sentenza 3 marzo 1989, n. 80 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.Saja, Est. Baldassarre; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta) c. Regione Marche (Avv.Capotosti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1990), pp. 391/392-401/402Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184498 .
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PARTE PRIMA
dura selettiva unitaria in modo da collocare quei dipendenti solo
apparentemente su di un piano di parità con gli altri.
In proposito va osservato che — a parte l'impossibilità di de
durre l'esistenza dell'intento di privilegiare alcuni dipendenti, in
dividuabili a priori, dal fatto che il legislatore regionale, nel suo
discrezionale apprezzamento, abbia ritenuto di attribuire maggio re importanza ai titoli di servizio prestato presso la regione ri
spetto ad altri titoli — il parametro attraverso la cui violazione
si manifesterebbe il contrasto con l'art. 97 Cost., e cioè il princi
pio della trasparenza richiamato dall'art. 4 della legge-quadro sul
pubblico impiego, è inconferente perché tale principio riguarda, nell'enunciazione normativa, esclusivamente il trattamento eco
nomico. Non risultando dunque pertinente il richiamo della nor
ma interposta, non sussiste alcun contrasto con il parametro co
stituzionale invocato.
Anche il riferimento all'art. 51 Cost, è nella specie inappro
priato, perché il precetto invocato riguarda l'accesso agli impie
ghi pubblici e non la materia dei successivi inquadramenti (v. sent. nn. 331 del 1988, id., 1989, I, 2675, e 217 del 1987, id.,
Rep. 1987, voce cit., n. Ili), cui si riferisce il presente giudizio. Per quel che concerne l'ultimo profilo della questione, riferito
agli art. 3, 1° comma, e 97, 1° comma, Cost., in relazione al
principio di omogeneizzazione e perequazione delle posizioni giu ridiche nell'ambito del pubblico impiego, di cui all'art. 4 della
ricordata legge-quadro (con asserita ulteriore violazione dell'art.
117 Cost.), a prescindere dalla genericità con cui il contrasto vie
ne in tal modo denunciato, va in ogni caso rilevato che i principi
dell'eguaglianza e della ragionevolezza, nonché quello dell'impar zialità dell'azione amministrativa, non possono ritenersi, contra
riamente a quanto si assume nell'ordinanza di remissione, violati: non appare, infatti, ingiustificatamente discriminatorio che il le
gislatore regionale, alla stregua del succedersi nel tempo delle va
rie normative nella materia del personale, abbia ritenuto di pre vedere, per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, il sistema
della doppia graduatoria, accordando cosi l'esclusiva, ai fini del
la formazione della prima, ai titoli di servizio prestato nella re
gione, denotando essi, indubbiamente, una specifica idoneità alle
funzioni da conferire. In tal modo è stata prevista la valutazione
dei servizi svolti dai direttori, dirigenti di settore e coordinatori, nell'esercizio di funzioni certamente indicative di tale idoneità, con la conseguenza di doversi compiere un accertamento sulla
base di situazioni già esistenti, sperimentate e consolidate in virtù
di norme precise confermate nel tempo. 3. - Non fondata è anche la seconda questione di legittimità
costituzionale dello stesso art. 27, 2° e 5° comma, in riferimento, oltre ai già considerati parametri costituzionali, e cioè agli art.
3, 51, 97 e 117 Cost, (quest'ultimo in relazione alla norma inter
posta, costituita dall'art. 4 della legge-quadro sul pubblico impie
go), anche agli art. 35, 1° comma, e 36, 1° comma, Cost.
Nonostante la dovizia dei parametri costituzionali invocati, an
che questa questione sembra essenzialmente incentrarsi nella vio lazione dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza, per una asserita esorbitanza — in relazione alla valutazione dei servizi — dei punteggi previsti per quelli prestati presso gli uffici centrali
rispetto a quelli prestati presso gli uffici periferici che, secondo il giudice a quo, sarebbero invece tra loro omogenei o comunque non eterogenei come il legislatore vorrebbe far apparire.
Come opportunamente precisato nella memoria difensiva della
regione, la differenziazione, fondata sull'elemento spaziale, non
può ritenersi affidata ad un dato meramente estrinseco rispetto alla natura dei servizi, ove si tenga conto della diversità di strut
tura, quale emerge dall'esame della legislazione regionale vigente,
degli uffici periferici rispetto a quelli centrali, il che denota l'in
trinseca diversificazione delle funzioni. Al riguardo è stata richia mata: la collocazione quali dirigenti d'ufficio (cioè nella terza
qualifica, dopo quelle di direttore e di dirigente di settore) dei
dirigenti preposti agli uffici periferici (in virtù delle tabelle di in quadramento del 1973); la progressiva diminuzione, nel succeder
si delle varie leggi regionali, dei compiti di detti uffici; la caratte rizzazione di precarietà e residualità ad essi conferita dalla prima legge regionale di organizzazione (1. n. 27 del 1978) e la sovraor dinazione delle strutture centrali rispetto a detti uffici; la diversa
composizione, dal punto di vista degli organici, delle strutture
periferiche con l'assegnazione di contingenti di personale sopran numerario il che, a livello dirigenziale, ha comportato a volte una minore intensità di compiti assegnati a ciascuno, altre volte il mancato espletamento da parte di alcuni di essi delle funzioni
Il Foro Italiano — 1990.
corrispondenti alla qualifica, là dove tutti i dirigenti assegnati all'interno delle strutture centrali (settori) dovevano svolgere o
compiti di direzione di un ufficio, o compiti attinenti alla titolari
tà di incarichi specifici (art. 12, 13 e 15 1. reg. n. 27 del 1978), rispetto ai dirigenti in servizio presso gli uffici periferici (struttu ra inferiore al settore) dove l'incarico specifico non è stato previ sto, essendo l'unica funzione a livello dirigenziale quella corri
spondente alla direzione dell'ufficio.
La sussistenza delle peculiarità dei servizi prestati presso gli uffici centrali, rispetto a quelli periferici, esclude la denunciata
irragionevolezza della prevista maggiore valutabilità dei primi, che
appare invece giustificata dall'obiettiva diversità delle situazioni
prese in esame.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate
le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 27, 2°, 5°, 6°, 10° e 16° comma, 1. reg. Liguria 27 agosto 1984 n. 44 (disposi zioni sullo stato giuridico ed economico dei dipendenti regionali e norme sull'ordinamento degli uffici), sollevate, in riferimento
agli art. 3, 1° comma, 35, 1° comma, 36, 1° comma, 51, 1°
comma, 97, 1° comma e 117 Cost., dal Tar della Lugiria con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 80 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.
Saja, Est. Baldassarre; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Laporta) c. Regione Marche (Avv. Capotosti).
Regione — Legge regionale riapprovata a seguito di rinvio con
accoglimento delle censure prospettate — Secondo rinvio da
parte del governo — Nuova riaprovazione da parte del consi
glio regionale — Sanatoria dei vizi del secondo rinvio — Am
missibilità del ricorso in via principale (Cost., art. 127).
Regione — Marche — Edilizia residenziale — Contributi regio nali — Riduzione del costo dei mutui — Violazione del limite
stabilito con legge statale — Incostituzionalità (Cost., art. 117;
d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui al
l'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 109).
Nell'ipotesi di illegittima reiterazione del rinvio governativo, in
quanto rivolto contro le leggi regionali «non nuove», la regio ne può sollevare conflitto di attribuzione nei confronti dello
Stato, per far valere la menomazione della propria competenza
legislativa, mentre una nuova riapprovazione della stessa legge produce l'effetto di sanare i vizi relativi al secondo rinvio, e contro di essa è, pertanto, ammissibile ricorso di legittimità costituzionale in via principale. (1)
È illegittima, per violazione dell'art. 117 Cost., in relazione al l'art. 109, 3° comma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, la l. reg. Marche 13 maggio 1988, nella parte in cui determina la conces sione di contributi regionali a favore dell'edilizia residenziale
comportanti per i mutuatari una riduzione del costo dei mutui del 60% rispetto al tasso di riferimento in vigore al momento
della stipula del mutuo edilizio, in tal modo non garantendo il rispetto dei tassi agevolati minimi stabiliti dai provvedimenti statali per il settore. (2)
(1-4) Quanto alla prima e alla terza massima, la corte segna con la
presente decisione un'ulteriore tappa nella definizione del rapporto tra rinvio governativo di legge regionale, riapprovazione da parte del consi
glio regionale e motivi di ricorso alla Corte costituzionale, indicando le circostanze nelle quali la legge riapprovata può considerarsi «nuova» e consentire perciò una reiterazione del rinvio anziché il ricorso immediato. Da segnalare inoltre l'affermazione, contenuta nella seconda decisione in rassegna, secondo cui la riapprovazione da parte del consiglio regiona le della legge rinviata deve avvenire in ogni caso con la maggioranza asso luta, e quindi anche allorché la regione intenda conformarsi ai motivi del rinvio. In assenza di una maggioranza siffatta, il presidente della giunta regionale dovrà dichiarare la legge stessa «non approvata»: se viceversa sollevasse conflitto di attribuzioni, come nella presente ipotesi, contro
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1989, n. 79 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1989, n. 10); Pres.
Saja, Est. Baldassarre; Regione Friuli-Venezia Giulia (Aw.
Pacia) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Bruno). Con
flitto di attribuzioni.
Regione — Legge regionale — Riapprovazione a seguito di rinvio
governativo — Maggioranza semplice — Reiterazione del rin
vio — Conflitto di attribuzione — Inammissibilità (Cost., art.
127).
È inammissibile, per mancanza di interesse della ricorrente, il con
flitto di attribuzioni sollevato da una regione nei confronti del
lo Stato ed avente ad oggetto la reiterazione di un rinvio di
legge regionale al consiglio regionale allorché la riapprovazione della legge avvenuta a seguito del primo rinvio, pur accoglien do i motivi in esso indicati, sia avvenuta a maggioranza relati
va anziché assoluta (in motivazione si afferma che la riappro vazione a seguito di rinvio governativo deve sempre avvenire
a maggioranza assoluta). (3)
III
CORTE COSTITIZIONALE; ordinanza 3 marzo 1988, n. 261
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 marzo 1988, n. 11); Pres. Saja, Est. Pescatore; Cavada c. Provincia autonoma
di Trento. Ord. Cons. Stato, sez. IV, 20 dicembre 1983 (G.U. n. 321 del 1984).
Trentino-Alto Adige — Provincia di Trento — Edilizia residen
ziale — Agevolazioni — Proprietari di abitazioni con reddito
superiore a lire 400.000 — Esclusione — Scelte discrezionali
del legislatore — Questione manifestamente inammissibile di
costituzionalità (Cost., art. 3; 1. prov. Trento 3 settembre 1977
n. 24, norme in materia di edilizia abitativa e agevolata, art.
28; 1. prov. Trento 6 giugno 1983 n. 16, disciplina degli inter
venti provinciali in matèria di edilizia abitativa, art. 99).
È manifestamente inammissibile, in quanto implica scelte discre
zionali riservate al legislatore, la questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 28, 2° comma, l. prov. Trento 3 settembre
1977 n. 24, nella parte in cui esclude dalle agevolazioni edilizie
previste dalla provincia autonoma di Trento i proprietari di
una o più abitazioni che consentano un reddito annuo superio re a lire 400.000, in riferimento all'art. 3 Cost. (4)
il rinvio governativo, tale conflitto sarebbe dichiarato inammissibile per carenza di interesse. Quid iuris, invece, qualora il presidente promulghi ugualmente la legge, ancorché approvata a maggioranza relativa, nella
convinzione che tale riapprovazione riguardi un testo «nuovo»? In tali
casi sembrerebbe prospettabile una doppia soluzione, la cui scelta sarebbe
affidata alla discrezionalità del governo: il quale potrebbe o ricorrere in
sede di legittimità costituzionale in via principale per vizi formali della
legge, ovvero impugnare la promulgazione del presidente della regione in sede di conflitto di attribuzioni.
Per la ricostruzione sistematica che le due decisioni offrono, esse sem brano voler segnare un punto fermo anche per la giurisprudenza futura.
Per quella precedente, v. Corte cost. 11 febbraio 1988, n. 158 (Foro it.,
1988, I, 2524, con nota di richiami, commentata da R. Tosi, Nuove solu
zioni e nuovi problemi in tema di rinvio di leggi regionali riapprovate, in Regioni 1988, 691 ss.); la quale aveva sostanzialmente rovesciato la
tendenza inaugurata con la decisione 20 gennaio 1977, n. 40, Foro it.,
1977, I, 766, con nota di richiami. Sul complesso di questa vicenda, cfr., in dottrina, da ultimo, Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, Bolo
gna, 1988, 239 ss. Relativamente alla giurisprudenza precedente, cfr., an
che per rilievi critici, Paiadin, Diritto regionale, Padova, 1985, 415 ss.
Relativamente alla seconda e quarta massima, invece, non si rinvengo no precedenti specifici.
L'ordinanza di remissione, relativa all'ord. n. 261/88, Cons. Stato, sez.
IV, 20 dicembre 1983, è massimata (con la data 9 aprile 1984) in Foro
it., Rep. 1984, voce Trentino-Alto Adige, n. 74. L'ordinanza della Corte
costituzionale è commentata da Santinello, in Regioni, 1988, 988.
In relazione ai mutui agevolati può vedersi Tar Lombardia, sez. Ili, 10 aprile 1987, n. 232, Foro it., Rep. 1987, voce Edilizia popolare, n.
105, che ha ribadito il divieto, per i soggetti i quali abbiano già usufruito
di mutuo agevolato, di assegnare in proprietà o in locazione alloggi eco
nomici e popolari costruiti con il concorso o il contributo dello stesso.
11 Foro Italiano — 1990.
I
Diritto. — 1. - Il ricorso del presidente del consiglio dei mini
stri indicato in epigrafe concerne la legge della regione Marche, dal titolo «finanziamento in materia di edilizia residenziale» riap
provata, a seguito di un rinvio governativo, il 13 maggio 1988.
Tale legge è impugnata in relazione al suo art. 1, 1° comma, il quale prevede la concessione da parte della regione di contribu
ti decennali costanti, tali da ridurre il costo dei mutui a carico
dei mutuatari in misura pari al 60% del tasso di riferimento in
vigore al momento del contratto definitivo di mutuo. Il ricorren
te sospetta che tale legge sia costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 117 Cost., come attuato dall'art. 109, 3° com
ma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, il quale, disponendo che la de
terminazione dei tassi minimi di interesse a carico dei beneficiari
in materia di crediti agevolati per l'edilizia pubblica è riservata
allo Stato nell'esercizio delle sue competenze di indirizzo e coor
dinamento (art. 3 1. 27 luglio 1975 n. 382), comporta il rispetto da parte dei provvedimenti regionali dei tassi minimi di interesse
fissati dallo Stato.
La regione Marche eccepisce pregiudizialmente che il ricorso
del presidente del consiglio dei ministri sia inammissibile, in quanto basato su un rinvio per il riesame, che, essendo stato reiterato
dopo che il consiglio aveva già riapprovato la legge senza conno
tarla come legge «nuova» ai sensi dell'art. 127 Cost., dovrebbe
esser viziato da un'invalidità insanabile o, comunque, non sanata
o «non accettata» dalla nuova riapprovazione della legge, in rela
zione alla quale il presidente del consiglio dei ministri ha presen tato ricorso per illegittimità costituzionale.
2. - L'eccezione di inammissibilità va respinta.
Dopo che nella seduta del 15 dicembre 1987 il consiglio regio nale delle Marche aveva approvato la legge sul finanziamento al
l'edilizia residenziale prevedendo la concessione di contributi re
gionali agli istituti di credito comportanti la riduzione del costo
dei mutui a carico dei mutuatari di cinque punti rispetto al tasso
di riferimento fissato dallo Stato, il 18 gennaio 1988 il governo ha rinviato una prima volta la legge osservando che la predetta
disposizione non garantiva, in relazione alle variazioni del tasso
di riferimento, il rispetto dei tassi minimi a carico dei beneficiari, determinati dallo Stato ai sensi dell'art. 109, 3° comma, d.p.r. n. 616 del 1977. Nella seduta del 1° marzo 1988 il consiglio regio nale delle Marche ha riapprovato la legge rinviata modificando
soltanto la disposizione censurata nel senso di prevedere che l'am
montare dei contributi regionali fosse determinato in modo da
ridurre il costo dei mutui a carico dei beneficiari in misura pari al 60% del tasso di riferimento in vigore al momento del contrat
to definitivo di mutuo. Il 2 aprile 1988 il governo ha rinviato
una seconda volta la stessa legge regionale, rilevando che anche
la nuova formulazione della disposizione censurata non garantiva il rispetto dei tassi minimi agevolati stabiliti dai provvedimenti statali per il settore edilizio. Avendo il consiglio regionale riap
provato a maggioranza assoluta e senza alcuna modificazione la
medesima legge nella seduta consiliare del 13 maggio 1988, il pre sidente del consiglio dei ministri ha presentato il ricorso di cui
è causa.
Alla luce degli eventi ora descritti, la difesa della regione Mar
In dottrina, v. Ruta, Legge Goria: mutui, casa e parità operativa dei
criteri fondiario ed edilizio, in Riv. bancaria, 1987, fase. 3, 69.
Relativamente alle competenze regionali in materia di edilizia residen
ziale pubblica, v. Corte cost. 30 giugno 1988, n. 727, Foro it.. Rep. 1988, voce Regione, n. 329, commentata da P. Santinello, Norme regionali in materia di edilizia abitativa tra riproduzione e novazione di norme
statali: ancora tre pronunzie della Corte costituzionale, in Regioni, 1989, 1024 ss.: la questione di costituzionalità era stata sollevata da Pret. Par
ma 14 febbraio 1986, Foro it., 1987, I, 2915, con nota di richiami. Nella
medesima materia, v. anche Tar Puglia, sez. Lecce, 17 novembre 1987, n. 1007, id., Rep. 1988, voce cit., n. 332.
Sull'art. 109 d.p.r. 616/77, v. Corte conti, sez. contr. enti, 19 maggio 1983, n. 1639, id., Rep. 1984, voce Credito industriale, n. 7, che ha af
fermato il principio secondo cui, in attesa che sia emanata la normativa
regionale concernente le agevolazioni creditizie alle imprese artigiane, dette
agevolazioni continuano ad essere concesse dall'ente a ciò preposto, e
cioè dalla cassa per il credito alle imprese artigiane. In precedenza v.
altresì, sempre con riferimento agli interventi a favore del settore artigia no ed al potere di indirizzo e coordinamento ad esso relativo, Corte cost.
29 luglio 1982, n. 150, id., 1983, I, 603, con nota di richiami.
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PARTE PRIMA
che eccepisce l'inammissibilità del ricorso, ritenendo che il rinvio
cui è seguita la riapprovazione della legge oggetto dell'attuale im
pugnazione deve considerarsi illegittimo, in quanto è stato reite
rato nonostante che la legge fosse stata precedentemente riappro vata con modifiche concernenti soltanto le norme incise dal pre cedente rinvio e non potesse, quindi, esser considerata come legge «nuova» ai sensi dell'art. 127 Cost. Tale illegittimità, ad avviso
della regione, potrebbe essere ancora eccepita nell'attuale giudi zio di costituzionalità, per il fatto che il rinvio reiterato dovrebbe
esser considerato come nullo-inesistente, in quanto emanato in
assoluta carenza di potere, oppure, ove dovesse essere ritenuto
invalido ma efficace, non si potrebbe considerare la successiva
riapprovazione regionale come una forma di acquiescenza tacita
0, comunque, come un atto in conseguenza del quale siano sanati
o risultino assorbiti i vizi del rinvio. Questa conseguenza non sa
rebbe possibile, secondo la regione, soprattutto perché il rinvio
costituirebbe l'atto iniziale di un sub-procedimento volto all'inte
grazione dell'efficacia della legge regionale, per cui i suoi vizi
ridonderebbero in vizi dell'intero sub-procedimento e della riap
provazione stessa, eccepibili nel corso del giudizio di illegittimità costituzionale avente ad oggetto quest'ultima. In ogni caso, con
clude la regione, l'asserita illegittimità del rinvio comporterebbe una decadenza del governo dal potere di impugnare la legge re
gionale per decorrenza dei termini, di modo che il ricorso do
vrebbe esser comunque dichiarato inammissibile.
3. - Le argomentazioni addotte dalla regione Marche non pos sono essere condivise.
Va, innanzitutto, respinta l'opinione secondo la quale l'atto
di rinvio illegittimamente reiterato sia affetto da vizi insanabili
e sempre eccepibili, in quanto dovrebbe esser considerato come
radicalmente nullo o inesistente perché emanato da un soggetto assolutamente carente di potere. Infatti, pur a voler tralasciare,
per il momento, ogni osservazione circa la natura e la funzione
dell'atto di rinvio nell'ambito del procedimento di formazione
della legge regionale, il vizio della reiterazione suppone che lo
stesso soggetto titolare del potere di rinvio eserciti tale potere
più volte di quanto gli sia consentito dalla Costituzione e, pertan
to, è un vizio logicamente inassociabile alla configurazione di un
esercizio di un potere da parte di un soggetto che ne sia assoluta
mente carente. Del resto, nel considerare la reiterazione del rin
vio governativo nei confronti della medesima legge come una vio
lazione dell'art. 127 Cost. (v. sent. nn. 158 del 1988, Foro it.,
1988, I, 2524; 79 del 1989, id., 1990, I, 393), questa corte ha
chiaramente supposto con le proprie pronunzie di essere in pre
senza, nell'ipotesi, di un atto invalido ma efficace (v. anche sent,
n. 154 del 1967, id., 1968, I, 568), di un atto, cioè, che impedisce l'immediata promulgazione della legge da parte del presidente re
gionale e che, tuttavia, può essere annullato dalla Corte costitu
zionale ove sia adita dalla regione attraverso la via del conflitto
di attribuzioni (v. sent. n. 8 del 1967, id., 1967, I, 692).
Egualmente non condivisibili sono le considerazioni che la re
gione Marche adduce sul pressuposto che l'atto di rinvio reiterato
sia semplicemente annullabile. Non si può, infatti, sostenere che
il rinvio sia l'atto iniziale dello stesso sub-procedimento che si
conclude con la riapprovazione regionale della legge rinviata, sic
ché nel giudizio sorto con l'impugnazione di quest'ultima sarebbe
possibile far valere i vizi dell'intero sub-procedimento, a partire da quelli del rinvio stesso. Se è vero, come questa corte ha più volte affermato (v. sent. nn. 147/72, id., 1972, I, 3330; 212/76,
id., 1977, I, 290; 107/83, id., 1983, I, 2661; 72/85, id., 1985, 1, 1606; 217/87, id., Rep. 1987, voce Regione, n. 135; 726/88,
1989,1, 1669), che il rinvio entra in un procedimento di controllo
unitario, nel senso che tra il rinvio e il ricorso (eventualmente
presentato) devono sussistere una sostanziale corrispondenza ai
motivi addotti e una medesima valutazione della contrarietà alla
Costituzione della legge censurata, ciò non può significare, tutta
via, che si tratti di un identico procedimento, nel quale, secondo
il proprio concetto, tutti gli atti cospirano al medesimo fine e
compartecipano alla stessa funzione. In altre parole, se, al pari del rinvio presidenziale delle leggi statali, quello governativo ri
guardante le leggi regionali è espressione di un potere diretto a
innescare una riflessione dell'organo deliberativo in relazione alle
osservazioni prospettate (v. sent. n. 158 del 1988), tuttavia, a dif
ferenza di quello, esso non proviene da un soggetto che compar
tecipa al procedimento, di formazione delle leggi, se pure con
un atto non deliberativo quale la promulgazione, ma proviene invece da un soggetto esterno a quel procedimento, che si pone
Il Foro Italiano — 1990.
in un rapporto di massima alterità rispetto alla regione (tanto che a lui non spetta la promulgazione e che ordinariamente, de
corsi trenta giorni dalla comunicazione della legge al commissa
rio del governo, il visto governativo si ha per apposto quand'an che non sia stato formalmente concesso).
Come questa corte ha già affermato (v. sent. n. 79 del 1989), il rinvio governativo è espressione di un potere di arresto, dotato
di effetti semplicemente sospensivi, che può essere superato dalla
regione soltanto con una riapprovazione della stessa legge a mag
gioranza assoluta, vale a dire con una contrapposizione regionale resa più solida da un consenso più forte di quello ordinariamente
richiesto per l'approvazione delle leggi. La funzione del rinvio
è, dunque, conchiusa nell'espressione di quel potere di blocco, il cui svolgimento costituisce un sub-procedimento a sé e nei cui
confronti l'intervento della rapprovazione della legge da parte del
consiglio regionale segna, come ha già precisato questa corte (v. sent. nn. 8 del 1967, id., 1967, I, 692; 158 del 1988; 79 del 1989 cit., e ord. n. 139 del 1986, id., Rep. 1987, voce Corte costituzio
nale, n. 27), il momento di esaurimento degli effetti suoi propri e il passaggio a una fase successiva.
Il sistema di termini perentori, brevi e certi, previsto dall'art.
127 Cost., mirando ad escludere il rischio di una litigiosità retro
spettiva tra le parti ed assegnando, quindi, al principio dell'affi
damento reciproco il ruolo di valore fondante e di criterio ispira tore del sistema stesso, impone la regola della non deducibilità
dei vizi del rinvio quando la regione, con il proprio comporta mento (riapprovazione), abbia reso attuale il passaggio a una fa
se procedimentale successiva.
Del resto, a ritenere il contrario, ne risulterebbe vanificato l'in
tero sistema dei controlli previsto dall'art. 127 Cost.: la riappro vazione appare, infatti, un atto utile solo se nell'eventuale succes
sivo giudizio di costituzionalità i vizi del rinvio sono considerati
irrilevanti, dato che, se il vizio del rinvio precludesse definitiva
mente una pronunzia di merito della Corte costituzionale, la riap
provazione risulterebbe superflua. 4. - Nel merito il ricorso va accolto.
L'art. 109, 3° comma, d.p.r. n. 616 del 1977, nello stabilire
che la determinazione dei tassi minimi di interesse a carico dei
beneficiari di crediti agevolati in materia di edilizia pubblica deb ba essere opera del governo nell'esercizio della sua funzione di
indirizzo e coordinamento, collega chiaramente tale potere alla
riserva allo Stato della manovra della massa monetaria naziona
le, vale a dire all'esercizio di una competenza di vitale importan za per la politica economica generale. Ciò comporta che, pur do
vendosi riconoscere alle regioni, a norma degli art. 94, ultimo
comma, e 109 d.p.r. n. 616 del 1977, un'incontestabile competen za in materia di agevolazioni di credito nel settore dell'edilizia
pubblica, questa non può venir esercitata in modo da interferire
con la funzione dello Stato volta, principalmente, ad evitare, at
traverso la fissazione dei tassi minimi di interesse agevolati a cari
co dei beneficiari, squilibri eccessivi nelle varie parti del territorio
nazionale.
Non v'è dubbio che, nel disporre nell'art. 1 del testo della leg
ge oggetto del primo rinvio governativo che la regione avrebbe
concesso agli istituti di credito contributi decennali costanti, tali
da ridurre il costo dei mutui a carico dei beneficiari ivi indicati
di cinque punti rispetto al tasso di riferimento, il legislatore re
gionale poneva una norma la quale non garantiva che fossero
in ogni caso rispettati i tassi minimi di interesse fissati dallo Sta
to, poiché, ancorando i contributi regionali, secondo un rapporto
fisso, unicamente alle variazioni del tasso di riferimento, non pre vedeva alcuna salvaguardia rispetto al possibile sfondamento in
basso dei tassi minimi di interesse a carico dei beneficiari di cre diti agevolati in materia di edilizia pubblica.
Nel modificare in sede di riapprovazione la disciplina contenu
ta nel testo originario della legge, il consiglio regionale ha mante
nuto l'ancoraggio della determinazione dei contributi regionali alle
variazioni del tasso di riferimento, sostituendo soltanto il mecca
nismo di abbattimento secco pari a cinque punti con uno, altret
tanto secco, pari al 60%. Nel disporre ciò, la regione, pertanto, ha conservato il sistema di determinazione dei contributi regiona li giustamente censurato dal governo in sede di rinvio, ma ne
ha modificato la quantificazione, prevedendo una misura percen tuale che oltretutto, come ha dimostrato l'avvocatura dello Sta
to, aggrava il rischio di sfondamento in basso dei tassi minimi
di interesse a carico dei beneficiari di crediti agevolati nel settore
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'edilizia pubblica, come determinati dai provvedimenti statali.
Per tali ragioni, poiché la legge impugnata non prevede alcuna
garanzia che i contributi regionali previsti all'art. 1 possano pro durre un abbassamento dei tassi minimi di interesse posti a carico
dei beneficiari dei mutui sopra ricordati al di sotto dei livelli in derogabilmente fissati dallo Stato, è evidente il suo contrasto con
l'art. 117 Cost., come attuato dall'art. 109, 3° comma, d.p.r. n. 616 del 1977.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della regione Marche, dal titolo «finan
ziamento in materia di edilizia residenziale», approvata il 15 di
cembre 1987 e riapprovata, a seguito del rinvio governativo, il
13 maggio 1988.
II
Diritto. — 1. - Il conflitto di attribuzione indicato in epigrafe è stato sollevato dalla regione Friuli-Venezia Giulia in relazione
a un atto di rinvio per il riesame che il governo ha effettuato,
per la seconda volta, nei confronti della legge intitolata «norme
in materia di riordinamento fondiario», sulla quale il consiglio
regionale aveva già deliberato dopo un precedente rinvio gover nativo. Poiché, secondo la ricostruzione fatta dalla ricorrente, la seconda votazione del consiglio regionale è avvenuta su un te
sto legislativo nel quale erano modificate soltanto le norme og
getto del primo rinvio, la regione ritiene che il governo abbia
reiterato l'atto di rinvio in contrasto con l'art. 29 dello statuto
speciale per il Friuli-Venezia Giulia (1. cost. 31 gennaio 1963 n.
1), il quale riproduce sostanzialmente il meccanismo di controllo
sulle legge regionali previsto dall'art. 127 Cost. Su tale base, la
stessa regione chiede che la corte dichiari che non spetta al gover no reiterare il rinvio per il riesame di una stessa legge e, di conse
guenza, annulli il secondo rinvio effettuato dal governo. 2. - Con la sent. n. 158 del 1988 (Foro it., 1988, I, 2524),
questa corte ha affermato che il sistema di controllo delle leggi
regionali previsto dall'art. 127 Cost, (e, quindi, anche quello, iden
tico, contenuto nell'art. 29 dello statuto friulano) non permette che il governo possa reiterare il rinvio di una stessa legge al con
siglio regionale perché ne riesamini il contenuto alla luce delle
censure ad esso formulate. Il divieto di reiterazione si desume
chiaramente tanto dalla lettura delle norme costituzionali che re
golano il rinvio, quanto dai principi ispiratori sottesi all'intero
meccanismo di controllo ivi previsto. Gli art. 127 Cost, e 29 dello statuto friulano stabiliscono, in
fatti, che, nel caso di rinvio di una legge regionale, «ove il consi
glio regionale la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei
suoi componenti», la legge stessa è promulgata, se, entro quindi ci giorni dalla nuova comunicazione, il governo della repubblica non promuova la questione di legittimità davanti alla Corte costi
tuzionale o quella di merito, per contrasto di interessi, davanti
alle camere. Ancor più chiaramente, l'art. 31 1. 11 marzo 1953
n. 87, nell'interpretare le predette norme costituzionali, stabilisce
che il ricorso di costituzionalità può esser proposto dal governo entro il termine di quindici giorni da quando gli è stato comuni
cato «che la legge è stata per la seconda volta approvata dal con
siglio regionale».
Questa interpretazione letterale è confermata da una valutazio
ne dell'istituto del rinvio per il riesame nell'ambito del complessi vo sistema di controllo previsto dall'art. 127 Cost, (e dall'art.
29 dello statuto friulano). Se è vero, come questa corte ha più volte affermato, che il
rinvio entra in un procedimento di controllo unitario, nel senso
che tra il rinvio e il ricorso deve sussistere una sostanziale corri
spondenza dei motivi addotti e, quindi, una medesima valutazio
ne della contrarietà della legge alla Costituzione (v. sent. nn. 147
del 1972, id., 1972, I, 3330; 212 del 1976, id., 1977, I, 290; 107 del 1983, id., 1983, I, 2661; 72 del 1985, id., 1985, I, 1606; 217 del 1987, id., Rep. 1987, voce Regione, n. 135; e 726 del 1988, id., 1989, I, 1669), è pur vero che quella del rinvio costituisce
una fase procedimentale dotata di caratteri suoi propri e distinta,
quanto a funzione, dalle altre fasi del controllo, nel senso che
è semplicemente diretto a produrre effetti sospensivi in relazione
alla promulgazione della legge regionale sottoposta al controllo.
Come esercizio di un potere volto a innescare un momento di
Il Foro Italiano — 1990.
riflessione del legislatore regionale in ordine ai rilievi formulati, il rinvio si esaurisce nella posizione di un vincolo al consiglio
regionale di riconsiderare la legge che ne è stata oggetto (sempre
ché, ovviamente, intenda proseguire l'iter legislativo), vincolo che
può essere rimosso ove il consiglio stesso riapprovi, ai sensi del
l'art. 127 Cost, (e dell'art. 29 dello statuto friulano), la medesima
legge. In tal caso, il governo non può esercitare di nuovo il pote re di rinvio, che ha già consumato, ma, ove ritenga che la regione non si sia conformata ai propri rilievi, può soltanto passare alla
seconda fase del controllo, promuovendo, con un ricorso alla Corte
costituzionale (o, nel caso di contrasto d'interessi, al parlamen
to), l'accertamento definitivo sulla fondatezza delle censure ini
zialmente formulate nel rinvio e sviluppate, poi, nel ricorso. Il
sistema di termini brevi e certi, fissati direttamente dalla Costitu
zione tanto per il rinvio (trenta giorni) quanto per il ricorso (quin dici giorni), testimonia la volontà del costituente di concepire l'atto
di rinvio come esercizio di un potere non ripetibile, volto a pro durre una sospensione dell 'iter legislativo non protraibile per lun
go tempo ad arbitrio di una o di ambedue le parti coinvolte nel
relativo sub-procedimento. 3. - Il divieto di reiterazione del rinvio opera soltanto sulla
premessa che oggetto della seconda approvazione compiuta dal
consiglio regionale sia la stessa legge precedentemente rinviata.
Quando, invece, il legislatore regionale decida, nel rispetto delle
norme del proprio regolamento consiliare, di deliberare una legge
nuova, ancorché contenente parti identiche a quella colpita dal
rinvio, il divieto non opera più e il governo può esercitare ancora
il proprio potere di rinvio «per il semplice fatto che si tratta pro
priamente, non già di una reiterazione dello stesso, ma piuttosto di quell'unico e legittimo rinvio, che, ove lo si ritenesse vietato,
porterebbe al risultato di conferire alla regione la possibilità di
formulare disposizioni legislative ingiustificatamente immuni dal
controllo governativo» (sent. n. 158 del 1988). Nel definire, in relazione al problema ricordato, i criteri per
decidere in quali casi si sia in presenza di una stessa legge ovvero
di una legge nuova, questa corte ha via via messo a punto la
propria interpretazione dell'art. 12 Cost., in stretta correlazione
con le prassi effettivamente instauratesi nell'applicazione delle nor
me costituzionali sul rinvio e, in particolare, con i problemi (e,
talora, gli abusi) che ne sono conseguiti in ordine al rispetto pie no e sostanziale delle stesse norme costituzionali.
In un primo tempo, la corte si è orientata nel senso di conside
rare come «nuove» soltanto le leggi contenenti modifiche sostan
ziali al testo originario, in modo da ritenere di essere in presenza della stessa legge anche quando questa fosse stata leggermente modificata in sede di riapprovazione (v. sent. n. 132 del 1975,
id., 1975,1, 2175, e 9 del 1976, id., 1976,1, 267). Successivamen te, però, riflettendo sulla labilità e sull'equivocità della linea di
confine tra modificazioni sostanziali e modificazioni marginali (ol treché di altre analoghe), la corte ha tentato di porre fine alle
numerose contestazioni e alle discutibili prassi allora instauratesi
adottando un criterio di definizione rigido, tale da escludere il
benché minimo spazio di discrezionalità, consistente nel conside
rare come «non nuova» soltanto la legge che fosse stata riappro vata dal consiglio regionale «nel medesimo identico testo che ave
va formato oggetto della prima deliberazione e del successivo rin
vio» (sent. n. 40 del 1977, id., 1977,1, 766). In tal modo, qualsiasi modifica apportata dal consiglio regionale nel corso della secon
da approvazione, anche se del tutto marginale o semplicemente formale e anche se operata al solo fine di conformarsi alle osser
vazioni governative, avrebbe portato a considerare la legge come
«nuova» e, quindi, potenzialmente soggetta a rinvio.
Tuttavia, anche in presenza di un criterio del genere, non sono
mancati consistenti fenomeni che hanno suscitato gravi perplessi tà. In particolare, l'insistita prassi dei c.d. rinvii plurimi ha pro dotto tanto una sostanziale elusione delle norme e dei termini
stabiliti dalla Costituzione, quanto un pratico stravolgimento del
significato costituzionale dell'istituto del rinvio per riesame. La
funzione di quest'ultimo, consistente nell'innesco di una fase di
riflessione del legislatore regionale in ordine alle osservazioni go
vernative, è risultata praticamente vanificata dalla rigida alterna
tiva che, di fronte a un rinvio, si poneva, grazie anche al criterio
formale adottato per definire una legge come «nuova», al consi
glio regionale: riapprovare la legge nel suo testo originario per resistere al governo senza prendere in alcuna considerazione le
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PARTE PRIMA
sue osservazioni oppure dare inizio a una serie di modifiche par ziali e di rinvii che alla lunga avrebbe portato a un testo in qual che modo «concordato» con l'organo di controllo.
In ragione di ciò, la corte, con la sent. n. 158 del 1988, ha
corretto i criteri precedentemente enunciati, ritenendo di conside
rare come identica o «non-nuova», ai fini dell'applicazione del
l'art. 127 Cost., non solo la legge cui non fosse stata apportata alcuna modifica in sede di riapprovazione, ma anche quella le
cui modifiche non fossero tali da comportare un mutamento del
proprio significato normativo. In tale valutazione, ha precisato la corte nella stessa occasione, vanno comunque considerate inin
fluenti sia le modifiche relative a parti esterne al contenuto dispo sitivo della legge (ad esempio, la disciplina della vocatìo legis o
delle clausole d'urgenza), sia le modifiche attinenti alle norme
di copertura finanziaria che si siano rese necessarie a causa del
tempo trascorso tra la prima e la seconda deliberazione del consi
glio regionale (ad esempio, imputazione delle spese al bilancio
dell'anno successivo a quello relativo alla prima stesura), sia le
modifiche concernenti le norme incise dalle censure formulate dal
governo. Queste ultime, in particolare, non possono essere consi
derate rilevanti al fine di ritenere una legge come «nuova», poi
ché, come si è già precisato, il sistema di termini brevi e certi
stabiliti dalla Costituzione sta ad attestare che la funzione del
rinvio consiste nel sospendere la promulgazione al fine di stimol
re una pronta conformazione della legge o, quantomeno, una ri
flessione sulla compatibilità della stessa rispetto ai parametri di
legittimità (o di merito) invocati, compatibilità sulla quale, in ca
so di contrasto tra governo e regioni, è giudice definitivo la Corte
costituzionale (o il parlamento). 4. - Nell'interpretare la posizione della corte, l'avvocatura del
lo Stato ritiene che, sulla sua base, occorrerebbe considerare co
me determinante, al fine di stabilire se la legge adottata in secon
da votazione sia «nuova», l'atteggiamento o, persino, l'intenzio
ne imputabile al consiglio regionale in sede di riesame della legge stessa.
Ma cosi non è, poiché, come è stato appena ribadito, determi
nante è il dato obiettivo relativo alla natura e all'oggetto delle
modifiche apportate. Infatti, contrariamente a quanto suppone l'avvocatura dello Stato, è il contenuto effettivo della delibera
zione l'elemento decisivo per la valutazione della «novità» della
legge, e non già la maggioranza adottata o la votazione dell'ina
missibilità degli emendamenti diretti a modificare le parti della
legge non censurata dal rinvio. Pertanto, è in relazione ad esso
che occorre valutare la legittimità della maggioranza adottata, e
non viceversa. E se cosi non fosse, del resto, considerata l'impos sibilità di rinvenire, nel caso, criteri di identità della legge di na
tura procedurale o meramente formale, si perverrebbe all'inam
missibile risultato di riconoscere all'autore dell'atto da sottoporre al controllo il potere di determinare di volta in volta le possibili forme di controllo (rinvio o ricorso) sulla base di una supposta libertà di qualificare, in sede di riapprovazione, in un modo o
nell'altro la legge rinviata.
5. - Alla luce dei principi posti dalla giurisprudenza costituzio
nale e ribaditi nei punti precedenti, se si guarda soltanto al conte
nuto normativo delle modifiche apportate dal consiglio regionale friulano nel corso della nuova deliberazione della legge sul riordi
no fondiario, si dovrebbe concludere che quelle modifiche non
presentavano caratteri tali da indurre a ritenere che si trattasse
di una legge «nuova». Il testo originario, infatti, è stato modifi
cato dal consiglio regionale soltanto in relazione a norme incise
dalle censure contenute nel (primo) rinvio governativo, e non in
relazione ad altre. Né rileva verificare se il legislatore regionale,
operando tali modifiche, si sia effettivamente adeguato ai rilievi
governativi o abbia tralasciato di considerare alcune osservazioni
dell'organo di controllo, poiché ciò che è decisivo per qualificare una legge come «non nuova» è il fatto che il consiglio regionale non abbia modificato, come nel caso non ha modificato, norme
diverse da quelle incise dal rinvio. È pertanto ininfluente, ai fini
della risoluzione del problema, tanto l'osservazione dell'avvoca
tura dello Stato per la quale il legislatore regionale non si sarebbe
adeguato ai dubbi di costituzionalità espressi dal rinvio in rela
zione agli art. 9, 2° comma, 42, 43 e 44 Cost., quanto l'osserva
zione della regione, peraltro in sé corretta, secondo la quale quei rilievi non costituiscono vere e proprie censure, mancando in essi
qualsiasi riferimento alle disposizioni della legge rinviata che il
governo assumeva come contrastanti con quei parametri. Ciò nonostante, poiché la nuova deliberazione del consiglio re
II Foro Italiano — 1990.
gionale sulla legge rinviata è avvenuta a maggioranza semplice, e non già a maggioranza assoluta dei componenti, come prescrive invece l'art. 29 dello statuto friulano (oltreché l'art. 127 Cost.), la legge non può considerarsi (ri-)approvata.
Non può, infatti, sostenersi, contrariamente a quanto afferma
la regione ricorrente, che, quando il consiglio regionale intenda
conformarsi ai rilievi governativi, sia sufficiente, perché la legge
possa esser considerata riapprovata, la maggioranza semplice. Nella
configurazione che ne dà la Costituzione, il rinvio è delineato
come un vero e proprio veto sospensivo, che il governo può, mo
tivatamente apporre, prima della promulgazione della legge, a tu
tela di interessi o di valori superiori. In altre parole, con l'atto
di rinvio per il riesame il governo non formula semplici consigli od osservazioni che il legislatore regionale può superare con la
riapprovazione della legge a maggioranza semplice (cioè con la
stessa maggioranza necessaria alla sua deliberazione ordinaria), ma esercita, piuttosto, un potere di blocco, se pure non definiti
vo, nei confronti dell'intera legge, che il consiglio regionale può rimuovere soltanto con la maggioranza assoluta dei propri com
ponenti, cioè con un rafforzamento del consenso necessario per la comune approvazione delle leggi (e salva sempre la possibilità del governo di adire la Corte costituzionale o il parlamento). Poi
ché, dunque, tale maggioranza è richiesta al mero fine di supera re il veto sospensivo espresso con il rinvio e in nessun modo co
stituisce un requisito logicamente collegato all'atteggiamento so
stanziale che il consiglio regionale intende tenere di fronte alle
censure mossegli, essa deve sussistere in ogni caso in cui la secon
da deliberazione sulla legge rinviata abbia obiettivamente il valo
re di una riapporvazione dello stesso atto legislativo (v. anche
sent. nn. 8 del 1967, id., 1967, I, 692; 92 del 1976, id., 1976,
I, 1971; 153 del 1976, ibid., 2769 e 235 del 1976, id., 1977, I, 542). Per tali ragioni, dal momento che la legge rinviata andava og
gettivamente considerata come «non-nuova» e dal momento che
nella deliberazione successiva al (primo) rinvio non è stata rag
giunta la maggioranza assoluta dei componenti del consiglio re
gionale, il presidente di quest'ultimo collegio avrebbe dovuto di
chiarare la legge stessa «non approvata», ai sensi dell'art. 29, 2° comma, dello statuto friulano. In ogni caso, in seguito alla
suddetta deliberazione la legge non può essere considerata come
promulgabile e, conseguentemente, il ricorso per conflitto di at
tribuzioni presentato dalla regione Friuli-Venezia Giulia va di
chiarato inammissibile per mancanza di interesse della ricorrente.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi
le il conflitto di attribuzione in relazione al secondo atto di rinvio
governativo della 1. reg. Friuli-Venezia Giulia dal titolo «norme
in materia di riordinamento fondiario», riapprovata il 10 feb
braio 1988, in riferimento all'art. 29 del suo statuto (1. cost. 31
gennaio 1963 n. 1), proposto dalla suddetta regione con il ricorso
indicato in epigrafe.
Ili
Ritenuto che con ordinanza in data 20 dicembre 1983 il Consi
glio di Stato ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questio ne di legittimità costituzionale dell'art. 28, 2° comma, 1. prov. Trento 3 settembre 1977 n. 24 (integrativo dell'art. 3, 2° comma, lett. b, 1. prov. 20 agosto 1971 n. 10), nella parte in cui esclude
dalle agevolazioni per l'accesso all'abitazione chi disponga di una
o più abitazioni che consentano un reddito annuo superiore a
lire 400.000; considerando che, ad avviso del giudice a quo, la norma impu
gnata comporta un'ingiustificata discriminazione tra i percettori di reddito, anche solo potenziale, derivante dalla locazione di al
loggi non utilizzabili direttamente e i percettori di reddito di qual
sivoglia altra natura; che peraltro, avuto riguardo alla materia, risulta di per sé non
irragionevole l'esclusione delle agevolazioni di coloro che già di
spongono di una o più agevolazioni; che se questione può porsi in ordine alle specifiche condizioni
in presenza delle quali opera l'esclusione, si incorre in apprezza menti di merito rientranti nella discrezionalità legislativa;
che la disciplina impugnata è stata per l'appunto già riformata
con 1. prov. 6 giugno 1983 n. 16, con la quale si è fatto ricorso
(vedasi l'art. 99, 1° comma, lett. d) a nuovi indici per determina
re le condizioni patrimoniali in presenza delle quali non si può accedere alle speciali agevolazioni.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale;
per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del l'art. 28, 2° comma, 1. prov. Trento 3 settembre 1977 n. 24 («nor me in materia di edilizia abitativa e agevolata»), integrativo dell'art.
3, 2° comma, lett. b), 1. prov. Trento 20 agosto 1971 n. 10, solle
vata, in riferimento all'art. 3 Cost., con l'ordinanza in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 ottobre 1988, n. 998
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 novembre 1988, n. 44); Pres. Saja, Est. Baldassarre; Regione Sardegna (Avv. Mer
curi) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Favara).
Impiegato dello Stato e pubblico — Sardegna — Inquadramento dei dipendenti regionali — Disciplina stabilita con legge statale — Questioni inammissibile e infondata di costituzionalità (L. cost. 26 febbraio 1948 n. 3, statuto speciale per la Sardegna, art. 3; 1. 1° giugno 1977 n. 285, provvedimenti per l'occupazio ne giovanile; 1. 16 maggio 1984 n. 138, mobilità e sistemazione
definitiva del personale risultato idoneo agli esami di cui al
l'art. 26 d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, convertito in legge, con
modificazioni, dalla 1. 29 febbraio 1980 n. 33).
È inammissibile, per assoluta carenza di motivazione, la questio ne di legittimità costituzionale della l. 16 maggio 1984 n. 138, con la quale si è disciplinata la definitiva sistemazione presso l'amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autono
mo, del personale assunto a contratto in base alla 1.1° giugno 1977 n. 285 e risultato successivamente idoneo agli esami per l'ammissione nei ruoli statali, in riferimento all'art. 3, lett. a), statuto speciale della regione Sardegna. (1)
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, 1° ed ultimo comma, l. 16 maggio 1984 n. 138, nella parte in cui stabilisce una serie di obblighi e divieti attinenti all'as
sunzione di personale negli uffici e negli enti regionali, nonché
all'organizzazione degli stessi e allo stato giuridico ed economi
co del personale, in riferimento all'art. 3, lett. a), statuto spe ciale della regione Sardegna. (2)
Diritto. — 1. - La regione Sardegna ha impugnato la 1. 16
maggio 1984 n. 138, intitolata «mobilità e sistemazione definitiva
del personale risultato idoneo agli esami di cui all'art. 26 d.l.
30 dicembre 1979 n. 633, convertito in legge, con modificazioni, dalla 1. 29 febbraio 1980 n. 33», sospettando d'incostituzionalità
il suo intero testo e, in particolare, l'art. 5, 1° e ultimo comma, per contrasto con l'art. 3, lett. a), dello statuto speciale della
(1-2) Analoga questione di costituzionalità relativa all'art. 5 1. 138/84 sollevata dalla regione Lombardia per presunto contrasto con gli art. 97, 117 e 123 Cost., era già stata dichiarata manifestamente inammissibile
(per tardivo deposito del ricorso) da Corte cost. 26 marzo 1986, n. 70, Foro it., Rep. 1987, voce Regione, n. 123.
In precedenza, v. Corte cost. 30 giugno 1988, n. 726, id., 1989, I, 1669 e commentata da Murgia, In tema di eccezioni alla regola dell'ac cesso agli impieghi pubblici in base a concorso, disposte con legge regio nale, in Regioni, 1989, 974, con cui la corte aveva ritenuto riferibile an che alla legge regionale la disposizione contenuta nell'art. 20 1. 29 marzo 1983 n. 93, con la quale il legislatore statale ha disposto che i casi di assunzione obbligatoria in deroga alla regola del pubblico concorso deb bano essere tassativamente stabiliti dalla legge.
Sulla 1. 138/84, cfr., da ultimo, Tar Puglia 15 maggio 1987, n. 261, Foro it., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 231; Tar Campania, sez. Ili, 24 novembre 1987, n. 359, ibid., voce Impiegato degli enti locali, n. 45; Corte conti 7 febbraio 1985, n. 1521, id., Rep. 1985, voce Impie gato dello Stato, n. 175.
Su alcuni profili di costituzionalità relativi alla disciplina dell'immissio ne in ruolo di giovani assunti presso le amministrazioni regionali, cfr. Corte cost. 24 gennaio 1989, n. 21, id., 1989, I, 1370, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1990.
regione Sardegna, che attribuisce alla predetta regione competen za legislativa esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della regione a stato giuridico ed eco
nomico del personale». 2. - Va preliminarmente dichiarata l'inammissibilità della que
stione di costituzionalità sollevata dalla ricorrente avverso la 1. n. 138 del 1984 nella sua globalità.
Secondo la costante giurisprudenza di questa corte (v., ad esem
pio, sent. n. 517 del 1987, Foro it., 1989, I, 3556), l'assoluta carenza di motivazione comporta di per sé un vizio formale di
validità, che rende inammissibile la questione cosi proposta, in
quanto impedisce al giudice della legittimità delle leggi sia la com
pleta verifica della sussistenza in concreto dell'interesse a ricorre re o della prospettazione di dubbi di costituzionalità del tutto
arbitrari, pretestuosi o astratti, sia l'inequivoca determinazione
dell'oggetto sottoposto al proprio giudizio. Pertanto, poiché la
regione ricorrente non ha addotto alcun motivo a sostegno del
l'impugnazione dell'intero testo della 1. n. 138 del 1984, avendo svolto le sue censure unicamente in relazione all'art. 5 della sud
detta legge, la relativa questione deve ritenersi inammissibile.
3. - Secondo la regione ricorrente, l'art. 5 1. n. 138 del 1984
prevede obblighi e divieti attinenti tanto all'assunzione di perso nale negli uffici e negli enti regionali, quanto all'organizzazione
degli stessi e allo stato giuridico dei dipendenti della regione stes sa. In tal modo tale articolo, sempre ad avviso della ricorrente, si porrebbe in contrasto con l'art. 3, lett. a), statuto Sardegna, che affida alla competenza esclusiva della regione la materia del
l'ordinamento degli uffici e degli enti regionali, oltreché dello stato
giuridico ed economico del personale. Tale contrasto, secondo la regione, sarebbe evidenziato sia dal rilievo che gli obblighi pre visti non rientrerebbero in nessuno dei limiti propri della compe tenza legislativa esclusiva, sia dalle disposizioni contenute nell'ul
timo comma del ricordato art. 5, il quale, nel disporre che le
norme previste dalla legge in questione abbiano valore di princi
pio e di indirizzo per le regioni a statuto speciale, mostrerebbe di degradare la competenza posseduta in proposito dalla regione in una concorrente.
Le censure prospettate dalla ricorrente si rivelano infondate sia
nelle premesse che nelle conclusioni.
La regione Sardegna basa il suo ricorso sulla supposizione che
l'accesso agli uffici regionali — che, secondo un costante orienta
mento giurisprudenziale, è una sub-materia rientrante nell'ordi
namento degli uffici (v., ad esempio, sent. nn. 101 del 1986, id.,
Rep. 1986, voce Sardegna, n. 15; 563 del 1988, id., Rep. 1988, voce Trentino-Alto Adige, n. 132 e n. 726 del 1988, id., 1989,
I, 1669) — coincida, seppure pro-parte, con la materia dell'«oc
cupazione». Questa premessa, tuttavia, non è corretta, poiché, come questa corte ha già precisato (sent. n. 190 del 1987, id., 1988, I, 361), la disciplina dell'occupazione (nel caso si trattava
di quella giovanile, regolata dalla 1. n. 283 del 1977) coinvolge
più materie, molte delle quali sono di spettanza dello Stato e al
cune di competenza regionale. Non si può negare, infatti, che
l'obiettivo dell'inserimento di persone nel mondo del lavoro può essere perseguito soltanto attraverso la disciplina di diversi settori — quali, ad esempio, l'istruzione scolastica, il mercato del lavoro e il collocamento, il pensionamento, la politica del mercato, dei
prezzi e dei vari comparti produttivi (industria, servizi, ecc.) —
i quali rientrano sicuramente nell'ambito delle competenze stata
li. In pari tempo è innegabile che il perseguimento del medesimo
obiettivo coinvolga materie d'indubbia spettanza regionale, qua li, ad esempio, la formazione professionale, l'organizzazione de
gli uffici regionali e la regolazione dell'accesso ai medesimi uffici
e, inoltre, le politiche locali riguardanti i vari settori materiali
affidati alle regioni (agricoltura, artigianato, sanità, turismo, ecc.). Da ciò deriva chiaramente che l'occupazione è qualcosa che
trascende le singole materie sopra elencate e che una legislazione che ne persegua le relative finalità può coinvolgere vari settori, anche di competenza regionale, orientandone o, in determinati
casi, vincolandone gli indirizzi verso gli obiettivi superiori, propri di una politica occupazionale.
4. - Non è senza significato che a questo tipo di ripartizione delle competenze corrisponde, al livello dei principi costituziona
li, un sistema di valori orientato nel medesimo senso.
L'art. 4 Cost., nel riconoscere a tutti i cittadini il «diritto al
lavoro», affida il compito di promuovere le condizioni che ne
rendano effettivo il godimento alla repubblica, vale a dire al com
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