+ All Categories
Home > Documents > PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 29 marzo 1989, n. 165 (Gazzetta...

PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 29 marzo 1989, n. 165 (Gazzetta...

Date post: 29-Jan-2017
Category:
Upload: hanhu
View: 214 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
5
sentenza 29 marzo 1989, n. 165 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 5 aprile 1989, n. 14); Pres. Saja, Est. Cheli; Regioni Veneto (Avv. Berti), Sardegna (Avv. Panunzio), Umbria, Lombardia, Emilia Romagna (Avv. Onida) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta). Conflitto di attribuzioni Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 1865/1866-1871/1872 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184727 . Accessed: 28/06/2014 09:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:44 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 29 marzo 1989, n. 165 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 5 aprile 1989, n. 14); Pres. Saja, Est. Cheli; Regioni

sentenza 29 marzo 1989, n. 165 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 5 aprile 1989, n. 14); Pres.Saja, Est. Cheli; Regioni Veneto (Avv. Berti), Sardegna (Avv. Panunzio), Umbria, Lombardia,Emilia Romagna (Avv. Onida) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta). Conflitto diattribuzioniSource: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 1865/1866-1871/1872Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184727 .

Accessed: 28/06/2014 09:45

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 29 marzo 1989, n. 165 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 5 aprile 1989, n. 14); Pres. Saja, Est. Cheli; Regioni

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

è limitata a constatare l'invalidità già dichiarata e a ribadire, per ciò che attiene agli effetti, quanto disposto dalla precedente sentenza.

Queste risultanze sono ulteriormente confermate e chiarite dai

punti 18 e 19 della motivazione. La corte ha infatti rilevato che

un'eventuale eccezione alla limitazione dell'efficacia nel passato della declaratoria di invalidità in favore «della parte che ha inten

tato l'azione dinanzi al giudice nazionale ovvero di qualunque altro operatore economico che abbia agito in maniera analoga

prima della declaratoria di invalidità» sarebbe priva di interesse

nella controversia. «Quest'ultima è stata infatti instaurata dinan

zi al giudice nazionale il 13 maggio 1982, quindi successivamente

alla dichiarazione implicita di invalidità delle norme considerate

nella questione pregiudiziale». Considerazioni sostanzialmente identiche valgono per la que

stione sottoposta a questa corte. Infatti, ove se ne riconoscesse

la fondatezza, nel senso cioè di ritenere l'illegittimità costituzio

nale per violazione dell'art. 24 Cost, della 1. n. 1203 del 1957

nella parte in cui dando esecuzione all'art. 177 del trattato Cee

consente alla Corte di giustizia di escludere gli atti oggetto del

giudizio principale dagli effetti di una propria sentenza incidenta

le che dichiara l'invalidità di un regolamento, una siffatta pro nuncia non potrebbe trovare alcuna applicazione nella controver

sia che deve essere decisa dal giudice a quo. Invero è stata una

precedente sentenza (la 15 ottobre 1980, in causa 145/79) a di

chiarare l'invalidità della parte del regolamento in discussione,

mentre la sentenza pronunciata in seguito alla richiesta di detto

giudice si è limitata a constatare la declaratoria di invalidità già intervenuta.

In definitiva, emerge che la controversia di cui è investito il

giudice a quo non è quella che ha provocato la declaratoria d'in

validità del regolamento contestato; non si pone, pertanto, con

essa nella relazione necessaria che intercorre fra giudizio princi

pale e giudizio incidentale. Per di più — come ha rilevato la Cor

te di giustizia — la controversia è stata instaurata davanti al giu dice nazionale oltre un anno dopo la pubblicazione della sentenza

stessa.

7. — La questione di legittimità costituzionale sollevata dal

Tribunale di Venezia deve, pertanto, essere dichiarata inammissi

bile per irrilevanza; il che vale ovviamente in relazione a tutti

i parametri invocati.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi

le la questione di legittimità costituzionale degli art. 1 e 2 1. 14

ottobre 1957 n. 1203, nella parte in cui hanno dato esecuzione

all'art. 177 del trattato di Roma, sollevata dal Tribunale di Vene

zia con l'ordinanza in epigrafe indicata, in riferimento agli art.

23, 24 e 41 Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 29 marzo 1989, n. 165

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 5 aprile 1989, n. 14); Pres.

Saja, Est. Cheli; Regioni Veneto (Aw. Berti), Sardegna (Avv.

Panunzio), Umbria, Lombardia, Emilia Romagna (Aw. Oni

da) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Laporta). Con

flitto di attribuzioni.

Regione — Disciplina del commercio — Norme di esecuzione —

Programmazione commerciale — Spettanza allo Stato — Limi

ti (Cost., art. 87, 117, 118; 1. 11 giugno 1971 n. 426, disciplina del commercio, art. 26, 27, 28; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616,

attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382,

art. 52).

Regione — Disciplina dei corsi professionali per gli esercenti il

commercio — Determinazione del contenuto dei corsi — Spet

tanza alla regione — Regolamentazione degli scrutìni finali, della

composizione della commissione d'esame e dei requisiti di iscri

zione al registro — Spettanza allo Stato (Cost., art. 117, 118;

d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, art. 35, 36). Regione — Disciplina del commercio — Conflitto di attribuzioni

— Impugnazione di disposizioni insuscettibili di incidere nelle

attribuzioni regionali — Inammissibilità (L. 11 giugno 1971 n.

426, art. 12, 26, 27).

Il Foro Italiano — 1990.

Spetta al ministro dell'industria emanare, con proprio decreto,

le norme di esecuzione della l. 11 giugno 1971 n. 426, nono

stante che il potere conferito in tal senso dall'art. 41 della stes

sa legge risultasse limitato ad un termine (da ritenersi ordinato

rio) di sei mesi e fosse già stato parzialmente esercitato con

d.m. 14 gennaio 1972. (1)

Spetta allo Stato: a) escludere la necessità del nulla osta regionale

per l'impianto delle grandi strutture di vendita, sia nel caso

del trasferimento di sede, sia nel caso dell'ampliamento della

superficie di vendita, salvo siano raggiunti i limiti indicati dalla

l. 426/71; b) instaurare un sistema informativo sulla consisten

za della rete commerciale centrato sulle camere di commercio

e regolato dal ministero dell'industria: c) dettare, in assenza

di una disciplina regionale ai sensi dell'art. 117, ultimo com

ma, Cost., norme di esecuzione della l. 14 ottobre 1974 n. 524,

in relazione alla classificazione degli esercizi destinati alla som

ministrazione al pubblico di alimenti e bevande, alle condizioni

per il rilascio delle relative licenze, nonché ad alcune modalità

di svolgimento dell'attività di somministrazione; A) dettare, in

assenza di una disciplina della regione Sardegna, dotata di com

petenza propria di tipo concorrente in materia di «commercio»

e «istruzione professionale», norme legislative di dettaglio e re

golamentari in tali materie. (2)

Spetta alla regione la definizione del contenuto dei corsi profes sionali per gli esercenti il commercio, per cui va annullato l'art.

20, 1° comma, d.m. industria e commercio 4 agosto 1988 n.

375, nella parte in cui indica le materie dei corsi, mentre spetta allo Stato la regolamentazione degli scrutini finali, della com

posizione della commissione d'esame e l'indicazione dei requi siti per l'iscrizione nel registro degli esercenti il commercio. (3)

È inammissibile, in quanto le disposizioni impugnate non sono

suscettibili di incidere, né direttamente né indirettamente, nella

sfera di attribuzioni conferite alle regioni dalla l. 426/71, il

conflitto sollevato dalle regioni Veneto, Sardegna, Umbria, Lom

bardia ed Emilia-Romagna nei confronti degli art. 31, 2° com

ma, 34, 5° comma, d.m. industria e commercio 4 agosto 1988

n. 375, nella parte in cui stabiliscono i criteri di determinazione

del limite massimo della superficie globale di vendita, il divieto

di imporre limiti massimi di superficie di vendita per ciascun

esercizio e la misura dell'ampliamento suscettibile di modifica re le caratteristiche dell'esercizio. (4)

Diritto. — 1. -1 cinque ricorsi sollevano conflitti di attribuzio

ne nei confronti dello stesso testo normativo sotto profili in larga

parte coincidenti: i giudizi relativi vanno, pertanto, riuniti per

essere decisi con unica sentenza.

(1-2, 4) In ordine alle ipotesi in cui è necessario il nulla osta regionale

per l'apertura o il miglioramento di un centro commerciale, v. Tar Vene

to, sez. II, 15 febbraio 1988, n. 98, Foro it., Rep. 1988, voce Commercio

(disciplina del), n. 31; Cons, giust. amm. sic. 21 ottobre 1986, n. 189,

id., Rep. 1986, voce cit., n. 26; Tar Piemonte, sez. I, 16 marzo 1984, n. 70, id., Rep. 1984, voce cit., n. 33.

Sul potere della regione di stabilire i criteri relativi alla programmazio ne della rete distributiva delle grandi strutture di vendita, v. Tar Piemon

te, sez. I, 16 marzo 1984, n. 70, cit., ibid., n. 16.

Circa le condizioni di legittimità ed i limiti che incontra un comune

nel predisporre il piano commerciale, v. Cons. Stato, sez. V, 30 aprile

1982, n. 365, id., 1982, III, 336, con nota di richiami, che ha dichiarato

illegittimo il criterio della c.d. incompatibilità, secondo cui in determinate

zone è precluso l'insediamento di nuovi esercizi relativi a generi non di

largo e generale consumo ritenuti incompatibili con le zone stesse, anche

in sostituzione di quelle che venissero a cessare; Tar Emilia-Romagna 12 marzo 1981, n. 115, id., Rep. 1982, voce cit., n. 67. Sul potere dei

comuni di limitare le attività commerciali esercitabili in determinate zone, al fine di tutelare le tradizioni locali e aree di particolare interesse, giac ché tale fine è di utilità sociale, v. Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 1989, n. 170, id., 1989, III, 337, con nota di richiami. In dottrina, sul potere normativo delle regioni in materia di «commercio», v. Sanviti, La regio ne nei progetti di riforma del commercio, in Regioni, 1985, 933; Chiap

petti, Legislazione delle regioni ordinarie in materia di commercio, in

Disciplina comm., 1986, fase 3, 5; AA.VV., La politica del commercio

nel quadro della programmazione regionale, in Comuni d'Italia, 1987, 533.

(3) La corte si richiama e fa applicazione dei principi espressi da Corte

cost. 30 maggio 1977, n. 89, Foro it., 1977, I, 1621, con nota di richiami,

con cui aveva affermato la spettanza alle regioni ricorrenti del potere di istituire e riconoscere i corsi professionali di cui alla 1. 426/71, con

esclusione della competenza relativa alla fase della valutazione dei risulta

ti della frequenza ai corsi stessi.

This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 29 marzo 1989, n. 165 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 5 aprile 1989, n. 14); Pres. Saja, Est. Cheli; Regioni

1867 PARTE PRIMA 1868

2. - Alcune regioni (Emilia-Romagna, Lombardia ed Umbria) denunciano l'illegittimità dell'intero d.m. 4 agosto 1988 n. 375

per violazione dell'art. 87 Cost., in relazione all'art. 41 1. 11 giu

gno 1971 n. 426 ed in riferimento agli art. 117 e 118 Cost. Con

tale censura viene contestato il fatto che l'atto normativo in que stione (qualificabile come regolamento di esecuzione) sia stato ema

nato con decreto del ministro dell'industria anziché con decreto

del presidente della repubblica, nonostante che il potere espressa mente conferito allo stesso ministro dall'art. 41 1. n. 426 del 1971

risultasse limitato ad un termine di sei mesi e dovesse comunque considerarsi consumato a seguito dell'emanazione del d.m. 14 gen naio 1972, contenente il primo regolamento di esecuzione.

La questione è infondata.

Come questa corte ha già avuto modo di rilevare (sentenza n.

79 del 1970, Foro it., 1970, I, 1876), l'art. 87, 5° comma, Cost,

non ha inteso esaurire la disciplina della materia dei regolamenti statali, ma soltanto richiamare la tradizionale competenza del ca

po dello Stato all'emanazione dei regolamenti governativi delibe

rati dal consiglio dei ministri: da tale norma non può farsi, dun

que, discendere l'esclusione di altri tipi di regolamenti, quali quelli

ministeriali, quando la legge — secondo la formula da ultimo

adottata dall'art. 17 1. 23 agosto 1988 n. 400 — «espressamente conferisca tale potere». Nella specie, il potere regolamentare eser

citato con il decreto di cui è causa trova il suo specifico fonda

mento legislativo nell'art. 41 1. n. 426 del 1971, la cui efficacia, riferibile all'intera disciplina esecutiva della legge, non si è venuta

ad esaurire né cpn lo scadere del termine ordinatorio semestrale

indicato dalla stessa norma né a seguito dell'emanazione del pri mo regolamento contenuto nel d.m. 14 gennaio 1972 (tant'è che

successivamente, e a più riprese, sono state emanate altre norme

integrative e sostitutive di tale regolamento mediante i d.m. 28

aprile 1976, 27 giugno 1986 e 7 aprile 1987). 3. - Passando all'esame delle singole censure, vanno in primo

luogo valutati i profili concernenti l'asserita lesione dei poteri di

programmazione spettanti alle regioni, nel settore del commercio, ai sensi della 1. 11 giugno 1971 n. 426. Tali censure toccano, in primo luogo, in tutti i ricorsi, gli art. 31, 2° comma, 34, 5°

comma, e 48, 6° comma, ma si estendono anche, nel ricorso del

la regione Veneto, agli art. 43, 2° comma, e 63, 15° comma, del regolamento impugnato.

Con riferimento a questo primo ordine di doglianze i vari ri

corsi, pur sviluppando argomentazioni in parte diverse, muovono

nella sostanza dagli stessi presupposti e in particolare dalla consi

derazione: a) che la 1. n. 426 del 1971 sarebbe venuta a delineare, nella materia del commercio, un compiuto sistema di program mazione regionale (fondato sugli art. 13, 26 e 27 della stessa leg

ge), in certo senso sovraordinato rispetto alla programmazione attuata dai comuni con i piani di sviluppo ed adeguamento delle

reti di vendita; b) che tale sistema risulterebbe sconvolto dalle

norme del d.m. n. 375 del 1988 appena richiamate, a causa delle

indebite restrizioni che tali norme avrebbero, direttamente o indi

rettamente, apportato ai poteri conferiti alle regioni dalla stessa 1. n. 426.

A questo proposito, occorre in primo luogo ricordare come le regioni a statuto ordinario non dispongano di una competenza

legislativa propria in tema di «commercio», non essendo tale ma

teria compresa nell'elenco formulato dall'art. 117 Cost.: nell'area

afferente al «commercio» spettano, di conseguenza, alle stesse

regioni soltanto i poteri che lo Stato ha conferito o delegato me

diante leggi ordinarie od atti con forza di legge, quali la 1. n. 426 del 1971 (con le successive modificazioni) ed il d.p.r. n. 616

del 1977 (art. 51 ss.) (diversa si presenta, invece, su questo pun to, la posizione della regione autonoma della Sardegna che, in

ragione dei contenuti del suo statuto speciale, dovrà essere consi

derata a parte: cfr. infra n. 9). Una seconda osservazione da fare attiene al fatto che la 1. n.

426 del 1971, nel porre una disciplina organica del commercio, ha individuato nei comuni i soggetti primari della programmazio ne commerciale e nei piani comunali di sviluppo ed adeguamento della rete di vendita gli strumenti fondamentali di tale program mazione (art. 11 ss.). Nel quadro di tale contesto, la stessa legge ha anche attribuito alle regioni alcuni rilevanti, ma delimitati po teri di controllo e di indirizzo, riferiti in particolare sia alla con

nessione tra programmazione commerciale e programmazione ur

banistica (art. 13 e 14), sia all'insediamento delle maggiori strut

ture di vendita, destinate a servire ambiti più ampi del territorio

comunale (art. 26, 27 e 28).

Il Foro Italiano — 1990.

Da tali richiami discendono due corollari, suscettibili di valere

ai fini della soluzione dei conflitti in esame.

Il primo è che, stante la distinta definizione degli ambiti di

competenza, regionali e comunali, tracciati dalla 1. n. 426, non

tutte le limitazioni apportate, mediante regolamento, ai poteri co

munali potranno, solo per questo, riflettersi anche nella sfera delle

attribuzioni regionali. Il secondo attiene al fatto che, vertendosi

in materia non spettante alla sfera regionale per attribuzione co

stituzionale, le limitazioni eventualmente introdotte in via regola mentare nei confronti di tale sfera saranno suscettibili di dar luo

go a lesioni contestabili in sede di conflitto solo ove vengano a contrastare con le norme primarie attributive della competenza, riducendo indebitamente la sfera dei poteri conferiti o delegati alle stesse regioni o dalla legge n. 426 o da altra fonte di livello

equivalente. 4. - Poste tali premesse, dev'essere innanzitutto affermata l'i

nammissibilità delle censure relative agli art. 31, 2° comma, 34, 5° comma, 43, 2° comma, e 63, 15° comma, del regolamento in esame.

Nessuna delle norme in questione appare, infatti, suscettibile

di incidere, né direttamente né indirettamente, nella sfera delle

attribuzioni conferite alle regioni dalla I. n. 426 o da altra fonte

primaria in materia di commercio.

In proposito va ricordato che l'art. 31,2° comma, dello stesso

regolamento stabilisce che la determinazione del limite massimo

della superficie globale di vendita va effettuata solo per l'apertu ra di «nuovi esercizi», con conseguente esclusione dell'operatività del limite nei confronti dei trasferimenti e degli ampliamenti: tale

norma — a parte ogni considerazione in ordine alla sua possibile

compatibilità con quanto disposto dall'art. 12, 2° comma, 1. n.

426, dove il limite in questione è riferito al «rilascio di nuove

autorizzazioni» — non assume come destinatarie le regioni, ma

soltanto i comuni, cui spetta il compito di fissare, nell'ambito

dei piani comunali del commercio, il limite massimo della super ficie globale di vendita per i vari settori merceologici e di applica re in concreto tale limite ai fini dell'esercizio dei propri poteri autorizzatori.

Analoghe osservazioni possono valere anche nei confronti delle

disposizioni contenute nell'art. 34, 5° comma, dove si stabilisce

il divieto di imporre limiti massimi di superficie di vendita per ciascun esercizio, e nell'art. 43, 2° comma, dove si definisce la

misura dell'ampliamento suscettibile di modificare le caratteristi

che dell'esercizio. Il divieto formulato nella prima disposizione attiene, infatti, esclusivamente ai poteri dei comuni, cui la legge consente di indicare, per i vari settori merceologici, la superficie minima, ma non la massima, dei locali adibiti alla vendita (art. 12, 1° comma, 1. 426/71), mentre la seconda disposizione (che si limita a riprodurre quanto già disposto dall'art. 29 d.m. 28

aprile 1976, contenente norme integrative e sostitutive del regola mento di esecuzione emanato con d.m. 14 gennaio 1972) adotta

una definizione degli ampliamenti modificativi delle caratteristi

che dell'esercizio che non tocca i poteri regionali, dal momento che investe soltanto — secondo l'esplicita limitazione contenuta

nella norma — il potere di autorizzazione conferito al sindaco dall'art. 24, 2° comma, 1. n. 426, senza incidere, di contro, nel

potere di nulla osta conferito alla giunta regionale, per il settore della grande distribuzione, dagli art. 26 e 27 della stessa legge.

Infine, l'inammissibilità della censura formulata, nei confronti

dell'art. 63, 15° comma, del regolamento discende chiaramente dal fatto che questa norma — prevedendo in via transitoria l'e stensione di determinate tabelle merceologiche relative a generi alimentari anche ai prodotti di altra tabella — oltre a non com

portare un ampliamento automatico delle superfici di vendita, si

limita soltanto a circoscrivere il potere discrezionale attribuito al

sindaco ai fini del rilascio delle autorizzazioni concernenti le di verse tabelle, potere estraneo alla sfera delle attribuzioni regionali.

5. - Con un'ulteriore censura — formulata in tutti i ricorsi — viene contestata la legittimità dell'art. 48, 6° comma, del de

creto in esame, dove si esclude la necessità del nulla osta regio nale (previsto dagli art. 26 e 27 1. n. 426) per l'impianto delle

grandi strutture di vendita, sia nel caso del trasferimento di sede sia nel caso dell'ampliamento della superficie di vendita, salvo che a seguito di successivi ampliamenti di un esercizio preesisten te siano raggiunti i limiti (rispettivamente di 400 e 1500 mq) indi cati dagli stessi articoli della legge. Ad avviso delle ricorrenti, tale norma regolamentare verrebbe indebitamente a limitare il

potere di nulla osta conferito alle regioni dalla 1. n. 426 per le mag

This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 29 marzo 1989, n. 165 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 5 aprile 1989, n. 14); Pres. Saja, Est. Cheli; Regioni

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

giori strutture di vendita, scalzando i poteri regionali di controllo

e di programmazione sugli esercizi ad attrazione ultracomunale

e, di conseguenza, sull'intera rete distributiva esistente nel terri

torio regionale. La questione non è fondata.

Gli art. 26 e 27 1. n. 426 riferiscono testualmente il nulla osta

regionale all'«apertura» degli esercizi di vendita al dettaglio e dei

centri commerciali caratterizzati da particolari dimensioni: tale

formulazione, ove venga confrontata con la più ampia dizione

adottata dal 1° comma dell'art. 24 — che impone l'autorizzazio

ne comunale sia per l'«apertura di esercizi al minuto», sia per il «trasferimento in altra zona», sia per l'«ampliamento degli eser

cizi già esistenti» — induce a ritenere che la volontà espressa dal

legislatore sia stata nel senso di limitare l'ambito di incidenza

del nulla osta regionale alla sola ipotesi di «apertura» (cui il re

golamento ha equiparato, con interpretazione estensiva, gli am

pliamenti suscettibili di superare i limiti di superficie indicati ne

gli stessi articoli della legge), con esclusione delle diverse ipotesi di «trasferimento» ed «ampliamento» dell'esercizio. Tale inter

pretazione risultava, del resto già adottata nell'art. 32 del regola mento emanato con d.m. 28 aprile 1976, dove — nel riformulare

la disciplina espressa dall'art. 46 d.m. 14 gennaio 1972 — impli citamente si delimitava l'ambito di applicazione del nulla osta

regionale richiesto dagli art. 26 e 27 della legge, dal momento

che si affermava la sua necessità «non soltanto quando la super ficie di vendita raggiunga i limiti di cui agli articoli stessi fin

dal momento della prima attivazione dell'esercizio, ma anche quan do tali limiti siano raggiunti per via di successivi ampliamenti di un esercizio preesistente», tacendo di ogni altra ipotesi.

Nessun contrasto è dato, dunque, ravvisare tra la disciplina

posta dall'art. 48, 6° comma, del regolamento impugnato e le

competenze assegnate alle regioni, in materia di programmazione

commerciale, dagli art. 26 e 27 1. n. 426. D'altro canto, neppure i rilievi formulati nei vari ricorsi circa l'irrazionalità della limita

zione affermata con la norma di cui è causa ai fini di un efficace

svolgimento della programmazione regionale nel settore della gran de distribuzione possono valere in questa sede, dal momento che

tali rilievi vengono tutti a collegarsi alla prospettiva di una possi bile (ed anche auspicabile) riforma della legge sul commercio,

incentrata su di un'ipotesi di rafforzamento della presenza regio nale nel settore della grande distribuzione, ma esulano sicura

mente dagli oggetti deducibili in sede di conflitto di attribuzione.

6. - Un'ulteriore censura, comune a tutti i ricorsi, investe la

disciplina dei corsi professionali per gli esercenti il commercio

stabilita dall'art. 20 del decreto impugnato, dove si regolano le

materie di insegnamento ed i programmi dei corsi (commi 1° e

5°), gli scrutini finali (commi 6° e 7°), nonché alcune condizioni

per l'iscrizione, conseguente alla frequenza dei corsi, nel registro

degli esercenti il commercio (commi 2°, 3°, 4° e 8°). Secondo

le ricorrenti tale disciplina risulterebbe invasiva delle competenze

spettanti alle regioni ordinarie in materia di istruzione professio nale ai sensi degli art. 117 e 118 Cost., 35 e 36 d.p.r. n. 616

del 1977 e della legge-quadro in materia di formazione professio nale (1. 21 dicembre 1978 n. 845), tenendo anche conto degli svol

gimenti della giurisprudenza elaborata in tema di corsi professio nali dalla Corte costituzionale.

La censura è in parte fondata.

Questa corte con la sentenza n. 89 del 1977 (id., 1977, I, 1621) — giudicando in un conflitto di attribuzione sollevato nei con

fronti di un d.m. relativo ai corsi professionali istituiti ai sensi

della 1. n. 426 del 1971 — ebbe modo di affermare la competenza

delle regioni alla regolamentazione di tali corsi, salva la possibilià

per lo Stato «di controllare preventivamente che le materie di

insegnamento, che spetta alle regioni stabilire, siano idonee al

conseguimento della qualificazione professionale». Con la stessa

sentenza la corte riservò allo Stato anche la fase della valutazione

dei risultati della frequenza ai corsi, dal momento che tale verifi

ca «abilita — per la via mediata dell'iscrizione nel registro —

all'esercizio dell'attività commerciale nell'intero territorio nazio

nale» ed attiene, pertanto, alla materia del «commercio» di com

petenza statale.

Tali indicazioni — successivamente confermate in sede legis

lativa, attraverso l'art. 36 d.p.r. n. 616 del 1977, dove si attribui

It Foro Italiano — 1990.

scono alla competenza regionale le funzioni amministrative relati

ve alla formazione degli operatori commerciali — inducono a ri

tenere la doglianza fondata con riferimento al 1° comma dell'art.

20, nella parte in cui rinvia, ai fini della definizione del contenu

to dei corsi, alle materie elencate nell'allegato 6: attraverso que sta elencazione di materie si viene, infatti, indebitamente a sot

trarre alla sfera delle ricorrenti un momento essenziale dell'orga nizzazione dei corsi, momento riservato alle regioni, pur con la

possibilità di un controllo preventivo dello Stato sulle stesse ma

terie (possibilità fatta salva dal 5° comma dell'art. 20). Le censu

re prospettate nei confronti degli altri commi, diversi dal 1°, del

lo stesso art. 20 non possono, invece, trovare accoglimento, dal

momento che le norme oggetto d'impugnativa attengono tutte ad

aspetti della materia (scrutini finali; composizione della commis

sione d'esame; requisiti per l'iscrizione nel registro) già ricono

sciuti da questa corte di spettanza statale.

7. - Tutti i ricorsi (ad eccezione di quello presentato dalla re

gione Veneto) sollevano conflitto anche nei confronti dell'art. 36, concernente la rilevazione della consistenza della rete distributiva.

A questo proposito i ricorsi lamentano che le norme contenute

in tale articolo abbiano delineato un sistema informativo che —

per il fatto di collegare direttamente i comuni alle camere di com

mercio — avrebbe, nella sostanza, emarginato le regioni, attri

buendo per giunta al solo ministero il potere di determinare, con

assoluta discrezionalità, i modi di utilizzazione dei dati raccolti.

Anche questa censura non può essere condivisa.

L'articolo in esame prevede che «ai fini dell'attuazione di un

sistema di raccolta e diffusione di dati sulla rete distributiva co

munale, regionale e nazionale, ogni comune deve inviare alla ca

mera di commercio competente per territorio, al termine di cia

scun trimestre, copie delle autorizzazioni alla vendita di qualsiasi

tipo e delle licenze ... rilasciate o revocate nel corso del trime

stre», aggiungendo che «i dati raccolti sono a disposizione degli enti e degli organi pubblici interessati». Lo stesso articolo, dopo aver precisato alcune modalità per la raccolta dei dati, attribuisce

al ministero dell'industria il compito di stabilire «le modalità di

acquisizione, utilizzazione e messa a disposizione» dei dati raccolti.

Se è vero che tale disciplina mira ad instaurare un sistema in

formativo sulla consistenza della rete commerciale centrato sulle

camere di commercio e regolato dal ministero dell'industria, è

anche vero che la soluzione adottata non esclude di per sé la

possibilità di altri sistemi informativi, attivabili da parte delle re

gioni, anche con la collaborazione dei comuni e delle camere di

commercio. D'altro canto, la considerazione che la disciplina trac

ciata dalla norma impugnata avrebbe affidato alla mera discre

zionalità dell'amministrazione statale la possibilità di accesso del

la regione ai dati raccolti appare contraddetta dallo stesso conte

nuto della norma, che si è preoccupata di imporre a carico

dell'amministrazione statale un preciso obbligo di messa a dispo sizione dei dati raccolti a favore di tutti gli enti interessati (tra

cui, in primo luogo, la regione). In tale contesto, anche la disci

plina relativa alle modalità per l'utilizzazione e la messa a dispo sizione dei dati raccolti non potrà non risultare funzionale all'esi

genza di garantire il rispetto di tale obbligo da parte dello Stato

e, conseguentemente, l'esercizio del diritto di accesso da parte dei soggetti interessati.

8. - Una censura particolare viene prospettata dalla sola regio ne Veneto con riferimento all'art. 32 del regolamento in esame,

concernente la disciplina relativa alla classificazione degli esercizi

destinati alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande,

alle condizioni per il rilascio delle relative licenze nonché ad alcu

ne modalità di svolgimento dell'attività di somministrazione.

Secondo la ricorrente, le norme contenute in tale articolo ver

rebbero a violare la sfera di competenza regionale in materia di

pubblici esercizi di vendita e consumo di alimenti e bevande, de

legata ai sensi dell'art. 52, 1° comma, lett., à) d.p.r. n. 616 del

1977, avendo «prosciugato» l'intero spazio normativo concesso

alle regioni nelle materie delegate.

Anche tale censura, alla luce di una corretta lettura della disci

plina impugnata, non può essere accolta.

L'art. 32 del decreto in esame contiene disposizioni di attuazio

ne ed esecuzione della 1. 14 ottobre 1974 n. 524, concernente la

materia degli esercizi pubblici di vendita e consumo di alimenti

This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 29 marzo 1989, n. 165 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 5 aprile 1989, n. 14); Pres. Saja, Est. Cheli; Regioni

1871 PARTE PRIMA 1872

e bevande. Questa materia — come la ricorrente ricorda — ha

formato oggetto di delega alle regioni ordinarie ai sensi dell'art.

52, 1° comma, lett. a), d.p.r. n. 616 del 1977: di talché spetta

oggi alle regioni, nella stessa materia, oltre l'esercizio delle fun

zioni amministrative, emanare «norme legislative di organizzazio ne e di spesa, nonché norme di attuazione ai sensi dell'ultimo

comma dell'art. 117 Cost.» (art. 7, 1° comma, d.p.r. n. 616 del

1977). Tale contesto non esclude, peraltro, la possibilità che lo Stato

possa intervenire in via suppletiva, mediante lo strumento regola

mentare, al fine di porre norme esecutive di una propria legge. Ove si verifichi tale ipotesi — corrispondente al caso in esame — il regolamento statale sarà in grado di svolgere la sua efficacia

solo e fino a quando la regione non venga a sua volta ad adotta

re, nella stessa materia, una propria disciplina attraverso norme

di attuazione emanate ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 117

Cost. (cfr. sentenze n. 195 del 1986 e n. 226 del 1986, id., 1987,

I, 354 e 2682). Norme di questo tipo, nella specie, non risultano essere state

adottate dalla regione ricorrente, di talché nessun effetto invasivo

attuale può essere imputato alla norma regolamentare di cui è

causa.

9. - Un esame specifico richiede, infine, il ricorso proposto dalla regione Sardegna, che, pur investendo norme (art. 20, 31,

34, 36 e 48) impugnate anche dagli altri ricorsi, pone in gioco il richiamo a parametri differenziati (art. 4, 5 e 6 dello statuto

speciale; art. 1, 3, 25, 29 ss. d.p.r. 19 giugno 1979 n. 348), con

nessi alla specialità dell'autonomia regionale. A questo proposito va ricordato come spetti alla regione Sar

degna — diversamente da quanto previsto per le regioni ordinarie — una competenza legislativa propria, di tipo concorrente, in

materia di «commercio» (art. 4, lett. a, dello statuto speciale),

competenza che le norme di attuazione statutaria hanno specifi cato nell'«attività intesa ad organizzare, promuovere e favorire

la distribuzione, la somministrazione e l'approvvigionamento del

le merci», con un riferimento particolare anche alla «formazione

dei piani urbanistici commerciali regionali», ed all'«esercizio del

le funzioni di vigilanza e tutela relative ai piani di urbanistica

commerciale dei comuni» (art. 39, 1° comma e 2° comma, lett.

d, d.p.r. 19 giugno 1979 n. 348). La posizione della regione Sar

degna risulta, d'altro canto, differenziata da quella delle regioni ordinarie anche con riferimento alla materia dell'istruzione pro fessionale — posta in gioco dall'art. 20 del regolamento impu

gnato — che, pur non attribuita alla regione in sede statutaria, è stata alla stessa delegata dalle norme di attuazione anche con

riferimento specifico alla «formazione degli operatori del com

mercio di cui alla 1. 11 giugno 1971 n. 426» (art. 25 e 26 lett.

b, d.p.r. n. 348 del 1979).

Queste disposizioni — nel caratterizzare la specialità della posi zione della regione Sardegna rispetto alle attribuzioni investite dal

decreto impugnato — consentono alla stessa regione di limitare, nella materia «commercio», l'incidenza della 1. n. 426 del 1971 ai soli principi fondamentali in essa contenuti, nonché di adotta

re, nella materia dell'«istruzione professionale», proprie norme

di integrazione ed attuazione ai' sensi dell'art. 3 d.p.r. n. 348 del

1979: con la conseguente possibilità, nella prima materia, di so

stituire con le norme espresse attraverso la propria legislazione concorrente la disciplina legislativa di dettaglio e regolamentare

posta dallo Stato; nella seconda materia, di far prevalere le pro

prie norme di attuazione sulle norme poste dai regolamenti statali.

Tali possibilità presuppongono, peraltro, in ogni caso, l'eserci

zio effettivo da parte della regione delle proprie competenze nor

mative, sia di tipo concorrente che di tipo integrativo: esercizio

che, nella specie, non risulta essere stato sinora attuato, né con

riferimento alla materia del «commercio» né con riferimento al

settore particolare dell'«istruzione professionale» connesso alla

formazione degli operatori commerciali (la 1. reg. 1° giugno 1979

n. 47, sulla formazione professionale in Sardegna, non investe

specificamente tale settore). In tale situazione, non sussistono motivi per limitare l'operati

vità dell'intera disciplina posta dalla 1. n. 426 del 1971 e dai suc

cessivi regolamenti statali (ivi compreso il regolamento in esame) anche all'ambito dell'ordinamento sardo, tanto più ove si consi

deri che, ai sensi dello stesso statuto speciale (art. 57), nelle mate

rie attribuite alla competenza della regione, «fino a quando non

sia diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi dello Stato».

Il Foro Italiano — 1990.

La conclusione è, dunque, nel senso che, al momento presente, la posizione della regione Sardegna — ai fini della soluzione del

conflitto di cui è causa — non può considerarsi diversa da quella

propria delle altre ricorrenti: salva, in ogni caso, la possibilità

per la stessa regione di addivenire in futuro, mediante l'adozione

di appropriati strumenti normativi, ad un diverso svolgimento dei

principi posti dalla legislazione statale in tema di distribuzione

delle competenze connesse alla materia in esame.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di

chiara: a) con riferimento ai conflitti sollevati dalle regioni Um

bria, Lombardia ed Emilia-Romagna, che spetta al ministro per

l'industria, il commercio e l'artigianato emanare le norme di ese

cuzione della 1. 11 giugno 1971 n. 426 contenute nel d.m. 4 ago sto 1988 n. 375; b) con riferimento ai conflitti sollevati dalle re

gioni Veneto, Umbria, Lombardia ed Emilia-Romagna, che spet ta allo Stato disciplinare gli oggetti di cui agli art. 20 (salvo l'inciso

finale del 1° comma), 36 e 48, 6° comma, d.m. n. 375 del 1988;

c) con riferimento ai conflitti sollevati dalle regioni Veneto, Sar

degna, Umbria, Lombardia, Emilia-Romagna, che non spetta al

lo Stato indicare le materie dei corsi professionali di cui all'art.

5, 1° comma, n. 3, 1. 11 giugno 1971 n. 426 e conseguentemente annulla l'ultimo inciso del 1° comma dell'art. 20 d.m. n. 375

del 1988 con l'allegato 6 dello stesso decreto; d) con riferimento

al conflitto sollevato dalla regione Veneto, che spetta allo Stato, nei limiti di cui in motivazione, disciplinare gli oggetti di cui al l'art. 32 d.m. n. 375 del 1988; e) con riferimento al conflitto

sollevato dalla regione speciale Sardegna, che spetta allo Stato, nei limiti di cui in motivazione, disciplinare gli oggetti di cui agli art. 20 (salvo l'ultimo inciso del 1° comma), 36 e 48 d.m. n.

375 del 1988; f) inammissibili i conflitti sollevati dalle regioni Veneto, Sardegna, Umbria, Lombardia ed Emilia-Romagna av

verso gli art. 31, 2° comma, e 34, 5° comma, nonché il conflitto

sollevato dalla sola regione Veneto avverso gli art. 43, 2° com

ma, e 63, 15° comma, d.m. 4 agosto 1988 n. 375 (norme per l'esecuzione della 1. 11 giugno 1971 n. 426, sulla disciplina del

commercio).

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 29 mag

gio 1990, n. 4973; Pres. Sanduixi, Est. Corda, P.M. Amatuc

ci E. (conci, parz. diff.); Soc. Avis (Avv. Palladino, Valenti

no) c. Comune di Avellino. Regolamento di giurisdizione.

CORTE DI CASSAZIONE;

Edilizia e urbanistica — Costruzione difforme dalla licenza —

Sanzione pecuniaria amministrativa — Ingiunzione sindacale di

pagamento — Opposizione — Giurisdizione amministrativa —

Estremi (R.d. 14 aprile 1910 11. 639, t.u. per la riscossione delle

entrate patrimoniali dello Stato, art. 3; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942

n. 1150, art. 13).

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la cognizio ne dell'opposizione all'ingiunzione sindacale di pagamento, ex

art. 3 t.u. n. 639 del 1910, della sanzione pecuniaria ammini

strativa di cui all'art. 13 l. n. 765 del 1967, per inapplicabilità del procedimento coattivo disciplinato dal menzionato testo uni

co, per incompetenza del sindaco e per «carenza di legittima zione» dell'intimato. (1)

(1) Negli stessi termini, con riferimento, però, ad opposizione basata su motivi non del tutto coincidenti con quelli dedotti nella specie dalla soc. Avis, sez. un. 26 febbraio 1979, n. 1244, Foro it., 1979, I, 888, con nota di richiami, tra i quali sez. un. 24 febbraio 1978, n. 926, citata, al pari della precedente, in motivazione.

Le ragioni di fondo della soluzione della controversa questione di giu risdizione sono state recentemente ribadite da sez. un. 3 febbraio 1989, n. 660, id., 1989, I, 1076 e 28 aprile 1989, n. 2003, ibid., 1788; nonché, con specifico riguardo a situazione disciplinata dall'art. 15 1. n. 10 del 1977, da sez. un. 23 febbraio 1990, n. 1392, id., 1990, I, 1210, con osser vazioni di C. M. Barone.

Non soffermandosi più di tanto sulle possibili implicazioni, ai fini del

riparto di giurisdizione, della proposizione della opposizione a ingiunzio ne emessa ai sensi del r.d. n. 639 del 1910, le sezioni unite mostrano di ritenere irrilevante, ai medesimi fini, in correlazione con l'effettiva na tura della contestazione, l'utilizzazione del meccanismo previsto dallo stesso r.d., allineandosi cosi, anche sotto questo profilo, all'impostazione del la citata sent. n. 1244 del 1979. In effetti, però, le anzidette implica

This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended