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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 3 novembre 1988, n. 1008 (Gazzetta...

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sentenza 3 novembre 1988, n. 1008 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 9 novembre 1988, n. 45); Pres. Saja, Est. Mengoni; Soldani Benzi (Avv. Santoro, Di Mauro, Soldani) c. Cassa naz. previdenza avvocati e procuratori (Avv. Marini); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Bruno). Ord. Pret. Firenze 10 novembre 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 14 del 1988) Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 2711/2712-2713/2714 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23184194 . Accessed: 28/06/2014 19:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.81 on Sat, 28 Jun 2014 19:09:14 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 3 novembre 1988, n. 1008 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 9 novembre 1988, n.45); Pres. Saja, Est. Mengoni; Soldani Benzi (Avv. Santoro, Di Mauro, Soldani) c. Cassa naz.previdenza avvocati e procuratori (Avv. Marini); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoBruno). Ord. Pret. Firenze 10 novembre 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 14 del 1988)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2711/2712-2713/2714Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184194 .

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2711 PARTE PRIMA 2712

Fatto. — 1. - Con ordinanza (r.o. n. 115 del 1988) emessa

il 9 aprile 1986 (pervenuta alla Corte costituzionale il 12 marzo

1988) il Tar del Lazio ha sollevato questione incidentale di legitti

mità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 12,

2° comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311, «nella parte in cui non pre

vede l'applicabilità ai docenti universitari dell'art. 120 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3», ciò «implicando una disparità di trattamento

tra i docenti universitari, da una parte, e gli altri impiegati civili dello Stato ivi compresi i docenti non universitari, da altra par

te», i quali (diversamente dai primi) «fruiscono dell'estinzione del procedimento disciplinare quando siano decorsi novanta gior

ni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato

compiuto». Il giudizio a quo risulta promosso per l'annullamento del de

creto del rettore dell'università degli studi di Roma «la Sapien

za», con il quale venne irrogata a un docente la sanzione

disciplinare della censura.

Deduce il ricorrente la violazione dell'art. 120 d.p.r. n. 3 del

10 gennaio 1957, assumendo l'intervenuta estinzione del procedi mento disciplinare concluso con l'adozione dell'impugnato decre

to sanzionatorio, essendovi stati intervalli di tempo superiori ai

novanta giorni tra successivi atti dell 'iter procedimentale, il Tar

Lazio, rilevata la fondatezza della circostanza di fatto, ha dovuto

constatare l'inapplicabilità dell'art. 120 d.p.r. n. 3 del 1957.

Infatti l'art. 12, 2° comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311, nell'indi

care gli articoli del d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, le cui disposizioni

sono applicabili ai docenti universitari, non vi comprende la det

ta disposizione. Il Tar remittente osserva che tale omissione si risolve in una

discriminazione, anche nei riguardi delle altre categorie di docen

ti, ai quali l'applicabilità dell'art. 120 d.p.r. n. 3 del 1957 è stata estesa dall'art. 108 d.p.r. 31 maggio 1974 n. 417. (Omissis)

Diritto. — 1. - L'art. 12, 2° comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311,

nel disporre che ai procedimenti disciplinari instaurati a carico

di professori universitari di ruolo si applicano taluni articoli —

espressamente richiamati — dello statuto degli impiegati civili dello

Stato, omette riferimento positivo all'art. 120.

Quest'ultimo testualmente prevede l'estinzione del procedimn

to, senza che se ne possa effettuare la rinnovazione, quando sia

no decorsi novanta giorni dall'ultimo atto compiuto: con ciò viene

ad escludersi — a garanzia dell'incolpato — la protrazione sine

die dell'azione disciplinare. Il collegio remittente dubita della legittimità costituzionale del

detto art. 12; poiché omissivo dell'estinzione in parola ed in con

seguenza discriminatorio — ex art. 3 Cost. — dei docenti univer

sitari rispetto agli «altri impiegati civili dello Stato, ivi compresi i docenti non universitari».

2. - La questione è fondata.

È ben vero che l'attuale ordinamento della docenza universita

ria (d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382) ha operato una indubbia tras

formazione nell'assetto degli insegnanti con una disciplina forte

mente innovativa, Tuttavia, ciò concerne precipuamente, come

la corte ha già avuto modo di rilevare, la struttura dei ruoli e

11 comparto retributivo (sent. n. 1019 del 1988, Foro it., 1989,

I, 13): integra rimane, pur nella particolare configurazione di au

tonomia connessa a valori pur essi costituzionalmente rilevanti, la posizione dei docenti, inseriti in un rapporto peculiare di pub blico impiego.

Cosicché, la sperimentabilità sine die del procedimento discipli nare costituisce di certo un eccesso di tutela del prestigio della

istituzione universitaria, cedevole a fronte delle garanzie dovute

al singolo: quando, infatti, queste ultime vengano adottate non

possono su quel prestigio che favorevolmente riflettersi.

, L'innegabile disparità è maggiormente.rilevabile, dunque, in J'

quanto concretata nei confronti di chi esplica in sommo grado la funzione docente, cosi comportando la dichiarazione di illegit timità della norma, nella parte in cui non estende ai professori universitari di ruolo anche il dettato dell'art. 120 d.p.r. 10 gen naio 1957, n. 3.

In ordine alle condizioni necessarie affinché si abbia l'estinzione del

procedimento disciplinare, ai sensi dell'art. 120 d.p.r. 3/57, v., da ulti

mo, Cons. Stato, sez. IV, 11 giugno 1988, n. 509 e Tar Lazio, sez. II, 30 aprile 1988, n. 643, id., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, nn.

1028, 1039; Tar Lazio, sez. III, 21 dicembre 1987, n. 2254, id., 1989,

III, 88, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1989.

3. - Ancorché l'esercizio di difesa da parte dell'incolpato pos

sa, in taluni casi, esser reso meno agevole da un'azione discipli

nare iniziata a distanza dai fatti occorsi, considerazioni al riguardo

fuoriescono assolutamente dalla presente fattispecie: essa sfugge,

per tali differenti aspetti, a una pronuncia — cosi come invece

prospettato dalla difesa — ex art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, 2° comma, 1. 18 marzo 1958 n. 311

(norme sullo stato giuridico ed economico dei professori universi

tari) nella parte in cui non richiama, ai fini della sua applicazione

ai professori universitari di ruolo, anche l'art. 120 d.p.r. 10 gen

naio 1957 n. 3 (testo unico delle disposizioni concernenti lo statu

to degli impiegati civili dello Stato).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 novembre 1988, n. 1008

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 novembre 1988, n. 45);

Pres. Saja, Est. Mengoni; Soldani Benzi (Aw. Santoro, Di

Mauro, Soldani) c. Cassa naz. previdenza avvocati e procura tori (Avv. Marini); interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Sta

to Bruno). Ord. Pret. Firenze 10 novembre 1987 (G.U., la

s.s., n. 14 del 1988).

Avvocato e procuratore — Previdenza forense — Supplemento

per continuazione dell'attività per almeno cinque anni dopo la

maturazione della pensione — Criteri di calcolo — Incostitu

zionalità (Cost., art. 2, 3, 38; 1. 20 settembre 1980 n. 576, ri

forma del sistema previdenziale forense, art. 2). Avvocato e procuratore — Previdenza forense — Pensionati eser

centi la professione — Riduzione a due terzi della pensione di vecchiaia — Incostituzionalità (Cost., art. 2, 3, 38; 1. 20

settembre 1980 n. 576, art. 2).

È illegittimo, per violazione degli art. 2, 3, 38 Cost., l'art. 2,

8° comma, l. 20 settembre 1980 n. 576, nella parte in cui di

spone che il supplemento della pensione, spettante a coloro che

dopo la maturazione del diritto a pensione continuano per cin

que anni l'esercizio della professione, è pari, per ognuno di

tali anni, alla metà delle percentuali di cui al 1° e 5° comma,

riferite alla media dei redditi professionali risultanti dalle di chiarazioni successive a quelle considerate per il calcolo del pen sionamento. (1)

È illegittimo, per violazione degli art. 2, 3, 38 Cost., l'art. 2,

6° comma, l. 20 settembre 1980 n. 576, nella parte in cui di

spone la riduzione a due terzi della pensione di vecchiaia quan do il titolare resti iscritto agli albi di avvocato e di procu ratore. (2)

(1-2) La presente decisione è commentata da Albe, in Corriere giur.,

1988, 1327. L'ordinanza di rinvio Pret. Firenze 10 novembre 1987 è massimata in

Foro it., Rep. 1988, voce Avvocato e procuratore, n. 122. Il giudice a

quo aveva riproposto la questione di cui alla seconda massima pur rico

noscendo che essa era stata dichiarata infondata da Corte cost. 4 maggio

1984, n. 132 (id., 1984, I, 1783, con nota di richiami di V. Ferrari; e manifestamente infondata con ord. 8 novembre 1985, n. 279, id., Rep. 1986, voce cit., n. 104), ciò in quanto tale pronuncia si porrebbe in con

trasto con altra della stessa corte con cui invece una norma identica era

stata dichiarata illegittima (sent. 20 aprile 1977, n. 62, id., 1977,1, 1056), La corte, pur escludendo l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza

tra le due pronunce, è giunta stavolta ad un pronuncia di accoglimento in ordine all'art. 2, 6° comma, 1. 576/80.

Con ord. 16 giugno 1988, n. 669 (est. Greco), G.U., 1" s.s., 22 giugno 1988, n. 25, di pochissimi mesi precedente alla presente sentenza, la corte

ha dichiarato, tra l'altro, la manifesta infondatezza della questione di

costituzionalità ora accolta dalla corte, la quale ha espressamente richia

mato l'ord. 669/88 al fine di ribadire l'obbligo di ulteriore versamento

di contributi da parte di chi continua a mantenere l'iscrizione negli albi

professionali, pur dopo il conseguimento della pensione di vecchiaia, al

pari dei professionisti non ancora pensionati, senza però spendere una

parola a giustificare un simile repentino mutamento di giurisprudenza della corte, la quale passa quindi, in meno di quattro mesi, da consi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. Il Pretore di Firenze giudica non manifestamente

infondate le questioni di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 2, 8° comma, 1. 20 settembre 1980 n. 576, nella

parte in cui prevede che il supplemento, spettante a coloro che

continuano l'attività professionale per almeno cinque anni dopo la maturazione del diritto a pensione, sia calcolato mediante coef

ficienti pari alla metà di quelli di cui al 1° e al 5° comma; b) dell'art. 2, 6° comma, in quanto dispone la riduzione a due

terzi della pensione di vecchiaia quando il titolare resti iscritto

agli albi di avvocato e/o di procuratore. L'eccezione di inammissibilità della prima questione per «difet

to di motivazione sulla rilevanza», opposta dall'avvocatura dello

Stato, non può essere accolta. Sia pure in termini succinti, espressi in forma parentetica, l'ordinanza di rimessione non manca di ri

spondere adeguatamente all'eccezione di carenza di interesse ad

agire dell'attore, sollevata nel giudizio principale della convenuta

cassa di previdenza per gli avvocati e procuratori. 2. - La questione è fondata.

Come chiarisce la relazione al disegno di legge n. 117 sulla

riforma della previdenza forense, presentato alla camera dei de

putati il 20 giugno 1979, nel sistema riformato dalla 1. n. 576

del 1980 il principio solidaristico non esclude, ma concorre col

«principio di proporzionalità della pensione ai contributi perso nali versati» (a loro volta proporzionali al reddito professionale

netto), introducendo un «correttivo» destinato a operare nella mi

sura necessaria, secondo le circostanze, a garantire a tutti i mem

bri della categoria professionale una pensione minima adeguata alle esigenze di una vita dignitosa.

La correlazione tra contribuzione e prestazione previdenziale, affermata in linea di massima dalla legge del 1980 (che alla pen sione uguale per tutti, di contro a una contribuzione progressiva,

prevista dal sistema precedente della 1. n. 315 del 1975, ha sosti

tuito una pensione indirettamente ragguagliata alla misura della

contribuzione, salva la pensione minima), è stata accentuata dal

la modifica introdotta dalla 1. 2 maggio 1983 n. 175 nell'art. 10, 3° comma. Considerato che l'art. 2, 8° comma, concede un solo

supplemento di pensione, e rapportato al quinquennio di attività

professionale successivo alla maturazione del diritto a pensione, la legge del 1983 ha soppresso per i pensionati ultrasettantenni,

che proseguano l'esercizio professionale, l'obbligo del contributo

soggettivo (da essi precedentemente versato «a fondo perduto»), e li ha assoggettati soltanto al contributo di solidarietà del 3%.

La medesima ratio sottostante alla correzione dell'art. 10, 3°

comma, apportata dalla legge del 1983, impone che inversamen

te, in favore dei pensionati infrasettantenni, sia modificato l'art.

2, 8° comma, nel senso di riportare alla misura piena i coeffi

cienti di calcolo del supplemento della pensione: per essi, invero, è stato tenuto fermo l'obbligo di contribuzione personale in mi

sura intera (cfr. Corte cost., ord. n. 669 del 1988). L'applicazio ne nell'una ipotesi, e non anche nell'altra, del criterio di corri

spettività crea una irrazionale disparità di trattamento, che offen

de il principio dell'art. 3 Cost.

3. - La seconda questione, concernente il 6° comma dell'art.

2, già dichiarata infondata da questa corte con la sentenza n.

132 del 1984 (Foro it., 1984, I, 1783), viene nuovamente sollevata

dal medesimo giudice allegando un «apparente contrasto» con

la sentenza n. 62 del 1977 (id., 1977, I, 1056), che aveva dichiara

to costituzionalmente illegittima la tabella F annessa alla 1. n.

319 del 1979, nella parte in cui decurtava la pensione di anzianità

agli avvocati ultrasettantenni non cancellati dall'albo.

In verità, nessuna contraddizione vi è tra le due pronunce. La

tabella F fu dichiarata illegittima perché nell'ipotesi di conserva

derare una stessa questione manifestamente infondata a ritenerla

fondata.

Nel senso che l'art. 2, 6° comma, 1. 576/80, in ordine alla riduzione

della pensione a due terzi di quella normale, non è applicabile agli iscritti

alla cassa di previdenza degli avvocati che abbiano proseguito nell'attività

professionale dopo il pensionamento, v. Cons. Stato, sez. Ili, 23 aprile

1985, n. 558/85, id.. Rep. 1988, voce cit., n. 116.

In tema di previdenza forense, v., da ultimo, Corte cost., ord. 20 apri le 1989, n. 213, G.U., la s.s., 26 aprile 1989, n. 17 e 16 marzo 1989, n. 109, Foro it., 1989, I, 1733, con nota di richiami, circa l'obbligo di

versamento di contributi per gli avvocati titolari di pensione di invalidità

e che continuano nell'esercizio della professione.

Il Foro Italiano — 1989.

zione dell'iscrizione all'albo discriminava ingiustificatamente il trat

tamento dei pensionati ultrasettantenni da quello dei pensionati

infrasettantenni, mentre una simile discriminazione è estranea al

l'art. 2, 6° comma, legge del 1980, dove è prevista una decurta

zione della pensione a carico di tutti i pensionati che restano iscritti

all'albo. D'altra parte, un giudizio di contrarietà di questa norma al principio di ragionevolezza non può essere argomentato sulla

base di un raffronto con le soluzioni adottate dalle leggi previ denziali per le altre categorie di professionisti. Questo argomen

to, riproposto nell'ordinanza di remissione, è stato più volte re

spinto dalla giurisprudenza della corte sul riflesso che l'autono

mia e 1'«irripetibile individualità» dei vari sistemi previdenziali nell'ambito delle libere professioni non consentono che la solu

zione di un dato problema accolta da uno di essi sia valutata

mettendola a confronto con la soluzione accolta da altri.

4. - Tuttavia, senza indulgere a parametri di valutazione esterni

alla categoria di riferimento della previdenza forense, sussistono

motivi sufficienti per indurre la corte a ritenere fondata anche

la seconda questione. La ragione giustificativa della norma in esame deve essere ap

prezzata alla stregua del principio di solidarietà, considerato o

in funzione di tutela dell'«interesse di entrata» dei giovani oppu re in funzione di tutela di un certo livello della pensione minima, che il sistema deve garantire a tutti i membri della categoria.

Nei lavori preparatori della riforma del 1980 la ratio legis è

individuata sotto il primo profilo. Secondo il relatore per la com

missione giustizia (IV) della camera dei deputati (Vili legislatura, commissioni riunite giustizia-lavoro, seduta del 26 giugno 1980), la norma in esame si propone di «disincentivare la prosecuzione del servizio professionale da parte di quei professionisti che già sono in pensione». Ma una ratio di questo tipo sarebbe plausibile solo se concorressero due condizioni: a) che le pensioni corrispo ste dalla cassa attingano mediamente un livello idoneo a consen

tire al pensionato una vita dignitosa; b) che la domanda di servizi

nel campo dell'assistenza legale sia rimasta stazionaria.

Nessuna delle due condizioni si è verificata: le pensioni corri

sposte dalla cassa, sono ancor oggi mediamente di esiguo am

montare (nella specie, il ricorrente, se fosse cancellato dall'albo,

percepirebbe una pensione di lire 750.000 mensili); la domanda

di assistenza legale, in una società sempre più avviluppata in una

fitta rete di giuridicità, è sensibilmente aumentata, così che la

continuazione dell'attività di lavoro da parte degli avvocati pen sionati (con un grado di intensità decrescente a misura del pro

gredire dell'età) non può essere ritenuta un ostacolo all'accesso

dei giovani (capaci) alla professione. La decurtazione di un terzo della pensione non appare ragione

vole nemmeno sotto l'altro dei due possibili profili operativi, so

pra distinti, del principio di solidarietà. Anzitutto, che la catego ria degli avvocati e dei procuratori versi in condizioni particolari tali da imporre uno sforzo ulteriore di solidarietà — oltre al con

tributo soggettivo a fondo perduto del 3% previsto dall'art. 10

della legge e al contributo integrativo previsto dall'art. 11 — al

fine di assicurare un certo livello della pensione minima, è smen

tito dall'andamento finanziario della cassa, che (secondo i dati

riferiti nella memoria definitiva del ricorrente e non contestati

dalla difesa della cassa) negli anni 1983-1987 ha registrato cre

scenti avanzi di gestione per un ammontare complessivo di oltre

569 miliardi di lire. In secondo luogo, ammesso che un apporto ulteriore di solidarietà sia necessario, il principio di eguaglianza

esige che esso gravi proporzionalmente su tutti i membri della

categoria, e non soltanto — sotto specie di decurtazione della

pensione — sui pensionati che conservano l'iscrizione all'albo.

5. - Gli altri motivi di incostituzionalità addotti nell'ordinanza

di remissione, in riferimento agli art. 2 e 38 Cost., restano assorbiti.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità

costituzionale dell'art. 2, 8° comma, 1. 20 settembre 1980 n. 576

(«riforma del sistema previdenziale forense»), nella parte in cui

dispone che il supplemento della pensione, spettante a coloro che

dopo la maturazione del diritto a pensione continuano per cinque

anni l'esercizio della professione, «è pari, per ognuno di tali an

ni, alla metà delle percentuali di cui al 1° e al 5° comma, riferite

alla media dei redditi professionali risultanti dalle dichiarazioni successive a quelle considerate per il calcolo del pensionamento»,

anziché alle percentuali intere; dichiara l'illegittimità costituzio nale dell'art. 2, 6° comma, della stessa 1. 20 settembre 1980 n. 576.

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