Date post: | 27-Jan-2017 |
Category: |
Documents |
Upload: | nguyenxuyen |
View: | 216 times |
Download: | 0 times |
sentenza 5 maggio 1988, n. 506 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 11 maggio 1988, n. 19);Pres. Saja, Est. Conso; Rippa c. Iri e Rai-Tv. Ord. Trib. Roma 21 gennaio 1981 (G. U. n. 172 del1981)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 39/40-43/44Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183715 .
Accessed: 25/06/2014 06:27
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.34.79.101 on Wed, 25 Jun 2014 06:27:09 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
2. - Nei termini di cui si dirà in motivazione, la questione non
è fondata.
Come è chiaramente stabilito dall'art. 130 Cost, e come questa corte ha da tempo riconosciuto (v. sent. n. 40 del 1972, Foro
it., 1972, I, 1184), non vi può esser dubbio che sia riservata alla
legge dello Stato la disciplina relativa al modo di composizione dei comitati regionali di controllo sugli enti locali minori. In pari
tempo, questa stessa corte ha più in generale affermato, secondo
la precisa sintesi contenuta in una successiva pronunzia (sent. n.
245 del 1984, id., 1985, I, 14), che «spetta in prima linea alle
leggi della repubblica, in attuazione dell'art. 130 Cost., la disci
plina dei controlli sugli atti degli enti locali». Ciò significa, in altre parole, che esiste in materia una ripartizione delle compe tenze fra Stato e regioni tale che, mentre al primo è riservata
la regolamentazione degli aspetti fondamentali e dei principi (va le a dire, oltre alla composizione, le norme più rilevanti sulla
competenza e sulle procedure di controllo), spetta invece alle re
gioni la disciplina residuale e, in particolare, quella relativa al
funzionamento dell'organo di controllo.
A differenza di quanto assume la ricorrente, questo quadro normativo non risulta scalfito o, comunque modificato in conse
guenza della pur necessaria interrelazione dell'art. 130 Cost, con
gli art. 117, 1° comma, e 123, 1° comma, Cost., che affidano,
rispettivamente, alla competenza legislativa e a quella statutaria
l'ordinamento degli uffici e degli enti regionali e l'organizzazione interna della regione, poiché, come ha ripetutamente affermato
questa corte, la materia dei controlli non è del tutto assimilabile
alle materie da ultimo menzionate, né, tantomeno, è integralmen te riassorbibile nelle stesse. E per la verità, non può essere invo
cata nel senso ora contestato neppure la disposizione contenuta
nell'art. 70 statuto reg. Toscana, poiché quest'ultima, nel dispor re che nei capoluoghi di provincia sono istituite sezioni decentra
te dell'organo regionale di controllo, mentre non stabilisce affatto
in relazione a quali forme di controllo o a quali atti debbano
operare tali sezioni decentrate, nello stesso tempo rinvia la deter
minazione delle competenze dell'organo regionale di controllo e
delle sue sezioni decentrate alla legge regionale, la quale, com'è
noto, può disciplinare la materia soltanto nel rispetto dei limiti
costituzionalmente previsti e, in particolare, nel rispetto del limi
te dei principi stabiliti sulla materia dalle leggi dello Stato.
3. - Posta a confronto con tale complesso di norme costituzio
nali, la disposizione impugnata non appare illegittima. Nel corretto esercizio della propria competenza, lo Stato ha
attuato l'art. 130 Cost, essenzialmente attraverso gli art. 55 e 56
1. 10 febbraio 1953 n. 62, stabilendo, nel primo, le norme fonda
mentali sul controllo degli atti delle province e, nel secondo, quelle relative al controllo sugli atti dei comuni. Soltanto in quest'ulti mo caso, peraltro, la legge statale prevede che gli statuti regionali
possano eventualmente prevedere sezioni distaccate del medesimo
organo di controllo.
Neil'istituire successivamente le unità sanitarie locali, la 1. 23
dicembre 1978 n. 833, ha previsto, all'art. 49, che il controllo
sugli atti di tali enti dovesse seguire le norme predisposte dall'art.
56 1. n. 62 del 1953, sull'evidente presupposto che il regime degli atti adottati dalle Usi dovesse essere assimilato a quello proprio
degli atti dei comuni, in quanto le anzidette unità sono da consi
derare «strutture operative» dei comuni medesimi (oltreché delle
comunità montane).
Questa scelta effettuata dal legislatore statale del 1978 è stata
modificata dall'art. 13, 4° comma, 1. 26 aprile 1982 n. 181, che
è, appunto, la disposizione oggetto del presente giudizio. Come
appare evidente dal fatto stesso del suo inserimento nella legge finanziaria del 1982, tale disposizione rientra in un complesso di norme volto a rendere più rigorosa la gestione della spesa pub blica imputata alle Usi. È in questo quadro che si giustifica, in
fatti, tanto l'inserimento di un rappresentante del ministero del
tesoro nel comitato di controllo, quanto l'accentramento in un'u
nica sede, a livello regionale, del controllo sugli atti delle Usi, a seguito dell'assimilazione di quest'ultimo a quello previsto per
gli atti delle province (art. 55 1. n. 62 del 1953). Se dunque, non appare irragionevole che il legislatore statale,
nella sua discrezionalità politica, preveda una composizione del
l'organo di controllo regionale ritenuta più idonea a combattere
gli eccessi di spesa pubblica nel settore sanitario (v. sent. n. 107,
punto 6, del 1987, id., 1988, I, 1477), allo stesso modo non appa re irragionevole che le regole cosi stabilite, in attuazione dell'art.
130 Cost., possano comportare un mutamento dell'organizzazio
II Foro Italiano — 1989.
ne del controllo medesimo, diretto a facilitarne lo svolgimento nei modi anzidetti. Sotto questo profilo, la scelta del legislatore statale relativa all'accentramento in un'unica sede regionale del
controllo sugli atti delle Usi appare logicamente conseguenziale alle nuove regole previste sulla composizione dell'organo. E l'una
e l'altra, come s'è detto, sono giustificate dalla politica di conte
nimento della spesa pubblica nel settore sanitario, resasi necessa
ria in un periodo storico di forti disavanzi nel bilancio statale, che appesantiscono l'economia generale e le stesse possibilità di
sviluppo e di progresso sociale.
4. - Resta il fatto che, finché le Usi sono configurate nel diritto
positivo come «strutture operative» dei comuni e delle comunità
montane, ovvie esigenze di coerenza dovrebbero indurre il legis latore statale ad assimilare il controllo sugli atti delle Usi a quello
sugli atti dei comuni, con la conseguente possibilità, garantita dall'art. 56 1. n. 62 del 1953, che le regioni organizzino il relativo
controllo in forma decentrata. Tanto più ciò vale se si tiene con
to del fatto che la disciplina oggetto della presente impugnazione
può essere fonte di effetti irrazionali sotto un duplice profilo. Innanzitutto per il fatto che l'accentramento in un'unica sede re
gionale degli atti di esercizio della gestione sanitaria introduce
un criterio di ripartizione delle competenze nel sistema di control
lo degli atti degli enti locali il quale è eterogeneo rispetto a quello contenuto nella 1. n. 62 del 1953 (dipendente, com'è noto, dal
livello, provinciale o comunale, in cui è collocato l'autore dell'at
to). Inoltre, per il fatto che, essendo in Toscana le Usi titolari
anche di gran parte delle funzioni di assistenza sociale, anche
gli atti adottati nell'esercizio di tale funzione finiscono per essere
assoggettati, insieme alle deliberazioni in materia sanitaria, al con
trollo del comitato regionale.
Tuttavia, se esigenze legate a particolari contingenze storiche
di primario interesse nazionale inducono a giustificare il fatto
che il legislatore statale, nel legittimo esercizio delle proprie com
petenze, preveda una particolare composizione dell'organo di con
trollo; e se da questa previsione discende logicamente che il
controllo stesso possa più efficacemente svolgersi ove sia esercita
to in un'unica sede regionale, non si può certo dubitare della
legittimità costituzionale di una disposizione come quella impu
gnata fin tanto che quest'ultima sia funzionale, com'è ora, alla
particolare composizione dell'organo di controllo prescelta per
meglio fronteggiare gli eccessi di spesa pubblica nel settore sa
nitario.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità co
stituzionale sollevata con il ricorso in epigrafe della regione Toscana
nei confronti dell'art. 13, 4° comma, 1. 26 aprile 1982 n. 181, intitolata «disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)», per contrasto
con l'art. 130 Cost., come attuato dall'art. 56 1. 10 febbraio 1953
n. 62, nonché con gli art. 117, 1° comma 123, 1° comma, Cost,
e 70 dello statuto della regione Toscana.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 5 maggio 1988, n. 506
0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 11 maggio 1988, n. 19); Pres. Saja, Est. Conso; Rippa c. Iri e Rai-Tv. Ord. Trib. Ro
ma 21 gennaio 1981 (G. U. n. 172 del 1981).
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Azioni della Rai-Tv —
Trasferimento di diritto all'Iri — Indennizzo secondo l'ultimo
bilancio approvato — Domanda preliminare — Mancata pro nuncia — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 42; 1. 14 aprile 1975 n. 103, nuove norme in materia
di diffusione radiofonica e televisiva, art. 47).
In assenza di una pronuncia da parte del giudice di rimessione
sulla domanda preliminare tesa a contestare la regolare appli cazione dei criteri indicati dalla legge, è inammissibile la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 47, 2° comma, l.
14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui dispone che l'indenniz
zo per il trasferimento di diritto all'Iri delle azioni della società
This content downloaded from 195.34.79.101 on Wed, 25 Jun 2014 06:27:09 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
concessionaria dei pubblici servizi di radiodiffusione circolare
appartenenti a privati non aventi titolo, è corrisposto secondo
il valore risultante dall'ultimo bilancio approvato alla data di
pubblicazione della legge medesima, in riferimento agli art. 3,
1° comma, e 42, 3° comma, Cost. (1)
Diritto. — 1. - Chiamato a pronunciarsi sulla domanda propo
sta da un privato, già azionista della Rai per far dichiarare «non
corrispondente all'effettivo valore delle azioni» espropriate l'in
dennizzo liquidatogli dall'Iri e far condannare, di conseguenza, l'In e la Rai a versargli il «maggior valore» delle azioni stesse,
il Tribunale di Roma sottopone al vaglio di questa corte l'art.
47, 2° comma, 1. 14 aprile 1975 n. 103. Pur coinvolgendo in
realtà il contenuto dell'intero comma, la questione viene esplici
tata con specifico riguardo alla «parte» di esso che commisura
l'indennizzo per il trasferimento di diritto all'Iri delle «azioni del
la società concessionaria dei pubblici servizi di radiodiffusione
circolare, appartenenti a soggetti privati non aventi titolo ai sensi
dell'art. 3» della stessa legge, al «valore risultante dall'ultimo bi
lancio approvato alla data di pubblicazione della legge», cioè alla
data del 17 aprile 1975: bilancio da ravvisare, nonostante l'in
(1) L'ordinanza di rimessione Trib. Roma 21 gennaio 1981 è in Foro
it., 1981, I, 1186, con nota di richiami.
Sulla inammissibilità della questione di legittimità costituzionale che, nel giudizio in corso, abbia una incidenza non attuale, ma meramente
eventuale, Corte cost. 6 ottobre 1983, n. 300, id., 1983, I, 2933; ord.
9 maggio 1985, n. 142, id., 1985, I, 2820; 23 dicembre 1987, n. 595,
G.U., la s.s., 8 gennaio 1988, n. 1; 19 gennaio 1988, n. 26, id., 27 gen naio 1988, n. 4, tutte richiamate in decisione.
La insindacabilità della valutazione della rilevanza compiuta dal giudi ce a quo è stata, tuttavia, precedentemente ritenuta, tra le altre, da Corte
cost. 26 gennaio 1957, n. 30, Foro it., 1957, I, 503; 8 aprile 1958, n.
26, id., 1958, I, 507.
La pronuncia della corte, fondata sulla insufficienza della motivazione
dell'ordinanza in ordine alla dimostrazione della attualità dell'incidenza
della dedotta questione sugli sviluppi del procedimento a quo per non
essersi soffermata sulla domanda di nullità del bilancio di esercizio, e
quindi sulla regolare o irregolare applicazione dei criteri indicati dalla
legge ai fini della determinazione dell'indennizzo, ripropone pertanto l'antica
ma non sopita problematica relativa ai limiti del controllo della corte
sulla rilevanza della questione di costituzionalità e sulla sufficienza della
motivazione, intorno alla quale la dottrina è divisa. Si rinvia, in proposi
to, per la individuazione tanto delle diverse posizioni sul punto, quanto della evoluzione della giurisprudenza della corte, a Pizzorusso, La Corte
costituzionale, in Commentario della Costituzione a cura di Branca,
Bologna-Roma, 1981, 290 ss., sub art. 187. Cfr., inoltre, Crisafulli,
Lezioni di diritto costituzionale, Padova, 1974, II, 256 ss.; Modugno, Sulla pretesa incostituzionalità deI requisito della «rilevanza» per le «quae stionis legitimitatis», in Giur. costit., 1971, 1218, e più recentemente, Mo
relli, Riflessioni minime sul ruolo del giudice ordinario nel giudizio incidentale di costituzionalità della legge e sui presupposti per un corretto
esercizio del potere di rimessione alla Corte costituzionale, in Giust. cìv.,
1987, II, 37; Luciani, Le decisioni processuali e la logica del giudizio costituzionale incidentale, Padova, 1984, 79; Carlassare, Le decisioni
di inammissibilità e di manifesta infondatezza della Corte costituzionale,
in Foro it., 1986, V, 293.
Sulla funzione che il bilancio di esercizio è destinato ad assolvere, v.,
per tutti, G.E. Colombo, Il bilancio: struttura e contenuto, in Trattato
diretto da Rescigno, Torino, 1985, e P.G. Jaeger, Il bilancio d'esercizio
delle società per azioni. Problemi giuridici, Milano, 1980. Sul principio di chiarezza e precisione, v., invece, da ultimo, Cass. 18 marzo 1986, n. 1839, Foro it., 1987, I, 1232. Per quanto riguarda la liquidazione spet tante al socio recedente nella fattispecie di cui all'art. 2437 c.c., ed ai
problemi conseguenti alla eterogeneità dei due criteri di valutazione —
parametro borsistico o risultanza di bilancio — ivi contemplati, si ram
menta che la posizione della dottrina dominante è nel senso di ritenere
che il bilancio cui occorre fare riferimento per la liquidazione del rece
dente in sociefà non quotate sia, nonostante la lettera della norma che
parla del bilancio ordinario di esercizio, in ogni caso quello più recente
anche se straordinario (v., per tutti, Frè, Società per azioni, in Commen
tario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1972, 612, nonché la sintesi del
dibattito in AA.VV., Casi e materiali di diritto commerciale, Società per
azioni, Milano, 1972, 1185 ss.). Le prospettive ed i termini dell'adeguamento della vigente disciplina
sul bilancio d'esercizio alla «quarta direttiva» Cee in materia societaria
sono invece descritti nel capitolo dedicato alla «contabilità», nel lavoro
collettaneo Le società nel diritto comunitario, in Foro it., 1987, IV, 204
fino a 242, da Niessen, Rordorf, Carriero e Salafia, al quale lavoro
si rinvia anche ai fini della verifica di una riconferma della tradizionale
funzione del bilancio di esercizio.
Il Foro Italiano — 1989.
determinatezza della formula «bilancio approvato», nel bilancio
di esercizio e, quindi, nel bilancio relativo all'esercizio chiuso il
31 dicembre 1973.
La norma censurata violerebbe gli art. 3, 1° comma, e 42, 3°
comma, Cost., perché, con il rinviare esclusivamente alle valuta
zioni del bilancio di esercizio, risulterebbe «priva di ragionevole
giustificazione» e condurrebbe alla determinazione di un com
penso «meramente simbolico», ben lontano, quindi, dal rappre
sentare un «serio» ristoro per l'espropriato. Infatti, le valutazioni
del bilancio di esercizio — dovendo, per un verso, prescindere da non poche «componenti patrimoniali» e, per altro verso, non
superare «limiti massimi» di computo — sarebbero «finalizzate
non già alla rilevazione della «reale» consistenza del patrimonio
sociale, ma al ben diverso scopo di evitare la distribuzione di
utili che potrebbero compromettere la redditività dell'impresa e
l'integrità del capitale sociale» e, quindi, non sarebbero «idonee
ad esprimere l'effettivo valore del bene espropriato». 2. - Per poter affrontare il merito della questione proposta,
occorre superare l'eccezione formalmente addotta, in ordine alla
rilevanza, dalla difesa della Rai nella memoria di costituzione e
successivamente fatta propria sia dalla difesa dell'Iri nella memo
ria per l'udienza sia dall'avvocatura dello Stato nel corso della
discussione orale.
L'eccezione muove dalla premessa che l'attore, come «doman
da principale», avrebbe «dedotto una serie di pretese ragioni di
nullità o di annullabilità del bilancio di esercizio, per violazione
dei criteri dettati dalla legge o per varie ed inespresse irregolarità
nella indicazione di alcune poste di bilancio». Tale questione sa
rebbe «logicamente preliminare» alla questione concernente la le
gittimità costituzionle dell'art. 47, 2° comma, 1. 14 aprile 1975
n. 103, nel senso che, se «la domanda principale di nullità» del
bilancio, sulla cui base era stato corrisposto l'indennizzo in con
testazione, fosse risultata meritevole di accoglimento, «sarebbero
venute automaticamente meno la rilevanza e la stessa utilità pra
tica della questione di incostituzionalità». Non avendo il tribuna
le «esaminato per nulla questa domanda principale dell'attore né
qualificato l'azione proposta o la natura dei pretesi vizi del bilan
cio o deciso circa l'ammissibilità della stessa azione», il giudizio
sulla rilevanza della dedotta questione di legittimità, traducendosi
nella semplice asserzione che i relativi dubbi «investono i criteri
che sono stati seguiti per la determinazione dell'indennizzo della
cui congruità e legittimità si controverte nel presente giudizio»,
si presenterebbe «incompleto ed immotivato». O, meglio, «im
motivato», cioè inficiato da mancanza di motivazione, e, subor
dinatamente, «incompleto», cioè inficiato da insufficienza di
motivazione.
3. - In effetti, «circa la rilevanza», il giudice a quo si limita
ad osservare che i dubbi di legittimità costituzionale «investono
i criteri che sono stati seguiti per la determinazione dell'indenniz
zo della cui congruità e legittimità si controverte nel presente giu
dizio». Poiché, però, alla stregua della costante giurisprudenza
di questa corte, tanto basta a smentire l'assunto di una motiva
zione mancante, l'esame dell'eccezione di inammissibilità si viene
a concentrare sull'altro addebito mosso all'ordinanza di rimessio
ne: quello secondo cui la motivazione in ordine alla rilevanza
non sarebbe comunque sufficiente o, per essere più precisi, non
sarebbe sufficiente a dimostrare Inattuale» incidenza della de
dotta questione di legittimità costituzionale sugli sviluppi del pro
cedimento a quo. Ciò premesso, non si può non rimarcare come sia la stessa
ordinanza di rimessione a dare atto che due sono gli aspetti og
getto di controversia in tale procedimento: «la congruità» e «la
legittimità» dell'avvenuta determinazione dell'indennizzo. Due
aspetti, dunque: l'uno relativo all'astratta idoneità dei criteri for
mali indicati dall'art. 47, 2° comma, 1. 14 aprile 1975 n. 103,
a consentire la determinazione di un «serio ristoro» per l'espro
priato; l'altro relativo all'esatta applicazione concreta di questi
criteri, indipendentemente dalla loro potenziale idoneità a tradur
si in un compenso adeguato. Orbene, l'eccezione difensiva muo
ve all'ordinanza di rimessione l'addebito di essersi soffermata
unicamente sul primo aspetto, nonostante la priorità che «la do
manda di nullità» del bilancio di esercizio formulata in via prin
cipale dall'attore avrebbe su ogni altra questione.
4. - Dagli atti del procedimento ordinario — cui la formale
prospettazione di un'eccezione come quella di specie inevitabil
mente rimanda per poterne verificare la serietà — emerge con
This content downloaded from 195.34.79.101 on Wed, 25 Jun 2014 06:27:09 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
chiarezza che, nel momento decisivo del deposito della comparsa
conclusionale, la difesa dell'attore ha parlato insistentemente di
«azione di nullità» e di «formulazione non corretta del bilancio», denunciando dettagliatamente omissioni ed errori a danno dell'e
spropriato. Questa corte non può, pertanto, esimersi dal conte
stare che, nella parte dedicata alla rilevanza, il giudice a quo ha
completamente trascurato un punto fondamentale ai fini non sol
tanto dell'eccezione difensiva, ma anche dell'impostazione data
dall'ordinanza di rimessione al giudizio sulla rilevanza.
Una volta messo in risalto che oggetto di controversia nel pro cedimento ordinario sono tanto «la congruità» quanto «la legitti mità» della determinazione dell'indennizzo corrisposto al privato
già azionista, il tribunale, per poter sollevare una questione di
costituzionalità nei confronti della norma concernente i criteri di
determinazione dell'indennizzo, avrebbe dovuto, prima di tutto,
respingere la domanda volta a contestare la regolare applicazione dei criteri indicati dalla legge. Nella irrisolta persistenza di tale
preliminare aspetto della controversia, la questione di legittimità costituzionale ciononostante proposta si presenta come meramen
te eventuale (v. sentenza n. 300 del 1983, Foro it., 1983, I, 2933; ordinanze n. 142 del 1985, id., 1986, I, 2820; n. 595 del 1987, n. 26 del 1988). Qualora, infatti, la domanda di nullità dovesse
risultare meritevole di accoglimento, con la conseguente necessità
di un ricalcolo dell'indennizzo e l'eventuale determinazione del
suo nuovo ammontare in termini non «simbolici», non vi sarebbe
motivo di porre in discussione la legittimità costituzionale della
norma che fissa i criteri per la determinazione dell'indennizzo
stesso.
La questione, cosi come motivata in ordine alla rilevanza, va,
dunque, dichiarata inammissibile.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi
le la questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, 2° com
ma, 1. 14 aprile 1975 n. 103 (nuove norme in materia di diffusione
radiofonica e televisiva), sollevata, in riferimento agli art. 3, 1°
comma, e 42, 3° comma, Cost, dal Tribunale di Roma con ordi
nanza del 3 dicembre 1980.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 aprile 1988, n. 410 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 20 aprile 1988, n. 16); Pres.
Saja, Est. Cammello; Pia Casa di ricovero e provvidenza Ma
ruffi (Avv. Papi) e altra; interv. Pres. cons, ministri (Avv. del
lo Stato D'Amico). Ord. Comm. trib. I grado Piacenza 25 agosto 1986 (G.U., la s.s., n. 4 del 1987).
Tributi locali — Invim — Applicabilità agli enti pubblici — Que stione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 77; 1. 9 ot
tobre 1971 n. 825, delega legislativa al governo della repubblica
per la riforma tributaria, art. 6; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore de
gli immobili, art. 3; 1. 22 dicembre 1975 n. 694, modifiche alla
disciplina della imposta comunale sull'incremento di valore de
gli immobili, art. 1). Tributi locali — Invim — Applicabilità alle istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficenza — Questione infondata di costitu
zionalità (Cost., art. 3; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, art. 25; 1. 20 maggio 1985 n. 222, disposizioni sugli enti e beni ecclesia
sitici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servi
zio nelle diocesi, art. 45).
È inammissìbile, in seguito all'entrata in vigore dell'art. 1 l. 22
dicembre 1975 n. 694, la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 3, 1° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, per ecces
so di delega rispetto all'art. 6 l. 9 ottobre 1971 n. 825, nella
parte in cui dispone l'applicazione dell'imposta comunale sul
l'incremento di valore degli immobili, per decorso decennio, anche agli immobili appartenenti a titolo di proprietà o enfi teusi agli enti pubblici, in riferimento all'art. 77 Cost. (1)
(1-2) L'ordinanza di rimessione è massimata in Foro it., Rep. 1987, voce Tributi locali, nn. 173, 180.
Il Foro Italiano — 1989.
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25,
2° comma, lett. a), d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, nella parte in cui non estende agli immobili appartenenti alle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza l'esenzione dall'imposta
comunale sull'incremento di valore degli immobili, per decorso
decennio, prevista per gli immobili appartenenti allo Stato e
agli enti pubblici, in riferimento all'art. 3 Cost. (2)
Diritto. — 1. - Con dieci distinte ordinanze di identico conte
nuto si solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 3,
1° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, nella parte in cui preve de l'applicazione dell'Invim per decorso decennio, anche agli im
mobili di proprietà di enti pubblici ed in particolare delle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza, in riferimento all'art. 77
Cost., in quanto la norma denunciata contrasterebbe con il crite
rio della legge di delega 9 ottobre 1971 n. 825 (art. 6), che ne
prevede l'applicabilità solo agli immobili appartenenti a società.
In via subordinata si prospetta l'illegittimità costituzionale del
l'art. 25, 2° comma, lett. a) d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643 —
nella parte in cui, prevedendo l'esenzione dell'Invim decennale
per lo Stato, le regioni, le province ed i comuni e i relativi con
sorzi ed associazioni dotate di personalità giuridica, non la preve de anche per le Ipab — in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto
porrebbe in essere una ingiustificata disparità di trattamento so
prattutto in considerazione dell'affinità degli scopi di queste ulti
me rispetto a quelli perseguiti dallo Stato e dagli enti beneficiari
dell'esenzione.
2. -1 giudizi vanno riuniti in quanto le ordinanze di rimessione
prospettano questioni identiche.
3. - La questione relativa all'art. 3, 1° comma, d.p.r. 26 otto
bre 1972 n. 643, sollevata in riferimento all'art. 77 Cost, per un
Non rilevano considerazioni di particolare interesse quanto alla prima delle prese di posizione della Corte costituzionale sui profili proposti, e cioè quello dell'illegittimità costituzionale dell'art. 3, 1° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643 in riferimento all'art. 77 Cost., per un supposto eccesso della delega al governo per la riforma del sistema tributario di
cui alla 1. 9 ottobre 1971 n. 825 (art. 6). Nel caso di specie, infatti, la declaratoria di inammissibilità deriva dal
lo stesso testo attuale dell'art. 3, il quale, essendo stato modificato dalla 1. 22 dicembre 1975 n. 694, non consente di ipotizzare censure sotto il
profilo di eccesso della delega al governo.
Quanto alla declaratoria di infondatezza della questione di legittimità dell'art. 25, 2° comma, lett. a), d.p.r. 643/72 per mancanza di violazione
del principio costituzionale di uguaglianza, rileva in primo luogo quello che è stato l'iter logico della corte che ha portato alla pronuncia.
Il collegio è partito dalla considerazione che la situazione fiscale delle
Ipab in materia di imposta decennale sul valore degli immobili non costi
tuisce di per sé un momento di discrimine rispetto al resto del sistema, atteso che le norme sull'Invim, già prevedono esenzioni di diretta riferibi lità anche agli enti in oggetto: lett. c) ed e) dell'art. 25, 2° comma, d.p.r. 643/72, riguardanti rispettivamente immobili destinati all'esercizio delle attività istituzionali appartenenti ad enti pubblici che non svolgono prin cipalmente attività commerciale ed i beni totalmente destinati ad attività di assistenza, previdenza e sanità.
La disparità di trattamento per il caso di specie riveste quindi una va
lenza tutto sommato limitata, dal momento che involge beni appartenenti ad istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e non destinati al per seguimento dei fini istituzionali delle stesse.
Per tale ipotesi la corte ha deciso in termini con la sua più recente
giurisprudenza in merito, nel senso che esenzioni ed agevolazioni fiscali, dal momento che hanno una natura derogatoria rispetto la complessità del sistema considerato nella sua intierezza, devono essere espressamente valutate dal legislatore: Corte cost., ord. 27 giugno 1986, n. 160, ibid., n. 179 (per un commento, cfr. Giuffrè, Immobili di «enti ecclesiastici» ed Invim decennale, in Giur. costit., 1986, I, 1846); 27 marzo 1985, n.
86, Foro it., 1985, I, 1917, con nota di richiami e commento di Colaian
ni, L'esenzione dall'Invim decennale: un segno di contraddizione nel trat tamento tributario degli enti ecclesiastici.
È da segnalare, poi, con riferimento sempre al riparto delle Ipab ma con una fattispecie non in termini rispetto quella in oggetto, che recente mente la corte ha ritenuto costituzionalmente legittimo il (generale) as
soggettamento degli istituti de quo all'imposta decennale sugli immobili: sent. 30 settembre 1987, n. 301, id., Rep. 1987, voce cit., n. 178.
In generale, per una recente opera dedicata ai problemi ed ai profili dell'imposta sull'incremento di valore degli immobili, cfr. Aggio, L'In vim nella sua applicazione teorica e pratica, Firenze, 1987.
This content downloaded from 195.34.79.101 on Wed, 25 Jun 2014 06:27:09 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions