazione che eroga denaro pubblico, sebbene il certificato medico costituisca l'atto iniziale del procedimento nel quale è inserito il controllo, onde la necessità del suo tempe stivo inoltro entro un termine breve.
Ma, anzitutto si osserva che una delle due modalità di inoltro
previste dalla norma censurata, la spedizione cioè della racco mandata con avviso di ricevimento, attesa la notoria lentezza del servizio postale, non è certamente idonea ad assicurare la tempe stività della recezione e, quindi, il sollecito controllo. Inoltre, va le considerare che, al suddetto fine, ha anche rilevanza la natura della malattia. Vi sono, infatti, malattie che possono essere ac certate egualmente nonostante il ritardato invio del certificato e
malattie, invece, di cui il più tempestivo inoltro del certificato non assicura il controllo effettivo perché è idoneo solo quello fatto in concomitanza dell'evento morboso.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
A parte le suddette considerazioni, non può dubitarsi che l'im
posizione di un onere legato ad un termine perentorio molto bre
ve importa violazione dell'altro precetto costituzionale (art. 38,
2° comma, Cost.) invocato, se non sia consentita all'onerato la
deduzione dell'eventuale giustificato motivo del ritardo dell'inol
tro, sia pure con il conseguente carico della relativa prova.
Rileva che, per la stessa natura dell'onere, la sua inosservanza
dipende dalla volontà dell'onerato e, quindi, anche la conseguen
za, cioè la perdita totale o parziale del diritto e che manca una
fonte normativa specifica di previsione della sanzione.
Comunque, l'interpretazione giurisprudenziale che prevede un
onere nella materia di cui trattasi, per quanto finalizzato al con
seguimento di un interesse pubblico, quale è la repressione del
l'assenteismo, sia pure nella sfera del precetto costituzionale del
buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.), non deve
importare violazione di altri precetti costituzionali, quali la tutela
della salute (art. 32 Cost.) e il diritto del lavoratore ad avere,
in caso di malattia, i mezzi adeguati alle sue esigenze di vita (art.
38, 2° comma, Cost.), onde la necessità quanto meno di un bi
lanciamento degli interessi.
Per quanto riguarda il precetto di cui all'art. 38, 2° comma,
Cost., si è affermato più volte che, pur essendo rimessa alla di
screzionalità del legislatore la regolamentazione delle modalità di
erogazione della prestazione previdenziale (nella specie, l'indenni
tà di malattia) non si possono porre condizioni, requisiti ed oneri
vessatori ed eccessivamente gravosi, tali da rendere nulla la detta
erogazione alla quale, invece, il lavoratore ha diritto.
E nella specie è eccessivamente gravoso e vessatorio l'onere del
l'invio del certificato medico relativo, entro il termine di due giorni,
classificato come perentorio, all'Inps o alla struttura pubblica in
dicata dallo stesso istituto, d'intesa con la regione, senza consen
tire al lavoratore ammalato di addurre, a giustificazione
dell'eventuale ritardo dell'inoltro, un serio e apprezzabile moti
vo, da provarsi dallo stesso lavoratore, sia pure rigorosamente,
perché importa indiscriminatamente la perdita, sia pure parziale,
dell'indennità quale mezzo diretto a soddisfare essenziali esigenze
di vita, onde la violazione dell'art. 38, 2° comma, Cost.
Pertanto, va dichiara l'illegittimità costituzionale della norma
censurata, interpretata nel senso che non consente al lavoratore
assicurato di addurre e provare un giustificato motivo del ritar
dato invio del certificato medico attestante la malattia che lo ha
colpito. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 2 d.l. 30 dicembre 1979 n. 663 (finanzia
mento del servizio sanitario nazionale nonché proroga dei con
tratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla 1. 1°
luglio 1977 n. 285, sull'occupazione giovanile), convertito, con
modificazioni, nella 1. 29 febbraio 1980 n. 33, nel testo sostituito
dall'art. 15 1. 23 aprile 1981 n. 155, nella parte in cui non consen
te al lavoratore assicurato di addurre e provare l'esistenza di un
giustificato motivo del ritardato invio del certificato medico della
malattia che lo ha colpito.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 dicembre 1988, n. 1127
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 dicembre 1988, n. 52);
Pres. Saja, Est. Spagnoli; Pres. cons, ministri (Avv. dello Sta
to Siconolfi) c. Regione Liguria (Avv. Sorrentino).
Sanitario — Personale dipendente dal servizio sanitario nazionale
— Permessi sindacali — Disciplina — Legge regionale — Ca
renza di potestà legislativa — Incostituzionalità (Cost., art. 117;
1. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario
nazionale, art. 47; 1. 29 marzo 1983 n. 93, legge-quadro sul
pubblico impiego, art. 2, 3, 23; d.p.r. 1° febbraio 1986 n. 13, norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo intercom
partimentale, di cui all'art. 12 della legge-quadro sul pubblico
impiego 29 marzo 1983 n. 93, relativo al triennio 1985-87, art.
1; d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270, norme risultanti dalla discipli na prevista dall'accordo sindacale, per il triennio 1985-87, rela
tiva al comparto del personale dipendente del servizio sanitario
nazionale, art. 36).
Il Foro Italiano — 1989.
È illegittimo, per violazione dell'art. 117 Cost., perché interviene
in materia non attribuita alle regioni e riservata, dall'art. 47
1. 23 dicembre 1978 n. 833, alla regolamentazione in base ad
accordi sindacali, l'art, unico l. reg. Liguria riapprovata il 27
gennaio 1988, in materia di regolamentazione dei permessi per
attività sindacali del personale delle unità sanitarie locali ed
istituzioni sanitarie assimilate. (1)
Diritto. — 1. - Il presidente del consiglio dei ministri impu
gna la delibera legislativa della regione Liguria riapprovata il 27
gennaio 1988, recante «disposizioni di attuazione dei principi fis
sati dalle norme dello Stato in materia di permessi per attività
sindacali in attesa della definizione intercompartimentale della di
sciplina unitaria delle relazioni sindacali». A suo parere tale deli
bera sarebbe viziata da eccesso di competenza, ai sensi dell'art.
117 Cost., perché interverrebbe in una materia non attribuita alle
regioni e riservata invece, dall'art. 47 1. n. 833 del 1978, alla
regolamentazione in base ad accordi sindacali, tradottasi nell'art.
36 d.p.r. n. 270 del 1987, di recepimento dell'accordo per il trien
nio 1985-1987, relativo al comparto del personale dipendente del
servizio sanitario nazionale.
2. - L'eccezione di inammissibilità del ricorso prospettata dal
la difesa della regione non può essere accolta.
Infatti, come questa corte ha anche di recente ribadito (sent,
n. 726 del 1988), «il principio della corrispondenza sostanziale
tra motivi del rinvio e motivi del ricorso si intende rispettato an
che quando i primi siano formulati in modo sintetico e somma
rio, sempreché la regione sia stata ragionevolmente messa in grado
di rendersi conto della consistenza delle obiezioni rivoltele in sede
di rinvio e che queste coincidano sostanzialmente con quelle più
ampiamente trattate nel ricorso».
Nel caso presente invero non manca nel telegramma di rinvio
l'enunciazione — sia pure in forma assai succinta — delle censu
re di estraneità dell'oggetto della legge impugnata dalla sfera di
competenza regionale e della sua riserva alla contrattazione sin
dacale, poi sviluppate nel ricorso.
3. - Il ricorso è fondato.
La materia dei permessi per attività sindacali, infatti, gode di
un regime particolare, che esclude la legittimità di interventi legis
lativi regionali come quello realizzato con la legge denunziata.
Sia il d.p.r. n. 761 del 1979 — che, in attuazione della delega
disposta dall'art. 47, 3° comma, della legge di riforma sanitaria,
disciplina lo stato giuridico del personale delle Usi — sia la suc
cessiva legge-quadro sul pubblico impiego fanno oggetto la mate
ria de qua di apposita e separata considerazione rispetto al
complesso degli istituti concernenti il trattamento del personale.
L'art. 62 del menzionato decreto presidenziale dichiara applicabi
le ai dipendenti delle Usi la disciplina dei diritti sindacali — ivi
compresa dunque quella dei permessi — posta dallo statuto dei
lavoratori «con le integrazioni e le norme di attuazione stabilite nel
(1) Sostanzialmente in termini, v. Tar Abruzzo, sez. Pescara, 26 giu
gno 1987, n. 378, Foro it., Rep. 1987, voce Sanitario, n. 264, secondo
cui la materia dei diritti sindacali nell'ambito delle Usi deve essere disci
plinata dall'apposito accordo intercompartimentale previsto dall'art. 23,
2° comma, 1. 93/83 e, in attesa, devono trovare applicazione le norme
dello statuto dei lavoratori e, in subordine, quelle del t.u. 3/57 e della
1. 249/68. Il principio dettato dall'art. 47 1. 833/78, in ordine alla disciplina del
rapporto d'impiego del personale del servizio sanitario nazionale median
te procedimenti contrattuali unici, è stato riconosciuto non contrastante
con i precetti costituzionali: v. Tar Lazio, sez. I, 19 febbraio 1986, n.
237, id., Rep. 1986, voce cit., n. 316, nonché, in relazione alla legge
quadro sul pubblico impiego ed agli accordi sindacali per il personale
delle regioni, Corte cost. 25 luglio 1984, n. 219, id., 1985, I, 67 (che
ha, fra l'altro, dichiarato illegittimo l'art. 9 1. 93/83 per l'applicabilità
al personale delle Usi delle disposizioni valevoli per i dipendenti dello
Stato), con nota di A. Romano e osservazioni di V. Caianiello (Legge
quadro sul pubblico impiego: contrasti reali e contrasti apparenti nei rap
porti tra Stato e regioni). Per altri riferimenti: sui conflitti di attribuzioni fra Stato e regioni nel
campo della sanità, v. le note di richiami a Corte cost. 31 dicembre 1986,
n. 305, id., 1987, I, 1996, e a Tar Lazio, sez. I, 12 dicembre 1986, n.
2266, id., 1988, III, 174; sulla problematica dell'esercizio delle libertà
sindacali nel pubblico impiego, in relazione alla 1. 249/68 ed alla 1. 93/83,
v. Cons. Stato, sez. II, 6 giugno 1984, n. 999 e Tar Lazio, sez. II, 10
gennaio 1987, n. 35, ibid., 293, con nota di richiami.
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