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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 3 marzo 1989, n. 80 (Gazzetta...

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sentenza 3 marzo 1989, n. 80 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta) c. Regione Marche (Avv. Capotosti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1990), pp. 391/392-401/402 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184498 . Accessed: 28/06/2014 09:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.79 on Sat, 28 Jun 2014 09:30:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 3 marzo 1989, n. 80 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.Saja, Est. Baldassarre; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta) c. Regione Marche (Avv.Capotosti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 391/392-401/402Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184498 .

Accessed: 28/06/2014 09:30

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PARTE PRIMA

dura selettiva unitaria in modo da collocare quei dipendenti solo

apparentemente su di un piano di parità con gli altri.

In proposito va osservato che — a parte l'impossibilità di de

durre l'esistenza dell'intento di privilegiare alcuni dipendenti, in

dividuabili a priori, dal fatto che il legislatore regionale, nel suo

discrezionale apprezzamento, abbia ritenuto di attribuire maggio re importanza ai titoli di servizio prestato presso la regione ri

spetto ad altri titoli — il parametro attraverso la cui violazione

si manifesterebbe il contrasto con l'art. 97 Cost., e cioè il princi

pio della trasparenza richiamato dall'art. 4 della legge-quadro sul

pubblico impiego, è inconferente perché tale principio riguarda, nell'enunciazione normativa, esclusivamente il trattamento eco

nomico. Non risultando dunque pertinente il richiamo della nor

ma interposta, non sussiste alcun contrasto con il parametro co

stituzionale invocato.

Anche il riferimento all'art. 51 Cost, è nella specie inappro

priato, perché il precetto invocato riguarda l'accesso agli impie

ghi pubblici e non la materia dei successivi inquadramenti (v. sent. nn. 331 del 1988, id., 1989, I, 2675, e 217 del 1987, id.,

Rep. 1987, voce cit., n. Ili), cui si riferisce il presente giudizio. Per quel che concerne l'ultimo profilo della questione, riferito

agli art. 3, 1° comma, e 97, 1° comma, Cost., in relazione al

principio di omogeneizzazione e perequazione delle posizioni giu ridiche nell'ambito del pubblico impiego, di cui all'art. 4 della

ricordata legge-quadro (con asserita ulteriore violazione dell'art.

117 Cost.), a prescindere dalla genericità con cui il contrasto vie

ne in tal modo denunciato, va in ogni caso rilevato che i principi

dell'eguaglianza e della ragionevolezza, nonché quello dell'impar zialità dell'azione amministrativa, non possono ritenersi, contra

riamente a quanto si assume nell'ordinanza di remissione, violati: non appare, infatti, ingiustificatamente discriminatorio che il le

gislatore regionale, alla stregua del succedersi nel tempo delle va

rie normative nella materia del personale, abbia ritenuto di pre vedere, per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, il sistema

della doppia graduatoria, accordando cosi l'esclusiva, ai fini del

la formazione della prima, ai titoli di servizio prestato nella re

gione, denotando essi, indubbiamente, una specifica idoneità alle

funzioni da conferire. In tal modo è stata prevista la valutazione

dei servizi svolti dai direttori, dirigenti di settore e coordinatori, nell'esercizio di funzioni certamente indicative di tale idoneità, con la conseguenza di doversi compiere un accertamento sulla

base di situazioni già esistenti, sperimentate e consolidate in virtù

di norme precise confermate nel tempo. 3. - Non fondata è anche la seconda questione di legittimità

costituzionale dello stesso art. 27, 2° e 5° comma, in riferimento, oltre ai già considerati parametri costituzionali, e cioè agli art.

3, 51, 97 e 117 Cost, (quest'ultimo in relazione alla norma inter

posta, costituita dall'art. 4 della legge-quadro sul pubblico impie

go), anche agli art. 35, 1° comma, e 36, 1° comma, Cost.

Nonostante la dovizia dei parametri costituzionali invocati, an

che questa questione sembra essenzialmente incentrarsi nella vio lazione dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza, per una asserita esorbitanza — in relazione alla valutazione dei servizi — dei punteggi previsti per quelli prestati presso gli uffici centrali

rispetto a quelli prestati presso gli uffici periferici che, secondo il giudice a quo, sarebbero invece tra loro omogenei o comunque non eterogenei come il legislatore vorrebbe far apparire.

Come opportunamente precisato nella memoria difensiva della

regione, la differenziazione, fondata sull'elemento spaziale, non

può ritenersi affidata ad un dato meramente estrinseco rispetto alla natura dei servizi, ove si tenga conto della diversità di strut

tura, quale emerge dall'esame della legislazione regionale vigente,

degli uffici periferici rispetto a quelli centrali, il che denota l'in

trinseca diversificazione delle funzioni. Al riguardo è stata richia mata: la collocazione quali dirigenti d'ufficio (cioè nella terza

qualifica, dopo quelle di direttore e di dirigente di settore) dei

dirigenti preposti agli uffici periferici (in virtù delle tabelle di in quadramento del 1973); la progressiva diminuzione, nel succeder

si delle varie leggi regionali, dei compiti di detti uffici; la caratte rizzazione di precarietà e residualità ad essi conferita dalla prima legge regionale di organizzazione (1. n. 27 del 1978) e la sovraor dinazione delle strutture centrali rispetto a detti uffici; la diversa

composizione, dal punto di vista degli organici, delle strutture

periferiche con l'assegnazione di contingenti di personale sopran numerario il che, a livello dirigenziale, ha comportato a volte una minore intensità di compiti assegnati a ciascuno, altre volte il mancato espletamento da parte di alcuni di essi delle funzioni

Il Foro Italiano — 1990.

corrispondenti alla qualifica, là dove tutti i dirigenti assegnati all'interno delle strutture centrali (settori) dovevano svolgere o

compiti di direzione di un ufficio, o compiti attinenti alla titolari

tà di incarichi specifici (art. 12, 13 e 15 1. reg. n. 27 del 1978), rispetto ai dirigenti in servizio presso gli uffici periferici (struttu ra inferiore al settore) dove l'incarico specifico non è stato previ sto, essendo l'unica funzione a livello dirigenziale quella corri

spondente alla direzione dell'ufficio.

La sussistenza delle peculiarità dei servizi prestati presso gli uffici centrali, rispetto a quelli periferici, esclude la denunciata

irragionevolezza della prevista maggiore valutabilità dei primi, che

appare invece giustificata dall'obiettiva diversità delle situazioni

prese in esame.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate

le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 27, 2°, 5°, 6°, 10° e 16° comma, 1. reg. Liguria 27 agosto 1984 n. 44 (disposi zioni sullo stato giuridico ed economico dei dipendenti regionali e norme sull'ordinamento degli uffici), sollevate, in riferimento

agli art. 3, 1° comma, 35, 1° comma, 36, 1° comma, 51, 1°

comma, 97, 1° comma e 117 Cost., dal Tar della Lugiria con

l'ordinanza indicata in epigrafe.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 80 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.

Saja, Est. Baldassarre; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato

Laporta) c. Regione Marche (Avv. Capotosti).

Regione — Legge regionale riapprovata a seguito di rinvio con

accoglimento delle censure prospettate — Secondo rinvio da

parte del governo — Nuova riaprovazione da parte del consi

glio regionale — Sanatoria dei vizi del secondo rinvio — Am

missibilità del ricorso in via principale (Cost., art. 127).

Regione — Marche — Edilizia residenziale — Contributi regio nali — Riduzione del costo dei mutui — Violazione del limite

stabilito con legge statale — Incostituzionalità (Cost., art. 117;

d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui al

l'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 109).

Nell'ipotesi di illegittima reiterazione del rinvio governativo, in

quanto rivolto contro le leggi regionali «non nuove», la regio ne può sollevare conflitto di attribuzione nei confronti dello

Stato, per far valere la menomazione della propria competenza

legislativa, mentre una nuova riapprovazione della stessa legge produce l'effetto di sanare i vizi relativi al secondo rinvio, e contro di essa è, pertanto, ammissibile ricorso di legittimità costituzionale in via principale. (1)

È illegittima, per violazione dell'art. 117 Cost., in relazione al l'art. 109, 3° comma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, la l. reg. Marche 13 maggio 1988, nella parte in cui determina la conces sione di contributi regionali a favore dell'edilizia residenziale

comportanti per i mutuatari una riduzione del costo dei mutui del 60% rispetto al tasso di riferimento in vigore al momento

della stipula del mutuo edilizio, in tal modo non garantendo il rispetto dei tassi agevolati minimi stabiliti dai provvedimenti statali per il settore. (2)

(1-4) Quanto alla prima e alla terza massima, la corte segna con la

presente decisione un'ulteriore tappa nella definizione del rapporto tra rinvio governativo di legge regionale, riapprovazione da parte del consi

glio regionale e motivi di ricorso alla Corte costituzionale, indicando le circostanze nelle quali la legge riapprovata può considerarsi «nuova» e consentire perciò una reiterazione del rinvio anziché il ricorso immediato. Da segnalare inoltre l'affermazione, contenuta nella seconda decisione in rassegna, secondo cui la riapprovazione da parte del consiglio regiona le della legge rinviata deve avvenire in ogni caso con la maggioranza asso luta, e quindi anche allorché la regione intenda conformarsi ai motivi del rinvio. In assenza di una maggioranza siffatta, il presidente della giunta regionale dovrà dichiarare la legge stessa «non approvata»: se viceversa sollevasse conflitto di attribuzioni, come nella presente ipotesi, contro

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 79 (Gaz

zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.

Saja, Est. Baldassarre; Regione Friuli-Venezia Giulia (Aw.

Pacia) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Bruno). Con

flitto di attribuzioni.

Regione — Legge regionale — Riapprovazione a seguito di rinvio

governativo — Maggioranza semplice — Reiterazione del rin

vio — Conflitto di attribuzione — Inammissibilità (Cost., art.

127).

È inammissibile, per mancanza di interesse della ricorrente, il con

flitto di attribuzioni sollevato da una regione nei confronti del

lo Stato ed avente ad oggetto la reiterazione di un rinvio di

legge regionale al consiglio regionale allorché la riapprovazione della legge avvenuta a seguito del primo rinvio, pur accoglien do i motivi in esso indicati, sia avvenuta a maggioranza relati

va anziché assoluta (in motivazione si afferma che la riappro vazione a seguito di rinvio governativo deve sempre avvenire

a maggioranza assoluta). (3)

III

CORTE COSTITIZIONALE; ordinanza 3 marzo 1988, n. 261

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 marzo 1988, n. 11); Pres. Saja, Est. Pescatore; Cavada c. Provincia autonoma

di Trento. Ord. Cons. Stato, sez. IV, 20 dicembre 1983 (G.U. n. 321 del 1984).

Trentino-Alto Adige — Provincia di Trento — Edilizia residen

ziale — Agevolazioni — Proprietari di abitazioni con reddito

superiore a lire 400.000 — Esclusione — Scelte discrezionali

del legislatore — Questione manifestamente inammissibile di

costituzionalità (Cost., art. 3; 1. prov. Trento 3 settembre 1977

n. 24, norme in materia di edilizia abitativa e agevolata, art.

28; 1. prov. Trento 6 giugno 1983 n. 16, disciplina degli inter

venti provinciali in matèria di edilizia abitativa, art. 99).

È manifestamente inammissibile, in quanto implica scelte discre

zionali riservate al legislatore, la questione di legittimità costi

tuzionale dell'art. 28, 2° comma, l. prov. Trento 3 settembre

1977 n. 24, nella parte in cui esclude dalle agevolazioni edilizie

previste dalla provincia autonoma di Trento i proprietari di

una o più abitazioni che consentano un reddito annuo superio re a lire 400.000, in riferimento all'art. 3 Cost. (4)

il rinvio governativo, tale conflitto sarebbe dichiarato inammissibile per carenza di interesse. Quid iuris, invece, qualora il presidente promulghi ugualmente la legge, ancorché approvata a maggioranza relativa, nella

convinzione che tale riapprovazione riguardi un testo «nuovo»? In tali

casi sembrerebbe prospettabile una doppia soluzione, la cui scelta sarebbe

affidata alla discrezionalità del governo: il quale potrebbe o ricorrere in

sede di legittimità costituzionale in via principale per vizi formali della

legge, ovvero impugnare la promulgazione del presidente della regione in sede di conflitto di attribuzioni.

Per la ricostruzione sistematica che le due decisioni offrono, esse sem brano voler segnare un punto fermo anche per la giurisprudenza futura.

Per quella precedente, v. Corte cost. 11 febbraio 1988, n. 158 (Foro it.,

1988, I, 2524, con nota di richiami, commentata da R. Tosi, Nuove solu

zioni e nuovi problemi in tema di rinvio di leggi regionali riapprovate, in Regioni 1988, 691 ss.); la quale aveva sostanzialmente rovesciato la

tendenza inaugurata con la decisione 20 gennaio 1977, n. 40, Foro it.,

1977, I, 766, con nota di richiami. Sul complesso di questa vicenda, cfr., in dottrina, da ultimo, Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, Bolo

gna, 1988, 239 ss. Relativamente alla giurisprudenza precedente, cfr., an

che per rilievi critici, Paiadin, Diritto regionale, Padova, 1985, 415 ss.

Relativamente alla seconda e quarta massima, invece, non si rinvengo no precedenti specifici.

L'ordinanza di remissione, relativa all'ord. n. 261/88, Cons. Stato, sez.

IV, 20 dicembre 1983, è massimata (con la data 9 aprile 1984) in Foro

it., Rep. 1984, voce Trentino-Alto Adige, n. 74. L'ordinanza della Corte

costituzionale è commentata da Santinello, in Regioni, 1988, 988.

In relazione ai mutui agevolati può vedersi Tar Lombardia, sez. Ili, 10 aprile 1987, n. 232, Foro it., Rep. 1987, voce Edilizia popolare, n.

105, che ha ribadito il divieto, per i soggetti i quali abbiano già usufruito

di mutuo agevolato, di assegnare in proprietà o in locazione alloggi eco

nomici e popolari costruiti con il concorso o il contributo dello stesso.

11 Foro Italiano — 1990.

I

Diritto. — 1. - Il ricorso del presidente del consiglio dei mini

stri indicato in epigrafe concerne la legge della regione Marche, dal titolo «finanziamento in materia di edilizia residenziale» riap

provata, a seguito di un rinvio governativo, il 13 maggio 1988.

Tale legge è impugnata in relazione al suo art. 1, 1° comma, il quale prevede la concessione da parte della regione di contribu

ti decennali costanti, tali da ridurre il costo dei mutui a carico

dei mutuatari in misura pari al 60% del tasso di riferimento in

vigore al momento del contratto definitivo di mutuo. Il ricorren

te sospetta che tale legge sia costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 117 Cost., come attuato dall'art. 109, 3° com

ma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, il quale, disponendo che la de

terminazione dei tassi minimi di interesse a carico dei beneficiari

in materia di crediti agevolati per l'edilizia pubblica è riservata

allo Stato nell'esercizio delle sue competenze di indirizzo e coor

dinamento (art. 3 1. 27 luglio 1975 n. 382), comporta il rispetto da parte dei provvedimenti regionali dei tassi minimi di interesse

fissati dallo Stato.

La regione Marche eccepisce pregiudizialmente che il ricorso

del presidente del consiglio dei ministri sia inammissibile, in quanto basato su un rinvio per il riesame, che, essendo stato reiterato

dopo che il consiglio aveva già riapprovato la legge senza conno

tarla come legge «nuova» ai sensi dell'art. 127 Cost., dovrebbe

esser viziato da un'invalidità insanabile o, comunque, non sanata

o «non accettata» dalla nuova riapprovazione della legge, in rela

zione alla quale il presidente del consiglio dei ministri ha presen tato ricorso per illegittimità costituzionale.

2. - L'eccezione di inammissibilità va respinta.

Dopo che nella seduta del 15 dicembre 1987 il consiglio regio nale delle Marche aveva approvato la legge sul finanziamento al

l'edilizia residenziale prevedendo la concessione di contributi re

gionali agli istituti di credito comportanti la riduzione del costo

dei mutui a carico dei mutuatari di cinque punti rispetto al tasso

di riferimento fissato dallo Stato, il 18 gennaio 1988 il governo ha rinviato una prima volta la legge osservando che la predetta

disposizione non garantiva, in relazione alle variazioni del tasso

di riferimento, il rispetto dei tassi minimi a carico dei beneficiari, determinati dallo Stato ai sensi dell'art. 109, 3° comma, d.p.r. n. 616 del 1977. Nella seduta del 1° marzo 1988 il consiglio regio nale delle Marche ha riapprovato la legge rinviata modificando

soltanto la disposizione censurata nel senso di prevedere che l'am

montare dei contributi regionali fosse determinato in modo da

ridurre il costo dei mutui a carico dei beneficiari in misura pari al 60% del tasso di riferimento in vigore al momento del contrat

to definitivo di mutuo. Il 2 aprile 1988 il governo ha rinviato

una seconda volta la stessa legge regionale, rilevando che anche

la nuova formulazione della disposizione censurata non garantiva il rispetto dei tassi minimi agevolati stabiliti dai provvedimenti statali per il settore edilizio. Avendo il consiglio regionale riap

provato a maggioranza assoluta e senza alcuna modificazione la

medesima legge nella seduta consiliare del 13 maggio 1988, il pre sidente del consiglio dei ministri ha presentato il ricorso di cui

è causa.

Alla luce degli eventi ora descritti, la difesa della regione Mar

In dottrina, v. Ruta, Legge Goria: mutui, casa e parità operativa dei

criteri fondiario ed edilizio, in Riv. bancaria, 1987, fase. 3, 69.

Relativamente alle competenze regionali in materia di edilizia residen

ziale pubblica, v. Corte cost. 30 giugno 1988, n. 727, Foro it.. Rep. 1988, voce Regione, n. 329, commentata da P. Santinello, Norme regionali in materia di edilizia abitativa tra riproduzione e novazione di norme

statali: ancora tre pronunzie della Corte costituzionale, in Regioni, 1989, 1024 ss.: la questione di costituzionalità era stata sollevata da Pret. Par

ma 14 febbraio 1986, Foro it., 1987, I, 2915, con nota di richiami. Nella

medesima materia, v. anche Tar Puglia, sez. Lecce, 17 novembre 1987, n. 1007, id., Rep. 1988, voce cit., n. 332.

Sull'art. 109 d.p.r. 616/77, v. Corte conti, sez. contr. enti, 19 maggio 1983, n. 1639, id., Rep. 1984, voce Credito industriale, n. 7, che ha af

fermato il principio secondo cui, in attesa che sia emanata la normativa

regionale concernente le agevolazioni creditizie alle imprese artigiane, dette

agevolazioni continuano ad essere concesse dall'ente a ciò preposto, e

cioè dalla cassa per il credito alle imprese artigiane. In precedenza v.

altresì, sempre con riferimento agli interventi a favore del settore artigia no ed al potere di indirizzo e coordinamento ad esso relativo, Corte cost.

29 luglio 1982, n. 150, id., 1983, I, 603, con nota di richiami.

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PARTE PRIMA

che eccepisce l'inammissibilità del ricorso, ritenendo che il rinvio

cui è seguita la riapprovazione della legge oggetto dell'attuale im

pugnazione deve considerarsi illegittimo, in quanto è stato reite

rato nonostante che la legge fosse stata precedentemente riappro vata con modifiche concernenti soltanto le norme incise dal pre cedente rinvio e non potesse, quindi, esser considerata come legge «nuova» ai sensi dell'art. 127 Cost. Tale illegittimità, ad avviso

della regione, potrebbe essere ancora eccepita nell'attuale giudi zio di costituzionalità, per il fatto che il rinvio reiterato dovrebbe

esser considerato come nullo-inesistente, in quanto emanato in

assoluta carenza di potere, oppure, ove dovesse essere ritenuto

invalido ma efficace, non si potrebbe considerare la successiva

riapprovazione regionale come una forma di acquiescenza tacita

0, comunque, come un atto in conseguenza del quale siano sanati

o risultino assorbiti i vizi del rinvio. Questa conseguenza non sa

rebbe possibile, secondo la regione, soprattutto perché il rinvio

costituirebbe l'atto iniziale di un sub-procedimento volto all'inte

grazione dell'efficacia della legge regionale, per cui i suoi vizi

ridonderebbero in vizi dell'intero sub-procedimento e della riap

provazione stessa, eccepibili nel corso del giudizio di illegittimità costituzionale avente ad oggetto quest'ultima. In ogni caso, con

clude la regione, l'asserita illegittimità del rinvio comporterebbe una decadenza del governo dal potere di impugnare la legge re

gionale per decorrenza dei termini, di modo che il ricorso do

vrebbe esser comunque dichiarato inammissibile.

3. - Le argomentazioni addotte dalla regione Marche non pos sono essere condivise.

Va, innanzitutto, respinta l'opinione secondo la quale l'atto

di rinvio illegittimamente reiterato sia affetto da vizi insanabili

e sempre eccepibili, in quanto dovrebbe esser considerato come

radicalmente nullo o inesistente perché emanato da un soggetto assolutamente carente di potere. Infatti, pur a voler tralasciare,

per il momento, ogni osservazione circa la natura e la funzione

dell'atto di rinvio nell'ambito del procedimento di formazione

della legge regionale, il vizio della reiterazione suppone che lo

stesso soggetto titolare del potere di rinvio eserciti tale potere

più volte di quanto gli sia consentito dalla Costituzione e, pertan

to, è un vizio logicamente inassociabile alla configurazione di un

esercizio di un potere da parte di un soggetto che ne sia assoluta

mente carente. Del resto, nel considerare la reiterazione del rin

vio governativo nei confronti della medesima legge come una vio

lazione dell'art. 127 Cost. (v. sent. nn. 158 del 1988, Foro it.,

1988, I, 2524; 79 del 1989, id., 1990, I, 393), questa corte ha

chiaramente supposto con le proprie pronunzie di essere in pre

senza, nell'ipotesi, di un atto invalido ma efficace (v. anche sent,

n. 154 del 1967, id., 1968, I, 568), di un atto, cioè, che impedisce l'immediata promulgazione della legge da parte del presidente re

gionale e che, tuttavia, può essere annullato dalla Corte costitu

zionale ove sia adita dalla regione attraverso la via del conflitto

di attribuzioni (v. sent. n. 8 del 1967, id., 1967, I, 692).

Egualmente non condivisibili sono le considerazioni che la re

gione Marche adduce sul pressuposto che l'atto di rinvio reiterato

sia semplicemente annullabile. Non si può, infatti, sostenere che

il rinvio sia l'atto iniziale dello stesso sub-procedimento che si

conclude con la riapprovazione regionale della legge rinviata, sic

ché nel giudizio sorto con l'impugnazione di quest'ultima sarebbe

possibile far valere i vizi dell'intero sub-procedimento, a partire da quelli del rinvio stesso. Se è vero, come questa corte ha più volte affermato (v. sent. nn. 147/72, id., 1972, I, 3330; 212/76,

id., 1977, I, 290; 107/83, id., 1983, I, 2661; 72/85, id., 1985, 1, 1606; 217/87, id., Rep. 1987, voce Regione, n. 135; 726/88,

1989,1, 1669), che il rinvio entra in un procedimento di controllo

unitario, nel senso che tra il rinvio e il ricorso (eventualmente

presentato) devono sussistere una sostanziale corrispondenza ai

motivi addotti e una medesima valutazione della contrarietà alla

Costituzione della legge censurata, ciò non può significare, tutta

via, che si tratti di un identico procedimento, nel quale, secondo

il proprio concetto, tutti gli atti cospirano al medesimo fine e

compartecipano alla stessa funzione. In altre parole, se, al pari del rinvio presidenziale delle leggi statali, quello governativo ri

guardante le leggi regionali è espressione di un potere diretto a

innescare una riflessione dell'organo deliberativo in relazione alle

osservazioni prospettate (v. sent. n. 158 del 1988), tuttavia, a dif

ferenza di quello, esso non proviene da un soggetto che compar

tecipa al procedimento, di formazione delle leggi, se pure con

un atto non deliberativo quale la promulgazione, ma proviene invece da un soggetto esterno a quel procedimento, che si pone

Il Foro Italiano — 1990.

in un rapporto di massima alterità rispetto alla regione (tanto che a lui non spetta la promulgazione e che ordinariamente, de

corsi trenta giorni dalla comunicazione della legge al commissa

rio del governo, il visto governativo si ha per apposto quand'an che non sia stato formalmente concesso).

Come questa corte ha già affermato (v. sent. n. 79 del 1989), il rinvio governativo è espressione di un potere di arresto, dotato

di effetti semplicemente sospensivi, che può essere superato dalla

regione soltanto con una riapprovazione della stessa legge a mag

gioranza assoluta, vale a dire con una contrapposizione regionale resa più solida da un consenso più forte di quello ordinariamente

richiesto per l'approvazione delle leggi. La funzione del rinvio

è, dunque, conchiusa nell'espressione di quel potere di blocco, il cui svolgimento costituisce un sub-procedimento a sé e nei cui

confronti l'intervento della rapprovazione della legge da parte del

consiglio regionale segna, come ha già precisato questa corte (v. sent. nn. 8 del 1967, id., 1967, I, 692; 158 del 1988; 79 del 1989 cit., e ord. n. 139 del 1986, id., Rep. 1987, voce Corte costituzio

nale, n. 27), il momento di esaurimento degli effetti suoi propri e il passaggio a una fase successiva.

Il sistema di termini perentori, brevi e certi, previsto dall'art.

127 Cost., mirando ad escludere il rischio di una litigiosità retro

spettiva tra le parti ed assegnando, quindi, al principio dell'affi

damento reciproco il ruolo di valore fondante e di criterio ispira tore del sistema stesso, impone la regola della non deducibilità

dei vizi del rinvio quando la regione, con il proprio comporta mento (riapprovazione), abbia reso attuale il passaggio a una fa

se procedimentale successiva.

Del resto, a ritenere il contrario, ne risulterebbe vanificato l'in

tero sistema dei controlli previsto dall'art. 127 Cost.: la riappro vazione appare, infatti, un atto utile solo se nell'eventuale succes

sivo giudizio di costituzionalità i vizi del rinvio sono considerati

irrilevanti, dato che, se il vizio del rinvio precludesse definitiva

mente una pronunzia di merito della Corte costituzionale, la riap

provazione risulterebbe superflua. 4. - Nel merito il ricorso va accolto.

L'art. 109, 3° comma, d.p.r. n. 616 del 1977, nello stabilire

che la determinazione dei tassi minimi di interesse a carico dei

beneficiari di crediti agevolati in materia di edilizia pubblica deb ba essere opera del governo nell'esercizio della sua funzione di

indirizzo e coordinamento, collega chiaramente tale potere alla

riserva allo Stato della manovra della massa monetaria naziona

le, vale a dire all'esercizio di una competenza di vitale importan za per la politica economica generale. Ciò comporta che, pur do

vendosi riconoscere alle regioni, a norma degli art. 94, ultimo

comma, e 109 d.p.r. n. 616 del 1977, un'incontestabile competen za in materia di agevolazioni di credito nel settore dell'edilizia

pubblica, questa non può venir esercitata in modo da interferire

con la funzione dello Stato volta, principalmente, ad evitare, at

traverso la fissazione dei tassi minimi di interesse agevolati a cari

co dei beneficiari, squilibri eccessivi nelle varie parti del territorio

nazionale.

Non v'è dubbio che, nel disporre nell'art. 1 del testo della leg

ge oggetto del primo rinvio governativo che la regione avrebbe

concesso agli istituti di credito contributi decennali costanti, tali

da ridurre il costo dei mutui a carico dei beneficiari ivi indicati

di cinque punti rispetto al tasso di riferimento, il legislatore re

gionale poneva una norma la quale non garantiva che fossero

in ogni caso rispettati i tassi minimi di interesse fissati dallo Sta

to, poiché, ancorando i contributi regionali, secondo un rapporto

fisso, unicamente alle variazioni del tasso di riferimento, non pre vedeva alcuna salvaguardia rispetto al possibile sfondamento in

basso dei tassi minimi di interesse a carico dei beneficiari di cre diti agevolati in materia di edilizia pubblica.

Nel modificare in sede di riapprovazione la disciplina contenu

ta nel testo originario della legge, il consiglio regionale ha mante

nuto l'ancoraggio della determinazione dei contributi regionali alle

variazioni del tasso di riferimento, sostituendo soltanto il mecca

nismo di abbattimento secco pari a cinque punti con uno, altret

tanto secco, pari al 60%. Nel disporre ciò, la regione, pertanto, ha conservato il sistema di determinazione dei contributi regiona li giustamente censurato dal governo in sede di rinvio, ma ne

ha modificato la quantificazione, prevedendo una misura percen tuale che oltretutto, come ha dimostrato l'avvocatura dello Sta

to, aggrava il rischio di sfondamento in basso dei tassi minimi

di interesse a carico dei beneficiari di crediti agevolati nel settore

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dell'edilizia pubblica, come determinati dai provvedimenti statali.

Per tali ragioni, poiché la legge impugnata non prevede alcuna

garanzia che i contributi regionali previsti all'art. 1 possano pro durre un abbassamento dei tassi minimi di interesse posti a carico

dei beneficiari dei mutui sopra ricordati al di sotto dei livelli in derogabilmente fissati dallo Stato, è evidente il suo contrasto con

l'art. 117 Cost., come attuato dall'art. 109, 3° comma, d.p.r. n. 616 del 1977.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della regione Marche, dal titolo «finan

ziamento in materia di edilizia residenziale», approvata il 15 di

cembre 1987 e riapprovata, a seguito del rinvio governativo, il

13 maggio 1988.

II

Diritto. — 1. - Il conflitto di attribuzione indicato in epigrafe è stato sollevato dalla regione Friuli-Venezia Giulia in relazione

a un atto di rinvio per il riesame che il governo ha effettuato,

per la seconda volta, nei confronti della legge intitolata «norme

in materia di riordinamento fondiario», sulla quale il consiglio

regionale aveva già deliberato dopo un precedente rinvio gover nativo. Poiché, secondo la ricostruzione fatta dalla ricorrente, la seconda votazione del consiglio regionale è avvenuta su un te

sto legislativo nel quale erano modificate soltanto le norme og

getto del primo rinvio, la regione ritiene che il governo abbia

reiterato l'atto di rinvio in contrasto con l'art. 29 dello statuto

speciale per il Friuli-Venezia Giulia (1. cost. 31 gennaio 1963 n.

1), il quale riproduce sostanzialmente il meccanismo di controllo

sulle legge regionali previsto dall'art. 127 Cost. Su tale base, la

stessa regione chiede che la corte dichiari che non spetta al gover no reiterare il rinvio per il riesame di una stessa legge e, di conse

guenza, annulli il secondo rinvio effettuato dal governo. 2. - Con la sent. n. 158 del 1988 (Foro it., 1988, I, 2524),

questa corte ha affermato che il sistema di controllo delle leggi

regionali previsto dall'art. 127 Cost, (e, quindi, anche quello, iden

tico, contenuto nell'art. 29 dello statuto friulano) non permette che il governo possa reiterare il rinvio di una stessa legge al con

siglio regionale perché ne riesamini il contenuto alla luce delle

censure ad esso formulate. Il divieto di reiterazione si desume

chiaramente tanto dalla lettura delle norme costituzionali che re

golano il rinvio, quanto dai principi ispiratori sottesi all'intero

meccanismo di controllo ivi previsto. Gli art. 127 Cost, e 29 dello statuto friulano stabiliscono, in

fatti, che, nel caso di rinvio di una legge regionale, «ove il consi

glio regionale la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei

suoi componenti», la legge stessa è promulgata, se, entro quindi ci giorni dalla nuova comunicazione, il governo della repubblica non promuova la questione di legittimità davanti alla Corte costi

tuzionale o quella di merito, per contrasto di interessi, davanti

alle camere. Ancor più chiaramente, l'art. 31 1. 11 marzo 1953

n. 87, nell'interpretare le predette norme costituzionali, stabilisce

che il ricorso di costituzionalità può esser proposto dal governo entro il termine di quindici giorni da quando gli è stato comuni

cato «che la legge è stata per la seconda volta approvata dal con

siglio regionale».

Questa interpretazione letterale è confermata da una valutazio

ne dell'istituto del rinvio per il riesame nell'ambito del complessi vo sistema di controllo previsto dall'art. 127 Cost, (e dall'art.

29 dello statuto friulano). Se è vero, come questa corte ha più volte affermato, che il

rinvio entra in un procedimento di controllo unitario, nel senso

che tra il rinvio e il ricorso deve sussistere una sostanziale corri

spondenza dei motivi addotti e, quindi, una medesima valutazio

ne della contrarietà della legge alla Costituzione (v. sent. nn. 147

del 1972, id., 1972, I, 3330; 212 del 1976, id., 1977, I, 290; 107 del 1983, id., 1983, I, 2661; 72 del 1985, id., 1985, I, 1606; 217 del 1987, id., Rep. 1987, voce Regione, n. 135; e 726 del 1988, id., 1989, I, 1669), è pur vero che quella del rinvio costituisce

una fase procedimentale dotata di caratteri suoi propri e distinta,

quanto a funzione, dalle altre fasi del controllo, nel senso che

è semplicemente diretto a produrre effetti sospensivi in relazione

alla promulgazione della legge regionale sottoposta al controllo.

Come esercizio di un potere volto a innescare un momento di

Il Foro Italiano — 1990.

riflessione del legislatore regionale in ordine ai rilievi formulati, il rinvio si esaurisce nella posizione di un vincolo al consiglio

regionale di riconsiderare la legge che ne è stata oggetto (sempre

ché, ovviamente, intenda proseguire l'iter legislativo), vincolo che

può essere rimosso ove il consiglio stesso riapprovi, ai sensi del

l'art. 127 Cost, (e dell'art. 29 dello statuto friulano), la medesima

legge. In tal caso, il governo non può esercitare di nuovo il pote re di rinvio, che ha già consumato, ma, ove ritenga che la regione non si sia conformata ai propri rilievi, può soltanto passare alla

seconda fase del controllo, promuovendo, con un ricorso alla Corte

costituzionale (o, nel caso di contrasto d'interessi, al parlamen

to), l'accertamento definitivo sulla fondatezza delle censure ini

zialmente formulate nel rinvio e sviluppate, poi, nel ricorso. Il

sistema di termini brevi e certi, fissati direttamente dalla Costitu

zione tanto per il rinvio (trenta giorni) quanto per il ricorso (quin dici giorni), testimonia la volontà del costituente di concepire l'atto

di rinvio come esercizio di un potere non ripetibile, volto a pro durre una sospensione dell 'iter legislativo non protraibile per lun

go tempo ad arbitrio di una o di ambedue le parti coinvolte nel

relativo sub-procedimento. 3. - Il divieto di reiterazione del rinvio opera soltanto sulla

premessa che oggetto della seconda approvazione compiuta dal

consiglio regionale sia la stessa legge precedentemente rinviata.

Quando, invece, il legislatore regionale decida, nel rispetto delle

norme del proprio regolamento consiliare, di deliberare una legge

nuova, ancorché contenente parti identiche a quella colpita dal

rinvio, il divieto non opera più e il governo può esercitare ancora

il proprio potere di rinvio «per il semplice fatto che si tratta pro

priamente, non già di una reiterazione dello stesso, ma piuttosto di quell'unico e legittimo rinvio, che, ove lo si ritenesse vietato,

porterebbe al risultato di conferire alla regione la possibilità di

formulare disposizioni legislative ingiustificatamente immuni dal

controllo governativo» (sent. n. 158 del 1988). Nel definire, in relazione al problema ricordato, i criteri per

decidere in quali casi si sia in presenza di una stessa legge ovvero

di una legge nuova, questa corte ha via via messo a punto la

propria interpretazione dell'art. 12 Cost., in stretta correlazione

con le prassi effettivamente instauratesi nell'applicazione delle nor

me costituzionali sul rinvio e, in particolare, con i problemi (e,

talora, gli abusi) che ne sono conseguiti in ordine al rispetto pie no e sostanziale delle stesse norme costituzionali.

In un primo tempo, la corte si è orientata nel senso di conside

rare come «nuove» soltanto le leggi contenenti modifiche sostan

ziali al testo originario, in modo da ritenere di essere in presenza della stessa legge anche quando questa fosse stata leggermente modificata in sede di riapprovazione (v. sent. n. 132 del 1975,

id., 1975,1, 2175, e 9 del 1976, id., 1976,1, 267). Successivamen te, però, riflettendo sulla labilità e sull'equivocità della linea di

confine tra modificazioni sostanziali e modificazioni marginali (ol treché di altre analoghe), la corte ha tentato di porre fine alle

numerose contestazioni e alle discutibili prassi allora instauratesi

adottando un criterio di definizione rigido, tale da escludere il

benché minimo spazio di discrezionalità, consistente nel conside

rare come «non nuova» soltanto la legge che fosse stata riappro vata dal consiglio regionale «nel medesimo identico testo che ave

va formato oggetto della prima deliberazione e del successivo rin

vio» (sent. n. 40 del 1977, id., 1977,1, 766). In tal modo, qualsiasi modifica apportata dal consiglio regionale nel corso della secon

da approvazione, anche se del tutto marginale o semplicemente formale e anche se operata al solo fine di conformarsi alle osser

vazioni governative, avrebbe portato a considerare la legge come

«nuova» e, quindi, potenzialmente soggetta a rinvio.

Tuttavia, anche in presenza di un criterio del genere, non sono

mancati consistenti fenomeni che hanno suscitato gravi perplessi tà. In particolare, l'insistita prassi dei c.d. rinvii plurimi ha pro dotto tanto una sostanziale elusione delle norme e dei termini

stabiliti dalla Costituzione, quanto un pratico stravolgimento del

significato costituzionale dell'istituto del rinvio per riesame. La

funzione di quest'ultimo, consistente nell'innesco di una fase di

riflessione del legislatore regionale in ordine alle osservazioni go

vernative, è risultata praticamente vanificata dalla rigida alterna

tiva che, di fronte a un rinvio, si poneva, grazie anche al criterio

formale adottato per definire una legge come «nuova», al consi

glio regionale: riapprovare la legge nel suo testo originario per resistere al governo senza prendere in alcuna considerazione le

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PARTE PRIMA

sue osservazioni oppure dare inizio a una serie di modifiche par ziali e di rinvii che alla lunga avrebbe portato a un testo in qual che modo «concordato» con l'organo di controllo.

In ragione di ciò, la corte, con la sent. n. 158 del 1988, ha

corretto i criteri precedentemente enunciati, ritenendo di conside

rare come identica o «non-nuova», ai fini dell'applicazione del

l'art. 127 Cost., non solo la legge cui non fosse stata apportata alcuna modifica in sede di riapprovazione, ma anche quella le

cui modifiche non fossero tali da comportare un mutamento del

proprio significato normativo. In tale valutazione, ha precisato la corte nella stessa occasione, vanno comunque considerate inin

fluenti sia le modifiche relative a parti esterne al contenuto dispo sitivo della legge (ad esempio, la disciplina della vocatìo legis o

delle clausole d'urgenza), sia le modifiche attinenti alle norme

di copertura finanziaria che si siano rese necessarie a causa del

tempo trascorso tra la prima e la seconda deliberazione del consi

glio regionale (ad esempio, imputazione delle spese al bilancio

dell'anno successivo a quello relativo alla prima stesura), sia le

modifiche concernenti le norme incise dalle censure formulate dal

governo. Queste ultime, in particolare, non possono essere consi

derate rilevanti al fine di ritenere una legge come «nuova», poi

ché, come si è già precisato, il sistema di termini brevi e certi

stabiliti dalla Costituzione sta ad attestare che la funzione del

rinvio consiste nel sospendere la promulgazione al fine di stimol

re una pronta conformazione della legge o, quantomeno, una ri

flessione sulla compatibilità della stessa rispetto ai parametri di

legittimità (o di merito) invocati, compatibilità sulla quale, in ca

so di contrasto tra governo e regioni, è giudice definitivo la Corte

costituzionale (o il parlamento). 4. - Nell'interpretare la posizione della corte, l'avvocatura del

lo Stato ritiene che, sulla sua base, occorrerebbe considerare co

me determinante, al fine di stabilire se la legge adottata in secon

da votazione sia «nuova», l'atteggiamento o, persino, l'intenzio

ne imputabile al consiglio regionale in sede di riesame della legge stessa.

Ma cosi non è, poiché, come è stato appena ribadito, determi

nante è il dato obiettivo relativo alla natura e all'oggetto delle

modifiche apportate. Infatti, contrariamente a quanto suppone l'avvocatura dello Stato, è il contenuto effettivo della delibera

zione l'elemento decisivo per la valutazione della «novità» della

legge, e non già la maggioranza adottata o la votazione dell'ina

missibilità degli emendamenti diretti a modificare le parti della

legge non censurata dal rinvio. Pertanto, è in relazione ad esso

che occorre valutare la legittimità della maggioranza adottata, e

non viceversa. E se cosi non fosse, del resto, considerata l'impos sibilità di rinvenire, nel caso, criteri di identità della legge di na

tura procedurale o meramente formale, si perverrebbe all'inam

missibile risultato di riconoscere all'autore dell'atto da sottoporre al controllo il potere di determinare di volta in volta le possibili forme di controllo (rinvio o ricorso) sulla base di una supposta libertà di qualificare, in sede di riapprovazione, in un modo o

nell'altro la legge rinviata.

5. - Alla luce dei principi posti dalla giurisprudenza costituzio

nale e ribaditi nei punti precedenti, se si guarda soltanto al conte

nuto normativo delle modifiche apportate dal consiglio regionale friulano nel corso della nuova deliberazione della legge sul riordi

no fondiario, si dovrebbe concludere che quelle modifiche non

presentavano caratteri tali da indurre a ritenere che si trattasse

di una legge «nuova». Il testo originario, infatti, è stato modifi

cato dal consiglio regionale soltanto in relazione a norme incise

dalle censure contenute nel (primo) rinvio governativo, e non in

relazione ad altre. Né rileva verificare se il legislatore regionale,

operando tali modifiche, si sia effettivamente adeguato ai rilievi

governativi o abbia tralasciato di considerare alcune osservazioni

dell'organo di controllo, poiché ciò che è decisivo per qualificare una legge come «non nuova» è il fatto che il consiglio regionale non abbia modificato, come nel caso non ha modificato, norme

diverse da quelle incise dal rinvio. È pertanto ininfluente, ai fini

della risoluzione del problema, tanto l'osservazione dell'avvoca

tura dello Stato per la quale il legislatore regionale non si sarebbe

adeguato ai dubbi di costituzionalità espressi dal rinvio in rela

zione agli art. 9, 2° comma, 42, 43 e 44 Cost., quanto l'osserva

zione della regione, peraltro in sé corretta, secondo la quale quei rilievi non costituiscono vere e proprie censure, mancando in essi

qualsiasi riferimento alle disposizioni della legge rinviata che il

governo assumeva come contrastanti con quei parametri. Ciò nonostante, poiché la nuova deliberazione del consiglio re

II Foro Italiano — 1990.

gionale sulla legge rinviata è avvenuta a maggioranza semplice, e non già a maggioranza assoluta dei componenti, come prescrive invece l'art. 29 dello statuto friulano (oltreché l'art. 127 Cost.), la legge non può considerarsi (ri-)approvata.

Non può, infatti, sostenersi, contrariamente a quanto afferma

la regione ricorrente, che, quando il consiglio regionale intenda

conformarsi ai rilievi governativi, sia sufficiente, perché la legge

possa esser considerata riapprovata, la maggioranza semplice. Nella

configurazione che ne dà la Costituzione, il rinvio è delineato

come un vero e proprio veto sospensivo, che il governo può, mo

tivatamente apporre, prima della promulgazione della legge, a tu

tela di interessi o di valori superiori. In altre parole, con l'atto

di rinvio per il riesame il governo non formula semplici consigli od osservazioni che il legislatore regionale può superare con la

riapprovazione della legge a maggioranza semplice (cioè con la

stessa maggioranza necessaria alla sua deliberazione ordinaria), ma esercita, piuttosto, un potere di blocco, se pure non definiti

vo, nei confronti dell'intera legge, che il consiglio regionale può rimuovere soltanto con la maggioranza assoluta dei propri com

ponenti, cioè con un rafforzamento del consenso necessario per la comune approvazione delle leggi (e salva sempre la possibilità del governo di adire la Corte costituzionale o il parlamento). Poi

ché, dunque, tale maggioranza è richiesta al mero fine di supera re il veto sospensivo espresso con il rinvio e in nessun modo co

stituisce un requisito logicamente collegato all'atteggiamento so

stanziale che il consiglio regionale intende tenere di fronte alle

censure mossegli, essa deve sussistere in ogni caso in cui la secon

da deliberazione sulla legge rinviata abbia obiettivamente il valo

re di una riapporvazione dello stesso atto legislativo (v. anche

sent. nn. 8 del 1967, id., 1967, I, 692; 92 del 1976, id., 1976,

I, 1971; 153 del 1976, ibid., 2769 e 235 del 1976, id., 1977, I, 542). Per tali ragioni, dal momento che la legge rinviata andava og

gettivamente considerata come «non-nuova» e dal momento che

nella deliberazione successiva al (primo) rinvio non è stata rag

giunta la maggioranza assoluta dei componenti del consiglio re

gionale, il presidente di quest'ultimo collegio avrebbe dovuto di

chiarare la legge stessa «non approvata», ai sensi dell'art. 29, 2° comma, dello statuto friulano. In ogni caso, in seguito alla

suddetta deliberazione la legge non può essere considerata come

promulgabile e, conseguentemente, il ricorso per conflitto di at

tribuzioni presentato dalla regione Friuli-Venezia Giulia va di

chiarato inammissibile per mancanza di interesse della ricorrente.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi

le il conflitto di attribuzione in relazione al secondo atto di rinvio

governativo della 1. reg. Friuli-Venezia Giulia dal titolo «norme

in materia di riordinamento fondiario», riapprovata il 10 feb

braio 1988, in riferimento all'art. 29 del suo statuto (1. cost. 31

gennaio 1963 n. 1), proposto dalla suddetta regione con il ricorso

indicato in epigrafe.

Ili

Ritenuto che con ordinanza in data 20 dicembre 1983 il Consi

glio di Stato ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questio ne di legittimità costituzionale dell'art. 28, 2° comma, 1. prov. Trento 3 settembre 1977 n. 24 (integrativo dell'art. 3, 2° comma, lett. b, 1. prov. 20 agosto 1971 n. 10), nella parte in cui esclude

dalle agevolazioni per l'accesso all'abitazione chi disponga di una

o più abitazioni che consentano un reddito annuo superiore a

lire 400.000; considerando che, ad avviso del giudice a quo, la norma impu

gnata comporta un'ingiustificata discriminazione tra i percettori di reddito, anche solo potenziale, derivante dalla locazione di al

loggi non utilizzabili direttamente e i percettori di reddito di qual

sivoglia altra natura; che peraltro, avuto riguardo alla materia, risulta di per sé non

irragionevole l'esclusione delle agevolazioni di coloro che già di

spongono di una o più agevolazioni; che se questione può porsi in ordine alle specifiche condizioni

in presenza delle quali opera l'esclusione, si incorre in apprezza menti di merito rientranti nella discrezionalità legislativa;

che la disciplina impugnata è stata per l'appunto già riformata

con 1. prov. 6 giugno 1983 n. 16, con la quale si è fatto ricorso

(vedasi l'art. 99, 1° comma, lett. d) a nuovi indici per determina

re le condizioni patrimoniali in presenza delle quali non si può accedere alle speciali agevolazioni.

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Page 7: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 3 marzo 1989, n. 80 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Pres.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale;

per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del l'art. 28, 2° comma, 1. prov. Trento 3 settembre 1977 n. 24 («nor me in materia di edilizia abitativa e agevolata»), integrativo dell'art.

3, 2° comma, lett. b), 1. prov. Trento 20 agosto 1971 n. 10, solle

vata, in riferimento all'art. 3 Cost., con l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 ottobre 1988, n. 998

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 novembre 1988, n. 44); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Regione Sardegna (Avv. Mer

curi) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Favara).

Impiegato dello Stato e pubblico — Sardegna — Inquadramento dei dipendenti regionali — Disciplina stabilita con legge statale — Questioni inammissibile e infondata di costituzionalità (L. cost. 26 febbraio 1948 n. 3, statuto speciale per la Sardegna, art. 3; 1. 1° giugno 1977 n. 285, provvedimenti per l'occupazio ne giovanile; 1. 16 maggio 1984 n. 138, mobilità e sistemazione

definitiva del personale risultato idoneo agli esami di cui al

l'art. 26 d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, convertito in legge, con

modificazioni, dalla 1. 29 febbraio 1980 n. 33).

È inammissibile, per assoluta carenza di motivazione, la questio ne di legittimità costituzionale della l. 16 maggio 1984 n. 138, con la quale si è disciplinata la definitiva sistemazione presso l'amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autono

mo, del personale assunto a contratto in base alla 1.1° giugno 1977 n. 285 e risultato successivamente idoneo agli esami per l'ammissione nei ruoli statali, in riferimento all'art. 3, lett. a), statuto speciale della regione Sardegna. (1)

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, 1° ed ultimo comma, l. 16 maggio 1984 n. 138, nella parte in cui stabilisce una serie di obblighi e divieti attinenti all'as

sunzione di personale negli uffici e negli enti regionali, nonché

all'organizzazione degli stessi e allo stato giuridico ed economi

co del personale, in riferimento all'art. 3, lett. a), statuto spe ciale della regione Sardegna. (2)

Diritto. — 1. - La regione Sardegna ha impugnato la 1. 16

maggio 1984 n. 138, intitolata «mobilità e sistemazione definitiva

del personale risultato idoneo agli esami di cui all'art. 26 d.l.

30 dicembre 1979 n. 633, convertito in legge, con modificazioni, dalla 1. 29 febbraio 1980 n. 33», sospettando d'incostituzionalità

il suo intero testo e, in particolare, l'art. 5, 1° e ultimo comma, per contrasto con l'art. 3, lett. a), dello statuto speciale della

(1-2) Analoga questione di costituzionalità relativa all'art. 5 1. 138/84 sollevata dalla regione Lombardia per presunto contrasto con gli art. 97, 117 e 123 Cost., era già stata dichiarata manifestamente inammissibile

(per tardivo deposito del ricorso) da Corte cost. 26 marzo 1986, n. 70, Foro it., Rep. 1987, voce Regione, n. 123.

In precedenza, v. Corte cost. 30 giugno 1988, n. 726, id., 1989, I, 1669 e commentata da Murgia, In tema di eccezioni alla regola dell'ac cesso agli impieghi pubblici in base a concorso, disposte con legge regio nale, in Regioni, 1989, 974, con cui la corte aveva ritenuto riferibile an che alla legge regionale la disposizione contenuta nell'art. 20 1. 29 marzo 1983 n. 93, con la quale il legislatore statale ha disposto che i casi di assunzione obbligatoria in deroga alla regola del pubblico concorso deb bano essere tassativamente stabiliti dalla legge.

Sulla 1. 138/84, cfr., da ultimo, Tar Puglia 15 maggio 1987, n. 261, Foro it., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 231; Tar Campania, sez. Ili, 24 novembre 1987, n. 359, ibid., voce Impiegato degli enti locali, n. 45; Corte conti 7 febbraio 1985, n. 1521, id., Rep. 1985, voce Impie gato dello Stato, n. 175.

Su alcuni profili di costituzionalità relativi alla disciplina dell'immissio ne in ruolo di giovani assunti presso le amministrazioni regionali, cfr. Corte cost. 24 gennaio 1989, n. 21, id., 1989, I, 1370, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1990.

regione Sardegna, che attribuisce alla predetta regione competen za legislativa esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della regione a stato giuridico ed eco

nomico del personale». 2. - Va preliminarmente dichiarata l'inammissibilità della que

stione di costituzionalità sollevata dalla ricorrente avverso la 1. n. 138 del 1984 nella sua globalità.

Secondo la costante giurisprudenza di questa corte (v., ad esem

pio, sent. n. 517 del 1987, Foro it., 1989, I, 3556), l'assoluta carenza di motivazione comporta di per sé un vizio formale di

validità, che rende inammissibile la questione cosi proposta, in

quanto impedisce al giudice della legittimità delle leggi sia la com

pleta verifica della sussistenza in concreto dell'interesse a ricorre re o della prospettazione di dubbi di costituzionalità del tutto

arbitrari, pretestuosi o astratti, sia l'inequivoca determinazione

dell'oggetto sottoposto al proprio giudizio. Pertanto, poiché la

regione ricorrente non ha addotto alcun motivo a sostegno del

l'impugnazione dell'intero testo della 1. n. 138 del 1984, avendo svolto le sue censure unicamente in relazione all'art. 5 della sud

detta legge, la relativa questione deve ritenersi inammissibile.

3. - Secondo la regione ricorrente, l'art. 5 1. n. 138 del 1984

prevede obblighi e divieti attinenti tanto all'assunzione di perso nale negli uffici e negli enti regionali, quanto all'organizzazione

degli stessi e allo stato giuridico dei dipendenti della regione stes sa. In tal modo tale articolo, sempre ad avviso della ricorrente, si porrebbe in contrasto con l'art. 3, lett. a), statuto Sardegna, che affida alla competenza esclusiva della regione la materia del

l'ordinamento degli uffici e degli enti regionali, oltreché dello stato

giuridico ed economico del personale. Tale contrasto, secondo la regione, sarebbe evidenziato sia dal rilievo che gli obblighi pre visti non rientrerebbero in nessuno dei limiti propri della compe tenza legislativa esclusiva, sia dalle disposizioni contenute nell'ul

timo comma del ricordato art. 5, il quale, nel disporre che le

norme previste dalla legge in questione abbiano valore di princi

pio e di indirizzo per le regioni a statuto speciale, mostrerebbe di degradare la competenza posseduta in proposito dalla regione in una concorrente.

Le censure prospettate dalla ricorrente si rivelano infondate sia

nelle premesse che nelle conclusioni.

La regione Sardegna basa il suo ricorso sulla supposizione che

l'accesso agli uffici regionali — che, secondo un costante orienta

mento giurisprudenziale, è una sub-materia rientrante nell'ordi

namento degli uffici (v., ad esempio, sent. nn. 101 del 1986, id.,

Rep. 1986, voce Sardegna, n. 15; 563 del 1988, id., Rep. 1988, voce Trentino-Alto Adige, n. 132 e n. 726 del 1988, id., 1989,

I, 1669) — coincida, seppure pro-parte, con la materia dell'«oc

cupazione». Questa premessa, tuttavia, non è corretta, poiché, come questa corte ha già precisato (sent. n. 190 del 1987, id., 1988, I, 361), la disciplina dell'occupazione (nel caso si trattava

di quella giovanile, regolata dalla 1. n. 283 del 1977) coinvolge

più materie, molte delle quali sono di spettanza dello Stato e al

cune di competenza regionale. Non si può negare, infatti, che

l'obiettivo dell'inserimento di persone nel mondo del lavoro può essere perseguito soltanto attraverso la disciplina di diversi settori — quali, ad esempio, l'istruzione scolastica, il mercato del lavoro e il collocamento, il pensionamento, la politica del mercato, dei

prezzi e dei vari comparti produttivi (industria, servizi, ecc.) —

i quali rientrano sicuramente nell'ambito delle competenze stata

li. In pari tempo è innegabile che il perseguimento del medesimo

obiettivo coinvolga materie d'indubbia spettanza regionale, qua li, ad esempio, la formazione professionale, l'organizzazione de

gli uffici regionali e la regolazione dell'accesso ai medesimi uffici

e, inoltre, le politiche locali riguardanti i vari settori materiali

affidati alle regioni (agricoltura, artigianato, sanità, turismo, ecc.). Da ciò deriva chiaramente che l'occupazione è qualcosa che

trascende le singole materie sopra elencate e che una legislazione che ne persegua le relative finalità può coinvolgere vari settori, anche di competenza regionale, orientandone o, in determinati

casi, vincolandone gli indirizzi verso gli obiettivi superiori, propri di una politica occupazionale.

4. - Non è senza significato che a questo tipo di ripartizione delle competenze corrisponde, al livello dei principi costituziona

li, un sistema di valori orientato nel medesimo senso.

L'art. 4 Cost., nel riconoscere a tutti i cittadini il «diritto al

lavoro», affida il compito di promuovere le condizioni che ne

rendano effettivo il godimento alla repubblica, vale a dire al com

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