sentenza 30 marzo 1992, n. 143 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 8 aprile 1992, n. 15); Pres.Corasaniti, Est. Granata; Eredi di Rondinelli Ardito c. Ufficio Iva di Taranto. Ord. Comm. trib.II grado Taranto 8 aprile 1991 (G.U., 1 a s.s., n. 40 del 1991)Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1992), pp. 1017/1018-1019/1020Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186649 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE COSTITUZIONALE; CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 marzo 1992, n. 143
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 8 aprile 1992, n. 15); Pres. Corasaniti, Est. Granata; Eredi di Rondinelli Ardito
c. Ufficio Iva di Taranto. Ord. Comm. trib. II grado Taran
to 8 aprile 1991 (G.U., la s.s., n. 40 del 1991).
Tributi in genere — Condono — Dichiarazione integrativa im
poste dirette presentata dagli eredi — Termini — Disparità di trattamento — Questione infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3; d.l. 15 dicembre 1982 n. 916, ulteriore differi
mento dei termini previsti dal d.l. 10 luglio 1982 n. 429, con
vertito in 1. 7 agosto 1982 n. 516, nonché di quelli fissati
al 30 novembre 1982 per il versamento dell'acconto delle im
poste sui redditi e relativa addizionale straordinaria, art. 2 bis).
È infondata la questione di legittimià costituzionale dell'art. 2 bis
d.l. 15 dicembre 1982 n. 916, convertito nella l. 12 febbraio 1983 n. 27, nella parte in cui non prevede che anche gli eredi
dei contribuenti deceduti nel periodo dal 31 luglio 1982 al
15 marzo 1983 possano presentare, entro il 15 settembre 1983, la dichiarazione integrativa relativa alle imposte indirette do
vute dal loro dante causa, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
Diritto. — 1. - È stata sollevata questione incidentale di legit timità costituzionale dell'art. 2 bis d.l. 15 dicembre 1982 n. 916, convertito nella 1. 12 febbraio 1983 n. 27 (ulteriore differimento
dei termini previsti dal d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito
in 1. 7 agosto 1982 n. 516, nonché di quelli fissati al 30 novem
bre 1982 per il versamento dell'acconto delle imposte sui redditi
e relativa addizionale straordinaria), nella parte in cui non pre vede che anche gli eredi dei contribuenti deceduti nel periodo
(1) È la prima volta che la Corte costituzionale si pronuncia sul di verso regime dei termini per la presentazione delle dichiarazioni di «con dono fiscale» in relazione alla diversa natura delle imposte beneficiarie del provvedimento di clemenza. La questione sollevata dalla Commis sione tributaria di Taranto concerneva l'art. 2 bis d.l. 15 dicembre 1982 n. 916, convertito nella 1. 12 febbraio 1983 n. 27, il quale prevedeva il differimento dei termini per la presentazione della dichiarazione inte
grativa — ai fini della definizione agevolata delle pendenze tributarie di cui d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito nella 1. 7 agosto 1982 n. 516 — unicamente per le imposte dirette e non anche per quelle indiret
te, con conseguente sospetto di disparità di trattamento. La corte ha ritenuto l'infondatezza della questione sul rilievo che la
differente disciplina per le imposte dirette ed indirette è giustificata dal la diversità di tali tributi, che non consente «la comparazione trasversa le di istituti e normative di settore», neanche «con più limitato riferi mento alla disciplina del condono tributario».
L'importanza della decisione deve essere valutata con riferimento sia al principio generale di non confrontabilità delle discipline relative a tributi diversi (v., per analoghe affermazioni in tema di termini per gli accertamenti dell'ufficio in materia di imposta di registro, di Iva e di imposte sui redditi, Corte cost., ord. 18 febbraio 1982, n. 56, G.U. la s.s., 26 febbraio 1992, n. 9) sia al recente provvedimento di condono
previsto dalla 1. 30 dicembre 1991 n. 413. Tale provvedimento — inte
grato in parte qua dell'art. 1 d.l. 28 febbraio 1992 n. 174 — prevede infatti una disciplina dei termini estremamente variegata, la cui legitti mità sembra però implicitamente riconosciuta dalla corte (con riferi mento agli eredi del contribuente, l'art. 32 prevede, per le imposte di
rette, una proroga del termine finale al 30 settembre 1992, in caso di decesso del contribuente avvenuto entro il 1° giugno 1992; con riferi mento all'Iva, sono previste tre distinte ipotesi di proroga: art. 45, 3°
comma, dal 30 aprile 1992 al 30 settembre 1992, dal 31 luglio 1992 al 31 gennaio 1993, dal 31 marzo 1993 al 30 settembre 1993; art. 46, 2° comma, dal 30 aprile 1992 al 20 agosto 1992; art. 51, 3° comma, dal 30 aprile 1992 al 30 settembre 1992, in caso di decesso del contri buente avvenuto entro il 1° giugno 1992; in materia di imposta di regi stro, ipotecarie e catastali, imposta di successione e donazione, nonché
di imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, non è
stato previsto alcun differimento dei termini). Si segnala, in argomento, l'ordinanza n. 146, resa contestualmente
alla sentenza in epigrafe, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito nella 1. 7 agosto 1982 n. 516, in riferimento agli art. 3 e 23 Cost., in tema di proroga dei termini
per la presentazione della dichiarazione agevolata da parte degli eredi
del debitore di imposta, prevista in materia di imposte e non invece in materia di Iva, ribadendo, anche, la non comparabilità delle situa zioni e la possibilità per il legislatore di diversificare le due discipline, in modo non arbitrario «facendo uso del suo discrezionale apprezza mento». [F. Carotti]
Il Foro Italiano — 1992 — Parte I-20.
dal 31 luglio 1982 al 15 marzo 1983 possano presentare, entro
il 15 settembre 1983, la dichiarazione integrativa di condono
relativa alle imposte dirette dovute dal loro dante causa, per
sospetta violazione del principio di eguaglianza atteso che tale
beneficio è previsto per gli eredi dei contribuenti deceduti nel
medesimo periodo, i quali possono presentare, entro il suddetto
termine del 15 settembre 1983, la dichiarazione integrativa di
condono relativa alle imposte dirette dovute dal loro dante causa.
2. - La questione non è fondata.
Il d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito con modificazioni
nella 1. 7 agosto 1982 n. 516, nel dettare (agli art. 14 e ss.)
disposizioni per agevolare la definizione delle pendenze tributa
rie, ha previsto, in due capi distinti, la disciplina per le imposte dirette e quella per le imposte indirette. In particolare, in rela
zione all'imposta sul reddito per le persone fisiche, all'imposta sul reddito delle persone giuridiche e all'imposta locale sui red
diti (e relative addizionali) l'art. 14 prevede la possibilità per i contribuenti di presentare una dichiarazione integrativa in luo
go di quella eventualmente omessa ovvero per rettificare in au
mento quella già presentata: tale dichiarazione integrativa dove
va essere spedita tra il 10 ed il 30 novembre 1982, termine pro
rogato prima al 15 dicembre 1982 dal d.l. 30 novembre 1982
n. 878 e successivamente al 15 marzo 1983 dal d.l. 15 dicembre
1982 n. 916, convertito nella 1. n. 27 del 1983.
Il successivo art. 25 prevede ai fini dell'imposta sul valore
aggiunto un'analoga facoltà di presentazione di dichiarazione
integrativa al fine di supplire alla precedente mancata dichiara
zione ovvero di rettificare la dichiarazione già presentata indi
cando la maggiore imposta dovuta ovvero il minor credito spet tante. Anche in tal caso l'originario termine finale del 30 no
vembre 1982 veniva differito prima al 15 dicembre 1982 dal
d.l. 30 novembre 1982 n. 878 e successivamente al 15 marzo
1983 dal d.l. 15 dicembre 1982 n. 916, conventito nella 1. n.
27 del 1983. L'art. 31 d.l. n. 249 cit. ha poi previsto in riferi
mento all'imposta di registro, all'imposta sulle successioni e do
nazioni, nonché all'imposta comunale sull'incremento di valore
degli immobili, la possibilità per il contribuente di definire au
tomaticamente le pendenze tributarie presentando apposita ri
chiesta e versando un supplemento di imposta determinato alla
stregua di parametri variamente calcolati secondo che sia stato, 0 meno, notificato avviso di accertamento. Anche in tal caso
il termine di presentazione della richiesta era originariamente del 30 novembre 1982, successivamente prorogato — in forza
dei menzionati provvedimenti legislativi — al 15 marzo 1983.
3. - In questo contesto normativo si innesta l'art. 2 bis d.l.
15 dicembre 1982 n. 916, convertito nella 1. 12 febbraio 1983
n. 27. Tale norma apporta alcune modifiche all'art. 14 d.l. n.
429 del 1982, cit., riguardanti la dichiarazione integrativa Irpeg in caso di fusione di società; aggiunge poi, nell'ultimo periodo, che gli eredi dei contribuenti deceduti nel periodo dal 31 luglio 1982 al 15 marzo 1983 possono presentare la dichiarazione inte
grativa, relativamente alle imposte dovute dal loro dante causa, entra il 15 settembre 1983.
All'evidenza tale norma, proprio perché inserita in una modi
fica dell'art. 14, che riguarda — come rilevato — le sole impo ste sui redditi, non può che riferirsi — come del resto ritiene
anche la commissione rimettente — soltanto alle imposte diret
te; mentre nessun differimento ulteriore del termine suddetto
è previsto in caso di imposte indirette (Iva, imposta di registro,
imposta sulle successioni e donazioni, nonché imposta comuna
le sull'incremento di valore degli immobili). 4. - In tale speciale disposizione non può però ravvisarsi la
disparità di trattamento lamentata dal giudice rimettente, attesa
la diversità delle imposte considerate in comparazione (quelle dirette da un lato, quelle indirette dall'altro).
Ed infatti già nella disciplina del regime il legislatore, nell'e
sercizio della sua discrezionalità, ha distintamente preso in con
siderazione le singole imposte. Per le imposte sui redditi ha in generale contemplato che tutti
1 termini pendenti alla data della morte del contribuente o sca
denti entro quattro mesi da essa, compresi il termine per la pre sentazione della dichiarazione ed il termine per ricorrere contro
l'accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi
(art. 65 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600). Invece ai fini dell'Iva l'art. 35 bis d.p.r. 26 ottobre 1972 n.
633 — peraltro aggiunto dal d.p.r. 29 gennaio 1979 n. 24 al
testo originario che nulla al riguardo prevedeva — stabilisce
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1019 PARTE PRIMA 1020
che gli obblighi derivanti a norma del medesimo decreto (istitu tivo dell'Iva) dalle operazioni effettuate dal contribuente dece
duto possono essere adempiuti dagli eredi entro tre mesi dalla
data della morte del contribuente stesso, ancorché i relativi ter
mini siano scaduti da non oltre sei mesi prima di tale data.
Tale disciplina quindi — oltre che in origine del tutto mancante — si differenzia da quella dettata per le imposte sui redditi sia
perché la proroga è di durata diversa, sia perché riguarda nel
caso delle imposte dirette i termini pendenti ovvero destinati
a scadere immediatamente dopo il decesso, mentre nell'altro ca
so (Iva) si riferisce ai termini già scaduti immediatamente prima del decesso.
Nulla invece a tal proposito è tuttora previsto dal d.p.r. 26
ottobre 1972 n. 637 e dal successivo d. leg. 31 ottobre 1990
n. 345 in tema di imposta sulle successioni e sulle donazioni, né dal d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 in tema di imposta di registro.
Anche la disciplina del condono tributario — che ha caratte
re speciale rispetto al regime base delle singole imposte — pre senta soluzioni differenziate.
Infatti, con riferimento al condono del 1982, il legislatore in un primo tempo (d.l. n. 429 del 1982, convertito in 1. n.
516 del 1982) ha ritenuto di non dar rilievo al fatto del decesso
del contribuente; successivamente (con il d.l. n. 916 del 1982,
convertito in 1. n. 27 del 1983) ha preso in considerazione solo
le imposte dirette prevedendo una proroga dei termini in favore
degli eredi del contribuente; nulla invece ha previsto per l'Iva,
come anche per le altre imposte indirette. Ed anche il recente
provvedimento legislativo diretto ad agevolare la definizione dei
rapporti tributari pendenti (1. 30 dicembre 1991 n. 413) prevede una disciplina settoriale e niente affatto unificata. L'art. 32, ai fini delle imposte sui redditi, contempla in favore degli eredi
una proroga del termine finale (del 30 aprile 1992) per presenta re la dichiarazione integrativa (termine differito fino al 30 set
tembre 1992) ove il decesso si sia verificato nel periodo dal 1°
dicembre 1991 al 30 aprile 1992. Per l'Iva sono previste (dagli art. 45, 3° comma, 46, 2° comma, e 51, 3° comma) tre distinte
ipotesi di proroga del termine per presentare la dichiarazione
integrativa in caso di decesso del contribuente avvenuto quattro mesi prima della scadenza del termine stesso. Nulla è invece
previsto in favore degli eredi dei contribuenti in caso di imposta di registro, ipotecarie e catastali, imposta di successione e dona
zione, nonché di imposta comunale sull'incremento di valore
degli immobili. Questa disciplina variegata e composita — può in conclusio
ne rilevarsi — è correlata alla diversità delle imposte prese in
considerazione, sicché non è, in linea generale, possibile, al fine
di riscontrare una disparità di trattamento, la comparazione tra
sversale di istituti e normative di settore; né tale comparazione
può operarsi con più limitato riferimento alla disciplina del con
dono tributario che vede il legislatore — nel limite del principio di ragionevolezza — libero di esercitare la sua discrezionalità
adottando soluzioni diverse in relazione alle diverse imposte. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 bis d.l.
15 dicembre 1982 n. 916, convertito nella 1. 12 febbraio 1983
n. 27 (ulteriore differimento dei termini previsti dal d.l. 10 lu
glio 1982 n. 429, convertito in 1. 7 agosto 1982 n. 516, nonché
di quelli fissati al 30 novembre 1982 per il versamento dell'ac
conto delle imposte sui redditi e relativa addizionale straordina
ria), sollevata in relazione all'art. 3 Cost, dalla Commissione
tributaria di Taranto con l'ordinanza in epigrafe.
Il Foro Italiano — 1992.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 marzo 1992, n. 89
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 18 marzo 1992, n. 12); Pres. Corasaniti, Est. Greco; Soc. Cliniche riunite c. Esat
toria del comune di Roma (Avv. Casulli); interv. Pres. cons,
ministri (Avv. dello Stato D'Amato). Ord. Trib. Roma 19
dicembre 1990 (G.U., la s.s., n. 22 del 1991).
Riscossióne delle imposte — Fallimento fiscale — Disciplina —
Incostituzionalità (Cost., art. 24; d.p.r. 29 settembre 1973 n.
602, disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, art. 97).
È illegittimo, per violazione dell'art. 24 Cost., l'art. 97, 3 ° com
ma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, nella parte in cui, a
richiesta dell'intendente di finanza, prevede la dichiarazione
del fallimento (c.d. «fallimento fiscale») del debitore d'impo sta che sia imprenditore commerciale, per morosità di rata
o rate di imposta d'importo superiore a lire cinquecen tomila. (1)
(1) I. - Questione analoga a quella affrontata dalla Corte costituzio nale era stata proposta da Trib. Casale Monferrato, ord. 23 ottobre
1991, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il giorno successivo a quello dell'udienza innanzi alla corte.
In passato la Corte costituzionale aveva ritenuto la legittimità della
previgente disciplina del fallimento fiscale di cui agli art. 261 e 262
d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645 (abrogato a seguito dell'entrata in vigore della riforma tributaria del 1973): v. sent. 6 luglio 1970, n. 114, Foro
it., 1970, I, 2303; ord. 30 novembre 1971, n. 195, id., Rep. 1972, voce
Tributi in genere, n. 1120; sent. 15 luglio 1975, n. 215, id., 1975, I, 2671. Più di recente, la Corte costituzionale — chiamata a pronunciarsi
da Trib. Roma, ord. 21 gennaio 1988, id., Rep. 1988, voce Riscossione delle imposte, n. 138, sulla legittimità del fallimento fiscale (come disci
plinato dall'art. 97, 3° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602) nel
caso di mancato pagamento di tributi iscritti a ruolo in via provvisoria per la pendenza di ricorsi dinanzi alle commissioni tributarie — ha re
spinto in limine la questione per mancanza di rilevanza «in quanto al momento della dichiarazione di fallimento, cosi come al momento della
proposizione dell'incidente di costituzionalità, non sussisteva la morosi tà del contribuente» (ord. 23 febbraio 1989, n. 66, id., Rep. 1989, voce
cit., n. 146). Ad un analogo epilogo era probabilmente destinata la
questione sollevata con ord. 19 dicembre 1990 (da cui la sentenza in
epigrafe) atteso che il Tribunale di Roma — adito per la revoca di una dichiarazione di fallimento fiscale — dava atto della insussistenza
(seppure riconosciuta dopo la dichiarazione di fallimento) del debito tributario. Per Cass. 18 gennaio 1988, n. 324, id., Rep. 1988, voce
Tributi in genere, n. 1465, in motivazione, per esteso in Rass. imp., 1988, 229, con nota di Majorano, Iscrizione a ruolo in via provvisoria e fallimento fiscale-, la sentenza è annotata anche da G. Anni, Falli mento fiscale: ulteriori questioni di diritto sostanziale e processuale, in Esattore, 1988, 650; da Di Gravio, li condono ed il fallimento fisca le, in Dir. fallim., 1988, II, 671, «è pacifico che anche dopo la dichiara zione di fallimento questo deve essere revocato se il debito tributario
venga escluso (o ridotto in ammontare inferiore a quello richiesto) con
pronunzia passata in giudicato; ed altresì che il giudice dell'opposizione può sospendere il processo in attesa della decisione della controversia
d'imposta da parte del giudice tributario»; tale decisione è condivisa, seppure con alcuni dubbi, da Trib. Roma 28 febbraio 1990, Foro it., Rep. 1990, voce Fallimento, n. 241. Il problema della rilevanza della
questione sollevata dal giudice romano non è stato però affrontato dal la Corte costituzionale avendo questa ritenuto, a dispetto del chiaro tenore dell'ordinanza di rimessione, «contestata l'insussistenza del debi to d'imposta che ha determinato la dichiarazione del fallimento fiscale della ricorrente».
II. - Il Tribunale di Roma aveva dubitato della costituzionalità della
disciplina del fallimento fiscale nella parte in cui consentiva di fondare una dichiarazione di fallimento su iscrizioni a ruolo provvisorie — su atti cioè non definitivi in relazione ai quali pende controversia — in un quadro normativo che — ad avviso del giudice rimettente — esclu deva che potesse avere rilievo nella causa di opposizione al fallimento l'esito del giudizio tributario.
La corte ha ritenuto la fondatezza di tale questione, aderendo a quel la giurisprudenza (assolutamente prevalente) che ravvisava la possibilità di dichiarare il fallimento fiscale anche a fronte del mancato pagamen to di un ruolo provvisorio: in tal senso v., oltre a Cass. 324/88, cit., Trib. Firenze 5 ottobre 1989, ibid., n. 187; App. Roma 17 ottobre 1988, id., Rep. 1989, voce Riscossione delle imposte, n. 147; App. Bari 6
giugno 1988, ibid., n. 148 e in Fallimento, 1989, 399, con nota di G.
Anni, Ancora sul fallimento fiscale-, App. L'Aquila 16 gennaio 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Fallimento, n. 205; in senso contrario, v. Trib. Chieti 22 gennaio 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 158; Trib. Roma 16 dicembre 1985, ibid., n. 160; v. anche Trib. Caltanissetta 6 marzo 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 184, ove si assume la necessi
tà, al fine di dichiarare il fallimento fiscale, di verificare «la certezza
dell'obbligazione tributaria».
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