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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 5 maggio 1988, n. 507 (Gazzetta...

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sentenza 5 maggio 1988, n. 507 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 maggio 1988, n. 11); Pres. Saja, Est. Caianiello; Consorzio di credito per le opere pubbliche (Avv. Scoca), Soc. Dalmine, Soc. Italsider, Soc. Finsider (Avv. Lemme, Savarese) c. Camera di commercio di Milano (Avv. Antonini, Onida), Camera di commercio di Bologna, Camera di commercio di Genova. Ord. Trib. Bologna 15 febbraio 1983 (G.U. n. 260 del 19 ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 2097/2098-2109/2110 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181352 . Accessed: 28/06/2014 10:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.116 on Sat, 28 Jun 2014 10:43:18 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 5 maggio 1988, n. 507 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 maggio 1988, n. 11);Pres. Saja, Est. Caianiello; Consorzio di credito per le opere pubbliche (Avv. Scoca), Soc.Dalmine, Soc. Italsider, Soc. Finsider (Avv. Lemme, Savarese) c. Camera di commercio di Milano(Avv. Antonini, Onida), Camera di commercio di Bologna, Camera di commercio di Genova.Ord. Trib. Bologna 15 febbraio 1983 (G.U. n. 260 del 19 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2097/2098-2109/2110Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181352 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

l'accertamento definitivo del difetto di giurisdizione, al giudice di merito del procedimento incidentale non potrà spettare, nello

stesso processo, altro potere che quello relativo alla adozione dei

provvedimenti conseguenti all'accertato difetto di giurisdizione:

provvedimenti che, ai sensi dell'art. 550 c.p.p., si verranno a con

cretare nella semplice annotazione della sentenza della Corte di

cassazione in margine all'origine del provvedimento annullato.

5. - Poste tali premesse resta da esaminare il rapporto tra il

procedimento incidentale (concernente il provvedimento in tema

di libertà personale) e il procedimento principale (concernente l'ac

certamento del reato), al fine di valutare gli effetti che la pronun cia della Corte di cassazione sul difetto di giurisdizione adottata

nel primo procedimento è in grado di produrre nei confronti del

secondo.

La piena autonomia tra i due procedimenti (incidentale e prin

cipale) è stata affermata da una parte della dottrina con riferi

mento alla valutazione dei fatti e delle prove: tale autonomia non

può, peraltro, valere anche in ordine all'accertamento di un pre

supposto essenziale per l'esistenza stessa del processo, quale quel lo relativo alla mancanza di un potere giurisdizionale esercitabile

da qualsivoglia giudice nei confronti della fattispecie sottoposta ad esame. Tale presupposto, con riferimento ai divesi tipi di pro cedimenti e subprocedimenti ricollegabili alla stessa azione pena

le, si caratterizza, infatti, come indivisibile e unitario, con la con

seguenza che l'accertamento del difetto di giurisdizione operato nell'ambito di un procedimento incidentale non potrà non riflet

tersi, ove abbia assunto i caratteri della definitiva, in tutti gli altri procedimenti, incidentali e principale, connessi alla stessa

azione. E questo tanto più ove tra i diversi procedimenti venga a manifestarsi — cosi come accade nel caso in esame — una

completa identità tanto con riferimento ai soggetti perseguiti che

ai reati contestati.

Tale soluzione si presenta, d'altro canto, ancor più necessitata

se si tiene conto delle caratteristiche proprie del vigente processo

penale, dove non compare un istituto quale il regolamento pre ventivo di giurisdizione previsto dal codice di procedura civile

(art. 37 e 41 c.p.c.) e dove, di conseguenza, il giudizio sull'azione

e il giudizio sulla giurisdizione appaiono sempre tra loro indisso

lubilmente collegati. 6. - Le osservazioni che precedono conducono, dunque, a con

cludere nel senso che la dichiarazione di difetto di giurisdizione, ove sia stata irrevocabilmente enunciata dalla Corte di cassazio

ne, non può non portare alla chiusura, oltre che del procedimen to incidentale nel cui ambito è stata adottata, anche del procedi mento principale, dove è sorto l'incidente relativo al provvedi mento restrittivo della libertà personale.

La conseguenza naturale sarà che, una volta accertata, in sede

di processo incidentale, la carenza del presupposto della giurisdi

zione, al giudice del processo principale non potrà spettare altro

che il compito, vincolato, di dichiarare concluso lo stesso proces

so, dando atto della improcedibilità dell'azione per difetto di giu risdizione.

Un incidente di costituzionalità, sollevato in questa fase si pre

senta, quindi, tardivo — come è stato rilevato dall'avvocatura

dello Stato — finendo per assumere in realtà le connotazioni ano

male di un mezzo di impugnazione della stessa sentenza con cui

la Corte di cassazione ha definitivamente dichiarato il difetto di

giurisdizione. 7. - Le due ordinanze in epigrafe vanno, pertanto, dichiarate

inammissibili in dipendenza della sentenza della Corte di cassa

zione 17 luglio 1987 che ha affermato il difetto di giurisdizione nei confronti di imputati ritenuti, per la loro qualifica soggettiva,

coperti da immunità penale.

Ogni ulteriore pronuncia sui diversi profili, di ordine proces suale e sostanziale, connessa ai due giudizi di cui è causa resta,

di conseguenza, assorbita.

Per questi motivi, la Corte costituzinale dichiara inammissibili

le questioni di legittimità costituzionale sollevate, con le ordinan

ze di cui in epigrafe, dal giudice istruttore del Tribunale penale di Milano avverso l'art. 11 del trattato tra Italia e Santa Sede, reso esecutivo con la 1. 27 maggio 1929 n. 810, in riferimento

agli art. 1, 2° comma, 7, 1° comma, 102, 112, 3, 1° comma,

24 e 25, 2° comma, Cost.

Il Foro Italiano — 1988.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 5 maggio 1988, n. 507

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 11 maggio 1988, n. 11); Pres. Saja, Est. Caianiello; Consorzio di credito per le opere

pubbliche (Avv. Scoca), Soc. Dalmine, Soc. Italsider, Soc. Fin

sider (Avv. Lemme, Savarese) c. Camera di commercio di Mi

lano (Avv. Antonini, Onida), Camera di commercio di Bolo

gna, Camera di commercio di Genova. Ord. Trib. Bologna 15

febbraio 1983 (G.U. n. 260 del 1983); Trib. Genova 24 settem

bre 1984 (G.U. n. 119 bis del 1985); A pp. Milano 17 giugno 1986 (G.U., la s.s., n. 58 del 1986).

Camera di commercio — Diritti di borsa — Assoggettamento —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 23; r.d. 20

settembre 1934 n. 2011, t.u. sui consigli provinciali dell'econo

mia, corporativa e sugli uffici provinciali dell'economia corpo

rativa, art. 53, 80).

È infondata la questione di legittimità costituzionale, nei sensi

di cui in motivazione, degli art. 53 e 80 r.d. 20 settembre 1934

n. 2011, nella parte in cui prevedono l'istituzione dei diritti

inerenti ai servizi di borsa senza indicare espressamente i criteri

per la determinazione in concreto della prestazione patrimonia le imposta, in riferimento all'art. 23 Cost. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 marzo

1988, n. 2443; Pres. Scanzano, Est. Caturani, P.M. Caristo

(conci, diff.); Camera di commercio, industria, agricoltura, ar

tigianato di Milano (Avv. Villa, Sculco, Antonini, Onida) c. Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Avv. dello Sta

to Tallarida). Cassa App. Milano 23 marzo 1984.

Camera di commercio — Diritti di borsa — Assoggettamento —

Disciplina (R.d. 4 gennaio 1925 n. 29, approvazione del regola mento generale per l'attuazione del r.d.l. 8 maggio 1924 n. 750, sull'ordinamento delle camere di commercio, art. 7; r.d. 20 set

tembre 1934 n. 2011, art. 53, 80; d. leg. lgt. 21 settembre 1944

n. 315, soppressione dei consigli e degli uffici provinciali dell'e

conomia, istituzione delle camere di commercio, industria e agri

coltura, nonché degli uffici provinciali del commercio e dell'in

dustria, art. 6; d.p.r. 31 marzo 1975 n. 138, attuazione della

delega di cui all'art. 2, lett. c) e d), 1. 7 giugno 1974 n. 216, concernente disposizioni dirette a coordinare, con le attribuzio

ni della commissione nazionale per le società e la borsa, le nor

me concernenti l'organizzazione e il funzionamento delle borse

valori e l'ammissione dei titoli a quotazione, nonché le forme

di controllo ed ispezione previste dalla legislazione vigente nel

settore dell'attività creditizia e delle partecipazioni statali, art.

1, 2; d.p.r. 13 luglio 1978 n. 474, tariffa dei diritti di borsa

spettanti alla camera di commercio, industria, artigianato e agri coltura di Milano).

Camera di commercio — Diritti di borsa — Obbligazioni emesse

dalla Ceca — Assoggettamento (L. 9 dicembre 1977 n. 956, aumento della quota di partecipazione dell'Italia al capitale Ban

ca europea per gli investimenti).

I diritti di borsa, che spettano alle camere di commercio, non han

no natura di tributi, né di tasse, ma costituiscono il prezzo per

(1) La Corte costituzionale, con decisione successiva a quelle della Cas

sazione in epigrafe, esclude l'illegittimità costituzionale della normativa

sui diritti di borsa, dedotta in relazione all'art. 23 Cost. La Consulta, infatti, richiamandosi proprio alle sentenze della Cassa

zione qui riportate, ha ritenuto infondate le censure di indeterminatezza

della prestazione patrimoniale imposta, in quanto: a) i soggetti tenuti alla

prestazione sono agevolmente individuabili in coloro che hanno interesse

ai servizi resi dalle camere di commercio (cosi, ad esempio fra i diritti

di quotazione, i soggetti che hanno interesse alla quotazione di titoli al

listino); b) l'oggetto di tale prestazione patrimoniale è «chiaramente indi

viduabile», poiché «ha come parte di riferimento gli elencati [dalla legge] servizi di borsa (—) onde deve avere attinenza con quei servizi».

Sul punto, in difetto di precedenti giurisprudenziali, cfr. R. Fricano, Le camere di commercio in Italia, Milano, 1983, spec. 155, per le funzio

ni e attribuzioni delle camere, e a p. 89, con specifico riferimento alle

borse valori (il libro è pubblicato nella collana dell'Unioncamere).

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Page 3: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 5 maggio 1988, n. 507 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 11 maggio 1988, n. 11); Pres. Saja, Est. Caianiello; Consorzio

2099 PARTE PRIMA 2100

il servizio di manutenzione dei locali e per l'organizzazione del

personale delle borse, e possono essere imposti non solo in via

generale, per i titoli per cui l'ammissione al listino richieda un

espresso provvedimento, ma anche per i titoli ammessi di dirit

to alla quotazione. (2) I titoli obbligazionari emessi dalla Comunità europea del carbone

e dell'acciaio sono soggetti ai diritti di borsa in favore delle

camere di commercio previsti per i titoli di Stato. (3)

III

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 gennaio

1988, n. 188; Pres. Scanzano, Est. Caturani, P.M. Caristo

(conci, diff.); Camera di commercio, industria, agricoltura, ar

tigianato di Milano (Avv. Villa, Sculco, Antonini, Onida) c. Banca europea per gli investimenti (Avv. dello Stato Talla

rida). Cassa App. Milano 23 marzo 1984.

Camera di commercio — Diritti di borsa — Assoggettamento —

Disciplina (R.d. 4 gennaio 1925 n. 29, art. 7; r.d. 20 settembre

1934 n. 2011, art. 53, 80; d. leg. lgt. 21 settembre 1944 n.

315, art. 6; d.p.r. 31 marzo 1975 n. 138, art. 1, 2; d.p.r. 13

luglio 1978 n. 474). Camera di commercio — Diritti di borsa — Obbligazioni emesse

dalla Banca europea per gli investimenti — Assoggettamento

(L. 9 dicembre 1977 n. 956).

I diritti di borsa, che spettano alle camere di commercio, non

hanno natura di tributi, né di tasse, ma costituiscono il prezzo

per il servizio di manutenzione dei locali e per l'organizzazione del personale delle borse, e possono essere imposti non solo

in via generale, per i titoli la cui ammissione al listino richieda

un espresso provvedimento, ma anche per i titoli ammessi di

diritto alla quotazione. (4) I titoli obbligazionari emessi dalla Banca europea per gli investi

menti sono soggetti ai diritti di borsa in favore delle camere

di commercio previsti per i titoli di Stato. (5)

(2-7) Le sentenze «gemelle» della Cassazione in epigrafe (per la verità l'ultima di esse si differenzia lievemente, in quanto argomenta sulla licei tà dei c.d. diritti di borsa alla luce dell'art. 23 Cost.) hanno avuto sia sulla stampa quotidiana (Italia Oggi del 24 febbraio 1988) che su quella specializzata (Ecomomia e tributi, 1988, n. 48, 76; Bancaria, 1988, n.

55) notevole eco. In effetti è la prima volta che la corte si pronuncia sulla natura dei

diritti di borsa, e per farlo ha dovuto procedere ad una complessa rico struzione del sistema normativo in vigore, a causa del sovrapporsi di nor me diverse e contrastanti negli ultimi settant'anni.

La Cassazione ha escluso che i diritti in questione abbiano natura di tasse o di imposte, precisando che ad essi va riconosciuta natura di prez zo per i servizi offerti dalle camere di commercio. È bensì vero che le camere hanno visto i loro compiti ridursi notevolmente con l'istituzione della Consob e l'attribuzione ad essa della potestà amministrativa sulle borse valori, ai sensi dell'art. 1 d.p.r. 31 marzo 1975 n. 138; è vero però anche che l'art. 2 del medesimo decreto, esplicitamente richiamando l'art. 2 r.d. 4 agosto 1913 n. 1068 ha fatto salve le attribuzioni delle camere di commercio relative alla manutenzione dei locali delle riunioni e all'or

ganizzazione del personale, ed è proprio a queste attribuzioni che i «dirit ti» si riferiscono.

La corte, inoltre, non esistendo alcuna disciplina di legge per la gestio ne dei servizi in esame, ha ritenuto che per essi la camera di commercio è autorizzata ad improntare la propria azione a criteri di economicità

(ossia ad imporre un prezzo a chi di essi fruisce). La stranezza del sistema sta nel fatto che esso distingue titoli ammessi

e titoli non ammessi di diritto alla quotazione in borsa; prevedendo per i secondi il necessario pagamento dei «diritti», ed in principio escluden dolo per i secondi.

Senonché, la legge consente alle camere di commercio di derogare al sistema cosi delineato, prevedendo anche per taluni individuati titoli, am messi di diritto al listino, l'obbligo del pagamento dei diritti di borsa. Ciò che in concreto la camera di Milano ha fatto con riferimento ai titoli in esame.

Sul punto difettano precedenti specifici editi, a parte Trib. Milano 19

aprile 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Comunità europee, n. 353, in senso difforme dalle sentenze in epigrafe.

Sulla natura degli atti delle camere di commercio, v. Cass. 26 giugno 1962, n. 1655, id., Rep. 1962, voce Borsa, n. 6; cfr. anche Cass. 8 luglio 1968, n. 2338, id., 1968, I, 2765; si veda altresì' Barbuto, Pieri, Ronga, Lonoo, Operazioni e contratti di banca e borsa, Torino, 1978, 905 ss.

Il Foro Italiano — 1988.

IV

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 dicem

bre 1987, n. 9263; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Catu

rani, P.M. Paolucci (conci, diff.); Camera di commercio, in

dustria, agricoltura, artigianato di Milano (Avv. Villa, Scul

co) c. Consorzio di credito per le opere pubbliche (Avv. Sco

ca, Cimmino/ Cassa App. Milano 14 ottobre 1983.

Camera di commercio — Diritti di borsa — Assoggettamento —

Disciplina (Cost., art. 23; r.d. 4 gennaio 1925 n. 29, art. 7; r.d. 20 settembre 1934 n. 2011, art. 53, 80; d. leg. lgt. 21 set

tembre 1944 n. 315, art. 6; d.p.r. 31 marzo 1975 n. 138, art.

1, 2; d.p.r. 13 luglio 1978 n. 474). Camera di commercio — Diritti di borsa — Obbligazioni emesse

dal Consorzio di credito per le opere pubbliche — Assoggetta mento (L. 9 dicembre 1977 n. 956).

I diritti di borsa, che spettano alle camere di commercio, non

hanno natura di tributi, né di tasse, ma costituiscono il prezzo

per il servizio di manutenzione dei locali e per l'organizzazione del personale delle borse, e possono essere imposti non solo

in via generale, per i titoli la cui ammissione al listino richieda

un espresso provvedimento, ma anche per i titoli ammessi di

diritto alla quotazione. (6) I titoli obbligazionari emessi dal Consorzio di credito per le opere

pubbliche sono soggetti ai diritti di borsa in favore delle came

re di commercio previsti per i titoli di Stato. (7)

I

Diritto. — 1. - Con cinque ordinanze di autorità giudiziarie diverse è sollevata questione di legittimità costituzionale, in rife

rimento all'art. 23 Cost., dell'art. 53 t.u. 20 settembre 1934 n.

2011, il quale prevede al 2° comma le modalità per la istituzione

dei diritti inerenti ai servizi delle borse di commercio.

In una delle ordinanze è sollevata questione, sempre in riferi

mento all'art. 23 Cost., anche dell'art. 80 della stessa legge, il

quale dispone che restano in vigore, fra gli altri, il r.d. 4 gennaio 1925 n. 29, che all'art. 7, 3° comma, elenca i diritti in questione.

Ad avviso dei giudici a quibus, dette norme, prevedendo l'isti

tuzione dei diritti inerenti ai servizi di borsa, non indicherebbero

alcun criterio per la determinazione in concreto di tale prestazio ne patrimoniale imposta, dal che si deduce l'esistenza di un con

trasto con il parametro costituzionale invocato.

2. - I giudizi possono essere per connessione riuniti e definiti

con unica sentenza.

3. - In relazione al profilo sulla rilevanza della questione, pro

spettato — pur senza formularsi in proposito espressa eccezione

di inammissibilità — da una delle parti costituite e cioè dal Con

sorzio di credito delle opere pubbliche e relativo all'aspetto della

probabile esenzione di detto istituto dai diritti in parola, esenzio

ne che discenderebbe dal r.d.l. n. 1627 del 1919 convertito nella

1. n. 488 del 1921, va osservato che una delle ordinanze di rimes

In particolare, sui regolamenti delle camere di commercio, v. App. Mi lano 21 maggio 1963, Foro it., 1963, I, 2004.

Sugli usi normativi della borsa valori di Milano, cfr. Trib. Milano 17 marzo 1969, id., Rep. 1969, voce cit., n. 18; App. Milano 16 maggio 1975, inedita, ma citata da Coltro Campi, Rassegna di giurisprudenza sulla borsa, in Banca, borsa, ecc., 1976, I, 103. In tema anche Coltro

Campi, Lineamenti di diritto di borsa, Milano, 1985, 93. Sui poteri delle camere di commercio, v. ancora Coltro Campi, op.

ult. cit., 10, spec. 100, ove afferma che sono tuttora attribuiti ad esse

«gli oneri di cui all'art. 2 r.d. 1068/13 (. . .) e, deve quindi dedursene, i necessari proventi».

Sull'ammissione di diritto al listino, v. Castellano, L'ammissione, di diritto e d'ufficio, alla quotazione di borsa, in Giur. comm., 1977, I, 238. Sul punto, cfr. anche Tantini, La società quotata in borsa e in

particolare sull'ammissione d'ufficio alla quotazione, in Riv. dir. civ., 1978, II, 154.

Sui poteri della Consob sul mercato borsistico, v., da ultimo, Cera, La Consob, Milano, 1986, 166 ss.

Sulla natura della Banca europea per gli investimenti, cfr. Corte giust. Ce 3 marzo 1988, causa 85/86, Foro it., 1988, IV, 236, con nota di ri chiami di A. Tizzano.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sione (reg. ord. n. 1329 del 1984) ha espressamente motivato sul

punto, con esauriente argomentazione, concludendo per la rile

vanza della questione, nell'assunto che l'esenzione tributaria non

si applica ai diritti di borsa, onde, difronte a così precisa motiva

zione del giudice a quo non può più farsi questione in questa sede di tale profilo che attiene alla rilevanza.

4. - In relazione ad altro eventuale profilo di inammissibilità

attinente alla natura di una delle norme impugnate (art. 53, 2°

comma, t.u. 1934 n. 2011) la difesa del Consorzio di credito per ultimo citato esprime il dubbio che tale norma potrebbe non ave

re forza di legge, in quanto inserita in un testo unico di carattere

compilativo che non troverebbe, sul punto, riscontro in norme

legislative preesistenti, onde il sindacato su detta norma potrebbe non spettare a questa corte.

Al riguardo va però osservato che, come è stato anche di re

cente affermato dalla Corte di cassazione, i diritti in parola, aventi

carattere non tributario ma, comunque, di prestazione patrimo niale imposta, trovano oggi il loro fondamento in norme di ran

go legislativo.

Difatti, se è vero che la norma che introdusse tali diritti di

borsa e cioè l'art. 7 r.d. n. 29 del 4 gennaio 1925, era contenuta

originariamente in un testo di natura regolamentare, tuttavia tale

norma fu elevata al rango di legge per effetto dell'espresso richia

mo fattone nell'art. 80 t.u. del 1934 n. 2011, per cui anche il

secondo profilo di eventuale inammissibilità è in realtà inconsi

stente. Che tale richiamo abbia potuto imprimere forza di legge alle norme richiamate, discende dalla constatazione della natura

non meramente compilativa del cennato testo unico perché que sto fu adottato sulla base dell'art. 16 1. 18 giugno 1931, n. 875, che aveva appunto autorizzato il governo a riunire in testo unico

le norme preesistenti, con la facoltà di emanare quelle necessarie

a disciplinare organicamente la materia, integrando, modificando

e sopprimendo le precedenti disposizioni. 5.1 - Nel merito le questioni non sono fondate.

La giurisprudenza di questa corte ritiene che il principio della

riserva di legge, previsto dall'art. 23 Cost., sia rispettato anche

in assenza di una espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti

e controlli sufficienti a delimitare l'ambito di discrezionalità del

l'amministrazione, purché gli stessi siano desumibili dalla desti

nazione della prestazione, ovvero dalla composizione e dal fun

zionamento degli organi competenti a determinarne la misura (sent. 4 del 1957, Foro it., 1957, I, 202; 55 del 1963, id., 1963, I, 1040; 67 del 1973, id., 1973, I, 1663; 51 del 1960, id., 1960, I, 1070; e 21 del 1969, id., 1969, I, 810). Si esclude altresì' da questa corte

(sent. 34 del 1986, id., 1986, I, 608) la violazione della norma

costituzionale citata quando esista, per l'emanazione dei provve dimenti amministrativi concernenti le prestazioni, un modulo pro cedimentale a mezzo del quale si realizzi la collaborazione di più

organi, al fine di evitare eventuali arbitrii dell'amministrazione.

Osserva la corte che la normativa oggetto della questione di

costituzionalità risponde ai requisiti indicati dalla richiamata giu

risprudenza costituzionale.

Poiché, come si è detto, la norma istitutiva della prestazione in parola è l'art. 7 del regolamento approvato con il r.d. 4 gen naio 1925 n. 29 — il cui contenuto, come si è rilevato, ha assunto

rango di legge ordinaria, per effetto del richiamo di cui all'art.

80 r.d. 20 settembre 1934 — è a tale norma che bisogna riferirsi

per individuare gli elementi di detta prestazione patrimoniale im

posta.

Orbene, detta norma stabilisce che la camera di commercio e

industria provvede ai locali ed a quanto altro occorre per il fun

zionamento delle borse di commercio alle proprie dipendenze e

dei relativi uffici fornendo anche tutto il personale necessario sia

per le riunioni che per il funzionamento di detti uffici. Stabilisce

altresì' che le spese relative alla pubblicazione del listino di borsa

sono a carico della camera di commercio e che le entrate sono,

fra l'altro costituite dai diritti di borsa che vengono ivi elencati,

come si vedrà in prosieguo.

Quanto all'organo competente alla determinazione di quei di

ritti, la stessa norma prevede che le tariffe siano deliberate dalla

camera di commercio e che siano approvate con decreto del capo dello Stato.

Quanto alla portata del 2° comma dell'art. 53 t.u. del 1934

n. 2011 (che è la norma denunciata in tutte le ordinanze di rin

vio) va rilevato che in realtà si è in presenza di una disposizione

Il Foro Italiano — 1988.

dal contenuto meramente procedimentale, in quanto essa si limi

ta a stabilire che l'indicato decreto del capo dello Stato, per l'isti

tuzione dei «diritti inerenti ai servizi delle borse di commercio, è promosso, per i diritti delle borse valori, dal ministro delle fi

nanze e per i diritti delle borse merci, dal ministro per l'agricoltu ra e foreste di concerto con il ministro dell'industria».

Da quanto precede risulta dunque che, dal contesto in cui gli art. 53 e 80 t.u. del 1934 si collocano, è certamente possibile desumere la presenza di quegli elementi che la giurisprudenza di

questa corte (in particolare da ultimo v. sul punto la sentenza

34 del 1986) ritiene sufficienti ai fini della rispondenza all'art.

23 Cost, dei tributi o comunque delle prestazioni imposte in ge nere. Tali elementi sono: i soggetti, tenuti alla prestazione e l'og

getto della stessa, razionali ed adeguati criteri per la concreta in

dividuazione dell'onere, e, infine, il modulo procedimentale che, come è stato precisato da questa corte nella sentenza per ultima

richiamata, concorre ad escludere l'eventualità di arbitrii da par te dell'amministrazione.

5.2 - Per quel che riguarda i soggetti, dal contenuto delle nor

me denunciate è possibile individuarli in coloro che abbiano inte

resse rispetto «ai servizi delle borse di commercio», dovendosi

rilevare che l'art. 7 r.d. 4 gennaio 1925 n. 29 diversifica i diritti

relativi a tali servizi: a) in quelli per la quotazione dei titoli sul

listino di borsa; b) in quelli per il rilascio delle tessere d'ingresso ai recinti ed agli spazi riservati; c) in quelli per l'uso dei telefoni, di tavoli, cabine e per ogni servizio a disposizione delle borse.

Da queste indicazioni risultano dunque ben individuabili i sog

getti tenuti a tali prestazioni, cosi per i diritti di quotazione nel

listino, tali soggetti possono ravvisarsi nelle persone fisiche o so

cietà, aventi appunto interesse alla quotazione dei titoli nel listino

di borsa.

5.3 - Parimenti, dalle stesse indicazioni, è chiaramente indivi

duabile l'oggetto della prestazione patrimoniale imposta che ha, come punto di riferimento, gli elencati servizi di borsa, onde le

prestazioni in parola devono avere attinenza con quei servizi e

gravare perciò sui soggetti che rispettivamente si avvalgono di

tali servizi.

Dalla individuazione di tali elementi discende, come automati

ca conseguenza, anche il requisito della desumibilità di criteri tec

nici per la quantificazione delle tariffe, relative a ciascuno dei

diritti di borsa indicati. Difatti, i provvedimenti amministrativi, determinativi di tali tariffe, debbono prendere in considerazione

il complesso delle spese sostenute dalle borse, riportando di con

seguenza i diritti (rectius le prestazioni patrimoniali imposte) in

dicate sub a) b) e c), in misura ovviamente proporzionale all'inci

denza di ciascuna voce sul complesso di tali spese, attribuendo

l'onere alle categorie di soggetti rispettivamente interessate e fa

cendolo infine gravare, nell'ambito di ciascuna categoria di desti

natari dei servizi, sui singoli soggetti, secondo criteri ispirati a

principi di ragionevolezza che esplicitamente o implicitamente siano

desumibili dai decreti del presidente della repubblica che appro vano le tariffe.

Dalle elencate indicazioni risulta perciò soddisfatta l'esigenza,

posta in risalto dalla più recente giurisprudenza di questa corte

(sentenza 34 del 1986) in tema di prestazioni patrimoniali impo

ste, secondo cui «la delimitazione della potestà amministrativa

non deve necessariamente risultare dalla formula della norma stes

sa, ma ben può risultare da tutto il contesto della disciplina rela

tiva alla materia di cui essa fa parte». 5.4 - Anche l'esigenza di un modulo procedimentale, che met

ta al riparo dalla eventualità di arbitrii dell'amministrazione, ren

dendo possibile l'indagine sulle varie fasi del procedimento, ap

pare nella specie soddisfatto. Basta al riguardo considerare che,

secondo la normativa indicata, è previsto, per i diritti sub a) e

sub b) — che sono quelli aventi la maggiore rilevanza — una

delibera della camera di commercio nonché l'approvazione con

decreto del presidente della repubblica (art. 7, 4° comma, r.d.

n. 29 del 4 gennaio 1925), su proposta del ministro competente

(art. 53, 2° comma, t.u. 20 settembre 1934 n. 2011). Si è dunque in presenza di un procedimento ben articolato che

consente un adeguato controllo nel loro susseguirsi, delle varie

fasi del procedimento per verificare la ragionevolezza delle deter

minazioni adottate.

Quanto infine ai diritti indicati sub e), per i quali è solo previ sta la delibera della camera di commercio, questa semplificazione

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2103 PARTE PRIMA 2104

procedimentale è giustificata dalla natura dei servizi cui i diritti

in parola si riferiscono, perché essi concernono l'uso dei telefoni, dei tavoli, delle cabine e di ogni altro servizio (chiaramente affine

a quelli testé elencati), cioè di un complesso di prestazioni di ca

rattere meramente materiale, rispetto alle quali la garanzia proce dimentale può già ritenersi soddisfatta, con la previsione della

sola delibera della camera di commercio.

6. - Negli scritti difensivi e nella discussione orale, allo scopo di sottolineare il denunciato contrasto con l'art. 23 Cost., sono

state poste in evidenza una serie di incongruenze che sarebbero

riscontrabili in concreto nel contenuto dei decreti presidenziali determinativi delle tariffe in parola.

Al riguardo è agevole rilevare che gli aspetti evidenziati (come

ad esempio l'identità della misura dei diritti di borsa, qualunque sia la dimensione di questa, oppure l'ancoraggio dei diritti per la quotazione nei listini al capitale delle società, ecc.), ove doves

sero essere reputati irragionevoli sarebbero se mai da attribuirsi

ad una cattiva applicazione della norma denunciata e non ad una

irrazionale previsione di questa. In tal caso spetterebbe al giudice di merito il compito di verificare se, nella determinazione della

misura di quelle tariffe e nella inviduazione dei soggetti tenuti

agli oneri in questione, i decreti presidenziali abbiano o meno

rispettato i criteri desumibili dall'intero contesto normativo che

regola la materia, potendosi cosi trarre le naturali conseguenze nella sede giudiziaria appropriata.

7. - Inconferente, ai fini del presente giudizio, è infine la cir

costanza, posta in evidenza in qualcuna delle ordinanze di rinvio

e negli scritti difensivi delle parti private, secondo cui attualmen

te non spetterebbero più alle camere di commercio i diritti con

nessi alle quotazioni di listino, essendo state le relative funzioni

attribuite alla Consob dalla 1. 1974 n. 216 e dalle successive nor

me che disciplinano detta commissione. Trattasi di tutta evidenza

di un problema che non riguarda il giudizio di legittimità costitu

zionale, perché si è in presenza di una questione d'ordine inter

pretativo che deve essere risolta dal giudice di merito, allo scopo di verificare se, nella determinazione concreta delle tariffe dei

diritti di borsa, si sia tenuto conto dell'eventuale venir meno di

compiti già attribuiti alle borse, come conseguenza dell'avvenuto

trasferimento alla Consob. Difatti, sulla base dei criteri desumi

bili dall'intero complesso normativo testé descritto, la prestazio ne patrimoniale dovrebbe necessariamente avere come parametro di riferimento solo i servizi effettivamente resi dalle borse e non

anche quelli che, in ipotesi, in base a norme successive, fossero

stati loro sottratti.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, previa riunione dei

giudizi, dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione,

le questioni di legittimità costituzionale degli art. 53 e 80 r.d.

20 settembre 1934 n. 2011 («approvazione del testo unico delle

leggi sui consigli provinciali dell'economia corporativa e sugli uf

fici provinciali dell'economia corporativa»), sollevata in riferimento

all'art. 23 Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe.

Il

Motivi della decisione. — Con i quattro motivi del ricorso,

denunziando anche difetto di motivazione, la ricorrente assume

che non si ricava dall'ordinamento alcun principio per cui l'am

missione alla quotazione di diritto dei titoli implichi come conse

guenza automatica la loro esenzione dal pagamento dei diritti di

cui si discute nel presente giudizio e che, ammesso pure che l'e

senzione si applichi a tutti i titoli quotati di diritto, la stessa non

avrebbe potuto applicarsi ai titoli della resistente che sono solo

«assimilati» ad altri quotati di diritto (art. 4, 1° comma, 1. 9

dicembre 1977 n. 956). Inoltre, si afferma che i diritti in questio ne non sono tasse, ma prezzi imposti nei confronti degli utenti

del servizio prestato dalla ricorrente, il quale non riguarda l'am

missione dei titoli, devoluto in base al d.l. 8 aprile 1974 n. 95

convertito in 1. 7 giugno 1974 n. 216, alla Consob, ma il concreto

funzionamento delle borse (manutenzione dei locali e relativi be

ni strumentali, personale, pubblicazione del listino), che si con

creta in una attività tipicamente privatistica. Comunque, anche

a voler considerare i diritti de quibus come tasse, la esenzione

prevista dall'art. 2 1. 31 ottobre 1961 n. 1231 (estesa alla Ceca

dalla 1. 16 agosto 1962 n. 1333) è limitata dall'art. 4, 2° comma, 1. 9 dicembre 1977 n. 956 ai soli trasferimenti dei titoli.

Il Foro Italiano — 1988.

Il ricorso è fondato. Poiché risulta dal sistema normativo (1.

16 agosto 1962 n. 1333) che la resistente gode di una generale esenzione da imposte e tasse per le obbligazioni da essa emesse,

è pregiudiziale ad ogni altro problema il quesito relativo alla na

tura giuridica dei diritti di borsa, avendo la difesa del resistente

sostenuto che essi consistono in una tassa (cioè in una imposizio

ne di natura tributaria), onde si chiede dichiararsi che non sono

dovuti in base alle norme di esenzione innanzi citate, in confor

mità al giudizio espresso in proposito dalla corte d'appello. Ai fini che si considerano è sufficiente tener presente che —

secondo la definizione più attendibile — le tasse costituiscono

prestazioni dovute ad un ente pubblico per il godimento di una

parte di un pubblico servizio istituzionale divisibile. Esse si di

stinguono dai prezzi e dai corrispettivi dei servizi gestiti dagli enti

pubblici poiché, in genere, sono inferiori al costo di produzione

del servizio, il quale grava solo in parte sui soggetti che singolar

mente godono del servizio, mentre la maggior parte del costo

si riversa sulla collettività ed è sostenuta mediante il provento

delle imposte o di altre entrate. Inoltre, sono determinate, nell'an

e quantum, senza alcun concorso neanche indiretto della volontà

dei soggetti che, richiedendo il servizio, ne vengono gravati.

Può, dunque, dirsi che la caratteristica più evidente della tassa

è di non presentare mai carattere commutativo per non costituire

in nessun caso il corrispettivo di una prestazione svolta dalla p.a.

È quindi, alla disciplina giuridica che, in definitiva, è necessario

ricorrere per decidere, nei casi concreti, circa la natura giuridica

della prestazione pecuniaria pretesa dall'ente pubblico per un ser

vizio che il medesimo esplica e che il singolo richiede.

A tal fine va considerato che i diritti di borsa in origine furono

devoluti alle camere di commercio in un'epoca in cui le stesse

esercitavano non solo il potere di ammissione dei titoli nel listino

ufficiale, ma esplicavano altresì' il servizio (accessorio al primo)

relativo alla manutenzione dei locali di borsa e relative attrezza

ture ed al personale. Il richiedente quindi era tenuto a pagare i diritti di borsa in

riferimento ad una prestazione dell'ente pubblico che aveva un

duplice contenuto, sicché in tale epoca era discutibile se questi diritti inerissero soltanto (o almeno prevalentemente) al procedi mento amministrativo di ammissione che si concludeva con un

atto deliberativo dell'ente (e quindi ad un'attività indubbiamente

pubblicistica ed autoritativa) ovvero non fossero più direttamente

correlati in maniera esclusiva alla prestazione di quel servizio ac

cessorio che rendeva possibile la esplicazione del primo ovvero,

infine, non si riferissero ad entrambe le suddette prestazioni. La complessità della vicenda in questo periodo (anteriore alla

istituzione della Consob) risulta ancor più evidente ove si consi

deri che solitamente i diritti di borsa non venivano richiesti, pre vedendosi al riguardo una apposita esenzione, quando il procedi

mento di ammissione alla quotazione non era previsto dalla legge

per essere un dato titolo ammesso dì diritto al listino di borsa.

Qualunque sia la conclusione cui si pervenga per il suddetto

periodo, la disciplina giuridica è, tuttavia, radicalmente, mutata

con l'entrata in vigore dell'art. 1 d.p.r. 31 marzo 1975 n. 138

che ha trasferito la titolarità dei poteri e delle attribuzioni relative

all'organizzazione e al funzionamento delle borse valori nonché

all'ammissione dei titoli a quotazione, già spettanti alle camere

di commercio, alla commissione nazionale per le società e la bor

sa (Consob). È rimasta, peraltro, ferma, in forza del successivo art. 2, la

competenza della camera ex art. 2 r.d. 4 agosto 1913 n. 1068

(specificamente richiamato), per quanto riguarda il locale delle

riunioni e tutto il personale occorrente per il funzionamento della

deputazione di borsa e del comitato direttivo agenti di cambio

le cui spese sono poste a suo carico.

La gestione di questi servizi (accessori) non trova nelle fonti

normative alcuna disciplina sicché per essi la camera di commer

cio è autorizzata ad improntare la propria azione a criteri di as

soluta economicità.

Esplica notevole rilevanza in tal senso l'art. 7 r.d. 4 gennaio 1925 n. 29 (in vigore ai sensi dell'art. 80 r.d, 20 settembre 1934

n. 2011), che, dopo aver precisato quali sono gli adempimenti cui sono tenute le camere di commercio per il funzionamento

delle borse (dai locali, al personale, ecc.) ed avere individuato

le entrate spettanti ad esse tra cui i diritti in questione, negli ulti

mi due commi dispone che la gestione delle borse di commercio

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

può formare oggetto di concessione con facoltà di partecipazione delle camere interessate.

La stessa possibilità che la gestione dei servizi attualmente di

competenza della camera di commercio possa essere dalla mede

sima data in concessione ad un soggetto privato, dimostra che

i diritti di borsa, in mancanza di una disciplina amministrativa

specifica, sono improntati a criteri di assoluta economicità, es

sendo diretti a coprire integralmente il costo di gestione dei servi

zi accessori (attinenti ai locali delle riunioni e al personale), a

titolo di rimborso delle spese cui l'ente va incontro nell'espleta mento di tali servizi, che sono rimaste a suo carico.

Essi conservano, pertanto, immutata la loro natura di presta zione patrimoniale imposta non avente carattere tributario sia

quando i servizi anzidetti sono gestiti direttamente dalla camera

di commercio sia quando gli stessi sono dati in concessione ad

un imprenditore privato. Definitiva conferma che i diritti di borsa costituiscono il prez

zo dei servizi attualmente gestiti dalla camera di commercio risul

ta infine dall'art. 6 d. leg. lgt. 21 settembre 1944 n. 315 il quale ha nettamente distinto tra diritti di borsa e tributi già attribuiti

ai soppressi consigli dell'economia e poi devoluti alle camere di

commercio.

4. - Accanto alla nozione di imposizione tributaria (che per i diritti di borsa va esclusa) è stata elaborata quella di prestazione

patrimoniale imposta secondo l'ampia definizione accolta dalla

Corte costituzionale in sede di interpretazione dell'art. 23 Cost.

Si é precisato in proposito che il carattere impositivo della presta zione non è escluso dal fatto che la richiesta del servizio dipenda dalla volontà del destinatario essendo decisivo il carattere unila

terale del relativo potere esercitato dalla p.a. con la finalità di

incidere nella sfera patrimoniale del soggetto passivo (cfr. le sen

tenze 19 giugno 1973, n. 86, Foro it., 1973, I, 2370; 9 aprile

1969, n. 72, id., 1969, I, 1402; 3 maggio 1963, n. 55, id., 1963, I, 1040; 30 gennaio 1962, n. 2, id., 1962, I, 169); soggetto che

è tenuto — se vuole soddisfare una sua detemrinata esigenza —

a richiedere certe prestazioni ed a subire il corrispettivo imposto, senza possibilità di concorrere alla sua determinazione in sede

di fruizione del relativo servizio.

Il quesito che va dunque affrontato (e va affrontato d'ufficio,

potendosi configurare una prestazione patrimoniale imposta) ri

siede nello stabilire se dall'ordinamento giuridico sia ricavabile

una norma avente l'efficacia formale della legge che legittimi l'ente

pubblico a richiedere la prestazione di cui si discute, poiché, stan

te la riserva di legge in materia (art. 23 Cost.), che riguarda an

che l'aspetto quantitativo, tale indagine, se svolta negativamente, chiuderebbe il discorso nel senso dell'illegittimità della pretesa fatta

valere in giudizio dalla camera di commercio di Milano.

Com'è noto, le norme giuridiche relative ai consigli provinciali dell'economia (istituiti con 1. 18 aprile 1926 n. 731 che eliminò

le preesistenti camere di commercio), ed agli uffici provinciali dell'economia (istituiti con 1. 16 giugno 1927 n. 1071) furono in

serite nel r.d. 20 settembre 1934 n. 2011, di approvazione del

testo unico delle leggi sui consigli provinciali e sugli uffici provin ciali dell'economia corporativa che regola attualmente la materia.

Infatti, con d.leg.lgt. 21 settembre 1944 n. 315 — che soppresse i consigli e gli uffici provinciali della economia — furono istituite

nuovamente le camere di commercio, industria ed agricoltura cui

furono devolute le funzioni ed i poteri fino ad allora attribuiti

ai soppressi consigli dell'economia ed in particolare, con l'art.

6, il potere di percepire i diritti ed i tributi già attribuiti ai sop

pressi consigli dell'economia.

Orbene, è vero che la norma che disciplinò in un primo tempo la materia era contenuta in un testo regolamentare (r.d. 4 gen naio 1925 n. 29), il cui art. 7 sanciva che le entrate delle borse

di commercio sono costituite, tra l'altro, dai diritti per la quota zione dei titoli sui listini di borsa e che le relative tariffe sono

deliberate dalla camera di commercio ed approvate con decreto

del capo dello Stato.

Ma è anche vero che la norma fu richiamata dall'art. 80 del

testo unico approvato con r.d. 20 settembre 1934 n. 2011, il cui

art. 53, 2° comma, statuiva che i decreti del capo dello Stato

per la istituzione dei diritti inerenti ai servizi delle borse di com

mercio sono promossi, per i diritti delle borse valori, dal ministro

per le finanze.

Ora con la dottrina più autorevole, va condivisa la distinzione

tra testi unici caratterizzati dalla delega al governo di coordinare

Il Foro Italiano — 1988.

soltanto una serie di disposizioni emesse in tempi diversi nella

stessa materia ovvero di modificare ed innovare la disciplina ri

sultante dalle precedenti disposizioni, con la conseguenza che in

quest'ultimo caso l'interprete non può sottrarsi all'obbligo di uni

formarsi alle innovazioni risultanti dal testo unico senza riguardo alla loro aderenza alle disposizioni precedenti.

Pertanto, nel caso in esame al testo unico del 1934 deve rico

noscersi questa efficacia legislativa, la quale consiste nell'innova

re la disciplina risultante dalle disposizioni anteriori non solo coor

dinandole, ma anche modificandole e inoltre attribuendo loro, ove ne fossero state prive, l'efficacia formale della legge.

Infatti, nell'ipotesi che si considera l'art. 16 1. 18 giugno 1931

n. 875 ha autorizzato il governo non solo a riunire in testo unico

le disposizioni preesistenti, ma ad emanare le norme necessarie

intese a disciplinare organicamente la materia, integrando, modi

ficando e sopprimendo le precedenti disposizioni. Per intendere la portata del suddetto testo unico, è necessario

tener presente che il potere della camera di commercio di richie

dere l'istituzione di un diritto di borsa sui titoli, si è concreta

mente esercitato dall'autorità amministrativa sulla base di una

netta distinzione tra titoli ammessi e titoli non ammessi di diritto

alla quotazione ufficiale sul listino di borsa.

Mentre per i titoli non ammessi di diritto, la stessa esigenza

per essi di un apposito procedimento che culminava in un prov vedimento di ammissione da parte della camera di commercio

giustificava la percezione dei diritti di borsa, per i titoli ammessi

di diritto alla quotazione il potere discrezionale dell'ente si è espres so nel senso che, posta la iniziale esenzione dai diritti di borsa

di tutti i titoli ammessi per legge alla quotazione, l'ordinamento

amministrativo ha ab origine riconosciuto che in singoli casi l'en

te pubblico aveva il potere per taluni titoli, di derogarvi preten dendo anche per essi l'onere economico in questione.

Quando tale potere derogatorio si esercitava, l'ente pubblico, secondo il proprio ordinamento, era legittimato a chiedere ed ot

tenere il diritto di borsa anche per quei titoli rispetto ai quali in mancanza avrebbe operato la suddetta esenzione.

Così, per quanto riguarda la camera di commercio di Milano, con la tariffa approvata con r.d. 27 agosto 1905 n. 430, fu previ sta l'esenzione dal diritto di borsa per i valori che il regolamento

per l'esecuzione del codice di commercio ammetteva di diritto

a quotazione (art. 16: titoli del debito pubblico dello Stato; titoli

di società private garantiti dallo Stato; cartelle di credito fondia

rio italiano; titoli cambiari). Analoga esenzione fu prevista con

la tariffa approvata con r.d. 11 maggio 1922 n. 711 (anch'essa richiamata nel decreto presidenziale del 1978), la quale precisò che erano esenti da tassa i titoli che per la legge e il regolamento

generale delle borse erano ammessi di diritto alla quotazione. Il testo normativo di riferimento era contenuto nell'art. 11 1.

20 marzo 1913 n. 272 secondo cui sono ammessi di diritto alla

quotazione: i titoli del debito pubblico; i titoli garantiti dallo Sta

to; le cartelle di credito fondiario italiano; i titoli emessi dalle

province e dai comuni; i titoli cambiari. L'unica novità di tale

testo normativo (tuttora vigente) è la inclusione nella categoria, dei titoli emessi dalle province e dai comuni non compresi nel

testo del precedente art. 16.

La caratteristica più saliente del d.p.r. 474/78 rispetto ai testi

normativi anteriori (da esso richiamati) del 1905 e del 1922, risie

de nel fatto che esso, a differenza degli altri due, ha operato una deroga al principio ammesso della equivalenza: titolo am

messo di diritto alla quotazione - titolo esente dal diritto di bor

sa, equivalenza, come si è visto, riconosciuta nei precedenti testi

regolamentari. Infatti, il d.p.r. 474 non solo ha fatto menzione

dei titoli esenti, ma ha indicato taluni titoli che, pur ammessi

di diritto alla quotazione, sono stati sottoposti al pagamento del

diritto di borsa.

Posto che il sistema normativo innanzi delineato ha riconosciu

to per legge il potere della camera di commercio di sottoporre in modo indifferenziato i titoli ai diritti di borsa, disciplinando il procedimento amministrativo attraverso cui il potere dell'ente

si esplica legittimamente, un tratto essenziale della vicenda nor

mativa in esame risiede nella recezione che l'ordinamento genera le dello Stato (attraverso l'art. 80 t.u. del 1934) ha operato delle

modalità attraverso cui quel potere si è concretamente esercitato

secondo l'ordinamento amministrativo.

Invero, l'art. 7 r.d. 4 gennaio 1925 n. 29, richiamato dall'art.

80 t.u. 1934, è stato integralmente recepito ed assorbito dalla nuova

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2107 PARTE PRIMA 2108

disciplina della nateria contenuta nell'art. 53 t.u. cit., onde i di ritti di borsa sono attualmente riconosciuti alle camere di com mercio in base ad una disposizione avente l'efficacia della legge formale, la quale, incidendo sulla disciplina (legislativa) anterio

re, l'ha modificata, avendo attribuito alle camere di commercio il potere di istituire i diritti di borsa quando l'ente lo riterrà op portuno, a sua richiesta, nei confronti di tutti i titoli ammessi alla quotazione in maniera indifferenziata.

È stata cosi recepita l'autolimitazione che la p.a. aveva posto all'esercizio del suo potere nel senso che la medesima possa sem

pre richiedere l'applicazione dell'onere economico di cui si discu te anche nei confronti di determinati titoli, ammessi di diritto alla quotazione, come è accaduto con il d.p.r. 13 luglio 1978 n. 474.

Le precedenti considerazioni consentono di superare i problemi di carattere ermeneutico insorti in seguito all'entrata in vigore del d.p.r. 474/78.

Se si parte dal presupposto di una generale equivalenza: titolo ammesso di diritto alla quotazione - titolo esente dal diritto di borsa in mancanza di un provvedimento amministrativo di dero

ga, ne discende, per converso, che, quando il potere di deroga sia stato esecitato, il titolo ammesso di diritto alla quotazione è sottoposto legittimamente all'onere economico di cui si discute.

Per quanto riguarda invece la esenzione, essa, per i titoli ri

spetto ai quali il potere derogatorio non si è esercitato, già di scende dal sistema normativo che — come si è premesso — accet ta la accennata equivalenza. Sul piano interpretativo si perviene cosi al risultato per cui la menzione nel d.p.r. 474 dei titoli che

rimangono esenti dal diritto di borsa presenta un valore pura mente confermativo della esenzione di quei titoli che, in quanto non compresi tra quelli per i quali è prevista la deroga, già deriva loro dalla legge.

Ne consegue che il testo del d.p.r. n. 474 va esaminato relati vamente alle disposizioni che assoggettano al diritto di borsa al cuni titoli i quali, per il passato, essendo ammessi di diritto alla

quotazione, ne erano esenti.

Si è cosi pervenuti al punto centrale della controversia interpre tativa, insorta tra le parti: il d.p.r. 474 comprende tra i titoli

sottoposti (per la prima volta) al diritto di borsa, nonostante l'am missione di diritto alla quotazione, i titoli garantiti dallo Stato. L'art. 4, 1° comma, 1. 956/77 assimila, ai fini dell'ammissione di diritto alla quotazione di borsa, i titoli obbligazionari emessi dalla Bei, dalla Ceca (e dall'Euratom), ai titoli garantiti dallo Stato.

Ora, i titoli garantiti dallo Stato, per l'art. 11 della 1. 272/13 sono ammessi di diritto alla quotazione, e in base al decreto del 1978 sono sottoposti al diritto di borsa.

Si tratta, pertanto, di decidere se i prestiti obbligazionari della

resistente, pur essendo solo assimilati ai titoli garantiti dallo Sta

to, possono essere assoggettati al diritto in questione nonostante che il decreto del 1978 abbia previsto a tal fine soltanto i titoli

garantiti dallo Stato e non espressamente anche quelli ad essi as similati.

Il problema ermeneutico deve prendere le mosse dal rilievo che l'assimilazione dei titoli obbligazionari della Bei, della Ceca e del

l'Euratom, ai titoli garantiti dallo Stato, implica che essi subisca no tutta la disciplina che è prevista dalla legge per i titoli ammes si di diritto alla quotazione, come se fossero contenuti nel relati vo elenco. È quindi da disattendere la tesi della difesa della ricor rente secondo cui l'assimilazione dell'art. 4, 1° comma, 1 1. 956 varrebbe soltanto agli effetti dell'ammissione di diritto dei presti ti obbligazionari alle quotazioni in borsa e non anche per quanto riguarda la esenzione dal diritto di borsa.

Se questo è vero, ne discende che i titoli assimilati ai titoli

garantiti dallo Stato, come sono ammessi di diritto alle quotazio ni, cosi subiscono la disciplina che per i suddetti titoli il decreto del 1978 prevede, vale a dire la loro soggezione al diritto di borsa che il testo normativo applica in modo specifico nei confronti

(tra l'altro) dei titoli garantiti dallo Stato. Non ha pregio l'assunto secondo cui dallo stesso testo del 1978

risulta una netta distinzione tra titoli (ammessi di diritto alla quo tazione) per i quali è prevista l'esenzione e titoli ad essi assimilati

per i quali è applicabile il diritto di borsa, come è accaduto per le obbligazioni fondiarie ed edilizie e per i titoli degli enti territo riali.

Tale rilievo non è decisivo e non può pertanto condurre ad una diversa interpretazione del testo normativo.

Non è sostenibile cioè che, non avendo il testo del 1978 previ

II Foro Italiano — 1988.

sto espressamente (tra i titoli colpiti dal diritto di borsa) i titoli

assimilati a quelli garantiti dallo Stato, per essi deve valere la

regola dell'esenzione. La tesi non considera che il d.p.r. 474/78 ha operato la distinzione tra titoli ammessi di diritto e titoli assi

milati solo quando ha ritenuto di sottoporre gli uni e gli altri ad una diversa disciplina, cioè quando ha voluto ai primi ricono

scere l'esenzione ed i secondi assoggettare al diritto in parola.

Quando invece il testo normativo fa riferimento soltanto ad

una specie di titoli ammessi di diritto alla quotazione (i titoli ga rantiti dallo Stato) per i quali opera la soggezione al diritto di

borsa, la mancata (diversa) disciplina per i titoli ad essi assimilati

opera sul piano dell'interpretazione logico-sistematica della nor

ma in un senso del tutto opposto rispetto a quello sostenuto in

questa sede dalla resistente.

Il titolo assimilato cioè subisce in tal caso, in mancanza di una diversa regolamentazione, l'intera disciplina cui è soggetto il tito lo nei cui confronti opera l'assimilazione, la quale, come si è

detto, è, in linea di principio, completa; sarebbe infatti illogico che si sia voluto fare ai titoli «assimilati» un trattamento più favorevole rispetto a quelli ai quali l'assimilazione è riferita.

Deve pervenirsi quindi alla conclusione che i prestiti obbliga zionari della resistente, in quanto assimilati ai titoli garantiti dal lo Stato, sono soggetti al diritto di borsa previsto per tali titoli dal d.p.r. 474/78.

Questa conclusione è coerente con quanto risulta dall'art. 4 del protocollo 18 aprile 1951 sui privilegi della Ceca (riprodotto nell'art. 3 del citato protocollo 8 aprile 1965) dal quale emerge che l'ente non gode in materia di alcuna immunità, essendo anzi

previsto che, pur esente da qualsiasi imposta indiretta, non ri

chiederà tuttavia l'esonero dalle imposte, dalle tasse e dai diritti

che costituiscono la semplice remunerazione dei servizi di utilità

pubblica. (Omissis)

III

Motivi della decisione. — 1. - Con i quattro motivi del ricorso, denunziando anche difetto di motivazione, la ricorrente assume che non si ricava dall'ordinamento alcun principio per cui l'am missione alla quotazione di diritto dei titoli implichi, come con

seguenza automatica, la loro esenzione dal pagamento dei diritti di cui si discute nel presente giudizio e che ammesso pure che l'esenzione si applichi a tutti i titoli quotati di diritto, la stessa non avrebbe potuto applicarsi ai titoli della resistente che sono solo assimilati ad altri quotati di diritto (art. 4, 1° comma, 1. 9 dicembre 1977 n. 956). Inoltre, si afferma che i diritti in que stione non sono tasse, ma prezzi imposti nei confronti degli uten ti del servizio prestato dalla ricorrente, il quale non riguarda l'am

missione dei titoli, devoluta in base al d.l. 8 aprile 1974 n. 95, convertito nel 7 giugno 1974 n. 216, alla Consob, ma il concreto

funzionamento della borsa (manutenzione dei locali, e relativi be ni strumentali, personale, pubblicazione di listino), che si concre ta in una attività tipicamente privatistica. Comunque, anche a voler considerare i diritti de quibus come tasse, l'esenzione previ sta dall'art. 2 1. 31 ottobre 1961 n. 1231 (estesa alla Ceca dalla 1. 16 agosto 1962 n. 1333) è limitata dall'art. 4, 2° comma, 1. 9 dicembre 1978 n. 956 ai soli trasferimenti dei titoli.

2. - Il ricorso è fondato. Poiché risulta dal sistema normativo

(1. 31 ottobre 1961 n. 1231) che la resistente gode di una generale esenzione da imposte e tasse per le obbligazioni da esso emesse, è pregiudiziale ad ogni altro problema il quesito relativo alla na tura giuridica dei diritti di borsa, avendo la difesa del resistente sostenuto che essi consistono in una tassa (cioè in una imposizio ne di natura tributaria), onde si chiede dichiararsi che non sono dovuti in base alle norme di esenzione innanzi citate, in confor mità al giudizio espresso in proposito dalla corte d'appello. (Omissis)

IV

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso principale ed il ricorso

incidentale, perché proposti contro la stessa sentenza, devono es sere riuniti (art. 335 c.p.c.).

2. - Con i due motivi del ricorso, denunziando anche difetto di motivazione, la ricorrente principale assume che l'impugnata sentenza ha errato qualificando i diritti per la quotazione dei tito

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Page 8: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 5 maggio 1988, n. 507 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 11 maggio 1988, n. 11); Pres. Saja, Est. Caianiello; Consorzio

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

li alla borsa valori come tasse dovute per un servizio pubblico divisibile di utilizzazione facoltativa e non come prezzo pubblico, e come tali oggetto della esenzione prevista dall'art. 5, 2° com

ma, r.d.l. 2 settembre 1919 n. 488. In realtà, poiché la legislazio ne vigente non impone la quotazione dei titoli in borsa, alla do

manda del singolo, che è del tutto libera, di usufruire del servizio

reso dall'ente pubblico non può corrispondere una tassa, ma un

semplice prezzo che si definisce pubblico, perché da un lato il

beneficiario è un ente pubblico e dall'altro tende sempre a copri re il costo del servizio.

Inoltre si afferma che i diritti in questione sono previsti dalla

legge quale corrispettivo dell'attività svolta dalle camere di com

mercio per rendere possibile la quotazione dei titoli in borsa.

3. - Il ricorso è fondato. Poiché risulta dal sistema normativo

(art. 5, 2° comma, r.d.l. 2 settembre 1919 n. 1627 conv. in 1.

14 aprile 1921 n. 488) che il consorzio gode di una generale esen

zione da imposte e tasse per le obbligazioni da esso emesse, è

pregiudiziale ad ogni altro problema il quesito relativo alla natu

ra giuridica dei diritti di borsa, avendo la difesa del resistente

sostenuto che essi consistono in una tassa, onde si chiede dichia

rarsi che non sono dovuti in base alle norme di esenzione innanzi

citate, in conformità al giudizio espresso in proposito dalla corte

d'appello. (Omissis) 6. - Né può sostenersi con fondamento che la normativa anzi

detta non soddisfi i requisiti richiesti dall'art. 23 Cost., cosi come

affermato dal consorzio con il suo ricorso incidentale.

Dal disposto dell'art. 7 r.d. 4 gennaio 1925 n. 29 recepito dal

t.u. del 1934, nonché dall'art. 53 del medesimo si traggono sicuri

elementi di giudizio che fanno ritenere manifestamente infondata

la questione di legittimità costituzionale di tali norme sollevate

dal resistente.

La legge, invero, prevedendo che i diritti relativi ai servizi di

borsa sono deliberati dalle camere di commercio ed approvati

con decreto del capo dello Stato su proposta del ministro delle

finanze, contiene i criteri che, secondo la giurisprudenza della

Corte costituzionale (cfr. in particolare la sentenza n. 4 del 1957,

Foro it., 1957, I, 202) limitano il potere discrezionale dell'ente

impositore. Sono determinati infatti con sufficiente chiarezza sia il sogget

to attivo (le camere di commercio: cfr. l'art. 7 r.d. 29/25), sia

i soggetti passivi della prestazione imposta che si identificano ov

viamente con i soggetti che emettono i titoli da quotare in borsa,

sia il procedimento che deve essere seguito, nonché il controllo

sull'esercizio del potere che si esplica in sede di approvazione, con decreto del capo dello Stato, delle tariffe deliberate dalla ca

mera di commercio.

Non esplica quindi alcun rilievo in senso contrario la circostan

za, valorizzata dal consorzio, che la legge non fissa il massimo

della prestazione imponibile poiché l'apposito procedimento ed

i controlli all'uopo predisposti in seno al medesimo garantiscono

che il potere deve essere esercitato in relazione al fine per il quale

esso è stato previsto dall'ordinamento giuridico. (Omissis)

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 14 aprile 1988, n. 463

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 aprile 1988, n. 17);

Pres. Saja, Est. Gallo; Consultorio familiare Comunità mon

tana Alto e Medio Metanco. Ord. Pret. Urbino 25 gennaio 1982

(G.U. n. 206 del 1982).

Aborto e interruzione volontaria della gravidanza — Minorenne

— Procedimento per l'autorizzazione dell'interruzione della gra

vidanza — Assenza di qualsiasi rappresentanza del concepito — Giudice tutelare competente — Questione «ictu oculi» ma

nifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 24, 25;

1. 22 maggio 1978 n. 194, norme per la tutela sociale della ma

ternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, art. 12).

È manifestamente infondata, in quanto ictu oculi priva di qual

siasi fondamento, la questione di legittimità costituzionale del

II Foro Italiano — 1988.

l'art. 12, 2° comma, l. 22 maggio 1978 n. 194, nella parte in

cui: a) non prevede alcuna rappresentanza del concepito nel

procedimento dinanzi al giudice tutelare per l'autorizzazione

dell'interruzione della gravidanza di donna minorenne, in rife

rimento all'art. 24, 2° comma, Cost.; b) stabilisce che la com

petenza a concedere l'autorizzazione per l'interruzione della gra

vidanza di donna minorenne spetta al giudice tutelare del luogo

in cui opera il medico, il consultorio o la struttura socio-sanitaria

cui si è rivolta la donna, finendo così per far dipendere da

questa l'individuazione del giudice competente, in riferimento

all'art. 25, 1° comma, Cost. (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 14 aprile 1988, n. 462

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 aprile 1988, n. 17);

Pres. Saja, Est. Gallo; De Maria. Ord. Pret. Galatina 14 no

vembre 1980 (G.U. n. 98 del 1981).

Aborto e interruzione volontaria della gravidanza — Interventi

atti a rimuovere gli ostacoli economico-sociali della donna —

Mancata previsione — Certificato per l'intervento abortivo —

Competenza del medico di fiducia — Richiesta di intervento

additivo della Corte costituzionale — Questioni manifestamen

te inammissibili di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 4, 31, 32;

1. 22 maggio 1978 n. 194, art. 4, 5).

Sono manifestamente inammissibili, in quanto richiedono un in

tervento additivo che eccede dai poteri della Corte costituzio

nale, le questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 4 I.

22 maggio 1978 n. 194, nella parte in cui, consentendo l'inter

ruzione della gravidanza ed il sacrificio del concepito, non pre

vede particolari interventi atti a rimuovere gli ostacoli di ordine

economico e sociale che, riverberandosi sulla salute fisica o psi

chica della donna, la inducono a sottoporsi all'interruzione vo

lontaria della gravidanza; b) dell'art. 5 stessa legge, nella parte

in cui autorizza il medico di fiducia alla formazione del certifi cato per l'intervento di interruzione volontaria della gravi

danza. (2)

III

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 31 marzo 1988, n. 389

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 13 aprile 1988, n. 15);

Pres. ed est. Saja; Boso c. Bassi; interv. Pres. cons, ministri.

Ord. Pret. San Donà di Piave 16 novembre 1984 (G.U. n. 101

bis del 1985).

(1) L'ordinanza di rimessione Pret. Urbino 25 gennaio 1982 è massi

mata in Foro it., 1982, II, 471, con nota di richiami.

In ordine al procedimento per l'autorizzazione dell'interruzione della

gravidanza di donna minorenne ed ai sospetti di legittimità costituzionale

dell'art. 12 1. 194 del 1978, v., da ultimo, Corte cost. 25 maggio 1987, n. 196, id., 1988, I, 758, con nota di richiami e osservazioni di E. Rossi,

che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità di tale dispo

sizione, nella parte in cui non prevede l'obiezione di coscienza del giudice tutelare nel procedimento di autorizzazione della minore all'interruzione

volontaria della gravidanza. Per quanto concerne la legittimità costituzionale, in riferimento al prin

cipio del giudice naturale, dell'intervento discrezionale di un soggetto pri vato nella determinazione della competenza giurisdizionale, la Corte co

stituzionale ha sempre dichiarato infondate le relative eccezioni: v. sent.

28 gennaio 1965, n. 1, id., 1965, I, 338, commentata da Somma e da

Dalia, in Riv. it. dir. eproc. pen., 1964, 932 e 1965, 515, circa la compe

tenza del giudice del luogo del primo approdo della nave; 16 gennaio

1975, n. 6, Foro it., 1975, I, 547, in ordine alla competenza, per il proce

dimento di estradizione, della sezione istruttoria della corte d'appello nel

cui distretto si trova l'imputato o il condannato; 3 agosto 1976, n. 214,

id., 1976, I, 2294, circa la possibilità di precostituirsi la commissione

tributaria competente attraverso la scelta del notaio rogante. Sul punto, v., in dottrina, Romboli, Il giudice naturale, Milano, 1981,

195 ss.

(2) L'ordinanza di rimessione Pret. Galatina 14 novembre 1980 è mas

simata in Foro it., Rep. 1982, voce Aborto, nn. 21, 25.

Per la inammissibilità della questione di costituzionalità degli art. 4

e 5 1. 194/78, v. Corte cost. 25 giugno 1981, n. 108, id., 1981, I, 1793,

con nota di richiami e osservazioni di R. Moretti.

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