sentenza 5 luglio 1990; Pres. Chiattelli, Est. Canzio; Vitali (Avv. Trinchi) c. Soc. Ceramica Vega,Nobili ed altri (Avv. Feliziani, Tufarelli, Berardinetti, Chiaranti, Persio, Del Corto)Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 3441/3442-3445/3446Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185788 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la sola idonea ad evitare una indefinita protraibilità nel tempo del sequestro, che contrasterebbe con la ratio dell'art. 680 c.p.c.
Ad avviso del collegio una tale eccezione non può essere con
divisa, risolvendosi nella configurazione di una sanzione di inef
ficacia non prevista dal legislatore che correla una tale caduca
zione del sequestro ai soli casi ordinari, ove si è voluto «assicu
rare la simultaneità del giudizio sulla convalida e sul merito; mentre quando tale finalità non possa essere perseguita, perché la cognizione del merito spetta alla competenza di un giudice diverso da quello competente per la convalida, non troverebbe
più giustificazione sufficiente la sanzione di inefficacia»; cosi
emerge come necessaria solo l'instaurazione del giudizio arbi
trale (come nel caso di specie) al momento della decisione di
primo grado (v. Cass. 7056/82, id., Rep. 1982, voce cit., n.
14; 2820/79, id., 1979, I, 2035). In definitiva, l'art. 680 c.p.c. coordina i rapporti fra giudizio di convalida e giudizio di meri
to in maniera affatto diversa ed autonoma, nell'ipotesi in cui
sul merito non siano competenti i giudici della repubblica, ri
spetto a quanto stabilito, laddove s'impone una contestualità
dei due giudizi, cosi come la sanzione correlata all'obbligo di
cui al 1° comma non può estendersi alla diversa ipotesi qui in
considerazione.
3. - La convenuta articola la propria opposizione alla conva
lida del sequestro sostenendo, in linea generale, che di tale isti
tuto è stato fatto un uso abnorme, essendo stata estesa la sua
applicazione anche all'ipotesi di contestazione dell'obbligo di
pagamento da parte del debitore, mentre essa deve essere circo
scritta alla sola ipotesi della mora credendi, con l'ulteriore co
rollario della necessità che esso sia preceduto dall'offerta da
parte del debitore sequestrante in favore del creditore.
Il tema è stato ampiamente dibattuto, in ogni aspetto, dalle
difese delle parti; a tale riguardo il collegio ritiene di dover ri
confermare il proprio orientamento anche di recente affermato
(vedasi la sentenza 27 novembre 1989, in causa Cariplo/De Meio
ed altri), conforme peraltro al prevalente orientamento della giu
risprudenza anche di legittimità (Cass. 1879/65, id., Rep. 1965,
voce cit., nn. 55, 66 e 1340/70, id., Rep. 1970, voce cit., n. 61). L'istituto di cui all'art. 687 c.p.c. non può identificarsi con
la sola ipotesi della mora credendi di cui all'art. 1206 c.c., per
ché, da un lato, di tali norme non vi è un espresso richiamo
e, dall'altro, è prevista una messa a disposizione «comunque», senza menzionare alcun precedente rifiuto del creditore; d'altra
parte, la misura cautelare è espressamente prevista anche quan do sia controverso «l'obbligo del pagamento o della consegna»,
ipotesi che, necessariamente, è correlabile alla contestazione del
debito da parte del debitore.
Ciò premesso, appare in linea di principio concedibile il se
questro liberatorio laddove, come nel presente caso, «il debito
re ponga in dubbio ed anzi contesti la sussistenza del debito
imputatogli e non creda perciò di dover senz'altro offrire il pa
gamento incondizionato, ma intenda cautelarsi col chiedere in
proposito una preventiva decisione del giudice senza, tuttavia
e nel frattempo, incorrere nelle conseguenze di una propria mo
ra nel caso in cui venga poi accertata come dovuta la prestazio ne» (v. Trib. Milano cit.). (Omissis)
II
Un cittadino di nazionalità inglese, Riley Adrian, chiede, a
garanzia di crediti rivendicati e relativi ad un rapporto di lavoro
intercorso con una società di nazionalità inglese, la White Wa
ves Ltd, sorto in base ad un work agreement stipulato all'estero — verosimilmente in Inghilterra — il sequestro conservativo su
uno scafo da diporto Azimut 90 A.G. di proprietà della predet
ta società, di nazionalità inglese ed iscritto al porto di London,
al momento presente nel porto di Viareggio; ritenuto: che nella specie può ravvisarsi la giurisdizione del
giudice italiano in ordine al predetto ricorso, ai sensi dell'art.
4, n. 3, c.p.c., trattandosi di procedimento relativo ad un prov
vedimento cautelare da eseguirsi in Italia, trovandosi al mo
mento, come visto, l'imbarcazione nel porto di Viareggio;
che il giudice italiano non è competente a decidere del merito
della causa in base al disposto dell'art. 25 disp. sulla legge in
generale, secondo cui le obbligazioni che nascono da contratto
sono regolate dalla legge nazionale dei contraenti, se è comune;
altrimenti da quella del luogo nel quale il contratto è stato con
II Foro Italiano — 1991.
eluso, facendo salva in ogni caso la diversa volontà delle parti. Nel caso di specie, la legge nazionale comune alle parti è quella
inglese, il contratto è stato certamente concluso all'estero, vero
similmente in Inghilterra, non risulta — in particolare dal work
agreement — che le parti abbiano inteso demandare all'autorità
giudiziaria italiana la risoluzione di eventuali controversie rela
tive al rapporto de quo;
che, pertanto, nel giudizio di merito tra le parti non possono trovare applicazione le disposizioni di cui agli art. 409 ss. c.p.c.,
disciplinanti le controversie individuali di lavoro secondo la leg
ge italiana, bensì le diverse previsioni normative della legge
inglese; che una conferma della giurisdizione del giudice italiano limi
tatamente al solo provvedimento cautelare ed al successivo giu dizio di convalida la si ricava dalla disposizione di cui all'art.
680, 4° comma, c.p., che prevede espressamente il caso che a
decidere del merito non siano competenti i giudici della repub blica: in tal caso «l'istanza di convalida si propone davanti al
giudice che ha autorizzato il sequestro»;
che, pertanto, quando il sequestro deve essere eseguito in Ita
lia, mentre a deidere del merito non sono competenti i giudici della repubblica, va tenuta separata la causa di convalida del
sequestro, spettante in ogni caso — ex art. 4, n. 3, c.p.c. —
alla competenza del giudice italiano che ha autorizzato il seque stro stesso, dalla causa di merito (in tal senso: v. Cass., sez.
un., 21 febbraio 1974, n. 490, Foro it., Rep. 1974, voce Giuris
dizione civile, n. 50; 26 maggio 1955, n. 1595, id., Rep. 1955,
voce Sequestro, n. 69; ord. Tribunale di Roma 28 marzo 1973;
decreto del Tribunale di Roma 27 agosto 1977, id., Rep. 1977,
voce cit., n. 7); che nel caso di specie competente all'emissione del richiesto
provvedimento di sequestro e del conseguente giudizio di con
valida deve ritenersi, in base alle regole generali di cui agli art.
8 ss. c.p.c. in tema di competenza per valore, il Tribunale di
Lucca e non il giudice del lavoro, dal momento che, per le ra
gioni sopra illustrate, non vengono in questione le norme di
cui agli art. 409 ss. c.p.c. non applicabili nella causa di merito
al rapporto inter partes; che una conferma a tale assunto la si ricava dall'art. 672,
3° comma, c.p.c.: in caso di richiesta di sequestro conservativo
ante causam, qualora competente a conoscere del merito per
ragioni di materia non sia il giudice civile ordinario, l'istanza
di sequestro si propone al pretore o al presidente del tribunale
competente per valore del luogo in cui il sequestro deve essere
eseguito; che per le ragioni sopra brevemente illustrate, salva evidente
mente ogni valutazione in ordine alla sussistenza dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, l'istanza di seque
stro conservativo ante causam avrebbe dovuto essere proposta avanti al Tribunale di Lucca competente a provvedere su di essa
in base alle norme generali in tema di competenza per valore.
TRIBUNALE DI RIETI; sentenza 5 luglio 1990; Pres. Chiat
tklli, Est. Canzio; Vitali (Avv. Trinchi) c. Soc. Ceramica
Vega, Nobili ed altri (Avv. Feliziani, Tufarelli, Berardi
netti, Chiamanti, Persio, Del Corto).
TRIBUNALE DI RIETI;
Società — Società a responsabilità limitata — Fallimento —
Amministratori — Responsabilità — Azione dei creditori —
Azione del curatore — Legittimazione attiva (Cod. civ., art.
2394; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento,
art. 146). Società — Società a responsabilità limitata — Amministratori
— Responsabilità — Azione del socio — Escussione del fi
deiussiore — Assenza di danno diretto (Cod. civ., art. 2395).
La dichiarazione di fallimento delle società di capitali implica l'assorbimento dell'azione di responsabilità dei creditori radi
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3443 PARTE PRIMA 3444
cata contro gli amministratori in quella che in via derivativa
compete al curatore ai sensi dell'art. 146 l. fall., sicché, suc
cessivamente a tale dichiarazione, viene meno la legittimazio ne dei creditori all'esercizio dell'azione. (1)
L'azione di responsabilità contro gli amministratori ex art. 2395
c.c. proposta dal socio fideiussore per il risarcimento dei dan
ni derivati dall'escussione subita in conseguenza dell'inadem
pimento della società dell'obbligazione principale, non può essere ammessa neppure nel caso in cui risulti provato che
l'inadempimento sia dovuto alla condotta dolosa o colposa
degli amministratori, poiché l'inadempimento è conseguenza immediata del depauperamento del patrimonio sociale e solo
indirettamente è riconducibile agli atti di mala gestio; manca,
pertanto, il rapporto causale diretto tra pregiudizio e com
portamento degli amministratori che è a fondamento dell'a
zione prevista nell'art. 2394 c.c. (2)
Considerato in diritto che dalla documentazione prodotta dalle
parti si desumono le seguenti obiettive e sostanzialmente incon
troverse circostanze di fatto:
(1) Sulla legittimazione esclusiva del curatore all'esercizio delle azioni di responsabilità di cui agli art. 2393 e 2394 c.c. l'orientamento della
giurisprudenza a seguito dell'ultimo pronunciamento della Suprema corte — sent. 28 novembre 1984, n. 6187, Foro it., 1984, I, 3179, con nota di richiami — è ormai consolidato: v., in particolare, Trib. Torino 13 dicembre 1989, id., Rep. 1990, voce Società, n. 612; Trib. Como 25
agosto 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 494; Trib. Milano 5 marzo
1987, ibid., n. 501; Trib. Milano 28 marzo 1985, id., 1986, I, 256. In tema di responsabilità degli amministratori durante le procedure
concorsuali e sulla natura dell'azione esercitata dal curatore v. in dot trina Ragusa Maggiore, Concordato preventivo e responsabilità degli amministratori ex art. 2394 c.c., in Dir. fallim., 1990, II, 1169, nota a Trib. Milano 13 novembre 1989 (Foro it., Rep. 1990, voce cit., n.
614); Grazlani, Minervino Belviso, Manuale di diritto commerciale, Napoli, 1990, 116; Galgano, Diritto civile e commerciale, Padova, 1990, IV, 392; Del Vecchio, La responsabilità degli amministratori a norma dell'art. 146, 2° comma, l. fall., in Gìur. merito, 1990, 505, nota Trib. Pavia 12 luglio 1989 (Foro it., Rep. 1990, voce Fallimento, n. 614); Jaeger, La responsabilità degli amministratori nelle procedure concor suali: una valutazione critica, in Giur. comm., 1988, 548; Jorio, Perdi ta del capitale sociale, responsabilità degli amministratori e «par condi cio creditorum», id., 1986, I, 1975; Di Gravio, La responsabilità degli amministratori delle società, in Dir. fallim., 1985, I, 518; Bonelli, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1985, 301 e La responsa bilità degli amministratori, in Trattato delle società per azioni a cura di Colombo e Portale, 4, Torino, 1991, 455.
(2) Non risultano precedenti in termini.
Copiosa è invece la giurisprudenza della Suprema corte che ribadisce la natura extracontrattuale dell'azione ex art. 2395 c.c. e ritiene neces saria la dimostrazione del nesso causale diretto tra la violazione com messa dagli amministratori e il danno subito dal socio o dal terzo: cfr. sent. 2 giugno 1989, n. 2685, Foro it., Rep. 1989, voce Società, n. 651 e Giust. civ., 1989, I, 2000, con nota di Cavaliere e Resp. civ., 1990, 415, con nota di Balzarini; 3 agosto 1988, n. 4817, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 524; 3 novembre 1983, n. 6469, id., Rep. 1983, voce cit., n. 283 e Dir. fallim., 1984, II, 90, con nota di Ragusa Mag
giore; 6 gennaio 1982, n. 14, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 204 e Giur. comm., 1983, II, 530, con nota di Cassottana; 14 maggio 1981, n. 3176, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 191; 19 febbraio 1980, n.
1212, id., 1980, I, 1957. Per la più recente giurisprudenza di merito, v. Trib. Milano 28 aprile
1990, id., Rep. 1990, voce cit., n. 614; Trib. Milano 3 marzo 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 525 e Società, 1988, 618, con nota di Ro
velli; App. Milano 3 novembre 1987, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 527; Trib. La Spezia 17 ottobre 1987, ibid., n. 526; Trib. Roma 5 dicembre 1986, id., Rep. 1987, voce Fallimento, n. 569.
Anche la dottrina è orientata prevalentemente nel ritenere che l'azio ne individuale ex art. 2395 c.c. sia esperibile solo nell'ipotesi di danno incidente direttamente sul patrimonio del socio o del terzo. Se, al con
trario, dal comportamento irregolare degli amministratori derivi un de
pauperamento del patrimonio della società, si potrà ricorrere all'azione ex art. 2393 c.c. e, qualora ne ricorrano gli estremi anche a quella ex art. 2394 c.c. Sul punto, v. Galgano, op. cit., Ili, 2, 257; Galasso, Azione extracontrattuale di responsabilità ex art. 2395, in Società, 1990, 902, nota a Trib. Milano 16 ottobre 1989 (Foro it., Rep. 1990, voce
Società, n. 616); Panzani, Responsabilità degli amministratori: rappor to di causalità fra gli atti di «mala gestio» e danno, in Giust. civ., 1989, II, 86. Carnevali, La responsabilità civile degli amministratori
Il Foro Italiano — 1991.
1) il Vitali, già socio e consigliere di amministrazione della
Ceramica Vega s.r.l. — originariamente s.p.a. —, cessava dalla
suddetta carica il 30 aprile 1979 e dalla qualità di socio il 14
luglio 1980;
2) la Bnl, sezione mediocredito, con contratto 14 giugno 1977, concedeva alla società un finanziamento di lire 700.000.000 da
restituirsi a mezzo di diciotto rate semestrali, a garanzia del
quale oltre il privilegio sui beni della società, veniva prestata da tutti i soci contestuale fideiussione solidale e indivisibile, con
espressa rinuncia al beneficio d'escussione;
3) in conseguenza del mancato pagamento e della risoluzione
del contratto di finanziamento, la Bnl otteneva dal presidente del Tribunale di Roma decreto ingiuntivo 23 dicembre 1982 nei
confronti della soc. Vega e dei fideiussori coobbligati per lire
1.042.151.634, sulla base del quale, fra l'altro, iscriveva ipoteca
giudiziale sugli immobili di proprietà del Vitali, cancellata pre vio versamento della complessiva somma di lire 70.000.000 in
data 20 novembre 1984 e 8 aprile 1985;
4) con sentenza 28 novembre 1984 (l'atto di citazione risulta
notificato il 30 novembre 1984) il Tribunale di Viterbo dichiara
va il fallimento della soc. Ceramica Vega s.r.l.; che il Vitali ha esercitato, sull'assunto di gravi comportamen
ti colposi e dolosi degli amministratori Nobili, Tombolini e Se
rinaldi (illegittimità delle delibere assembleari 30 aprile 1979, occultamento nei bilanci degli esercizi 1980-1981-1982 della rea
le esposizione debitoria della società nei confronti della Bnl, illecite operazioni di prelevamento dalle casse sociali di ingenti somme di denaro, distratte in proprio favore anziché destinate
al pagamento delle rate del finanziamento della Bnl nell'anno
1982) e della condotta omissiva del Lampignano, presidente del
l'organo di vigilanza, sia l'azione di responsabilità verso i credi
tori sociali prevista dall'art. 2394 c.c., chiedendo la reintegra zione del patrimonio sociale depauperato e reso insufficiente
al soddisfacimento dei crediti, che l'azione individuale di re
sponsabilità di cui al successivo art. 2395 c.c., per il risarcimen
to del danno da lui direttamente subito in qualità di fideiussio
ne solidale escusso dalla Bnl;
che, tanto premesso, devesi preliminarmente dichiarare il di
fetto di legittimazione attiva del Vitali nell'esercizio dell'azione
di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci ex art.
2394 e 2407 c.c. (espressamente richiamati, per la disciplina del
le società a responsabilità limitata, dagli art. 2487 e 2488 c.c.),
implicando l'intervenuta dichiarazione di fallimento della socie
tà, in data anteriore alla notificazione dell'atto di citazione, l'as
sorbimento dell'azione dei creditori in quella esperibile in via
derivata dal curatore a norma dell'art. 146 1. fall. (v. Cass.
6187/84, Foro it., 1985, I, 3179; 3176/81, id., Rep. 1981, voce
Società, n. 191; 4415/79, id., Rep. 1979, voce Prescrizione e
decadenza, n. 28); che risulta altresì infondata, ad avviso del collegio, l'ulteriore
azione individuale di responsabilità contro gli amministratori
ex art. 2395 c.c., richiamato dall'art. 2487 c.c., in quanto l'as
serito «indebito utilizzo di fondi sociali e omesso pagamento di debiti della società «appare immediatamente e direttamente
lesivo del patrimonio sociale, risultato infatti insufficiente a sod
disfare le ragioni dei creditori ed in particolare della Bnl, e solo
indirettamente e di riflesso del patrimonio individuale dell'atto
re, come in realtà riconosce lo stesso in comparsa conclusionale
nell'affermare che «ove gli amministratori avessero provveduto ad onorare le rate di mutuo la Ceramica Vega non sarebbe stata
insolvente nei confronti della Bnl e quest'ultima non avrebbe
escusso i fideiussori... per l'inadempimento della società alle ob
bligazioni garantite dal fideiussore»; che il difetto di un pregiudizio «automomo» a carico dell'at
tore, che sia cioè conseguenza immediata e diretta dell'illecito
comportamento degli amministratori e non semplice riflesso dei
per danno ai risparmiatori, in Contratto e impresa, 1988, 81; Ferri, Le società, in Trattato fondato da Vassalli, Torino, 1987, 723; Bonel
li, op. ult. cit., 445. Non si può, peraltro, ignorare che Cass. 20 maggio 1986, n. 3353,
Foro it., Rep. 1986, voce Danni civili, n. 65, ha riconosciuto valenza al principio della cosiddetta «regolarità causale», in base al quale sono risarcibili anche i danni causati da atti o fatti che, pur non producendo di per sé alcun evento pregiudizievole, abbiano comunque prodotto uno stato di cose tale che senza di esso il danno non si sarebbe verificato.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
danni cagionati da questi ultimi al patrimonio sociale, emerge ineqivocamente, d'altra parte, dalla natura del diritto indivi
duale asseritamente violato, atteso il carattere comunque «ac
cessorio» dell'obbligazione fideiussoria, pur «solidale ed indivi
sibile», rispetto all'obbligazione principale, per cui i fideiussori, rinunciando espressamente al beneficio della previa escussione
della società debitrice, s'obbligavano, ai sensi dell'art. 5 del con tratto di finanziamento 14 giugno 1977, a versare alla Bnl, «in
vece della debitrice», quanto da essa dovuto, «nel caso che que sta mancasse per qualsiasi motivo alla puntuale esecuzione degli
obblighi assunti»;
che, una volta identificata l'aggressione del patrimonio indi
viduale del garante da parte dell'istituto di credito come conse
guenza immediata e diretta dell'inadempimento dell'obbligazio ne principale della società di restituzione delle somme mutuate, determinato a sua volta dall'insufficienza del patrimonio socia
le al soddisfacimento dei crediti, per la dedotta inosservanza
da parte degli amministratori degli obblighi inerenti alla conser
vazione dell'integrità del patrimonio medesimo, devesi corretta mente riconoscere che la violazione del diritto individuale e la
pretesa risarcitoria dell'attore si presentano in rapporto causale
meramente indiretto e riflesso con l'azione asseritamente illecita
degli amministratori, siccome correlate direttamente e immedia
tamente, in realtà, all'avvenuto depauperamento del patrimo nio sociale in conseguenza del medesimo comportamento degli amministratori (v. Cass. 2685/89, id., Rep. 1989, voce Società, n. 651; 4817/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 524; 6469/83,
id., Rep. 1983, voce cit., n. 283; 14/82, id., Rep. 1982, voce
cit., n. 204; 1212/80, id., 1980, I, 1957 e 327/74, id., 1974, I, 1714);
che l'accertata insussistenza della responsabilità — solidale
e presupposta — degli amministratori implica coerentemente l'in
fondatezza dell'azione individuale di responsabilità proposta con
tro il presidente del collegio sindacale, a prescindere dalla vexa
ta quaestio circa l'astratta proponibilità di siffatta azione, in
assenza di un espresso richiamo dell'art. 2407 c.c. anche alla
disposizone dell'art. 2395 c.c.; che parimenti infondata deve dichiararsi la domanda di dan
ni, riconvenzionalmente proposta dal Serinaldi per presunti «at
ti colposi e dolosi posti in essere dall'attore nella qualifica di
amministratore della Vega che hanno danneggiato in modo di
retto il convenuto», non solo perché generica e non provata, ma anche perché allusiva a illeciti comportamenti dell'ex ammi
nistratore comunque inerenti alla violazione degli obblighi di
conservazione dell'integrità del patrimonio sociale, idonei di per sé a sostanziare la responsabilità verso i creditori sociali ex art.
2394 c.c., non già — come si è visto — la differente azione
individuale prevista dall'art. 2395 c.c.
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile
I
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Esercizio abusivo di
impianti soggetti a concessione o ad autorizzazione — Tratta
mento sanzionatolo — «Ius superveniens» — Restituzione
degli atti al giudice «a quo» (Cost., art. 3; d.p.r. 29 marzo
1973 n. 156, approvazione del t.u. delle disposizioni legislati ve in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni,
art. 195; 1. 14 aprile 1975 n. 103, nuove norme in materia
di diffusione radiofonica e televisiva, art. 45; 1. 6 agosto 1990
n. 223, disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e priva
to, art. 30).
Intervenuto l'art. 30, 7° comma, 1. 6 agosto 1990 n. 223 che
ha modificato il previgente regime sanzionatorio, vanno resti
tuiti al giudice a quo gli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 195 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, come
Il Foro Italiano — 1991 — Parte /-64.
modificato dall'art. 45 1. 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in
cui prevede un pari trattamento sanzionatorio per l'esercizio abu
sivo di impianti soggetti a concessione e di quelli soggetti ad
autorizzazione, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
Corte costituzionale; ordinanza 10 luglio 1991, n. 329 (Gaz zetta ufficiale, 1a serie speciale, 24 luglio 1991, n. 29); Vivone; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Saluzzo 8 gennaio 1991
(G.U., la s.s., n. 16 del 1991).
II
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Esercizio abusivo di
impianti soggetti a concessione o ad autorizzazione — Tratta
mento sanzionatorio — Questioni inammissibili e «ictu oculi»
manifestamente infondate di costituzionalità (Cost., art. 3;
d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, art. 195; 1. 14 aprile 1975 n.
103, art. 45; 1. 6 agosto 1990 n. 223, art. 30).
È manifestamente inammissibile, in quanto irrilevante nel giu dizio a quo, la questione di legittimità costituzionale dell'art.
195 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, nel testo sostituito dall'art.
45 1. 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui assoggetta ad
identica sanzione penale l'abusiva installazione di impianto ra
dioelettrico di telecomunicazione senza distinguere l'ipotesi in
cui lo stesso sia soggetto a regime concessorio o a semplice regi me autorizzatorio, in riferimento all'art. 3 Cost. (2)
È manifestamente infondata, in quanto ictu oculi priva di
qualsiasi fondamento, la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 30, 7° comma, 1. 6 agosto 1990 n. 223, nella parte in cui assoggetta ad identica sanzione penale l'abusiva installa
zione di impianto radioelettrico di telecomunicazione senza di
stinguere l'ipotesi in cui lo stesso sia soggetto a regime conces
sorio o a semplice regime autorizzatorio, in riferimento all'art.
3 Cost. (3)
Corte costituzionale; ordinanza 12 giugno 1991, n. 272 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 19 giugno 1991, n. 24); Pres.
Corasaniti, Est. Spagnoli; Merlotti; interv. Pres. cons, ministri.
Ord. Pret. Ivrea-Cuorgnè, 9 novembre 1990 (G.U., la s.s., n.
7 del 1991).
(1-3) La corte motiva la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell'art. 30, 7° comma, 1. 223/90 (terza massima) soste
nendo, con riguardo all'esercizio abusivo di apparecchi radioelettrici di debole potenza, che la «riconduzione dei predetti apparecchi nel l'ambito del regime autorizzatorio (sentenza n. 1030 del 1988, Foro it., 1989, I, 347) è dipesa dalla considerazione che quello concessorio com
portava il riconoscimento alla pubblica amministrazione di eccessivi spazi di discrezionalità, non giustificati dall'esigenza di un razionale ed ordi nato governo dell'etere, idoneo ad assicurare in concreto il coordina mento e la compatibilità reciproca dei vari strumenti di telecomunica
zione; che, poiché anche per gli impianti radioelettrici soggetti a conces sione è questa esigenza che sta alla base dell'assoggettamento a sanzione
penale della condotta inosservante, non può dirsi irragionevole che si accomunino nella medesima previsione le due sottofattispecie, dato che le specifiche modalità di regolazione amministrativa dell'attività non
comportano di per sé una diversa entità della lesione del bene tutelato e che eventuali differenze rilevabili in concreto ben possono essere ap prezzate nell'ambito dei limiti minimo e massimo della pena edittale».
Con l'ord. 329/91 la corte restituisce, per un riesame della rilevanza alla luce dell'intervenuto (prima dell'ordinanza di rinvio) art. 30, 7°
comma, 1. 223/90, gli atti al giudice a quo, precisando che ciò avviene «a prescindere da quanto considerato in ordine alla nuova disposizione nell'ord. 272/91».
Con quest'ultima decisione (prima massima), anteriore di un mese a quella di restituzione degli atti, la corte ha deciso, ritenendola manife
stamente infondata, la questione di costituzionalità della nuova disposi zione, negli esatti termini e nell'ambito di un procedimento in tutto e per tutto analogo a quello cui si riferiva il giudice al quale sono stati restituiti gli atti per il riesame della rilevanza alla stregua della nuova
normativa.
Pertanto, qualora il giudice a quo ritenga che la nuova disciplina non elimini i dubbi di costituzionalità che egli nutriva nei confronti della vecchia, si troverà comunque di fronte ad una questione già risol
ta, da appena un mese, nel senso della manifesta infondatezza. Vien da chiedersi: a che fine allora questa restituzione? La questione di costituzionalità dell'art. 195 d.p.r. 29 marzo 1973
n. 156, nel testo sostituito dall'art. 45 1. 103/75, è stata dichiarata in
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